30 luglio 2006

Bambini con il dna della guerra



Oltre 300 civili libanesi sono stati uccisi, compresi donne e bambini mentre è incalcolabile il numero dei feriti.
Fin dall’inizio della campagna militare Summer Rain a Gaza, la stampa internazionale ha sottostimato la gravità degli attacchi contro i civili e, questa volta, anche la stampa israeliana è stata costretta a schierarsi con il governo in modo acritico.
Il governo Olmert è stata la vera calamità di Israele. Olmert è diventato presto l’ideale erede di Sharon, del falco Sharon. L’ha voluto emulare prima con la presa della prigione di Gerico quando ha fatto carta straccia degli accordi internazionali stipulati nel 2002 tra Israele e Palestina e mediati da Stati Uniti e Inghilterra. Impressionante l’appoggio che il governo Olmert ha ricevuto non solo dai governi occidentali, prevedibile del resto, trattandosi di un governo liberamente eletto, ma anche dalla stampa, che si è presentata al cospetto del nuovo re di Tel Aviv con devozione e soggezione. Dal nostro punto di vista era necessario criticare apertamente sia il piano di annessione in Cisgiordania, che l’espulsione dei palestinesi da Gerusalemme Est. Ad approfittarne sono stati gli Stati Uniti che hanno soffiato a lungo sul fuoco della prossima guerra. Olmert è l’uomo del disastro, è l’uomo che sta distruggendo Israele, minando ogni possibile negoziato futuro. Con il suo unilateralismo a oltranza basato sulla legge del più forte sta portando israeliani e palestinesi sull’orlo di una catastrofe dove a dominare sarà la legge della jungla. D’ora innanzi, a cadere nel baratro saranno in molti.
La quotidianità palestinese è una realtà di reclusione grazie anche alla illegalità del Muro. Un sistema di carcerazioni è il futuro che Israele vuole per i palestinesi. Esattamente il diritto che i palestinesi stanno esercitando da anni.
“Israele ha il diritto di esistere”, è un eufemismo. Israele esiste e chiunque esista ha il diritto di esistere, anche i palestinesi hanno questo diritto. Il fatto è che Israele ha anche il diritto ad avere una democrazia “vera” che non sia messa al servizio degli interessi dei generali o delle corporazioni nordamericane che producono armi. Olmert ha distrutto un’immagine internazionale di Israele.

28 luglio 2006

Il racket della guerra


DI SMEDLEY BUTLER (1881-1940)
(Maggior Generale - Corpo della Marina degli Stati Uniti)

La GUERRA è un racket. Lo è sempre stato.

Forse il più vecchio, facilmente il più profittevole, sicuramente il più crudele. L'unico ad essere internazionale nel suo scopo. L'unico in cui i profitti vengono stimati in dollari e le perdite in vite umane.

Un racket è meglio descritto, ritengo, come qualcosa che non è ciò che sembra alla maggioranza delle persone. Solo un piccolo gruppo "interno" sa di cosa si tratta. Viene condotto per il beneficio di pochi, a spese di molti. Da una guerra, poche persone traggono delle grandi fortune.

Nella Prima Guerra Mondiale, fu solo una piccola manciata di individui a trarre dei profitti da questo conflitto. Durante questo periodo nacquero negli Stati Uniti circa 21.000 nuovi milionari e miliardari. Molti di questi presentarono i loro guadagni colossali nella dichiarazione dei redditi. Quanti siano gli altri milionari arricchiti dalla guerra che falsificarono la loro dichiarazione, nessuno lo sa.

Quanti tra questi milionari avevano portato un fucile sulle spalle? Quanti tra loro hanno mai scavato una trincea? Quanti tra loro sapevano che cosa significava sentire i morsi della fame in un rifugio sotterraneo infestato dai topi? Quanti tra loro hanno passato delle notti intere senza dormire, nel terrore, abbassando la testa ogni volta per ripararsi dagli esplosivi, dalle raffiche dei mitra e delle mitragliatrici? Quanti tra loro sono riusciti a schivare la lama della baionetta di un nemico? Quanti tra loro sono rimasti feriti o uccisi in battaglia?

In una guerra, le nazioni si impossessano di un nuovo territorio, se tornano vittoriose. Tutto qui: se lo prendono. Questo nuovo territorio conquistato sarà allora immediatamente sfruttato da quei pochi - la stessa piccola manciata di individui che spremono tutti i soldi che possono da una guerra. E tutto il grande pubblico si porta sulle spalle il conto.

E il conto qual'è?

Questo conto si traduce in un orribile rendiconto. Tante nuove lapidi. Corpi dilaniati. Menti distrutte. Cuori e case distrutti. Instabilità economica. Depressione e tutte le miserie che ne conseguono. Imposte massacranti per generazioni e generazioni.

Per un bel po' di anni, come soldato, avevo il sospetto che la guerra fosse un racket; ma fu solo quando ritornai alla vita civile che me ne resi pienamente conto. Ora, vedendo avvicinarsi le nuvole di una nuova guerra internazionale, è bene affrontare la questione.

Hanno di nuovo scelto di formare degli schieramenti. La Francia e la Russia si sono accordate per stare fianco a fianco. L'Italia e l'Austria si sono affrettate nel concludere un accordo analogo. La Polonia e la Germania si sono fatte gli occhi dolci, dimenticandosi per l'occasione [un'occasione unica] della disputa sul Corridoio Polacco.

L'assassinio del re Alessandro di Jugoslavia ha complicato i problemi. La Jugoslavia e l'Ungheria, da tempo acerrime nemiche, stavano per saltarsi alla gola. E l'Italia pronta per intromettersi. Ma la Francia stava aspettando. E così la Cecoslovacchia. Tutti pronti per cominciare una guerra. Non i popoli - non quelli che combattono, pagano e muoiono - ma solo quelli che fomentano le guerre e poi se ne stanno comodi in casa facendo profitti.

Oggi ci sono 40 milioni di uomini sotto le armi, e i nostri statisti e diplomatici hanno pure il coraggio di dire che non si sta attuando nessuna guerra.

Siamo impazziti? E questi 40 milioni di uomi allora che cosa fanno? Si stanno addestrando per fare i ballerini?

Certo non in Italia. Il premier Mussolini lo sa benissimo per che cosa si stanno addestrando. Lui, almeno, è abbastanza franco da dirlo. Solo l'altro giorno, il Duce, ne "Conciliazione Internazionale", una pubblicazione del Carnegie Endowment for International Peace [Donazione Carnegie per la Pace Internazionale, ndt], ha detto:

"E soprattutto il Fascismo, che considera e osserva il futuro e lo sviluppo dell'umanità non legato alle considerazioni politiche del momento, non crede né alla possibilità né tanto meno all'utilità di una pace perpetua... Solo la guerra può portare al massimo della sua tensione l'umana energia, e lasciare il segno della nobiltà sui popoli che hanno il coraggio di abbracciarla".

Herr Hitler, con il suo riarmo della Germania e le sue continue richieste per sempre più armi, è un'altra grande minaccia per la pace. E la Francia proprio recentemente ha aumentato la durata del servizio militare per la sua gioventù da un anno a diciotto mesi.

Sì, dappertutto, le nazioni stanno preparando le loro armate. Le ostilità in Europa sono ormai a briglia sciolta. Ad oriente gli armamenti vengono organizzati più abilmente. Nel 1904, quando combattevano Russia e Giappone, siamo riusciti ad espellere la Russia appoggiando i giapponesi. Poi i nostri banchieri internazionali così generosi finanziarono il Giappone. Ora invece la propensione è quella di avere il dente avvelenato nei loro confronti. Che cosa significa per noi la politica delle "porte aperte" alla Cina? Il nostro commercio con la Cina è di circa 90 milioni di dollari all'anno. E le isole delle Filippine? Abbiamo speso circa 600 milioni di dollari nelle Filippine in 35 anni, e ora abbiamo da quelle parti (i nostri banchieri, industriali e speculatori) degli investimenti privati per poco meno di 200 milioni di dollari. Poi, per proteggere questo commerciodi $90.000.000 con la Cina o quello degli investimenti privati nelle Filippine di quasi $200.000.000, conciteranno nuovamente le masse portandole a odiare il Giappone e a muovergli guerra - una guerra che potrebbe benissimo costarci decine di milardi di dollari, centinaia di migliaia di vite americane, e altre centinaia di migliaia di uomini fisicamente e mentalmente menomati, irreparabilmente a pezzi.

Naturalmente, per questa perdita ci sarebbe un profitto che compensa - qualcuno accumulerebbe delle grandi fortune. Milioni e miliardi di dollari a formare delle montagne. Per pochi. Per i trafficanti d'armi. Per i banchieri. Per i costruttori di navi. Per i produttori. Per l'industria della carne in scatola. Per gli speculatori. Loro ci mangerebbero sopra per bene.

È così, si stanno preparando per un'altra guerra. Perché non dovrebbero? Otterrebbero degli alti dividendi.

Ma che profitto rende agli uomini che vengono uccisi? Che profitto rende alle loro madri e alle loro sorelle, alle loro mogli e a chi li ama? Che profitto rende ai loro bambini?

Chi mai ne trarrà dei profitti se non che quello sparuto gruppo di persone per cui la guerra significa solo un enorme profitto?

Proprio così. E che profitto ne otterrà la nazione?

Prendiamo il nostro caso. Fino al 1898 non possedevamo nessun territorio al di fuori della terraferma nordamericana. A quel tempo il nostro debito nazionale era poco più di un miliardo di dollari. Poi siamo diventati "internazionalmente aperti". Abbiamo dimenticato, o messo da parte, il consiglio del Padre del nostro paese. George Washington ci aveva messi in guardia sulle "alleanze imbriglianti". Siamo andati in guerra. Abbiamo acquisito dei territori esterni. Alla fine della Guerra Mondiale, come risultato diretto dei nostri giochetti con gli affari internazionali, il nostro debito nazionale aveva raggiunto i 25 miliardi di dollari. La bilancia commerciale positiva durante il periodo di 25 anni ammontava a 24 miliardi di dollari. Quindi, su una semplice base contabile, siamo pure tornati un po' indietro, anno dopo anno, e il commercio con l'estero poteva tornarci molto utile pure senza le guerre.

Sarebbe stato molto più economico (e più sicuro), per lo statunitense medio che paga le bollette, starsene fuori da queste alleanze. Per una minoranza, questo racket, nella fattispecie il contrabbando e il racket della malavita, portano grossi profitti, ma il costo delle operazioni viene sempre trasferito al popolo - che di profitto non ne trae nemmeno un po'.
Non sono così idiota da pensare che la guerra sia una cosa del passato. So che il popolo la guerra non la vuole, ma non ha senso pensare che non potremo essere trasportati in un'altra guerra.

Guardando indietro, Woodrow Wilson venne rieletto presidente nel 1916 basando la campagna sul fatto che "ci aveva tenuti fuori dalla guerra", e sulla promessa implicita che avrebbe continuato a tenercene fuori. Poi chiese al Congresso, solo 5 mesi dopo la sua elezione, di dichiarare guerra alla Germania.

In questo arco di cinque mesi non venne chiesto al popolo se per caso avesse cambiato idea sulla guerra. Ai 4 milioni di giovani uomini che indossarono le uniformi e marciarono o salparono oltreoceano non si chiese se intendevano andare avanti, incontrando sofferenza e morte.

Allora che cosa fece cambiare così improvvisamente idea al nostro governo?

Il denaro.

Una commissione di alleati, qualcuno ricorderà, si incontrò con noi poco prima della dichiarazione di guerra e fece visita al presidente. Il presidente convocò un gruppo di consiglieri. Il capo della commissione parlò. Spoglio da ogni formalità diplomatica, questo è quanto il presidente e il suo gruppo si sentirono dire:

"È inutile che continuiamo a farci delle illusioni. La causa degli alleati è persa. Ora vi dobbiamo [a voi banchieri, fabbricanti d'armi, produttori, speculatori, esportatori degli Stati Uniti] 5 o 6 miliardi di dollari.

Se perdiamo (e senza l'aiuto degli Stati Uniti perderemo) noi, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, non potremo ripagarvi questo denaro... e il debito non ce lo estinguerà certo la Germania.

Quindi..."

Se il mantenimento del segreto fosse stato illegale, durante queste negoziazioni, e se la stampa fosse stata invitata ad essere presente durante la conferenza, o se la radio avesse trasmesso questi discorsi, gli Stati Uniti non sarebbero mai entrati nella Guerra Mondiale. Ma questa conferenza, come tutte le discussioni di guerra, si tenne nella più massima segretezza. Quando i nostri ragazzi vennero mandati al fronte, venne detto che "era per creare un mondo più sicuro e più democratico" e che era la "guerra per chiudere tutte le guerre".

A distanza di diciotto anni, il mondo è meno democratico di quanto lo fosse prima. Ma poi, cosa dovrebbe interessare a noi se la Russia o la Germania o la Francia o l'Italia o l'Austria vivono sotto un regime democratico o monarchico? Se sono paesi fascisti o comunisti? Il nostro compito è quella di preservare la democrazia nel nostro paese.

E poco è stato fatto, se non nulla, per garantirci che la Guerra Mondiale sarebbe stata davvero la guerra per chiudere tutte le guerre.

Sì, abbiamo avuto le conferenze sul disarmo e sull'uso limitato delle armi. Non significano nulla. Una è stata fallimentare: un'altra ha dato risultati che sono stati vanificati. Spediamo i nostri soldati e i nostri marinai professionisti e i nostri politici e i nostri diplomatici a queste conferenze. E cosa succede?

Questi soldati e marinai professionisti non vogliono il disarmo. Nessun ammiraglio vuole essere senza la sua nave. Nessun generale vuole essere senza comando. Entrambi significano uomini senza lavoro. Loro non sono per il disarmo. Non possono essere a favore dell'uso limitato delle armi. E a tutte queste conferenze, distanti dalla scena principale ma provvisti di grande potere, troviamo i sinistri agenti di coloro che traggono profitti dalla guerra. Che sanno bene che queste conferenze non contribuiranno al disarmo e non limiteranno seriamente gli armamenti.

