06 settembre 2007

Collasso dell'economia globale: cosa sanno?


«Collasso dell’ordine globale» è per noi un’immagine paurosa ma vaga, che evoca prospettive tante volte ripetute ma difficilmente immaginabili: fine del petrolio, riscaldamento globale con siccità e dunque penurie e desertificazione, guerre per l’acqua, rottura del «mercato libero» e delle sue basi finanziare basate sul credito...
Sì, è facile elencare.
Ma provate a immaginare per un momento voi - ciascuno di voi - e la vostra famiglia, i vostri figli, nel «collasso dell’ordine globale».
Senza benzina e con energia scarsa, insufficiente e carissima.
Senza riscaldamento.
Con difficoltà alimentari, tesseramento e razionamento.
Senza lavoro e senza trasporti, e senza telefonini nè TV.
Tutto ciò che le masse danno per garantito e permanente - i consumi enormi, gli sprechi, la tecnologia dell’Occidente - può mancare entro dieci anni.
Noi riceviamo quasi tutto ciò che consumiamo da distanze immense, da trasporti facili ed economici: ci arrivano in container dalla Cina, dallìAsia, in tubature dalla Russia, dallìAlgeria. Non fabbrirhiamo noi la maggior parte delle merci che consumiamo, e non sappiamo più fabbricarle.
L’ordine globale è un sistema di interdipendenza: dipendiamo da altri, da stranieri, da estranei per tutto ciò che costituisce la nostra vita.
Se il sistema si rompe, si apre un’era nuova e antica.
L’era dell’autarchia, dove è meglio fabbricare le proprie merci e coltivare il proprio grano. Sappiamo farlo?
L’era dell’autarchia è l’epoca in cui i desideri superflui non si esaudiscono, anzi in cui nemmeno i bisogni reali e impellenti hanno piena soddisfazione.
Il collasso dell’ordine globale implica il ritorno a guerre di un certo tipo: armarsi per arraffare il petrolio o l’acqua ad altri.
L’Occidente in declino demografico non pare ben piazzato per questo: non ha abbastanza giovani da sacrificare per le nuove guerre di rapina, e i nostri giovani hanno mani lisce e bianche, sono signorini viziati.
Anche noi lo siamo.
Soprattutto, abbiamo perso le risorse interiori necessarie nelle età della penuria: la frugalità, il mutuo aiuto, lo spirito di sacrificio, la capacità di sopportare fame e freddo, la pazienza, la disciplina.
Nulla ci ha educato a quello, anzi abbiamo avuto l’educazione contraria: all’abbondanza senza impegno, alla festa perpetua del consumo e dello shopping, all’arroganza del «prima io».
Nell’era difficile del collasso globale, da noi, non è difficile prevedere quello che accadrà: il disordine, la sopraffazione, la guerra di tutti contro tutti per il tozzo di pane o per il privilegio. Quella che già ci scorre nelle vene, e che viene tenuta a bada dalla relativa abbondanza di cui tutti viviamo.
Per frenare il disordine anarchico si renderà necessaria la coercizione, l’autorità e la paura.
Chi ci comanderà, allora?
Quelli che ci comanderanno saranno degni del comando, o saranno come i nostri governanti di oggi, i primi ad arraffare la fetta migliore della torta, derubando la gente, e lasciando che noi - la maggior parte della società - si tiri fuori dagli stracci da sè, magari scannandosi?
Potete pensare che sto esagerando, come al solito.
Sì, quei signori sanno qualcosa.
Qualcosa che non ci dicono.E questo spiega, forse, parecchie delle cose incomprensibili che stanno facendo in questi anni.
Bush che coinvolge l’America in guerre disastrose, di durata indefinita, aprendo una voragine di debito nelle finanze dello Stato, come se sapesse che quel debito non lo pagherà mai; e intanto fa costruire campi di concentramento, per ora vuoti, e passa leggi di riduzione delle libertà personali, e prepara un «governo d’emergenza» pronto ad assicurare la «continuity of government» da bunker sotterranei.
O i finanzieri che impazzano in speculazioni sempre più dementi e arrischiate, come se mai dovessero renderne conto.
Guardate i potenti d’ogni parte, i politici e i miliardari d’ogni risma: tutti vivono e impazzano nel presente, ora per ora.
Sicuri dell’impunità, o come le orchestrine del Titanic, ci tengono buoni e dormienti con il calcio e la fiction.
Vivono come se non ci fosse un domani.
Cosa sanno, che noi non sappiamo?
fonte M. Blondet

