31 maggio 2011

Una guerra mondiale finanziaria dietro l’eliminazione di DSK


Una guerra mondiale finanziaria dietro l’eliminazione di DSK

Non si può capire la caduta di Dominique Strauss-Kahn senza inserirla nel contesto del progetto che incarnava la creazione di una nuova valuta di riserva internazionale, in programma per oggi 26 maggio 2011. Paradossalmente, un progetto atteso dagli stati emergenti, come pure dalla finanza apolide, ma rifiutata dai complesso militar-industriale israelo-statunitense. Thierry Meyssan alza il velo sul colpo di mano di Obama, per non dovere mantenere gli impegni assunti.


I francesi hanno assistito con stupore all’arresto negli Stati Uniti del loro leader politico più popolare, Dominique Strauss-Kahn. L’ex ministro dell’Economia, l’uomo che era diventato l’alto funzionario più pagato del mondo (stipendio base annuo, bonus e spese esclusi: 461510 USD) e che era sul punto, si diceva, di avvicinarsi alla presidenza della Repubblica. Questa personalità calorosa, nota per il suo appetito a tavola e a letto, a volte accusata di fare politica con dilettantismo mentre amava prendere del tempo per godersi la vita, è accusata di aver violentato selvaggiamente una cameriera in un albergo di Manhattan.

Per sei giorni, il francesi sono rimasti attaccati ai loro teleschermi a guardare inebetiti l’accanimento giudiziario nei confronti un uomo che erano abituati a considerare come il rimedio possibile, dopo il disastroso quinquennio di Nicolas Sarkozy. La sua caduta è stata anche la fine delle loro illusioni.

Lo spettacolo di questo destino spezzato assomiglia a una tragedia greca. Il detto romano “Arx tarpeia Capitoli proxima” torna sulle labbra: la Rupe Tarpea, dove i condannati a morte venivano lanciati nel vuoto, era così vicina al Campidoglio, luogo simbolo del potere e degli onori.

Indipendentemente da ogni considerazione sulla sua innocenza o colpevolezza, il maltrattamento di una simile elevata personalità non può che causare ansia tra i semplici cittadini: se questi non riescono a difendersi, come possiamo sperare di farlo se fossimo accusati noi come lui?

Ascesa e caduta

Ma i francesi sono un popolo politicizzato, nutrito dalle lezioni di Machiavelli, senza averlo mai letto, si sono affrettati a mettere in discussione la fondatezza delle accuse contro il loro concittadino, DSK. Il 57% di loro, secondo i sondaggi, non crede a questa sordida storia che i media statunitensi si dilettano a raccontare. Alcuni hanno cominciato a immaginare gli scenari di possibili manipolazioni, mentre altri si chiedevano “Cui bono?” (A chi giova?).

In questo gioco, il primo nome che viene in mente è quello di Nicolas Sarkozy. Come non pensarlo, quando ci si ricorda che è diventato presidente presentando una denuncia contro il suo principale rivale, Dominique de Villepin, e trascinandolo in un caso rocambolesco di documenti falsi. Allora perché non un nuovo complotto per far fuori un nuovo concorrente?

E non importa che i due uomini avevano bisogno l’uno dell’altro per preparare i prossimi vertici internazionali, né che erano entrambi asserviti al Signore Supremo degli Stati Uniti. Sappiamo che i peggiori crimini richiedono il sangue di amici o meglio, dei parenti.

Inoltre, i francesi ignorano i legami di DSK [1], come hanno ignorato quelli di Nicolas Sarkozy, quando l’hanno eletto [2]. Mai la stampa li aveva informati che negli anni ’90, durante la sua traversata del deserto politico, è stato assunto come professore alla Stanford University da una certa Condoleezza Rice. Non sapevano che lui e i suoi luogotenenti Pierre Moscovici e Jean-Christophe Cambadelis erano responsabili del finanziamento del Partito Socialista e della Fondation Jean-Jaurès dal National Endowment for Democracy, la facciata legale della CIA [3]. Non hanno seguito i suoi numerosi lavori e contratti con i think tank atlantisti, la German Marshall Fund of the United States [4] o il Bilderberg Group [5]. In definitiva, non sanno nulla del suo impegno per l’integrazione della Francia e dell’Europa in un mercato unico transatlantico, dominato dagli Stati Uniti.

I francesi non conoscevano i suoi stretti legami con Israele. Guidava, in seno al Partito Socialista il Circolo Blum, dal nome di un ex primo ministro ebraico. Questa discreta e potente lobby sorveglia, lontano dalla scena politica, tutti coloro che vorrebbero contestare il progetto sionista. Così fa cadere delle teste, come il politologo Pascal Boniface, che ha evidenziato il carattere elettoralmente controproducente del supporto a Tel Aviv, in un paese dove il 10% della popolazione è di cultura araba. DSK non lo nasconde. Afferma senza mezzi termini: “Credo che ogni ebreo della diaspora e della Francia dovrebbe fornire un aiuto a Israele. É perciò importante che gli ebrei si assumano delle responsabilità politiche. Insomma, nelle mie funzioni e nella mia vita quotidiana, attraverso tutte le mie azioni, cerco di apportare la mia modesta pietra all’edificio di Israele“. Strano per qualcuno che è in corsa per la presidenza francese. Poco importa, è così gioviale.

Tuttavia, nulla è stato risparmiato a Dominique Strauss-Khan e a coloro che lo amano: mentre lui è stato posto in custodia cautelare, poi in detenzione, senza aver mai la possibilità di parlare, il Procuratore di New York ha fatto distribuire ai media un atto d’accusa dettagliato.

Vi si legge la descrizione freddamente clinica dei reati imputati: “L’imputato ha tentato di avere, con la forza, sesso orale e anale con una terza persona; l’imputato ha cercato, con la forza, di avere rapporti vaginali con una terza persona, l’imputato ha forzato una terza persona a un contatto sessuale; l’imputato ha rapito una terza persona; l’imputato ha costretto una terza persona al contatto sessuale senza consenso; l’imputato ha intenzionalmente e senza giustificati motivi, toccato i genitali ed altre parti intime di una terza persona, al fine di umiliare la persona e abusare di lei, e al fine di soddisfare i desideri sessuali dell’accusato.

Questi crimini sono stati commessi nelle seguenti circostanze: Il sottoscritto dichiara di essere stato informato da qualcuno conosciuto dall’ufficio del procuratore che l’ha accusato di 1) aver chiuso la porta della stanza e impedito la denunciante di lasciare quella camera, 2) di essersi seduto sul petto della denunciante, senza il suo consenso, 3) ha cercato di rimuovere con la forza i collant di questa persona e di toccarle i genitali con la forza, 4) costretto la bocca della denunciante a toccare il suo pene per due volte, 5) aver commesso questi atti usando la forza fisica.

Tutto questo sventolato per giorni sul telegiornale delle 20:00, con grande dettaglio, sotto gli occhi spalancati di genitori che rientrano dal lavoro, e di fronte a bambini terrorizzati che abbassano il loro naso sul piatto della minestra.

Lo shock culturale

Nessuno sa chi è il più traumatizzato: l’economista brillante che avrebbe salvato l’umanità dalla crisi finanziaria, viene improvvisamente ridotto al rango di criminale infame, o le persone che aspiravano al riposo e stavano pensando a scegliere un leader, e si vedono costrette ad osservare ancora una volta la violenza degli Stati Uniti.

A questo proposito, i francesi sono in cerca di scuse al sistema giuridico anglo-sassone che scoprono. Certo, avevano già visto queste parodie di giustizia nelle serie televisive, ma non hanno mai pensato che ciò fosse vero. E il sistema extragiudiziale, Guantanamo e le prigioni segrete, di cui non hanno mai voluto saperne. Alcuni commentatori hanno tentato di spiegare la durezza della polizia e del primo giudice come il desiderio di trattare allo stesso modo i potenti e i deboli. Eppure, tutti hanno letto le opere di famosi sociologi che dimostrano che in questo sistema iniquo il denaro regna, e la giustizia è di classe.

I francesi, inoltre, hanno accettato acriticamente le critiche anglo-sassoni. Tutto questo è colpa della stampa francese, si poteva leggere, che non ha mai indagato sulla vita sessuale sfrenata di Strauss-Kahn, in nome del rispetto della sua privacy. Tuttavia, continuano i puritani, colui che seduce apertamente le donne, e anche la stampa, a volte sbanda, è un potenziale stupratore. “Chi ruba un uovo, ruba un bue!“. Sulla copertina, Time Magazine presenta DSK e altri come lui, come un maiale. Nessuno ha rilevato che l’imputato era il direttore del FMI a Washington, da 3 anni senza che la stampa anglosassone, che impartisce lezioni, abbia indagato sui suoi presunti vizi occulti.

L’accusa aveva il sospetto aperto, tutti si ricordano, ma un pò tardi, che nel 2002 DSK aveva cercato di abusare di una bella giornalista, Tristane Banon. Quando lei aveva chiesto una intervista, era stata invitata in un appartamento privato, situato nel quartiere storico del Marais, a Parigi. Aveva accolto la giovane donna in un grande loft, privo di mobili ad eccezione di un letto. E siccome questa bellezza non cedeva al libertino, l’aveva picchiata.

Forse a New York, questa violenza aveva travolto l’uomo galante, e l’aveva trasformato in un criminale?

Nulla permette di immaginarlo, tanto più che DSK non è un celibe frustrato. E’ sposato con una star televisiva, Anne Sinclair, che era la giornalista favorita dai francesi, prima di abbandonare il suo lavoro per accompagnarlo nella sua carriera. I francesi l’hanno ritrovata al tribunale, quando Dominique Strauss-Kahn è apparso, ancora più bella e volitiva, nonostante gli anni in più. Nipote di un grande mercante d’arte, ha una fortuna familiare notevole. Senza esitare, è venuta da Parigi per pagare un milione di dollari di cauzione e offrire cinque milioni di dollari in garanzie bancarie aggiuntive. In quel momento, questa donna di denari era pronta a cedere tutto per salvare il marito dalle grinfie laceranti della giustizia degli Stati Uniti. Era tanto più ammirevole. É lei che non si alterava per le sue buffonate, e che amava accompagnarlo alla Chandelle, un club per scambisti parigini.

In ogni nazione degna di questo nome, non si sarebbe sopportato vedere una celebrità che puntava ad essere eletta presidente e incarnare il paese, apparire ammanettata tra i poliziotti dell’FBI e gettata nella parte posteriore di un’auto, come un delinquente, esposta in tribunale senza essersi potuta fare la barba. Probabilmente si sarebbe assediata l’Ambasciata USA, cantando inni patriottici. Non in Francia. Qui si ammirano troppo gli “americani”. Li si contempla come il coniglio è ipnotizzato dal cobra. Ed è difficile ammettere che non si è al centro del mondo, che se c’è complotto, non è nato sulle rive della Senna, ma sulle rive del Potomac.

Il sequestro

DSK è colpevole di stupro o è vittima di un complotto? Basta pensarci per risolvere la questione.

L’imputato avrebbe passato la notte con una ragazza squillo. Avrebbe violentato la cameriera al brunch della mattina, e poi presumibilmente è andato tranquillamente a fare colazione con sua figlia, una studentessa della Columbia University. Infine, avrebbe preso il suo aereo prenotato da alcuni giorni per incontrarsi con la Cancelliera Angela Merkel a Berlino. Era comodamente seduto in uno aereo dell’Air France, quando è stato arrestato, dieci minuti prima del decollo.

Secondo l’equipaggio, gli agenti del Nucleo Vittime Speciali (della serie Law and Order SVU [6]) non hanno chiesto ai loro omologhi dell’aeroporto di procedere all’indagine, ma hanno insistito nel farlo loro stessi, nonostante il rischio di arrivare troppo tardi. Per evitare che DSK fosse preavvertito, hanno chiesto che si disturbassero i telefoni in quella zona dell’aeroporto, il tempo necessario al loro arrivo [7]. Tuttavia, tale interferenza non era responsabilità di una squadra normale. Questa è proprio una questione di sicurezza nazionale.

Quando l’indagato è stato preso in custodia, è stato escluso da qualsiasi contatto esterno se non con i suoi avvocati, come prevede la legge negli Stati Uniti. Ma quando la giudice Melissa Jackson l’ha preso in custodia, è stato nuovamente isolato dall’esterno. Senza motivo. Il fermo era stato spiegato necessario, perché il convenuto poteva fuggire in Francia, con la quale lo Stato di Washington non ha concluso alcun trattato di estradizione, e che ha protetto un altro imputato accusato di stupro, il regista Roman Polanski. Questa decisione non è stata presa per isolare l’imputato e impedirgli di influenzare i testimoni. Ma il giudice ha deciso di farlo rinchiudere a Rikers Island, una delle più grandi prigioni del mondo, con 14.000 detenuti, e uno delle più sordide. Un inferno sulla Terra. “Per la sua protezione“, lo si è poi premiato con una camera singola e tenuto in isolamento.

Insomma, per 10 giorni, l’amministratore delegato del FMI è stato sequestrato. Per 10 giorni, il funzionamento delle istituzioni internazionali è stato bloccato per la mancanza della sua firma. Per 10 giorni, i problemi dell’euro e del dollaro, il crollo della Grecia, e molte altre questioni, sono rimasti in sospeso a causa del capriccio di polizia, giudici e guardie carcerarie.

Secondo la giurisprudenza degli Stati Uniti DSK, che non ha precedenti penali ed è domiciliato a Washington, non avrebbe dovuto essere tenuto in custodia cautelare, ma avrebbe dovuto essergli concessa la libertà. Probabilmente ha rapidamente analizzato la situazione. Attraverso uno dei suoi avvocati, è riuscito a mandare al FMI una lettera di dimissioni. Il giorno dopo, contro ogni previsione, un nuovo giudice ha aderito alla sua richiesta di libertà vigilata. Non era, infatti, più utile tenerlo in custodia poiché il FMI aveva recuperato la sua capacità di agire.

Christine Lagarde, Ministro francese dell’Economia, che ha fatto carriera negli Stati Uniti difendendo gli interessi del complesso militare-industriale [8], punta a succedere all’accusato nella direzione del FMI, nonostante le grida di sdegno di Russia e Cina.

In realtà, il secondo suo avvocato, Benjamin Brafman, non è venuto a vederlo in prigione e non ha partecipato alla seconda udienza. La star dei tribunali di New York si era recata precipitosamente in Israele. Ufficialmente per celebrare una festa religiosa in famiglia [9]. Ma per chiedere il suo onorario tasse, il signor Brafman non ha dovuto accontentarsi di accendere i fuochi del Lag Ba’omer, ma ha dovuto negoziare con il suo cliente.

Il progetto Zhou

Perché schierare dei mezzi hollywoodiani per bloccare il FMI per 10 giorni? Due risposte sono possibili, e possono essere collegate.

In primo luogo, il 29 marzo 2009, il governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan ha sfidato il predominio del dollaro come valuta di riserva. Deplorando che il progetto dell’economista John Maynard Keynes, di creare una moneta internazionale (il Bancor) non sia stato raggiunto alla fine della seconda guerra mondiale, ha proposto di utilizzare i Diritti Speciali di Prelievo del FMI per giocare questo ruolo [10].

Cedendo alle pressioni, gli Stati Uniti accettano la triplicazione delle risorse del FMI e il rilascio, da parte del FMI, dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del valore di 250 miliardi dollari, nel corso del vertice del G20 a Londra, del 2 aprile 2009. Hanno anche accettato il principio di un Consiglio di Stabilità Finanziaria, cui saranno associati i grandi stati emergenti.

Questa idea è stata discussa al vertice del G8 a L’Aquila (Italia), l’8 luglio 2009. Spingendo il pedone più lontano, la Russia propose di non accontentarsi di una moneta virtuale, ma di stamparla. Dmitrij Medevedev, che aveva fatto coniare simbolicamente prototipi di questa moneta, ne mise alcune sul tavolo. Da un lato c’erano i volti degli otto capi di Stato e dall’altra la valuta, recava la scritta in inglese “Unity in Diversity” [11].

Il progetto è presentato agli esperti della Divisione Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. Il loro rapporto, a cui partecipò il professor Vladimir Popov della New Economic School di Mosca, è studiato il 25 aprile 2010 in una riunione congiunta del FMI e della Banca mondiale [12].

Il processo avrebbe dovuto concludersi oggi, 26 maggio 2011, in occasione del vertice G8 di Deauville (Francia). Il dollaro ha cessato di essere la moneta di riferimento sullo sfondo dell’insolvenza del governo federale degli Stati Uniti. Washington avrebbe rinunciato al finanziamento della sua superpotenza militare con il debito, per perseguire la propria ristrutturazione interna.

Il granello di sabbia

Purtroppo, durante gli ultimi mesi di questo processo, le iniziative politiche e militari hanno sconvolto questo piano. Alcuni stati, tra cui Russia e Cina, sono stati truffati. L’arresto di DSK dimostra che Washington ha agito in mala fede e che le sue concessioni miravano a guadagnare tempo.

Anche se i dettagli esatti dell’idea progettata da Dominique Strauss-Kahn di creare questa nuova valuta di riserva sostenuta dai Diritti Speciali di Prelievo del FMI sono segreti, sembra che la Libia stesse giocando un ruolo chiave: a titolo esperimentale, la Banca Centrale della Libia era la prima a decidere di basare la propria valuta, il dinaro, sull’oro e poi sul DSP. La cosa è tanto più importante poiché la Libia ha un fondo sovrano tra i più dotati del mondo (è anche un po’ più ricco di quello della Russia).

Tuttavia, entrando in guerra contro la Libia, Francia e Regno Unito hanno congelato teoricamente i beni non solo della famiglia Gheddafi, ma dello Stato libico. Peggio, Parigi e Londra hanno inviato dei dirigenti della banca HSBC a Bengasi, per creare una Banca Centrale dei ribelli della Libia e tentare di sequestrare dei beni nazionali [13]. Senza che si sappia se Nicolas Sarkozy e David Cameron si siano lasciati rapire dal loro potere o abbiano agito su istruzioni dei loro mandanti a Washington, il fragile edificio progettato da Dominique Strauss-Kahn è crollato.

Secondo i nostri contatti a Tripoli, al momento del suo arresto, DSK stava partendo per Berlino per trovare una soluzione con la Cancelliera Angela Merkel. Doveva poi partire con un emissario della Merkel per negoziare con i rappresentanti del colonnello Gheddafi, e forse con lui direttamente. La firma del leader libico era necessaria per sbloccare la situazione.

Vi è ora una guerra finanziaria di proporzioni senza precedenti: mentre la situazione economica degli Stati Uniti vacilla e il dollaro potrebbe facilmente diventare carta straccia, l’accordo approvato al G8 e al G20, attuato dal FMI in coordinamento con la Banca mondiale e la comunità bancaria internazionale di cui DSK era il campione, è sospeso. Il predominio del dollaro è intatto anche se più artificiale che mai; questo dollaro che gli stati emergenti volevano relativizzare, ma su cui il complesso militare-industriale israelo-statunitense consolida il proprio potere.

In questo contesto chi è un uomo d’onore?

di Thierry Meyssan


*Thierry Meyssan. Intellettuale francese, fondatore e presidente del Réseau Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica analisi di politica estera nella stampa araba, latinoamericana e russa. Ultimo libro in francese: L’Effroyable imposture: Tome 2, Manipulations et désinformations (éd. JP Bertand, 2007)

30 maggio 2011

L'arresto di Dominique Strauss-Kahn segna una svolta strategica cruciale

L'arresto del capo del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn il 15 maggio a New York ha portato all'arresto di tutti i salvataggi bancari a livello internazionale. Il "clean job" nei confronti di Strauss-Kahn, che era in preparazione da qualche tempo, mirava esattamente a questo tipo di effetto. "Quale sarà il risultato di questo effetto non è certo, ma l'effetto non potrà essere evitato", ha commentato Lyndon LaRouche in una discussione coi suoi collaboratori il 21 maggio.

"L'intero sistema crollerà in uno dei due modi. Il primo, più improbabile, è che i sostenitori di Obama, Geithner e Bernanke sopravvivranno, nel qual caso scoppierà l'inferno; il secondo è che non sopravvivranno, e qui la situazione diventa più interessante. Quanto è accaduto a Strauss-Kahn è assolutamente una parte cruciale del punto di svolta che è stato raggiunto nelle ultime due settimane".

Ci sono solo due opzioni, ha sottolineato LaRouche: o crolla il sistema speculativo internazionale, o crolla l'economia mondiale. DSK, come Strauss-Kahn veniva chiamato dagli amici, non era soltanto una figura chiave nel salvataggio dell'euro come parte del sistema transatlantico (quindi delle banche), ma il progetto era che diventasse l'"Imperatore del Mediterraneo". Il suo arresto ha cambiato le carte in tavola. La banda del buco, o cricca dei salvataggi folli - soprattutto gli amici di DSK Tim Geithner e Ben Bernanke - è ora allo sbando.

Ci sono almeno due gruppi in Europa che temono giustamente che il prossimo giro di salvataggi getti il mondo in un'ondata iperinflazionistica incontrollata. Uno, in Germania, agisce visibilmente tramite l'insistenza del governo tedesco sulla ristrutturazione del debito della Grecia. Una storia che circola in questi giorni su internet è che già al primo salvataggio, il capo del fondo tedesco di salvataggio bancario Jochen Sanio espresse la propria opposizione ad altri salvataggi parlando ad una Commissione del Bundestag, il Parlamento tedesco. Quando gli chiesero come mai, rispose: "Perché i contribuenti ci impiccherebbero!" L'altro gruppo sta emergendo visibilmente in Gran Bretagna, con la discussione sulla questione del "too big to fail" e l'attacco allo snodo Blair-Windsor.

Anche negli Stati Uniti alcuni ambienti influenti si oppongono all'economia iperinflazionistica da bisca, come si vede dall'intervento del sistema giudiziario di New York contro Strauss-Kahn. Inoltre, il Procuratore di New York Eric Schneidermann ha aperto un'inchiesta per frode su cinque grandi banche di Wall Street per le loro attività sul mercato immobiliare secondario (MBS). Si indagherà su Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America ed altre ai sensi della legge del 1921 "New York State Martin Act", per reati documentati ampiamente nei rapporti Angelides e Levin.

