09 luglio 2007

Garibaldi: pirata, massone e ... Padre della Patria


Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Non esiste
città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo. Portava i
capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.

Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all'idea della
fratellanza umana ed universale e all'abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea
dell'unificazione italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.

Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un'
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d'Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.

Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 "...si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas". Al diavolo la
lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi. A Rio de
Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia. Nel 1836
chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.

Quest'uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all'Impero Britannico contrastando
l'egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.

L'indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: "... Garibaldi. Il presidente d'Italia è stato
nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario". La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.

Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d'alto grado.

Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo : "Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge
, e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto,
come prova l'affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l'infame furto di tutto il denaro dell'erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa".

Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall'
esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l'apparato mafioso della Trinacria. A Bronte fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato "usurpare" le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.

Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.

Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro cubo di
letame" in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell'Italia e dell'
unità". Considerava il papa "...la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli", inoltre affermò che:
"...Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file" . Era chiaro l'obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie, sulle banche.

Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d'Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.

08 luglio 2007

2001-2006. Segreti ... ma di quale STATO?


Berlusconi fa sapere che, con le spiate del Sismi nominato dal governo Berlusconi, Berlusconi non c’entra. Del resto, se anziché spiare i terroristi islamici e nostrani, i mafiosi, i camorristi e gli ’ndranghetisti, il duo Pompa&Pollari spiava magistrati, politici d’opposizione e giornalisti ritenuti ostili a Berlusconi, chi mai potrebbe sospettare che lo facesse per conto di Berlusconi? È vero, i dossier di Spio Pompa su Prodi finivano dritti e filati su Libero per la firma di Renato Farina, intervistatore di fiducia di Berlusconi stipendiato dal Sismi. Ma Berlusconi non c’entra. I dossier su inesistenti vertici a Lugano tra magistrati italiani e stranieri ansiosi di arrestare Berlusconi finivano su Panorama di Berlusconi, sul Foglio di Berlusconi e sul Giornale di Berlusconi per la penna di Lino Jannuzzi, senatore del partito di Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra.

Pompa e Pollari maneggiavano dossier sulla Telekom Serbia che foraggiavano l’omonima commissione creata da Berlusconi per dimostrare la corruzione degli oppositori di Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra. Le teorie sul planetario complotto mediatico-giudiziario ai danni di Berlusconi formulate chez Pompa venivano copiate pari pari e rilanciate da Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra. I giornalisti che scrivevano cose turpi (e dunque vere) su Berlusconi venivano pedinati da uomini del Sismi a spese dei contribuenti, ma Berlusconi non c’entra. Nei dossier di via Nazionale si progettava di «disarticolare con mezzi traumatici» i magistrati che indagavano su Berlusconi e i suoi cari, ma Berlusconi non c’entra.

Pompa nel 2001 scriveva a Berlusconi: «Sarò, se Lei vorrà, il Suo uomo fedele e leale… Desidero averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro. Un lavoro che vorrei concordare con Lei quando potrò, se lo riterrà opportuno, nuovamente incontrarLa… Insieme a don Luigi (Verzè, ndr) voglio impegnarmi a fondo, com’è nella tradizione contadina della mia famiglia, nella difesa della Sua straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza», ma Berlusconi non c’entra. In un paese decente, per molto meno, si parlerebbe di regime, tantopiù se si associa il caso Sismi a quanto sta emergendo sulla «macelleria messicana» del G8 di Genova («uno a zero per noi!», esultava nel 2001 un poliziotto dopo la morte di Carlo Giuliani) e chi ha avuto responsabilità anche solo politiche in questi sporchi affari andrebbe ipso facto a casa, o forse in luoghi meno ospitali. Invece da noi la parola «regime» è stata per 5 anni vietata dalla stessa sinistra (dava l’«orticaria», come ben ricorda Furio Colombo) e non si dimette nessuno.