05 settembre 2007

Pronti i sicari dell'Informazione: i Negazionisti


Esprimete dubbi sulla versione ufficiale dell'11 settembre?
Allora siete negazionisti.
Negate la Shoah. Deridete l'Olocausto.
Lo hanno scritto a tutte lettere La Stampa e Il Corriere.
Ci si doveva arrivare.
Ora ci siamo.
La cosa, che m'era sfuggita, mi è stata segnalata dall'amico Emanuele Montagna, l'animatore di «Faremondo», il gruppo che a Bologna ha organizzato due straordinarie giornate in cui, con l'intervento di esperti americani, si segnalavano tutti gli indizi contrari a quel che «ci viene proposto di credere» a proposito del mega-attentato alle Twin Tower e al Pentagono: i terroristi arabi usciti da scuole di volo della domenica ma abilissimi piloti di Boeing, le opzioni «put» che scommisero in anticipo sul ribasso delle azioni delle compagnie aeree coinvolte nell'attentato e risultano comprate da una banca vicina al numero 3 della CIA, la caduta perfettamente verticale delle due Torri come per demolizione controllata (e la cascata di metallo fuso visibile nei fotogrammi, effetto improbabile per il kerosene, ma spiegabile con la termite che brucia a quasi 3 mila gradi), i giovanottoni della ditta di traslochi sorpresi a festeggiare l'evento tragico, fotografandosi a vicenda sullo sfondo delle Tower in fiamme e facendo il segno «V» con le dita, e che poi risultarono israeliani appena congedati da un corpo speciale del glorioso Tsahal…
E' inutile elencare, i lettori sono già informati.
Ma «Faremondo» e il loro amico Massimo Mazzucco, regista a Hollywood, sono probabilmente quelli che più hanno fatto per diffondere la conoscenza dei dati che smentiscono la versione ufficiale anche a sinistra.

Il movimento cresce da quella parte, sulla scorta di informazioni e dati già raccolti dal forte «9/11 Truth Movement» americano.
Soprattutto, lo scetticismo ha guadagnato personalità rispettate a sinistra, come Giulietto Chiesa, eurodeputato DS.
Ciò, evidentemente, ha allarmato in alto loco.

