04 febbraio 2008

Qualcosa non quadra


Se fossimo in campo economico si potrebbe affermare, senza timore di smentita, che la società italiana vive, da 20 anni circa, in regime di duopolio.
Infatti che perdano o vincano le elezioni, i 2 schieramenti politici si presentano ormai da quasi 20 anni con gli stessi leader (si fa per dire) e portaborse.
Non c'è paura di sconfitta: tanto o vince Prodi o vince Berlusconi.
E chi perde ora vincerà la prossima volta.
E per i cittadini non cambia nulla.
Se prendiamo le leggi di Prodi e le giriamo su Berlusconi, cambiandone il nome, e facciamo lo stesso con le leggi varate dall'altro schieramento, non se ne accorge nessuno.
Infatti che vincano gli uni o gli altri non cambia assolutamente nulla!
Regime di duopolio, appunto, dove cane non scaccia cane ma lo protegge.

Ma lo spunto di questo articolo non parte da considerazioni politiche ma da un articolo di Maurizio d'Orlando comparso su asianews.it in data 19/09/2007 (1) e recentemente fatto circolare nella lista di «centrofondi.it» (un grazie a Raudace), da considerarsi a dir poco profetico e premonitore della attuale situazione dei mercati finanziari.

Nell'articolo si afferma quanto segue: «A causa di una montagna di mutui fuori parametro (subprime) concessa dalle società di credito fondiario in America, molte banche stanno entrando in crisi. Si parla di giganti come Citygroup e Bank of America negli USA ed in Europa di possibile crollo per banche del calibro di Deutsche Bank, Barclys, BNP Paribas e di alcune finanziarie (AXA) e fondi pensione.
Si parla di un buco di oltre 20 miliardi di dollari USA di titoli circolanti emessi nei mercati e privi di patrimonialità reale, di cui né il grande pubblico, né i professionisti di New York si erano accorti. Non si parla più di un problema di liquidità, ma di un problema di solvibilità.
Il problema si è originato negli USA a partire dal 1987, quando con pressioni della lobby bancaria - mediante elargizioni costate 300 milioni di Dollari USA - si è riusciti ad ottenere, passo dopo passo, l'abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del '29. La completa abolizione della legge è stata ottenuta nel 1999 grazie al Presidente Bill Clinton.
A suo tempo la legge era stata approvata per evitare il conflitto d'interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni.
Principale fautore di questa liberalizzazione finanziaria è stato il precedente presidente della FED, Alan Greenspan.
Questi, divenuto governatore nel 1987, prima di tale nomina era stato membro del consiglio di amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.
Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale e la crisi più che imminente avrebbe dimensioni planetarie.
In questo ultimo periodo i grandi gruppi finanziari e bancari si sono premuniti piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia.
Questi titoli sono valutati AA o addirittura AAA dalle agenzie, cosiddette indipendenti, di valutazione dei valori mobiliari, come Standard & Poors, Moody's e Fitch…
A essere esposte in prima linea dovrebbero esserci teoricamente i fondi pensione, le assicurazioni e le grandi fondazioni americane, come pure i maggiori gruppi finanziari e bancari statunitensi, che sono all'origine dell'emissione incontrollata di titoli atipici di questi lunghi decenni.
Eppure c'è da dubitare che chi ha le chiavi del potere finanziario e monetario sia chiamato a rispondere dei propri misfatti. Alla radice del problema, infatti, ci sono le Banche Centrali ed in primo luogo la FED, che da tempo aveva un chiaro quadro della situazione…».

Ed infine la ciliegina sulla torta: «Chi controlla la FED sa dunque che non può fornire la soluzione nell'ambito stesso della FED. In questo scenario… gli Stati Uniti si preparano, insieme a Canada e Messico, a lanciare una moneta unica, detta 'Amero'. La soluzione proposta sarebbe l'abolizione del dollaro, sostituito dalla valuta dell'Unione del Nord America»…
In sintesi prima i banchieri a suon di tangenti ai politici (300 milioni di dollari dichiarati) fanno abolire le leggi a suo tempo create in USA per impedire un nuovo tracollo economico sul pianeta come quello del 1929; poi inondano il pianeta di moneta finanziaria senza valore intrinseco nell'economia reale, ma gravata comunque di interesse che l'economia reale ignara accetta e paga.
Quando l'economia reale strozzata dai debiti (soprattutto dagli interessi sui debiti) non ce la fa più, il banchiere che comanda - «colui che controlla la FED»- decide di abbandonare la barca, creare una nuova moneta (ovviamente gravata di interesse a debito) e abbandonare la società civile con in mano dollari che andranno bene solo per accendersi i sigari.