La classe politica, salvo rare eccezioni, guarda a questi scandali con annoiata sufficienza. Poi c’è qualche furbastro trasversale che coglie la palla al balzo per varare la tanto sospirata commissione d’inchiesta sulle intercettazioni. Naturalmente le deviazioni istituzionali del Sismi non c’entrano: le intercettazioni non le fa il Sismi, ma i magistrati, che proprio grazie alle intercettazioni hanno scoperto i dossieraggi e le complicità dei vertici del servizio militare in un sequestro di persona, prima che il governo opponesse un inesistente segreto di Stato e bloccasse il processo. Non facciano i furbi: la commissione sulle intercettazioni non è contro i dossieraggi illegali, è contro i magistrati che applicano le leggi.

Semmai, se le commissioni servissero a qualcosa, ne andrebbe creata una sulle imprese del Sismi e degli altri apparati di spionaggio abusivi con copertura istituzionali, come quello di Telecom. Invece abbiamo indagato per 5 anni su Mitrokhin, cioè sullo spionaggio sovietico, tema senz’altro stimolante se non avessimo in casa due o tre centrali di spionaggio italiano. Ma il tema non appassiona nessuno, a parte la magistratura, ostacolata in ogni modo. Sarebbe interessante conoscere il parere degl’intellettuali “liberali” che ogni due per tre intasano le prime pagine per denunciare le «invasioni di campo» della magistratura nella politica e nella privacy dei cittadini inermi.

Che ne dicono delle invasioni di campo del Sismi nella politica e nella libera informazione, spiate a spese dei contribuenti addirittura nei pubblici convegni e nelle presentazioni di libri? Come si chiamano i posti in cui avvengono queste cose, se non regimi? I Panebianchi, gli Ostellini, i Galli della Loggia e altri liberali a 24 carati staranno preparando articoli di fuoco sull’argomento. Speriamo pure di leggerli, prima o poi.
Marco Travaglio

