30 settembre 2006

L'opinione non è più libera


La gente immagina di avere opinioni proprie, non quelle dei grandi magnati corporativi che competono per colonizzare la sfera pubblica. Non siamo proprio così liberi di pensare come crediamo.

Juergen Habermas, filosofo, storico e sociologo tedesco, è spesso citato, tra i molteplici studi accademici, per il grandissimo contributo dato alla sociologia ed alla teoria critica. Il suo risultato più prestigioso, tuttavia, consiste nell’introduzione del concetto di “sfera pubblica”, un fenomeno la cui nascita fa risalire all’Europa del XVIII secolo e che venne costretto ad un prematuro letargo dalle stesse forze che ne decretarono l’inizio.
La “sfera pubblica” teorizzata da Habermas potè svilupparsi grazie alla sua vantaggiosa nonchè logica specificità nello spazio e nel tempo: l’Inghilterra del XVIII secolo. La nascita della cultura borghese, insieme con lo sviluppo della democrazia liberale, diede vita ad una popolazione sempre più istruita con interessi, diritti ed aspettative ben definite. La frequentazione dei Caffè e di altri luoghi pubblici come punti di incontro per il dialogo permise alla borghesia inglese di creare la propria sfera pubblica, che contribuirà, infine, al formarsi dell’opinione pubblica. Le altre democrazie occidentali, e tanto più la Francia con la sua innegabile esperienza di cittadinanza attiva, sarebbero state presto coinvolte in questo cambiamento crescente.

Naturalmente l’idea di Habermas, come qualsiasi altra intuizione rivoluzionaria, diede vita a discussioni e generò accaniti dibattiti. Alcuni affermarono che esistono, in realtà, varie “sfere pubbliche” sovrapposte e simultanee; altri negarono del tutto l’esistenza di tale concetto. La questione è chiaramente assai più complessa e non sembra destinata a risolversi in un breve arco di tempo. Le congetture di Habermas e le loro implicazioni, esposte per la prima volta nel 1962 in “The Structural Transformation of the Public Sphere: An Inquiry into a Category of Bourgeois Society” [La trasformazione strutturale della Sfera Pubblica: un’indagine sulla categoria della società borghese n.d.t.], continuano ad essere attuali e di estrema rilevanza.

La crescita e la persistenza della sfera pubblica nel XVIII e XIX secolo fu di enorme importanza, dal momento che riuscì infine a definire la relazione tra Stato e Società in modo decisamente più imparziale che in passato. Finalmente l’opinione pubblica contava qualcosa, o almeno così sembrava. Il modo in cui tale opinione veniva trasmessa richiedeva meno mezzi ed assai meno intermediari.
A prescindere dal dove cominci e dove finisca la “sfera pubblica”, dal momento che ha fallito più volte nel rappresentare adeguatamente le donne, le minoranze, i lavoratori ed altri gruppi storicamente marginalizzati, di certo è riuscita almeno nello stabilire i confini tra il “Mondo della vita” [life-world: in tedesco lebenswelt, mondo vitale n.d.t.] e il “Sitema”; il primo rappresenta la mutua solidarietà di coloro che sono coinvolti nel formare la sfera pubblica, il secondo riguarda lo Stato, il suo apparato e la sua relazione col potere e l’autorità.
Di norma, il rapporto dovrebbe essere di tipo elastico [push and pull: tira e molla n.d.t.], dove il Mondo della vita cerca di proteggere ed espandere il suo peso sociale e politico, mentre il Sistema tenta incessantemente di colonizzare la sfera pubblica ed il suo Mondo della vita. Giustamente, ci si aspetterebbe che una democrazia esemplare sia quella che offra un bilanciamento del potere tra la Società e lo Stato, in modo da tenere sotto controllo coloro che rappresentano l’autorità e proteggere la Società dal caos.

È chiaro che solide democrazie avrebbero ben poco interesse a regredire al livello dei regimi feudali ed autoritari di precedenti epoche storiche. Il XX secolo fu prova di tale affermazione, tanto quanto della rapida colonizzazione della sfera pubblica [da parte dello Stato] con mezzi che andavano al di là del potere e della coercizione: quelli del capitalismo.
Il capitalismo determinò l’iniqua distribuzione della ricchezza e, conseguentemente, del potere. Mentre nei secoli passati la sfera pubblica della borghesia aveva da tempo accettato la continua espansione del Mondo della vita, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, ancora una volta, ridefinì la relazione tra Società ed Autorità. Il Sistema aveva finalmente trovato il modo di penetrare la solidarietà di fatto del Mondo della vitaattraverso i recenti rapporti stabilitisi tra lo Stato ed i nuovi capitalisti. Questi si accorsero che era più redditizio tenere sotto controllo l’opinione pubblica, per compiacere lo Stato, in cambio di una parte del potere e dei privilegi che solo esso poteva garantire; la popolazione può continuare così a credere che la sua opinione conti qualcosa, mentre di fatto vale ben poco.

Questo può aiutarci a capire come mai Habermas, tra gli altri, abbia parlato di “ascesa e caduta” della sfera pubblica proprio nel momento in cui sembrava avessimo raggiunto un accesso ai mezzi di comunicazione mai visto prima. In breve, ciò che rimane della sfera pubblica è l’illusione che ce ne sia una.

Le idee di Habermas non richiedono spiegazioni convincenti per essere comprese; sono evidenti di per sè. Tuttavia, un articolo su “The Guardian” del primo luglio a firma di Lance Prince, ex consulente d’immagine [media advisor] del Primo Ministro inglese, ha riportato il soggetto alla ribalta. Price afferma che il magnate dell’informazione Rupert Murdoch è probabilmente l’uomo più potente nel panorama mondiale dei mezzi di comunicazione. Murdoch, cittadino americano nato in Australia, possiede letteralmente una quota significativa dell’opinione pubblica attraverso il controllo del più vasto impero mediatico al mondo.
“Non ho mai incontrato il signor Murdoch, ma a volte, quando lavoravo a Downing Street [10 Downing St. è l’indirizzo della residenza e dell’ufficio del Primo Ministro inglese n.d.t.], avevo l’impressione che fosse il 24˚ membro del gabinetto. Raramente si sentiva la sua voce (ed allora si sarebbe potuto dire lo stesso di molti degli altri 23 membri), ma la sua presenza era sempre percepita”, scrive Price.
Murdoch “partecipò a molte sedute di emergenza al Ministero dell’Interno e si potrebbe scrivere un’interessantissima tesi di dottorato su come la sua stampa influenzò la politica del governo riguardo ai temi dell’immigrazione e del diritto d’asilo,” aggiunge l’autore del best-seller The Spin Doctor's Diary [“Diario di uno Spin Doctor” n.d.t.]. “È davvero ironico che, durante il suo primo anno alla guida del Partito Laburista, Tony Blair sia volato dall’altra parte della Terra per discutere con il signor Murdoch e i suoi dirigenti di “News International”(1) e che si appresti nuovamente a fare lo stesso il mese prossimo (luglio 2006), probabilmente l’ultimo del suo mandato.”
Per quanto incredibili possano sembrare, le rivelazioni di Price, un uomo che fu profondamente coinvolto nei lavori del governo britannico, appaiono assolutamente coerenti con il rafforzarsi del legame tra il mondo dei media ed i governi delle democrazie occidentali. Tale vincolo è poi particolarmente visibile nel caso degli Stati Uniti.