Lo scopo principale delle persone di potere, a qualunque di queste conferenze, non è stato quello di ottenere il disarmo, o di prevenire una guerra, ma piuttosto di avere più armi per loro e meno per ogni loro avversario.

Esiste una sola strada realmente praticabile per ottenere il disarmo. Consiste in una coalizione di tutte le nazioni in cui ognuna di esse demolisca tutte le navi, tutte le armi da fuoco, tutti i fucili, tutti i carri armati, e tutti i piani di guerra. E anche così, se mai succedesse, non sarebbe sufficiente.

La prossima guerra, secondo gli esperti, sarà combattuta non con delle corazzate, non dall'artiglieria, non con dei fucili e non con delle mitragliatrici. Sarà combattuta con gas e sostanze chimiche mortali.

Di nascosto, ogni nazione sta studiando e perfezionando metodi sempre più letali per annientare tutti i suoi avversari. Sì, si continuerà a costruire le navi, perché i costruttori non vogliono smettere di guadagnare. E si continueranno a produrre anche le armi da fuoco, e gli esplosivi, e i fucili, perché anche i fabbricanti di munizioni non vogliono smettere di guadagnare. E i soldati, naturalmente, devono indossare le uniformi, visto che nemmeno i fabbricanti di uniformi vogliono privarsi dei loro profitti di guerra.

Ma la vittoria e la sconfitta sarà ormai determinata dalla preparazione e dall'ingenuità dei nostri scienziati.

Se li mettiamo al lavoro facendoli inventare nuovi gas velenosi e nuovi diabolici strumenti meccanici e distruttivi esplosivi, non avranno più tempo per un lavoro costruttivo, per garantire maggiore prosperità a tutta la popolazione. Con un lavoro costruttivo, tutti noi potremmo ottenere dei guadagni in nome della pace e fuori dalla guerra - pure i fabbricanti d'armi.

Quindi... vi dico, AL DIAVOLO LA GUERRA.

27 luglio 2006

Roma: La conferenza per la guerra


Quando Condoleeza Rice è arrivata a Roma, ha dato il suo saluto lasciando capire che la decisione da prendere non è quella di "se fare o non fare una guerra" ma è quella di capire se l'Europa sta o non sta con l'America.
Mentre sul capo di Israele pendono ben 72 risoluzioni dell'Onu non rispettate, la Rice vuole che il lavoro "sporco", quello che gli usa uno riescono a fare in Iraq da 5 anni, venga preso in custodia da una forza europea per proteggere Israele dai terroristi Hizbollah. Qualcuno la chiama conferenza di pace!
Mauro Briani in questa vignetta fotografa la situazione in Libano.

23 luglio 2006

Lo stato Eletto... dai cingolati


Lo stato di Israele, che è presentato come l’ avamposto della democrazia occidentale nel mondo arabo, ha invece invaso il Libano, agendo alla stessa stregua di uno stato totalitario.
Ma quel che è più sorprendente è la fede che, purtroppo, destra e sinistra dimostrano nella democrazia dei cingolati.
Chi in modo più rozzo, chi più sofisticato, sembrano tutti d'accordo. Il discorso dominante sulla tremenda crisi scoppiata nel Medioriente è una specie di inno all'assunto che Israele ha il diritto di difendersi e che per Israele la difesa non può essere altro che guerra colpo su colpo.
A ogni «incidente», grave o meno grave, e questo che stiamo vivendo è gravissimo per la strategia d'attacco che si indovina sullo sfondo, si torna alla casella zero. La giustificazione dell'«autodifesa» di Israele diventa il perno prioritario e esclusivo che offusca tutti i precedenti, il contesto, la somma di torti e ragioni che si sono accumulati per mezzo secolo di storia in una situazione così complessa.
Il pretesto è sempre la minaccia suprema, il mancato riconoscimento dello stato ebraico. Ma il «rifiuto arabo», un dato di fatto all'atto dell'istituzione di Israele, è stato superato da un pezzo. Ci sono documenti, prassi, accordi applicati o non applicati. Era scontato se mai che il «rifiuto» si sarebbe riproposto persino nelle more del «negoziato di pace» basato sullo schema dei due stati per due popoli se la spartizione non avesse esaudito le premesse minime dell'identità dello stato palestinese e quasi della sua «esistenziabilità».
Non di soli tracciati - i «confini sicuri» di cui parlano i testi diplomatici - vive la pace. E puntualmente l'Intifada del 2000, rilanciando la lotta armata, ha rivelato che l'accettazione dello stato ebraico da parte dei palestinesi può essere precaria. Sotto una certa soglia, quanto più la Palestina sarà un falso stato - menomato nelle prerogative consuete della sovranità, impedito nelle comunicazioni con il mondo esterno, senza un'economia vitale - tanto più è probabile che si autorealizzi la profezia per cui la Palestina, e se del caso il Libano o la Siria, sarà sempre un nido di terroristi e una rampa di lancio per una rivincita araba.
Per il rispetto che Israele ha mostrato in passato e mostra oggi non solo nei confronti del non-stato della Palestina ma anche degli stati costituiti che lo circondano, del resto, una questione di «riconoscimento» dell'esistenza o sovranità altrui riguarda anche la politica di Israele. Gli attacchi partiti da Gaza o dal sud del Libano sono essi stessi atti di guerra e chi li compie è convinto di avere un diritto di difesa o di resistenza di fronte a una storia di occupazione, soprusi e frustrazioni.
I fallimenti della leadership araba si sono spesso tradotti nello scontro per lo scontro. E' accaduto sia nella grande rivolta del 1936 che nell'invasione del 1948 e poi nella provocazione culminata nella guerra del 1967, con altrettante disfatte per gli arabi e il movimento palestinese, e lo stesso potrebbe essere il senso dell'ultimo soprassalto di violenza.
L'assurdo è che il medesimo errore di scambiare la guerra per un fattore di forza e non di debolezza lo commetta Israele, che a suo vantaggio ha tutte le risorse della statualità, della tecnica, della politica e l'appoggio incondizionato dell'unica superpotenza.
La guerra, ogni tipo di guerra, istituzionale o informale a seconda dei mezzi a disposizione di ciascuno, la prima o ultima chance non importa, la guerra preventiva o di reazione, è parte del problema, per certi aspetti è il problema, e lo perpetua anche oltre l'eventuale e comunque lontanissima pace (già sul piano concettuale). Se per una volta il pacifismo e il realismo coincidono, dovrebbe essere un motivo in più per non cedere sui principi.
Finché la cosiddetta comunità internazionale non avrà dissolto il dubbio tutt'altro che astratto che i «diritti» riconosciuti e protetti siano tutti da una parte, sarà impossibile arrivare a una soluzione e intanto a una tregua.
Questo solo basterebbe a sollecitare una qualche forma di internazionalizzazione, che purtroppo il governo israeliano ha sempre respinto senza nemmeno accennare a discuterne le condizioni.

20 luglio 2006

Il pacifismo israeliano e la guerra


ABSTRACT
This time the " casus belli" came from the capture of two Israeli soldiers from part of Hizbollah.
The goal of this action is to to remove Hizbollah from the border, so that it will be impossible to capture more soldiers and launch rockets on the Israeli cities.
the Israeli government is asking the Lebanese government to disarm Hizbollah and remove him from the border zone..
People are not supporting the war.I was quite surprised (Uri Avnery)

La storia siamo noi, proseguiamo nel narrare la storia con gli occhi e la mente del popolo israeliano. Cerco di capire, anche se, le trame cominciano a delinearsi.

Il vero scopo è cambiare il regime in Libano e installare un governo fantoccio.
Questo era lo scopo dell'invasione del Libano di Ariel Sharon, nel 1982. Fallì. Ma Sharon e i suoi allievi della leadership politica e militare non hanno mai davvero rinunciato.
Come nel 1982, anche l'operazione in corso è stata pianificata e viene portata avanti in pieno coordinamento con gli Stati Uniti.
Come allora, non c'è dubbio che sia coordinata con parte dell'élite libanese.
Questo è il punto principale. Il resto è clamore e propaganda.
Alla vigilia dell'invasione del 1982, il Segretario di Stato Alexander Haig disse ad Ariel Sharon che, prima di dare il via all'operazione, era necessario avere una “chiara provocazione”, che sarebbe stata tenuta per buona dal mondo.
La provocazione infatti ebbe luogo - proprio al momento giusto - quando il gruppo terroristico di Abu Nidal cercò di assassinare l'ambasciatore israeliano a Londra. Tutto ciò non aveva alcuna relazione con il Libano, e ancora meno con l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (nemica di Abu Nidal), ma servì allo scopo.
Questa volta, la necessaria provocazione è stata fornita dalla cattura dei due soldati israeliani da parte di Hizbollah. Tutti sanno che non possono essere liberati se non attraverso uno scambio di prigionieri. Ma l'enorme campagna militare, che era pronta a partire da mesi, è stata venduta al pubblico israeliano e internazionale come un'operazione di salvataggio.
(Curiosamente, la stessa identica cosa era avvenuta due settimane prima nella Striscia di Gaza. Hamas e e i suoi alleati hanno catturato un soldato, il che ha fornito la scusa per una massiccia operazione che era stata preparata da molto tempo, e il cui scopo è distruggere il governo palestinese).

Lo scopo dichiarato dell'operazione in Libano è di allontanare Hizbollah dal confine, affinchè sia per loro impossibile catturare altri soldati e lanciare razzi sulle città israeliane. Anche l'invasione della Striscia di Gaza è ufficialmente finalizzata a portare Ashkelon e Sderot fuori dalla portata dei razzi Qassam.

Questo ricorda l'"Operazione Pace per la Galilea”, nel 1982. Allora, si disse alla gente e alla Knesset (il Parlamento israeliano, ndt) che lo scopo della guerra era “allontanare i Katiuscia di 40 chilometri dal confine”.

Questa era una deliberata menzogna. Nel corso degli undici mesi precedenti alla guerra, attraverso il confine non era stato sparato un solo razzo Katiuscia (né un solo colpo). Fin dall'inizio, lo scopo dell'operazione era raggiungere Beirut e installarvi un dittatore collaborazionista. Com ho riferito più di una volta, lo stesso Sharon mi disse così nove mesi prima della guerra, e puntualmente lo pubblicai, con il suo consenso (ma non attribuendolo a lui).
Naturalmente, l'operazione in corso ha anche diversi scopi secondari, che non includono la liberazione dei prigionieri. Chiunque capisce che questo non si può ottenere con azioni militari. Ma probabimente è possibile distruggere una parte delle migliaia di missili che Hizbollah ha accumulato negli anni. A questo scopo, i comandanti dell'esercito sono pronti a mettere in pericolo gli abitanti delle città israeliane che sono esposte ai razzi. Credono che ne valga la pena, come in uno scambio di pedine a scacchi.
Un altro scopo secondario è riabilitare il “potere deterrente” dell'esercito. Questa è una parola in codice per la restaurazione dell'orgoglio ferito dell'esercito, duramente colpito dalle temerarie azioni militari di Hamas nel sud e Hizbollah al nord.

Ufficialmente, il governo israeliano chiede che il governo del Libano disarmi Hizbollah lo allontani dalla zona di confine.

Questo è chiaramente impossibile con l'attuale regime libanese, un delicato mosaico di comunità etnico-religiose. Il minimo shock può far crollare l'intera struttura e gettare lo Stato nell'anarchia totale - in particolare dopo che gli statunitensi sono riusciti a cacciare l'esercito siriano, l'unico elemento che per anni aveva garantito una qualche stabilità.
L'idea di installare un governo collaborazionista in Libano non è cosa nuova. Nel 1955, David Ben Gurion propose di prendere un “funzionario cristiano” e insediarlo come dittatore. Moshe Sharet dimostrò che questa idea si basava sulla completa ignoranza degli affari libanesi e la silurò. Ciò nonostante, 27 anni dopo Ariel Sharon ci riprovò. Bashir Gemayel fu infatti insediato come presidente, solo per essere assassinato poco tempo dopo. Suo fratello, Amin, gli sucedette e firmò un accordo di pace con Israele, ma fu cacciato dall'incarico. (Lo stesso fratello ora sostiene pubblicamente l'operazione israeliana).
La previsione adesso è che se le forze aeree israeliane riescono a far piovere colpi abbastanza pesanti sulla popolazione libanese – paralizzando porti e aereoporti, distruggendo le infrastrutture, bombardando i quartieri residenziali, interrompendo l'autostrada Beirut- Damasco eccetera – il popolo libanese si infurierà con Hizbollah e farà pressione sul governo libanese per soddisfare le richieste di Israele. Dal momento che l'attuale governo non può neanche sognare di fare una cosa del genere, verrà instaurata una dittatura, con il supporto di Israele.
Questa è la logica militare. Io ho i miei dubbi. Si può supporre che la maggior parte dei libanesi reagirà come farebbe chiunque altro al mondo: con furore e odio contro l'invasore. Così accadde nel 1982, quando gli sciiti del sud del Libano, fino ad allora docili come zerbini, si sollevarono contro gli occupanti israeliani e crearono Hizbollah, che è diventata la forza più potente del Paese. Se ora l'élite libanese viene assimilata ai collaboratori di Israele, sarà cancellata dalla faccia della terra. (Peraltro, i razzi Qassam e Katiuscia hanno fatto sì che la popolazione israeliana facesse pressione sul nostro governo per arrendersi? Piuttosto il contrario).
La politica statunitense è piena di contraddizioni. Il Presidente Bush vuole “cambi di regime” in Medio Oriente, ma l'attuale regime libanese è stato istituito solo di recente, sotto la pressione americana. Nel frattempo, Bush è riuscito solamente a fare a pezzi l'Iraq e scatenare una guerra civile. Potrebbe ottenere la stesso risultato in Libano, se non ferma in tempo l'esercito israeliano. Inoltre, un devastante attacco contro Hizbollah potrebbe far crescere la furia non solo in Iran, ma anche fra gli sciiti in Iraq, sul cui sostegno si fondano tutti i programmi di Bush per un regime filo-statunitense.