Nel frattempo, il processo dei salvataggi nell'Eurozona è congelato. I funzionari dell'UE riuniti attorno alla sedia vuota di DSK sono incapaci di arrivare ad un accordo su un pacchetto per la Grecia. Il sessualmente esuberante DSK garantiva infatti che il FMI, che include Stati Uniti, Russia e i paesi in via di sviluppo, avrebbe continuato a svolgere un ruolo chiave nei salvataggi. Ora il presidente dell'UE Van Rompuy si è lamentato che "sentiamo la mancanza di leadership nel risolvere la crisi greca", ed ha chiesto che DSK venga sostituito al più presto, preferibilmente da un europeo, per garantire la continuazione dei salvataggi. Tuttavia, Messico, Turchia, Cina ed altre nazioni asiatiche hanno proposto i loro candidati, e quindi non sarà facile per l'UE imporsi ancora una volta. Perlomeno, si perde del tempo prezioso e mai come stavolta, "time is money".

Infatti, la troika FMI-BCE-UE ha sospeso le proprie missioni ad Atene, annunciando che tutto è sospeso fino a quando il governo non farà concessioni sul programma di privatizzazioni, che la popolazione greca considera un altro stupro da parte di Strauss-Kahn. E se Atene piange, Dublino non ride. È stata rinviata l'emissione di un bond da 5 miliardi da parte del cosiddetto fondo salva-stati EFSF perché gli irlandesi si rifiutano di accettare le esorbitanti condizioni per ottenere il credito. In altre parole, si è arrestato l'intero meccanismo di salvataggio e con questo l'intero mercato speculativo rischia un crollo a catena.

by Movisol

29 maggio 2011

I quattro cavalieri delle banche globali








Se vuoi sapere dov'è il vero centro del potere mondiale, segui i quattrini e dove vanno a finire. Secondo la rivista Global Finance, nel 2010 le cinque più grandi banche del pianeta sono tutte nei feudi dei Rothschild, in Regno Unito e in Francia. Sono la francese BNP (3 trilioni di asset), Royal Bank of Scotland (2,7 trilioni), la britannica HSBC Holdings (2,4 trilioni), la francese Credit Agricole (2,2 trilioni) e la British Barclays (2,2 trilioni). Negli Stati Uniti l’incontro della deregolamentazione con la mania delle fusioni ha lasciato sul terreno quattro mega-banche che dettano legge su tutto. Sempre secondo il Global Finance, nel 2010 erano Bank of America (2,2 trilioni di dollari), JP Morgan Chase (2 trilioni), Citigroup (1,9 trilioni) e Wells Fargo (1,25 trilioni). Le ho nominate i Quattro Cavalieri del Sistema Bancario degli Stati Uniti.

Il consolidamento del potere monetario degli Stati Uniti

Il matrimonio del settembre del 2000 che ha portato alla creazione di JP Morgan Chase è stato la più grande fusione nella pletora di consolidamenti bancari che ha avuto luogo negli anni ’90. La mania delle fusioni è stata stimolata da una massiccia deregolamentazione dell’industria bancaria, che ha visto la revoca del Glass Steagal Act del 1933, indetto durante la Grande Depressione per mettere il freno ai monopoli bancari che causarono lo shock del ’29, che provocarono quella crisi.

Nel luglio del 1929 Goldman Sachs lanciò due fondi d’investimento chiamati Shenandoah e Blue Ridge. Tra l’agosto e settembre, da grandi imbonitori, riuscendo a vendere azioni del valore di centinaia di milioni di dollari con la Goldman Sachs Trading Corporation a 104 dollari per azione. Gli insider di Goldman Sachs, nel frattempo, stavano abbandonando il mercato azionario. Nell’inverno del 1934 le azioni valevano 1 dollaro e 75. Il direttore sia di Shenandoah che di Blue Ridge era l’avvocato di Sullivan & Cromwell, John Foster Dulles [1].

John Merrill, fondatore of Merrill Lynch, uscì dal mercato azionario nel 1928, così come gli insider di Lehman Brothers. Il direttore di Chase Manhattan, Alfred Wiggin, dette ancora ascolto al suo “intuito” formando la Shermar Corporation nel 1929 per cedere le azioni della propria compagnia. Dopo la crisi del ’29, il presidente di Citibank, Charles Mitchell, fu imprigionato per evasione fiscale [2].

Nel febbraio del 1995 il presidente Bill Clinton annunciò un piano per smantellare sia il Glass Steagal Act che il Bank Holding Company Act del 1956, che vietavano alle banche di possedere compagnie di assicurazione e altre istituzioni finanziarie. Quel giorno Barings, un vecchio mercante di oppio e di schiavi, andò in rovina quando uno dei suoi trader di Singapore, Nicholas Gleason, si trovò dalla parte sbagliata del commercio dei milioni di dollari in derivative currency [3].

L’avvertimento rimase inascoltato. Nel 1991 i contribuenti statunitensi, già depredati di più di 500 miliardi di dollari per il saccheggio realizzato da S&L, furono vessati da altri 70 miliardi di dollari per il bailout del FDIC, gli fu poi presentato il conto per il salvataggio segreto - che già durava da due anni e mezzo - di Citibank, vicina al collasso dopo l’ondata degli effetti dovuti alla contrazione del debito dell’America Latina. Con il conto già pagato dai contribuenti degli Stati Uniti e la deregulation portata a compimento, il passo successivo fu un turbinio di fusioni bancarie come non se ne erano mai viste prima.

Il Sottosegretario al Tesoro sotto la presidenza Reagan, George Gould, affermò che la concentrazione delle banche in cinque/dieci giganti era quello di cui l’economia degli Stati Uniti aveva bisogno. La previsione da incubo di Gould stava per avverarsi.

Nel 1992 Bank of America rilevò il suo più forte rivale nella West Coast, la Security Pacific, poi fagocitò la depredata Continental Bank of Illinois per pochi soldi. Bank of America acquisì il 34% di Black Rock (Barclays ne possedeva il 20 per cento) e l’11 per cento della China Construction Bank, diventando la seconda banca con asset pari a 214 miliardi di dollari. Citibank aveva il controllo di 249 miliardi di dollari [4].

A quel punto le due banche avevano incrementato i loro asset fino al valore di 2 milioni di dollari a testa.

Nel 1993 Chemical Bank ha inghiottito Texas Commerce per diventare la terza istituzione bancaria con 170 miliardi di asset. Chemical Bank si era già fusa con Manufacturers Hanover Trust nel 1990.

North Carolina National Bank e C&S Sovran si erano consolidate nella Nation’s Bank, la quarta istituzione bancaria degli Stati Uniti, con 169 miliardi di dollari di dote. Fleet Norstar rilevò Bank of New England, mentre Norwest acquistò le quote di United Banks of Colorado.

In tutto questo periodo i profitti bancari negli Stati Uniti erano in forte incremento, sempre più alti ogni quadrimestre. Il 1995 ha battuto tutti i record di concentrazione bancaria. Quell’anno si sono realizzate trattative per un totale di 389 miliardi di dollari [5].

Le cinque grandi banche d’investimento, che avevano già fatto carrettate di soldi pilotando le negoziazioni sul debito dell'America Latina, ora potevano sbancare il lotto con la mania delle fusioni industriali e bancarie degli anni '80 e '90.

Secondo Standard & Poors le prime cinque banche d’investimento erano Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley Dean Witter, Salomon Smith Barney e Lehman Brothers. Una trattativa realizzata nel 1995 fu la proposta di fusione tra la più grande banca d'investimento londinese, S. G. Warburg, e Morgan Stanley Dean Witter. Warburg scelse invece come partner Union Bank of Switzerland, creando la sesta forza nel settore delle banche d'investimento, UBS Warburg.

Dopo il parossismo del 1995, le banche più importanti si sono mosse in modo aggressivo verso il Medio Oriente, fissando il centro delle operazioni a Tel Aviv, a Beirut e in Bahrein, dove si era insediata la Quinta Flotta degli Stati Uniti. Le privatizzazioni bancarie in Egitto, Marocco, Tunisia e in Israele hanno aperto la porta alle mega-banche. Chase e Citibank prestarono denaro a Royal Dutch/Shell e alla saudita Petrochemical, mentre JP Morgan faceva le consulenze al consorzio Qatargas guidato da Exxon Mobil [6].

L’industria globale delle assicurazioni ha dovuto anche lei affrontare la mania delle fusioni. Nel 1995 Traveler’s Group ha acquisito Aetna, Warren Buffet’s Berkshire Hathaway si è mangiata Geico, Zurich Insurance si è ringalluzzita con Kemper Corporation, CNA Financial ha acquistato Continental Companies e General RE Corporation ha affondato i suoi molari su Colonia Konzern AG.

Alla fine del 1998 il colosso Citibank si fuse con Travelers Group per diventare Citigroup, creando un gigante del valore di 700 miliardi di dollari con 163.000 impiegati in oltre 100 paesi che aveva al suo interno Salomon Smith Barney una joint venture con Morgan Stanley), Commercial Credit, Primerica Financial Services, Shearson Lehman, Barclays America, Aetna e Security Pacific Financial [7].

Lo stesso anno Bankers Trust e la banca d'investimento statunitense Alex Brown furono arraffate da Deutsche Bank, che aveva già rilevato la londinese Morgan Grenfell & Co. Nel 1989 Deutsche Bank era diventata la banca più grande al mondo con asset del valore di 882 miliardi di dollari. Nel gennaio del 2002 i titani giapponesi Mitsubishi e Sumitomo si sono accordati per formare Mitsubishi Sumitomo Bank, che sopravanzò Deutsche Bank con un asset di 905 miliardi di dollari [8].

Nel 2004 HSBC era diventata la seconda banca più grande al mondo. Sei anni più tardi i tre giganti furono eclissati sia da BNP che da Royal Bank of Scotland.

Negli Stati Uniti l’incubo di George Gould ha raggiunto il suo apice proprio in tempo per l’inizio del millennio quando Chase Manhattan ha fagocitato Chemical Bank. I Bechtel di Wells Fargo acquisirono Norwest Bank, mentre Bank of America assorbì Nations Bank. Il colpo di grazia fu dato quando la riunificata House of Morgan annunciò che si sarebbe fusa con l’apparato dei Rockefeller Chase Manhattan/Chemical Bank/ Manufacturers Hanover.

Quattro giganti bancari sono riusciti a dettare legge nella finanza degli Stati Uniti. JP Morgan Chase e Citigroup erano i sovrani del capitale della East Coast. Insieme avevano il controllo del 52,86% della Federal Reserve Bank di New York [9]. Bank of America e Wells Fargo erano i sovrani della West Coast.

Nel corso della crisi bancaria del 2008 queste compagnie si sono sempre più ingrandite, riuscendo a ottenere circa un trilione di aiuti governativi dal Segretario del Tesoro e allievo di Goldman Sachs, Henry Paulsen, mentre, nel frattempo, si impadronivano di patrimoni in sofferenza in cambio di spiccioli.

Barclays rilevò Lehman Brothers. JP Morgan Chase si prese Washington Mutual e Bear Stearns. Bank of America ha rilevato Merrill Lynch e Countrywide. Wells Fargo si è ingoiata la quinta banca del paese, Wachovia.

Le stesse banche controllate dalle Otto Famiglie che per decenni hanno portato al galoppo i Quattro Cavalieri a pesticciare il petrolio nei giacimenti del Golfo Persico sono ora più potenti che mai. Sono i Quattro Cavalieri del Sistema Bancario degli Stati Uniti.
di Dean Henderson

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[1] The Great Crash of 1929. John Kenneth Galbraith. Houghton, Mifflin Company. Boston. 1979. p.148

[2] Ibid

[3] Evening Edition. National Public Radio. 2-27-95

[4] “Bank of America will Purchase Chicago Bank”. The Register-Guard. Eugene, OR. 1-29-94

[5] “Big-time Bankers Profit from M&A Fever”. Knight-Ridder News Service. 12-30-95

[6] “US Banks find New Opportunities in the Middle East”. Amy Dockser Marcus. Wall Street Journal. 10-12-95

[7] “Making a Money Machine”. Daniel Kadlec. Time. 4-20-98. p.44

[8] BBC World News. 1-20-02

[9] Rule by Secrecy: The Hidden History that Connects the Trilateral Commission, the Freemasons and the Great Pyramids”. Jim Marrs. HarperCollins Publishers. New York. 2000. p.74
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Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24967

28 maggio 2011

Chiudere la "bad bank" dell'UE

I popoli di Grecia, Irlanda e Portogallo non saranno stati colti di sorpresa dal fatto che qualcuno che aveva mostrato la propria bancarotta morale ordinando lo stupro di intere nazioni sia stato arrestato per tentata violenza carnale su una cameriera in una suite d'hotel a 3.000 dollari a notte. I leaders dell'Unione Europea, sedendosi al tavolo della conferenza di Bruxelles questa settimana, hanno sicuramente contemplato la "sedia vuota" del direttore del FMI Dominique Strauss-Kahn, deliberando in segreto sul cupo futuro dell'Eurozona.

Resta da vedere se l'imbarazzante vicenda di Strauss-Kahn ritarderà o bloccherà il crimine perpetrato dalla Giunta composta dalla Commissione Europea, dalla BCE e dal FMI. In un gesto di sacrificio inutile, Atene ha accettato di mettere all'asta i gioielli della corona, e cioè le telecomunicazioni e gli acquedotti, per poter ottenere un prestito aggiuntivo di 30 miliardi. Il fatto è che questi soldi potrebbero rimandare, ma non evitare l'insolvenza. La questione non è nemmeno quando ci sarà l'insolvenza greca, ma quando crollerà l'intero edificio della "bad bank" europea, la BCE.

La definizione di Wikipedia per Bad Bank è "un istituto finanziario creato per rilevare attivi non esigibili in mano a una banca garantita dallo stato". Questa definizione si applica perfettamente all'Eurozona. Alla fine dello scorso anno, la BCE aveva accettato 2010 miliardi di euro di collaterale dalle banche; di questo, il 25% (500 miliardi) sono cartolarizzazioni ABS, invendibili. Un altro 21% è costituito da obbligazioni bancarie non garantite, mentre il 18% sono attivi non negoziabili, e cioè sofferenze bancarie. Last but not least, i titoli di stato rappresentano il 13%.

Complessivamente, la BCE detiene 66 miliardi di debito greco. Il FMI e altri governi europei ne detengono 36 miliardi, mentre le stesse banche greche detengono 91 miliardi. Esse li hanno usato come collaterale per ottenere liquidità dalla BCE, tanto che la BCE è esposta per un valore nozionale di 200 miliardi di euro in crediti verso le banche di Atene.

Nel caso di una ristrutturazione del debito con "sfumatura", i perdenti non sono solo le banche creditrici francesi, inglesi e tedesche, ma la stessa BCE.

La BCE non ha ascritto questo debito in bilancio, altrimenti avrebbe dovuto già dichiarare insolvenza, dato che il capitale è solo di 5 miliardi (solo all'inizio dell'anno raddoppiato). Invece, ha spalmato il rischio sui bilanci di tutte le banche centrali dell'Eurosistema. Così, TUTTI i paesi membri della BCE sono esposti, attraverso le banche centrali, al debito-spazzatura della Grecia e altri simili. L'intera UE è diventata una bad bank.

by Movisol

26 maggio 2011

La bomba dei derivati può ancora esplodere

Le grandi lobby bancarie internazionali sono tornate alla carica per far sbloccare i derivati finanziari degli enti locali.
Dopo che gli swap e gli altri contratti derivati avevano sconvolto i bilanci di molti comuni e regioni italiani con perdite disastrose, nel 2008 l'allora governo ne impose il blocco. Senza autorizzazione governativa nessun ente locale era autorizzato a sottoscrivere tali contratti.
Erano intervenuti anche la Corte dei Conti, la Consob, la Banca d'Italia. Al Senato vi fu un ampio dibattito e furono evidenziati i rischi ma anche le pesanti situazioni determinatesi nei conti di diverse piccole e medie imprese oltre che degli enti locali.
A fine 2010 i debiti totali degli enti locali ammontavano a 111 miliardi di euro di cui 35 miliardi in derivati. Alcuni di questi contratti si trascineranno fino al 2050 con costi ingenti e crescenti per tante generazioni di cittadini.
Secondo i bollettini della Banca d'Italia, a fine giugno 2010 i derivati degli enti locali avevano un mark to market negativo, significando che nell'ipotesi di chiusura di tutti i contratti alla data di rilevazione esso sarebbe un costo aggiuntivo di oltre 1 miliardo di euro.
Da recenti elaborazioni fatte sui dati forniti da Eurostat, nel periodo 2007-10 le amministrazioni pubbliche italiane hanno dovuto sostenere oltre 4 miliardi di euro di maggiori interessi sul debito a seguito degli andamenti dei loro contratti derivati in essere. Essi sono soprattutto operazioni miranti ad allungare la durata del debito sovrano e alla «protezione» dalle eventuali improvvise oscillazioni sui tassi di interesse. La citata spesa addizionale in parte è dovuta proprio alla performance dei derivati degli enti locali.
Al Ministero dell'economia da un po' di tempo circolano le bozze di un nuovo regolamento in materia di derivati che, oltre alle ovvie esigenze di trasparenza e di chiarezza nelle informazioni contenute nei contratti, dovrebbe ridurre il rischio per gli enti locali.
Finora l'approccio chiamato «risk-based» suggerito dalla Consob terrebbe conto degli scenari di rendimento, del grado di rischio e dell'orizzonte temporale. Si tratta di simulazioni di calcolo probabilistico dei rendimenti di un prodotto finanziario. Ciò dovrebbe consentire di verificare i reali costi del derivato rispetto a quelli di un'ordinaria operazione finanziaria. Per vedere se la posizione finale dell'ente locale sarebbe migliore con o senza il derivato. Ciò renderebbe forse più difficile almeno l'introduzione di costi occulti.
Purtroppo c'è anche una proposta dell'Abi che, anche sotto la spinta dei grandi gestori internazionali dei mercati dei derivati, vorrebbe introdurre l'approccio del «what-if» basato su un modello matematico costruito su una serie di innumerevoli equazioni e di variabili per studiarne gli effetti. È un approccio che aumenta l'incomprensibilità dell'operazione che porterebbe comunque alla sottoscrizione del derivato.
Trattasi di metodi matematici che non prendono in considerazione possibili rischi sistemici, ma semplicemente delle variabili considerate.
Noi riteniamo che si dovrebbe invece privilegiare i principi consolidati della buona amministrazione della cosa pubblica. Gli approcci sopramenzionati, anche se apparentemente meno opachi del passato, si basano comunque su delle aspettative probabilistiche di «giochi» e comportamenti della finanza.
È grave inoltre che si ignori del tutto la richiesta dell'Anci di individuare un giusto percorso per estinguere i vecchi derivati oggetto di molti contenziosi. In alcuni casi, a seguito di denunce per frode presentate in tribunale da alcuni comuni, si è arrivati anche al sequestro preventivo di beni per centinaia di milioni di euro nei confronti delle grandi banche coinvolte.
Ovviamente la controffensiva legale del sistema bancario a livello internazionale, con effetti anche in Italia, non si è fatta attendere. La JP Morgan, la Bank of America e altre banche hanno denunciato presso l'Alta Corte di Londra per inadempienza del contratto derivato alcune controparti quali le regioni del Lazio, della Toscana, del Piemonte.
Si sottolinea che quasi sempre il tribunale di competenza era ed è fuori dai nostri confini. È evidente il ritorno di fiamma della grande speculazione e dei derivati finanziari. Sarebbe da irresponsabili riportare gli enti locali ai tavoli verdi del gioco d'azzardo. Perciò il regolamento in elaborazione non può assecondare i desiderata delle grandi banche ma i bisogni di stabilità e di servizi publici della collettività.
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

23 maggio 2011

Il decadentismo politico: D'annunzio e Berlusconi


Il termine Decadentismo deriva dalla parola francese décadent, che ha due significati il primo quello negativo che era riferito a giovani poeti che davano scandalo,dopo invece un simbolo di un nuovo modo di pensare. E si riferisce alla rivista creata dai decadenti chiamata così provocatoriamente.
In Italia si è soliti individuare due periodi distinti di decadentismo: il primo, di cui facevano parte D'Annunzio e Pascoli, ancora caratterizzato dalla necessità di costruire miti decadenti. Al contrario nel secondo, di cui occorre ricordare in particolare Pirandello e Svevo, la coscienza della crisi è ormai acquisita e la realtà viene sottoposta ad una critica molto lucida e distruttiva. Il termine "Decadente" fu, in origine usato in senso dispregiativo, per indicare giovani poeti che vivevano fuori dalle norme comuni, considerati appunto simboli di una "decadenza sociale" che disprezzava il progresso e la fede nella scienza del positivismo. Più tardi passò a designare la dilagante "decadenza" della società materialista di fine secolo, orientata verso l'esaltazione delle conquiste tecnologiche e alla quale gli intellettuali si sentivano estranei. Essi, infatti, si considerano decadenti, con un atteggiamento di superiorità spirituale, in quanto inclini a cogliere i segni della raffinatezza e dell'eleganza intellettuale delle epoche e periodi di "decadenza".Il Decadentismo è caratterizzato da una nuova tipologia di poeta: esso non è più il vate che guidava il popolo del Romanticismo, né il promotore della scienza come nell'Illuminismo o cantore della bellezza nel Rinascimento. Diventa così veggente, cioè colui che vede e sente mondi arcani ed invisibili in cui si chiude scoprendo «l'universale corrispondenza e analogia delle cose [...] E in tal modo il Dio perduto vive come una memoria e un desiderio» Il poeta è così un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non si usa più per descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni. Da qui la grande importanza della poesia come mezzo per esprimere il proprio intimo. Caratteristica generale è quindi un forte senso d'individualismo e soggettivismo. Per la sua oscurità l'argomento della poesia sfugge alla comprensione del lettore che può interpretarla in modi differenti.Il superomismo è l'atteggiarsi a superuomo (definito anche Oltreuomo), ossia ad uomo capace di andare oltre e superare i propri limiti. Il pensiero superomistico è punto saliente della filosofia di Nietzsche. I sentimenti e le volontà del superuomo devono prevalere sulle masse, in modo da potersi elevare sopra le masse. Gabriele D'Annunzio fu uno dei principali sostenitori di questa filosofia.Le dottrine politiche nazionaliste (ad esempio il fascismo ed il nazismo), prendono ad esempio il concetto di superuomo, distorcendolo ed adattandolo, in modo da giustificare discriminazioni razziali. " citazione di Wikipedia"

Basta rileggere sostituendo alle parole poeta con selfmademan (persone fatte da sè) e letteratura con politica e otterrete una chiave di lettura molto ampia.

Mentre sta iniziando nei vari studi televisi il nuovo mantra "Il berlusconismo è finito" la controparte sta dando i colpi di coda con il suo potere di interessi. Adesso, tutti si guardano intorno cercando nuovi padrini pronti a proteggere le spalle dei vari saltibanchi della politica e dell'informazione. Manager, giornalisti, commentatori stanno cercando di manipolare diverse situazioni ma, la sensibilità è in coma profondo. L'anestesizzazione del potere ha prodotto delle ferite profonde anestesizzate dal rumore dei soldi.