La relazione tra media e Stati, però, diventa ancora più pericolosa nel momento in cui entrambi si alleano, e non a caso, sullo stesso terreno ideologico. Murdoch è un ideologo di destra, pro Israele (è ben nota la sua amicizia con Ariel Sharon), e favorevole alla guerra. Nel 2003 [attacco e invasione dell’Iraq – NdT], ogni pagina editoriale della massa dei suoi 175 giornali sparsi per il mondo recitò lo stesso identico mantra guerrafondaio. Alcuni potrebbero aver candidamente pensato che tutti i media mondiali stessero convergendo indipendentemente verso un consenso unanime che vedeva nel presidente Bush colui che “si comporta con un profondo senso della morale e nel modo più opportuno”, per usare le parole dello stesso Murdoch, e che tale convergenza fosse un riflesso complessivo del consenso pubblico internazionale riguardo l’argomento. La realtà, tuttavia, era spiacevolmente un’altra.
Naturalmente, Murdoch, proprietario di numerosi giornali, stazioni televisive e mezzi di informazione in tutto il mondo, non è un’eccezione, ma la regola. Nel mondo dei media statunitensi, infatti, si sta verificando una convergenza costante che tende ad accentrare in mano a poche multinazionali, in un modo mai osservato prima, la proprietà di migliaia di stazioni radio e televisive, giornali, riviste, ecc. Mentre alcuni, all’oscuro di chi possieda cosa, cantano ancora le lodi della “libertà di stampa”, la democrazia si sta avviando verso un declino pericolosissimo: il “Mondo della vita”, come mai accaduto prima, sta cedendo di fronte al perenne dilagare del “Sistema”, ed ormai non esiste quasi più una vera “sfera pubblica”, almeno non in forma significativa.
Benchè gli Stati non siano più in grado di prevenire incidenti o di garantirsi un potere assoluto, hanno, però compreso l’inestimabile valore dei mezzi di comunicazione nel manipolare un’opinione pubblica favorevole e, guarda caso, coincidente con quella dello Stato stesso. In cambio, gli interessi commerciali e persino quelli ideologici di coloro che controllano i media sono sempre garantiti. Fino a quando tale correlazione non sarà riconosciuta appieno e resa inefficace, la democrazia reale procederà verso uno spaventoso declino, alla fine del quale un’efficace democrazia partecipativa verrà scalzata dalla mera retorica democratica, utile solo a soddisfare fini politici, ideologici ed infine imperialistici. Tale spirale discendente è destinata solo a peggiorare senza la fondamentale presa di coscienza che porti la collettività a riappropriarsi di ciò che le appartiene: la propria opinione, la propria sfera pubblica e la propria democrazia.

28 settembre 2006

Lo scenario prossimo in Iran


Esperti militari di Washington hanno riconosciuto la validità dell'analisi di Lyndon LaRouche secondo cui Bush e Cheney si ripromettono un attacco contro l'Iran a tempi ravvicinati, “senza preavviso”, come ha detto lo statista democratico, senza consultare il Congresso, le Nazioni Uniti e gli “alleati” degli USA. Lo scenario più probabile, ha spiegato LaRouche, è un ordine di Bush di attaccare l'Iran dalla base aerea di Offutt nel Nebraska.

L'allarme è stato lanciato da diversi ambienti contrari alla politica imperiale:
- Il colonnello in congedo dell'Air Force Sam Gardiner ha scritto un articolo per «The Century Foundation» in cui spiega che elementi dell'amministrazione Bush non tengono conto delle preoccupazioni espresse dagli ufficiali in servizio ma sono sempre più propensi a ordinare gli attacchi aerei, miranti non solo ai siti del programma nucleare iraniano, ma a colpire lo stesso governo per “decapitare” il regime. L'analisi di 25 pagine di Gardiner è intitolata “La fine della 'estate della diplomazia'.”

- Un lungo articolo pubblicato il 21 settembre da The Nation, intitolato “Segnali di guerra”, riferisce: “The Nation è venuto a sapere che l'amministrazione Bush e il Pentagono hanno emesso ordini per la costituzione di 'gruppo d'assalto' di navi ... che si diriga verso il Golfo Persico, sulle coste occidentali dell'Iran”. Al gruppo apparterrebbero la portaerei Eisenhower e una scorta di sottomarini. The Nation cita Gardiner e diversi altri ufficiali militari e dell'intelligence, tra cui il noto ex analista della CIA Ray McGovern, che hanno confermato l'estrema gravità della situazione.

- Sull'American Conservative, l'ex funzionario CIA Phil Giraldi ha riferito i moniti provenienti da diversi militari in servizio e da parte di politici preoccupati per la fretta con la quale la Casa Bianca sta procedendo verso il bombardamento dell'Iran.

- Il colonnello dell'Air Force Karen Kwiatkowski spiega in un articolo su LewRockwell.com che l'invasione dell'Iran “non è soltanto già pianificata, ma è già in corso”. “Prove, piani e documenti mostrano che l'invasione dell'Iran, usando l'Iraq, il Golfo Persico, il Pakistan, la Turchia , il Kurdistan, soldati e marines iracheni e americani … è già in corso, illegalmente”.

- Lo scrittore iraniano Abbas Bakhtiar, professore universitario in Norvegia, ha pubblicato due analisi sul pericolo di un attacco USA in Iran. La prima è un articolo apparso il 28 agosto su “Scoop Independent News”, la seconda è un'analisi di 80 pagine intitolata “U.S. vs Iran: Hybrid War”.

Secondo Bakhtiar, l'Iran risponderà all'aggressione con l'impiego di forze regolari e irregolari (da qui il termine guerra ibrida). Dopo aver ampiamente descritto le forze di cui dispone l'Iran, (350 mila regolari, 100 mila della guardia repubblicana, 100 mila volontari. Inoltre: 350 mila riservisti dell'esercito e 300 mila riservisti dei volontari. 45-60 mila poliziotti. Ma secondo alcune stime i volontari potrebbero salire, con le riserve, fino ad alcuni milioni).
Bakhtiar cita rapporti della sicurezza saudita secondo cui l'Iran disporrebbe di elementi piazzati ad alto livello nei ministeri ed in altre istituzioni irachene. Di conseguenza l'Iran potrebbe scatenare la guerra asimmetrica in Iraq, colpendo in profondità le forze anglo-americane ivi stanziate e le loro linee di rifornimento.

Bakhtiar spiega inoltre che le forze iraniane hanno la capacità di bloccare lo stretto di Hormutz, in maniera tale da costringere gli USA ad occupare la regione meridionale dell'Iran e le trenta isole, con un impiego incredibile di forze navali per liquidare le numerose piccole imbarcazioni della guardia repubblicana. Sullo stretto di Hormuz grava inoltre un'ipoteca cinese: nel caso di blocco americano dello stretto, la Cina si troverebbe tagliata fuori dai rifornimenti vitali. Inoltre, lo stesso Iran potrebbe decidere di prendere di mira con i suoi missili tutti i pozzi della regione, compresi quelli del Qatar, del Bahrein e del Kuwait, dove sono presenti basi USA.
Bakhtiar illustra approfonditamente la strategia della guerra ibrida alla quale l'Iran si starebbe preparando dal 1980, anche studiando le esperienze USA in Afghanistan e Iraq. “Le recenti manovre militari iraniane mostrano come, se attaccato, il paese potrebbe schierare uno dei più imponenti eserciti irregolari che si sia mai visto…”

L'Iran probabilmente risponderà alle incursioni aeree USA con spedizioni della Guardia Rivoluzionaria a combattere le truppe americane sia in Iraq che in Afghanistan. A quel punto agli USA non resterebbe che l'opzione di invadere l'Iran, ma il grosso delle sue truppe sarebbe già inchiodato a combattere contro le truppe irregolari nei due paesi confinanti. Allora resterebbe solo l'opzione nucleare. L'Iran, di contro ha anche l'opzione delle armi chimiche e biologiche, scrive Bakhtiar. Inoltre, se l'Iran attacca Israele, quest'ultimo si rivolgerebbe contro la Siria , che comunque ha un patto di difesa con l'Iran e a quel punto non potrebbe restare fuori dal conflitto.

