05 maggio 2007

Fatti accertati e misteri insoluti



di Marco Travaglio

Naturalmente come si dice in questi casi, bisogna attendere le motivazioni
della sentenza. Ma già dal dispositivo della II sezione della Corte d'
appello di Milano nel processo Sme-Ariosto qualcosa si può arguire. Dunque
Silvio Berlusconi «non ha commesso il fatto». O, meglio, non ci sono prove
sufficienti che lo abbia commesso.

Questo vuol dire infatti il comma 2 dell'articolo 530 del codice di
procedura penale. Il fatto però c'è, tant'è che gli altri imputati - gli
avvocati Previti e Pacifico, e il giudice Squillante - furono condannati in
primo e secondo grado per corruzione (semplice per i due legali, giudiziaria
per l'ex magistrato), salvo poi salvarsi in corner grazie alla sentenza
della Cassazione che l'anno scorso, smentendo se stessa, decise di spedire
il processo a Perugia perché ricominciasse da capo. Anzi, non ricominciasse
affatto perché, mentre le carte viaggiavano dal Palazzaccio verso Perugia, è
scattata la prescrizione. Qual è dunque il fatto? Il bonifico bancario di
434.404 dollari (500 milioni di lire tondi tondi) che il 5 marzo 1991 partì
dal conto svizzero Ferrido della All Iberian (cassaforte estera di casa
Fininvest, alimentata dalla Silvio Berlusconi Finanziaria) e in pochi minuti
transitò sul conto svizzero Mercier di Previti e di lì al conto svizzero
Rowena di Squillante. Un bonifico molto imbarazzante per Berlusconi, che di
Squillante era amico (si telefonavano per gli auguri di Capodanno,
Squillante lo inquisì e lo interrogò e poi lo prosciolse nel 1985 in un
processo per antenne abusive, poi il Cavaliere tentò di nominarlo ministro
della Giustizia e gli offrì pure un collegio sicuro al Senato). Tant'è che l
'allora premier tentò di sbarazzarsi delle prove giunte per rogatoria dalla
Svizzera (legge sulle rogatorie, 2001), poi del giudice Brambilla che lo
stava giudicando in primo grado (trasferito nel gennaio 2002 dall'apposito
ministro Castelli), poi direttamente del processo (lodo Maccanico-Schifani
del 2003 sull'impunità per le alte cariche dello Stato). Fu tutto vano.
Ottenuto lo stralcio che separava il suo processo da quello a carico dei
coimputati, Berlusconi fu poi processato da un altro collegio e ritenuto
colpevole per quel fatto. Ma si salvò per la prescrizione, grazie alla
generosa concessione (per la settima volta) delle attenuanti generiche.
Contro quel grazioso omaggio, la Procura ricorse in appello affinché,
spogliato delle attenuanti, il Cavaliere fosse condannato. A quel punto l'
imputato, tramite il suo onorevole avvocato Pecorella, varò una legge che
aboliva i processi d'appello dopo i proscioglimenti di primo grado: per
esempio, il suo. La legge fu bocciata da Ciampi in quanto incostituzionale.
Lui allora prorogò la legislatura per farla riapprovare tale e quale. Poi la
Consulta la cancellò in quanto incostituzionale, e l'appello ripartì. Ieri s
'è concluso con questa bella sentenza.

Insomma la condotta berlusconiana non somigliava proprio a quella di un
imputato innocente. «Mai visto un innocente darsi tanto da fare per farla
franca», commentò efficacemente Daniele Luttazzi. Tant'è che ieri, alla
notizia dell'assoluzione (per quanto dubitativa e ancora soggetta a un
possibile annullamento in Cassazione), il più sorpreso era proprio lui, il
Cavaliere. Era innocente o quasi, ma non lo sapeva. O forse non aveva mai
preso in considerazione l'ipotesi.