Dunque qual è la risposta? Non per caso, Hizbollah ha condotto il suo raid di rapimento dei soldati in un momento in cui i palestinesi hanno un gran bisogno di aiuto. La causa palestinese è popolare in tutto il mondo arabo. Mostrando che sono amici nel momento del bisogno, mentre gli altri arabi falliscono miseramente, Hizbollah spera di accrescere la sua popolarità. Se un accordo fra Israele e Palestina fosse già stato raggiunto, Hizbollah non sarebbe altro che un fenomeno libanese, irrilevante per la nostra situazione.
Ameno di tre mesi dal suo insediamento, il governo di Olmert e Peretz è riuscito a trascinare Israele in una guerra su due fronti, i cui obbiettivi sono irrealistici e i cui risultati non possono essere previsti.

Se Olmert spera di essere visto come Mister Macho-Macho, uno Sharon bis, rimarrà deluso. Lo stesso vale per i disperati sforzi di Peretz di essere preso sul serio come PP Mister Sicurezza. Chiunque capisce che questa campagna - sia a Gaza che in Libano - è stata pianificata dall'esercito e imposta dall'esercito. Chi prende decisioni in Israele, adesso, è Dan Halutz. Non è un caso che il lavoro in Libano sia stato affidato alle Forze aeree.

La gente non è entusiasta della guerra. Si è rassegnata, in uno stoico fatalismo, perchè è stato detto che non c'è alternativa. E infatti, chi può essere contrario? Chi è che non vuole liberare i “soldati rapiti”? Chi non vuole rimuovere i Katiuscia e riabilitare la deterrenza? Nessun politico osa criticare l'operazione (ad eccezione dei membri arabi della Knesset, ignorati dal pubblico ebraico). Sui media, i generali regnano incontrastati, e non solo quelli in uniforme. Non esiste praticamente ex generale che non sia stato invitato dai media a commentare, spiegare e giustificare, tutti con una voce sola.

(A titolo d'esempio: la più seguìta televisione israeliana mi ha chiesto un'intervista , dopo aver sentito che avevo preso parte a una manifestazione contro la guerra. Ero abbastanza sorpreso. Ma non per molto - un'ora prima della trasmissione, un contrito conduttore ha chiamato per dire che c'era stato un terribile errore - in realtà volevano invitare il professor Shlomo Avineri, un ex direttore generale del Foreign Office, su cui si può contare per giustificare qualsiasi atto del governo, qualunque esso sia, in forbito linguaggio accademico.

“Inter arma silent Musae” - quando parlano le armi, le muse tacciono
. O, piuttosto: quando rombano i cannoni, il cervello smette di funzionare.
E solo un pensiero: quando lo Stato di Israele fu fondato, nel mezzo di una guerra cruedele, un poster tappezzava i muri: “Tutto il paese - un fronte! Tutto il popolo - un esercito!”

Sono passati 58 anni, e lo stesso slogan è valido come lo era allora. Che cosa ci dice, questo, su generazioni di statisti e generali?

11 luglio 2006

Il sistema annaspa, che facciamo?

Negli Stati Uniti, il cosiddetto “sistema” annaspa tra molteplici difficoltà.

** sta per finire l’era del petrolio a prezzi accessibili.
** l’effetto serra è ormai diventata una chiara minaccia per l’ambiente.
** le risorse idriche cominciano a scarseggiare sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo.
** i ricchi rappresentano solo il 2% della popolazione mondiale.
** molte persone sono preoccupate per la crescente spesa sanitaria e gli alti costi dell’assicurazione medica.
** gli individui appartenenti alla generazione del baby-boom non potranno probabilmente usufruire di una pensione sicura (con le inevitabili ripercussioni sulle generazioni future).
** il sistema previdenziale, nato dopo la Grande Depressione economica, cade letteralmente a pezzi di anno in anno.
** le famiglie e, soprattutto, la nazione sono indebitate pesantemente.

** una diffusa insicurezza economica è diffusa in vasti strati della popolazione. (l’ occupazione diminuisce, i debiti aumentano e il futuro dei giovani è incerto)
** Le famiglie sono costrette a stringere la cinghia per andare avanti.
** lo smaltimento delle sostanze tossiche ha reso evidenti i limiti di assorbimento da parte dell’ambiente, mentre aumenta, in modo critico, il costo di alcune risorse, ecc.
** Il partito politico che controlla la Casa Bianca, il Congresso, e gran parte del potere giudiziario, deve il proprio successo elettorale ad una maggioranza convinta dell’imminente fine del mondo e di conseguenza poco interessata a risolvere i problemi terreni. Per la prima volta nella storia americana, un partito religioso controlla il governo.

Forse il futuro è luminoso.
Forse “il sistema” riuscirà ad uscire indenne da tutte queste crisi economiche ricorrenti o forse no. Sembra probabile in ogni caso che gli effetti combinati di tutti questi problemi possano influenzare, ancor più saldamente il futuro dell’economia, nel momento stesso in cui i tassi di crescita potrebbero rallentare, attestandosi a valori ben al di sotto degli attuali.
Il caso degli Stati Uniti non è isolato. La tendenza della diminuzione del tasso di crescita economico lo vivono tutte le nazioni più ricche del mondo come i 29 paesi membri dell’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Prendendo in esame i dati del 1980 rispetto a quelli del 1970, constatiamo nei paesi Ocse una diminuzione del tasso di crescita rispetto al decennio precedente. Però negli Stati Uniti di questi tempi a soffrire per questa situazione non è la sola famiglia media ma in modo ancor più rilevante, i super ricchi – quell’uno per cento di detentori del 50% della ricchezza, o per dirla in altri termini, quel 5% di cittadini americani possessori dei 2/3 della ricchezza privata.
Comprensibilmente, questa minoranza di ricchi dai propri investimenti si attende un discreto guadagno, cosa difficile da ottenere in presenza di una crescita economica lenta.
Cosa si intende per discreto guadagno? Ecco un modo per rispondere alla domanda. Quando l’OMB (Ufficio Presidenziale di Management e Budget) considera la presentazione di una nuova legge (ad esempio destinata a controllare le emissioni di mercurio negli impianti di energia elettrica) si chiede se i benefici giustifichino i costi. Si dicono, “Questo regolamento costerà all’industria X dollari, quanto benessere potrà essere creato da questi dollari se fossero investiti con un ritorno dell’ Y percento? In questa equazione l’ OMB di solito pone Y al 7%. L ’OMB suppone che in genere un investimento tipico porta un ritorno del 7%.

Veramente in anni recenti, la tendenza di molti investitori è stata quella di cercare di ottenere un guadagno superiore al 7% avvicinandosi al 20% per cui i sette punti in più al confronto appaiono un guadagno ridicolo. Occorre far notare che il 7% in più corrisponde a due volte di quanto registrato per gli investimenti a lungo termine (calcolato sul tasso di crescita del PIL) e a tre volte tanto quanto il tasso medio registrato nel 1973. In questo modo gli odierni investitori si aspettano guadagni sostanziosi molto superiori alle medie storiche. Quindi è probabile che nel caso i loro guadagni si attestino sulla media storica rimarranno delusi e, doppiamente scontenti se i guadagni registreranno un 30% in meno rispetto alla media storica (per esempio 2.3% anziché 3.4%). Essi ovviamente credono di meritarsi i migliori risultati – l’America merita di meglio – il mondo merita di meglio – per cui credono che il governo debba far aumentare in un modo o in un altro i loro guadagni. Dopotutto, il capitalismo come noi lo conosciamo smetterebbe di funzionare se i capitalisti smettessero di investire, di conseguenza loro potrebbero ritenere, e avrebbero le loro ragioni, di meritare un decente tasso di guadagno.
Secondo l’ipotesi che sto qui delineando cinque sono stati i fattori che hanno causato un’inversione al ribasso della crescita economica negli Stati Uniti (e nel resto del mondo industrializzato):

(1) la saturazione dell’effettiva domanda dei consumi; chi può permettersi di acquistare ha già tutto quello di cui ha bisogno o che si possono permettere; infatti per aumentare di più la domanda, l’industria americana è costretta ad investire in pubblicità ogni anno 250 miliardi di dollari.

(2) una diminuita richiesta di investimenti fissi (come le stabilimenti industriali) e di capitale circolante (soldi impiegati per pagare le spese commerciali ed espandere le operazioni). Di questi tempi sta diventando sempre più difficile e meno remunerativo, trovare posti nei quali investire capitali, in parte per colpa della saturazione dell’offerta e in parte per un’eccedenza di capitali.

(3) il totale della forza lavoro non può andare oltre il livello attuale; chi è in grado di lavorare già ha un lavoro o è in cerca di una prima occupazione; il resto della popolazione è costituita da bambini, anziani e disabili.

(4) il tasso di crescita della produttività lavorativa (per ora lavorata) è rallentato negli ultimi anni;

(5) Sono evidenti i limiti ecologici – come per esempio materiale tossico derivante da lavorazioni industriali si trova dappertutto, dalle vette più alte agli abissi degli oceani e perfino nel latte materno. Non è più plausibile pensare di gettar via i sottoprodotti industriali indesiderati senza provocare danni agli esseri umani e all’ambiente.

Il sistema a questi dati di fatto ha risposto nei seguenti modi:

Risposta n° 1: allentando il credito

Non c’è bisogno di ragionarci molto. Negli ultimi anni il debito delle carte di credito, i mutui immobiliari ed il disavanzo della nazione sono aumentati in modo considerevole. I debiti sono redditizi per chi i soldi li presta, specialmente nel caso delle carte di credito che ora raccolgono guadagni inquantificabili. A differenza delle precedenti generazioni, i giovani di oggi abbandonano i college (e perfino le scuole superiori) appesantiti dai debiti. (14) Come ha fatto giustamente notare Kevin Phillips, negli Stati Uniti stiamo assistendo allo “sviluppo in senso finanziario “ dell’economia. Già nel 2000, si investiva il 20% del PIL più in borsa rispetto a quanto investito nell’industria (14,5%).

Risposta n° 2: promuovendo il flusso internazionale dei capitali

Con ciò si intende la globalizzazione delle aziende – rimuovendo qualunque barriera agli eventuali investitori interessati allo sfruttamento delle foreste pluviali in Indonesia o all’estrazione (con cariche di cianuro) dell’oro in miniere in America meridionale o nel Canada settentrionale.

Risposta n° 3: attuando minori restrizioni legali per le aziende finanziarie

Le banche, gli istituti di risparmio e finanziari, le agenzie di investimenti borsistici avevano precedentemente per legge un proprio ambito di attività nel quale muoversi; ora tutto ciò è stato accorpato. Cosa è successo? Negli anni 80 si è assistito alla fusione tra risparmio e finanza; dieci anni dopo, negli anni ‘90 si è avuto il fallimento dei siti “dot.com”; da ultimo abbiamo avuto lo scandalo Enron-Worldcom. Sembra non esserci fine a tutto ciò.

Risposta n° 5: Disinvestendo nelle infrastrutture pubbliche (strade, ponti, canali, aeroporti, impianti di trattamento delle acque di scarico).

“Le nostre infrastrutture si stanno avviando verso il tracollo ed appaiono sconfortanti le prospettive di ripresa”, secondo William Henry presidente della Società Americana degli Ingegneri Civili alla presentazione in marzo del Rapporto del 2005 per le Infrastrutture in America. Naturalmente questa è una politica miope, ma in questo settore la ricerca del guadagno si concentra sul prossimo quarto di secolo e non sulla prossima decade.

Risposta n° 6: aumentando il bilancio per la difesa

La difesa è la sola politica industriale sulla quale concordano tutti, o alla quale tutti si adeguano, forse per timore di essere tacciati di antipatriottismo. I nemici stranieri sono i consumatori ultimi dei nostri addestramenti militari, cosicché si può affermare che a fronte di una vacillante domanda di tostapane e di SUV, la nostra economia attualmente ha bisogno di nemici stranieri. (16) Come il Presidente stesso ha detto, subito dopo avere lanciato gli USA in una guerra perpetua contro i malvagi, “Acchiappateli tutti”. La guerra è un buon affare, con prospettive sempre più rosee ogni giorno che passa.

Risposta n° 7: tagliando le tasse ai più ricchi

Diminuzione delle tasse sui patrimoni, sulle rendite, e sui guadagni societari per gli americani più ricchi, spostando gran parte del peso fiscale sulla classe media e la classe operaia.

Risposta n° 8: Evadendo le tasse o eludendole.

Entrambi i fenomeni citati sono diffusi e costituiscono oggetto di argomento di svariati libri dove spiegano come fare mentre le autorità federali chiudono un occhio.

Risposta n° 9: Creando nuove industrie

L’esplorazione dello spazio, l’industria delle armi missilistiche laser spaziali, l’industria delle scommesse, l’industria pornografica, l’industria delle attività legate alla droga (e la sua gemella, l’industria del sistema carcerario) – stanno a dimostrare il rinnovato spirito imprenditoriale dell’America di fronte ad un rallentamento della crescita.