Lo studio è una utile esposizione, molto dettagliata, su come si sviluppa la guerra irregolare che LaRouche ha denunciato come il pericolo maggiore derivante da un attacco dei neocon contro l'Iran.
Non sorprende come un'accelerazione di questa politica folle sia avvenuta proprio nel momento in cui il presidente iraniano Mohamoud Ahmadinejad ha fatto diverse offerte a favore della pace nel corso della visita negli USA ed alle Nazioni Unite

Le audizioni dei democratici al Senato
Intanto sono iniziate il 25 settembre le audizioni del Senate Democratic Policy Committee sulla condotta della guerra in Iraq. La seduta è stata presieduta dal capogruppo Harry Reid e dai sen. Durbin, Dorgan e Shumer. La controparte repubblicana, vivamente invitata a partecipare, ha preferito disertare la seduta.
La lista di tutto quello che è andato per storto nella guerra in Iraq è stata presentata da Reid e sono stati poi ascoltati tre alti ufficiali in congedo. Tutti e tre hanno auspicato un avvicendamento ai vertici del Pentagono ma al tempo stesso hanno anche deprecato la latitanza del Congresso e degli stessi democratici nel contrastare la guerra.

Il colonnello dei Marines Thomas X. Hammes, autore di un libro molto apprezzato sulla guerra irregolare, ha ricordato ai senatori che la banda composta da Bush, Cheney e Rumsfeld non ha “preso il potere”, piuttosto, “il potere è stato loro ceduto” da parte dei parlamentari democratici quando nel 2002 decisero di non indire il dibattito sull'Iraq prima del voto. Dopo quelle elezioni fu troppo tardi, anche perché il dispiegamento militare era entrato in una fase avanzata.
Il general maggiore dell'esercito Paul Eaton ha dovuto rispondere al sen. Schumer sulla riluttanza degli ufficiali in servizio di parlare senza riserve sulla situazione reale in Iraq. Gli ha ricordato che il Congresso ha l'autorità di convocare a deporre, e di obbligare gli ufficiali a dire tutta la verità, a prescindere da chi è al governo. Se il Congresso lo facesse, gli ufficiali sarebbero finalmente liberi di ignorare le pressioni di Rumsfeld, ha detto Eaton.

Il general maggiore John Batiste, uno degli ufficiali in congedo più critico nei confronti di Rumsfeld, ha spiegato che occorre smetterla di “ipotecare il nostro futuro al tasso di 1,5 miliardi a settimana e di sostenere il nostro grande esercito e i Marines con finanziamenti straordinari”.
da movisol

27 settembre 2006

I colpi di Stato USA: per la democrazia!


Il magnate della stampa britannica, lord Northcliff aveva detto "l'informazione è ciò che qualcuno, da qualche parte, vi vuole nascondere, tutto il resto è soltanto della pubblicità." In questo caso, il finanziamento di Reporters senza frontiere da parte del governo degli Stati Uniti deve essere un'informazione, perché quest'organizzazione ed i suoi amici a Washington hanno tentato di tutto per nasconderlo.

Nonostante 14 mesi senza ricevere risposta da parte del "National Endowment for Democracy" (NED) alla nostra domanda sulla legge della libertà d'accesso all'informazione ("Freedom of information Act") ed un rifiuto netto da parte del direttore esecutivo di RSF, Lucia Morillon, la NED ha finalmente ammesso che Reporters senza frontiere aveva ricevuto regali nel corso degli ultimi tre anni dall'"International Republican Institute". La NED rifiuta sempre di fornire i documenti chiesti o anche di rivelare gli importi versati, ma questi regali sono identificati dai riferimenti seguenti: IRI 2002-022/7270, IRI 2003-027/7470 ED IRI 2004-035/7473. Il giornalista d'indagine Jeremy Bigwood ha chiesto il 25 aprile al direttore esecutivo di Reporters senza frontiere, Lucia Morillon, se la sua organizzazione ricevesse denaro del IRI, ella ha negato. Ma l'esistenza di questo finanziamento è stata confermata da Patrick Thomas, assistente del presidente del NED.

Questa scoperta mette a nudo una grande menzogna dell'organizzazione che, negli anni, ha negato di ricevere denaro da Washington fino a che alcuni importi relativamente deboli - da parte della NED e del "Center for a Free Cuba" - sono stati scoperti (1). Interrogata sulle origini del suo importante bilancio, RSF ha affermato che il denaro proveniva dalla vendita di libri di fotografie. Il ricercatore Salim Lamrani ha sottolineato l'incoerenza di tale risposta. Anche considerando che questi libri erano stati stampati gratuitamente, sarebbe stato necessario vendere 170200 copie nel 2004 e 188400 nel 2005 per ottenere quasi 2 milioni di dollari che l'organizzazione afferma di raccogliere ogni anno - cioè 516 copie vendute al giorno nel 2005. Evidentemente, dovevano esistere diverse fonti di finanziamento. E risulta che è così. La IRI, un'organizzazione americana repubblicana, è specializzata nell'ingerenza nelle elezioni di paesi terzi, come indicato nella relazione annuale del NED e nel sito Internet dell'IRI. La IRI è uno dei quattro principali finanziatori del NED, un'organizzazione fondata dal congresso USA nel 1983 sotto l'amministrazione Reagan per sostituire i programmi di azioni clandestine della CIA verso le società civili, programmi rivelati e smontati dalla Commissione d'indagine Church neli anni 70 (2). I tre altri pilastri del finanziamento del NED sono "National Democratic Institute" (della parte democratica), "Solidarity Center" (del sindacato AFL) e "Center for International Private Enterprise" (della camera di commercio degli Stati Uniti). Ma di tutti questi gruppi, è la IRI che è più vicina all'amministrazione Bush - come spiega anche il recente articolo del New York Times che rivela il ruolo di questa organizzazione nella deposizione del presidente haïtiano Jean-Bertrand Aristide.

È il presidente Bush che ha designato il suo presidente, Lorne W. Craner, per dirigere i programmi dell'amministrazione destinati ad "instaurare la democrazia". L'istituto, che interviene in più di 60 paesi, ha visto il suo finanziamento d'origine governativo praticamente triplicare quest'ultimi tre anni, passando da 26 milioni di dollari nel 2003 a 75 milioni di dollari nel 2005. Nella primavera scorsa (2005), in occasione di una serata di raccolta di fondi per la IRI, Bush ha qualificato la creazione di democrazie come una "industria in crescita". (3) Il finanziamento da parte della IRI costituisce un problema importante rispetto alla credibilità di RSF come organizzazione di "difesa della libertà della stampa" perché quest'ultimo è stato all'origine di propagande contro i movimenti popolari di Venezuela ed Haiti al momento anche dove uno dei suoi finanziatori, la IRI, tentava di sovvertirli. La IRI ha finanziato l'opposizione venezuelana al Presidente Hugo Chavez ed ha attivamente organizzato l'opposizione haïtiana ad Aristide in coordinamento con la CIA .

Il collegamento che manca tra RSF e quest'attività si chiama Otto Reich, che è inizialmente intervenuto su questi colpi di stato come primo segretario di stato aggiunto per l'America latina e, a decorrere da novembre 2002, come inviato speciale in America latina per conto del Consiglio nazionale di sicurezza. Oltre ad essere uno degli amministratori del "Center for a Free Cuba", finanziato dal governo degli Stati Uniti, e che versa 50.000 dollari all'anno a RSF, Reich ha lavorato dall'inizio degli anni 80 con il primo vicepresidente dell'IRI, Georges Fauriol, altro membro del "Center for a Free Cuba". Ma è l'esperienza di Reich in materia di propaganda che è particolarmente interessante. Negli anni 80, è stato oggetto di indagini sulla guerra illegale dell'amministrazione Reagan contro i Sandinisti. L'indagine ufficiale aveva rivelato nel 1987 che l'"Ufficio di diplomazia pubblica" di Reich "aveva condotto azioni clandestine illegali di propaganda.".