In attesa delle motivazioni, che si annunciano avvincenti, la questione è
molto semplice. Cesare Previti è stato definitivamente condannato a 6 anni
per aver corrotto un giudice, Vittorio Metta, in cambio della sentenza
Imi-Sir del 1990 (tra l'altro, la sentenza che lo dichiara pure interdetto
in perpetuo dai pubblici uffici, è del 4 maggio 2006, ma a un anno di
distanza l'onorevole pregiudicato interdetto è ancora deputato a spese
nostre). Due mesi fa la Corte d'appello di Milano l'ha condannato a un altro
anno e 8 mesi per aver corrotto lo stesso giudice Metta in cambio della
sentenza che, due mesi dopo di quella Imi-Sir, toglieva la Mondadori a De
Benedetti per regalarla a Berlusconi (che, processato come mandante di
quella mazzetta, è uscito da quel processo grazie alle attenuanti generiche
e alla conseguente prescrizione). Restava da definire il ruolo di Berlusconi
in quel versamento estero su estero a Squillante, risalente a un mese dopo
la sentenza Mondadori: marzo 1991. Tre tangenti giudiziarie in 5 mesi, tra
la fine del 1990 e l'inizio del '91. Se Previti, com'è irrevocabilmente
accertato, pagò Metta per conto della famiglia Rovelli per vincere la causa
(altrimenti persa) dell'Imi-Sir; se Previti pagò Metta per conto di
Berlusconi per vincere la causa (altrimenti persa) del lodo Mondadori; ecco,
se è vero tutto questo, per conto di chi Previti pagava Squillante? E perché
Squillante, nel 1988, al termine della causa Sme vinta da Berlusconi e
Barilla e persa da De Benedetti, ricevette 100 milioni estero su estero
tramite Previti e Pacifico da Barilla, cioè dal socio di Berlusconi che non
conosceva né Pacifico, né Previti, né Squillante? Questi erano i termini
della questione che ieri i giudici dovevano risolvere. Hanno stabilito che,
per i 100 milioni di Barilla a Squillante, «il fatto non sussiste»: sarà
stato un omaggio a un giudice che stava particolarmente simpatico al re
della pasta (che però non lo conosceva). Quanto ai 500 milioni della
Fininvest a Squillante, Previti avrà fatto tutto da solo. Pur non essendo
coinvolto personalmente in alcun processo (all'epoca, almeno), pagava il
capo dell'ufficio Istruzione di Roma con soldi di Berlusconi, ma all'
insaputa di Berlusconi, che non gli ha mai chiesto conto dei suoi quattrini
(ma adesso lo farà, oh se lo farà: andrà da Previti, presso la comunità di
recupero per tossicodipendenti dove sta scontando la pena, lo prenderà per
il bavero e lo strapazzerà a dovere, per avergli causato tanti guai con la
giustizia). O almeno non c'è la prova, nemmeno logica, che Berlusconi lo
sapesse. Squillante, quando gli telefonava per gli auguri di Capodanno o
negoziava il suo seggio al Senato, non gli parlò mai di quei generosi
bonifici in Svizzera. Che so, per ringraziarlo. Invece niente, nemmeno una
parola gentile. Che ingrato.

Mangia che ti passa


E’ una filosofia e come tale si occupa dello studio di vari aspetti della vita umana: comportamento, pensiero, respirazione, esercizio fisico, rapporti, abitudini, usi e costumi, cultura, idee e coscienza, ecc.
L’alimentazione moderna si sta allontanando sempre di più dalla reale necessità del nostro corpo inteso come fabbisogno nutrizionale (e non solo) portando la salute pubblica ad un punto critico con una crescente incidenza di malattie.

Cibi raffinati, ricchi di conservanti, additivi, coloranti, grassi, zuccheri, non sono certo quello di cui l’organismo ha bisogno. Le previsioni affermano che nei prossimi anni avremo un’ incidenza aumentata di malattie neoplastiche, degenerative e autoimmuni come l’ alzheimer e la sclerosi multipla.
Anche le cardiopatie, le allergie, i reumatismi, le artriti, il diabete, le disfunzioni sessuali e i disturbi mentali sono in aumento, in parte correlate ad una alimentazione scorretta e dannosa.
Cambiare abitudini alimentari è possibile ma è necessaria la consapevolezza di voler cambiare.
Questa è la strada da seguire per il miglioramento della salute fisica e mentale, per aggiungere vita ai nostri anni e per fermare la spirale di declino e degenerazione della società moderna. Il successo di tutto ha origine nella cucina di ogni casa e da chi si prende cura della preparazione del cibo quotidiano.

La Cia in venezuela trama contro Chavez?