C'è una parte che lega i due maggiori esponenti del mio decadentismo D'Annunzio e Berlusconi, il primo ritiratosi in vita privata per dedicarsi a cultura e perversioni scandalose per quell'epoca. Chiuso nel suo Vittoriale, amanti, belle e giovani segnavano un andirivieni nel vittoriale del piccolo e vecchio vate.

Di Berlusconi le cronache hanno vivisezionato le sue debolezze per non usare altri termini. La differenza è che il secondo è il nostro maggior esponente di Governo. Non può raccontare bugie oppure fare una legge per legalizzare o prescrivere un reato. Si chiama conflitto di interessi che neanche D'annunzio nella sua acuta intelligenza avrebbe voluto per il bene dell'Italia. Patriota e soldato. In questo patetico momento la promessa di tutto a tutti rivela una stanchezza ed una debolezza fastidiosa. Il punto è questo, questa democrazia vive sulle sue debolezze. Ti possiamo ricattare quindi prometti di fare questo. Possiamo chiamare questo la democrazia degli scambi o la democrazia delle promesse mancate. Solo lui, può cessare a questo martirio incessante. La storia quanto scriverà di buono su Berlusconi alla guida del Governo. A questo punto dipende solo da lui.





22 maggio 2011

Sesso, potere e giustizia a stelle e strisce



E alla fine Osama bin Laden non sarà il protagonista principale nel processo del secolo; per un gioco del destino, quel ruolo verrà interpretato da Dominique Strauss-Khan (DSK), il direttore plenipotenziario del Fondo Monetario Internazionale (FMI), che sta languendo nella prigione di Rikers Island a New York.

Il fatto che l’uomo indicato da questo acronimo abbia già fatto un provino, suo malgrado, al Dipartimento di Polizia di New York, che sia stato portato via all’ultimo momento dalla sua cabina di prima classe di un volo transatlantico, e poi lo schieramento delle forze di polizia per far sfilare il colpevole, tutto questo lo rende lo scandalo sociopolitico definitivo.

Scendendo al livello dei peggiori tabloid newyorchesi, è difficile sfuggire dalla brillante metafora che vede il FMI – che si porta dietro la nomea di essere solo capace di fottere la povera gente - che applica alla lettera un aggiustamento strutturale in una suite di un albergo a Manhattan nei confronti di una vedova taciturna, immigrante musulmana dall’Africa, che vive nel Bronx con la sua figlia adolescente. La condotta senza pietà dei media doveva essere stupefacente quanto l'evento in sé.

A parte tutto, DSK è più fortunato del leader libico, il colonnello Muammar Gheddafi, perché dovrà presentarsi di fronte a una giuria di New York e non davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia. Al contrario di Gheddafi, DSK - almeno in teoria – è innocente fino alla sentenza definitiva, anche se è già stato condannato dalla stampa scandalistica.

Molto meno pubblicizzate, ci sono comunque state delle teste pensanti che hanno evidenziato che gli imbroglioni di Wall Street che hanno truffato la gente comune per somme pari a trilioni di dollari, che i dirigenti della BP hanno distrutto il Golfo del Messico e, a ben dire, l’amministrazione di George W Bush che ha mandato al fallimento gli Stati Uniti scatenando un conflitto che ha ucciso più di un milioni di civili iracheni non sfileranno mai in manette davanti alle macchine fotografiche.

Questo è poco ma sicuro: per quanto concerne la "giustizia a stelle e strisce ", la possibilità di vedere l’amministrazione Bush o gli irresponsabili di Goldman Sachs in manette è uguale a zero.

Urlare dalla soddisfazione

Seguire in dettaglio l’isteria dei media su entrambe le sponde dell’Atlantico è stato più affascinante di un viaggio su Marte. In Francia era oramai certo che DSK sarebbe diventato il nuovo presidente nelle elezioni del 2012, con la sconfitta del floscio neo-Napoleonico liberatore della Libia, Nicolas Sarkozy. DSK – lo strumento del cambiamento dei poteri finanziari che rimangono dietro al trono - doveva annunciare la sua candidatura in questo mese.

La vulgata dei media mainstream francesi – sempre servizievoli con Sarkozy e i suoi tirapiedi – è quella secondo cui gli Americani - e in questo si confermano tutti gli stereotipi che abbiamo contro i francesi - hanno umiliato la loro nazione facendo sfilare DSK in manette in una perp walk(illegale in Francia) e rifiutandosi di concedere il rilascio dietro la cauzione di un milione di dollari.

La giustizia americana, sulla falsa di riga di Law and Order, è stata trascinata nel fango tanto quanto il puritanismo americano. Nel frattempo, le teorie cospirazioniste si sono moltiplicate tra i catatonici simpatizzanti del Partito Socialista francese.

Di sicuro la maggior parte dei francesi si è fatto un’idea che la cameriera della Guinea che lavorava al Sofitel non era una Mata Hari. Ma forse poteva essere un’agente della CIA. E poi c’è stato l’assillante cinguettio (ndt: allusione a Twitter) – amplificato dai lacché di Sarkozy – che hanno annunciato l’arresto di DSK ancor prima che la polizia di New York facesse ancora la sua comparsa: uno scoop mondiale. Almeno il 57% degli elettori francesi e il 70% dei socialisti crede che DSK sia stato incastrato.

Cui bono, se ci fosse stata una cospirazione? Certamente Sarkozy, la sua campagna per la rielezione a Presidente della Repubblica e le sue relazioni con gli ultra-conservatori negli Stati Uniti; i neofascisti del Fronte Nazionale, la cui candidata, l’efficiente Marine Le Pen, ha una grossa possibilità di arrivare al secondo turno nel 2012; e gli squali della finanza globale che non erano contenti dell’atteggiamento possibilista del FMI sotto DSK.

L’ultracarismatico DSK è un socialista che incarna un soave Moet & Chandon. Se fosse una banca, DSK sarebbe nella categoria "too big to fail". Alla fine è crollato, ma non era una banca.

Se fosse stato un politico americano, sarebbe stato come l’ex presidente Bill Clinton, appendice per gridare di gioia inclusa. "Bubba" fu quasi scalzato dal potere supremo grazie a una cricca di puritani rabbiosi solo a causa di un semplice pompino ricevuto alla Casa Bianca. Il giro dei parigini che frequentano le sale da cocktail non riesce a comprendere come il noto sciupafemmine DSK sia stato così idiota da rischiare la presidenza per una cameriera, che malgrado sapesse il francese, era musulmana e africana.
Da qui viene l’ipotesi che sia tutto un equivoco; DSK stava aspettando una escort dei quartieri bene quando l’ignara cameriera è entrata nella fossa dei leoni e ha trovato il leone totalmente su di giri.
Quest’incontro ravvicinato tra il FMI e un’economia sub-sahariana in via di sviluppo non implica che DSK sia un paladino dei poveri o della classe lavoratrice. Ben lontano dall’essere socialista, DSK è stato un fedele compagno dell’élite finanziaria globale e del capitale transfrontaliero. Ma poi c’è stata una bella svolta.

L’aspetto più triste della squallida vicenda è che DSK stava veramente tentando di riformare il FMI per portare quest’ippopotamo autoreferenziale verso una linea più progressista. Era un top manager molto considerato. La sua sostituzione ad interim con John Lipsky, ex vicepresidente di JP Morgan, è evidentemente un passo indietro.

DSK stava cercando di deviare la politica del FMI da quella praticata durante la crisi finanziaria asiatica. Nel 1997 la cattiva ricetta del FMI, ispirata dal Dipartimento del Tesoro USA, fu incredibilmente proficua per i creditori, quasi totalmente distruttiva per le economie della zona, dalla Thailandia all’Indonesia. Anche il Brasile e la Russia ne furono colpiti.

Poi venne il tempo per "mettere in riga" l’Argentina, ma questa andò in default alla fine del 2001. Il FMI fece di tutto per sabotare questo paese, ma l’economia argentina ritornò in carreggiata e la nazione iniziò di nuovo a crescere nel 2002.

I mercati emergenti non ne possono più che il FMI venga sempre diretto da europei. Un francese è stato a capo di quest’istituzione in 26 degli ultimi 33 anni. La ripartizione del potere è di stampo medievale; ci sono 9 direttori europei su 24; il direttore brasiliano rappresenta nove Stati, ma il suo voto pesa solo per il 2,4%; il voto degli USA conta quattro volte di più.

Questi 24 amministratori dovranno scegliere il nuovo capo del FMI. Gli europei hanno già iniziato a sbranarsi tra loro e non vogliono mollare la preda. Ma le prospettive stanno diventando rosee per Kemal Dervis dalla Turchia e per i candidati dall’India e dal Sud Africa.

La Cina è ancora in dubbio se entrare nella lotta. Se la caduta di DSK spalancherà la porta a un leader del FMI che faccia parte di un’economia emergente, questo atto di giustizia, poetico tanto quanto spettacolare, sarà merito di un’immigrante musulmana che viene dall’Africa.

di Pepe Escobar


Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Global_Economy/ME19Dj02.html

21 maggio 2011

Tutti i vizi e i segreti che internet sa di noi


A TRADIMENTO Expedia mi chiede se voglio andare in vacanza con l'ex fidanzata. Non lo dice proprio così, ma mi suggerisce il suo nome per il secondo biglietto d'aereo. Se lo ricorda da un vecchio acquisto, l'impertinente sito di viaggi. Lo stesso fa Amazon per la consegna dei libri. Se li hai fatti spedire a un indirizzo che non frequenti più, lui insiste. Persino il sito delle contravvenzioni del comune di Roma prova a inchiodarti al passato. Vado a controllare una multa e, accanto al verbale, ora hanno messo la foto dell'infrazione. In bianco e nero, sgranata, ma ineluttabile: sono proprio io in sella. Con la compagna di allora. Dio perdona, Internet no. Soprattutto non dimentica niente. Ci conosce meglio di una madre, di un amico, di uno psicanalista. Ed è in grado di mettere insieme così tante tessere di quel mosaico caotico che è la vita da ricostruirlo a un livello di dettaglio impensabile nell'èra Pre-Web. Così ho chiesto alla rete di scrivere la mia biografia, non per il suo trascurabile interesse, ma per quello enorme che a redigerla sia un algoritmo. Utilizzando fonti aperte, informazioni a disposizione di tutti. Avessi interpellato i Servizi segreti avrei ottenuto un ritratto meno vivido. Provare per credere.

Se fai il giornalista, in teoria, sei più esposto di un impiegato del catasto. Ma non è detto, perché l’impiegato potrebbe avere una pirotecnica doppia vita telematica: condividere tutto su Facebook, commentare i blog altrui, affidare a Twitter in tempo reale la propria opinione
sull’universo mondo. Insomma, cose che io non faccio. Perché alla fine i pixel con cui la rete comporrà il nostro ritratto digitale, ad alta o a bassissima risoluzione, siamo noi a fornirglieli. Talvolta in maniera attiva, riempendo questionari, firmando petizioni, e così via. Più spesso in modo passivo, semplicemente navigando, comprando o essendo taggati in foto altrui. Per cominciare, dunque, c’è Google. Il grado zero è l’egosurfing, ovvero controllare ciò che in rete si dice di noi digitando «nome cognome». Nel mio caso escono 102 mila risultati, ma le quotazioni cambiano con i giorni. Ai primi posti una voce di Wikipedia in inglese che fino a qualche tempo fa sosteneva erroneamente che fossi il capo di Repubblica.it (approfitto per scusarmi col titolare). Verso il fondo spunta invece un messaggio che spedii il 27 maggio 1996 a un gruppo di discussione sulla pubblicità online. Per quel che ne sapevo allora era come attaccare un annuncio in una bacheca dell’università. Quel che ho imparato poi è che nessuno l’avrebbe mai rimosso e anzi sarebbe stato imbalsamato a futura memoria. Avessi chiesto istruzioni per confezionare una bomba sarebbe stato lo stesso.

Se poi, come me e altri 170 milioni di persone nel mondo, usate la posta di Gmail, le cose si complicano. Nel senso che tutto quello che scrivete potrà essere usato, pubblicitariamente parlando, contro di voi perché il sistema analizza i testi per accoppiarci pubblicità pertinenti. Dunque se dite a un amico che sarebbe bello trascorrere un finesettimana a Palermo aspettatevi, per dire, annunci su una suite scontata all’hotel Delle Palme. Per vedere come vi hanno etichettato c’è Google Ads Preferences. Di me il software ha capito che sono un maschio e tra gli interessi desunti dal mio comportamento online ci sono cinema, spartiti musicali, giornalismo. E in tv mi piacerebbero «crime stories e legal show» (nego l’addebito). Ma Google è ormai un mondo. Mette a disposizione un programma per scrivere, un calendario, un sistema di notifiche personalizzate e tanto altro. Gratis, o meglio, pagando in moneta di privacy. Lui ti offre un servizio, tu gli affidi la tua vita digitale. Ciò che scrivi, dove vai e quando, quello che ti interessa sapere. Così, seppure in forma anonima, il cyber-leviatano riutilizzerà quella messe di dati per recapitarti l’inserzione giusta. Sono andato a verificare nel Dashboard, la «scatola nera» di tutti i miei rapporti con il motore di ricerca. Ed è come guardarsi l’anima allo specchio. Dal momento che ho attivato anche la Cronologia, ovvero il registro storico di ogni ricerca eseguita, sanno esattamente cosa ho visto in questi anni. Il resoconto inizia alle 18.16 del 22 maggio 2007 e le parole chiave, credeteci o no, erano «nietzsche memoria troppo buona» (magari mi sono fatto suggestionare e volevo sancire con una citazione del filosofo l’aver attivato quella specie di panopticon volontario).

Ogni singola query è stata messa a verbale. Ci sono anche tutti gli indirizzi che ho cercato su Mappe. I video che ho guardato, dalla clip di The Ballad of John and Yoko all’ultimo disco dei Virginiana Miller. Per non dire di quelli che ho caricato su YouTube. Così come le foto che, tanto tempo fa, ho condiviso sugli album digitali Picasa. E i titoli che ho scaricato su Libri. Ce n’è già abbastanza per ricostruire la mia esistenza, avendo del gran tempo da perdere, minuto per minuto.

Per accedere al sancta sanctorum però bisogna possedere la parola chiave. Serve un hacker bravo o, banalmente, averla lasciata memorizzata nel pc. Tuttavia, anche limitandosi alle informazioni aperte i risultati sono stupefacenti. Se non avete familiarità con la sintassi dei motori di ricerca ci sono compagnie specializzate in web listening. Di solito lo fanno per le aziende, per capire che «reputazione» ha un marchio o un certo prodotto. Li ho sfidati a sguinzagliare i loro software specializzati perché portassero a casa i dati più succosi sul mio conto. Dopo meno di un giorno l’emiliana TheDotCompany mi ha recapitato un rapportino che sembra vergato da un funzionario della Digos. Contiene: luogo e data di nascita, numeri di telefono di lavoro e di casa, qualifica professionale esatta, il nome di mio padre e l’annotazione che «I genitori e il nipote vivono a Viareggio». Un’impeccabile biografia lavorativa e poi «Il sistema di correlazione di keyword e contenuti suggerisce orientamento politico Pd/Rifondazione Comunista e forti legami con il mondo sindacale», credo desunti dal fatto che ho scritto un libro sugli immigrati e l’ho presentato in varie feste dell’Unità. In parallelo anche Expert System di Modena, specialista nella tecnologia semantiche per la comprensione e l’analisi delle informazioni, era sulle mie tracce. In una decina di slide riassume le organizzazioni, le persone (vince il mio amico Raffaele Oriani, con 319 ricorrenze), le località, gli argomenti con cui ho più a che fare (Internet 206, immigrazione 150, editoria 137, etc.) e un’enoteca che frequento. I segugi milanesi della FreedataLabs ricavano addirittura profili psicologici dalle parole che uso. Dicono che solo il 6% appartiene a categorie emozionali e mi dipingono come uno molto «teso all’obiettivo», «curioso» ma anche «introverso», con venature di «tristezza». Così parlò lo strizzacervelli automatico.

Joel Stein, un collega di Time che ha fatto lo stesso esperimento, è stato più bravo nel rinvenire tracce economiche di sé. La Alliance Data, società di marketing digitale, sa che è un ebreo di 39 anni, con laurea e stipendio da oltre 125 mila dollari. Che ne spende in media 25 per ogni acquisto online ma il 10 ottobre 2010 ne ha sborsati 180 per biancheria intima. «Sono dati che in Italia sarebbe impossibile avere senza l’ordine di un magistrato» mi tranquillizza Andrea Santagata, numero due di Banzai, tra le più grandi web company nazionali, «perché abbiamo una legge sulla privacy molto più stringente. In ogni caso alla pubblicità non interessa sapere come ti chiami, ma conoscere il tuo profilo per mirare i messaggi». Tutto vero, e da tenere a mente per non finire arruolati nel già affollato partito delle teorie della cospirazione. Ma quanto detto sin qui lo è altrettanto. Anzi, non c’è stato neppure tempo di parlare di Last. fm che sa che musica ascolto (se ti piacciono i Wilco ti piaceranno anche i Golden Smog e The Autumn Defense). O di Ibs che, sapendo quali libri acquisto me ne consiglia altri, per proprietà transitiva: se David Foster Wallace, allora George Saunders. O di infinite altre destinazioni online che, per il solo fatto di aver interagito con loro, hanno creato dei dossier da cui inferire la mia personalità. È una tragedia? Neanche per sogno. Internet è l’invenzione più strepitosa e benemerita dell’ultimo secolo. Basta essere consapevoli e comportarsi di conseguenza. Per quanto riguarda infine la sconveniente insistenza di Expedia ho estirpato il cookie, il pezzetto di codice che ricordava al sito i miei viaggi precedenti. E adesso il computer non si impiccia più in cose che non lo riguardano.

di RICCARDO STAGLIANO'

20 maggio 2011

Cosa accadrebbe se si pensasse che gli Stati Uniti sono vicini al default?

Se vuoi vedere il debito Usa in tempo reale vai al link
http://www.usdebtclock.org/


http://www.comedonchisciotte.org/images/geithner_obama.jpg

Lunedì il governo degli Stati Uniti ha raggiunto il limite dettato dal suo statuto per la concessione dei prestiti (14,29 trilioni di dollari), il cosiddetto "tetto del debito". Ciò significa che il Segretario del Tesoro, Timothy Geithner, ha iniziato a mettere in opera il piano emergenziale per mantenere in sella il governo e per pagare i possessori dei bond mentre la Casa Bianca e il Congresso stanno elaborando i dettagli finali dell’accordo sul bilancio. Ma le manovre contabili di Geithner funzioneranno solo per un breve periodo. Se per l’inizio di agosto non verrà raggiunto un compromesso sul bilancio, "l’ultimo prestatore” e gli Stati Uniti andranno in default.

Alcuni parlamentari Repubblicani credono che un default non sarebbe così grave e che i possessori di titoli e i beneficiari della Social Security avranno gli assegni solo un po’ di tempo più tardi. Ma questa gente davvero non comprende come stanno le cose e quello che è realmente in gioco. Con le parole di Greg Ip, dell’Economist: "I debiti del Tesoro sono il fondamento di una vasta e complessa rete di relazioni finanziarie in tutto il mondo che verrebbero sconquassate anche da un default tecnico." La sola allusione al fatto che gli Stati Uniti ritardino i pagamenti ai possessori delle obbligazione sconvolgerebbe i mercati e causerebbe un danno irreversibile alle casse del Tesoro. E porterebbe la quotazione del dollaro in picchiata e, probabilmente, sarebbe la fine del ruolo del dollaro come divisa di riserva del pianeta. Ecco un estratto da un post di un economista, Menzie Chinn, che riassume tutto perfettamente:

"....se tutto questo provocherà una contrazione del valore del dollaro, impedirebbe di poter alzare il tetto del debito in modo opportuno. In quasi tutti i modelli che ho analizzato, causerebbe una migrazione dal debito degli Stati Uniti o – anche se ci andassimo solo vicini – aumenterebbe il premio di rischio concesso agli investitori e, da quel momento in poi, il totale degli interessi pagati dal Tesoro USA. È il colmo dell’irresponsabilità fare richieste irrealistiche per la riduzione del deficit basate solamente sui tagli alla spesa, rischiando così lo scatenarsi di una crisi. ("What Would Really Bring about a Dollar Dive?, Econbrowser)

Quasi tutti gli economisti dicono la stessa identica cosa. Il Parlamento sta giocando con la dinamite.

La cosa divenuta palese nel corso delle negoziazioni sul bilancio è che i Repubblicani non hanno neanche la più remota idea di come funzioni il mercato finanziario. Naturalmente i Democratici non è che siano messi molto meglio, ma almeno (occasionalmente) tengono in considerazione il consiglio degli esperti. I Repubblicani no. Sembra proprio che ci sia tanto orgoglio nelle loro zucche vuote. Credono che minacciare di far saltare l’economia sia un’ottima strategia per provocare i tagli alle spese correnti. Non riescono a capire che la loro gazzarra da galline potrebbe ritorcersi contro e cambiare la percezione che gli USA siano un posto sicuro dove gli investitori possano investire i propri capitali. E questo pensiero non sembra assolutamente passare per la loro testa.

Un altro estratto da una lettera di Geithner (al Senatore Michael Bennet), dove avverte delle "conseguenze economiche catastrofiche" che si verificheranno se il limite del debito non verrà alzato velocemente:

"Il ruolo particolare delle emissioni del Tesoro nel sistema finanziario globale comporta il fatto che le conseguenze del default sarebbero davvero severe. Le emissioni del Tesoro sono un punto fermo nelle pagine dei bilanci di quasi tutte le più grandi compagnie di assicurazione, delle banche, dei fondi che investono a breve termine e nei fondi pensione di tutto il mondo. Sono anche molto usate dalle istituzioni finanziarie come collaterali (http://it.wikipedia.org/wiki/Collateralized_debt_obligation) per reperire nel mercato finanziario il flusso di cassa necessario per le loro operazioni giornaliere."

Geithner sta spiegando il funzionamento delle “banche d’affari” e come si affidino ai collaterali con la tripla A. Se le emissioni del Tesoro, finora considerati gli investimenti più sicuri al mondo, soffriranno un abbassamento del rating a causa del default o del calo della fiducia degli investitori, tutto questo porterebbe a una serie di tagli nei rendimenti (http://en.wikipedia.org/wiki/Haircut_(finance)) che darebbero il via a una nuova crisi.