All'inizio dell'anno 2002, dopo che George Bush lo ha impegnato nel dipartimento di Stato, "Reich fu rapidamente destinato alla orchestrazione di una campagna mediatica di diffamazione massiccia contro Chavez che non ha cessato da allora" (5). È Reich all'origine del finanziamento di RSF da parte della IRI? È Reich che ha diretto le operazioni di propaganda di RSF contro Aristide, Chavez e Cuba? Un esame dei metodi dell'organizzazione sembra confermare la tesi; la propaganda contro Aristide, un ex sacerdote, fu altamente grezza. RSF qualificò il presidente haïtiano come "predatore della libertà di stampa" dopo averla implicato, senza nessuna prova, negli assassinii dei giornalisti Jean Dominica e Brignol Lindor. L'organizzazione presentò apertamente fotografie dei cadaveri dei giornalisti nel suo sito web, che li trasformò così in icone di una repressione supposta di Aristide contro la stampa.

Nel 2002, RSF scrisse "il 3 dicembre 2001, a Petit-Goâve, un borgo situato a 70 chilometri al sud-ovest di Port-au-Prince, un giornalista è stato colpito a morte da una banda di assassini legata agli enti politici locali legati al movimento Lavalas (la valanga) del presidente Jean-Bertrand Aristide...." Quest'omicidio si verifica mentre la situazione della libertà della stampa non cessa di deteriorarsi in Haiti dall'assassinio di Jean Dominica, direttore di radio Haiti Inter, il 3 aprile 2000 "(6). Notate l'errore di traduzione intenzionale" di Lavalas "(che significa inondazione e non valanga) e come RSF lega la gang di uccisori al movimento Lavalas di Aristide, implicando con ciò che la gang era diretta dal presidente stesso. L'articolo è pieno di questo tipo di insinuazioni e falsità grezze. "In questo contesto, l'assassinio di Brignol Lindor è interpretato come un nuovo avvertimento a tutta la professione (giornalisti)". Qui, RSF ha già condannato Aristide lasciando intendere che quest'ultimo ha ordinato l'omicidio dei giornalisti per inviare un avvertimento ai mass media d'opposizione e fare cessare le loro critiche al suo riguardo. Ma Jean-Dominica fu assassinato nell'aprile 2000, cioè di numerosi mesi prima dell'elezione di Aristide, e non ci sono prove che il presidente abbia un legame con l'omicidio di Lindor. Nello stesso articolo, RSF qualifica il governo di Aristide come "regime autorevole" e conclude che queste azioni "si integrano in una strategia più ampia delle autorità di ricorrere a milizie per intimidire la stampa".

Questa propaganda sarebbe stata già sufficientemente forte se RSF non avesse adottato misure supplementari per strangolare un paese disperatamente povero e dipendente dall'aiuto esterno - tattica che è stata anche usata contro Cuba (1). L'agenzia Associated Press cita il segretario generale Robert Ménard, che parlava dell'incapacità supposta del governo haïtiano di fermare l'assassino di Dominica, "il Presidente Jean-Bertrand Aristide è responsabile di questa ostruzione, e lo classificheremo fra i predatori della libertà della stampa se nessun progresso verrà compiuto nei mesi che vengono" (8). Le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti hanno causato un'esplosione dell'inflazione ed hanno privato il governo del denaro indispensabile al suo funzionamento ed alla sua difesa. Per illustrare il doppio standard applicato da RSF, il bilancio dei giornalisti assassinati in Colombia è impressionante, ma Ménard non ha mai fatto pressione sugli Stati Uniti o l'Unione europea per tagliare gli aiuti al governo Uribe. Ma Reporters senza frontiere non si accontentò di una semplice sospensione dell'aiuto. Nel mese di gennaio 2002, Ménard lanciava un appello presso il congresso degli Stati Uniti e dell'Ue per imporre "sanzioni individuali" contro Aristide ed il primo ministro Yvon Neptune, fra le quali i "rifiuti di visti d'entrata o di transito" ed "il congelamento di ogni conto bancario aperto all'estero" (9)

Dopo la cacciata di Aristide il 29 febbraio 2004, RSF ha ignorato praticamente tutte le violenze e persecuzioni contro i giornalisti critici verso il governo Latortue, imposto dell'esterno, affermando al contrario che la libertà di stampa era migliorata. Le relazioni 2005 e 2006 da RSF si astengono di condannare l'esecuzione extragiudiziaria di Abdias Jean che, secondo i testimoni, è stato ucciso dalla polizia dopo avere preso tre fotografie di tre giovani che la polizia aveva appena ucciso. RSF ha anche ignorato gli arresti di giornalisti Kevin Pina (Pacifica Radio - radio progressista USA) e Jean Ristil, e si è astenuto da condurre una vera indagine su molti attacchi contro stazioni di radio pro-lavalas.

Interrogato sulla rivelazione di questi finanziamenti, Pina ha dichiarato: "Fu rapidamente ovvio che RSF e Robert Ménard non erano custodi oggettivi della libertà dell'informazione in Haiti ma piuttosto degli attori chiave in ciò che occorre chiamare una campagna di disinformazione contro il governo di Aristide." I tentativi di implicare Aristide nell'omicidio di Jean Dominica ed il loro silenzio quando il supposto assassino, il senatore Lavalas Dany Toussaint, ha raggiunto il campo anti-Aristide e si presentò alle elezioni nel 2006 è soltanto uno dei numerosi esempi che rivelano il vero ruolo e la natura di organizzazioni come RSF. Diffondono informazioni false e relazioni distorte per fabbricare un'opposizione interna ai governi considerati incontrollabili e che non sono graditi a Washington preparando il terreno per la loro eventuale deposizione fornendo una giustificazione col pretesto di pericolo per la libertà di stampa."

Abbiamo chiesto all'esperto di Haiti a RSF, a Parigi, perché l'organizzazione aveva ignorato l'omicidio di Abdias Jean ed ha risposto: "Abbiamo interrogato la polizia sulla morte di Abdias Jean e ci ha risposto che l'attacco era stato sì effettuato dalla polizia ma che questa non sapeva che era giornalista." Prendeva fotografie. Riconobbe che nessuno dei testimoni dell'omicidio era stato interrogato mentre tutta l'informazione che possedeva su questo caso era basata sulla prova della polizia, conosciuta per i suoi assassinii ed abusi correnti. Per quanto riguarda l'arresto di Pina e Ristil, dice, "generalmente quando qualcuno è imprigionato, aspettiamo per sapere quanto tempo... Sono stati liberati e allora noi non siamo intervenuti." Dato che RSF non è mai intervenuta per il caso di Abdias Jean, è molto poco probabile che essa si impegni per Pina, critica allo stesso tempo del governo d'interim e di RSF. Chi paga decide. Prendendo istruzioni dal dipartimento di Stato USA, RSF si è resa colpevole di demonizzare i governi che gli Stati Uniti vogliono sovvertire, come quelli di Cuba, Venezuela ed Haiti, riducendo al minimo le segnalazioni delle violazioni dei diritti dell'uomo commesse dai suoi alleati strategici come il Messico o la Colombia. Poiché l'organizzazione è riuscita a nascondere il finanziamento dell'IRI, cosa che avrebbe potuto dare l'allarme all'opinione sui suoi obiettivi reali, RSF ha svolto un ruolo efficace nelle aggressioni clandestine dell'amministrazione Bush contro i capi di stati recalcitranti dell'America Latina. L'organizzazione è anche riuscita a usare la sua immagine di organizzazione indipendente a difesa dei diritti dell'uomo per fare passare il suo messaggio nei mass media USA e nelle aule universitarie. Tale risultato potrebbe passare per un'impresa da parte di un piccolo gruppo di individui senza esperienza reale del giornalismo se quest'ultimi non avessero alle spalle i padroni più ricchi e più potenti del mondo.
tratto da reporters sans frontieres

30 settembre 2006

L'opinione non è più libera


La gente immagina di avere opinioni proprie, non quelle dei grandi magnati corporativi che competono per colonizzare la sfera pubblica. Non siamo proprio così liberi di pensare come crediamo.