Unico problema: far fare ai politici una legge che dia corso legale alla nuova valuta.
E in questo l'articolo di Asia News ci informa che Greenspan e il CFR (Council on Foreign Relations) sono già all'opera.
Si tratta solo di avere il tempo per prezzolare i politici di turno.

A chi studia economia in una qualunque università occidentale viene insegnato che (primo esempio di globalizzazione al mondo) le Banche Centrali (Federal Riserve, BCE, Banca d'Italia, ecc.) sono state delegate dai singoli Stati nazionali a disciplinare l'emissione della moneta per evitare che questa fosse appannaggio degli appetiti elettorali dei sistemi politici.
Come può essere quindi, che siano proprio i banchieri a prezzolare i politici per fare della moneta esattamente l'uso che si voleva evitare da parte dei politici?
E come può essere che ciò riaccada dopo il 1929 quando si sapeva già, grazie a quella esperienza, come sarebbe andata a finire comportandosi in quel modo?
E come può essere che vi sia un soggetto che possiede (o decide per) la Federal Riserve e che noi non si sappia chi sia pur avendo un così grande potere?
Che è poi il potere dei poteri: quello di decidere l'emissione della moneta.
Come mai non viene mai citato in TV o sui giornali?
Come può essere che qualcuno decida di cambiare valuta senza coinvolgere le istituzioni democratiche di quel Paese in questa decisione?

E ancora: In Europa la situazione è identica o diversa?
Chi decide quanti euro ogni anno debbano essere messi in circolazione?
Chi possiede e ha potere decisionale nella BCE?
A chi rendono conto questi signori se compiono misfatti?
Quali controlli il parlamento europeo e i singoli Stati nazionali hanno sulla BCE?
E sulle banche nazionali?
A cosa è dovuta l'inflazione?
Perché se la moneta è in mano ai banchieri per evitare abuso da parte del sistema politico le monete continuano a svalutarsi?
Gli euro emessi appartengono agli Stati nazionali o alla BCE, che è un soggetto privato e che indebita gli Stati quando questi ricevono nuova moneta?
Con quali criteri e soprattutto chi decide quale interesse passivo applicare sulla moneta presa a debito dagli Stati nazionali e di conseguenza poi dai cittadini verso le banche?
Perché il parlamento italiano può decidere di occupare militarmente uno Stato straniero ma non può deliberare sulla propria moneta?
Ed infine, perché su queste tematiche c'è la totale disinformazione da parte dei mass media ufficiali?

Siamo sull'orlo di una crisi economica inevitabile salvo un miracolo.
Il sistema bancario, principale responsabile di questa crisi, se ne lava le mani e da nessuna parte viene messo sotto accusa.
Anzi i banchieri li troviamo come primi ministri o presidenti della repubblica.
Il sistema politico, occidentale in generale e italiano in particolare, ha dimostrato incompetenza e sudditanza a questo sistema.
Tutti noi sappiamo perfettamente che se anche va al governo la coalizione opposta non cambierà nulla.
Il cittadino fondamentalmente è al muro ed è impotente perché non capisce come funziona il sistema.
Non sa dove è il trucco, se trucco c'è.
Non sa cosa fare perché gli è stato fatto credere negli ultimi 70 anni che l'unico sistema economico possibile è quello occidentale, in quanto è il migliore e ha dato abbondanza e prosperità a tutti.
Non ce né un altro migliore.
L'altro possibile, cioè il comunismo, è morto da tempo perché peggiore di quello occidentale..