DI CHRIS CARLSON
Information Clearing House

"Voglio uccidere quel figlio di puttana", ha dichiarato il capitano della Guardia Nazionale venezuelana, Thomas Guillen, in una telefonata registrata alla moglie. Durante la conversazione, mandata in onda lo scorso mese sulla tv di stato venezuelana, il capitano ha rivelato il piano, elaborato assieme al padre, per uccidere il presidente Hugo Chávez. Il giorno seguente, il capitano e suo padre, Ramon Guillén Dávila, generale ritirato, sono stati arrestati e incarcerati per aver cospirato contro il Presidente del Venezuela. [1]

Nelle ultime settimane, Hugo Chávez ha a più riprese avvertito che gli Usa tramano per farlo fuori e stanno aumentando le attività dirette contro il suo governo e la sua persona. Chávez ha anche affermato che la CIA sta lavorando con alcuni contatti del famoso terrorista cubano, nonché agente CIA, Posada Carriles, elaborando piani per il suo assassinio. C'è qualche verità in tutto ciò? Potrebbe essere un'altra classica cospirazione della CIA al fine di uccidere un nuovo "nemico” ufficiale degli Stati Uniti? Una rapida occhiata ai legami tra CIA e il generale Ramon Guillén Dávila mostra che la possibilità è decisamente fondata.

Gli Stati Uniti riescono ad allungare i tentacoli verso molti paesi in tutto il mondo in molti modi, influenzando e intervenendo nella politica delle nazioni sovrane. In America Latina, uno dei metodi più comuni è attraverso le cosiddette "operazioni anti-droga". La CIA notoriamente ha compiuto operazioni “anti-droga” in paesi come Bolivia, Colombia ed Ecuador.

In Venezuela, queste operazioni “anti-droga” create ad hoc dalla CIA vennero guidate negli anni '80 dallo stesso generale Ramon Guillén Dávila che negli ultimi tempi progettava l'attentato a Chávez. Stando al Miami Herald, Guillen era l'uomo più fidato della CIA in Venezuela e il più vecchio collaboratore officiale della CIA nel 1980. [2]

A capo della Guardia Nazionale del Venezuela, Guillén lavorò a stretto contatto con la CIA per le infiltrazioni e la raccolta di informazioni sul traffico di narcotici colombiano. Ma invece di frenare le operazioni di droga, Guillén e la CIA finirono per importare cocaina loro stessi e l'intera faccenda venne a galla quando “60 Minutes” [“60 minuti”, trasmissione della CBS News, generalmente basata su documentari di tipo politico, ndt] mandò in onda un servizio esplosivo nel 1993. La CIA aveva collaborato con Guillén per far entrare clandestinamente l'incredibile quantità di 22 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti. [3]

Dopo che la dogana ebbe intercettato un carico di cocaina giunto nel paese attraverso l'aeroporto internazionale di Miami, un'indagine officiale stabilì la responsabilità del generale Guillén. Ma secondo il giornalista investigativo Michael Levine, Guillén era una “risorsa” che operava dietro ordini e protezione della CIA, fatto poi ammesso dall' “Agenzia” stessa. Il generale Guillén non venne mai estradato per processo negli Stati Uniti. [4]

Quindi, il generale Ramon Guillén Dávila è ancora una “risorsa” CIA che lavora al progetto di estromissione del presidente venezuelano? Che il generale abbia mantenuto o meno i legami con la CIA, sembra comunque un ottimo candidato per i tentativi di destabilizzazione del governo di Chávez.

Stando alla pagina web “School of the Americas Watch” [L'osservatore della Scuola delle Americhe, ndt], il generale Guillén si è laureato nella peggiore scuola di addestramento al combattimento degli Stati Uniti nel 1967. [5] La Scuola delle Americhe, divenuta nel 2001 l'Istituto dell'Emisfero Occidentale per la Cooperazione e la Sicurezza, è una base militare statunitense utilizzata per addestrare soldati latino-americani in tecniche di contro-rivolta e tattiche da interrogatorio.

Uno dei vari tentacoli dell'impero statunitense, la Scuola delle Americhe è altresì nota come "la più grande organizzazione per la destabilizzazione in America Latina". Situata in Fort Benning, Georgia, la Scuola invia i suoi laureati in tutta la regione per reprimere movimenti comunisti, o di sinistra, e per influnzare le decisioni politiche nei paesi dell'America Latina. La scuola si è generalmente schierata a favore di regimi che facevano uso delle squadre della morte e della tortura per tenere a bada la popolazione.