Juergen Habermas, filosofo, storico e sociologo tedesco, è spesso citato, tra i molteplici studi accademici, per il grandissimo contributo dato alla sociologia ed alla teoria critica. Il suo risultato più prestigioso, tuttavia, consiste nell’introduzione del concetto di “sfera pubblica”, un fenomeno la cui nascita fa risalire all’Europa del XVIII secolo e che venne costretto ad un prematuro letargo dalle stesse forze che ne decretarono l’inizio.
La “sfera pubblica” teorizzata da Habermas potè svilupparsi grazie alla sua vantaggiosa nonchè logica specificità nello spazio e nel tempo: l’Inghilterra del XVIII secolo. La nascita della cultura borghese, insieme con lo sviluppo della democrazia liberale, diede vita ad una popolazione sempre più istruita con interessi, diritti ed aspettative ben definite. La frequentazione dei Caffè e di altri luoghi pubblici come punti di incontro per il dialogo permise alla borghesia inglese di creare la propria sfera pubblica, che contribuirà, infine, al formarsi dell’opinione pubblica. Le altre democrazie occidentali, e tanto più la Francia con la sua innegabile esperienza di cittadinanza attiva, sarebbero state presto coinvolte in questo cambiamento crescente.

Naturalmente l’idea di Habermas, come qualsiasi altra intuizione rivoluzionaria, diede vita a discussioni e generò accaniti dibattiti. Alcuni affermarono che esistono, in realtà, varie “sfere pubbliche” sovrapposte e simultanee; altri negarono del tutto l’esistenza di tale concetto. La questione è chiaramente assai più complessa e non sembra destinata a risolversi in un breve arco di tempo. Le congetture di Habermas e le loro implicazioni, esposte per la prima volta nel 1962 in “The Structural Transformation of the Public Sphere: An Inquiry into a Category of Bourgeois Society” [La trasformazione strutturale della Sfera Pubblica: un’indagine sulla categoria della società borghese n.d.t.], continuano ad essere attuali e di estrema rilevanza.

La crescita e la persistenza della sfera pubblica nel XVIII e XIX secolo fu di enorme importanza, dal momento che riuscì infine a definire la relazione tra Stato e Società in modo decisamente più imparziale che in passato. Finalmente l’opinione pubblica contava qualcosa, o almeno così sembrava. Il modo in cui tale opinione veniva trasmessa richiedeva meno mezzi ed assai meno intermediari.
A prescindere dal dove cominci e dove finisca la “sfera pubblica”, dal momento che ha fallito più volte nel rappresentare adeguatamente le donne, le minoranze, i lavoratori ed altri gruppi storicamente marginalizzati, di certo è riuscita almeno nello stabilire i confini tra il “Mondo della vita” [life-world: in tedesco lebenswelt, mondo vitale n.d.t.] e il “Sitema”; il primo rappresenta la mutua solidarietà di coloro che sono coinvolti nel formare la sfera pubblica, il secondo riguarda lo Stato, il suo apparato e la sua relazione col potere e l’autorità.
Di norma, il rapporto dovrebbe essere di tipo elastico [push and pull: tira e molla n.d.t.], dove il Mondo della vita cerca di proteggere ed espandere il suo peso sociale e politico, mentre il Sistema tenta incessantemente di colonizzare la sfera pubblica ed il suo Mondo della vita. Giustamente, ci si aspetterebbe che una democrazia esemplare sia quella che offra un bilanciamento del potere tra la Società e lo Stato, in modo da tenere sotto controllo coloro che rappresentano l’autorità e proteggere la Società dal caos.

È chiaro che solide democrazie avrebbero ben poco interesse a regredire al livello dei regimi feudali ed autoritari di precedenti epoche storiche. Il XX secolo fu prova di tale affermazione, tanto quanto della rapida colonizzazione della sfera pubblica [da parte dello Stato] con mezzi che andavano al di là del potere e della coercizione: quelli del capitalismo.
Il capitalismo determinò l’iniqua distribuzione della ricchezza e, conseguentemente, del potere. Mentre nei secoli passati la sfera pubblica della borghesia aveva da tempo accettato la continua espansione del Mondo della vita, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, ancora una volta, ridefinì la relazione tra Società ed Autorità. Il Sistema aveva finalmente trovato il modo di penetrare la solidarietà di fatto del Mondo della vitaattraverso i recenti rapporti stabilitisi tra lo Stato ed i nuovi capitalisti. Questi si accorsero che era più redditizio tenere sotto controllo l’opinione pubblica, per compiacere lo Stato, in cambio di una parte del potere e dei privilegi che solo esso poteva garantire; la popolazione può continuare così a credere che la sua opinione conti qualcosa, mentre di fatto vale ben poco.

Questo può aiutarci a capire come mai Habermas, tra gli altri, abbia parlato di “ascesa e caduta” della sfera pubblica proprio nel momento in cui sembrava avessimo raggiunto un accesso ai mezzi di comunicazione mai visto prima. In breve, ciò che rimane della sfera pubblica è l’illusione che ce ne sia una.

Le idee di Habermas non richiedono spiegazioni convincenti per essere comprese; sono evidenti di per sè. Tuttavia, un articolo su “The Guardian” del primo luglio a firma di Lance Prince, ex consulente d’immagine [media advisor] del Primo Ministro inglese, ha riportato il soggetto alla ribalta. Price afferma che il magnate dell’informazione Rupert Murdoch è probabilmente l’uomo più potente nel panorama mondiale dei mezzi di comunicazione. Murdoch, cittadino americano nato in Australia, possiede letteralmente una quota significativa dell’opinione pubblica attraverso il controllo del più vasto impero mediatico al mondo.
“Non ho mai incontrato il signor Murdoch, ma a volte, quando lavoravo a Downing Street [10 Downing St. è l’indirizzo della residenza e dell’ufficio del Primo Ministro inglese n.d.t.], avevo l’impressione che fosse il 24˚ membro del gabinetto. Raramente si sentiva la sua voce (ed allora si sarebbe potuto dire lo stesso di molti degli altri 23 membri), ma la sua presenza era sempre percepita”, scrive Price.
Murdoch “partecipò a molte sedute di emergenza al Ministero dell’Interno e si potrebbe scrivere un’interessantissima tesi di dottorato su come la sua stampa influenzò la politica del governo riguardo ai temi dell’immigrazione e del diritto d’asilo,” aggiunge l’autore del best-seller The Spin Doctor's Diary [“Diario di uno Spin Doctor” n.d.t.]. “È davvero ironico che, durante il suo primo anno alla guida del Partito Laburista, Tony Blair sia volato dall’altra parte della Terra per discutere con il signor Murdoch e i suoi dirigenti di “News International”(1) e che si appresti nuovamente a fare lo stesso il mese prossimo (luglio 2006), probabilmente l’ultimo del suo mandato.”
Per quanto incredibili possano sembrare, le rivelazioni di Price, un uomo che fu profondamente coinvolto nei lavori del governo britannico, appaiono assolutamente coerenti con il rafforzarsi del legame tra il mondo dei media ed i governi delle democrazie occidentali. Tale vincolo è poi particolarmente visibile nel caso degli Stati Uniti.