Ai grandi sacerdoti del culto verrebbe da chiedere: scusate, ma perché tenete tanto alla versione ufficiale sull'11 settembre, da proteggerla sotto la stessa intoccabilità dell'Olocausto?
Perchè insinuate che chiunque non creda a quel che la Casa Bianca ha detto dell'attentato dovrebbe essere «antisemita»?
Che cosa c'entra?
Che cosa c'entrate voi, con l'11 settembre?
Ma sarebbe inutile sperare in una risposta: quelli non rispondono, picchiano.
Non sono nel business del dibattito culturale, ma del potere brutale.
Della forza pura e semplice, «argomento» ultimativo contro i ragionamenti.
Il loro argomento è il manganello e la galera.
Il che dovrebbe ricordare qualcosa.
Perciò la goffaggine maldestra con cui il povero Ventura e il meno povero Fertilio hanno fatto l'amalgama secondo le istruzioni, non deve tranquillizzare.
Non si deve pensare che nessuno crederà ad un amalgama così ridicolo e campato in aria.
Quelli sanno benissimo di avere i mezzi - il potere - per imporre le loro calunnie, anche incredibili e mal-confezionate, come «verità».
Verità ufficiale.
E quel potere, sono decisi ad usarlo senza limiti legali o morali.
Le uscite dei due servi-pastori non sono estemporanee né occasionali; sono, quasi certamente, l'inizio di una campagna concertata, e concertata persino sul piano internazionale.
Una campagna di repressione; una campagna per imporre la verità ufficiale sull'11 settembre come «evento sacro», unicum metafisico e metastorico come l'Olocausto, giustificatore di tutte le guerre avvenute da quella data, e di tutte quelle a venire secondo sembrerà opportuno per il bene del Regno di Sion.
Repressione.
Censura.
Calunnia.
Impedimento alle vittime di portare i loro argomenti e le loro ragioni.
E' solo l'inizio, aspettiamoci il peggio.
C'è una «sinistra» tipo Manifesto, che non mette in dubbio la verità ufficiale, anzi partecipa al linciaggio di chi ne dubita; e ci sono Montagna e Mazzucco.
Il discrimine, diciamolo chiaramente, è Mammona: i secondi non hanno denaro e non ricevono finanziamenti dall'alto loco, fanno tutto a loro spese con sacrificio personale.
E tra i dubbiosi non c'è solo Giulietto Chiesa; di recente alla schiera scettica (o eretica) s'è unito anche Robert Fisk, l'inviato inglese dalla Terra Santa, giornalista di fama e autorità internazionale.
Ora, tutti costoro sono in pericolo per il loro coraggio.
Ce l'hanno insegnato gli ebrei: cosa avete fatto voi, goym, per impedire l'Olocausto?
La Chiesa ha taciuto davanti al crimine del secolo!
Ecco, questa generazione deve imparare a non tacere avanti al grande crimine che si è svolto e si svolge, sotto i suoi occhi, dall'11 settembre 2001.
Un crimine che ha fatto scorrere, e sta facendo scorrere, fiumi di sangue, ed altri ne farà scorrere.
Ventura e Fertilio - per Mammona - hanno scelto la parte in cui stare: quella di tacitare chi grida che è avvenuto il grande crimine, quella di chi impone la «verità ufficiale» al servizio del potere del momento.
Sono i serventi del Quarto Reich di questa generazione.
I negazionisti, sono loro.

fonte: Maurizio Blondet

02 settembre 2007

L'Antipolitica


Si parla spesso di Antipolitica come di una cosa qualunquista o distante dai palazzi della democrazia, ma è veramente così?