La scorsa settimana, durante il 5° anniversario del tentato colpo di stato del 2002, orchestrato dagli USA contro il governo venezuelano, Chávez ha sottolineato che "l'impero non ha requie". Ha dato per certo che gli Stati Uniti, in combutta con l'élite venezuelana, continueranno a cospirare per estrometterlo dal potere, non avendo mai accettato la Rivoluzione Bolivariana.

Non sorprenderebbe, in ogni caso, se la CIA stesse organizzando un attentato o un golpe contro Hugo Chávez. Questa organizzazione criminale ha una lunga e sordida storia di operazioni segrete tra cui assassinii, guerra economica ed elezioni truccate. Solo in America Latina, la CIA ha rovesciato numerosi regimi in Nicaragua, Cile, Panama, Brasile, Grenada, Repubblica Dominicana, Guatemala e, recentemente, ad Haiti nel 2004.

Al contrario, susciterebbe veramente sorpresa se la CIA non stesse cercando di liberarsi in qualche modo del popolare presidente venezuelano. In fondo, Chávez ha dato prova di essere una potenziale minaccia agli interessi dell'impero statunitense e dei suoi sponsor multinazionali. Chávez ha vigorosamente respinto l'ordine del giorno della neo-liberale Washington, nazionalizzando ampi settori dell'economia, liberando il suo paese dal controllo del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, rafforzando l'OPEC [Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio], riprendendo possesso dell'industria petrolifera nazionale e intensificando l'interazione nel Sud del mondo.

Tuttavia la più grave minaccia agli interessi dell'impero statunitense è che la rivoluzione in Venezuela sia di esempio entro la regione, contagiando altri paesi. Nazioni come la Bolivia e l'Ecuador vivono in questo momento le rispettive rivoluzioni, ricalcando l'esperienza venezuelana.

Sembra altamente probabile che la “risorsa” di un tempo della CIA, il generale Ramon Guillén Dávila, stesse cospirando con essa per eliminare il movimento sinistroide più consolidato dell'America Latina, ad oggi. Ma a prescindere dal fatto che la CIA riesca a domare l'incendio in Venezuela, potrebbe essere comunque troppo tardi per contrastare l'ondata di rivoluzioni nella regione.

Chris Carlson è attivista e giornalista freelance in Venezuela

05 maggio 2007

Fatti accertati e misteri insoluti



di Marco Travaglio

Naturalmente come si dice in questi casi, bisogna attendere le motivazioni
della sentenza. Ma già dal dispositivo della II sezione della Corte d'
appello di Milano nel processo Sme-Ariosto qualcosa si può arguire. Dunque
Silvio Berlusconi «non ha commesso il fatto». O, meglio, non ci sono prove
sufficienti che lo abbia commesso.

Questo vuol dire infatti il comma 2 dell'articolo 530 del codice di
procedura penale. Il fatto però c'è, tant'è che gli altri imputati - gli
avvocati Previti e Pacifico, e il giudice Squillante - furono condannati in
primo e secondo grado per corruzione (semplice per i due legali, giudiziaria
per l'ex magistrato), salvo poi salvarsi in corner grazie alla sentenza
della Cassazione che l'anno scorso, smentendo se stessa, decise di spedire
il processo a Perugia perché ricominciasse da capo. Anzi, non ricominciasse
affatto perché, mentre le carte viaggiavano dal Palazzaccio verso Perugia, è
scattata la prescrizione. Qual è dunque il fatto? Il bonifico bancario di
434.404 dollari (500 milioni di lire tondi tondi) che il 5 marzo 1991 partì
dal conto svizzero Ferrido della All Iberian (cassaforte estera di casa
Fininvest, alimentata dalla Silvio Berlusconi Finanziaria) e in pochi minuti
transitò sul conto svizzero Mercier di Previti e di lì al conto svizzero
Rowena di Squillante. Un bonifico molto imbarazzante per Berlusconi, che di
Squillante era amico (si telefonavano per gli auguri di Capodanno,
Squillante lo inquisì e lo interrogò e poi lo prosciolse nel 1985 in un
processo per antenne abusive, poi il Cavaliere tentò di nominarlo ministro
della Giustizia e gli offrì pure un collegio sicuro al Senato). Tant'è che l
'allora premier tentò di sbarazzarsi delle prove giunte per rogatoria dalla
Svizzera (legge sulle rogatorie, 2001), poi del giudice Brambilla che lo
stava giudicando in primo grado (trasferito nel gennaio 2002 dall'apposito
ministro Castelli), poi direttamente del processo (lodo Maccanico-Schifani
del 2003 sull'impunità per le alte cariche dello Stato). Fu tutto vano.
Ottenuto lo stralcio che separava il suo processo da quello a carico dei
coimputati, Berlusconi fu poi processato da un altro collegio e ritenuto
colpevole per quel fatto. Ma si salvò per la prescrizione, grazie alla
generosa concessione (per la settima volta) delle attenuanti generiche.
Contro quel grazioso omaggio, la Procura ricorse in appello affinché,
spogliato delle attenuanti, il Cavaliere fosse condannato. A quel punto l'
imputato, tramite il suo onorevole avvocato Pecorella, varò una legge che
aboliva i processi d'appello dopo i proscioglimenti di primo grado: per
esempio, il suo. La legge fu bocciata da Ciampi in quanto incostituzionale.
Lui allora prorogò la legislatura per farla riapprovare tale e quale. Poi la
Consulta la cancellò in quanto incostituzionale, e l'appello ripartì. Ieri s
'è concluso con questa bella sentenza.