La relazione tra media e Stati, però, diventa ancora più pericolosa nel momento in cui entrambi si alleano, e non a caso, sullo stesso terreno ideologico. Murdoch è un ideologo di destra, pro Israele (è ben nota la sua amicizia con Ariel Sharon), e favorevole alla guerra. Nel 2003 [attacco e invasione dell’Iraq – NdT], ogni pagina editoriale della massa dei suoi 175 giornali sparsi per il mondo recitò lo stesso identico mantra guerrafondaio. Alcuni potrebbero aver candidamente pensato che tutti i media mondiali stessero convergendo indipendentemente verso un consenso unanime che vedeva nel presidente Bush colui che “si comporta con un profondo senso della morale e nel modo più opportuno”, per usare le parole dello stesso Murdoch, e che tale convergenza fosse un riflesso complessivo del consenso pubblico internazionale riguardo l’argomento. La realtà, tuttavia, era spiacevolmente un’altra.
Naturalmente, Murdoch, proprietario di numerosi giornali, stazioni televisive e mezzi di informazione in tutto il mondo, non è un’eccezione, ma la regola. Nel mondo dei media statunitensi, infatti, si sta verificando una convergenza costante che tende ad accentrare in mano a poche multinazionali, in un modo mai osservato prima, la proprietà di migliaia di stazioni radio e televisive, giornali, riviste, ecc. Mentre alcuni, all’oscuro di chi possieda cosa, cantano ancora le lodi della “libertà di stampa”, la democrazia si sta avviando verso un declino pericolosissimo: il “Mondo della vita”, come mai accaduto prima, sta cedendo di fronte al perenne dilagare del “Sistema”, ed ormai non esiste quasi più una vera “sfera pubblica”, almeno non in forma significativa.
Benchè gli Stati non siano più in grado di prevenire incidenti o di garantirsi un potere assoluto, hanno, però compreso l’inestimabile valore dei mezzi di comunicazione nel manipolare un’opinione pubblica favorevole e, guarda caso, coincidente con quella dello Stato stesso. In cambio, gli interessi commerciali e persino quelli ideologici di coloro che controllano i media sono sempre garantiti. Fino a quando tale correlazione non sarà riconosciuta appieno e resa inefficace, la democrazia reale procederà verso uno spaventoso declino, alla fine del quale un’efficace democrazia partecipativa verrà scalzata dalla mera retorica democratica, utile solo a soddisfare fini politici, ideologici ed infine imperialistici. Tale spirale discendente è destinata solo a peggiorare senza la fondamentale presa di coscienza che porti la collettività a riappropriarsi di ciò che le appartiene: la propria opinione, la propria sfera pubblica e la propria democrazia.

28 settembre 2006

Lo scenario prossimo in Iran


Esperti militari di Washington hanno riconosciuto la validità dell'analisi di Lyndon LaRouche secondo cui Bush e Cheney si ripromettono un attacco contro l'Iran a tempi ravvicinati, “senza preavviso”, come ha detto lo statista democratico, senza consultare il Congresso, le Nazioni Uniti e gli “alleati” degli USA. Lo scenario più probabile, ha spiegato LaRouche, è un ordine di Bush di attaccare l'Iran dalla base aerea di Offutt nel Nebraska.

L'allarme è stato lanciato da diversi ambienti contrari alla politica imperiale:
- Il colonnello in congedo dell'Air Force Sam Gardiner ha scritto un articolo per «The Century Foundation» in cui spiega che elementi dell'amministrazione Bush non tengono conto delle preoccupazioni espresse dagli ufficiali in servizio ma sono sempre più propensi a ordinare gli attacchi aerei, miranti non solo ai siti del programma nucleare iraniano, ma a colpire lo stesso governo per “decapitare” il regime. L'analisi di 25 pagine di Gardiner è intitolata “La fine della 'estate della diplomazia'.”

- Un lungo articolo pubblicato il 21 settembre da The Nation, intitolato “Segnali di guerra”, riferisce: “The Nation è venuto a sapere che l'amministrazione Bush e il Pentagono hanno emesso ordini per la costituzione di 'gruppo d'assalto' di navi ... che si diriga verso il Golfo Persico, sulle coste occidentali dell'Iran”. Al gruppo apparterrebbero la portaerei Eisenhower e una scorta di sottomarini. The Nation cita Gardiner e diversi altri ufficiali militari e dell'intelligence, tra cui il noto ex analista della CIA Ray McGovern, che hanno confermato l'estrema gravità della situazione.

- Sull'American Conservative, l'ex funzionario CIA Phil Giraldi ha riferito i moniti provenienti da diversi militari in servizio e da parte di politici preoccupati per la fretta con la quale la Casa Bianca sta procedendo verso il bombardamento dell'Iran.

- Il colonnello dell'Air Force Karen Kwiatkowski spiega in un articolo su LewRockwell.com che l'invasione dell'Iran “non è soltanto già pianificata, ma è già in corso”. “Prove, piani e documenti mostrano che l'invasione dell'Iran, usando l'Iraq, il Golfo Persico, il Pakistan, la Turchia , il Kurdistan, soldati e marines iracheni e americani … è già in corso, illegalmente”.

- Lo scrittore iraniano Abbas Bakhtiar, professore universitario in Norvegia, ha pubblicato due analisi sul pericolo di un attacco USA in Iran. La prima è un articolo apparso il 28 agosto su “Scoop Independent News”, la seconda è un'analisi di 80 pagine intitolata “U.S. vs Iran: Hybrid War”.

Secondo Bakhtiar, l'Iran risponderà all'aggressione con l'impiego di forze regolari e irregolari (da qui il termine guerra ibrida). Dopo aver ampiamente descritto le forze di cui dispone l'Iran, (350 mila regolari, 100 mila della guardia repubblicana, 100 mila volontari. Inoltre: 350 mila riservisti dell'esercito e 300 mila riservisti dei volontari. 45-60 mila poliziotti. Ma secondo alcune stime i volontari potrebbero salire, con le riserve, fino ad alcuni milioni).
Bakhtiar cita rapporti della sicurezza saudita secondo cui l'Iran disporrebbe di elementi piazzati ad alto livello nei ministeri ed in altre istituzioni irachene. Di conseguenza l'Iran potrebbe scatenare la guerra asimmetrica in Iraq, colpendo in profondità le forze anglo-americane ivi stanziate e le loro linee di rifornimento.

Bakhtiar spiega inoltre che le forze iraniane hanno la capacità di bloccare lo stretto di Hormutz, in maniera tale da costringere gli USA ad occupare la regione meridionale dell'Iran e le trenta isole, con un impiego incredibile di forze navali per liquidare le numerose piccole imbarcazioni della guardia repubblicana. Sullo stretto di Hormuz grava inoltre un'ipoteca cinese: nel caso di blocco americano dello stretto, la Cina si troverebbe tagliata fuori dai rifornimenti vitali. Inoltre, lo stesso Iran potrebbe decidere di prendere di mira con i suoi missili tutti i pozzi della regione, compresi quelli del Qatar, del Bahrein e del Kuwait, dove sono presenti basi USA.
Bakhtiar illustra approfonditamente la strategia della guerra ibrida alla quale l'Iran si starebbe preparando dal 1980, anche studiando le esperienze USA in Afghanistan e Iraq. “Le recenti manovre militari iraniane mostrano come, se attaccato, il paese potrebbe schierare uno dei più imponenti eserciti irregolari che si sia mai visto…”

L'Iran probabilmente risponderà alle incursioni aeree USA con spedizioni della Guardia Rivoluzionaria a combattere le truppe americane sia in Iraq che in Afghanistan. A quel punto agli USA non resterebbe che l'opzione di invadere l'Iran, ma il grosso delle sue truppe sarebbe già inchiodato a combattere contro le truppe irregolari nei due paesi confinanti. Allora resterebbe solo l'opzione nucleare. L'Iran, di contro ha anche l'opzione delle armi chimiche e biologiche, scrive Bakhtiar. Inoltre, se l'Iran attacca Israele, quest'ultimo si rivolgerebbe contro la Siria , che comunque ha un patto di difesa con l'Iran e a quel punto non potrebbe restare fuori dal conflitto.