04 luglio 2007

Il gioco delle 3 carte: Stato, Banca, Politica


Il gioco delle tre carte non ammette vincite. vedi il trucco
Lavoriamo sei o sette mesi l’anno solo per pagare le tasse a uno Stato inefficiente e corrotto, e la maggior parte delle tasse va a pagare interessi sul debito pubblico, mentre per ricerca scientifica, servizi, politiche sociali rimangono solo le briciole; e mentre leggiamo che pubblici amministratori, che si dichiarano sociali, cristiani, di sinistra, democratici, senza passare per un dibattito popolare, pianificano la shoà per inquinamento e cancro dei loro stessi elettori a beneficio di interessi economici non si sa bene di chi .
Questa situazione può sembrare pazzesca, assurda, ma non lo è: essa è stata creata e viene mantenuta per interessi ben precisi e riconoscibili.
Le Banche Centrali, come la Banca Centrale Europea (ossia, quelle che emettono il denaro e fanno credito alle altre banche e allo Stato), sono società per azioni di proprietà privata le cui proprietarie-azioniste sono complessivamente banche e società o soggetti privati, spesso assai ben mascherati. Esse emettono in un anno denaro - supponiamo, per un valore 100 miliardi di Euro - per prestarlo allo Stato e alle banche di credito (all’emettere denaro equivale, a questi effetti, il far credito allo Stato e alle banche di credito).
Ciò facendo, la Banca Centrale, unilateralmente, senza nulla dare, si 'dona' un valore (potere di acquisto) pari a 100 miliardi: si arricchisce di 100 miliardi, incrementa gratis il proprio patrimonio. Perciò dovrebbe segnare 100 miliardi nell'attivo del suo bilancio, e pagare su 100 le tasse - cioè dovrebbe pagare circa 30 miliardi. E, siccome emette denaro che presta anche alle banche di credito, diciamo altri 100 miliardi, dovrebbe pagare le tasse anche su questa autocreazione di ricchezza. Totale tasse: circa 60 miliardi. Oltre alle tasse dovute sugli interessi percepiti a seguito dei prestiti.
Non sto suggerendo che la Banca Centrale dovrebbe pagare le tasse sul denaro che emette -se lo facesse, scaricherebbe a valle il costo- ma sto affermando che essa dovrebbe essere proprietà del popolo. Però, se pagasse queste tasse, e se pagasse le tasse sul suo principale asset patrimoniale, che è lo stesso potere monopolistico di emettere soldi e credito, donatole dallo Stato - se pagasse le tasse su questi elementi attivi, rapidamente il debito pubblico degli Stati si azzererebbe. E, siccome, nei Paesi occidentali, il 30-60% delle tasse viene pagato in conto di interessi sul debito pubblico, la nostra vita pratica cambierebbe rapidamente: lo Stato avrebbe i soldi per fare tutte le opere sociali, la ricerca scientifica, le infrastrutture, etc.
Invece, la Banca Centrale non segna quell’aumento della sua ricchezza nel passivo: - 100 miliardi (come ai tempi in cui l’emissione era coperta dal valore aureo -la c.d. riserva-, sicchè si metteva all'attivo patrimoniale la riserva, e al passivo il valore nominale dell'emissione - ma ora la riserva non c’è più e il denaro non è più convertibile in oro, dal 1929 circa, è solo pezzi di carta stampati). Così, non solo non paga tasse su questo importo attivo, ma, per giunta, lo detrae dagli altri ricavi (interessi), evitando di pagare le tasse pure su questi.
Quanto sopra spiega il fatto, altrimenti assurdo, che la Banca Centrale e (talora) le altre banche prestano soldi a un tasso di interesse pari o inferiore al tasso di svalutazione reale: esse guadagnano il 100% sull'emissione - è questo il grande, fraudolento guadagno.
Inoltre, se la Banca Centrale emette e presta 100, le dovrà essere ritornato, alla fine, mediamente 200, considerati gli interessi. Ma quel 100 in più dovrà a sua volta provenire, ultimamente, dalla Banca Centrale, ossia dovrà essere preso a prestito -producendo un ulteriore guadagno del 100% in favore della Banca Centrale, ossia dei suoi proprietari. E su di esso dovranno essere pagati gli interessi - e via così, fino alla follia collettiva del vivere per pagare tasse e debiti. Debiti che, dovendo essere rimborsati con interessi, quindi con ulteriore indebitamento, non potranno mai essere rimborsati: il debito a interesse non si può, logicamente, estinguere con moneta presa essa stessa a debito. Il debito complessivo in moneta-debito non può che aumentare e i debitori possono rimborsarlo solo cedendo il loro lavoro e il loro patrimonio.
Questo è il quarto Potere, il Potere Bancario, quello reale, mondiale, sovranazionale, indipendente dal controllo della politica, come sancisce l’art. 107 del Trattato di Maastricht in favore della Banca Centrale Europea (dei suoi padroni), che fa di questa una sorta di stato estero e sovrano rispetto alla UE, il quale a quest’ultima impone le proprie decisioni.
Se venisse nazionalizzata la proprietà della moneta e la facoltà di emetterla, lo Stato non sarebbe più a debito, ma emetterebbe la moneta che gli serve senza pagare interessi. Non vi è alcun senso nel tenere una Banca Centrale, per giunta privata, a cui lo Stato regala il monopolio per l'emissione del denaro, e in cambio riceve... debito di capitale e interesse, e per giunta, permettendo quel sistematico, colossale trucco di bilancio (consistente nell’indicare come perdita ciò che è, al contrario, guadagno netto), perde un enorme gettito fiscale, che va invece a moltiplicare la ricchezza dei padroni delle banche, ossia il loro potere di acquistare i beni della collettività e di condizionare la sua politica.
Perchè lo Stato regala a un gruppo di azionisti privati il diritto di arricchirsi unilateralmente, senza niente dare, a spese della comunità e indebitando lo Stato stesso? Lo Stato lo fa non per beneficienza, ma perchè lo Stato, in realtà, è solo uno strumento, una facciata costruita da quei potentati privati con ben poca sostanziale democrazia, e che essenzialmente serve per aumentare la loro ricchezza, potenza, dominio sulla gente, per indebitarla verso di loro e per portarla docilmente a lavorare e vivere al loro servizio, camuffando la realtà. In fin dei conti, è a loro che paghiamo la maggior parte delle tasse.
In questo sistema, i politici (definiti da Ezra Pound “camerieri dei banchieri”), gli amministratori e i pubblici funzionari lavorano strutturalmente al servizio del capitale bancario (se non ci stanno, vengono boicottati e sostituiti), con la funzione di inscenare una finta dialettica democratica e una finta legalità (smentita dai continui scandali politico-bancari) al fine di ottenere consenso e obbedienza dei cittadini-contribuenti al sistema che li defrauda. Dato che sono impegnati in siffatto ruolo, basato sulla frode verso la gente comune, è inevitabile che tendano alla corruzione e all’abuso, ossia che cerchino di approfittare anche per sè stessi, oltre che per i loro mandanti - così come è inevitabile che le banche, anche le banche di credito, abbiano diritto di far quel che vogliono, strangolino piccoli e grandi imprenditori, assumano il controllo dell’economia.
Se qualcuno obietta che, qualora lo Stato potesse emettere denaro in proprio e non dovesse prenderlo a prestito da una Banca Privata, tenderebbe a emetterne troppo, producendo così una svalutazione, è facile replicare:
a) già così come stanno le cose, lo Stato tende a indebitarsi troppo, (quindi a indebitare troppo i cittadini) - il che è ancora peggio;
b) così come stanno le cose, la spesa dello Stato e le tasse dei cittadini vanno ad arricchire società private extranazionali, quindi impoveriscono i cittadini in favore di esse e li sottomettono al potere di esse (non può esistere sovranità politica senza sovranità monetaria);
c) se lo Stato emettesse moneta in proprio, si potrebbe limitare l'emissione con una norma costituzionale rigida;
d) anche se lo stato sovraemettesse, il valore di ogni emissione sarebbe accreditato, per legge, ai cittadini, come indennità o reddito sociale, secondo il disegno di legge del prof. Giacinto Auriti, già da anni depositato in Parlamento, che aspetta parlamentari abbastanza liberi dal potere e dagli interessi bancari, da portarlo in discussione.