Si può ricordare che la protesta fiscale è il germe da cui sono nate le democrazie (il saccheggio del thè inglese in America fu una rivolta fiscale), e la rivolta contro le classi parassitarie il fondamento delle repubbliche, a cominciare dalla francese: dunque è «politica» al più alto grado, o se vogliamo al grado più elementare e fondamentale.
E' il popolo che chiede conto ai suoi governanti divenuti sfruttatori costosi e parassiti inutili.
La rivoluzione francese fu l'eliminazione di una casta dominante che, sempre più costosa, aveva da tempo superato la sua utilità sociale, la difesa del suolo, compito della nobiltà medievale.
Veneziani, correggendosi e dando ragione a Stella, ha detto allora la cosa giustissima: la classe politica italiana governa sempre meno, perché le decisioni vere e gravi sono prese sopra la sua testa da entità sovrannazionali e oligarchiche (dalla UE al Fondo Monetario, dal WTO all'ONU), a cui ha ceduto la sovranità ricevuta dal popolo, e questo spiega l'esasperazione popolare verso i suoi lussi.
Infatti è questo il tema centrale della «politica», oggi.
L'esproprio della democrazia da parte di oligarchie e parassiti.
Una classe politica che governa sempre meno ma costa sempre di più, che non gestisce quasi più nulla ma si paga privilegi sempre più gravosi per la popolazione contribuente, è la definizione stessa di «classe parassitaria».
La stessa che si applicò, nel 1789, all'aristocrazia francese che viveva tra sfarzi e balli a Versailles, dimentica dei suoi compiti antichi.
La società italiana lo sente, e protesta; ma la sua protesta è inarticolata, perché non è riflessiva, e gli intellettuali non prestano ad essa la parola.
Ma oggi, la domanda deve essere più articolata.
Versailles era un centro di spesa unico e solitario.
Oggi, i centri della cosiddetta «democrazia» inadempiente sono prodigiosamente moltiplicati: Stato, regioni, province, consigli di zona (i cui presidenti a Milano già prendono 2 mila euro mensili), consigli di amministrazione, enti autonomi, consulenze, comunità montane (spesso sulle spiagge)… com'è accaduto che una classe politica che gestisce poco o nulla, abbia moltiplicato a tal punto gli strati di decisione «politica», asseritamente «democratica»?
Ovviamente, tutti vedono - anche se nessuno ne parla - che questa proliferazione cancerosa di strati «democratici» non rafforza affatto la democrazia, ma la ammala e falsifica.
I problemi di una quartiere urbano hanno davvero bisogno di un «consiglio» politico, ossia di un luogo dove la decisione è presa da un micro-parlamento in cui sono rappresentate maggioranza e opposizione?
Per rispondere, bisognerebbe aver chiaro a che cosa serve la politica nelle repubbliche.
Serve a decidere su grandi problemi la cui natura è «opinabile», ossia soggetta a discussione.
La Regione è più lontana ai cittadini dello Stato.
Di questo, i giornali nazionali parlano, bene o male è sotto l'occhio dell'opinione pubblica (anche se i «politici» fanno tutto per affumicare la «casa di vetro»): proprio la visibilità della politica di Stato è uno degli argomenti a favore della ri-centralizzazione.
Di ciò che si fa in Regione, pochissimo sanno.
Le Regioni sono un colossale moltiplicato centro di clientelismo e costi indebiti.
Lo ripeto: sono un fallimento.
Lo devo ripetere perché - fatto singolare - nessuno lo dice.
Non i politici (e si capisce: 12 mila euro mensili ai consiglieri regionali, autoblù agli assessori, miliardi di consulenze agli amichetti di parte, sinecure ai trombati), ma nemmeno gli intellettuali, i giornalisti, i giuristi.
Pare che le Regioni siano un sacro tabù.
L'argomento retorico è che si è portata la «democrazia», o «la partecipazione», più vicina ai cittadini.
E' falsissimo dogma della sinistra ideologica.
L'antipolitica non è la rabbia contro i miliardari pubblici; l'antipolitica è quello che fanno lorsignori.
E la loro incapacità di auto-riformarsi, di rinunciare ai loro privilegi come fece l'aristocrazia francese - in ritardo fatale - alla Pallacorda.
Cova la rivoluzione anche da noi?
Gli antipolitici che noi paghiamo sempre di più, coi nostri salari sempre più piccoli, perché si godano le loro Versailles e discutano di «alleanze» e simili coglionate a Telese.
A Telese!
Già questo dice lo stato della «democrazia»: il feudo del capataz Mastella diventa il palco della «politica nazionale».
Ma almeno, sempre meno gente si scappella quando i capataz passano, come facevano i contadini di sua maestà; e invece, sempre più gente rumoreggia, li minaccia col pugno, li vuole morti o appesi a Loreto.
Non è già un segno politico, questo?
Io credo di sì.
Un segnale importante, minaccioso.
Il popolo vuole di nuovo far paura ai suoi sfruttatori.
«El pueblo unido», come dicono a sinistra certi marpioni del Manifesto, che quando il popolo si unisce trovano da ridire spocchiosi e snob.
Il popolo è stufo dei parassiti: il momento è storico, guevaristi da superattico: non vi perdete almeno questa rivoluzione possibile.

fonte Maurizio Blondet

06 settembre 2007

Collasso dell'economia globale: cosa sanno?