Ma noi sappiamo che non è così.
Sappiamo, nonostante il colpevole silenzio dei media ufficiali, che è possibile ricorrere ad un sistema monetario diverso, dove la moneta appartiene agli Stati e non a banchieri privati, senza che questo metta in discussione la società occidentale ed i suoi valori sociali, politici e democratici; sappiamo che, ad esempio, solo in Italia esistono oltre una ventina di esperimenti di moneta complementare (in Germania sono più di 100) che cercano di far sì che la spesa dei cittadini rimanga all'interno dell'economia nazionale e non se ne vada a gonfiare gli investimenti speculativi asiatici; sappiamo che il problema del deficit dello Stato italiano è collegato al debito che viene contratto dallo Stato verso banchieri privati allorché nuova moneta viene immessa in circolazione, e non solo per l'eccesso di spesa della «casta politica» rispetto alla raccolta delle imposte; sappiamo che i banchieri internazionali non vogliono che le masse siano informate su questi meccanismi, altrimenti non potrebbero più spiegare ai cittadini come mai Prodi e Letta sono stipendiati dalla Goldmann Sachs quando non hanno incarichi governativi, e che la Goldman è l'advisor (vale a dire il consulente che dice a chi vendere e a quale prezzo) per eccellenza quando lo Stato italiano vende qualche azienda pubblica; sappiamo che la scuola di pensiero dell'insigne economista Federico Caffè, misteriosamente scomparso nel 1987, che si opponeva alle distorsioni di questo sistema finanziario, non è morta con lui.

Allora riteniamo che sia giunto il momento di cominciare ad illustrare, da questo sito, quale è il trucco del capitalismo.
Che i banchieri internazionali lo vogliano o no.
bianchini carlo

02 febbraio 2008

Berlusconi: una nuova tassa


La giustizia a orologeria valica ormai i confini nazionali e dilaga, come un’inarrestabile cancrena, fino al Lussemburgo. Lì la Corte Europea di Giustizia ha stabilito che le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere via etere senza concessione su frequenze spettanti a Europa7 che la concessione vinse in una regolare gara nel 1999 mentre Rete 4 la perse, sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali. A partire dalla legge Maccanico gentilmente offerta dal centrosinistra al Cavaliere nel 1997, per proseguire col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri varati dal governo Berlusconi II tra il 2003 e il 2004. Giusto in tempo per il suo probabile ritorno a Palazzo Chigi, dunque, si ripropongono intatti i nobili moventi della sua “discesa in campo” del ‘94: salvare le sue televisioni da una qualunque legge antitrust e salvare se stesso dai processi (a Milano stanno per chiudersi quelli per i fondi neri Mediaset e per la corruzione del testimone David Mills, a Napoli sta per aprirsi quello per la tentata corruzione di Agostino Saccà e di alcuni senatori). La soluzione ideale sarebbe depenalizzare anche la corruzione e trasferire la Corte europea da Lussemburgo a Brescia, o ad Arcore, per legittimo sospetto.

Nell’attesa, va detto che non sarebbe occorso scomodare l’Europa se l’Ulivo prima e l’Unione poi avessero fatto il proprio dovere: tradurre in legge le sentenze della Corte costituzionale del 1994 e del 2002 che fissano per Mediaset un tetto invalicabile di due reti. Ma, nei quasi sette anni in cui ha governato, il centrosinistra - che secondo l’ex senatore Franco Debenedetti, sempre spiritoso, sarebbe affetto da inguaribile antiberlusconismo - le diede tutte vinte al Cainano. Costringendo Francesco Di Stefano a un’estenuante battaglia legale prima al Tar, poi al Consiglio di Stato, infine alla Corte europea. L’anno scorso si arrivò all’incredibile: già regnante l’Unione, l’Avvocatura dello Stato seguitò a difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro le legittime richieste di Europa7. Ieri il ministro Gentiloni l’ha parzialmente ricordato, facendo notare di aver invitato Palazzo Chigi a modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura rispetto a quelle dettate dal governo Berlusconi. Ma la sua missiva al sottosegretario Enrico Letta rimase lettera morta e il governo dell’Unione continuò a schierarsi pro Gasparri e contro Di Stefano. Ora il Consiglio di Stato dovrà risarcire l’editore di Europa7 per i danni subiti dal 1999 a oggi e, possibilmente, levare le frequenze occupate da Rete4 grazie a una serie di proroghe legislative compiacenti, per assegnarle finalmente al legittimo beneficiario e consentirgli di accendere, con nove anni di ritardo, la sua emittente nazionale.

Mediaset, in un comunicato spiritoso almeno quanto Debenedetti, sostiene che “Rete4 è pienamente legittimata all’utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio per Rete4”. In realtà non spetta a Mediaset, ma al Consiglio di Stato, decidere se assegnare a Di Stefano il solo risarcimento pecuniario, o anche le frequenze finora negate. Intanto l’Europa, che ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’illegittimità della Gasparri, potrebbe presto condannare il nostro Paese a versare una multa di 400 mila euro al giorno. Risarcimento a Di Stefano ed eventuale multa saranno, ovviamente, a spese dei contribuenti.