Lo studio è una utile esposizione, molto dettagliata, su come si sviluppa la guerra irregolare che LaRouche ha denunciato come il pericolo maggiore derivante da un attacco dei neocon contro l'Iran.
Non sorprende come un'accelerazione di questa politica folle sia avvenuta proprio nel momento in cui il presidente iraniano Mohamoud Ahmadinejad ha fatto diverse offerte a favore della pace nel corso della visita negli USA ed alle Nazioni Unite

Le audizioni dei democratici al Senato
Intanto sono iniziate il 25 settembre le audizioni del Senate Democratic Policy Committee sulla condotta della guerra in Iraq. La seduta è stata presieduta dal capogruppo Harry Reid e dai sen. Durbin, Dorgan e Shumer. La controparte repubblicana, vivamente invitata a partecipare, ha preferito disertare la seduta.
La lista di tutto quello che è andato per storto nella guerra in Iraq è stata presentata da Reid e sono stati poi ascoltati tre alti ufficiali in congedo. Tutti e tre hanno auspicato un avvicendamento ai vertici del Pentagono ma al tempo stesso hanno anche deprecato la latitanza del Congresso e degli stessi democratici nel contrastare la guerra.

Il colonnello dei Marines Thomas X. Hammes, autore di un libro molto apprezzato sulla guerra irregolare, ha ricordato ai senatori che la banda composta da Bush, Cheney e Rumsfeld non ha “preso il potere”, piuttosto, “il potere è stato loro ceduto” da parte dei parlamentari democratici quando nel 2002 decisero di non indire il dibattito sull'Iraq prima del voto. Dopo quelle elezioni fu troppo tardi, anche perché il dispiegamento militare era entrato in una fase avanzata.
Il general maggiore dell'esercito Paul Eaton ha dovuto rispondere al sen. Schumer sulla riluttanza degli ufficiali in servizio di parlare senza riserve sulla situazione reale in Iraq. Gli ha ricordato che il Congresso ha l'autorità di convocare a deporre, e di obbligare gli ufficiali a dire tutta la verità, a prescindere da chi è al governo. Se il Congresso lo facesse, gli ufficiali sarebbero finalmente liberi di ignorare le pressioni di Rumsfeld, ha detto Eaton.

Il general maggiore John Batiste, uno degli ufficiali in congedo più critico nei confronti di Rumsfeld, ha spiegato che occorre smetterla di “ipotecare il nostro futuro al tasso di 1,5 miliardi a settimana e di sostenere il nostro grande esercito e i Marines con finanziamenti straordinari”.
da movisol

27 settembre 2006

I colpi di Stato USA: per la democrazia!


Il magnate della stampa britannica, lord Northcliff aveva detto "l'informazione è ciò che qualcuno, da qualche parte, vi vuole nascondere, tutto il resto è soltanto della pubblicità." In questo caso, il finanziamento di Reporters senza frontiere da parte del governo degli Stati Uniti deve essere un'informazione, perché quest'organizzazione ed i suoi amici a Washington hanno tentato di tutto per nasconderlo.

Nonostante 14 mesi senza ricevere risposta da parte del "National Endowment for Democracy" (NED) alla nostra domanda sulla legge della libertà d'accesso all'informazione ("Freedom of information Act") ed un rifiuto netto da parte del direttore esecutivo di RSF, Lucia Morillon, la NED ha finalmente ammesso che Reporters senza frontiere aveva ricevuto regali nel corso degli ultimi tre anni dall'"International Republican Institute". La NED rifiuta sempre di fornire i documenti chiesti o anche di rivelare gli importi versati, ma questi regali sono identificati dai riferimenti seguenti: IRI 2002-022/7270, IRI 2003-027/7470 ED IRI 2004-035/7473. Il giornalista d'indagine Jeremy Bigwood ha chiesto il 25 aprile al direttore esecutivo di Reporters senza frontiere, Lucia Morillon, se la sua organizzazione ricevesse denaro del IRI, ella ha negato. Ma l'esistenza di questo finanziamento è stata confermata da Patrick Thomas, assistente del presidente del NED.

Questa scoperta mette a nudo una grande menzogna dell'organizzazione che, negli anni, ha negato di ricevere denaro da Washington fino a che alcuni importi relativamente deboli - da parte della NED e del "Center for a Free Cuba" - sono stati scoperti (1). Interrogata sulle origini del suo importante bilancio, RSF ha affermato che il denaro proveniva dalla vendita di libri di fotografie. Il ricercatore Salim Lamrani ha sottolineato l'incoerenza di tale risposta. Anche considerando che questi libri erano stati stampati gratuitamente, sarebbe stato necessario vendere 170200 copie nel 2004 e 188400 nel 2005 per ottenere quasi 2 milioni di dollari che l'organizzazione afferma di raccogliere ogni anno - cioè 516 copie vendute al giorno nel 2005. Evidentemente, dovevano esistere diverse fonti di finanziamento. E risulta che è così. La IRI, un'organizzazione americana repubblicana, è specializzata nell'ingerenza nelle elezioni di paesi terzi, come indicato nella relazione annuale del NED e nel sito Internet dell'IRI. La IRI è uno dei quattro principali finanziatori del NED, un'organizzazione fondata dal congresso USA nel 1983 sotto l'amministrazione Reagan per sostituire i programmi di azioni clandestine della CIA verso le società civili, programmi rivelati e smontati dalla Commissione d'indagine Church neli anni 70 (2). I tre altri pilastri del finanziamento del NED sono "National Democratic Institute" (della parte democratica), "Solidarity Center" (del sindacato AFL) e "Center for International Private Enterprise" (della camera di commercio degli Stati Uniti). Ma di tutti questi gruppi, è la IRI che è più vicina all'amministrazione Bush - come spiega anche il recente articolo del New York Times che rivela il ruolo di questa organizzazione nella deposizione del presidente haïtiano Jean-Bertrand Aristide.

È il presidente Bush che ha designato il suo presidente, Lorne W. Craner, per dirigere i programmi dell'amministrazione destinati ad "instaurare la democrazia". L'istituto, che interviene in più di 60 paesi, ha visto il suo finanziamento d'origine governativo praticamente triplicare quest'ultimi tre anni, passando da 26 milioni di dollari nel 2003 a 75 milioni di dollari nel 2005. Nella primavera scorsa (2005), in occasione di una serata di raccolta di fondi per la IRI, Bush ha qualificato la creazione di democrazie come una "industria in crescita". (3) Il finanziamento da parte della IRI costituisce un problema importante rispetto alla credibilità di RSF come organizzazione di "difesa della libertà della stampa" perché quest'ultimo è stato all'origine di propagande contro i movimenti popolari di Venezuela ed Haiti al momento anche dove uno dei suoi finanziatori, la IRI, tentava di sovvertirli. La IRI ha finanziato l'opposizione venezuelana al Presidente Hugo Chavez ed ha attivamente organizzato l'opposizione haïtiana ad Aristide in coordinamento con la CIA .

Il collegamento che manca tra RSF e quest'attività si chiama Otto Reich, che è inizialmente intervenuto su questi colpi di stato come primo segretario di stato aggiunto per l'America latina e, a decorrere da novembre 2002, come inviato speciale in America latina per conto del Consiglio nazionale di sicurezza. Oltre ad essere uno degli amministratori del "Center for a Free Cuba", finanziato dal governo degli Stati Uniti, e che versa 50.000 dollari all'anno a RSF, Reich ha lavorato dall'inizio degli anni 80 con il primo vicepresidente dell'IRI, Georges Fauriol, altro membro del "Center for a Free Cuba". Ma è l'esperienza di Reich in materia di propaganda che è particolarmente interessante. Negli anni 80, è stato oggetto di indagini sulla guerra illegale dell'amministrazione Reagan contro i Sandinisti. L'indagine ufficiale aveva rivelato nel 1987 che l'"Ufficio di diplomazia pubblica" di Reich "aveva condotto azioni clandestine illegali di propaganda.".