Geithner ancora:

"Un default del debito del Tesoro potrebbe portare a domandarsi della solvibilità dei fondi d’investimento e delle istituzioni finanziarie che hanno le emissioni del Tesoro nel loro portafoglio, cosa che provocherebbe un assalto ai fondi che investono a breve termine (http://en.wikipedia.org/wiki/Money_market_fund) e all’intero sistemo finanziario, qualcosa di simile a quello che è successo sulla scia del collasso di Lehman Brothers. Come hanno dimostrato le recenti crisi finanziarie, un contraccolpo improvviso alla fiducia sui mercati finanziari può scatenare un timore che minaccerebbe la salute dell’intera economia globale e il lavoro di milioni di Americani."

Geithner non sta esagerando. Questo è quello che accadrà. Perché? Perché è quello che è successo nel 2008 e, sfortunatamente, da allora niente è cambiato. Se gli Stati Uniti andranno in default, allora il premio per il rischio che il Tesoro dovrà concedere salirebbe e le quotazioni dei titoli scenderebbero. Questo significa che i trilioni di dollari che sono stati scambiati per le emissioni del Tesoro nel mercato dei pronti contro termine (http://it.wikipedia.org/wiki/Pronti_contro_termine) - dove le istituzioni finanziarie scambiano liquidità con garanzie collaterali di primo livello – andrebbero riprezzati e questo causerebbe perdite consistenti per i possessori di emissioni del Tesoro. Queste perdite si riverberebbero nei mercati dei capitali e in quello dei titoli di credito, iniziando a far saltare il domino costruito dopo il fallimento della Lehman Brothers. In conclusione, nessuna delle riforme Dodd-Frank ha aumentato la stabilità del mercato finanziario. Il sistema è soggetto al collasso così come lo era nel settembre del 2008.

Di nuovo Geithner:

"I titoli del Tesoro ricoprono un ruolo peculiare nel sistema finanziario globale proprio perché sono considerati un investimento privo di rischio. […] Un default metterebbe in discussione lo status delle emissioni del Tesoro che sono ora ritenute un pilastro del sistema finanziario, mettendo a repentaglio questo ruolo e i benefici economici che ne derivano."

Questo è un punto molto importante e potrebbe essere d’aiuto fare un’analogia.

Diciamo che io ho bisogno di liquidi per finanziare degli affari. Così vado al banco dei pegni con la mia Jaguar customizzata, il mio dipinto di Vermeer autentico e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali. Il gestore dà un’occhiata al mio tesoro e mi dice che può prestarmi 25.000 dollari per una settimana, ma che gliene dovrò rendergli 26.000 per avere la mia roba indietro. Allora dico, “Va bene” e prendo a prestito i soldi. Questo mi permette di continuare i miei affari. Poi, una settimana dopo, torno dal monte dei pegni e restituisco i soldi.

Fino qui tutto a posto?

La settimana seguente torno da lui e cerco di chiudere la stessa trattativa. Ma questa volta il gestore ha fatto una piccola ricerca e ha scoperto che la mia Jaguar customizzata è un vecchio modello di una Yugo riverniciata a meraviglia, il mio Vermeer originale è un lavoro di un falsario che ho preso al mercatino delle pulci e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali è in verità una manciata di spiccioli della slot machine placcati di pirite. Così il gestore, tutto stizzito, mi dice che mi presterà solo la metà di quanto concesso la volta prima, 12.500 dollari. Ma questo per me è un grosso problema, perché così non ho abbastanza denaro per finanziare le mie operazioni o per pagare i miei dipendenti.
E allora devo dare fondo ai miei risparmi (il capitale bancario) e questo mi renderà quasi impossibile prestare del denaro a chi me lo richiedesse. Col passare del tempo sarò forzato a vendere una parte sempre più grande delle mie proprietà (asset) solamente per rimanere a galla.

Questo è esattamente quello che è successo alle banche nel corso della crisi finanziaria. Le compagnie finanziarie che hanno concesso il valore corrispondente alle obbligazioni garantite (la mia Jaguar) hanno cominciato a preoccuparsi del fatto che questi titoli contenevano al suo interno prestiti tossici di categoria subprime (la mia Yugo). E allora hanno ridotto il totale dei soldi prestati in cambio delle obbligazioni. I cosiddetti haircut hanno avviato un panico al rallentatore che è durato oltre un anno, facendo perdere quasi 4 trilioni di dollari al sistema delle banche d’affari.
Il problema era complicato dal fatto che nessuno sapeva quali contenitori finanziari avessero in sé i mutui peggiori o quale banca avesse il peggior assortimento di obbligazioni. E così il prestito interbancario cominciò a fermarsi, il LIBOR (ndt: tasso interbancario ‘lettera’ su Londra, http://it.wikipedia.org/wiki/LIBOR) salì alle stelle e li mercato del credito andò in stallo. Quando Lehman Brothers andò in default il 15 settembre del 2008, la voragine si aprì sempre più e l’intero sistema finanziario collassò di conseguenza.

Se gli Stati Uniti andranno in default sul suo debito, le emissioni del Tesoro saranno riprezzate, le maggior banche del paese scopriranno che abbiamo meno capitale di quanto si pensasse prima e il sistema finanziario patirà le conseguenze di un altro collasso. Solo che questa volta andrà molto peggio, perché le emissioni del Tesoro non saranno a quel punto considerati investimenti di punta privi di rischio su cui vengono poi misurati tutti gli altri asset finanziari. Questo significa che gli Stati Uniti dovranno pagare interessi più alti per adempiere a quanto pattuito e questo renderà sempre più difficile uscire dalla recessione.

Wall Street e il mondo degli affari hanno compreso la gravità della situazione e questo è il motivo per cui hanno cercato di scoraggiare il gioco al rialzo dei Repubblicani. Ma i membri del Parlamento del Tea Party hanno scrollato le spalle e sono rimasti ostinatamente sulle loro posizioni. La loro idea era che Obama avrebbe capito di essere nelle loro mani e che avrebbe ceduto. Non è così che funziona il potere?

Questa è una lezione che gli attivisti politici devono imparare. Il Tea Party è riuscito a trovare una strategia "asimmetrica" perfettamente legale per ottenere un cambio a loro vantaggio, ossia individuare le vulnerabilità del sistema e sfruttarne le debolezze per plasmare la politica. Non c’è alcuna ragione per cui la sinistra non debba fare lo stesso gioco, a condizione che abbia la volontà di sporcarsi le mani.
di Mike Whitney

Mike Whitney vive dello Stato di Washington.

Fonte: http://www.counterpunch.org/whitney05182011.html

18 maggio 2011

Al Qaeda: il database





Poco prima della sua morte prematura, l’ex Ministro degli Esteri Robin Cook disse alla House of Commons che ‘Al Qaeda’ non è in realtà un gruppo terroristico ma un database internazionale di mujaheddin e di trafficanti d’armi usati dalla CIA e dai Sauditi per fornire guerriglieri, armi e soldi nell’Afghanistan occupato dai Sovietici.
Grazie alla concessione di World Affairs, un giornale con sede a Nuova New Delhi, vi posso presentare un importante estratto da un articolo di Pierre-Henry Bunel nel numero Aprile-Giugno 2004, un ex agente dell’intelligence militare francese.
Wayne Madsen Report
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Sentii per la prima volta parlare di Al Qaida quando stavo frequentando il corso Command and Staff in Giordania. All’epoca ero un ufficiale francese e le forze armate francesi avevano contatti frequenti e stavano cooperando con la Giordania […].

Due dei miei colleghi giordani erano esperti di computer. Erano ufficiali di difesa aerea. Usando lo slang del linguaggio del computer, mi raccontarono una serie di barzellette sulle punizioni agli studenti.

Ad esempio, quando uno di noi era in ritardo alla fermata dell’autobus per lasciare lo Staff College, i due ufficiali dicevano sempre: “Sarai segnato nel ‘Q eidat il-Maaloomaat”, che voleva dire “Sarai registrato nell’archivio delle informazioni”. Con il significato: “Riceverai un avvertimento”. Se il caso era ancora più grave, parlavano quasi sempre di “Q eidat i-Taaleemaat”, che voleva dire ‘l’archivio delle iniziative’. Che voleva dire ‘che saresti stato punito’. Per i casi peggiori parlavano sempre di registrazione in ‘Al Qaida’.

Nei primi anni ’80 la Banca Islamica per lo Sviluppo (IBD), che è situata a Jeddah in Arabia Saudita, come il Segretariato Permanente dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un nuovo sistema computerizzato per far fronte alle richieste di elaborazione e di elaborazione. Al tempo il sistema era più sofisticato di quanto fosse realmente necessario.

Fu deciso di usare una parte della memoria del sistema per ospitare il database della Conferenza Islamica. Era possibile per i paesi coinvolti accedere al database via telefono: un Intranet, in linguaggio moderno. I governi dei paesi membri così come alcune delle ambasciate nel mondo erano connesse a quella rete

[Secondo quanto riferito da un maggiore pakistano] il database era diviso in due parti, i file delle informazioni da cui i partecipanti alle riunioni potevano prelevare e inviare i dati richiesti, e i file delle iniziative dove le decisioni prese nelle precedenti sessioni venivano registrate e immagazzinate. In arabo questi file erano chiamati ‘Q eidat il-Maaloomaat’ e ‘Q eidat i-Taaleemaat’. Questi due file erano a sua volta all’interno di un altro file chiamato in arabo ‘Q eidat ilmu’ti’aat’, che è l’esatta traduzione della parola inglese ‘database’. Ma gli arabi usano comunemente la parola ‘Al Qaida’ che in arabo significa “la base”. La base aerea militare di Riad in Arabia Saudita è chiamata ‘q eidat’ riyadh al ‘askariya’. ‘Q eida’ significa ‘una base’ e “Al Qaida” significa ‘la base’.

Nella metà degli anni ’80 Al Qaida era un database presente nei computer dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica.

Nei primi anni ’90, ero un ufficiale dell’intelligence militare al Quartier Generale delle Forze di Pronto Intervento francesi. A causa della mia conoscenza nell’arabo il mio lavoro era quello di tradurre molti fax e lettere sequestrate o intercettate dai nostri servizi segreti […].

Abbiamo spesso intercettato materiale spedito da network islamici che operava nel Regno Unito o in Belgio.

Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi armati islamici in Algeria o in Francia. I messaggi citavano dichiarazioni che potevano essere usate nella redazione di opuscoli o depliant o per essere inseriti in video o nastri da spedire ai media. Le fonti più frequentemente citate erano le Nazioni Unite, le nazioni non allineate, l’UNHCR e… Al Qaida.

Al Qaida rimaneva l’archivio della Conferenza Islamica. Non tutti i paesi membri della Conferenza sono ‘stati canaglia e molti gruppi islamici possono prelevare informazione dai database. Era perfettamente normale per Osama Bin Laden essere collegato a questo network. Egli è il membro di un’importante famiglia nel mondo bancario e degli affari.

A causa della presenza degli ‘stati canaglia’, divenne semplice per i gruppi terroristi usare le e-mail dell’archivio. A questo proposito l’e-mail di Al Qaida fu usata, con qualche interfaccia di sistema che garantiva la segretezza, dalle famiglie dei mujaheddin per tenere attivi i collegamenti con i loro figli che venivano addestrati in Afghanistan o in Libia o nella valle della Beqa’ in Libano. Oppure ovunque in azione nei campi di battaglia dove gli estremisti sponsorizzati da tutti gli ‘stati canaglia’ combattevano. E gli ‘stati canaglia comprendevano l’Arabia Saudita. Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’Intranet di Al Qaida era un buon sistema di comunicazione che usava messaggi coperti o in codice.

Incontrare ‘Al Qaeda’

Al Qaida non era un gruppo terrorista e neppure una proprietà privata di Osama bin Laden… Le azioni dei terroristi in Turchia nel 2003 furono compiute da turchi e le motivazioni erano locali e non internazionali, unificate o condivise. Questi crimini misero il governo turco in una posizione complicata di fronte ai britannici e a Israele. Ma gli attacchi avevano certamente l’intenzione di ‘punire’ il Primo Ministro Erdogan per essere un politico islamico all’acqua di rose.

[…] Nel Terzo Mondo l’opinione comune è che le nazioni che usano armi di distruzione di massa per scopi economici al servizio dell’imperialismo sono a tutti gli effetti ‘stati canaglia’, in particolar modo gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO.

Qualche lobby economica islamica sta ingaggiando una lotta con le lobby economiche ‘liberali’. Usano i gruppi di terroristi locali che dichiarano di operare per Al Qaida. D’altra parte, gli eserciti nazionali invadono le nazioni indipendenti sotto l’egida del Consiglio delle Nazioni Unite e combattono guerre preventive. E i veri sostenitori di queste guerre non sono i governi, ma le lobby che si nascondono dietro di loro.

La verità è che non esiste alcun esercito o gruppo terrorista islamico chiamato Al Qaida. E un qualsiasi servizio d’intelligence informato lo sa. Ma esiste una campagna di propaganda per far credere al pubblico di essere in presenza di un’entità ben definita che rappresenta il ‘diavolo’ solo per portare lo ‘spettatore televisivo’ a accettare una leadership internazionale unificata per una guerra al terrorismo. La nazione dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti e i lobbisti per la guerra USA contro il terrorismo sono solo interessati a fare soldi.”

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In un altro esempio di quello che succede a quelli che sfidano il sistema, nel dicembre del 2001 il maggiore Pierre-Henri Bunel è stato condannato da una corte militare francese segreta per aver passato documenti riservati che identificavano gli obbiettivi potenziali dei bombardamenti NATO in Serbia a un agente serbo durante la guerra del Kossovo nel 1998. Il caso di Bunel fu trasferito a una corte civile per tenere i dettagli della causa anch’essi riservati. Conoscendo il carattere e la psicologia di Bunel, il sistema “gliel’ha fatta pagare” per aver detto la verità su Al Qaeda e su chi c’era effettivamente dietro gli attacchi terroristi che vengono comunemente attribuiti a quel gruppo. È degno di nota il fatto che il governo jugoslavo, con cui il governo francese asserisce che Bunel abbia condiviso le informazioni, ha dichiarato che i guerriglieri albanesi e bosniaci nei Balcani erano spalleggiate da elementi di ‘Al Qaeda’. Noi sappiamo che questi guerriglieri erano spalleggiati dai soldi forniti dal Bosnian Defense Fund, un’entità costituita da un fondo speciale alla Riggs Bank, influenzata da Bush, e diretta da Richard Perle e da Douglas Feith.

Il maggiore francese Pierre-Henri Bunel, che sapeva la verità su ‘Al Qaeda’, un altro obbiettivo dei neo-con.

di Pierre-Henry Bunel

Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24738

La ricchezza e il debito pubblico


Si torna a parlare, secondo me a sproposito, di sovranità monetaria, debito pubblico, e questioni monetarie, in relazione a quanto sta accadendo e probabilmente accadrà. Parlo del default o della ristrutturazione ( che poi è un default mascherato) del debito sovrano greco, ed eventualmente portoghese, delle imposizioni del FMI e della BCE ai paesi deboli dell’area Euro, ecc… Adesso su questo argomento vorrei mettere dei punti fermi, sui quali non tornare più a discutere altrimenti ci ripetiamo le stesse cose come dischi rotti.

Debito Pubblico. In un ambiente di moneta Fiat (creata e imprestata) in cui la moneta è quindi un MEZZO di scambio, e lo Stato è un utente di tale mezzo, esso è tenuto, come ogni altra entità economica a fare dei bilanci in nero. Il che vuol dire che quanto spende per dare servizi e anche investimenti, al popolo, deve esser pareggiato dalle entrate, solitamente chiamate TASSE. Se è vero che lo stato è costituito da POPOLO, TERRITORIO, e ORGANIZZAZIONE, il popolo, che è l’unica entità a creare ricchezza, è tenuto a supportare, mantenere, l’organizzazione. Quando le entrate sono inferiori alle uscite, come per qualsiasi altra entità, lo Stato chiede dei prestiti, e rilascia dei certificati di credito (BOT, CCT, BPT, ecc ….). Un debitore onesto, cosa fa normalmente, quando chiede un prestito ? alle scadenze lo rimborsa, interessi compresi. Cosa fa invece uno Stato che ha speso più delle entrate prima, e poi per non irritare la popolazione, non raccoglie abbastanza per ripagare i debiti ? fa altri debiti per ripagare i precedenti, e così il debito, di anno in anno aumenta, fino a che gli interessi richiesti, che coprono anche il rischio di insolvenza, diventano tanto alti da pareggiare le entrate dello stato. A quel punto è matematicamente impossibile ripagare, non solo i debiti, ma nemmeno gli interessi. E a quel punto vengono richieste manovre lacrime e sangue. Ma vediamo , in questa situazione di capirci qualcosa. Uno Stato crea debito quando quanto raccoglie in tasse non copre le spese che fa, ma se questo avviene è perché tali tasse non compensano i benefici che vengono dati alla popolazione. Già. Ma non a tutta la popolazione, e questo è il punto. Una parte di essa, grazie alle regole lassiste aumenta le proprie ricchezze, ed il resto, forse raccoglie piccoli vantaggi. Quando vi sono greci come Spiro Latsis la cui ricchezza è valutata in oltre 11 miliardi di dollari, allora viene il forte dubbio, anzi la certezza, che lo Stato potrebbe trovare i soldi per non creare debito, ma semplicemente non voglia farlo. Perché se lo Stato spende, qualcuno incassa, o comunque quei soldi spesi, vengono requisiti da qualcuno ma non tornano tutti allo stato. Che poi in alcuni momenti vi siano distribuzioni “a pioggia” per creare consenso politico, per cui a incassare sia tutta la popolazione, non lo nego, ma è anche evidente il fatto che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, e a ripagare i debiti, vengano chiamati tutti. Questo fatto crea quella disparità di trattamento che scaturisce poi nelle rivolte sociali. Ricordando che ad ogni debito di qualcuno corrisponde un credito di qualcun altro, allora il problema non è tanto l’entità del debito, quanto la ricerca di dove prendere la ricchezza per ripagarlo. Ed a questo punto è importante avere le idee chiare. Se io possiedo 100.000 € e mi compero un monolocale, quei 100.000€ torneranno al mercato, al vecchio proprietario o a chi ha costruito quell’immobile, che a loro volta li spenderanno per acquistare altri beni. Io non avrò più 100.000 € ma avrò il monolocale. Il quale, avendo comunque un valore commerciale, rappresenta una ricchezza, anche se non è denaro. Quindi quando parlo di ricchezza, intendo solo marginalmente il possesso di denaro, quanto invece la proprietà dei beni. E se ho fatto l’esempio del monolocale, ad esso potrei aggiungere migliaia di oggetti di valore, ma anche valori immateriali, che però hanno un mercato. Se , quanto spende lo Stato viene immediatamente o dopo alcuni passaggi, acquisito da persone che investono tale denaro in beni, non è correndo dietro al denaro che si arriva a chi dovrebbe contribuire maggiormente al mantenimento dello Stato stesso, ma semplicemente andando a cercare chi possiede la ricchezza, che senz’altro è stata acquisita con quei soldi. Questo è cosa fanno i paesi nordici,e, seppur gli USA non tassino la ricchezza in generale, tassano gli immobili e soprattutto i passaggi ereditari. Come ho detto, l’errore grossolano, che porta poi a spremere chi i soldi li riceve, a prescindere dalla quantità di ricchezza che possiede, viene fatto perché si punta l’attenzione sul denaro, e non sulla ricchezza. Visto che la ricchezza, in un certo momento storico, è stata acquisita, significa che colui che l’ha acquisita ha avuto una disponibilità di denaro del quale però una parte corretta ed equa ( in riferimento alle possibilità) non è stata prelevata dallo Stato. Equa non solo in relazione al guadagno contingente, ma al guadagno sommato alla ricchezza già posseduta. La stessa cifra guadagnata da colui che non ha altro, e guadagnata da chi è già ricco, non ha lo stesso significato ne personale ne sociale. Quindi un prelievo troppo leggero, porta a un certo punto lo Stato che spende più di quanto incassato, a imporre sacrifici ben più consistenti a TUTTI, e non solo a chi avrebbe potuto pagare, senza peraltro fare eccessivi sacrifici. Quando poi,il debito è stato creato e i titoli di tale credito sono posseduti da molti, compresa la nonnina che vi ha investito i suoi risparmi, pensare ad una ristrutturazione o a un default, vuol dire far pagare la cattiva gestione a tutti i possessori di tali titoli, indiscriminatamente, mentre solo pochi hanno tratto beneficio al tempo della creazione del debito. Quindi, se è pensabile che una maggior efficienza degli individui possa essere ripagata dalla società con una maggiore disponibilità, e quindi ricchezza, nel momento in cui è necessario contribuire al mantenimento di quello Stato che comprende tutta indistintamente la popolazione, è proprio dove ci sia maggiore ricchezza, che occorre prelevare risorse: primo perché nessuno può dare ciò che non ha; secondo perché troppa ricchezza significa anche che il denaro che l’ha generata non è stato sufficientemente tassato quando incassato. E questo non vuol dire mettere sul lastrico nessuno, ma evitare anche che si formino ricchezze tali da generare a loro volta distorsioni sociali, mediante corruzione, centri di potere occulto, malversazioni varie, ecc…. Sicuramente, così come il fisco non deve mettere nessuno sul lastrico, anche una ristrutturazione del debito o un default non dovrebbe andare a colpire chi , nei titoli di stato, ha messo i suoi pochi risparmi di una vita. Alla fin fine cosa affermo, è che se le manovre monetarie, di qualsiasi tipo, vanno a colpire eventualmente solo i movimenti di denaro, e non le proprietà, i default o ristrutturazioni, colpiscono indiscriminatamente tutti i possessori di titoli di quello Stato , che con un fisco più efficiente e selettivo, potrebbe invece essere ben più equo nel richiedere i sacrifici non in modo proporzionale ma progressivo.

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Settimana all’insegna della paura. L’incertezza sul dollaro sta portando a forti realizzi della speculazione sulle materie prime, unita alle voci dello Spiegel circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Euro, che ha provocato una forte oscillazione dello stesso. Dollaro , dicevo molto contrastato grazie all’effetto dei dati dal mondo del lavoro, dove il guadagno in occupazione di marzo è stato subito compensato con un calo in aprile. Inoltre una continua crescita di coloro che per mangiare ricorrono ai food stamp governativi (132 dollari a MESE), si associa bene alla diminuzione complessiva delle ore lavorate. Nel Regno Unito deve aver fatto breccia una nuova teoria economica in quanto i governanti sostengono che l’aumento delle tasse e il taglio ai servizi, servirà a “sostenere la crescita” oppure hanno fatto confusione tra crescita dell’economia e quella dei debiti delle famiglie.

di Mensa Andrea

31 maggio 2011

Una guerra mondiale finanziaria dietro l’eliminazione di DSK


Una guerra mondiale finanziaria dietro l’eliminazione di DSK

Non si può capire la caduta di Dominique Strauss-Kahn senza inserirla nel contesto del progetto che incarnava la creazione di una nuova valuta di riserva internazionale, in programma per oggi 26 maggio 2011. Paradossalmente, un progetto atteso dagli stati emergenti, come pure dalla finanza apolide, ma rifiutata dai complesso militar-industriale israelo-statunitense. Thierry Meyssan alza il velo sul colpo di mano di Obama, per non dovere mantenere gli impegni assunti.