Secondo l’infallibile pratica del “ridi e fotti”, per 15 anni il Cavaliere ha imposto al Parlamento gli affari suoi come affari di Stato. Mantenendo Rete4 sull’analogico terrestre, ha incamerato introiti pubblicitari da favola che non avrebbe mai visto se l’emittente fosse finita sul satellite. E ora chi paga i danni? Lo Stato. Cioè, pro quota, ciascun contribuente. Se esistesse un’informazione decente, da oggi tutti i giornali e le tv dovrebbero annunciare agli italiani una nuova tassa: la “tassa Berlusconi”. Se esistesse un centrosinistra decente, dovrebbe promuovere una gigantesca class action di 58 milioni di italiani per chiedere i danni a Silvio Berlusconi. Il quale intanto, se tornerà al governo, sarà chiamato ancora una volta a risolvere ciò che i suoi presunti avversari non hanno mai voluto nemmeno sfiorare. Come diceva Sabina Guzzanti nei panni di Massimo D’Alema,“io a Silvio Berlusconi ho fatto un discorso chiarissimo sul conflitto d’interessi. Gli ho detto: Silvio Berlusconi, il conflitto d’interessi è tuo? Risolvitelo da te!
di marco travaglio

01 febbraio 2008

Europa 7 batte Retequattro 1-0 dts



Ci siamo occupati diverse volte su questo argomento, ma l'evidenza viene negata ogni volta. Non è possibile che la voce della informazione venga manipolata in maniera tanto spudorata dai politici di turno.Poi, quando i magistrati intervengono vengono puniti i magistrati o... viene cambiata la sede del processo. Incredibile! Ma questa è l'Italia del 2008 e, senza un governo in carica.

La società televisiva Europa 7 di Francesco Di Stefano ha diritto a trasmettere i suoi programmi in chiaro sulle frequenze oggi occupate da Retequattro, che fa capo a Mediaset di Silvio Berlusconi. E’ questo il succo della sentenza decisa dall’Alta Corte Europea del Lussemburgo e che piomba come un macigno sulle sorti dell’oligopolio berlusconiano e sulle quelle più traballanti della controriforma Gasparri sul sistema dei media, già messa sotto accusa dalla Commissione di Bruxelles con una procedura formale di infrazione contro lo Stato italiano.
Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisive, recita in pratica la sentenza, è contrario al diritto comunitario. Per i giudici UE: “tale regime non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”, si legge in una nota sulla sentenza diffusa a Bruxelles.
“La Corte -prosegue il testo- rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa a favore delle reti esistenti ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo e' stato consolidato dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su questo mercato”.


Per la Corte: “il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi di interesse generale ma, come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, esso dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali. Di conseguenza, l'assegnazione in esclusiva è senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tenere conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi”.
Il caso Europa 7 risale al 1999, quando l'emittente tv ha ottenuto dalle autorità italiane competenti un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale pende attualmente la causa, ha interrogato la Corte di giustizia UE sull'interpretazione delle disposizioni previste dal diritto comunitario per i criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni tv. Il giudice del rinvio, si legge nel testo, “sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione per le frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

Sulla sentenza e le ripercussioni che avranno anche in merito alla Procedura d’infrazione, elevata dalla Commissione europea contro la legge Gasparri, abbiamo intervistato il professor Ottavio Grandinetti, difensore di Centro Europa 7 e docente di diritto dell’informazione
D. Ci spieghi in sintesi il meccanismo della sentenza?
R. “La Corte di Giustizia ha dichiarato che il regime transitorio della Legge Meccanico è contrario almeno dal 1999 all’Articolo 49 del Trattato della Comunità europea. Inoltre, tutti i regimi transitori introdotti successivamente, al fine di prorogare ulteriormente la attività delle reti eccedenti (Retequattro e Telepiù Nero), a danno di Centro Europa 7, sono altresì contrari alle norme delle direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, a partire dal 2003.
Questo significa che il Consiglio di Stato dovrà “disapplicare” tutte queste disposizioni transitorie e riconoscere finalmente la piena spettanza del diritto di Europa 7 ad ottenere le frequenze e trasmettere in chiaro.
La Corte di Giustizia, dichiarando l’illegittimità del regime transitorio della legge Meccanico a partire dal 1999 si è discostata, inoltre, anche da quanto aveva deciso la Corte Costituzionale nel 2002 con la sentenza numero 466, in cui la nostra Alta Corte aveva ritenuto che il regime transitorio dovesse cessare solo a partire dal 31 dicembre 2003.
D. Questo significa che anche la Gasparri deve essere modificata per adeguarsi a questa sentenza?
R. “La sentenza della Corte del Lussemburgo sancisce l’immedesimazione tra l’anomalia radiotelevisiva italiana ed il caso Europa 7. Se si vorranno risolvere i due problemi, in via definitiva, occorrerà che l’Italia modifichi la sua legislazione conformemente a quanto ci richiede l’Europa.
D. La sentenza può adesso influire sulla procedura d’infrazione, avanzata dalla Commissione europea su tutta la riforma Gasparri e che è per ora sospesa, prima di arrivare alla Corte?
R. “Certamente, perché questa decisione della Corte dimostra che tutto il sistema radiotelevisivo italiano dal 1997 ad oggi viola la normativa comunitaria. E la legge Gasparri è parte essenziale di questa violazione”.