marco della Luna

09 luglio 2007

Garibaldi: pirata, massone e ... Padre della Patria


Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Non esiste
città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo. Portava i
capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.

Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all'idea della
fratellanza umana ed universale e all'abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea
dell'unificazione italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.

Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un'
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d'Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.

Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 "...si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas". Al diavolo la
lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi. A Rio de
Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia. Nel 1836
chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.

Quest'uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all'Impero Britannico contrastando
l'egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.

L'indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: "... Garibaldi. Il presidente d'Italia è stato
nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario". La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.

Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d'alto grado.

Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo : "Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge
, e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto,
come prova l'affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l'infame furto di tutto il denaro dell'erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa".

Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall'
esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l'apparato mafioso della Trinacria. A Bronte fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato "usurpare" le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.

Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.

Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro cubo di
letame" in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell'Italia e dell'
unità". Considerava il papa "...la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli", inoltre affermò che:
"...Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file" . Era chiaro l'obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie, sulle banche.

Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d'Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.

08 luglio 2007

2001-2006. Segreti ... ma di quale STATO?


Berlusconi fa sapere che, con le spiate del Sismi nominato dal governo Berlusconi, Berlusconi non c’entra. Del resto, se anziché spiare i terroristi islamici e nostrani, i mafiosi, i camorristi e gli ’ndranghetisti, il duo Pompa&Pollari spiava magistrati, politici d’opposizione e giornalisti ritenuti ostili a Berlusconi, chi mai potrebbe sospettare che lo facesse per conto di Berlusconi? È vero, i dossier di Spio Pompa su Prodi finivano dritti e filati su Libero per la firma di Renato Farina, intervistatore di fiducia di Berlusconi stipendiato dal Sismi. Ma Berlusconi non c’entra. I dossier su inesistenti vertici a Lugano tra magistrati italiani e stranieri ansiosi di arrestare Berlusconi finivano su Panorama di Berlusconi, sul Foglio di Berlusconi e sul Giornale di Berlusconi per la penna di Lino Jannuzzi, senatore del partito di Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra.