Risposta n° 10: Diminuendo gli Investimenti Sociali

Una minore crescita impone che le fette della torta dei guadagni economici siano suddivise in nuovi modi. Perciò i primi investimenti a subire tagli sono stati gli investimenti sociali. Tagli dei sussidi ai veterani, all’assistenza medica, alle attività di pronto soccorso, alla previdenza sociale, ai prestiti universitari, agli stanziamenti di aiuto previsti per i bambini più poveri dagli zero ai cinque anni del programma denominato “Head Start”, ai terreni demaniali, alla qualità dell’aria e delle acque, agli ospizi, all’Amtrak, alle infrastrutture stradali, alla costruzione di tunnel e ponti e a tutte le agenzie statali ( al Servizio delle Entrate, al Dipartimento dell’Istruzione al Dipartimento della Salute e Servizi alla persona tra le altre) e così via discorrendo. Non si intravede una fine ai tagli proposti. Sola la Difesa è intoccabile (e, di recente, il suo settore gemello, la Sicurezza Nazionale) dove il sentimento bipartisan per le speculazioni si è sviluppato nei decenni di eccellente cooperazione tra industria e mondo militare.

Tagliare la rete di assistenza sociale ha avuto l’effetto salutare di disciplinare la forza lavoro ad accettare stipendi più bassi, effettuare lavoro straordinario senza essere pagata, accettare l’aumento dei carichi di lavoro, andare meno giorni in ferie, accettare la diminuzione delle prestazioni sanitarie, e a non lamentarsi per la soppressione delle pensioni e via discorrendo
Come risultato di questi cambiamenti si è avuto negli ultimi vent’anni un appiattimento tra i due partiti politici. I Democratici ora si ritrovano per la prima volta nella loro storia con nessun obiettivo politico proprio. A causa di ciò la disaffezione degli elettori ha raggiunto storiche proporzioni. Il Cinismo è ora molto diffuso. L’apatia politica permette la continuazione del sistema.

Risposta n° 11 aumentando la sfiducia nell’operato del Governo

Dovendo ripartire le fette della torta economica tra diversi utenti, l’obiettivo politico centrale è stato quello di screditare l’operato del governo perché quest’ultimo è intervenuto in diverse occasioni a difesa dei “poveri” contro i ”ricchi”.

Tradizionalmente, il governo ha fatto alcuni tentativi per mettere tutti nelle stesse condizioni, tenendo fede allo slogan, “Libertà e giustizia per tutti”. Senza una basilare sicurezza economica non sono, infatti, possibili, sia nel caso di individui sia per le famiglie, libertà e giustizia.

Occorre ammettere la capacità innovativa di George W. Bush . I precedenti teorici repubblicani volevano ridurre il governo a delle dimensioni tali da poterlo far scendere in uno scarico. Il Sig. Bush ha riconosciuto che un grosso governo inetto era di gran lunga più utile di un piccolo governo, dal punto di vista di coloro dediti all’attuazione dell’ alto ideale e dell’ impellente necessità nazionale di trasferire una porzione più grande della torta dalla classe lavoratrice ai super ricchi.

La risposta federale all’uragano Katrina è stata perfetta – un’elefantiaca burocrazia ha miseramente fallito. Quale miglior modo per convincere la gente dell’operato senza speranza del governo, dell’inutilità delle tasse? Chi desidera avere una burocrazia pasticciona e corrotta insensibile alle umane sofferenze? Buttare una tale creatura nello scarico sembra un atto fin troppo gentile.

Nel frattempo, gli addetti che sanno come far funzionare il sistema – per esempio, Halliburton, Raytheon, e Boeing – fanno guadagni record ed in questo modo sono soddisfatti due obiettivi pubblici: i tassi dei profitti sul capitale investito schizzano verso l’alto, almeno per i pochi ben connessi tra loro, e nello stesso tempo il governo cade in disgrazia ed è discreditato. Gli elettori, delusi rimangono a casa, e in questo modo il sistema ha doppiamente assicurato il mantenimento del suo status quo. Grazie alla straordinaria visione e leadership di questo Presidente potrebbero volerci decenni, se mai ci si riuscirà, per restaurare la fiducia nel governo come livellatore del terreno di competizione.

Risposta n° 12 tagliando gli stipendi ai lavoratori

Nel corso degli ultimi 30 anni, si sono operati negli Stati Uniti tagli ai salari attraverso l’utilizzo di tecniche creative e deve essere considerato il fulcro dell’attuale sforzo nella redistribuzione della torta, mantenere le fette destinati agli investitori rispettando i livelli storici o ottenendo risultati migliori.

Le tecniche per la riduzione dei salari ora prevedono:

a. Pur con la produttività lavorativa (intesa per ora di lavoro) in aumento negli scorsi decenni i nuovi imprenditori si sono semplicemente rifiutati di devolvere i maggiori proventi ai lavoratori sotto forma di aumenti salariali. Questa è una nuova eppur ineluttabile tendenza degli ultimi 30 anni. Se la produttività è continuata a crescere negli ultimi tre decenni (seppur più lentamente rispetto alla media storica), gli stipendi sono rimasti fermi se non sono addirittura diminuiti. Gli industriali, con un atteggiamento raccomandato perchè semplice e trasparente tengono semplicemente molto di più per loro stessi.
b. mantenimento a bassi livelli del salario minimo. Il salario minimo stabilisce il tetto minimo al di sotto di tutti i salari, così, se non cresce con l’aumento dell’inflazione altrimenti tutti i salari tendono verso la stagnazione o verso il declino. Questo è stato ottenuto attraverso un esemplare consenso da parte dei due partiti. L’ultimo aumento salario deciso dal Congresso risale al 1997 (5,15 dollari l’ora per un reddito annuale di 10,300 dollari).
c. Eliminazione dei sindacati e prevenire la formazione di nuove sigle. I lavoratori sindacalizzati guadagnano, mediamente, il 21% in più per ora rispetto ai non iscritti al sindacato. Forse la cosa più importante è che i lavoratori sindacalizzati si aspettano di lavorare in condizioni più sicure e salutari, con una modesta quantità di benefici sanitari, lavoro straordinario pagato, due settimane di vacanze e in casi estremi, persino benefici pensionistici. Quando invece la crescita è lenta e gli imprenditori avvertono una diminuzione ai loro guadagni, i sindacati sono visti con il fumo negli occhi, come dei guastafeste nel tentativo di ridistribuire verso l’alto la torta. E’ quindi per questi motivi che l’Osservatorio per i Diritti Umani ha stilato uno stringato rapporto nel 2000 accusando gli Stati Uniti di aver violato ripetutamente i diritti dei lavoratori.


d. Eliminazione di determinati benefici pensionistici e, in un numero crescente di casi, eliminazione del tutto delle pensioni, così come è stato fatto di recente dalla United Airlines con il buon aiuto di un giudice nominato da Reagan. Gli sforzi per eliminare completamente le pensioni stanno prendendo forza da entrambi gli schieramenti, come ci si aspetterebbe se è corretta la mia ipotesi di crescita lenta.
Con una popolazione in continua crescita, la riduzione o l’eliminazione dei benefici relativi alla pensioni (quali l’assistenza medica ‘Medicare’, i servizi di pronto soccorso ‘Medicaid’, la sicurezza sociale e le pensioni private) possono a prima vista rischiare di far saltare la polveriera sociale. Forse l’opinione condivisa di entrambi gli schieramenti politici è che una popolazione anziana, indigente, spaventata e disorientata sia, in effetti, incapace di far sentire le proprie ragioni a livello politico. Ad ogni modo, gli sforzi per eliminare i benefici legati alla pensione sembrano procedere bene e rapidamente. Si potrebbe riassumere tutto nelle parole pronunciate da quell’omino che gettandosi dal 20° piano di un grattacielo mentre precipitava giù diceva prima di sfracellarsi al suolo, “Finora va tutto bene”.
e. In modo graduale la forza lavorativa degli Stati Uniti è stata messa in diretta competizione con i lavoratori sottopagati dei paesi del Terzo Mondo. Senza controllo o imposizioni di qualsiasi sorta questa tipo di competizione crea inevitabilmente una “corsa al ribasso” dei salari, delle condizioni lavorative, degli standard ambientali – tutto ciò che “esternalizza” i costi di produzione e in questo modo la più grande porzione della torta rimane nelle saldi mani della classe imprenditrice.
f. la riduzione della disponibilità della assicurazioni sanitarie. Nel 2003, 45 milioni di Americani non avevano l’assicurazione sulla salute, 1.4 di milioni in più rispetto all’anno precedente e fino ad un 5.1 di milioni in più registrati dal 2000.

Risposta n° 13: promuovendo una rapida innovazione tecnologica

Sia il mondo degli affari che il governo sono costantemente alla ricerca “del grande affare” sperando di dare l’avvio ad una rapida innovazione tecnologica. E’ la ricerca dello scudo spaziale; non è la biotecnologia; no, è la nanotecnologia; no, è veramente “la biologia di sintesi” – la creazione di nuove forme di vita mai conosciute prima sul pianeta terra. Naturalmente, per definizione, una rapida innovazione e al tempo stesso un impegno delle risorse sono incompatibili se non si tiene conto, prima dell’investimento, delle possibili conseguenze. Comunque gli investimenti sbagliati sono stati la norma per 180 anni, così ora si è pensato che sia la “normalità degli affari” facilmente giustificabile come prezzo del progresso. Una rapida innovazione fa bene all’economia e crea varie opportunità di guadagno – in particolar modo durante la prima fase di produzione di un prodotto o di un processo. E’ solo più tardi che i problemi diventano evidenti e i profitti diminuiscono, al punto che il governo mette a posto i pezzi e difende gli investitori dalle conseguenze dello loro zelo impetuoso. (pensate ai superfondi, pensate all’energia nucleare). Nonostante le proteste ufficiali alla versione opposta, le politiche del governo degli Stati Uniti generalmente incoraggiano le imprese industriali ad “esternalizzare” i costi derivanti dai danni all’ambiente e alla salute, e questo trend è stato accelerato in anni recenti mentre la crescita economica ha registrato un rallentamento. La verità è, che gran parte delle operazioni industriali non possono permettersi di affrontare al proprio interno i costi e allo stesso tempo fornire un guadagno ragionevole, cosicché essi SONO COSTRETTI ad esternalizzare i costi. Non si può fare, in effetti, diversamente, visto il crescente bisogno di ottenere un guadagno dagli investimenti.

01 luglio 2006

Perchè Fantapolitik?

Il sito Fantapolitik nasce come cassa di risonanza per articoli un po' scomodi che faticano a trovare spazio nei media autorizzati. La verità Assoluta come viene spacciata dalla maggior parte dei giornalisti accreditati, non esiste. Ma, a prescindere da qualsiasi indicazione ideologica, il concetto di vero- falso spazio-tempo non è univoca.
La visione del passato e futuro è molto diversa. Non esiste un solo futuro (come da principio di indeterminazione di Heisenberg), ma, ad un dato momento, un futuro più probabile che non esclude tutti gli altri futuri possibili, e le cui probabilità variano nel tempo. noi riconosciamo un solo passato (mentre, anche li, ce ne sarebbero infiniti, tanti quanti i futuri), mentre la stessa "esperienza" ci dice che i futuri possono essere infiniti (noi, nel nostro mondo, chiamiamo ciò "libero arbitrio").
Questo è, esattamente, il "principio di indeterminazione" di Heisenberg: tra tutti i futuri possibili, uno solo "collassa" e diventa realtà, ovverosia, dagli infiniti futuri possibili, si passa ad un solo presente e un solo passato.
Per spiegare il concetto, supponiamo di guardare un film su uno schermo gigantesco, dove tutte le scene di tutti i possibili esiti, sono proiettate contemporaneamente (il che significa che, quel film si svolge in assenza di tempo e di spazio).
Il problema è che i nostri occhi (gli strumenti con i quali osservate le immagini) e la nostra mente (lo strumento col quale decodificate le immagini) sono "limitati"; ovvero non riescono a vedere tutto contemporaneamente.
Sicché, siamo costretti a scegliere una scena dalla quale cominciare e, da li in poi, procedere in avanti. In pratica: si è "inventato" il tempo, che esiste solo nella nostra mente, perché tutte le immagini del film sono sullo schermo contemporaneamente; ed abbiamo anche "inventato" la spazio, perchè le immagini sono tutte sullo stesso schermo.
Tempo e spazio, dunque, in realtà non esistono; li abbiamo inventati noi per dare un "senso logico" al film che avete deciso di vedere, scegliendolo tra gli infiniti films che avremmo potuto vedere (seguendo un percorso piuttosto che un altro).
Man mano che osserviamo le scene in quella sequenza che abbiamo scelto, le scene già viste diventano il vostro passato e ci "sembrano" il vostro "unico" passato, mentre le scene future sono ancora da scegliere (e da qui deriva il principio di indeterminazione di Heisenberg).
Ora è evidente che il passato è "infinitamente possibile" come il futuro. Diventa "uno", solo perché non riuscite a trattenere tutte le immagini delle scene possibili e, quindi, "scegliete" un solo percorso (tra gli infiniti possibili) e, questo diventa la vostra dimensione spazio-temporale.
Heisenberg si è fermato alle soglie del futuro ed ha "scoperto" il principio di indeterminazione; alcuni scienziati dopo di lui, hanno affrontato tutto il problema (dell'esistenza) ed hanno postulato la teoria degli infiniti Universi paralleli (le infinite combinazioni di scene che possono costituire una "vita").
Ogni Universo, dunque, è "dotato" della propria "illusoria" dimensione spazio-temporale ("illusoria" perché abbiamo visto che, nella realtà, il tempo e lo spazio non esistono) e "vive" in contemporanea con tutti gli altri (tutti i possibili percorsi di scene, esistono contemporaneamente sullo stesso schermo).
Quindi parlare di economia, politica, etica, sviluppo non ha un finale certo ma un probabile futuro che ai più potrebbe sembrare una fanta-economia, una fanta-politica, una fanta-etica etc.
La mission è la selezione consapevole di un film già visto, con lo stesso finale, avvincente, nascosto, ma imprevedibile.

Naturalmente questo è un hobby, e, se i Post sono in sintonia con la tua emozione, allora puoi cliccare sui banner adsense per quantificare il tuo gradimento.
Se hai poco tempo anche un solo click fa capire il gradimento dei Post.