Insomma la condotta berlusconiana non somigliava proprio a quella di un
imputato innocente. «Mai visto un innocente darsi tanto da fare per farla
franca», commentò efficacemente Daniele Luttazzi. Tant'è che ieri, alla
notizia dell'assoluzione (per quanto dubitativa e ancora soggetta a un
possibile annullamento in Cassazione), il più sorpreso era proprio lui, il
Cavaliere. Era innocente o quasi, ma non lo sapeva. O forse non aveva mai
preso in considerazione l'ipotesi.

In attesa delle motivazioni, che si annunciano avvincenti, la questione è
molto semplice. Cesare Previti è stato definitivamente condannato a 6 anni
per aver corrotto un giudice, Vittorio Metta, in cambio della sentenza
Imi-Sir del 1990 (tra l'altro, la sentenza che lo dichiara pure interdetto
in perpetuo dai pubblici uffici, è del 4 maggio 2006, ma a un anno di
distanza l'onorevole pregiudicato interdetto è ancora deputato a spese
nostre). Due mesi fa la Corte d'appello di Milano l'ha condannato a un altro
anno e 8 mesi per aver corrotto lo stesso giudice Metta in cambio della
sentenza che, due mesi dopo di quella Imi-Sir, toglieva la Mondadori a De
Benedetti per regalarla a Berlusconi (che, processato come mandante di
quella mazzetta, è uscito da quel processo grazie alle attenuanti generiche
e alla conseguente prescrizione). Restava da definire il ruolo di Berlusconi
in quel versamento estero su estero a Squillante, risalente a un mese dopo
la sentenza Mondadori: marzo 1991. Tre tangenti giudiziarie in 5 mesi, tra
la fine del 1990 e l'inizio del '91. Se Previti, com'è irrevocabilmente
accertato, pagò Metta per conto della famiglia Rovelli per vincere la causa
(altrimenti persa) dell'Imi-Sir; se Previti pagò Metta per conto di
Berlusconi per vincere la causa (altrimenti persa) del lodo Mondadori; ecco,
se è vero tutto questo, per conto di chi Previti pagava Squillante? E perché
Squillante, nel 1988, al termine della causa Sme vinta da Berlusconi e
Barilla e persa da De Benedetti, ricevette 100 milioni estero su estero
tramite Previti e Pacifico da Barilla, cioè dal socio di Berlusconi che non
conosceva né Pacifico, né Previti, né Squillante? Questi erano i termini
della questione che ieri i giudici dovevano risolvere. Hanno stabilito che,
per i 100 milioni di Barilla a Squillante, «il fatto non sussiste»: sarà
stato un omaggio a un giudice che stava particolarmente simpatico al re
della pasta (che però non lo conosceva). Quanto ai 500 milioni della
Fininvest a Squillante, Previti avrà fatto tutto da solo. Pur non essendo
coinvolto personalmente in alcun processo (all'epoca, almeno), pagava il
capo dell'ufficio Istruzione di Roma con soldi di Berlusconi, ma all'
insaputa di Berlusconi, che non gli ha mai chiesto conto dei suoi quattrini
(ma adesso lo farà, oh se lo farà: andrà da Previti, presso la comunità di
recupero per tossicodipendenti dove sta scontando la pena, lo prenderà per
il bavero e lo strapazzerà a dovere, per avergli causato tanti guai con la
giustizia). O almeno non c'è la prova, nemmeno logica, che Berlusconi lo
sapesse. Squillante, quando gli telefonava per gli auguri di Capodanno o
negoziava il suo seggio al Senato, non gli parlò mai di quei generosi
bonifici in Svizzera. Che so, per ringraziarlo. Invece niente, nemmeno una
parola gentile. Che ingrato.