Pompa e Pollari maneggiavano dossier sulla Telekom Serbia che foraggiavano l’omonima commissione creata da Berlusconi per dimostrare la corruzione degli oppositori di Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra. Le teorie sul planetario complotto mediatico-giudiziario ai danni di Berlusconi formulate chez Pompa venivano copiate pari pari e rilanciate da Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra. I giornalisti che scrivevano cose turpi (e dunque vere) su Berlusconi venivano pedinati da uomini del Sismi a spese dei contribuenti, ma Berlusconi non c’entra. Nei dossier di via Nazionale si progettava di «disarticolare con mezzi traumatici» i magistrati che indagavano su Berlusconi e i suoi cari, ma Berlusconi non c’entra.

Pompa nel 2001 scriveva a Berlusconi: «Sarò, se Lei vorrà, il Suo uomo fedele e leale… Desidero averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro. Un lavoro che vorrei concordare con Lei quando potrò, se lo riterrà opportuno, nuovamente incontrarLa… Insieme a don Luigi (Verzè, ndr) voglio impegnarmi a fondo, com’è nella tradizione contadina della mia famiglia, nella difesa della Sua straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza», ma Berlusconi non c’entra. In un paese decente, per molto meno, si parlerebbe di regime, tantopiù se si associa il caso Sismi a quanto sta emergendo sulla «macelleria messicana» del G8 di Genova («uno a zero per noi!», esultava nel 2001 un poliziotto dopo la morte di Carlo Giuliani) e chi ha avuto responsabilità anche solo politiche in questi sporchi affari andrebbe ipso facto a casa, o forse in luoghi meno ospitali. Invece da noi la parola «regime» è stata per 5 anni vietata dalla stessa sinistra (dava l’«orticaria», come ben ricorda Furio Colombo) e non si dimette nessuno.

La classe politica, salvo rare eccezioni, guarda a questi scandali con annoiata sufficienza. Poi c’è qualche furbastro trasversale che coglie la palla al balzo per varare la tanto sospirata commissione d’inchiesta sulle intercettazioni. Naturalmente le deviazioni istituzionali del Sismi non c’entrano: le intercettazioni non le fa il Sismi, ma i magistrati, che proprio grazie alle intercettazioni hanno scoperto i dossieraggi e le complicità dei vertici del servizio militare in un sequestro di persona, prima che il governo opponesse un inesistente segreto di Stato e bloccasse il processo. Non facciano i furbi: la commissione sulle intercettazioni non è contro i dossieraggi illegali, è contro i magistrati che applicano le leggi.

Semmai, se le commissioni servissero a qualcosa, ne andrebbe creata una sulle imprese del Sismi e degli altri apparati di spionaggio abusivi con copertura istituzionali, come quello di Telecom. Invece abbiamo indagato per 5 anni su Mitrokhin, cioè sullo spionaggio sovietico, tema senz’altro stimolante se non avessimo in casa due o tre centrali di spionaggio italiano. Ma il tema non appassiona nessuno, a parte la magistratura, ostacolata in ogni modo. Sarebbe interessante conoscere il parere degl’intellettuali “liberali” che ogni due per tre intasano le prime pagine per denunciare le «invasioni di campo» della magistratura nella politica e nella privacy dei cittadini inermi.

Che ne dicono delle invasioni di campo del Sismi nella politica e nella libera informazione, spiate a spese dei contribuenti addirittura nei pubblici convegni e nelle presentazioni di libri? Come si chiamano i posti in cui avvengono queste cose, se non regimi? I Panebianchi, gli Ostellini, i Galli della Loggia e altri liberali a 24 carati staranno preparando articoli di fuoco sull’argomento. Speriamo pure di leggerli, prima o poi.
Marco Travaglio