E se la procedura dovesse, come preannunciato dalla Commissaria alla concorrenza Kroes, approdare all’Alta Corte del Lussemburgo, dopo questa sentenza diventerebbe più che probabile la condanna dello Stato italiano che non ha modificato la Gasparri, bloccando il disegno di legge di riforma presentato alla Camera dal ministro Gentiloni. Una condanna che costerebbe a tutti i contribuenti italiani all’incirca 400 milioni di euro al giorno. Un ennesimo regalo del “portatore sano” di conflitto di interessi, quel Berlusconi che prima ha fatto di tutto con i suoi soci per non far discutere la riforma e poi, con l’affondo illiberale di gridare “Al voto! Al voto!”, sta di fatto avvelenando i pozzi del sistema democratico, costituzionale, pur di salvare sé stesso, il suo potere e le sue ricchezze.
di Gianni Rossi

04 febbraio 2008

Qualcosa non quadra


Se fossimo in campo economico si potrebbe affermare, senza timore di smentita, che la società italiana vive, da 20 anni circa, in regime di duopolio.
Infatti che perdano o vincano le elezioni, i 2 schieramenti politici si presentano ormai da quasi 20 anni con gli stessi leader (si fa per dire) e portaborse.
Non c'è paura di sconfitta: tanto o vince Prodi o vince Berlusconi.
E chi perde ora vincerà la prossima volta.
E per i cittadini non cambia nulla.
Se prendiamo le leggi di Prodi e le giriamo su Berlusconi, cambiandone il nome, e facciamo lo stesso con le leggi varate dall'altro schieramento, non se ne accorge nessuno.
Infatti che vincano gli uni o gli altri non cambia assolutamente nulla!
Regime di duopolio, appunto, dove cane non scaccia cane ma lo protegge.

Ma lo spunto di questo articolo non parte da considerazioni politiche ma da un articolo di Maurizio d'Orlando comparso su asianews.it in data 19/09/2007 (1) e recentemente fatto circolare nella lista di «centrofondi.it» (un grazie a Raudace), da considerarsi a dir poco profetico e premonitore della attuale situazione dei mercati finanziari.

Nell'articolo si afferma quanto segue: «A causa di una montagna di mutui fuori parametro (subprime) concessa dalle società di credito fondiario in America, molte banche stanno entrando in crisi. Si parla di giganti come Citygroup e Bank of America negli USA ed in Europa di possibile crollo per banche del calibro di Deutsche Bank, Barclys, BNP Paribas e di alcune finanziarie (AXA) e fondi pensione.
Si parla di un buco di oltre 20 miliardi di dollari USA di titoli circolanti emessi nei mercati e privi di patrimonialità reale, di cui né il grande pubblico, né i professionisti di New York si erano accorti. Non si parla più di un problema di liquidità, ma di un problema di solvibilità.
Il problema si è originato negli USA a partire dal 1987, quando con pressioni della lobby bancaria - mediante elargizioni costate 300 milioni di Dollari USA - si è riusciti ad ottenere, passo dopo passo, l'abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del '29. La completa abolizione della legge è stata ottenuta nel 1999 grazie al Presidente Bill Clinton.
A suo tempo la legge era stata approvata per evitare il conflitto d'interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni.
Principale fautore di questa liberalizzazione finanziaria è stato il precedente presidente della FED, Alan Greenspan.
Questi, divenuto governatore nel 1987, prima di tale nomina era stato membro del consiglio di amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.
Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale e la crisi più che imminente avrebbe dimensioni planetarie.
In questo ultimo periodo i grandi gruppi finanziari e bancari si sono premuniti piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia.
Questi titoli sono valutati AA o addirittura AAA dalle agenzie, cosiddette indipendenti, di valutazione dei valori mobiliari, come Standard & Poors, Moody's e Fitch…
A essere esposte in prima linea dovrebbero esserci teoricamente i fondi pensione, le assicurazioni e le grandi fondazioni americane, come pure i maggiori gruppi finanziari e bancari statunitensi, che sono all'origine dell'emissione incontrollata di titoli atipici di questi lunghi decenni.
Eppure c'è da dubitare che chi ha le chiavi del potere finanziario e monetario sia chiamato a rispondere dei propri misfatti. Alla radice del problema, infatti, ci sono le Banche Centrali ed in primo luogo la FED, che da tempo aveva un chiaro quadro della situazione…».