«Collasso dell’ordine globale» è per noi un’immagine paurosa ma vaga, che evoca prospettive tante volte ripetute ma difficilmente immaginabili: fine del petrolio, riscaldamento globale con siccità e dunque penurie e desertificazione, guerre per l’acqua, rottura del «mercato libero» e delle sue basi finanziare basate sul credito...
Sì, è facile elencare.
Ma provate a immaginare per un momento voi - ciascuno di voi - e la vostra famiglia, i vostri figli, nel «collasso dell’ordine globale».
Senza benzina e con energia scarsa, insufficiente e carissima.
Senza riscaldamento.
Con difficoltà alimentari, tesseramento e razionamento.
Senza lavoro e senza trasporti, e senza telefonini nè TV.
Tutto ciò che le masse danno per garantito e permanente - i consumi enormi, gli sprechi, la tecnologia dell’Occidente - può mancare entro dieci anni.
Noi riceviamo quasi tutto ciò che consumiamo da distanze immense, da trasporti facili ed economici: ci arrivano in container dalla Cina, dallìAsia, in tubature dalla Russia, dallìAlgeria. Non fabbrirhiamo noi la maggior parte delle merci che consumiamo, e non sappiamo più fabbricarle.
L’ordine globale è un sistema di interdipendenza: dipendiamo da altri, da stranieri, da estranei per tutto ciò che costituisce la nostra vita.
Se il sistema si rompe, si apre un’era nuova e antica.
L’era dell’autarchia, dove è meglio fabbricare le proprie merci e coltivare il proprio grano. Sappiamo farlo?
L’era dell’autarchia è l’epoca in cui i desideri superflui non si esaudiscono, anzi in cui nemmeno i bisogni reali e impellenti hanno piena soddisfazione.
Il collasso dell’ordine globale implica il ritorno a guerre di un certo tipo: armarsi per arraffare il petrolio o l’acqua ad altri.
L’Occidente in declino demografico non pare ben piazzato per questo: non ha abbastanza giovani da sacrificare per le nuove guerre di rapina, e i nostri giovani hanno mani lisce e bianche, sono signorini viziati.
Anche noi lo siamo.
Soprattutto, abbiamo perso le risorse interiori necessarie nelle età della penuria: la frugalità, il mutuo aiuto, lo spirito di sacrificio, la capacità di sopportare fame e freddo, la pazienza, la disciplina.
Nulla ci ha educato a quello, anzi abbiamo avuto l’educazione contraria: all’abbondanza senza impegno, alla festa perpetua del consumo e dello shopping, all’arroganza del «prima io».
Nell’era difficile del collasso globale, da noi, non è difficile prevedere quello che accadrà: il disordine, la sopraffazione, la guerra di tutti contro tutti per il tozzo di pane o per il privilegio. Quella che già ci scorre nelle vene, e che viene tenuta a bada dalla relativa abbondanza di cui tutti viviamo.
Per frenare il disordine anarchico si renderà necessaria la coercizione, l’autorità e la paura.
Chi ci comanderà, allora?
Quelli che ci comanderanno saranno degni del comando, o saranno come i nostri governanti di oggi, i primi ad arraffare la fetta migliore della torta, derubando la gente, e lasciando che noi - la maggior parte della società - si tiri fuori dagli stracci da sè, magari scannandosi?
Potete pensare che sto esagerando, come al solito.
Sì, quei signori sanno qualcosa.
Qualcosa che non ci dicono.E questo spiega, forse, parecchie delle cose incomprensibili che stanno facendo in questi anni.
Bush che coinvolge l’America in guerre disastrose, di durata indefinita, aprendo una voragine di debito nelle finanze dello Stato, come se sapesse che quel debito non lo pagherà mai; e intanto fa costruire campi di concentramento, per ora vuoti, e passa leggi di riduzione delle libertà personali, e prepara un «governo d’emergenza» pronto ad assicurare la «continuity of government» da bunker sotterranei.
O i finanzieri che impazzano in speculazioni sempre più dementi e arrischiate, come se mai dovessero renderne conto.
Guardate i potenti d’ogni parte, i politici e i miliardari d’ogni risma: tutti vivono e impazzano nel presente, ora per ora.
Sicuri dell’impunità, o come le orchestrine del Titanic, ci tengono buoni e dormienti con il calcio e la fiction.
Vivono come se non ci fosse un domani.
Cosa sanno, che noi non sappiamo?
fonte M. Blondet