Ad maiora
Leon

30 luglio 2006

Bambini con il dna della guerra



Oltre 300 civili libanesi sono stati uccisi, compresi donne e bambini mentre è incalcolabile il numero dei feriti.
Fin dall’inizio della campagna militare Summer Rain a Gaza, la stampa internazionale ha sottostimato la gravità degli attacchi contro i civili e, questa volta, anche la stampa israeliana è stata costretta a schierarsi con il governo in modo acritico.
Il governo Olmert è stata la vera calamità di Israele. Olmert è diventato presto l’ideale erede di Sharon, del falco Sharon. L’ha voluto emulare prima con la presa della prigione di Gerico quando ha fatto carta straccia degli accordi internazionali stipulati nel 2002 tra Israele e Palestina e mediati da Stati Uniti e Inghilterra. Impressionante l’appoggio che il governo Olmert ha ricevuto non solo dai governi occidentali, prevedibile del resto, trattandosi di un governo liberamente eletto, ma anche dalla stampa, che si è presentata al cospetto del nuovo re di Tel Aviv con devozione e soggezione. Dal nostro punto di vista era necessario criticare apertamente sia il piano di annessione in Cisgiordania, che l’espulsione dei palestinesi da Gerusalemme Est. Ad approfittarne sono stati gli Stati Uniti che hanno soffiato a lungo sul fuoco della prossima guerra. Olmert è l’uomo del disastro, è l’uomo che sta distruggendo Israele, minando ogni possibile negoziato futuro. Con il suo unilateralismo a oltranza basato sulla legge del più forte sta portando israeliani e palestinesi sull’orlo di una catastrofe dove a dominare sarà la legge della jungla. D’ora innanzi, a cadere nel baratro saranno in molti.
La quotidianità palestinese è una realtà di reclusione grazie anche alla illegalità del Muro. Un sistema di carcerazioni è il futuro che Israele vuole per i palestinesi. Esattamente il diritto che i palestinesi stanno esercitando da anni.
“Israele ha il diritto di esistere”, è un eufemismo. Israele esiste e chiunque esista ha il diritto di esistere, anche i palestinesi hanno questo diritto. Il fatto è che Israele ha anche il diritto ad avere una democrazia “vera” che non sia messa al servizio degli interessi dei generali o delle corporazioni nordamericane che producono armi. Olmert ha distrutto un’immagine internazionale di Israele.

28 luglio 2006

Il racket della guerra


DI SMEDLEY BUTLER (1881-1940)
(Maggior Generale - Corpo della Marina degli Stati Uniti)

La GUERRA è un racket. Lo è sempre stato.

Forse il più vecchio, facilmente il più profittevole, sicuramente il più crudele. L'unico ad essere internazionale nel suo scopo. L'unico in cui i profitti vengono stimati in dollari e le perdite in vite umane.

Un racket è meglio descritto, ritengo, come qualcosa che non è ciò che sembra alla maggioranza delle persone. Solo un piccolo gruppo "interno" sa di cosa si tratta. Viene condotto per il beneficio di pochi, a spese di molti. Da una guerra, poche persone traggono delle grandi fortune.

Nella Prima Guerra Mondiale, fu solo una piccola manciata di individui a trarre dei profitti da questo conflitto. Durante questo periodo nacquero negli Stati Uniti circa 21.000 nuovi milionari e miliardari. Molti di questi presentarono i loro guadagni colossali nella dichiarazione dei redditi. Quanti siano gli altri milionari arricchiti dalla guerra che falsificarono la loro dichiarazione, nessuno lo sa.

Quanti tra questi milionari avevano portato un fucile sulle spalle? Quanti tra loro hanno mai scavato una trincea? Quanti tra loro sapevano che cosa significava sentire i morsi della fame in un rifugio sotterraneo infestato dai topi? Quanti tra loro hanno passato delle notti intere senza dormire, nel terrore, abbassando la testa ogni volta per ripararsi dagli esplosivi, dalle raffiche dei mitra e delle mitragliatrici? Quanti tra loro sono riusciti a schivare la lama della baionetta di un nemico? Quanti tra loro sono rimasti feriti o uccisi in battaglia?

In una guerra, le nazioni si impossessano di un nuovo territorio, se tornano vittoriose. Tutto qui: se lo prendono. Questo nuovo territorio conquistato sarà allora immediatamente sfruttato da quei pochi - la stessa piccola manciata di individui che spremono tutti i soldi che possono da una guerra. E tutto il grande pubblico si porta sulle spalle il conto.

E il conto qual'è?

Questo conto si traduce in un orribile rendiconto. Tante nuove lapidi. Corpi dilaniati. Menti distrutte. Cuori e case distrutti. Instabilità economica. Depressione e tutte le miserie che ne conseguono. Imposte massacranti per generazioni e generazioni.

Per un bel po' di anni, come soldato, avevo il sospetto che la guerra fosse un racket; ma fu solo quando ritornai alla vita civile che me ne resi pienamente conto. Ora, vedendo avvicinarsi le nuvole di una nuova guerra internazionale, è bene affrontare la questione.

Hanno di nuovo scelto di formare degli schieramenti. La Francia e la Russia si sono accordate per stare fianco a fianco. L'Italia e l'Austria si sono affrettate nel concludere un accordo analogo. La Polonia e la Germania si sono fatte gli occhi dolci, dimenticandosi per l'occasione [un'occasione unica] della disputa sul Corridoio Polacco.

L'assassinio del re Alessandro di Jugoslavia ha complicato i problemi. La Jugoslavia e l'Ungheria, da tempo acerrime nemiche, stavano per saltarsi alla gola. E l'Italia pronta per intromettersi. Ma la Francia stava aspettando. E così la Cecoslovacchia. Tutti pronti per cominciare una guerra. Non i popoli - non quelli che combattono, pagano e muoiono - ma solo quelli che fomentano le guerre e poi se ne stanno comodi in casa facendo profitti.

Oggi ci sono 40 milioni di uomini sotto le armi, e i nostri statisti e diplomatici hanno pure il coraggio di dire che non si sta attuando nessuna guerra.

Siamo impazziti? E questi 40 milioni di uomi allora che cosa fanno? Si stanno addestrando per fare i ballerini?

Certo non in Italia. Il premier Mussolini lo sa benissimo per che cosa si stanno addestrando. Lui, almeno, è abbastanza franco da dirlo. Solo l'altro giorno, il Duce, ne "Conciliazione Internazionale", una pubblicazione del Carnegie Endowment for International Peace [Donazione Carnegie per la Pace Internazionale, ndt], ha detto:

"E soprattutto il Fascismo, che considera e osserva il futuro e lo sviluppo dell'umanità non legato alle considerazioni politiche del momento, non crede né alla possibilità né tanto meno all'utilità di una pace perpetua... Solo la guerra può portare al massimo della sua tensione l'umana energia, e lasciare il segno della nobiltà sui popoli che hanno il coraggio di abbracciarla".

Herr Hitler, con il suo riarmo della Germania e le sue continue richieste per sempre più armi, è un'altra grande minaccia per la pace. E la Francia proprio recentemente ha aumentato la durata del servizio militare per la sua gioventù da un anno a diciotto mesi.

Sì, dappertutto, le nazioni stanno preparando le loro armate. Le ostilità in Europa sono ormai a briglia sciolta. Ad oriente gli armamenti vengono organizzati più abilmente. Nel 1904, quando combattevano Russia e Giappone, siamo riusciti ad espellere la Russia appoggiando i giapponesi. Poi i nostri banchieri internazionali così generosi finanziarono il Giappone. Ora invece la propensione è quella di avere il dente avvelenato nei loro confronti. Che cosa significa per noi la politica delle "porte aperte" alla Cina? Il nostro commercio con la Cina è di circa 90 milioni di dollari all'anno. E le isole delle Filippine? Abbiamo speso circa 600 milioni di dollari nelle Filippine in 35 anni, e ora abbiamo da quelle parti (i nostri banchieri, industriali e speculatori) degli investimenti privati per poco meno di 200 milioni di dollari. Poi, per proteggere questo commerciodi $90.000.000 con la Cina o quello degli investimenti privati nelle Filippine di quasi $200.000.000, conciteranno nuovamente le masse portandole a odiare il Giappone e a muovergli guerra - una guerra che potrebbe benissimo costarci decine di milardi di dollari, centinaia di migliaia di vite americane, e altre centinaia di migliaia di uomini fisicamente e mentalmente menomati, irreparabilmente a pezzi.

Naturalmente, per questa perdita ci sarebbe un profitto che compensa - qualcuno accumulerebbe delle grandi fortune. Milioni e miliardi di dollari a formare delle montagne. Per pochi. Per i trafficanti d'armi. Per i banchieri. Per i costruttori di navi. Per i produttori. Per l'industria della carne in scatola. Per gli speculatori. Loro ci mangerebbero sopra per bene.

È così, si stanno preparando per un'altra guerra. Perché non dovrebbero? Otterrebbero degli alti dividendi.

Ma che profitto rende agli uomini che vengono uccisi? Che profitto rende alle loro madri e alle loro sorelle, alle loro mogli e a chi li ama? Che profitto rende ai loro bambini?

Chi mai ne trarrà dei profitti se non che quello sparuto gruppo di persone per cui la guerra significa solo un enorme profitto?

Proprio così. E che profitto ne otterrà la nazione?

Prendiamo il nostro caso. Fino al 1898 non possedevamo nessun territorio al di fuori della terraferma nordamericana. A quel tempo il nostro debito nazionale era poco più di un miliardo di dollari. Poi siamo diventati "internazionalmente aperti". Abbiamo dimenticato, o messo da parte, il consiglio del Padre del nostro paese. George Washington ci aveva messi in guardia sulle "alleanze imbriglianti". Siamo andati in guerra. Abbiamo acquisito dei territori esterni. Alla fine della Guerra Mondiale, come risultato diretto dei nostri giochetti con gli affari internazionali, il nostro debito nazionale aveva raggiunto i 25 miliardi di dollari. La bilancia commerciale positiva durante il periodo di 25 anni ammontava a 24 miliardi di dollari. Quindi, su una semplice base contabile, siamo pure tornati un po' indietro, anno dopo anno, e il commercio con l'estero poteva tornarci molto utile pure senza le guerre.

Sarebbe stato molto più economico (e più sicuro), per lo statunitense medio che paga le bollette, starsene fuori da queste alleanze. Per una minoranza, questo racket, nella fattispecie il contrabbando e il racket della malavita, portano grossi profitti, ma il costo delle operazioni viene sempre trasferito al popolo - che di profitto non ne trae nemmeno un po'.
Non sono così idiota da pensare che la guerra sia una cosa del passato. So che il popolo la guerra non la vuole, ma non ha senso pensare che non potremo essere trasportati in un'altra guerra.

Guardando indietro, Woodrow Wilson venne rieletto presidente nel 1916 basando la campagna sul fatto che "ci aveva tenuti fuori dalla guerra", e sulla promessa implicita che avrebbe continuato a tenercene fuori. Poi chiese al Congresso, solo 5 mesi dopo la sua elezione, di dichiarare guerra alla Germania.

In questo arco di cinque mesi non venne chiesto al popolo se per caso avesse cambiato idea sulla guerra. Ai 4 milioni di giovani uomini che indossarono le uniformi e marciarono o salparono oltreoceano non si chiese se intendevano andare avanti, incontrando sofferenza e morte.

Allora che cosa fece cambiare così improvvisamente idea al nostro governo?

Il denaro.

Una commissione di alleati, qualcuno ricorderà, si incontrò con noi poco prima della dichiarazione di guerra e fece visita al presidente. Il presidente convocò un gruppo di consiglieri. Il capo della commissione parlò. Spoglio da ogni formalità diplomatica, questo è quanto il presidente e il suo gruppo si sentirono dire:

"È inutile che continuiamo a farci delle illusioni. La causa degli alleati è persa. Ora vi dobbiamo [a voi banchieri, fabbricanti d'armi, produttori, speculatori, esportatori degli Stati Uniti] 5 o 6 miliardi di dollari.

Se perdiamo (e senza l'aiuto degli Stati Uniti perderemo) noi, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, non potremo ripagarvi questo denaro... e il debito non ce lo estinguerà certo la Germania.

Quindi..."

Se il mantenimento del segreto fosse stato illegale, durante queste negoziazioni, e se la stampa fosse stata invitata ad essere presente durante la conferenza, o se la radio avesse trasmesso questi discorsi, gli Stati Uniti non sarebbero mai entrati nella Guerra Mondiale. Ma questa conferenza, come tutte le discussioni di guerra, si tenne nella più massima segretezza. Quando i nostri ragazzi vennero mandati al fronte, venne detto che "era per creare un mondo più sicuro e più democratico" e che era la "guerra per chiudere tutte le guerre".

A distanza di diciotto anni, il mondo è meno democratico di quanto lo fosse prima. Ma poi, cosa dovrebbe interessare a noi se la Russia o la Germania o la Francia o l'Italia o l'Austria vivono sotto un regime democratico o monarchico? Se sono paesi fascisti o comunisti? Il nostro compito è quella di preservare la democrazia nel nostro paese.

E poco è stato fatto, se non nulla, per garantirci che la Guerra Mondiale sarebbe stata davvero la guerra per chiudere tutte le guerre.

Sì, abbiamo avuto le conferenze sul disarmo e sull'uso limitato delle armi. Non significano nulla. Una è stata fallimentare: un'altra ha dato risultati che sono stati vanificati. Spediamo i nostri soldati e i nostri marinai professionisti e i nostri politici e i nostri diplomatici a queste conferenze. E cosa succede?