Ed infine la ciliegina sulla torta: «Chi controlla la FED sa dunque che non può fornire la soluzione nell'ambito stesso della FED. In questo scenario… gli Stati Uniti si preparano, insieme a Canada e Messico, a lanciare una moneta unica, detta 'Amero'. La soluzione proposta sarebbe l'abolizione del dollaro, sostituito dalla valuta dell'Unione del Nord America»…
In sintesi prima i banchieri a suon di tangenti ai politici (300 milioni di dollari dichiarati) fanno abolire le leggi a suo tempo create in USA per impedire un nuovo tracollo economico sul pianeta come quello del 1929; poi inondano il pianeta di moneta finanziaria senza valore intrinseco nell'economia reale, ma gravata comunque di interesse che l'economia reale ignara accetta e paga.
Quando l'economia reale strozzata dai debiti (soprattutto dagli interessi sui debiti) non ce la fa più, il banchiere che comanda - «colui che controlla la FED»- decide di abbandonare la barca, creare una nuova moneta (ovviamente gravata di interesse a debito) e abbandonare la società civile con in mano dollari che andranno bene solo per accendersi i sigari.

Unico problema: far fare ai politici una legge che dia corso legale alla nuova valuta.
E in questo l'articolo di Asia News ci informa che Greenspan e il CFR (Council on Foreign Relations) sono già all'opera.
Si tratta solo di avere il tempo per prezzolare i politici di turno.

A chi studia economia in una qualunque università occidentale viene insegnato che (primo esempio di globalizzazione al mondo) le Banche Centrali (Federal Riserve, BCE, Banca d'Italia, ecc.) sono state delegate dai singoli Stati nazionali a disciplinare l'emissione della moneta per evitare che questa fosse appannaggio degli appetiti elettorali dei sistemi politici.
Come può essere quindi, che siano proprio i banchieri a prezzolare i politici per fare della moneta esattamente l'uso che si voleva evitare da parte dei politici?
E come può essere che ciò riaccada dopo il 1929 quando si sapeva già, grazie a quella esperienza, come sarebbe andata a finire comportandosi in quel modo?
E come può essere che vi sia un soggetto che possiede (o decide per) la Federal Riserve e che noi non si sappia chi sia pur avendo un così grande potere?
Che è poi il potere dei poteri: quello di decidere l'emissione della moneta.
Come mai non viene mai citato in TV o sui giornali?
Come può essere che qualcuno decida di cambiare valuta senza coinvolgere le istituzioni democratiche di quel Paese in questa decisione?

E ancora: In Europa la situazione è identica o diversa?
Chi decide quanti euro ogni anno debbano essere messi in circolazione?
Chi possiede e ha potere decisionale nella BCE?
A chi rendono conto questi signori se compiono misfatti?
Quali controlli il parlamento europeo e i singoli Stati nazionali hanno sulla BCE?
E sulle banche nazionali?
A cosa è dovuta l'inflazione?
Perché se la moneta è in mano ai banchieri per evitare abuso da parte del sistema politico le monete continuano a svalutarsi?
Gli euro emessi appartengono agli Stati nazionali o alla BCE, che è un soggetto privato e che indebita gli Stati quando questi ricevono nuova moneta?
Con quali criteri e soprattutto chi decide quale interesse passivo applicare sulla moneta presa a debito dagli Stati nazionali e di conseguenza poi dai cittadini verso le banche?
Perché il parlamento italiano può decidere di occupare militarmente uno Stato straniero ma non può deliberare sulla propria moneta?
Ed infine, perché su queste tematiche c'è la totale disinformazione da parte dei mass media ufficiali?