05 settembre 2007

Pronti i sicari dell'Informazione: i Negazionisti


Esprimete dubbi sulla versione ufficiale dell'11 settembre?
Allora siete negazionisti.
Negate la Shoah. Deridete l'Olocausto.
Lo hanno scritto a tutte lettere La Stampa e Il Corriere.
Ci si doveva arrivare.
Ora ci siamo.
La cosa, che m'era sfuggita, mi è stata segnalata dall'amico Emanuele Montagna, l'animatore di «Faremondo», il gruppo che a Bologna ha organizzato due straordinarie giornate in cui, con l'intervento di esperti americani, si segnalavano tutti gli indizi contrari a quel che «ci viene proposto di credere» a proposito del mega-attentato alle Twin Tower e al Pentagono: i terroristi arabi usciti da scuole di volo della domenica ma abilissimi piloti di Boeing, le opzioni «put» che scommisero in anticipo sul ribasso delle azioni delle compagnie aeree coinvolte nell'attentato e risultano comprate da una banca vicina al numero 3 della CIA, la caduta perfettamente verticale delle due Torri come per demolizione controllata (e la cascata di metallo fuso visibile nei fotogrammi, effetto improbabile per il kerosene, ma spiegabile con la termite che brucia a quasi 3 mila gradi), i giovanottoni della ditta di traslochi sorpresi a festeggiare l'evento tragico, fotografandosi a vicenda sullo sfondo delle Tower in fiamme e facendo il segno «V» con le dita, e che poi risultarono israeliani appena congedati da un corpo speciale del glorioso Tsahal…
E' inutile elencare, i lettori sono già informati.
Ma «Faremondo» e il loro amico Massimo Mazzucco, regista a Hollywood, sono probabilmente quelli che più hanno fatto per diffondere la conoscenza dei dati che smentiscono la versione ufficiale anche a sinistra.

Il movimento cresce da quella parte, sulla scorta di informazioni e dati già raccolti dal forte «9/11 Truth Movement» americano.
Soprattutto, lo scetticismo ha guadagnato personalità rispettate a sinistra, come Giulietto Chiesa, eurodeputato DS.
Ciò, evidentemente, ha allarmato in alto loco.