04 luglio 2007

Il gioco delle 3 carte: Stato, Banca, Politica


Il gioco delle tre carte non ammette vincite. vedi il trucco
Lavoriamo sei o sette mesi l’anno solo per pagare le tasse a uno Stato inefficiente e corrotto, e la maggior parte delle tasse va a pagare interessi sul debito pubblico, mentre per ricerca scientifica, servizi, politiche sociali rimangono solo le briciole; e mentre leggiamo che pubblici amministratori, che si dichiarano sociali, cristiani, di sinistra, democratici, senza passare per un dibattito popolare, pianificano la shoà per inquinamento e cancro dei loro stessi elettori a beneficio di interessi economici non si sa bene di chi .
Questa situazione può sembrare pazzesca, assurda, ma non lo è: essa è stata creata e viene mantenuta per interessi ben precisi e riconoscibili.
Le Banche Centrali, come la Banca Centrale Europea (ossia, quelle che emettono il denaro e fanno credito alle altre banche e allo Stato), sono società per azioni di proprietà privata le cui proprietarie-azioniste sono complessivamente banche e società o soggetti privati, spesso assai ben mascherati. Esse emettono in un anno denaro - supponiamo, per un valore 100 miliardi di Euro - per prestarlo allo Stato e alle banche di credito (all’emettere denaro equivale, a questi effetti, il far credito allo Stato e alle banche di credito).
Ciò facendo, la Banca Centrale, unilateralmente, senza nulla dare, si 'dona' un valore (potere di acquisto) pari a 100 miliardi: si arricchisce di 100 miliardi, incrementa gratis il proprio patrimonio. Perciò dovrebbe segnare 100 miliardi nell'attivo del suo bilancio, e pagare su 100 le tasse - cioè dovrebbe pagare circa 30 miliardi. E, siccome emette denaro che presta anche alle banche di credito, diciamo altri 100 miliardi, dovrebbe pagare le tasse anche su questa autocreazione di ricchezza. Totale tasse: circa 60 miliardi. Oltre alle tasse dovute sugli interessi percepiti a seguito dei prestiti.
Non sto suggerendo che la Banca Centrale dovrebbe pagare le tasse sul denaro che emette -se lo facesse, scaricherebbe a valle il costo- ma sto affermando che essa dovrebbe essere proprietà del popolo. Però, se pagasse queste tasse, e se pagasse le tasse sul suo principale asset patrimoniale, che è lo stesso potere monopolistico di emettere soldi e credito, donatole dallo Stato - se pagasse le tasse su questi elementi attivi, rapidamente il debito pubblico degli Stati si azzererebbe. E, siccome, nei Paesi occidentali, il 30-60% delle tasse viene pagato in conto di interessi sul debito pubblico, la nostra vita pratica cambierebbe rapidamente: lo Stato avrebbe i soldi per fare tutte le opere sociali, la ricerca scientifica, le infrastrutture, etc.
Invece, la Banca Centrale non segna quell’aumento della sua ricchezza nel passivo: - 100 miliardi (come ai tempi in cui l’emissione era coperta dal valore aureo -la c.d. riserva-, sicchè si metteva all'attivo patrimoniale la riserva, e al passivo il valore nominale dell'emissione - ma ora la riserva non c’è più e il denaro non è più convertibile in oro, dal 1929 circa, è solo pezzi di carta stampati). Così, non solo non paga tasse su questo importo attivo, ma, per giunta, lo detrae dagli altri ricavi (interessi), evitando di pagare le tasse pure su questi.
Quanto sopra spiega il fatto, altrimenti assurdo, che la Banca Centrale e (talora) le altre banche prestano soldi a un tasso di interesse pari o inferiore al tasso di svalutazione reale: esse guadagnano il 100% sull'emissione - è questo il grande, fraudolento guadagno.
Inoltre, se la Banca Centrale emette e presta 100, le dovrà essere ritornato, alla fine, mediamente 200, considerati gli interessi. Ma quel 100 in più dovrà a sua volta provenire, ultimamente, dalla Banca Centrale, ossia dovrà essere preso a prestito -producendo un ulteriore guadagno del 100% in favore della Banca Centrale, ossia dei suoi proprietari. E su di esso dovranno essere pagati gli interessi - e via così, fino alla follia collettiva del vivere per pagare tasse e debiti. Debiti che, dovendo essere rimborsati con interessi, quindi con ulteriore indebitamento, non potranno mai essere rimborsati: il debito a interesse non si può, logicamente, estinguere con moneta presa essa stessa a debito. Il debito complessivo in moneta-debito non può che aumentare e i debitori possono rimborsarlo solo cedendo il loro lavoro e il loro patrimonio.