All'inizio dell'anno 2002, dopo che George Bush lo ha impegnato nel dipartimento di Stato, "Reich fu rapidamente destinato alla orchestrazione di una campagna mediatica di diffamazione massiccia contro Chavez che non ha cessato da allora" (5). È Reich all'origine del finanziamento di RSF da parte della IRI? È Reich che ha diretto le operazioni di propaganda di RSF contro Aristide, Chavez e Cuba? Un esame dei metodi dell'organizzazione sembra confermare la tesi; la propaganda contro Aristide, un ex sacerdote, fu altamente grezza. RSF qualificò il presidente haïtiano come "predatore della libertà di stampa" dopo averla implicato, senza nessuna prova, negli assassinii dei giornalisti Jean Dominica e Brignol Lindor. L'organizzazione presentò apertamente fotografie dei cadaveri dei giornalisti nel suo sito web, che li trasformò così in icone di una repressione supposta di Aristide contro la stampa.

Nel 2002, RSF scrisse "il 3 dicembre 2001, a Petit-Goâve, un borgo situato a 70 chilometri al sud-ovest di Port-au-Prince, un giornalista è stato colpito a morte da una banda di assassini legata agli enti politici locali legati al movimento Lavalas (la valanga) del presidente Jean-Bertrand Aristide...." Quest'omicidio si verifica mentre la situazione della libertà della stampa non cessa di deteriorarsi in Haiti dall'assassinio di Jean Dominica, direttore di radio Haiti Inter, il 3 aprile 2000 "(6). Notate l'errore di traduzione intenzionale" di Lavalas "(che significa inondazione e non valanga) e come RSF lega la gang di uccisori al movimento Lavalas di Aristide, implicando con ciò che la gang era diretta dal presidente stesso. L'articolo è pieno di questo tipo di insinuazioni e falsità grezze. "In questo contesto, l'assassinio di Brignol Lindor è interpretato come un nuovo avvertimento a tutta la professione (giornalisti)". Qui, RSF ha già condannato Aristide lasciando intendere che quest'ultimo ha ordinato l'omicidio dei giornalisti per inviare un avvertimento ai mass media d'opposizione e fare cessare le loro critiche al suo riguardo. Ma Jean-Dominica fu assassinato nell'aprile 2000, cioè di numerosi mesi prima dell'elezione di Aristide, e non ci sono prove che il presidente abbia un legame con l'omicidio di Lindor. Nello stesso articolo, RSF qualifica il governo di Aristide come "regime autorevole" e conclude che queste azioni "si integrano in una strategia più ampia delle autorità di ricorrere a milizie per intimidire la stampa".

Questa propaganda sarebbe stata già sufficientemente forte se RSF non avesse adottato misure supplementari per strangolare un paese disperatamente povero e dipendente dall'aiuto esterno - tattica che è stata anche usata contro Cuba (1). L'agenzia Associated Press cita il segretario generale Robert Ménard, che parlava dell'incapacità supposta del governo haïtiano di fermare l'assassino di Dominica, "il Presidente Jean-Bertrand Aristide è responsabile di questa ostruzione, e lo classificheremo fra i predatori della libertà della stampa se nessun progresso verrà compiuto nei mesi che vengono" (8). Le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti hanno causato un'esplosione dell'inflazione ed hanno privato il governo del denaro indispensabile al suo funzionamento ed alla sua difesa. Per illustrare il doppio standard applicato da RSF, il bilancio dei giornalisti assassinati in Colombia è impressionante, ma Ménard non ha mai fatto pressione sugli Stati Uniti o l'Unione europea per tagliare gli aiuti al governo Uribe. Ma Reporters senza frontiere non si accontentò di una semplice sospensione dell'aiuto. Nel mese di gennaio 2002, Ménard lanciava un appello presso il congresso degli Stati Uniti e dell'Ue per imporre "sanzioni individuali" contro Aristide ed il primo ministro Yvon Neptune, fra le quali i "rifiuti di visti d'entrata o di transito" ed "il congelamento di ogni conto bancario aperto all'estero" (9)

Dopo la cacciata di Aristide il 29 febbraio 2004, RSF ha ignorato praticamente tutte le violenze e persecuzioni contro i giornalisti critici verso il governo Latortue, imposto dell'esterno, affermando al contrario che la libertà di stampa era migliorata. Le relazioni 2005 e 2006 da RSF si astengono di condannare l'esecuzione extragiudiziaria di Abdias Jean che, secondo i testimoni, è stato ucciso dalla polizia dopo avere preso tre fotografie di tre giovani che la polizia aveva appena ucciso. RSF ha anche ignorato gli arresti di giornalisti Kevin Pina (Pacifica Radio - radio progressista USA) e Jean Ristil, e si è astenuto da condurre una vera indagine su molti attacchi contro stazioni di radio pro-lavalas.

Interrogato sulla rivelazione di questi finanziamenti, Pina ha dichiarato: "Fu rapidamente ovvio che RSF e Robert Ménard non erano custodi oggettivi della libertà dell'informazione in Haiti ma piuttosto degli attori chiave in ciò che occorre chiamare una campagna di disinformazione contro il governo di Aristide." I tentativi di implicare Aristide nell'omicidio di Jean Dominica ed il loro silenzio quando il supposto assassino, il senatore Lavalas Dany Toussaint, ha raggiunto il campo anti-Aristide e si presentò alle elezioni nel 2006 è soltanto uno dei numerosi esempi che rivelano il vero ruolo e la natura di organizzazioni come RSF. Diffondono informazioni false e relazioni distorte per fabbricare un'opposizione interna ai governi considerati incontrollabili e che non sono graditi a Washington preparando il terreno per la loro eventuale deposizione fornendo una giustificazione col pretesto di pericolo per la libertà di stampa."

Abbiamo chiesto all'esperto di Haiti a RSF, a Parigi, perché l'organizzazione aveva ignorato l'omicidio di Abdias Jean ed ha risposto: "Abbiamo interrogato la polizia sulla morte di Abdias Jean e ci ha risposto che l'attacco era stato sì effettuato dalla polizia ma che questa non sapeva che era giornalista." Prendeva fotografie. Riconobbe che nessuno dei testimoni dell'omicidio era stato interrogato mentre tutta l'informazione che possedeva su questo caso era basata sulla prova della polizia, conosciuta per i suoi assassinii ed abusi correnti. Per quanto riguarda l'arresto di Pina e Ristil, dice, "generalmente quando qualcuno è imprigionato, aspettiamo per sapere quanto tempo... Sono stati liberati e allora noi non siamo intervenuti." Dato che RSF non è mai intervenuta per il caso di Abdias Jean, è molto poco probabile che essa si impegni per Pina, critica allo stesso tempo del governo d'interim e di RSF. Chi paga decide. Prendendo istruzioni dal dipartimento di Stato USA, RSF si è resa colpevole di demonizzare i governi che gli Stati Uniti vogliono sovvertire, come quelli di Cuba, Venezuela ed Haiti, riducendo al minimo le segnalazioni delle violazioni dei diritti dell'uomo commesse dai suoi alleati strategici come il Messico o la Colombia. Poiché l'organizzazione è riuscita a nascondere il finanziamento dell'IRI, cosa che avrebbe potuto dare l'allarme all'opinione sui suoi obiettivi reali, RSF ha svolto un ruolo efficace nelle aggressioni clandestine dell'amministrazione Bush contro i capi di stati recalcitranti dell'America Latina. L'organizzazione è anche riuscita a usare la sua immagine di organizzazione indipendente a difesa dei diritti dell'uomo per fare passare il suo messaggio nei mass media USA e nelle aule universitarie. Tale risultato potrebbe passare per un'impresa da parte di un piccolo gruppo di individui senza esperienza reale del giornalismo se quest'ultimi non avessero alle spalle i padroni più ricchi e più potenti del mondo.
tratto da reporters sans frontieres