Questi soldati e marinai professionisti non vogliono il disarmo. Nessun ammiraglio vuole essere senza la sua nave. Nessun generale vuole essere senza comando. Entrambi significano uomini senza lavoro. Loro non sono per il disarmo. Non possono essere a favore dell'uso limitato delle armi. E a tutte queste conferenze, distanti dalla scena principale ma provvisti di grande potere, troviamo i sinistri agenti di coloro che traggono profitti dalla guerra. Che sanno bene che queste conferenze non contribuiranno al disarmo e non limiteranno seriamente gli armamenti.

Lo scopo principale delle persone di potere, a qualunque di queste conferenze, non è stato quello di ottenere il disarmo, o di prevenire una guerra, ma piuttosto di avere più armi per loro e meno per ogni loro avversario.

Esiste una sola strada realmente praticabile per ottenere il disarmo. Consiste in una coalizione di tutte le nazioni in cui ognuna di esse demolisca tutte le navi, tutte le armi da fuoco, tutti i fucili, tutti i carri armati, e tutti i piani di guerra. E anche così, se mai succedesse, non sarebbe sufficiente.

La prossima guerra, secondo gli esperti, sarà combattuta non con delle corazzate, non dall'artiglieria, non con dei fucili e non con delle mitragliatrici. Sarà combattuta con gas e sostanze chimiche mortali.

Di nascosto, ogni nazione sta studiando e perfezionando metodi sempre più letali per annientare tutti i suoi avversari. Sì, si continuerà a costruire le navi, perché i costruttori non vogliono smettere di guadagnare. E si continueranno a produrre anche le armi da fuoco, e gli esplosivi, e i fucili, perché anche i fabbricanti di munizioni non vogliono smettere di guadagnare. E i soldati, naturalmente, devono indossare le uniformi, visto che nemmeno i fabbricanti di uniformi vogliono privarsi dei loro profitti di guerra.

Ma la vittoria e la sconfitta sarà ormai determinata dalla preparazione e dall'ingenuità dei nostri scienziati.

Se li mettiamo al lavoro facendoli inventare nuovi gas velenosi e nuovi diabolici strumenti meccanici e distruttivi esplosivi, non avranno più tempo per un lavoro costruttivo, per garantire maggiore prosperità a tutta la popolazione. Con un lavoro costruttivo, tutti noi potremmo ottenere dei guadagni in nome della pace e fuori dalla guerra - pure i fabbricanti d'armi.

Quindi... vi dico, AL DIAVOLO LA GUERRA.

27 luglio 2006

Roma: La conferenza per la guerra


Quando Condoleeza Rice è arrivata a Roma, ha dato il suo saluto lasciando capire che la decisione da prendere non è quella di "se fare o non fare una guerra" ma è quella di capire se l'Europa sta o non sta con l'America.
Mentre sul capo di Israele pendono ben 72 risoluzioni dell'Onu non rispettate, la Rice vuole che il lavoro "sporco", quello che gli usa uno riescono a fare in Iraq da 5 anni, venga preso in custodia da una forza europea per proteggere Israele dai terroristi Hizbollah. Qualcuno la chiama conferenza di pace!
Mauro Briani in questa vignetta fotografa la situazione in Libano.

23 luglio 2006

Lo stato Eletto... dai cingolati


Lo stato di Israele, che è presentato come l’ avamposto della democrazia occidentale nel mondo arabo, ha invece invaso il Libano, agendo alla stessa stregua di uno stato totalitario.
Ma quel che è più sorprendente è la fede che, purtroppo, destra e sinistra dimostrano nella democrazia dei cingolati.
Chi in modo più rozzo, chi più sofisticato, sembrano tutti d'accordo. Il discorso dominante sulla tremenda crisi scoppiata nel Medioriente è una specie di inno all'assunto che Israele ha il diritto di difendersi e che per Israele la difesa non può essere altro che guerra colpo su colpo.
A ogni «incidente», grave o meno grave, e questo che stiamo vivendo è gravissimo per la strategia d'attacco che si indovina sullo sfondo, si torna alla casella zero. La giustificazione dell'«autodifesa» di Israele diventa il perno prioritario e esclusivo che offusca tutti i precedenti, il contesto, la somma di torti e ragioni che si sono accumulati per mezzo secolo di storia in una situazione così complessa.
Il pretesto è sempre la minaccia suprema, il mancato riconoscimento dello stato ebraico. Ma il «rifiuto arabo», un dato di fatto all'atto dell'istituzione di Israele, è stato superato da un pezzo. Ci sono documenti, prassi, accordi applicati o non applicati. Era scontato se mai che il «rifiuto» si sarebbe riproposto persino nelle more del «negoziato di pace» basato sullo schema dei due stati per due popoli se la spartizione non avesse esaudito le premesse minime dell'identità dello stato palestinese e quasi della sua «esistenziabilità».
Non di soli tracciati - i «confini sicuri» di cui parlano i testi diplomatici - vive la pace. E puntualmente l'Intifada del 2000, rilanciando la lotta armata, ha rivelato che l'accettazione dello stato ebraico da parte dei palestinesi può essere precaria. Sotto una certa soglia, quanto più la Palestina sarà un falso stato - menomato nelle prerogative consuete della sovranità, impedito nelle comunicazioni con il mondo esterno, senza un'economia vitale - tanto più è probabile che si autorealizzi la profezia per cui la Palestina, e se del caso il Libano o la Siria, sarà sempre un nido di terroristi e una rampa di lancio per una rivincita araba.
Per il rispetto che Israele ha mostrato in passato e mostra oggi non solo nei confronti del non-stato della Palestina ma anche degli stati costituiti che lo circondano, del resto, una questione di «riconoscimento» dell'esistenza o sovranità altrui riguarda anche la politica di Israele. Gli attacchi partiti da Gaza o dal sud del Libano sono essi stessi atti di guerra e chi li compie è convinto di avere un diritto di difesa o di resistenza di fronte a una storia di occupazione, soprusi e frustrazioni.
I fallimenti della leadership araba si sono spesso tradotti nello scontro per lo scontro. E' accaduto sia nella grande rivolta del 1936 che nell'invasione del 1948 e poi nella provocazione culminata nella guerra del 1967, con altrettante disfatte per gli arabi e il movimento palestinese, e lo stesso potrebbe essere il senso dell'ultimo soprassalto di violenza.
L'assurdo è che il medesimo errore di scambiare la guerra per un fattore di forza e non di debolezza lo commetta Israele, che a suo vantaggio ha tutte le risorse della statualità, della tecnica, della politica e l'appoggio incondizionato dell'unica superpotenza.
La guerra, ogni tipo di guerra, istituzionale o informale a seconda dei mezzi a disposizione di ciascuno, la prima o ultima chance non importa, la guerra preventiva o di reazione, è parte del problema, per certi aspetti è il problema, e lo perpetua anche oltre l'eventuale e comunque lontanissima pace (già sul piano concettuale). Se per una volta il pacifismo e il realismo coincidono, dovrebbe essere un motivo in più per non cedere sui principi.
Finché la cosiddetta comunità internazionale non avrà dissolto il dubbio tutt'altro che astratto che i «diritti» riconosciuti e protetti siano tutti da una parte, sarà impossibile arrivare a una soluzione e intanto a una tregua.
Questo solo basterebbe a sollecitare una qualche forma di internazionalizzazione, che purtroppo il governo israeliano ha sempre respinto senza nemmeno accennare a discuterne le condizioni.

20 luglio 2006

Il pacifismo israeliano e la guerra


ABSTRACT
This time the " casus belli" came from the capture of two Israeli soldiers from part of Hizbollah.
The goal of this action is to to remove Hizbollah from the border, so that it will be impossible to capture more soldiers and launch rockets on the Israeli cities.
the Israeli government is asking the Lebanese government to disarm Hizbollah and remove him from the border zone..
People are not supporting the war.I was quite surprised (Uri Avnery)

La storia siamo noi, proseguiamo nel narrare la storia con gli occhi e la mente del popolo israeliano. Cerco di capire, anche se, le trame cominciano a delinearsi.

Il vero scopo è cambiare il regime in Libano e installare un governo fantoccio.
Questo era lo scopo dell'invasione del Libano di Ariel Sharon, nel 1982. Fallì. Ma Sharon e i suoi allievi della leadership politica e militare non hanno mai davvero rinunciato.
Come nel 1982, anche l'operazione in corso è stata pianificata e viene portata avanti in pieno coordinamento con gli Stati Uniti.
Come allora, non c'è dubbio che sia coordinata con parte dell'élite libanese.
Questo è il punto principale. Il resto è clamore e propaganda.
Alla vigilia dell'invasione del 1982, il Segretario di Stato Alexander Haig disse ad Ariel Sharon che, prima di dare il via all'operazione, era necessario avere una “chiara provocazione”, che sarebbe stata tenuta per buona dal mondo.
La provocazione infatti ebbe luogo - proprio al momento giusto - quando il gruppo terroristico di Abu Nidal cercò di assassinare l'ambasciatore israeliano a Londra. Tutto ciò non aveva alcuna relazione con il Libano, e ancora meno con l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (nemica di Abu Nidal), ma servì allo scopo.
Questa volta, la necessaria provocazione è stata fornita dalla cattura dei due soldati israeliani da parte di Hizbollah. Tutti sanno che non possono essere liberati se non attraverso uno scambio di prigionieri. Ma l'enorme campagna militare, che era pronta a partire da mesi, è stata venduta al pubblico israeliano e internazionale come un'operazione di salvataggio.
(Curiosamente, la stessa identica cosa era avvenuta due settimane prima nella Striscia di Gaza. Hamas e e i suoi alleati hanno catturato un soldato, il che ha fornito la scusa per una massiccia operazione che era stata preparata da molto tempo, e il cui scopo è distruggere il governo palestinese).

Lo scopo dichiarato dell'operazione in Libano è di allontanare Hizbollah dal confine, affinchè sia per loro impossibile catturare altri soldati e lanciare razzi sulle città israeliane. Anche l'invasione della Striscia di Gaza è ufficialmente finalizzata a portare Ashkelon e Sderot fuori dalla portata dei razzi Qassam.

Questo ricorda l'"Operazione Pace per la Galilea”, nel 1982. Allora, si disse alla gente e alla Knesset (il Parlamento israeliano, ndt) che lo scopo della guerra era “allontanare i Katiuscia di 40 chilometri dal confine”.

Questa era una deliberata menzogna. Nel corso degli undici mesi precedenti alla guerra, attraverso il confine non era stato sparato un solo razzo Katiuscia (né un solo colpo). Fin dall'inizio, lo scopo dell'operazione era raggiungere Beirut e installarvi un dittatore collaborazionista. Com ho riferito più di una volta, lo stesso Sharon mi disse così nove mesi prima della guerra, e puntualmente lo pubblicai, con il suo consenso (ma non attribuendolo a lui).
Naturalmente, l'operazione in corso ha anche diversi scopi secondari, che non includono la liberazione dei prigionieri. Chiunque capisce che questo non si può ottenere con azioni militari. Ma probabimente è possibile distruggere una parte delle migliaia di missili che Hizbollah ha accumulato negli anni. A questo scopo, i comandanti dell'esercito sono pronti a mettere in pericolo gli abitanti delle città israeliane che sono esposte ai razzi. Credono che ne valga la pena, come in uno scambio di pedine a scacchi.
Un altro scopo secondario è riabilitare il “potere deterrente” dell'esercito. Questa è una parola in codice per la restaurazione dell'orgoglio ferito dell'esercito, duramente colpito dalle temerarie azioni militari di Hamas nel sud e Hizbollah al nord.

Ufficialmente, il governo israeliano chiede che il governo del Libano disarmi Hizbollah lo allontani dalla zona di confine.

Questo è chiaramente impossibile con l'attuale regime libanese, un delicato mosaico di comunità etnico-religiose. Il minimo shock può far crollare l'intera struttura e gettare lo Stato nell'anarchia totale - in particolare dopo che gli statunitensi sono riusciti a cacciare l'esercito siriano, l'unico elemento che per anni aveva garantito una qualche stabilità.
L'idea di installare un governo collaborazionista in Libano non è cosa nuova. Nel 1955, David Ben Gurion propose di prendere un “funzionario cristiano” e insediarlo come dittatore. Moshe Sharet dimostrò che questa idea si basava sulla completa ignoranza degli affari libanesi e la silurò. Ciò nonostante, 27 anni dopo Ariel Sharon ci riprovò. Bashir Gemayel fu infatti insediato come presidente, solo per essere assassinato poco tempo dopo. Suo fratello, Amin, gli sucedette e firmò un accordo di pace con Israele, ma fu cacciato dall'incarico. (Lo stesso fratello ora sostiene pubblicamente l'operazione israeliana).
La previsione adesso è che se le forze aeree israeliane riescono a far piovere colpi abbastanza pesanti sulla popolazione libanese – paralizzando porti e aereoporti, distruggendo le infrastrutture, bombardando i quartieri residenziali, interrompendo l'autostrada Beirut- Damasco eccetera – il popolo libanese si infurierà con Hizbollah e farà pressione sul governo libanese per soddisfare le richieste di Israele. Dal momento che l'attuale governo non può neanche sognare di fare una cosa del genere, verrà instaurata una dittatura, con il supporto di Israele.
Questa è la logica militare. Io ho i miei dubbi. Si può supporre che la maggior parte dei libanesi reagirà come farebbe chiunque altro al mondo: con furore e odio contro l'invasore. Così accadde nel 1982, quando gli sciiti del sud del Libano, fino ad allora docili come zerbini, si sollevarono contro gli occupanti israeliani e crearono Hizbollah, che è diventata la forza più potente del Paese. Se ora l'élite libanese viene assimilata ai collaboratori di Israele, sarà cancellata dalla faccia della terra. (Peraltro, i razzi Qassam e Katiuscia hanno fatto sì che la popolazione israeliana facesse pressione sul nostro governo per arrendersi? Piuttosto il contrario).
La politica statunitense è piena di contraddizioni. Il Presidente Bush vuole “cambi di regime” in Medio Oriente, ma l'attuale regime libanese è stato istituito solo di recente, sotto la pressione americana. Nel frattempo, Bush è riuscito solamente a fare a pezzi l'Iraq e scatenare una guerra civile. Potrebbe ottenere la stesso risultato in Libano, se non ferma in tempo l'esercito israeliano. Inoltre, un devastante attacco contro Hizbollah potrebbe far crescere la furia non solo in Iran, ma anche fra gli sciiti in Iraq, sul cui sostegno si fondano tutti i programmi di Bush per un regime filo-statunitense.