I francesi hanno assistito con stupore all’arresto negli Stati Uniti del loro leader politico più popolare, Dominique Strauss-Kahn. L’ex ministro dell’Economia, l’uomo che era diventato l’alto funzionario più pagato del mondo (stipendio base annuo, bonus e spese esclusi: 461510 USD) e che era sul punto, si diceva, di avvicinarsi alla presidenza della Repubblica. Questa personalità calorosa, nota per il suo appetito a tavola e a letto, a volte accusata di fare politica con dilettantismo mentre amava prendere del tempo per godersi la vita, è accusata di aver violentato selvaggiamente una cameriera in un albergo di Manhattan.

Per sei giorni, il francesi sono rimasti attaccati ai loro teleschermi a guardare inebetiti l’accanimento giudiziario nei confronti un uomo che erano abituati a considerare come il rimedio possibile, dopo il disastroso quinquennio di Nicolas Sarkozy. La sua caduta è stata anche la fine delle loro illusioni.

Lo spettacolo di questo destino spezzato assomiglia a una tragedia greca. Il detto romano “Arx tarpeia Capitoli proxima” torna sulle labbra: la Rupe Tarpea, dove i condannati a morte venivano lanciati nel vuoto, era così vicina al Campidoglio, luogo simbolo del potere e degli onori.

Indipendentemente da ogni considerazione sulla sua innocenza o colpevolezza, il maltrattamento di una simile elevata personalità non può che causare ansia tra i semplici cittadini: se questi non riescono a difendersi, come possiamo sperare di farlo se fossimo accusati noi come lui?

Ascesa e caduta

Ma i francesi sono un popolo politicizzato, nutrito dalle lezioni di Machiavelli, senza averlo mai letto, si sono affrettati a mettere in discussione la fondatezza delle accuse contro il loro concittadino, DSK. Il 57% di loro, secondo i sondaggi, non crede a questa sordida storia che i media statunitensi si dilettano a raccontare. Alcuni hanno cominciato a immaginare gli scenari di possibili manipolazioni, mentre altri si chiedevano “Cui bono?” (A chi giova?).

In questo gioco, il primo nome che viene in mente è quello di Nicolas Sarkozy. Come non pensarlo, quando ci si ricorda che è diventato presidente presentando una denuncia contro il suo principale rivale, Dominique de Villepin, e trascinandolo in un caso rocambolesco di documenti falsi. Allora perché non un nuovo complotto per far fuori un nuovo concorrente?

E non importa che i due uomini avevano bisogno l’uno dell’altro per preparare i prossimi vertici internazionali, né che erano entrambi asserviti al Signore Supremo degli Stati Uniti. Sappiamo che i peggiori crimini richiedono il sangue di amici o meglio, dei parenti.

Inoltre, i francesi ignorano i legami di DSK [1], come hanno ignorato quelli di Nicolas Sarkozy, quando l’hanno eletto [2]. Mai la stampa li aveva informati che negli anni ’90, durante la sua traversata del deserto politico, è stato assunto come professore alla Stanford University da una certa Condoleezza Rice. Non sapevano che lui e i suoi luogotenenti Pierre Moscovici e Jean-Christophe Cambadelis erano responsabili del finanziamento del Partito Socialista e della Fondation Jean-Jaurès dal National Endowment for Democracy, la facciata legale della CIA [3]. Non hanno seguito i suoi numerosi lavori e contratti con i think tank atlantisti, la German Marshall Fund of the United States [4] o il Bilderberg Group [5]. In definitiva, non sanno nulla del suo impegno per l’integrazione della Francia e dell’Europa in un mercato unico transatlantico, dominato dagli Stati Uniti.

I francesi non conoscevano i suoi stretti legami con Israele. Guidava, in seno al Partito Socialista il Circolo Blum, dal nome di un ex primo ministro ebraico. Questa discreta e potente lobby sorveglia, lontano dalla scena politica, tutti coloro che vorrebbero contestare il progetto sionista. Così fa cadere delle teste, come il politologo Pascal Boniface, che ha evidenziato il carattere elettoralmente controproducente del supporto a Tel Aviv, in un paese dove il 10% della popolazione è di cultura araba. DSK non lo nasconde. Afferma senza mezzi termini: “Credo che ogni ebreo della diaspora e della Francia dovrebbe fornire un aiuto a Israele. É perciò importante che gli ebrei si assumano delle responsabilità politiche. Insomma, nelle mie funzioni e nella mia vita quotidiana, attraverso tutte le mie azioni, cerco di apportare la mia modesta pietra all’edificio di Israele“. Strano per qualcuno che è in corsa per la presidenza francese. Poco importa, è così gioviale.

Tuttavia, nulla è stato risparmiato a Dominique Strauss-Khan e a coloro che lo amano: mentre lui è stato posto in custodia cautelare, poi in detenzione, senza aver mai la possibilità di parlare, il Procuratore di New York ha fatto distribuire ai media un atto d’accusa dettagliato.

Vi si legge la descrizione freddamente clinica dei reati imputati: “L’imputato ha tentato di avere, con la forza, sesso orale e anale con una terza persona; l’imputato ha cercato, con la forza, di avere rapporti vaginali con una terza persona, l’imputato ha forzato una terza persona a un contatto sessuale; l’imputato ha rapito una terza persona; l’imputato ha costretto una terza persona al contatto sessuale senza consenso; l’imputato ha intenzionalmente e senza giustificati motivi, toccato i genitali ed altre parti intime di una terza persona, al fine di umiliare la persona e abusare di lei, e al fine di soddisfare i desideri sessuali dell’accusato.

Questi crimini sono stati commessi nelle seguenti circostanze: Il sottoscritto dichiara di essere stato informato da qualcuno conosciuto dall’ufficio del procuratore che l’ha accusato di 1) aver chiuso la porta della stanza e impedito la denunciante di lasciare quella camera, 2) di essersi seduto sul petto della denunciante, senza il suo consenso, 3) ha cercato di rimuovere con la forza i collant di questa persona e di toccarle i genitali con la forza, 4) costretto la bocca della denunciante a toccare il suo pene per due volte, 5) aver commesso questi atti usando la forza fisica.

Tutto questo sventolato per giorni sul telegiornale delle 20:00, con grande dettaglio, sotto gli occhi spalancati di genitori che rientrano dal lavoro, e di fronte a bambini terrorizzati che abbassano il loro naso sul piatto della minestra.

Lo shock culturale

Nessuno sa chi è il più traumatizzato: l’economista brillante che avrebbe salvato l’umanità dalla crisi finanziaria, viene improvvisamente ridotto al rango di criminale infame, o le persone che aspiravano al riposo e stavano pensando a scegliere un leader, e si vedono costrette ad osservare ancora una volta la violenza degli Stati Uniti.

A questo proposito, i francesi sono in cerca di scuse al sistema giuridico anglo-sassone che scoprono. Certo, avevano già visto queste parodie di giustizia nelle serie televisive, ma non hanno mai pensato che ciò fosse vero. E il sistema extragiudiziale, Guantanamo e le prigioni segrete, di cui non hanno mai voluto saperne. Alcuni commentatori hanno tentato di spiegare la durezza della polizia e del primo giudice come il desiderio di trattare allo stesso modo i potenti e i deboli. Eppure, tutti hanno letto le opere di famosi sociologi che dimostrano che in questo sistema iniquo il denaro regna, e la giustizia è di classe.

I francesi, inoltre, hanno accettato acriticamente le critiche anglo-sassoni. Tutto questo è colpa della stampa francese, si poteva leggere, che non ha mai indagato sulla vita sessuale sfrenata di Strauss-Kahn, in nome del rispetto della sua privacy. Tuttavia, continuano i puritani, colui che seduce apertamente le donne, e anche la stampa, a volte sbanda, è un potenziale stupratore. “Chi ruba un uovo, ruba un bue!“. Sulla copertina, Time Magazine presenta DSK e altri come lui, come un maiale. Nessuno ha rilevato che l’imputato era il direttore del FMI a Washington, da 3 anni senza che la stampa anglosassone, che impartisce lezioni, abbia indagato sui suoi presunti vizi occulti.

L’accusa aveva il sospetto aperto, tutti si ricordano, ma un pò tardi, che nel 2002 DSK aveva cercato di abusare di una bella giornalista, Tristane Banon. Quando lei aveva chiesto una intervista, era stata invitata in un appartamento privato, situato nel quartiere storico del Marais, a Parigi. Aveva accolto la giovane donna in un grande loft, privo di mobili ad eccezione di un letto. E siccome questa bellezza non cedeva al libertino, l’aveva picchiata.

Forse a New York, questa violenza aveva travolto l’uomo galante, e l’aveva trasformato in un criminale?

Nulla permette di immaginarlo, tanto più che DSK non è un celibe frustrato. E’ sposato con una star televisiva, Anne Sinclair, che era la giornalista favorita dai francesi, prima di abbandonare il suo lavoro per accompagnarlo nella sua carriera. I francesi l’hanno ritrovata al tribunale, quando Dominique Strauss-Kahn è apparso, ancora più bella e volitiva, nonostante gli anni in più. Nipote di un grande mercante d’arte, ha una fortuna familiare notevole. Senza esitare, è venuta da Parigi per pagare un milione di dollari di cauzione e offrire cinque milioni di dollari in garanzie bancarie aggiuntive. In quel momento, questa donna di denari era pronta a cedere tutto per salvare il marito dalle grinfie laceranti della giustizia degli Stati Uniti. Era tanto più ammirevole. É lei che non si alterava per le sue buffonate, e che amava accompagnarlo alla Chandelle, un club per scambisti parigini.

In ogni nazione degna di questo nome, non si sarebbe sopportato vedere una celebrità che puntava ad essere eletta presidente e incarnare il paese, apparire ammanettata tra i poliziotti dell’FBI e gettata nella parte posteriore di un’auto, come un delinquente, esposta in tribunale senza essersi potuta fare la barba. Probabilmente si sarebbe assediata l’Ambasciata USA, cantando inni patriottici. Non in Francia. Qui si ammirano troppo gli “americani”. Li si contempla come il coniglio è ipnotizzato dal cobra. Ed è difficile ammettere che non si è al centro del mondo, che se c’è complotto, non è nato sulle rive della Senna, ma sulle rive del Potomac.

Il sequestro

DSK è colpevole di stupro o è vittima di un complotto? Basta pensarci per risolvere la questione.

L’imputato avrebbe passato la notte con una ragazza squillo. Avrebbe violentato la cameriera al brunch della mattina, e poi presumibilmente è andato tranquillamente a fare colazione con sua figlia, una studentessa della Columbia University. Infine, avrebbe preso il suo aereo prenotato da alcuni giorni per incontrarsi con la Cancelliera Angela Merkel a Berlino. Era comodamente seduto in uno aereo dell’Air France, quando è stato arrestato, dieci minuti prima del decollo.

Secondo l’equipaggio, gli agenti del Nucleo Vittime Speciali (della serie Law and Order SVU [6]) non hanno chiesto ai loro omologhi dell’aeroporto di procedere all’indagine, ma hanno insistito nel farlo loro stessi, nonostante il rischio di arrivare troppo tardi. Per evitare che DSK fosse preavvertito, hanno chiesto che si disturbassero i telefoni in quella zona dell’aeroporto, il tempo necessario al loro arrivo [7]. Tuttavia, tale interferenza non era responsabilità di una squadra normale. Questa è proprio una questione di sicurezza nazionale.

Quando l’indagato è stato preso in custodia, è stato escluso da qualsiasi contatto esterno se non con i suoi avvocati, come prevede la legge negli Stati Uniti. Ma quando la giudice Melissa Jackson l’ha preso in custodia, è stato nuovamente isolato dall’esterno. Senza motivo. Il fermo era stato spiegato necessario, perché il convenuto poteva fuggire in Francia, con la quale lo Stato di Washington non ha concluso alcun trattato di estradizione, e che ha protetto un altro imputato accusato di stupro, il regista Roman Polanski. Questa decisione non è stata presa per isolare l’imputato e impedirgli di influenzare i testimoni. Ma il giudice ha deciso di farlo rinchiudere a Rikers Island, una delle più grandi prigioni del mondo, con 14.000 detenuti, e uno delle più sordide. Un inferno sulla Terra. “Per la sua protezione“, lo si è poi premiato con una camera singola e tenuto in isolamento.

Insomma, per 10 giorni, l’amministratore delegato del FMI è stato sequestrato. Per 10 giorni, il funzionamento delle istituzioni internazionali è stato bloccato per la mancanza della sua firma. Per 10 giorni, i problemi dell’euro e del dollaro, il crollo della Grecia, e molte altre questioni, sono rimasti in sospeso a causa del capriccio di polizia, giudici e guardie carcerarie.

Secondo la giurisprudenza degli Stati Uniti DSK, che non ha precedenti penali ed è domiciliato a Washington, non avrebbe dovuto essere tenuto in custodia cautelare, ma avrebbe dovuto essergli concessa la libertà. Probabilmente ha rapidamente analizzato la situazione. Attraverso uno dei suoi avvocati, è riuscito a mandare al FMI una lettera di dimissioni. Il giorno dopo, contro ogni previsione, un nuovo giudice ha aderito alla sua richiesta di libertà vigilata. Non era, infatti, più utile tenerlo in custodia poiché il FMI aveva recuperato la sua capacità di agire.

Christine Lagarde, Ministro francese dell’Economia, che ha fatto carriera negli Stati Uniti difendendo gli interessi del complesso militare-industriale [8], punta a succedere all’accusato nella direzione del FMI, nonostante le grida di sdegno di Russia e Cina.

In realtà, il secondo suo avvocato, Benjamin Brafman, non è venuto a vederlo in prigione e non ha partecipato alla seconda udienza. La star dei tribunali di New York si era recata precipitosamente in Israele. Ufficialmente per celebrare una festa religiosa in famiglia [9]. Ma per chiedere il suo onorario tasse, il signor Brafman non ha dovuto accontentarsi di accendere i fuochi del Lag Ba’omer, ma ha dovuto negoziare con il suo cliente.

Il progetto Zhou

Perché schierare dei mezzi hollywoodiani per bloccare il FMI per 10 giorni? Due risposte sono possibili, e possono essere collegate.

In primo luogo, il 29 marzo 2009, il governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan ha sfidato il predominio del dollaro come valuta di riserva. Deplorando che il progetto dell’economista John Maynard Keynes, di creare una moneta internazionale (il Bancor) non sia stato raggiunto alla fine della seconda guerra mondiale, ha proposto di utilizzare i Diritti Speciali di Prelievo del FMI per giocare questo ruolo [10].

Cedendo alle pressioni, gli Stati Uniti accettano la triplicazione delle risorse del FMI e il rilascio, da parte del FMI, dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del valore di 250 miliardi dollari, nel corso del vertice del G20 a Londra, del 2 aprile 2009. Hanno anche accettato il principio di un Consiglio di Stabilità Finanziaria, cui saranno associati i grandi stati emergenti.

Questa idea è stata discussa al vertice del G8 a L’Aquila (Italia), l’8 luglio 2009. Spingendo il pedone più lontano, la Russia propose di non accontentarsi di una moneta virtuale, ma di stamparla. Dmitrij Medevedev, che aveva fatto coniare simbolicamente prototipi di questa moneta, ne mise alcune sul tavolo. Da un lato c’erano i volti degli otto capi di Stato e dall’altra la valuta, recava la scritta in inglese “Unity in Diversity” [11].

Il progetto è presentato agli esperti della Divisione Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. Il loro rapporto, a cui partecipò il professor Vladimir Popov della New Economic School di Mosca, è studiato il 25 aprile 2010 in una riunione congiunta del FMI e della Banca mondiale [12].

Il processo avrebbe dovuto concludersi oggi, 26 maggio 2011, in occasione del vertice G8 di Deauville (Francia). Il dollaro ha cessato di essere la moneta di riferimento sullo sfondo dell’insolvenza del governo federale degli Stati Uniti. Washington avrebbe rinunciato al finanziamento della sua superpotenza militare con il debito, per perseguire la propria ristrutturazione interna.

Il granello di sabbia

Purtroppo, durante gli ultimi mesi di questo processo, le iniziative politiche e militari hanno sconvolto questo piano. Alcuni stati, tra cui Russia e Cina, sono stati truffati. L’arresto di DSK dimostra che Washington ha agito in mala fede e che le sue concessioni miravano a guadagnare tempo.

Anche se i dettagli esatti dell’idea progettata da Dominique Strauss-Kahn di creare questa nuova valuta di riserva sostenuta dai Diritti Speciali di Prelievo del FMI sono segreti, sembra che la Libia stesse giocando un ruolo chiave: a titolo esperimentale, la Banca Centrale della Libia era la prima a decidere di basare la propria valuta, il dinaro, sull’oro e poi sul DSP. La cosa è tanto più importante poiché la Libia ha un fondo sovrano tra i più dotati del mondo (è anche un po’ più ricco di quello della Russia).

Tuttavia, entrando in guerra contro la Libia, Francia e Regno Unito hanno congelato teoricamente i beni non solo della famiglia Gheddafi, ma dello Stato libico. Peggio, Parigi e Londra hanno inviato dei dirigenti della banca HSBC a Bengasi, per creare una Banca Centrale dei ribelli della Libia e tentare di sequestrare dei beni nazionali [13]. Senza che si sappia se Nicolas Sarkozy e David Cameron si siano lasciati rapire dal loro potere o abbiano agito su istruzioni dei loro mandanti a Washington, il fragile edificio progettato da Dominique Strauss-Kahn è crollato.

Secondo i nostri contatti a Tripoli, al momento del suo arresto, DSK stava partendo per Berlino per trovare una soluzione con la Cancelliera Angela Merkel. Doveva poi partire con un emissario della Merkel per negoziare con i rappresentanti del colonnello Gheddafi, e forse con lui direttamente. La firma del leader libico era necessaria per sbloccare la situazione.

Vi è ora una guerra finanziaria di proporzioni senza precedenti: mentre la situazione economica degli Stati Uniti vacilla e il dollaro potrebbe facilmente diventare carta straccia, l’accordo approvato al G8 e al G20, attuato dal FMI in coordinamento con la Banca mondiale e la comunità bancaria internazionale di cui DSK era il campione, è sospeso. Il predominio del dollaro è intatto anche se più artificiale che mai; questo dollaro che gli stati emergenti volevano relativizzare, ma su cui il complesso militare-industriale israelo-statunitense consolida il proprio potere.

In questo contesto chi è un uomo d’onore?

di Thierry Meyssan


*Thierry Meyssan. Intellettuale francese, fondatore e presidente del Réseau Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica analisi di politica estera nella stampa araba, latinoamericana e russa. Ultimo libro in francese: L’Effroyable imposture: Tome 2, Manipulations et désinformations (éd. JP Bertand, 2007)

30 maggio 2011

L'arresto di Dominique Strauss-Kahn segna una svolta strategica cruciale

L'arresto del capo del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn il 15 maggio a New York ha portato all'arresto di tutti i salvataggi bancari a livello internazionale. Il "clean job" nei confronti di Strauss-Kahn, che era in preparazione da qualche tempo, mirava esattamente a questo tipo di effetto. "Quale sarà il risultato di questo effetto non è certo, ma l'effetto non potrà essere evitato", ha commentato Lyndon LaRouche in una discussione coi suoi collaboratori il 21 maggio.

"L'intero sistema crollerà in uno dei due modi. Il primo, più improbabile, è che i sostenitori di Obama, Geithner e Bernanke sopravvivranno, nel qual caso scoppierà l'inferno; il secondo è che non sopravvivranno, e qui la situazione diventa più interessante. Quanto è accaduto a Strauss-Kahn è assolutamente una parte cruciale del punto di svolta che è stato raggiunto nelle ultime due settimane".

Ci sono solo due opzioni, ha sottolineato LaRouche: o crolla il sistema speculativo internazionale, o crolla l'economia mondiale. DSK, come Strauss-Kahn veniva chiamato dagli amici, non era soltanto una figura chiave nel salvataggio dell'euro come parte del sistema transatlantico (quindi delle banche), ma il progetto era che diventasse l'"Imperatore del Mediterraneo". Il suo arresto ha cambiato le carte in tavola. La banda del buco, o cricca dei salvataggi folli - soprattutto gli amici di DSK Tim Geithner e Ben Bernanke - è ora allo sbando.

Ci sono almeno due gruppi in Europa che temono giustamente che il prossimo giro di salvataggi getti il mondo in un'ondata iperinflazionistica incontrollata. Uno, in Germania, agisce visibilmente tramite l'insistenza del governo tedesco sulla ristrutturazione del debito della Grecia. Una storia che circola in questi giorni su internet è che già al primo salvataggio, il capo del fondo tedesco di salvataggio bancario Jochen Sanio espresse la propria opposizione ad altri salvataggi parlando ad una Commissione del Bundestag, il Parlamento tedesco. Quando gli chiesero come mai, rispose: "Perché i contribuenti ci impiccherebbero!" L'altro gruppo sta emergendo visibilmente in Gran Bretagna, con la discussione sulla questione del "too big to fail" e l'attacco allo snodo Blair-Windsor.

Anche negli Stati Uniti alcuni ambienti influenti si oppongono all'economia iperinflazionistica da bisca, come si vede dall'intervento del sistema giudiziario di New York contro Strauss-Kahn. Inoltre, il Procuratore di New York Eric Schneidermann ha aperto un'inchiesta per frode su cinque grandi banche di Wall Street per le loro attività sul mercato immobiliare secondario (MBS). Si indagherà su Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America ed altre ai sensi della legge del 1921 "New York State Martin Act", per reati documentati ampiamente nei rapporti Angelides e Levin.