Ai grandi sacerdoti del culto verrebbe da chiedere: scusate, ma perché tenete tanto alla versione ufficiale sull'11 settembre, da proteggerla sotto la stessa intoccabilità dell'Olocausto?
Perchè insinuate che chiunque non creda a quel che la Casa Bianca ha detto dell'attentato dovrebbe essere «antisemita»?
Che cosa c'entra?
Che cosa c'entrate voi, con l'11 settembre?
Ma sarebbe inutile sperare in una risposta: quelli non rispondono, picchiano.
Non sono nel business del dibattito culturale, ma del potere brutale.
Della forza pura e semplice, «argomento» ultimativo contro i ragionamenti.
Il loro argomento è il manganello e la galera.
Il che dovrebbe ricordare qualcosa.
Perciò la goffaggine maldestra con cui il povero Ventura e il meno povero Fertilio hanno fatto l'amalgama secondo le istruzioni, non deve tranquillizzare.
Non si deve pensare che nessuno crederà ad un amalgama così ridicolo e campato in aria.
Quelli sanno benissimo di avere i mezzi - il potere - per imporre le loro calunnie, anche incredibili e mal-confezionate, come «verità».
Verità ufficiale.
E quel potere, sono decisi ad usarlo senza limiti legali o morali.
Le uscite dei due servi-pastori non sono estemporanee né occasionali; sono, quasi certamente, l'inizio di una campagna concertata, e concertata persino sul piano internazionale.
Una campagna di repressione; una campagna per imporre la verità ufficiale sull'11 settembre come «evento sacro», unicum metafisico e metastorico come l'Olocausto, giustificatore di tutte le guerre avvenute da quella data, e di tutte quelle a venire secondo sembrerà opportuno per il bene del Regno di Sion.
Repressione.
Censura.
Calunnia.
Impedimento alle vittime di portare i loro argomenti e le loro ragioni.
E' solo l'inizio, aspettiamoci il peggio.
C'è una «sinistra» tipo Manifesto, che non mette in dubbio la verità ufficiale, anzi partecipa al linciaggio di chi ne dubita; e ci sono Montagna e Mazzucco.
Il discrimine, diciamolo chiaramente, è Mammona: i secondi non hanno denaro e non ricevono finanziamenti dall'alto loco, fanno tutto a loro spese con sacrificio personale.
E tra i dubbiosi non c'è solo Giulietto Chiesa; di recente alla schiera scettica (o eretica) s'è unito anche Robert Fisk, l'inviato inglese dalla Terra Santa, giornalista di fama e autorità internazionale.
Ora, tutti costoro sono in pericolo per il loro coraggio.
Ce l'hanno insegnato gli ebrei: cosa avete fatto voi, goym, per impedire l'Olocausto?
La Chiesa ha taciuto davanti al crimine del secolo!
Ecco, questa generazione deve imparare a non tacere avanti al grande crimine che si è svolto e si svolge, sotto i suoi occhi, dall'11 settembre 2001.
Un crimine che ha fatto scorrere, e sta facendo scorrere, fiumi di sangue, ed altri ne farà scorrere.
Ventura e Fertilio - per Mammona - hanno scelto la parte in cui stare: quella di tacitare chi grida che è avvenuto il grande crimine, quella di chi impone la «verità ufficiale» al servizio del potere del momento.
Sono i serventi del Quarto Reich di questa generazione.
I negazionisti, sono loro.

fonte: Maurizio Blondet

02 settembre 2007

L'Antipolitica


Si parla spesso di Antipolitica come di una cosa qualunquista o distante dai palazzi della democrazia, ma è veramente così?