Dunque qual è la risposta? Non per caso, Hizbollah ha condotto il suo raid di rapimento dei soldati in un momento in cui i palestinesi hanno un gran bisogno di aiuto. La causa palestinese è popolare in tutto il mondo arabo. Mostrando che sono amici nel momento del bisogno, mentre gli altri arabi falliscono miseramente, Hizbollah spera di accrescere la sua popolarità. Se un accordo fra Israele e Palestina fosse già stato raggiunto, Hizbollah non sarebbe altro che un fenomeno libanese, irrilevante per la nostra situazione.
Ameno di tre mesi dal suo insediamento, il governo di Olmert e Peretz è riuscito a trascinare Israele in una guerra su due fronti, i cui obbiettivi sono irrealistici e i cui risultati non possono essere previsti.

Se Olmert spera di essere visto come Mister Macho-Macho, uno Sharon bis, rimarrà deluso. Lo stesso vale per i disperati sforzi di Peretz di essere preso sul serio come PP Mister Sicurezza. Chiunque capisce che questa campagna - sia a Gaza che in Libano - è stata pianificata dall'esercito e imposta dall'esercito. Chi prende decisioni in Israele, adesso, è Dan Halutz. Non è un caso che il lavoro in Libano sia stato affidato alle Forze aeree.

La gente non è entusiasta della guerra. Si è rassegnata, in uno stoico fatalismo, perchè è stato detto che non c'è alternativa. E infatti, chi può essere contrario? Chi è che non vuole liberare i “soldati rapiti”? Chi non vuole rimuovere i Katiuscia e riabilitare la deterrenza? Nessun politico osa criticare l'operazione (ad eccezione dei membri arabi della Knesset, ignorati dal pubblico ebraico). Sui media, i generali regnano incontrastati, e non solo quelli in uniforme. Non esiste praticamente ex generale che non sia stato invitato dai media a commentare, spiegare e giustificare, tutti con una voce sola.

(A titolo d'esempio: la più seguìta televisione israeliana mi ha chiesto un'intervista , dopo aver sentito che avevo preso parte a una manifestazione contro la guerra. Ero abbastanza sorpreso. Ma non per molto - un'ora prima della trasmissione, un contrito conduttore ha chiamato per dire che c'era stato un terribile errore - in realtà volevano invitare il professor Shlomo Avineri, un ex direttore generale del Foreign Office, su cui si può contare per giustificare qualsiasi atto del governo, qualunque esso sia, in forbito linguaggio accademico.

“Inter arma silent Musae” - quando parlano le armi, le muse tacciono
. O, piuttosto: quando rombano i cannoni, il cervello smette di funzionare.
E solo un pensiero: quando lo Stato di Israele fu fondato, nel mezzo di una guerra cruedele, un poster tappezzava i muri: “Tutto il paese - un fronte! Tutto il popolo - un esercito!”

Sono passati 58 anni, e lo stesso slogan è valido come lo era allora. Che cosa ci dice, questo, su generazioni di statisti e generali?

11 luglio 2006

Il sistema annaspa, che facciamo?

Negli Stati Uniti, il cosiddetto “sistema” annaspa tra molteplici difficoltà.

** sta per finire l’era del petrolio a prezzi accessibili.
** l’effetto serra è ormai diventata una chiara minaccia per l’ambiente.
** le risorse idriche cominciano a scarseggiare sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo.
** i ricchi rappresentano solo il 2% della popolazione mondiale.
** molte persone sono preoccupate per la crescente spesa sanitaria e gli alti costi dell’assicurazione medica.
** gli individui appartenenti alla generazione del baby-boom non potranno probabilmente usufruire di una pensione sicura (con le inevitabili ripercussioni sulle generazioni future).
** il sistema previdenziale, nato dopo la Grande Depressione economica, cade letteralmente a pezzi di anno in anno.
** le famiglie e, soprattutto, la nazione sono indebitate pesantemente.

** una diffusa insicurezza economica è diffusa in vasti strati della popolazione. (l’ occupazione diminuisce, i debiti aumentano e il futuro dei giovani è incerto)
** Le famiglie sono costrette a stringere la cinghia per andare avanti.
** lo smaltimento delle sostanze tossiche ha reso evidenti i limiti di assorbimento da parte dell’ambiente, mentre aumenta, in modo critico, il costo di alcune risorse, ecc.
** Il partito politico che controlla la Casa Bianca, il Congresso, e gran parte del potere giudiziario, deve il proprio successo elettorale ad una maggioranza convinta dell’imminente fine del mondo e di conseguenza poco interessata a risolvere i problemi terreni. Per la prima volta nella storia americana, un partito religioso controlla il governo.

Forse il futuro è luminoso.
Forse “il sistema” riuscirà ad uscire indenne da tutte queste crisi economiche ricorrenti o forse no. Sembra probabile in ogni caso che gli effetti combinati di tutti questi problemi possano influenzare, ancor più saldamente il futuro dell’economia, nel momento stesso in cui i tassi di crescita potrebbero rallentare, attestandosi a valori ben al di sotto degli attuali.
Il caso degli Stati Uniti non è isolato. La tendenza della diminuzione del tasso di crescita economico lo vivono tutte le nazioni più ricche del mondo come i 29 paesi membri dell’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Prendendo in esame i dati del 1980 rispetto a quelli del 1970, constatiamo nei paesi Ocse una diminuzione del tasso di crescita rispetto al decennio precedente. Però negli Stati Uniti di questi tempi a soffrire per questa situazione non è la sola famiglia media ma in modo ancor più rilevante, i super ricchi – quell’uno per cento di detentori del 50% della ricchezza, o per dirla in altri termini, quel 5% di cittadini americani possessori dei 2/3 della ricchezza privata.
Comprensibilmente, questa minoranza di ricchi dai propri investimenti si attende un discreto guadagno, cosa difficile da ottenere in presenza di una crescita economica lenta.
Cosa si intende per discreto guadagno? Ecco un modo per rispondere alla domanda. Quando l’OMB (Ufficio Presidenziale di Management e Budget) considera la presentazione di una nuova legge (ad esempio destinata a controllare le emissioni di mercurio negli impianti di energia elettrica) si chiede se i benefici giustifichino i costi. Si dicono, “Questo regolamento costerà all’industria X dollari, quanto benessere potrà essere creato da questi dollari se fossero investiti con un ritorno dell’ Y percento? In questa equazione l’ OMB di solito pone Y al 7%. L ’OMB suppone che in genere un investimento tipico porta un ritorno del 7%.

Veramente in anni recenti, la tendenza di molti investitori è stata quella di cercare di ottenere un guadagno superiore al 7% avvicinandosi al 20% per cui i sette punti in più al confronto appaiono un guadagno ridicolo. Occorre far notare che il 7% in più corrisponde a due volte di quanto registrato per gli investimenti a lungo termine (calcolato sul tasso di crescita del PIL) e a tre volte tanto quanto il tasso medio registrato nel 1973. In questo modo gli odierni investitori si aspettano guadagni sostanziosi molto superiori alle medie storiche. Quindi è probabile che nel caso i loro guadagni si attestino sulla media storica rimarranno delusi e, doppiamente scontenti se i guadagni registreranno un 30% in meno rispetto alla media storica (per esempio 2.3% anziché 3.4%). Essi ovviamente credono di meritarsi i migliori risultati – l’America merita di meglio – il mondo merita di meglio – per cui credono che il governo debba far aumentare in un modo o in un altro i loro guadagni. Dopotutto, il capitalismo come noi lo conosciamo smetterebbe di funzionare se i capitalisti smettessero di investire, di conseguenza loro potrebbero ritenere, e avrebbero le loro ragioni, di meritare un decente tasso di guadagno.
Secondo l’ipotesi che sto qui delineando cinque sono stati i fattori che hanno causato un’inversione al ribasso della crescita economica negli Stati Uniti (e nel resto del mondo industrializzato):

(1) la saturazione dell’effettiva domanda dei consumi; chi può permettersi di acquistare ha già tutto quello di cui ha bisogno o che si possono permettere; infatti per aumentare di più la domanda, l’industria americana è costretta ad investire in pubblicità ogni anno 250 miliardi di dollari.

(2) una diminuita richiesta di investimenti fissi (come le stabilimenti industriali) e di capitale circolante (soldi impiegati per pagare le spese commerciali ed espandere le operazioni). Di questi tempi sta diventando sempre più difficile e meno remunerativo, trovare posti nei quali investire capitali, in parte per colpa della saturazione dell’offerta e in parte per un’eccedenza di capitali.

(3) il totale della forza lavoro non può andare oltre il livello attuale; chi è in grado di lavorare già ha un lavoro o è in cerca di una prima occupazione; il resto della popolazione è costituita da bambini, anziani e disabili.

(4) il tasso di crescita della produttività lavorativa (per ora lavorata) è rallentato negli ultimi anni;

(5) Sono evidenti i limiti ecologici – come per esempio materiale tossico derivante da lavorazioni industriali si trova dappertutto, dalle vette più alte agli abissi degli oceani e perfino nel latte materno. Non è più plausibile pensare di gettar via i sottoprodotti industriali indesiderati senza provocare danni agli esseri umani e all’ambiente.

Il sistema a questi dati di fatto ha risposto nei seguenti modi:

Risposta n° 1: allentando il credito

Non c’è bisogno di ragionarci molto. Negli ultimi anni il debito delle carte di credito, i mutui immobiliari ed il disavanzo della nazione sono aumentati in modo considerevole. I debiti sono redditizi per chi i soldi li presta, specialmente nel caso delle carte di credito che ora raccolgono guadagni inquantificabili. A differenza delle precedenti generazioni, i giovani di oggi abbandonano i college (e perfino le scuole superiori) appesantiti dai debiti. (14) Come ha fatto giustamente notare Kevin Phillips, negli Stati Uniti stiamo assistendo allo “sviluppo in senso finanziario “ dell’economia. Già nel 2000, si investiva il 20% del PIL più in borsa rispetto a quanto investito nell’industria (14,5%).

Risposta n° 2: promuovendo il flusso internazionale dei capitali

Con ciò si intende la globalizzazione delle aziende – rimuovendo qualunque barriera agli eventuali investitori interessati allo sfruttamento delle foreste pluviali in Indonesia o all’estrazione (con cariche di cianuro) dell’oro in miniere in America meridionale o nel Canada settentrionale.

Risposta n° 3: attuando minori restrizioni legali per le aziende finanziarie

Le banche, gli istituti di risparmio e finanziari, le agenzie di investimenti borsistici avevano precedentemente per legge un proprio ambito di attività nel quale muoversi; ora tutto ciò è stato accorpato. Cosa è successo? Negli anni 80 si è assistito alla fusione tra risparmio e finanza; dieci anni dopo, negli anni ‘90 si è avuto il fallimento dei siti “dot.com”; da ultimo abbiamo avuto lo scandalo Enron-Worldcom. Sembra non esserci fine a tutto ciò.

Risposta n° 5: Disinvestendo nelle infrastrutture pubbliche (strade, ponti, canali, aeroporti, impianti di trattamento delle acque di scarico).

“Le nostre infrastrutture si stanno avviando verso il tracollo ed appaiono sconfortanti le prospettive di ripresa”, secondo William Henry presidente della Società Americana degli Ingegneri Civili alla presentazione in marzo del Rapporto del 2005 per le Infrastrutture in America. Naturalmente questa è una politica miope, ma in questo settore la ricerca del guadagno si concentra sul prossimo quarto di secolo e non sulla prossima decade.

Risposta n° 6: aumentando il bilancio per la difesa

La difesa è la sola politica industriale sulla quale concordano tutti, o alla quale tutti si adeguano, forse per timore di essere tacciati di antipatriottismo. I nemici stranieri sono i consumatori ultimi dei nostri addestramenti militari, cosicché si può affermare che a fronte di una vacillante domanda di tostapane e di SUV, la nostra economia attualmente ha bisogno di nemici stranieri. (16) Come il Presidente stesso ha detto, subito dopo avere lanciato gli USA in una guerra perpetua contro i malvagi, “Acchiappateli tutti”. La guerra è un buon affare, con prospettive sempre più rosee ogni giorno che passa.

Risposta n° 7: tagliando le tasse ai più ricchi

Diminuzione delle tasse sui patrimoni, sulle rendite, e sui guadagni societari per gli americani più ricchi, spostando gran parte del peso fiscale sulla classe media e la classe operaia.

Risposta n° 8: Evadendo le tasse o eludendole.

Entrambi i fenomeni citati sono diffusi e costituiscono oggetto di argomento di svariati libri dove spiegano come fare mentre le autorità federali chiudono un occhio.

Risposta n° 9: Creando nuove industrie

L’esplorazione dello spazio, l’industria delle armi missilistiche laser spaziali, l’industria delle scommesse, l’industria pornografica, l’industria delle attività legate alla droga (e la sua gemella, l’industria del sistema carcerario) – stanno a dimostrare il rinnovato spirito imprenditoriale dell’America di fronte ad un rallentamento della crescita.