Nel frattempo, il processo dei salvataggi nell'Eurozona è congelato. I funzionari dell'UE riuniti attorno alla sedia vuota di DSK sono incapaci di arrivare ad un accordo su un pacchetto per la Grecia. Il sessualmente esuberante DSK garantiva infatti che il FMI, che include Stati Uniti, Russia e i paesi in via di sviluppo, avrebbe continuato a svolgere un ruolo chiave nei salvataggi. Ora il presidente dell'UE Van Rompuy si è lamentato che "sentiamo la mancanza di leadership nel risolvere la crisi greca", ed ha chiesto che DSK venga sostituito al più presto, preferibilmente da un europeo, per garantire la continuazione dei salvataggi. Tuttavia, Messico, Turchia, Cina ed altre nazioni asiatiche hanno proposto i loro candidati, e quindi non sarà facile per l'UE imporsi ancora una volta. Perlomeno, si perde del tempo prezioso e mai come stavolta, "time is money".

Infatti, la troika FMI-BCE-UE ha sospeso le proprie missioni ad Atene, annunciando che tutto è sospeso fino a quando il governo non farà concessioni sul programma di privatizzazioni, che la popolazione greca considera un altro stupro da parte di Strauss-Kahn. E se Atene piange, Dublino non ride. È stata rinviata l'emissione di un bond da 5 miliardi da parte del cosiddetto fondo salva-stati EFSF perché gli irlandesi si rifiutano di accettare le esorbitanti condizioni per ottenere il credito. In altre parole, si è arrestato l'intero meccanismo di salvataggio e con questo l'intero mercato speculativo rischia un crollo a catena.

by Movisol

29 maggio 2011

I quattro cavalieri delle banche globali








Se vuoi sapere dov'è il vero centro del potere mondiale, segui i quattrini e dove vanno a finire. Secondo la rivista Global Finance, nel 2010 le cinque più grandi banche del pianeta sono tutte nei feudi dei Rothschild, in Regno Unito e in Francia. Sono la francese BNP (3 trilioni di asset), Royal Bank of Scotland (2,7 trilioni), la britannica HSBC Holdings (2,4 trilioni), la francese Credit Agricole (2,2 trilioni) e la British Barclays (2,2 trilioni). Negli Stati Uniti l’incontro della deregolamentazione con la mania delle fusioni ha lasciato sul terreno quattro mega-banche che dettano legge su tutto. Sempre secondo il Global Finance, nel 2010 erano Bank of America (2,2 trilioni di dollari), JP Morgan Chase (2 trilioni), Citigroup (1,9 trilioni) e Wells Fargo (1,25 trilioni). Le ho nominate i Quattro Cavalieri del Sistema Bancario degli Stati Uniti.

Il consolidamento del potere monetario degli Stati Uniti

Il matrimonio del settembre del 2000 che ha portato alla creazione di JP Morgan Chase è stato la più grande fusione nella pletora di consolidamenti bancari che ha avuto luogo negli anni ’90. La mania delle fusioni è stata stimolata da una massiccia deregolamentazione dell’industria bancaria, che ha visto la revoca del Glass Steagal Act del 1933, indetto durante la Grande Depressione per mettere il freno ai monopoli bancari che causarono lo shock del ’29, che provocarono quella crisi.

Nel luglio del 1929 Goldman Sachs lanciò due fondi d’investimento chiamati Shenandoah e Blue Ridge. Tra l’agosto e settembre, da grandi imbonitori, riuscendo a vendere azioni del valore di centinaia di milioni di dollari con la Goldman Sachs Trading Corporation a 104 dollari per azione. Gli insider di Goldman Sachs, nel frattempo, stavano abbandonando il mercato azionario. Nell’inverno del 1934 le azioni valevano 1 dollaro e 75. Il direttore sia di Shenandoah che di Blue Ridge era l’avvocato di Sullivan & Cromwell, John Foster Dulles [1].

John Merrill, fondatore of Merrill Lynch, uscì dal mercato azionario nel 1928, così come gli insider di Lehman Brothers. Il direttore di Chase Manhattan, Alfred Wiggin, dette ancora ascolto al suo “intuito” formando la Shermar Corporation nel 1929 per cedere le azioni della propria compagnia. Dopo la crisi del ’29, il presidente di Citibank, Charles Mitchell, fu imprigionato per evasione fiscale [2].

Nel febbraio del 1995 il presidente Bill Clinton annunciò un piano per smantellare sia il Glass Steagal Act che il Bank Holding Company Act del 1956, che vietavano alle banche di possedere compagnie di assicurazione e altre istituzioni finanziarie. Quel giorno Barings, un vecchio mercante di oppio e di schiavi, andò in rovina quando uno dei suoi trader di Singapore, Nicholas Gleason, si trovò dalla parte sbagliata del commercio dei milioni di dollari in derivative currency [3].

L’avvertimento rimase inascoltato. Nel 1991 i contribuenti statunitensi, già depredati di più di 500 miliardi di dollari per il saccheggio realizzato da S&L, furono vessati da altri 70 miliardi di dollari per il bailout del FDIC, gli fu poi presentato il conto per il salvataggio segreto - che già durava da due anni e mezzo - di Citibank, vicina al collasso dopo l’ondata degli effetti dovuti alla contrazione del debito dell’America Latina. Con il conto già pagato dai contribuenti degli Stati Uniti e la deregulation portata a compimento, il passo successivo fu un turbinio di fusioni bancarie come non se ne erano mai viste prima.

Il Sottosegretario al Tesoro sotto la presidenza Reagan, George Gould, affermò che la concentrazione delle banche in cinque/dieci giganti era quello di cui l’economia degli Stati Uniti aveva bisogno. La previsione da incubo di Gould stava per avverarsi.

Nel 1992 Bank of America rilevò il suo più forte rivale nella West Coast, la Security Pacific, poi fagocitò la depredata Continental Bank of Illinois per pochi soldi. Bank of America acquisì il 34% di Black Rock (Barclays ne possedeva il 20 per cento) e l’11 per cento della China Construction Bank, diventando la seconda banca con asset pari a 214 miliardi di dollari. Citibank aveva il controllo di 249 miliardi di dollari [4].

A quel punto le due banche avevano incrementato i loro asset fino al valore di 2 milioni di dollari a testa.

Nel 1993 Chemical Bank ha inghiottito Texas Commerce per diventare la terza istituzione bancaria con 170 miliardi di asset. Chemical Bank si era già fusa con Manufacturers Hanover Trust nel 1990.

North Carolina National Bank e C&S Sovran si erano consolidate nella Nation’s Bank, la quarta istituzione bancaria degli Stati Uniti, con 169 miliardi di dollari di dote. Fleet Norstar rilevò Bank of New England, mentre Norwest acquistò le quote di United Banks of Colorado.

In tutto questo periodo i profitti bancari negli Stati Uniti erano in forte incremento, sempre più alti ogni quadrimestre. Il 1995 ha battuto tutti i record di concentrazione bancaria. Quell’anno si sono realizzate trattative per un totale di 389 miliardi di dollari [5].

Le cinque grandi banche d’investimento, che avevano già fatto carrettate di soldi pilotando le negoziazioni sul debito dell'America Latina, ora potevano sbancare il lotto con la mania delle fusioni industriali e bancarie degli anni '80 e '90.

Secondo Standard & Poors le prime cinque banche d’investimento erano Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley Dean Witter, Salomon Smith Barney e Lehman Brothers. Una trattativa realizzata nel 1995 fu la proposta di fusione tra la più grande banca d'investimento londinese, S. G. Warburg, e Morgan Stanley Dean Witter. Warburg scelse invece come partner Union Bank of Switzerland, creando la sesta forza nel settore delle banche d'investimento, UBS Warburg.

Dopo il parossismo del 1995, le banche più importanti si sono mosse in modo aggressivo verso il Medio Oriente, fissando il centro delle operazioni a Tel Aviv, a Beirut e in Bahrein, dove si era insediata la Quinta Flotta degli Stati Uniti. Le privatizzazioni bancarie in Egitto, Marocco, Tunisia e in Israele hanno aperto la porta alle mega-banche. Chase e Citibank prestarono denaro a Royal Dutch/Shell e alla saudita Petrochemical, mentre JP Morgan faceva le consulenze al consorzio Qatargas guidato da Exxon Mobil [6].

L’industria globale delle assicurazioni ha dovuto anche lei affrontare la mania delle fusioni. Nel 1995 Traveler’s Group ha acquisito Aetna, Warren Buffet’s Berkshire Hathaway si è mangiata Geico, Zurich Insurance si è ringalluzzita con Kemper Corporation, CNA Financial ha acquistato Continental Companies e General RE Corporation ha affondato i suoi molari su Colonia Konzern AG.

Alla fine del 1998 il colosso Citibank si fuse con Travelers Group per diventare Citigroup, creando un gigante del valore di 700 miliardi di dollari con 163.000 impiegati in oltre 100 paesi che aveva al suo interno Salomon Smith Barney una joint venture con Morgan Stanley), Commercial Credit, Primerica Financial Services, Shearson Lehman, Barclays America, Aetna e Security Pacific Financial [7].

Lo stesso anno Bankers Trust e la banca d'investimento statunitense Alex Brown furono arraffate da Deutsche Bank, che aveva già rilevato la londinese Morgan Grenfell & Co. Nel 1989 Deutsche Bank era diventata la banca più grande al mondo con asset del valore di 882 miliardi di dollari. Nel gennaio del 2002 i titani giapponesi Mitsubishi e Sumitomo si sono accordati per formare Mitsubishi Sumitomo Bank, che sopravanzò Deutsche Bank con un asset di 905 miliardi di dollari [8].

Nel 2004 HSBC era diventata la seconda banca più grande al mondo. Sei anni più tardi i tre giganti furono eclissati sia da BNP che da Royal Bank of Scotland.

Negli Stati Uniti l’incubo di George Gould ha raggiunto il suo apice proprio in tempo per l’inizio del millennio quando Chase Manhattan ha fagocitato Chemical Bank. I Bechtel di Wells Fargo acquisirono Norwest Bank, mentre Bank of America assorbì Nations Bank. Il colpo di grazia fu dato quando la riunificata House of Morgan annunciò che si sarebbe fusa con l’apparato dei Rockefeller Chase Manhattan/Chemical Bank/ Manufacturers Hanover.

Quattro giganti bancari sono riusciti a dettare legge nella finanza degli Stati Uniti. JP Morgan Chase e Citigroup erano i sovrani del capitale della East Coast. Insieme avevano il controllo del 52,86% della Federal Reserve Bank di New York [9]. Bank of America e Wells Fargo erano i sovrani della West Coast.

Nel corso della crisi bancaria del 2008 queste compagnie si sono sempre più ingrandite, riuscendo a ottenere circa un trilione di aiuti governativi dal Segretario del Tesoro e allievo di Goldman Sachs, Henry Paulsen, mentre, nel frattempo, si impadronivano di patrimoni in sofferenza in cambio di spiccioli.

Barclays rilevò Lehman Brothers. JP Morgan Chase si prese Washington Mutual e Bear Stearns. Bank of America ha rilevato Merrill Lynch e Countrywide. Wells Fargo si è ingoiata la quinta banca del paese, Wachovia.

Le stesse banche controllate dalle Otto Famiglie che per decenni hanno portato al galoppo i Quattro Cavalieri a pesticciare il petrolio nei giacimenti del Golfo Persico sono ora più potenti che mai. Sono i Quattro Cavalieri del Sistema Bancario degli Stati Uniti.
di Dean Henderson

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[1] The Great Crash of 1929. John Kenneth Galbraith. Houghton, Mifflin Company. Boston. 1979. p.148

[2] Ibid

[3] Evening Edition. National Public Radio. 2-27-95

[4] “Bank of America will Purchase Chicago Bank”. The Register-Guard. Eugene, OR. 1-29-94

[5] “Big-time Bankers Profit from M&A Fever”. Knight-Ridder News Service. 12-30-95

[6] “US Banks find New Opportunities in the Middle East”. Amy Dockser Marcus. Wall Street Journal. 10-12-95

[7] “Making a Money Machine”. Daniel Kadlec. Time. 4-20-98. p.44

[8] BBC World News. 1-20-02

[9] Rule by Secrecy: The Hidden History that Connects the Trilateral Commission, the Freemasons and the Great Pyramids”. Jim Marrs. HarperCollins Publishers. New York. 2000. p.74
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Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24967

28 maggio 2011

Chiudere la "bad bank" dell'UE

I popoli di Grecia, Irlanda e Portogallo non saranno stati colti di sorpresa dal fatto che qualcuno che aveva mostrato la propria bancarotta morale ordinando lo stupro di intere nazioni sia stato arrestato per tentata violenza carnale su una cameriera in una suite d'hotel a 3.000 dollari a notte. I leaders dell'Unione Europea, sedendosi al tavolo della conferenza di Bruxelles questa settimana, hanno sicuramente contemplato la "sedia vuota" del direttore del FMI Dominique Strauss-Kahn, deliberando in segreto sul cupo futuro dell'Eurozona.

Resta da vedere se l'imbarazzante vicenda di Strauss-Kahn ritarderà o bloccherà il crimine perpetrato dalla Giunta composta dalla Commissione Europea, dalla BCE e dal FMI. In un gesto di sacrificio inutile, Atene ha accettato di mettere all'asta i gioielli della corona, e cioè le telecomunicazioni e gli acquedotti, per poter ottenere un prestito aggiuntivo di 30 miliardi. Il fatto è che questi soldi potrebbero rimandare, ma non evitare l'insolvenza. La questione non è nemmeno quando ci sarà l'insolvenza greca, ma quando crollerà l'intero edificio della "bad bank" europea, la BCE.

La definizione di Wikipedia per Bad Bank è "un istituto finanziario creato per rilevare attivi non esigibili in mano a una banca garantita dallo stato". Questa definizione si applica perfettamente all'Eurozona. Alla fine dello scorso anno, la BCE aveva accettato 2010 miliardi di euro di collaterale dalle banche; di questo, il 25% (500 miliardi) sono cartolarizzazioni ABS, invendibili. Un altro 21% è costituito da obbligazioni bancarie non garantite, mentre il 18% sono attivi non negoziabili, e cioè sofferenze bancarie. Last but not least, i titoli di stato rappresentano il 13%.

Complessivamente, la BCE detiene 66 miliardi di debito greco. Il FMI e altri governi europei ne detengono 36 miliardi, mentre le stesse banche greche detengono 91 miliardi. Esse li hanno usato come collaterale per ottenere liquidità dalla BCE, tanto che la BCE è esposta per un valore nozionale di 200 miliardi di euro in crediti verso le banche di Atene.

Nel caso di una ristrutturazione del debito con "sfumatura", i perdenti non sono solo le banche creditrici francesi, inglesi e tedesche, ma la stessa BCE.

La BCE non ha ascritto questo debito in bilancio, altrimenti avrebbe dovuto già dichiarare insolvenza, dato che il capitale è solo di 5 miliardi (solo all'inizio dell'anno raddoppiato). Invece, ha spalmato il rischio sui bilanci di tutte le banche centrali dell'Eurosistema. Così, TUTTI i paesi membri della BCE sono esposti, attraverso le banche centrali, al debito-spazzatura della Grecia e altri simili. L'intera UE è diventata una bad bank.

by Movisol

26 maggio 2011

La bomba dei derivati può ancora esplodere

Le grandi lobby bancarie internazionali sono tornate alla carica per far sbloccare i derivati finanziari degli enti locali.
Dopo che gli swap e gli altri contratti derivati avevano sconvolto i bilanci di molti comuni e regioni italiani con perdite disastrose, nel 2008 l'allora governo ne impose il blocco. Senza autorizzazione governativa nessun ente locale era autorizzato a sottoscrivere tali contratti.
Erano intervenuti anche la Corte dei Conti, la Consob, la Banca d'Italia. Al Senato vi fu un ampio dibattito e furono evidenziati i rischi ma anche le pesanti situazioni determinatesi nei conti di diverse piccole e medie imprese oltre che degli enti locali.
A fine 2010 i debiti totali degli enti locali ammontavano a 111 miliardi di euro di cui 35 miliardi in derivati. Alcuni di questi contratti si trascineranno fino al 2050 con costi ingenti e crescenti per tante generazioni di cittadini.
Secondo i bollettini della Banca d'Italia, a fine giugno 2010 i derivati degli enti locali avevano un mark to market negativo, significando che nell'ipotesi di chiusura di tutti i contratti alla data di rilevazione esso sarebbe un costo aggiuntivo di oltre 1 miliardo di euro.
Da recenti elaborazioni fatte sui dati forniti da Eurostat, nel periodo 2007-10 le amministrazioni pubbliche italiane hanno dovuto sostenere oltre 4 miliardi di euro di maggiori interessi sul debito a seguito degli andamenti dei loro contratti derivati in essere. Essi sono soprattutto operazioni miranti ad allungare la durata del debito sovrano e alla «protezione» dalle eventuali improvvise oscillazioni sui tassi di interesse. La citata spesa addizionale in parte è dovuta proprio alla performance dei derivati degli enti locali.
Al Ministero dell'economia da un po' di tempo circolano le bozze di un nuovo regolamento in materia di derivati che, oltre alle ovvie esigenze di trasparenza e di chiarezza nelle informazioni contenute nei contratti, dovrebbe ridurre il rischio per gli enti locali.
Finora l'approccio chiamato «risk-based» suggerito dalla Consob terrebbe conto degli scenari di rendimento, del grado di rischio e dell'orizzonte temporale. Si tratta di simulazioni di calcolo probabilistico dei rendimenti di un prodotto finanziario. Ciò dovrebbe consentire di verificare i reali costi del derivato rispetto a quelli di un'ordinaria operazione finanziaria. Per vedere se la posizione finale dell'ente locale sarebbe migliore con o senza il derivato. Ciò renderebbe forse più difficile almeno l'introduzione di costi occulti.
Purtroppo c'è anche una proposta dell'Abi che, anche sotto la spinta dei grandi gestori internazionali dei mercati dei derivati, vorrebbe introdurre l'approccio del «what-if» basato su un modello matematico costruito su una serie di innumerevoli equazioni e di variabili per studiarne gli effetti. È un approccio che aumenta l'incomprensibilità dell'operazione che porterebbe comunque alla sottoscrizione del derivato.
Trattasi di metodi matematici che non prendono in considerazione possibili rischi sistemici, ma semplicemente delle variabili considerate.
Noi riteniamo che si dovrebbe invece privilegiare i principi consolidati della buona amministrazione della cosa pubblica. Gli approcci sopramenzionati, anche se apparentemente meno opachi del passato, si basano comunque su delle aspettative probabilistiche di «giochi» e comportamenti della finanza.
È grave inoltre che si ignori del tutto la richiesta dell'Anci di individuare un giusto percorso per estinguere i vecchi derivati oggetto di molti contenziosi. In alcuni casi, a seguito di denunce per frode presentate in tribunale da alcuni comuni, si è arrivati anche al sequestro preventivo di beni per centinaia di milioni di euro nei confronti delle grandi banche coinvolte.
Ovviamente la controffensiva legale del sistema bancario a livello internazionale, con effetti anche in Italia, non si è fatta attendere. La JP Morgan, la Bank of America e altre banche hanno denunciato presso l'Alta Corte di Londra per inadempienza del contratto derivato alcune controparti quali le regioni del Lazio, della Toscana, del Piemonte.
Si sottolinea che quasi sempre il tribunale di competenza era ed è fuori dai nostri confini. È evidente il ritorno di fiamma della grande speculazione e dei derivati finanziari. Sarebbe da irresponsabili riportare gli enti locali ai tavoli verdi del gioco d'azzardo. Perciò il regolamento in elaborazione non può assecondare i desiderata delle grandi banche ma i bisogni di stabilità e di servizi publici della collettività.
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

23 maggio 2011

Il decadentismo politico: D'annunzio e Berlusconi


Il termine Decadentismo deriva dalla parola francese décadent, che ha due significati il primo quello negativo che era riferito a giovani poeti che davano scandalo,dopo invece un simbolo di un nuovo modo di pensare. E si riferisce alla rivista creata dai decadenti chiamata così provocatoriamente.
In Italia si è soliti individuare due periodi distinti di decadentismo: il primo, di cui facevano parte D'Annunzio e Pascoli, ancora caratterizzato dalla necessità di costruire miti decadenti. Al contrario nel secondo, di cui occorre ricordare in particolare Pirandello e Svevo, la coscienza della crisi è ormai acquisita e la realtà viene sottoposta ad una critica molto lucida e distruttiva. Il termine "Decadente" fu, in origine usato in senso dispregiativo, per indicare giovani poeti che vivevano fuori dalle norme comuni, considerati appunto simboli di una "decadenza sociale" che disprezzava il progresso e la fede nella scienza del positivismo. Più tardi passò a designare la dilagante "decadenza" della società materialista di fine secolo, orientata verso l'esaltazione delle conquiste tecnologiche e alla quale gli intellettuali si sentivano estranei. Essi, infatti, si considerano decadenti, con un atteggiamento di superiorità spirituale, in quanto inclini a cogliere i segni della raffinatezza e dell'eleganza intellettuale delle epoche e periodi di "decadenza".Il Decadentismo è caratterizzato da una nuova tipologia di poeta: esso non è più il vate che guidava il popolo del Romanticismo, né il promotore della scienza come nell'Illuminismo o cantore della bellezza nel Rinascimento. Diventa così veggente, cioè colui che vede e sente mondi arcani ed invisibili in cui si chiude scoprendo «l'universale corrispondenza e analogia delle cose [...] E in tal modo il Dio perduto vive come una memoria e un desiderio» Il poeta è così un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non si usa più per descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni. Da qui la grande importanza della poesia come mezzo per esprimere il proprio intimo. Caratteristica generale è quindi un forte senso d'individualismo e soggettivismo. Per la sua oscurità l'argomento della poesia sfugge alla comprensione del lettore che può interpretarla in modi differenti.Il superomismo è l'atteggiarsi a superuomo (definito anche Oltreuomo), ossia ad uomo capace di andare oltre e superare i propri limiti. Il pensiero superomistico è punto saliente della filosofia di Nietzsche. I sentimenti e le volontà del superuomo devono prevalere sulle masse, in modo da potersi elevare sopra le masse. Gabriele D'Annunzio fu uno dei principali sostenitori di questa filosofia.Le dottrine politiche nazionaliste (ad esempio il fascismo ed il nazismo), prendono ad esempio il concetto di superuomo, distorcendolo ed adattandolo, in modo da giustificare discriminazioni razziali. " citazione di Wikipedia"

Basta rileggere sostituendo alle parole poeta con selfmademan (persone fatte da sè) e letteratura con politica e otterrete una chiave di lettura molto ampia.

Mentre sta iniziando nei vari studi televisi il nuovo mantra "Il berlusconismo è finito" la controparte sta dando i colpi di coda con il suo potere di interessi. Adesso, tutti si guardano intorno cercando nuovi padrini pronti a proteggere le spalle dei vari saltibanchi della politica e dell'informazione. Manager, giornalisti, commentatori stanno cercando di manipolare diverse situazioni ma, la sensibilità è in coma profondo. L'anestesizzazione del potere ha prodotto delle ferite profonde anestesizzate dal rumore dei soldi.