Questo è il quarto Potere, il Potere Bancario, quello reale, mondiale, sovranazionale, indipendente dal controllo della politica, come sancisce l’art. 107 del Trattato di Maastricht in favore della Banca Centrale Europea (dei suoi padroni), che fa di questa una sorta di stato estero e sovrano rispetto alla UE, il quale a quest’ultima impone le proprie decisioni.
Se venisse nazionalizzata la proprietà della moneta e la facoltà di emetterla, lo Stato non sarebbe più a debito, ma emetterebbe la moneta che gli serve senza pagare interessi. Non vi è alcun senso nel tenere una Banca Centrale, per giunta privata, a cui lo Stato regala il monopolio per l'emissione del denaro, e in cambio riceve... debito di capitale e interesse, e per giunta, permettendo quel sistematico, colossale trucco di bilancio (consistente nell’indicare come perdita ciò che è, al contrario, guadagno netto), perde un enorme gettito fiscale, che va invece a moltiplicare la ricchezza dei padroni delle banche, ossia il loro potere di acquistare i beni della collettività e di condizionare la sua politica.
Perchè lo Stato regala a un gruppo di azionisti privati il diritto di arricchirsi unilateralmente, senza niente dare, a spese della comunità e indebitando lo Stato stesso? Lo Stato lo fa non per beneficienza, ma perchè lo Stato, in realtà, è solo uno strumento, una facciata costruita da quei potentati privati con ben poca sostanziale democrazia, e che essenzialmente serve per aumentare la loro ricchezza, potenza, dominio sulla gente, per indebitarla verso di loro e per portarla docilmente a lavorare e vivere al loro servizio, camuffando la realtà. In fin dei conti, è a loro che paghiamo la maggior parte delle tasse.
In questo sistema, i politici (definiti da Ezra Pound “camerieri dei banchieri”), gli amministratori e i pubblici funzionari lavorano strutturalmente al servizio del capitale bancario (se non ci stanno, vengono boicottati e sostituiti), con la funzione di inscenare una finta dialettica democratica e una finta legalità (smentita dai continui scandali politico-bancari) al fine di ottenere consenso e obbedienza dei cittadini-contribuenti al sistema che li defrauda. Dato che sono impegnati in siffatto ruolo, basato sulla frode verso la gente comune, è inevitabile che tendano alla corruzione e all’abuso, ossia che cerchino di approfittare anche per sè stessi, oltre che per i loro mandanti - così come è inevitabile che le banche, anche le banche di credito, abbiano diritto di far quel che vogliono, strangolino piccoli e grandi imprenditori, assumano il controllo dell’economia.
Se qualcuno obietta che, qualora lo Stato potesse emettere denaro in proprio e non dovesse prenderlo a prestito da una Banca Privata, tenderebbe a emetterne troppo, producendo così una svalutazione, è facile replicare:
a) già così come stanno le cose, lo Stato tende a indebitarsi troppo, (quindi a indebitare troppo i cittadini) - il che è ancora peggio;
b) così come stanno le cose, la spesa dello Stato e le tasse dei cittadini vanno ad arricchire società private extranazionali, quindi impoveriscono i cittadini in favore di esse e li sottomettono al potere di esse (non può esistere sovranità politica senza sovranità monetaria);
c) se lo Stato emettesse moneta in proprio, si potrebbe limitare l'emissione con una norma costituzionale rigida;
d) anche se lo stato sovraemettesse, il valore di ogni emissione sarebbe accreditato, per legge, ai cittadini, come indennità o reddito sociale, secondo il disegno di legge del prof. Giacinto Auriti, già da anni depositato in Parlamento, che aspetta parlamentari abbastanza liberi dal potere e dagli interessi bancari, da portarlo in discussione.

marco della Luna