Risposta n° 10: Diminuendo gli Investimenti Sociali

Una minore crescita impone che le fette della torta dei guadagni economici siano suddivise in nuovi modi. Perciò i primi investimenti a subire tagli sono stati gli investimenti sociali. Tagli dei sussidi ai veterani, all’assistenza medica, alle attività di pronto soccorso, alla previdenza sociale, ai prestiti universitari, agli stanziamenti di aiuto previsti per i bambini più poveri dagli zero ai cinque anni del programma denominato “Head Start”, ai terreni demaniali, alla qualità dell’aria e delle acque, agli ospizi, all’Amtrak, alle infrastrutture stradali, alla costruzione di tunnel e ponti e a tutte le agenzie statali ( al Servizio delle Entrate, al Dipartimento dell’Istruzione al Dipartimento della Salute e Servizi alla persona tra le altre) e così via discorrendo. Non si intravede una fine ai tagli proposti. Sola la Difesa è intoccabile (e, di recente, il suo settore gemello, la Sicurezza Nazionale) dove il sentimento bipartisan per le speculazioni si è sviluppato nei decenni di eccellente cooperazione tra industria e mondo militare.

Tagliare la rete di assistenza sociale ha avuto l’effetto salutare di disciplinare la forza lavoro ad accettare stipendi più bassi, effettuare lavoro straordinario senza essere pagata, accettare l’aumento dei carichi di lavoro, andare meno giorni in ferie, accettare la diminuzione delle prestazioni sanitarie, e a non lamentarsi per la soppressione delle pensioni e via discorrendo
Come risultato di questi cambiamenti si è avuto negli ultimi vent’anni un appiattimento tra i due partiti politici. I Democratici ora si ritrovano per la prima volta nella loro storia con nessun obiettivo politico proprio. A causa di ciò la disaffezione degli elettori ha raggiunto storiche proporzioni. Il Cinismo è ora molto diffuso. L’apatia politica permette la continuazione del sistema.

Risposta n° 11 aumentando la sfiducia nell’operato del Governo

Dovendo ripartire le fette della torta economica tra diversi utenti, l’obiettivo politico centrale è stato quello di screditare l’operato del governo perché quest’ultimo è intervenuto in diverse occasioni a difesa dei “poveri” contro i ”ricchi”.

Tradizionalmente, il governo ha fatto alcuni tentativi per mettere tutti nelle stesse condizioni, tenendo fede allo slogan, “Libertà e giustizia per tutti”. Senza una basilare sicurezza economica non sono, infatti, possibili, sia nel caso di individui sia per le famiglie, libertà e giustizia.

Occorre ammettere la capacità innovativa di George W. Bush . I precedenti teorici repubblicani volevano ridurre il governo a delle dimensioni tali da poterlo far scendere in uno scarico. Il Sig. Bush ha riconosciuto che un grosso governo inetto era di gran lunga più utile di un piccolo governo, dal punto di vista di coloro dediti all’attuazione dell’ alto ideale e dell’ impellente necessità nazionale di trasferire una porzione più grande della torta dalla classe lavoratrice ai super ricchi.

La risposta federale all’uragano Katrina è stata perfetta – un’elefantiaca burocrazia ha miseramente fallito. Quale miglior modo per convincere la gente dell’operato senza speranza del governo, dell’inutilità delle tasse? Chi desidera avere una burocrazia pasticciona e corrotta insensibile alle umane sofferenze? Buttare una tale creatura nello scarico sembra un atto fin troppo gentile.

Nel frattempo, gli addetti che sanno come far funzionare il sistema – per esempio, Halliburton, Raytheon, e Boeing – fanno guadagni record ed in questo modo sono soddisfatti due obiettivi pubblici: i tassi dei profitti sul capitale investito schizzano verso l’alto, almeno per i pochi ben connessi tra loro, e nello stesso tempo il governo cade in disgrazia ed è discreditato. Gli elettori, delusi rimangono a casa, e in questo modo il sistema ha doppiamente assicurato il mantenimento del suo status quo. Grazie alla straordinaria visione e leadership di questo Presidente potrebbero volerci decenni, se mai ci si riuscirà, per restaurare la fiducia nel governo come livellatore del terreno di competizione.

Risposta n° 12 tagliando gli stipendi ai lavoratori

Nel corso degli ultimi 30 anni, si sono operati negli Stati Uniti tagli ai salari attraverso l’utilizzo di tecniche creative e deve essere considerato il fulcro dell’attuale sforzo nella redistribuzione della torta, mantenere le fette destinati agli investitori rispettando i livelli storici o ottenendo risultati migliori.

Le tecniche per la riduzione dei salari ora prevedono:

a. Pur con la produttività lavorativa (intesa per ora di lavoro) in aumento negli scorsi decenni i nuovi imprenditori si sono semplicemente rifiutati di devolvere i maggiori proventi ai lavoratori sotto forma di aumenti salariali. Questa è una nuova eppur ineluttabile tendenza degli ultimi 30 anni. Se la produttività è continuata a crescere negli ultimi tre decenni (seppur più lentamente rispetto alla media storica), gli stipendi sono rimasti fermi se non sono addirittura diminuiti. Gli industriali, con un atteggiamento raccomandato perchè semplice e trasparente tengono semplicemente molto di più per loro stessi.
b. mantenimento a bassi livelli del salario minimo. Il salario minimo stabilisce il tetto minimo al di sotto di tutti i salari, così, se non cresce con l’aumento dell’inflazione altrimenti tutti i salari tendono verso la stagnazione o verso il declino. Questo è stato ottenuto attraverso un esemplare consenso da parte dei due partiti. L’ultimo aumento salario deciso dal Congresso risale al 1997 (5,15 dollari l’ora per un reddito annuale di 10,300 dollari).
c. Eliminazione dei sindacati e prevenire la formazione di nuove sigle. I lavoratori sindacalizzati guadagnano, mediamente, il 21% in più per ora rispetto ai non iscritti al sindacato. Forse la cosa più importante è che i lavoratori sindacalizzati si aspettano di lavorare in condizioni più sicure e salutari, con una modesta quantità di benefici sanitari, lavoro straordinario pagato, due settimane di vacanze e in casi estremi, persino benefici pensionistici. Quando invece la crescita è lenta e gli imprenditori avvertono una diminuzione ai loro guadagni, i sindacati sono visti con il fumo negli occhi, come dei guastafeste nel tentativo di ridistribuire verso l’alto la torta. E’ quindi per questi motivi che l’Osservatorio per i Diritti Umani ha stilato uno stringato rapporto nel 2000 accusando gli Stati Uniti di aver violato ripetutamente i diritti dei lavoratori.


d. Eliminazione di determinati benefici pensionistici e, in un numero crescente di casi, eliminazione del tutto delle pensioni, così come è stato fatto di recente dalla United Airlines con il buon aiuto di un giudice nominato da Reagan. Gli sforzi per eliminare completamente le pensioni stanno prendendo forza da entrambi gli schieramenti, come ci si aspetterebbe se è corretta la mia ipotesi di crescita lenta.
Con una popolazione in continua crescita, la riduzione o l’eliminazione dei benefici relativi alla pensioni (quali l’assistenza medica ‘Medicare’, i servizi di pronto soccorso ‘Medicaid’, la sicurezza sociale e le pensioni private) possono a prima vista rischiare di far saltare la polveriera sociale. Forse l’opinione condivisa di entrambi gli schieramenti politici è che una popolazione anziana, indigente, spaventata e disorientata sia, in effetti, incapace di far sentire le proprie ragioni a livello politico. Ad ogni modo, gli sforzi per eliminare i benefici legati alla pensione sembrano procedere bene e rapidamente. Si potrebbe riassumere tutto nelle parole pronunciate da quell’omino che gettandosi dal 20° piano di un grattacielo mentre precipitava giù diceva prima di sfracellarsi al suolo, “Finora va tutto bene”.
e. In modo graduale la forza lavorativa degli Stati Uniti è stata messa in diretta competizione con i lavoratori sottopagati dei paesi del Terzo Mondo. Senza controllo o imposizioni di qualsiasi sorta questa tipo di competizione crea inevitabilmente una “corsa al ribasso” dei salari, delle condizioni lavorative, degli standard ambientali – tutto ciò che “esternalizza” i costi di produzione e in questo modo la più grande porzione della torta rimane nelle saldi mani della classe imprenditrice.
f. la riduzione della disponibilità della assicurazioni sanitarie. Nel 2003, 45 milioni di Americani non avevano l’assicurazione sulla salute, 1.4 di milioni in più rispetto all’anno precedente e fino ad un 5.1 di milioni in più registrati dal 2000.

Risposta n° 13: promuovendo una rapida innovazione tecnologica

Sia il mondo degli affari che il governo sono costantemente alla ricerca “del grande affare” sperando di dare l’avvio ad una rapida innovazione tecnologica. E’ la ricerca dello scudo spaziale; non è la biotecnologia; no, è la nanotecnologia; no, è veramente “la biologia di sintesi” – la creazione di nuove forme di vita mai conosciute prima sul pianeta terra. Naturalmente, per definizione, una rapida innovazione e al tempo stesso un impegno delle risorse sono incompatibili se non si tiene conto, prima dell’investimento, delle possibili conseguenze. Comunque gli investimenti sbagliati sono stati la norma per 180 anni, così ora si è pensato che sia la “normalità degli affari” facilmente giustificabile come prezzo del progresso. Una rapida innovazione fa bene all’economia e crea varie opportunità di guadagno – in particolar modo durante la prima fase di produzione di un prodotto o di un processo. E’ solo più tardi che i problemi diventano evidenti e i profitti diminuiscono, al punto che il governo mette a posto i pezzi e difende gli investitori dalle conseguenze dello loro zelo impetuoso. (pensate ai superfondi, pensate all’energia nucleare). Nonostante le proteste ufficiali alla versione opposta, le politiche del governo degli Stati Uniti generalmente incoraggiano le imprese industriali ad “esternalizzare” i costi derivanti dai danni all’ambiente e alla salute, e questo trend è stato accelerato in anni recenti mentre la crescita economica ha registrato un rallentamento. La verità è, che gran parte delle operazioni industriali non possono permettersi di affrontare al proprio interno i costi e allo stesso tempo fornire un guadagno ragionevole, cosicché essi SONO COSTRETTI ad esternalizzare i costi. Non si può fare, in effetti, diversamente, visto il crescente bisogno di ottenere un guadagno dagli investimenti.

01 luglio 2006

Perchè Fantapolitik?

Il sito Fantapolitik nasce come cassa di risonanza per articoli un po' scomodi che faticano a trovare spazio nei media autorizzati. La verità Assoluta come viene spacciata dalla maggior parte dei giornalisti accreditati, non esiste. Ma, a prescindere da qualsiasi indicazione ideologica, il concetto di vero- falso spazio-tempo non è univoca.
La visione del passato e futuro è molto diversa. Non esiste un solo futuro (come da principio di indeterminazione di Heisenberg), ma, ad un dato momento, un futuro più probabile che non esclude tutti gli altri futuri possibili, e le cui probabilità variano nel tempo. noi riconosciamo un solo passato (mentre, anche li, ce ne sarebbero infiniti, tanti quanti i futuri), mentre la stessa "esperienza" ci dice che i futuri possono essere infiniti (noi, nel nostro mondo, chiamiamo ciò "libero arbitrio").
Questo è, esattamente, il "principio di indeterminazione" di Heisenberg: tra tutti i futuri possibili, uno solo "collassa" e diventa realtà, ovverosia, dagli infiniti futuri possibili, si passa ad un solo presente e un solo passato.
Per spiegare il concetto, supponiamo di guardare un film su uno schermo gigantesco, dove tutte le scene di tutti i possibili esiti, sono proiettate contemporaneamente (il che significa che, quel film si svolge in assenza di tempo e di spazio).
Il problema è che i nostri occhi (gli strumenti con i quali osservate le immagini) e la nostra mente (lo strumento col quale decodificate le immagini) sono "limitati"; ovvero non riescono a vedere tutto contemporaneamente.
Sicché, siamo costretti a scegliere una scena dalla quale cominciare e, da li in poi, procedere in avanti. In pratica: si è "inventato" il tempo, che esiste solo nella nostra mente, perché tutte le immagini del film sono sullo schermo contemporaneamente; ed abbiamo anche "inventato" la spazio, perchè le immagini sono tutte sullo stesso schermo.
Tempo e spazio, dunque, in realtà non esistono; li abbiamo inventati noi per dare un "senso logico" al film che avete deciso di vedere, scegliendolo tra gli infiniti films che avremmo potuto vedere (seguendo un percorso piuttosto che un altro).
Man mano che osserviamo le scene in quella sequenza che abbiamo scelto, le scene già viste diventano il vostro passato e ci "sembrano" il vostro "unico" passato, mentre le scene future sono ancora da scegliere (e da qui deriva il principio di indeterminazione di Heisenberg).
Ora è evidente che il passato è "infinitamente possibile" come il futuro. Diventa "uno", solo perché non riuscite a trattenere tutte le immagini delle scene possibili e, quindi, "scegliete" un solo percorso (tra gli infiniti possibili) e, questo diventa la vostra dimensione spazio-temporale.
Heisenberg si è fermato alle soglie del futuro ed ha "scoperto" il principio di indeterminazione; alcuni scienziati dopo di lui, hanno affrontato tutto il problema (dell'esistenza) ed hanno postulato la teoria degli infiniti Universi paralleli (le infinite combinazioni di scene che possono costituire una "vita").
Ogni Universo, dunque, è "dotato" della propria "illusoria" dimensione spazio-temporale ("illusoria" perché abbiamo visto che, nella realtà, il tempo e lo spazio non esistono) e "vive" in contemporanea con tutti gli altri (tutti i possibili percorsi di scene, esistono contemporaneamente sullo stesso schermo).
Quindi parlare di economia, politica, etica, sviluppo non ha un finale certo ma un probabile futuro che ai più potrebbe sembrare una fanta-economia, una fanta-politica, una fanta-etica etc.
La mission è la selezione consapevole di un film già visto, con lo stesso finale, avvincente, nascosto, ma imprevedibile.

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Leon