Si può ricordare che la protesta fiscale è il germe da cui sono nate le democrazie (il saccheggio del thè inglese in America fu una rivolta fiscale), e la rivolta contro le classi parassitarie il fondamento delle repubbliche, a cominciare dalla francese: dunque è «politica» al più alto grado, o se vogliamo al grado più elementare e fondamentale.
E' il popolo che chiede conto ai suoi governanti divenuti sfruttatori costosi e parassiti inutili.
La rivoluzione francese fu l'eliminazione di una casta dominante che, sempre più costosa, aveva da tempo superato la sua utilità sociale, la difesa del suolo, compito della nobiltà medievale.
Veneziani, correggendosi e dando ragione a Stella, ha detto allora la cosa giustissima: la classe politica italiana governa sempre meno, perché le decisioni vere e gravi sono prese sopra la sua testa da entità sovrannazionali e oligarchiche (dalla UE al Fondo Monetario, dal WTO all'ONU), a cui ha ceduto la sovranità ricevuta dal popolo, e questo spiega l'esasperazione popolare verso i suoi lussi.
Infatti è questo il tema centrale della «politica», oggi.
L'esproprio della democrazia da parte di oligarchie e parassiti.
Una classe politica che governa sempre meno ma costa sempre di più, che non gestisce quasi più nulla ma si paga privilegi sempre più gravosi per la popolazione contribuente, è la definizione stessa di «classe parassitaria».
La stessa che si applicò, nel 1789, all'aristocrazia francese che viveva tra sfarzi e balli a Versailles, dimentica dei suoi compiti antichi.
La società italiana lo sente, e protesta; ma la sua protesta è inarticolata, perché non è riflessiva, e gli intellettuali non prestano ad essa la parola.
Ma oggi, la domanda deve essere più articolata.
Versailles era un centro di spesa unico e solitario.
Oggi, i centri della cosiddetta «democrazia» inadempiente sono prodigiosamente moltiplicati: Stato, regioni, province, consigli di zona (i cui presidenti a Milano già prendono 2 mila euro mensili), consigli di amministrazione, enti autonomi, consulenze, comunità montane (spesso sulle spiagge)… com'è accaduto che una classe politica che gestisce poco o nulla, abbia moltiplicato a tal punto gli strati di decisione «politica», asseritamente «democratica»?
Ovviamente, tutti vedono - anche se nessuno ne parla - che questa proliferazione cancerosa di strati «democratici» non rafforza affatto la democrazia, ma la ammala e falsifica.
I problemi di una quartiere urbano hanno davvero bisogno di un «consiglio» politico, ossia di un luogo dove la decisione è presa da un micro-parlamento in cui sono rappresentate maggioranza e opposizione?
Per rispondere, bisognerebbe aver chiaro a che cosa serve la politica nelle repubbliche.
Serve a decidere su grandi problemi la cui natura è «opinabile», ossia soggetta a discussione.
La Regione è più lontana ai cittadini dello Stato.
Di questo, i giornali nazionali parlano, bene o male è sotto l'occhio dell'opinione pubblica (anche se i «politici» fanno tutto per affumicare la «casa di vetro»): proprio la visibilità della politica di Stato è uno degli argomenti a favore della ri-centralizzazione.
Di ciò che si fa in Regione, pochissimo sanno.
Le Regioni sono un colossale moltiplicato centro di clientelismo e costi indebiti.
Lo ripeto: sono un fallimento.
Lo devo ripetere perché - fatto singolare - nessuno lo dice.
Non i politici (e si capisce: 12 mila euro mensili ai consiglieri regionali, autoblù agli assessori, miliardi di consulenze agli amichetti di parte, sinecure ai trombati), ma nemmeno gli intellettuali, i giornalisti, i giuristi.
Pare che le Regioni siano un sacro tabù.
L'argomento retorico è che si è portata la «democrazia», o «la partecipazione», più vicina ai cittadini.
E' falsissimo dogma della sinistra ideologica.
L'antipolitica non è la rabbia contro i miliardari pubblici; l'antipolitica è quello che fanno lorsignori.
E la loro incapacità di auto-riformarsi, di rinunciare ai loro privilegi come fece l'aristocrazia francese - in ritardo fatale - alla Pallacorda.
Cova la rivoluzione anche da noi?
Gli antipolitici che noi paghiamo sempre di più, coi nostri salari sempre più piccoli, perché si godano le loro Versailles e discutano di «alleanze» e simili coglionate a Telese.
A Telese!
Già questo dice lo stato della «democrazia»: il feudo del capataz Mastella diventa il palco della «politica nazionale».
Ma almeno, sempre meno gente si scappella quando i capataz passano, come facevano i contadini di sua maestà; e invece, sempre più gente rumoreggia, li minaccia col pugno, li vuole morti o appesi a Loreto.
Non è già un segno politico, questo?
Io credo di sì.
Un segnale importante, minaccioso.
Il popolo vuole di nuovo far paura ai suoi sfruttatori.
«El pueblo unido», come dicono a sinistra certi marpioni del Manifesto, che quando il popolo si unisce trovano da ridire spocchiosi e snob.
Il popolo è stufo dei parassiti: il momento è storico, guevaristi da superattico: non vi perdete almeno questa rivoluzione possibile.

fonte Maurizio Blondet