C'è una parte che lega i due maggiori esponenti del mio decadentismo D'Annunzio e Berlusconi, il primo ritiratosi in vita privata per dedicarsi a cultura e perversioni scandalose per quell'epoca. Chiuso nel suo Vittoriale, amanti, belle e giovani segnavano un andirivieni nel vittoriale del piccolo e vecchio vate.

Di Berlusconi le cronache hanno vivisezionato le sue debolezze per non usare altri termini. La differenza è che il secondo è il nostro maggior esponente di Governo. Non può raccontare bugie oppure fare una legge per legalizzare o prescrivere un reato. Si chiama conflitto di interessi che neanche D'annunzio nella sua acuta intelligenza avrebbe voluto per il bene dell'Italia. Patriota e soldato. In questo patetico momento la promessa di tutto a tutti rivela una stanchezza ed una debolezza fastidiosa. Il punto è questo, questa democrazia vive sulle sue debolezze. Ti possiamo ricattare quindi prometti di fare questo. Possiamo chiamare questo la democrazia degli scambi o la democrazia delle promesse mancate. Solo lui, può cessare a questo martirio incessante. La storia quanto scriverà di buono su Berlusconi alla guida del Governo. A questo punto dipende solo da lui.





22 maggio 2011

Sesso, potere e giustizia a stelle e strisce



E alla fine Osama bin Laden non sarà il protagonista principale nel processo del secolo; per un gioco del destino, quel ruolo verrà interpretato da Dominique Strauss-Khan (DSK), il direttore plenipotenziario del Fondo Monetario Internazionale (FMI), che sta languendo nella prigione di Rikers Island a New York.

Il fatto che l’uomo indicato da questo acronimo abbia già fatto un provino, suo malgrado, al Dipartimento di Polizia di New York, che sia stato portato via all’ultimo momento dalla sua cabina di prima classe di un volo transatlantico, e poi lo schieramento delle forze di polizia per far sfilare il colpevole, tutto questo lo rende lo scandalo sociopolitico definitivo.

Scendendo al livello dei peggiori tabloid newyorchesi, è difficile sfuggire dalla brillante metafora che vede il FMI – che si porta dietro la nomea di essere solo capace di fottere la povera gente - che applica alla lettera un aggiustamento strutturale in una suite di un albergo a Manhattan nei confronti di una vedova taciturna, immigrante musulmana dall’Africa, che vive nel Bronx con la sua figlia adolescente. La condotta senza pietà dei media doveva essere stupefacente quanto l'evento in sé.

A parte tutto, DSK è più fortunato del leader libico, il colonnello Muammar Gheddafi, perché dovrà presentarsi di fronte a una giuria di New York e non davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia. Al contrario di Gheddafi, DSK - almeno in teoria – è innocente fino alla sentenza definitiva, anche se è già stato condannato dalla stampa scandalistica.

Molto meno pubblicizzate, ci sono comunque state delle teste pensanti che hanno evidenziato che gli imbroglioni di Wall Street che hanno truffato la gente comune per somme pari a trilioni di dollari, che i dirigenti della BP hanno distrutto il Golfo del Messico e, a ben dire, l’amministrazione di George W Bush che ha mandato al fallimento gli Stati Uniti scatenando un conflitto che ha ucciso più di un milioni di civili iracheni non sfileranno mai in manette davanti alle macchine fotografiche.

Questo è poco ma sicuro: per quanto concerne la "giustizia a stelle e strisce ", la possibilità di vedere l’amministrazione Bush o gli irresponsabili di Goldman Sachs in manette è uguale a zero.

Urlare dalla soddisfazione

Seguire in dettaglio l’isteria dei media su entrambe le sponde dell’Atlantico è stato più affascinante di un viaggio su Marte. In Francia era oramai certo che DSK sarebbe diventato il nuovo presidente nelle elezioni del 2012, con la sconfitta del floscio neo-Napoleonico liberatore della Libia, Nicolas Sarkozy. DSK – lo strumento del cambiamento dei poteri finanziari che rimangono dietro al trono - doveva annunciare la sua candidatura in questo mese.

La vulgata dei media mainstream francesi – sempre servizievoli con Sarkozy e i suoi tirapiedi – è quella secondo cui gli Americani - e in questo si confermano tutti gli stereotipi che abbiamo contro i francesi - hanno umiliato la loro nazione facendo sfilare DSK in manette in una perp walk(illegale in Francia) e rifiutandosi di concedere il rilascio dietro la cauzione di un milione di dollari.

La giustizia americana, sulla falsa di riga di Law and Order, è stata trascinata nel fango tanto quanto il puritanismo americano. Nel frattempo, le teorie cospirazioniste si sono moltiplicate tra i catatonici simpatizzanti del Partito Socialista francese.

Di sicuro la maggior parte dei francesi si è fatto un’idea che la cameriera della Guinea che lavorava al Sofitel non era una Mata Hari. Ma forse poteva essere un’agente della CIA. E poi c’è stato l’assillante cinguettio (ndt: allusione a Twitter) – amplificato dai lacché di Sarkozy – che hanno annunciato l’arresto di DSK ancor prima che la polizia di New York facesse ancora la sua comparsa: uno scoop mondiale. Almeno il 57% degli elettori francesi e il 70% dei socialisti crede che DSK sia stato incastrato.

Cui bono, se ci fosse stata una cospirazione? Certamente Sarkozy, la sua campagna per la rielezione a Presidente della Repubblica e le sue relazioni con gli ultra-conservatori negli Stati Uniti; i neofascisti del Fronte Nazionale, la cui candidata, l’efficiente Marine Le Pen, ha una grossa possibilità di arrivare al secondo turno nel 2012; e gli squali della finanza globale che non erano contenti dell’atteggiamento possibilista del FMI sotto DSK.

L’ultracarismatico DSK è un socialista che incarna un soave Moet & Chandon. Se fosse una banca, DSK sarebbe nella categoria "too big to fail". Alla fine è crollato, ma non era una banca.

Se fosse stato un politico americano, sarebbe stato come l’ex presidente Bill Clinton, appendice per gridare di gioia inclusa. "Bubba" fu quasi scalzato dal potere supremo grazie a una cricca di puritani rabbiosi solo a causa di un semplice pompino ricevuto alla Casa Bianca. Il giro dei parigini che frequentano le sale da cocktail non riesce a comprendere come il noto sciupafemmine DSK sia stato così idiota da rischiare la presidenza per una cameriera, che malgrado sapesse il francese, era musulmana e africana.
Da qui viene l’ipotesi che sia tutto un equivoco; DSK stava aspettando una escort dei quartieri bene quando l’ignara cameriera è entrata nella fossa dei leoni e ha trovato il leone totalmente su di giri.
Quest’incontro ravvicinato tra il FMI e un’economia sub-sahariana in via di sviluppo non implica che DSK sia un paladino dei poveri o della classe lavoratrice. Ben lontano dall’essere socialista, DSK è stato un fedele compagno dell’élite finanziaria globale e del capitale transfrontaliero. Ma poi c’è stata una bella svolta.

L’aspetto più triste della squallida vicenda è che DSK stava veramente tentando di riformare il FMI per portare quest’ippopotamo autoreferenziale verso una linea più progressista. Era un top manager molto considerato. La sua sostituzione ad interim con John Lipsky, ex vicepresidente di JP Morgan, è evidentemente un passo indietro.

DSK stava cercando di deviare la politica del FMI da quella praticata durante la crisi finanziaria asiatica. Nel 1997 la cattiva ricetta del FMI, ispirata dal Dipartimento del Tesoro USA, fu incredibilmente proficua per i creditori, quasi totalmente distruttiva per le economie della zona, dalla Thailandia all’Indonesia. Anche il Brasile e la Russia ne furono colpiti.

Poi venne il tempo per "mettere in riga" l’Argentina, ma questa andò in default alla fine del 2001. Il FMI fece di tutto per sabotare questo paese, ma l’economia argentina ritornò in carreggiata e la nazione iniziò di nuovo a crescere nel 2002.

I mercati emergenti non ne possono più che il FMI venga sempre diretto da europei. Un francese è stato a capo di quest’istituzione in 26 degli ultimi 33 anni. La ripartizione del potere è di stampo medievale; ci sono 9 direttori europei su 24; il direttore brasiliano rappresenta nove Stati, ma il suo voto pesa solo per il 2,4%; il voto degli USA conta quattro volte di più.

Questi 24 amministratori dovranno scegliere il nuovo capo del FMI. Gli europei hanno già iniziato a sbranarsi tra loro e non vogliono mollare la preda. Ma le prospettive stanno diventando rosee per Kemal Dervis dalla Turchia e per i candidati dall’India e dal Sud Africa.

La Cina è ancora in dubbio se entrare nella lotta. Se la caduta di DSK spalancherà la porta a un leader del FMI che faccia parte di un’economia emergente, questo atto di giustizia, poetico tanto quanto spettacolare, sarà merito di un’immigrante musulmana che viene dall’Africa.

di Pepe Escobar


Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Global_Economy/ME19Dj02.html

21 maggio 2011

Tutti i vizi e i segreti che internet sa di noi


A TRADIMENTO Expedia mi chiede se voglio andare in vacanza con l'ex fidanzata. Non lo dice proprio così, ma mi suggerisce il suo nome per il secondo biglietto d'aereo. Se lo ricorda da un vecchio acquisto, l'impertinente sito di viaggi. Lo stesso fa Amazon per la consegna dei libri. Se li hai fatti spedire a un indirizzo che non frequenti più, lui insiste. Persino il sito delle contravvenzioni del comune di Roma prova a inchiodarti al passato. Vado a controllare una multa e, accanto al verbale, ora hanno messo la foto dell'infrazione. In bianco e nero, sgranata, ma ineluttabile: sono proprio io in sella. Con la compagna di allora. Dio perdona, Internet no. Soprattutto non dimentica niente. Ci conosce meglio di una madre, di un amico, di uno psicanalista. Ed è in grado di mettere insieme così tante tessere di quel mosaico caotico che è la vita da ricostruirlo a un livello di dettaglio impensabile nell'èra Pre-Web. Così ho chiesto alla rete di scrivere la mia biografia, non per il suo trascurabile interesse, ma per quello enorme che a redigerla sia un algoritmo. Utilizzando fonti aperte, informazioni a disposizione di tutti. Avessi interpellato i Servizi segreti avrei ottenuto un ritratto meno vivido. Provare per credere.

Se fai il giornalista, in teoria, sei più esposto di un impiegato del catasto. Ma non è detto, perché l’impiegato potrebbe avere una pirotecnica doppia vita telematica: condividere tutto su Facebook, commentare i blog altrui, affidare a Twitter in tempo reale la propria opinione
sull’universo mondo. Insomma, cose che io non faccio. Perché alla fine i pixel con cui la rete comporrà il nostro ritratto digitale, ad alta o a bassissima risoluzione, siamo noi a fornirglieli. Talvolta in maniera attiva, riempendo questionari, firmando petizioni, e così via. Più spesso in modo passivo, semplicemente navigando, comprando o essendo taggati in foto altrui. Per cominciare, dunque, c’è Google. Il grado zero è l’egosurfing, ovvero controllare ciò che in rete si dice di noi digitando «nome cognome». Nel mio caso escono 102 mila risultati, ma le quotazioni cambiano con i giorni. Ai primi posti una voce di Wikipedia in inglese che fino a qualche tempo fa sosteneva erroneamente che fossi il capo di Repubblica.it (approfitto per scusarmi col titolare). Verso il fondo spunta invece un messaggio che spedii il 27 maggio 1996 a un gruppo di discussione sulla pubblicità online. Per quel che ne sapevo allora era come attaccare un annuncio in una bacheca dell’università. Quel che ho imparato poi è che nessuno l’avrebbe mai rimosso e anzi sarebbe stato imbalsamato a futura memoria. Avessi chiesto istruzioni per confezionare una bomba sarebbe stato lo stesso.

Se poi, come me e altri 170 milioni di persone nel mondo, usate la posta di Gmail, le cose si complicano. Nel senso che tutto quello che scrivete potrà essere usato, pubblicitariamente parlando, contro di voi perché il sistema analizza i testi per accoppiarci pubblicità pertinenti. Dunque se dite a un amico che sarebbe bello trascorrere un finesettimana a Palermo aspettatevi, per dire, annunci su una suite scontata all’hotel Delle Palme. Per vedere come vi hanno etichettato c’è Google Ads Preferences. Di me il software ha capito che sono un maschio e tra gli interessi desunti dal mio comportamento online ci sono cinema, spartiti musicali, giornalismo. E in tv mi piacerebbero «crime stories e legal show» (nego l’addebito). Ma Google è ormai un mondo. Mette a disposizione un programma per scrivere, un calendario, un sistema di notifiche personalizzate e tanto altro. Gratis, o meglio, pagando in moneta di privacy. Lui ti offre un servizio, tu gli affidi la tua vita digitale. Ciò che scrivi, dove vai e quando, quello che ti interessa sapere. Così, seppure in forma anonima, il cyber-leviatano riutilizzerà quella messe di dati per recapitarti l’inserzione giusta. Sono andato a verificare nel Dashboard, la «scatola nera» di tutti i miei rapporti con il motore di ricerca. Ed è come guardarsi l’anima allo specchio. Dal momento che ho attivato anche la Cronologia, ovvero il registro storico di ogni ricerca eseguita, sanno esattamente cosa ho visto in questi anni. Il resoconto inizia alle 18.16 del 22 maggio 2007 e le parole chiave, credeteci o no, erano «nietzsche memoria troppo buona» (magari mi sono fatto suggestionare e volevo sancire con una citazione del filosofo l’aver attivato quella specie di panopticon volontario).

Ogni singola query è stata messa a verbale. Ci sono anche tutti gli indirizzi che ho cercato su Mappe. I video che ho guardato, dalla clip di The Ballad of John and Yoko all’ultimo disco dei Virginiana Miller. Per non dire di quelli che ho caricato su YouTube. Così come le foto che, tanto tempo fa, ho condiviso sugli album digitali Picasa. E i titoli che ho scaricato su Libri. Ce n’è già abbastanza per ricostruire la mia esistenza, avendo del gran tempo da perdere, minuto per minuto.

Per accedere al sancta sanctorum però bisogna possedere la parola chiave. Serve un hacker bravo o, banalmente, averla lasciata memorizzata nel pc. Tuttavia, anche limitandosi alle informazioni aperte i risultati sono stupefacenti. Se non avete familiarità con la sintassi dei motori di ricerca ci sono compagnie specializzate in web listening. Di solito lo fanno per le aziende, per capire che «reputazione» ha un marchio o un certo prodotto. Li ho sfidati a sguinzagliare i loro software specializzati perché portassero a casa i dati più succosi sul mio conto. Dopo meno di un giorno l’emiliana TheDotCompany mi ha recapitato un rapportino che sembra vergato da un funzionario della Digos. Contiene: luogo e data di nascita, numeri di telefono di lavoro e di casa, qualifica professionale esatta, il nome di mio padre e l’annotazione che «I genitori e il nipote vivono a Viareggio». Un’impeccabile biografia lavorativa e poi «Il sistema di correlazione di keyword e contenuti suggerisce orientamento politico Pd/Rifondazione Comunista e forti legami con il mondo sindacale», credo desunti dal fatto che ho scritto un libro sugli immigrati e l’ho presentato in varie feste dell’Unità. In parallelo anche Expert System di Modena, specialista nella tecnologia semantiche per la comprensione e l’analisi delle informazioni, era sulle mie tracce. In una decina di slide riassume le organizzazioni, le persone (vince il mio amico Raffaele Oriani, con 319 ricorrenze), le località, gli argomenti con cui ho più a che fare (Internet 206, immigrazione 150, editoria 137, etc.) e un’enoteca che frequento. I segugi milanesi della FreedataLabs ricavano addirittura profili psicologici dalle parole che uso. Dicono che solo il 6% appartiene a categorie emozionali e mi dipingono come uno molto «teso all’obiettivo», «curioso» ma anche «introverso», con venature di «tristezza». Così parlò lo strizzacervelli automatico.

Joel Stein, un collega di Time che ha fatto lo stesso esperimento, è stato più bravo nel rinvenire tracce economiche di sé. La Alliance Data, società di marketing digitale, sa che è un ebreo di 39 anni, con laurea e stipendio da oltre 125 mila dollari. Che ne spende in media 25 per ogni acquisto online ma il 10 ottobre 2010 ne ha sborsati 180 per biancheria intima. «Sono dati che in Italia sarebbe impossibile avere senza l’ordine di un magistrato» mi tranquillizza Andrea Santagata, numero due di Banzai, tra le più grandi web company nazionali, «perché abbiamo una legge sulla privacy molto più stringente. In ogni caso alla pubblicità non interessa sapere come ti chiami, ma conoscere il tuo profilo per mirare i messaggi». Tutto vero, e da tenere a mente per non finire arruolati nel già affollato partito delle teorie della cospirazione. Ma quanto detto sin qui lo è altrettanto. Anzi, non c’è stato neppure tempo di parlare di Last. fm che sa che musica ascolto (se ti piacciono i Wilco ti piaceranno anche i Golden Smog e The Autumn Defense). O di Ibs che, sapendo quali libri acquisto me ne consiglia altri, per proprietà transitiva: se David Foster Wallace, allora George Saunders. O di infinite altre destinazioni online che, per il solo fatto di aver interagito con loro, hanno creato dei dossier da cui inferire la mia personalità. È una tragedia? Neanche per sogno. Internet è l’invenzione più strepitosa e benemerita dell’ultimo secolo. Basta essere consapevoli e comportarsi di conseguenza. Per quanto riguarda infine la sconveniente insistenza di Expedia ho estirpato il cookie, il pezzetto di codice che ricordava al sito i miei viaggi precedenti. E adesso il computer non si impiccia più in cose che non lo riguardano.

di RICCARDO STAGLIANO'

20 maggio 2011

Cosa accadrebbe se si pensasse che gli Stati Uniti sono vicini al default?

Se vuoi vedere il debito Usa in tempo reale vai al link
http://www.usdebtclock.org/


http://www.comedonchisciotte.org/images/geithner_obama.jpg

Lunedì il governo degli Stati Uniti ha raggiunto il limite dettato dal suo statuto per la concessione dei prestiti (14,29 trilioni di dollari), il cosiddetto "tetto del debito". Ciò significa che il Segretario del Tesoro, Timothy Geithner, ha iniziato a mettere in opera il piano emergenziale per mantenere in sella il governo e per pagare i possessori dei bond mentre la Casa Bianca e il Congresso stanno elaborando i dettagli finali dell’accordo sul bilancio. Ma le manovre contabili di Geithner funzioneranno solo per un breve periodo. Se per l’inizio di agosto non verrà raggiunto un compromesso sul bilancio, "l’ultimo prestatore” e gli Stati Uniti andranno in default.

Alcuni parlamentari Repubblicani credono che un default non sarebbe così grave e che i possessori di titoli e i beneficiari della Social Security avranno gli assegni solo un po’ di tempo più tardi. Ma questa gente davvero non comprende come stanno le cose e quello che è realmente in gioco. Con le parole di Greg Ip, dell’Economist: "I debiti del Tesoro sono il fondamento di una vasta e complessa rete di relazioni finanziarie in tutto il mondo che verrebbero sconquassate anche da un default tecnico." La sola allusione al fatto che gli Stati Uniti ritardino i pagamenti ai possessori delle obbligazione sconvolgerebbe i mercati e causerebbe un danno irreversibile alle casse del Tesoro. E porterebbe la quotazione del dollaro in picchiata e, probabilmente, sarebbe la fine del ruolo del dollaro come divisa di riserva del pianeta. Ecco un estratto da un post di un economista, Menzie Chinn, che riassume tutto perfettamente:

"....se tutto questo provocherà una contrazione del valore del dollaro, impedirebbe di poter alzare il tetto del debito in modo opportuno. In quasi tutti i modelli che ho analizzato, causerebbe una migrazione dal debito degli Stati Uniti o – anche se ci andassimo solo vicini – aumenterebbe il premio di rischio concesso agli investitori e, da quel momento in poi, il totale degli interessi pagati dal Tesoro USA. È il colmo dell’irresponsabilità fare richieste irrealistiche per la riduzione del deficit basate solamente sui tagli alla spesa, rischiando così lo scatenarsi di una crisi. ("What Would Really Bring about a Dollar Dive?, Econbrowser)

Quasi tutti gli economisti dicono la stessa identica cosa. Il Parlamento sta giocando con la dinamite.

La cosa divenuta palese nel corso delle negoziazioni sul bilancio è che i Repubblicani non hanno neanche la più remota idea di come funzioni il mercato finanziario. Naturalmente i Democratici non è che siano messi molto meglio, ma almeno (occasionalmente) tengono in considerazione il consiglio degli esperti. I Repubblicani no. Sembra proprio che ci sia tanto orgoglio nelle loro zucche vuote. Credono che minacciare di far saltare l’economia sia un’ottima strategia per provocare i tagli alle spese correnti. Non riescono a capire che la loro gazzarra da galline potrebbe ritorcersi contro e cambiare la percezione che gli USA siano un posto sicuro dove gli investitori possano investire i propri capitali. E questo pensiero non sembra assolutamente passare per la loro testa.

Un altro estratto da una lettera di Geithner (al Senatore Michael Bennet), dove avverte delle "conseguenze economiche catastrofiche" che si verificheranno se il limite del debito non verrà alzato velocemente:

"Il ruolo particolare delle emissioni del Tesoro nel sistema finanziario globale comporta il fatto che le conseguenze del default sarebbero davvero severe. Le emissioni del Tesoro sono un punto fermo nelle pagine dei bilanci di quasi tutte le più grandi compagnie di assicurazione, delle banche, dei fondi che investono a breve termine e nei fondi pensione di tutto il mondo. Sono anche molto usate dalle istituzioni finanziarie come collaterali (http://it.wikipedia.org/wiki/Collateralized_debt_obligation) per reperire nel mercato finanziario il flusso di cassa necessario per le loro operazioni giornaliere."

Geithner sta spiegando il funzionamento delle “banche d’affari” e come si affidino ai collaterali con la tripla A. Se le emissioni del Tesoro, finora considerati gli investimenti più sicuri al mondo, soffriranno un abbassamento del rating a causa del default o del calo della fiducia degli investitori, tutto questo porterebbe a una serie di tagli nei rendimenti (http://en.wikipedia.org/wiki/Haircut_(finance)) che darebbero il via a una nuova crisi.