Mangia che ti passa


E’ una filosofia e come tale si occupa dello studio di vari aspetti della vita umana: comportamento, pensiero, respirazione, esercizio fisico, rapporti, abitudini, usi e costumi, cultura, idee e coscienza, ecc.
L’alimentazione moderna si sta allontanando sempre di più dalla reale necessità del nostro corpo inteso come fabbisogno nutrizionale (e non solo) portando la salute pubblica ad un punto critico con una crescente incidenza di malattie.

Cibi raffinati, ricchi di conservanti, additivi, coloranti, grassi, zuccheri, non sono certo quello di cui l’organismo ha bisogno. Le previsioni affermano che nei prossimi anni avremo un’ incidenza aumentata di malattie neoplastiche, degenerative e autoimmuni come l’ alzheimer e la sclerosi multipla.
Anche le cardiopatie, le allergie, i reumatismi, le artriti, il diabete, le disfunzioni sessuali e i disturbi mentali sono in aumento, in parte correlate ad una alimentazione scorretta e dannosa.
Cambiare abitudini alimentari è possibile ma è necessaria la consapevolezza di voler cambiare.
Questa è la strada da seguire per il miglioramento della salute fisica e mentale, per aggiungere vita ai nostri anni e per fermare la spirale di declino e degenerazione della società moderna. Il successo di tutto ha origine nella cucina di ogni casa e da chi si prende cura della preparazione del cibo quotidiano.

La Cia in venezuela trama contro Chavez?

DI CHRIS CARLSON
Information Clearing House

"Voglio uccidere quel figlio di puttana", ha dichiarato il capitano della Guardia Nazionale venezuelana, Thomas Guillen, in una telefonata registrata alla moglie. Durante la conversazione, mandata in onda lo scorso mese sulla tv di stato venezuelana, il capitano ha rivelato il piano, elaborato assieme al padre, per uccidere il presidente Hugo Chávez. Il giorno seguente, il capitano e suo padre, Ramon Guillén Dávila, generale ritirato, sono stati arrestati e incarcerati per aver cospirato contro il Presidente del Venezuela. [1]

Nelle ultime settimane, Hugo Chávez ha a più riprese avvertito che gli Usa tramano per farlo fuori e stanno aumentando le attività dirette contro il suo governo e la sua persona. Chávez ha anche affermato che la CIA sta lavorando con alcuni contatti del famoso terrorista cubano, nonché agente CIA, Posada Carriles, elaborando piani per il suo assassinio. C'è qualche verità in tutto ciò? Potrebbe essere un'altra classica cospirazione della CIA al fine di uccidere un nuovo "nemico” ufficiale degli Stati Uniti? Una rapida occhiata ai legami tra CIA e il generale Ramon Guillén Dávila mostra che la possibilità è decisamente fondata.

Gli Stati Uniti riescono ad allungare i tentacoli verso molti paesi in tutto il mondo in molti modi, influenzando e intervenendo nella politica delle nazioni sovrane. In America Latina, uno dei metodi più comuni è attraverso le cosiddette "operazioni anti-droga". La CIA notoriamente ha compiuto operazioni “anti-droga” in paesi come Bolivia, Colombia ed Ecuador.

In Venezuela, queste operazioni “anti-droga” create ad hoc dalla CIA vennero guidate negli anni '80 dallo stesso generale Ramon Guillén Dávila che negli ultimi tempi progettava l'attentato a Chávez. Stando al Miami Herald, Guillen era l'uomo più fidato della CIA in Venezuela e il più vecchio collaboratore officiale della CIA nel 1980. [2]

A capo della Guardia Nazionale del Venezuela, Guillén lavorò a stretto contatto con la CIA per le infiltrazioni e la raccolta di informazioni sul traffico di narcotici colombiano. Ma invece di frenare le operazioni di droga, Guillén e la CIA finirono per importare cocaina loro stessi e l'intera faccenda venne a galla quando “60 Minutes” [“60 minuti”, trasmissione della CBS News, generalmente basata su documentari di tipo politico, ndt] mandò in onda un servizio esplosivo nel 1993. La CIA aveva collaborato con Guillén per far entrare clandestinamente l'incredibile quantità di 22 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti. [3]