Geithner ancora:

"Un default del debito del Tesoro potrebbe portare a domandarsi della solvibilità dei fondi d’investimento e delle istituzioni finanziarie che hanno le emissioni del Tesoro nel loro portafoglio, cosa che provocherebbe un assalto ai fondi che investono a breve termine (http://en.wikipedia.org/wiki/Money_market_fund) e all’intero sistemo finanziario, qualcosa di simile a quello che è successo sulla scia del collasso di Lehman Brothers. Come hanno dimostrato le recenti crisi finanziarie, un contraccolpo improvviso alla fiducia sui mercati finanziari può scatenare un timore che minaccerebbe la salute dell’intera economia globale e il lavoro di milioni di Americani."

Geithner non sta esagerando. Questo è quello che accadrà. Perché? Perché è quello che è successo nel 2008 e, sfortunatamente, da allora niente è cambiato. Se gli Stati Uniti andranno in default, allora il premio per il rischio che il Tesoro dovrà concedere salirebbe e le quotazioni dei titoli scenderebbero. Questo significa che i trilioni di dollari che sono stati scambiati per le emissioni del Tesoro nel mercato dei pronti contro termine (http://it.wikipedia.org/wiki/Pronti_contro_termine) - dove le istituzioni finanziarie scambiano liquidità con garanzie collaterali di primo livello – andrebbero riprezzati e questo causerebbe perdite consistenti per i possessori di emissioni del Tesoro. Queste perdite si riverberebbero nei mercati dei capitali e in quello dei titoli di credito, iniziando a far saltare il domino costruito dopo il fallimento della Lehman Brothers. In conclusione, nessuna delle riforme Dodd-Frank ha aumentato la stabilità del mercato finanziario. Il sistema è soggetto al collasso così come lo era nel settembre del 2008.

Di nuovo Geithner:

"I titoli del Tesoro ricoprono un ruolo peculiare nel sistema finanziario globale proprio perché sono considerati un investimento privo di rischio. […] Un default metterebbe in discussione lo status delle emissioni del Tesoro che sono ora ritenute un pilastro del sistema finanziario, mettendo a repentaglio questo ruolo e i benefici economici che ne derivano."

Questo è un punto molto importante e potrebbe essere d’aiuto fare un’analogia.

Diciamo che io ho bisogno di liquidi per finanziare degli affari. Così vado al banco dei pegni con la mia Jaguar customizzata, il mio dipinto di Vermeer autentico e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali. Il gestore dà un’occhiata al mio tesoro e mi dice che può prestarmi 25.000 dollari per una settimana, ma che gliene dovrò rendergli 26.000 per avere la mia roba indietro. Allora dico, “Va bene” e prendo a prestito i soldi. Questo mi permette di continuare i miei affari. Poi, una settimana dopo, torno dal monte dei pegni e restituisco i soldi.

Fino qui tutto a posto?

La settimana seguente torno da lui e cerco di chiudere la stessa trattativa. Ma questa volta il gestore ha fatto una piccola ricerca e ha scoperto che la mia Jaguar customizzata è un vecchio modello di una Yugo riverniciata a meraviglia, il mio Vermeer originale è un lavoro di un falsario che ho preso al mercatino delle pulci e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali è in verità una manciata di spiccioli della slot machine placcati di pirite. Così il gestore, tutto stizzito, mi dice che mi presterà solo la metà di quanto concesso la volta prima, 12.500 dollari. Ma questo per me è un grosso problema, perché così non ho abbastanza denaro per finanziare le mie operazioni o per pagare i miei dipendenti.
E allora devo dare fondo ai miei risparmi (il capitale bancario) e questo mi renderà quasi impossibile prestare del denaro a chi me lo richiedesse. Col passare del tempo sarò forzato a vendere una parte sempre più grande delle mie proprietà (asset) solamente per rimanere a galla.

Questo è esattamente quello che è successo alle banche nel corso della crisi finanziaria. Le compagnie finanziarie che hanno concesso il valore corrispondente alle obbligazioni garantite (la mia Jaguar) hanno cominciato a preoccuparsi del fatto che questi titoli contenevano al suo interno prestiti tossici di categoria subprime (la mia Yugo). E allora hanno ridotto il totale dei soldi prestati in cambio delle obbligazioni. I cosiddetti haircut hanno avviato un panico al rallentatore che è durato oltre un anno, facendo perdere quasi 4 trilioni di dollari al sistema delle banche d’affari.
Il problema era complicato dal fatto che nessuno sapeva quali contenitori finanziari avessero in sé i mutui peggiori o quale banca avesse il peggior assortimento di obbligazioni. E così il prestito interbancario cominciò a fermarsi, il LIBOR (ndt: tasso interbancario ‘lettera’ su Londra, http://it.wikipedia.org/wiki/LIBOR) salì alle stelle e li mercato del credito andò in stallo. Quando Lehman Brothers andò in default il 15 settembre del 2008, la voragine si aprì sempre più e l’intero sistema finanziario collassò di conseguenza.

Se gli Stati Uniti andranno in default sul suo debito, le emissioni del Tesoro saranno riprezzate, le maggior banche del paese scopriranno che abbiamo meno capitale di quanto si pensasse prima e il sistema finanziario patirà le conseguenze di un altro collasso. Solo che questa volta andrà molto peggio, perché le emissioni del Tesoro non saranno a quel punto considerati investimenti di punta privi di rischio su cui vengono poi misurati tutti gli altri asset finanziari. Questo significa che gli Stati Uniti dovranno pagare interessi più alti per adempiere a quanto pattuito e questo renderà sempre più difficile uscire dalla recessione.

Wall Street e il mondo degli affari hanno compreso la gravità della situazione e questo è il motivo per cui hanno cercato di scoraggiare il gioco al rialzo dei Repubblicani. Ma i membri del Parlamento del Tea Party hanno scrollato le spalle e sono rimasti ostinatamente sulle loro posizioni. La loro idea era che Obama avrebbe capito di essere nelle loro mani e che avrebbe ceduto. Non è così che funziona il potere?

Questa è una lezione che gli attivisti politici devono imparare. Il Tea Party è riuscito a trovare una strategia "asimmetrica" perfettamente legale per ottenere un cambio a loro vantaggio, ossia individuare le vulnerabilità del sistema e sfruttarne le debolezze per plasmare la politica. Non c’è alcuna ragione per cui la sinistra non debba fare lo stesso gioco, a condizione che abbia la volontà di sporcarsi le mani.
di Mike Whitney

Mike Whitney vive dello Stato di Washington.

Fonte: http://www.counterpunch.org/whitney05182011.html

18 maggio 2011

Al Qaeda: il database





Poco prima della sua morte prematura, l’ex Ministro degli Esteri Robin Cook disse alla House of Commons che ‘Al Qaeda’ non è in realtà un gruppo terroristico ma un database internazionale di mujaheddin e di trafficanti d’armi usati dalla CIA e dai Sauditi per fornire guerriglieri, armi e soldi nell’Afghanistan occupato dai Sovietici.
Grazie alla concessione di World Affairs, un giornale con sede a Nuova New Delhi, vi posso presentare un importante estratto da un articolo di Pierre-Henry Bunel nel numero Aprile-Giugno 2004, un ex agente dell’intelligence militare francese.
Wayne Madsen Report
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Sentii per la prima volta parlare di Al Qaida quando stavo frequentando il corso Command and Staff in Giordania. All’epoca ero un ufficiale francese e le forze armate francesi avevano contatti frequenti e stavano cooperando con la Giordania […].

Due dei miei colleghi giordani erano esperti di computer. Erano ufficiali di difesa aerea. Usando lo slang del linguaggio del computer, mi raccontarono una serie di barzellette sulle punizioni agli studenti.

Ad esempio, quando uno di noi era in ritardo alla fermata dell’autobus per lasciare lo Staff College, i due ufficiali dicevano sempre: “Sarai segnato nel ‘Q eidat il-Maaloomaat”, che voleva dire “Sarai registrato nell’archivio delle informazioni”. Con il significato: “Riceverai un avvertimento”. Se il caso era ancora più grave, parlavano quasi sempre di “Q eidat i-Taaleemaat”, che voleva dire ‘l’archivio delle iniziative’. Che voleva dire ‘che saresti stato punito’. Per i casi peggiori parlavano sempre di registrazione in ‘Al Qaida’.

Nei primi anni ’80 la Banca Islamica per lo Sviluppo (IBD), che è situata a Jeddah in Arabia Saudita, come il Segretariato Permanente dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un nuovo sistema computerizzato per far fronte alle richieste di elaborazione e di elaborazione. Al tempo il sistema era più sofisticato di quanto fosse realmente necessario.

Fu deciso di usare una parte della memoria del sistema per ospitare il database della Conferenza Islamica. Era possibile per i paesi coinvolti accedere al database via telefono: un Intranet, in linguaggio moderno. I governi dei paesi membri così come alcune delle ambasciate nel mondo erano connesse a quella rete

[Secondo quanto riferito da un maggiore pakistano] il database era diviso in due parti, i file delle informazioni da cui i partecipanti alle riunioni potevano prelevare e inviare i dati richiesti, e i file delle iniziative dove le decisioni prese nelle precedenti sessioni venivano registrate e immagazzinate. In arabo questi file erano chiamati ‘Q eidat il-Maaloomaat’ e ‘Q eidat i-Taaleemaat’. Questi due file erano a sua volta all’interno di un altro file chiamato in arabo ‘Q eidat ilmu’ti’aat’, che è l’esatta traduzione della parola inglese ‘database’. Ma gli arabi usano comunemente la parola ‘Al Qaida’ che in arabo significa “la base”. La base aerea militare di Riad in Arabia Saudita è chiamata ‘q eidat’ riyadh al ‘askariya’. ‘Q eida’ significa ‘una base’ e “Al Qaida” significa ‘la base’.

Nella metà degli anni ’80 Al Qaida era un database presente nei computer dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica.

Nei primi anni ’90, ero un ufficiale dell’intelligence militare al Quartier Generale delle Forze di Pronto Intervento francesi. A causa della mia conoscenza nell’arabo il mio lavoro era quello di tradurre molti fax e lettere sequestrate o intercettate dai nostri servizi segreti […].

Abbiamo spesso intercettato materiale spedito da network islamici che operava nel Regno Unito o in Belgio.

Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi armati islamici in Algeria o in Francia. I messaggi citavano dichiarazioni che potevano essere usate nella redazione di opuscoli o depliant o per essere inseriti in video o nastri da spedire ai media. Le fonti più frequentemente citate erano le Nazioni Unite, le nazioni non allineate, l’UNHCR e… Al Qaida.

Al Qaida rimaneva l’archivio della Conferenza Islamica. Non tutti i paesi membri della Conferenza sono ‘stati canaglia e molti gruppi islamici possono prelevare informazione dai database. Era perfettamente normale per Osama Bin Laden essere collegato a questo network. Egli è il membro di un’importante famiglia nel mondo bancario e degli affari.

A causa della presenza degli ‘stati canaglia’, divenne semplice per i gruppi terroristi usare le e-mail dell’archivio. A questo proposito l’e-mail di Al Qaida fu usata, con qualche interfaccia di sistema che garantiva la segretezza, dalle famiglie dei mujaheddin per tenere attivi i collegamenti con i loro figli che venivano addestrati in Afghanistan o in Libia o nella valle della Beqa’ in Libano. Oppure ovunque in azione nei campi di battaglia dove gli estremisti sponsorizzati da tutti gli ‘stati canaglia’ combattevano. E gli ‘stati canaglia comprendevano l’Arabia Saudita. Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’Intranet di Al Qaida era un buon sistema di comunicazione che usava messaggi coperti o in codice.

Incontrare ‘Al Qaeda’

Al Qaida non era un gruppo terrorista e neppure una proprietà privata di Osama bin Laden… Le azioni dei terroristi in Turchia nel 2003 furono compiute da turchi e le motivazioni erano locali e non internazionali, unificate o condivise. Questi crimini misero il governo turco in una posizione complicata di fronte ai britannici e a Israele. Ma gli attacchi avevano certamente l’intenzione di ‘punire’ il Primo Ministro Erdogan per essere un politico islamico all’acqua di rose.

[…] Nel Terzo Mondo l’opinione comune è che le nazioni che usano armi di distruzione di massa per scopi economici al servizio dell’imperialismo sono a tutti gli effetti ‘stati canaglia’, in particolar modo gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO.

Qualche lobby economica islamica sta ingaggiando una lotta con le lobby economiche ‘liberali’. Usano i gruppi di terroristi locali che dichiarano di operare per Al Qaida. D’altra parte, gli eserciti nazionali invadono le nazioni indipendenti sotto l’egida del Consiglio delle Nazioni Unite e combattono guerre preventive. E i veri sostenitori di queste guerre non sono i governi, ma le lobby che si nascondono dietro di loro.

La verità è che non esiste alcun esercito o gruppo terrorista islamico chiamato Al Qaida. E un qualsiasi servizio d’intelligence informato lo sa. Ma esiste una campagna di propaganda per far credere al pubblico di essere in presenza di un’entità ben definita che rappresenta il ‘diavolo’ solo per portare lo ‘spettatore televisivo’ a accettare una leadership internazionale unificata per una guerra al terrorismo. La nazione dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti e i lobbisti per la guerra USA contro il terrorismo sono solo interessati a fare soldi.”

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In un altro esempio di quello che succede a quelli che sfidano il sistema, nel dicembre del 2001 il maggiore Pierre-Henri Bunel è stato condannato da una corte militare francese segreta per aver passato documenti riservati che identificavano gli obbiettivi potenziali dei bombardamenti NATO in Serbia a un agente serbo durante la guerra del Kossovo nel 1998. Il caso di Bunel fu trasferito a una corte civile per tenere i dettagli della causa anch’essi riservati. Conoscendo il carattere e la psicologia di Bunel, il sistema “gliel’ha fatta pagare” per aver detto la verità su Al Qaeda e su chi c’era effettivamente dietro gli attacchi terroristi che vengono comunemente attribuiti a quel gruppo. È degno di nota il fatto che il governo jugoslavo, con cui il governo francese asserisce che Bunel abbia condiviso le informazioni, ha dichiarato che i guerriglieri albanesi e bosniaci nei Balcani erano spalleggiate da elementi di ‘Al Qaeda’. Noi sappiamo che questi guerriglieri erano spalleggiati dai soldi forniti dal Bosnian Defense Fund, un’entità costituita da un fondo speciale alla Riggs Bank, influenzata da Bush, e diretta da Richard Perle e da Douglas Feith.

Il maggiore francese Pierre-Henri Bunel, che sapeva la verità su ‘Al Qaeda’, un altro obbiettivo dei neo-con.

di Pierre-Henry Bunel

Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24738

La ricchezza e il debito pubblico


Si torna a parlare, secondo me a sproposito, di sovranità monetaria, debito pubblico, e questioni monetarie, in relazione a quanto sta accadendo e probabilmente accadrà. Parlo del default o della ristrutturazione ( che poi è un default mascherato) del debito sovrano greco, ed eventualmente portoghese, delle imposizioni del FMI e della BCE ai paesi deboli dell’area Euro, ecc… Adesso su questo argomento vorrei mettere dei punti fermi, sui quali non tornare più a discutere altrimenti ci ripetiamo le stesse cose come dischi rotti.

Debito Pubblico. In un ambiente di moneta Fiat (creata e imprestata) in cui la moneta è quindi un MEZZO di scambio, e lo Stato è un utente di tale mezzo, esso è tenuto, come ogni altra entità economica a fare dei bilanci in nero. Il che vuol dire che quanto spende per dare servizi e anche investimenti, al popolo, deve esser pareggiato dalle entrate, solitamente chiamate TASSE. Se è vero che lo stato è costituito da POPOLO, TERRITORIO, e ORGANIZZAZIONE, il popolo, che è l’unica entità a creare ricchezza, è tenuto a supportare, mantenere, l’organizzazione. Quando le entrate sono inferiori alle uscite, come per qualsiasi altra entità, lo Stato chiede dei prestiti, e rilascia dei certificati di credito (BOT, CCT, BPT, ecc ….). Un debitore onesto, cosa fa normalmente, quando chiede un prestito ? alle scadenze lo rimborsa, interessi compresi. Cosa fa invece uno Stato che ha speso più delle entrate prima, e poi per non irritare la popolazione, non raccoglie abbastanza per ripagare i debiti ? fa altri debiti per ripagare i precedenti, e così il debito, di anno in anno aumenta, fino a che gli interessi richiesti, che coprono anche il rischio di insolvenza, diventano tanto alti da pareggiare le entrate dello stato. A quel punto è matematicamente impossibile ripagare, non solo i debiti, ma nemmeno gli interessi. E a quel punto vengono richieste manovre lacrime e sangue. Ma vediamo , in questa situazione di capirci qualcosa. Uno Stato crea debito quando quanto raccoglie in tasse non copre le spese che fa, ma se questo avviene è perché tali tasse non compensano i benefici che vengono dati alla popolazione. Già. Ma non a tutta la popolazione, e questo è il punto. Una parte di essa, grazie alle regole lassiste aumenta le proprie ricchezze, ed il resto, forse raccoglie piccoli vantaggi. Quando vi sono greci come Spiro Latsis la cui ricchezza è valutata in oltre 11 miliardi di dollari, allora viene il forte dubbio, anzi la certezza, che lo Stato potrebbe trovare i soldi per non creare debito, ma semplicemente non voglia farlo. Perché se lo Stato spende, qualcuno incassa, o comunque quei soldi spesi, vengono requisiti da qualcuno ma non tornano tutti allo stato. Che poi in alcuni momenti vi siano distribuzioni “a pioggia” per creare consenso politico, per cui a incassare sia tutta la popolazione, non lo nego, ma è anche evidente il fatto che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, e a ripagare i debiti, vengano chiamati tutti. Questo fatto crea quella disparità di trattamento che scaturisce poi nelle rivolte sociali. Ricordando che ad ogni debito di qualcuno corrisponde un credito di qualcun altro, allora il problema non è tanto l’entità del debito, quanto la ricerca di dove prendere la ricchezza per ripagarlo. Ed a questo punto è importante avere le idee chiare. Se io possiedo 100.000 € e mi compero un monolocale, quei 100.000€ torneranno al mercato, al vecchio proprietario o a chi ha costruito quell’immobile, che a loro volta li spenderanno per acquistare altri beni. Io non avrò più 100.000 € ma avrò il monolocale. Il quale, avendo comunque un valore commerciale, rappresenta una ricchezza, anche se non è denaro. Quindi quando parlo di ricchezza, intendo solo marginalmente il possesso di denaro, quanto invece la proprietà dei beni. E se ho fatto l’esempio del monolocale, ad esso potrei aggiungere migliaia di oggetti di valore, ma anche valori immateriali, che però hanno un mercato. Se , quanto spende lo Stato viene immediatamente o dopo alcuni passaggi, acquisito da persone che investono tale denaro in beni, non è correndo dietro al denaro che si arriva a chi dovrebbe contribuire maggiormente al mantenimento dello Stato stesso, ma semplicemente andando a cercare chi possiede la ricchezza, che senz’altro è stata acquisita con quei soldi. Questo è cosa fanno i paesi nordici,e, seppur gli USA non tassino la ricchezza in generale, tassano gli immobili e soprattutto i passaggi ereditari. Come ho detto, l’errore grossolano, che porta poi a spremere chi i soldi li riceve, a prescindere dalla quantità di ricchezza che possiede, viene fatto perché si punta l’attenzione sul denaro, e non sulla ricchezza. Visto che la ricchezza, in un certo momento storico, è stata acquisita, significa che colui che l’ha acquisita ha avuto una disponibilità di denaro del quale però una parte corretta ed equa ( in riferimento alle possibilità) non è stata prelevata dallo Stato. Equa non solo in relazione al guadagno contingente, ma al guadagno sommato alla ricchezza già posseduta. La stessa cifra guadagnata da colui che non ha altro, e guadagnata da chi è già ricco, non ha lo stesso significato ne personale ne sociale. Quindi un prelievo troppo leggero, porta a un certo punto lo Stato che spende più di quanto incassato, a imporre sacrifici ben più consistenti a TUTTI, e non solo a chi avrebbe potuto pagare, senza peraltro fare eccessivi sacrifici. Quando poi,il debito è stato creato e i titoli di tale credito sono posseduti da molti, compresa la nonnina che vi ha investito i suoi risparmi, pensare ad una ristrutturazione o a un default, vuol dire far pagare la cattiva gestione a tutti i possessori di tali titoli, indiscriminatamente, mentre solo pochi hanno tratto beneficio al tempo della creazione del debito. Quindi, se è pensabile che una maggior efficienza degli individui possa essere ripagata dalla società con una maggiore disponibilità, e quindi ricchezza, nel momento in cui è necessario contribuire al mantenimento di quello Stato che comprende tutta indistintamente la popolazione, è proprio dove ci sia maggiore ricchezza, che occorre prelevare risorse: primo perché nessuno può dare ciò che non ha; secondo perché troppa ricchezza significa anche che il denaro che l’ha generata non è stato sufficientemente tassato quando incassato. E questo non vuol dire mettere sul lastrico nessuno, ma evitare anche che si formino ricchezze tali da generare a loro volta distorsioni sociali, mediante corruzione, centri di potere occulto, malversazioni varie, ecc…. Sicuramente, così come il fisco non deve mettere nessuno sul lastrico, anche una ristrutturazione del debito o un default non dovrebbe andare a colpire chi , nei titoli di stato, ha messo i suoi pochi risparmi di una vita. Alla fin fine cosa affermo, è che se le manovre monetarie, di qualsiasi tipo, vanno a colpire eventualmente solo i movimenti di denaro, e non le proprietà, i default o ristrutturazioni, colpiscono indiscriminatamente tutti i possessori di titoli di quello Stato , che con un fisco più efficiente e selettivo, potrebbe invece essere ben più equo nel richiedere i sacrifici non in modo proporzionale ma progressivo.

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Settimana all’insegna della paura. L’incertezza sul dollaro sta portando a forti realizzi della speculazione sulle materie prime, unita alle voci dello Spiegel circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Euro, che ha provocato una forte oscillazione dello stesso. Dollaro , dicevo molto contrastato grazie all’effetto dei dati dal mondo del lavoro, dove il guadagno in occupazione di marzo è stato subito compensato con un calo in aprile. Inoltre una continua crescita di coloro che per mangiare ricorrono ai food stamp governativi (132 dollari a MESE), si associa bene alla diminuzione complessiva delle ore lavorate. Nel Regno Unito deve aver fatto breccia una nuova teoria economica in quanto i governanti sostengono che l’aumento delle tasse e il taglio ai servizi, servirà a “sostenere la crescita” oppure hanno fatto confusione tra crescita dell’economia e quella dei debiti delle famiglie.

di Mensa Andrea