Dopo che la dogana ebbe intercettato un carico di cocaina giunto nel paese attraverso l'aeroporto internazionale di Miami, un'indagine officiale stabilì la responsabilità del generale Guillén. Ma secondo il giornalista investigativo Michael Levine, Guillén era una “risorsa” che operava dietro ordini e protezione della CIA, fatto poi ammesso dall' “Agenzia” stessa. Il generale Guillén non venne mai estradato per processo negli Stati Uniti. [4]

Quindi, il generale Ramon Guillén Dávila è ancora una “risorsa” CIA che lavora al progetto di estromissione del presidente venezuelano? Che il generale abbia mantenuto o meno i legami con la CIA, sembra comunque un ottimo candidato per i tentativi di destabilizzazione del governo di Chávez.

Stando alla pagina web “School of the Americas Watch” [L'osservatore della Scuola delle Americhe, ndt], il generale Guillén si è laureato nella peggiore scuola di addestramento al combattimento degli Stati Uniti nel 1967. [5] La Scuola delle Americhe, divenuta nel 2001 l'Istituto dell'Emisfero Occidentale per la Cooperazione e la Sicurezza, è una base militare statunitense utilizzata per addestrare soldati latino-americani in tecniche di contro-rivolta e tattiche da interrogatorio.

Uno dei vari tentacoli dell'impero statunitense, la Scuola delle Americhe è altresì nota come "la più grande organizzazione per la destabilizzazione in America Latina". Situata in Fort Benning, Georgia, la Scuola invia i suoi laureati in tutta la regione per reprimere movimenti comunisti, o di sinistra, e per influnzare le decisioni politiche nei paesi dell'America Latina. La scuola si è generalmente schierata a favore di regimi che facevano uso delle squadre della morte e della tortura per tenere a bada la popolazione.

La scorsa settimana, durante il 5° anniversario del tentato colpo di stato del 2002, orchestrato dagli USA contro il governo venezuelano, Chávez ha sottolineato che "l'impero non ha requie". Ha dato per certo che gli Stati Uniti, in combutta con l'élite venezuelana, continueranno a cospirare per estrometterlo dal potere, non avendo mai accettato la Rivoluzione Bolivariana.

Non sorprenderebbe, in ogni caso, se la CIA stesse organizzando un attentato o un golpe contro Hugo Chávez. Questa organizzazione criminale ha una lunga e sordida storia di operazioni segrete tra cui assassinii, guerra economica ed elezioni truccate. Solo in America Latina, la CIA ha rovesciato numerosi regimi in Nicaragua, Cile, Panama, Brasile, Grenada, Repubblica Dominicana, Guatemala e, recentemente, ad Haiti nel 2004.

Al contrario, susciterebbe veramente sorpresa se la CIA non stesse cercando di liberarsi in qualche modo del popolare presidente venezuelano. In fondo, Chávez ha dato prova di essere una potenziale minaccia agli interessi dell'impero statunitense e dei suoi sponsor multinazionali. Chávez ha vigorosamente respinto l'ordine del giorno della neo-liberale Washington, nazionalizzando ampi settori dell'economia, liberando il suo paese dal controllo del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, rafforzando l'OPEC [Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio], riprendendo possesso dell'industria petrolifera nazionale e intensificando l'interazione nel Sud del mondo.

Tuttavia la più grave minaccia agli interessi dell'impero statunitense è che la rivoluzione in Venezuela sia di esempio entro la regione, contagiando altri paesi. Nazioni come la Bolivia e l'Ecuador vivono in questo momento le rispettive rivoluzioni, ricalcando l'esperienza venezuelana.

Sembra altamente probabile che la “risorsa” di un tempo della CIA, il generale Ramon Guillén Dávila, stesse cospirando con essa per eliminare il movimento sinistroide più consolidato dell'America Latina, ad oggi. Ma a prescindere dal fatto che la CIA riesca a domare l'incendio in Venezuela, potrebbe essere comunque troppo tardi per contrastare l'ondata di rivoluzioni nella regione.

Chris Carlson è attivista e giornalista freelance in Venezuela