Siamo sull'orlo di una crisi economica inevitabile salvo un miracolo.
Il sistema bancario, principale responsabile di questa crisi, se ne lava le mani e da nessuna parte viene messo sotto accusa.
Anzi i banchieri li troviamo come primi ministri o presidenti della repubblica.
Il sistema politico, occidentale in generale e italiano in particolare, ha dimostrato incompetenza e sudditanza a questo sistema.
Tutti noi sappiamo perfettamente che se anche va al governo la coalizione opposta non cambierà nulla.
Il cittadino fondamentalmente è al muro ed è impotente perché non capisce come funziona il sistema.
Non sa dove è il trucco, se trucco c'è.
Non sa cosa fare perché gli è stato fatto credere negli ultimi 70 anni che l'unico sistema economico possibile è quello occidentale, in quanto è il migliore e ha dato abbondanza e prosperità a tutti.
Non ce né un altro migliore.
L'altro possibile, cioè il comunismo, è morto da tempo perché peggiore di quello occidentale..

Ma noi sappiamo che non è così.
Sappiamo, nonostante il colpevole silenzio dei media ufficiali, che è possibile ricorrere ad un sistema monetario diverso, dove la moneta appartiene agli Stati e non a banchieri privati, senza che questo metta in discussione la società occidentale ed i suoi valori sociali, politici e democratici; sappiamo che, ad esempio, solo in Italia esistono oltre una ventina di esperimenti di moneta complementare (in Germania sono più di 100) che cercano di far sì che la spesa dei cittadini rimanga all'interno dell'economia nazionale e non se ne vada a gonfiare gli investimenti speculativi asiatici; sappiamo che il problema del deficit dello Stato italiano è collegato al debito che viene contratto dallo Stato verso banchieri privati allorché nuova moneta viene immessa in circolazione, e non solo per l'eccesso di spesa della «casta politica» rispetto alla raccolta delle imposte; sappiamo che i banchieri internazionali non vogliono che le masse siano informate su questi meccanismi, altrimenti non potrebbero più spiegare ai cittadini come mai Prodi e Letta sono stipendiati dalla Goldmann Sachs quando non hanno incarichi governativi, e che la Goldman è l'advisor (vale a dire il consulente che dice a chi vendere e a quale prezzo) per eccellenza quando lo Stato italiano vende qualche azienda pubblica; sappiamo che la scuola di pensiero dell'insigne economista Federico Caffè, misteriosamente scomparso nel 1987, che si opponeva alle distorsioni di questo sistema finanziario, non è morta con lui.

Allora riteniamo che sia giunto il momento di cominciare ad illustrare, da questo sito, quale è il trucco del capitalismo.
Che i banchieri internazionali lo vogliano o no.
bianchini carlo

02 febbraio 2008

Berlusconi: una nuova tassa


La giustizia a orologeria valica ormai i confini nazionali e dilaga, come un’inarrestabile cancrena, fino al Lussemburgo. Lì la Corte Europea di Giustizia ha stabilito che le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere via etere senza concessione su frequenze spettanti a Europa7 che la concessione vinse in una regolare gara nel 1999 mentre Rete 4 la perse, sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali. A partire dalla legge Maccanico gentilmente offerta dal centrosinistra al Cavaliere nel 1997, per proseguire col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri varati dal governo Berlusconi II tra il 2003 e il 2004. Giusto in tempo per il suo probabile ritorno a Palazzo Chigi, dunque, si ripropongono intatti i nobili moventi della sua “discesa in campo” del ‘94: salvare le sue televisioni da una qualunque legge antitrust e salvare se stesso dai processi (a Milano stanno per chiudersi quelli per i fondi neri Mediaset e per la corruzione del testimone David Mills, a Napoli sta per aprirsi quello per la tentata corruzione di Agostino Saccà e di alcuni senatori). La soluzione ideale sarebbe depenalizzare anche la corruzione e trasferire la Corte europea da Lussemburgo a Brescia, o ad Arcore, per legittimo sospetto.

Nell’attesa, va detto che non sarebbe occorso scomodare l’Europa se l’Ulivo prima e l’Unione poi avessero fatto il proprio dovere: tradurre in legge le sentenze della Corte costituzionale del 1994 e del 2002 che fissano per Mediaset un tetto invalicabile di due reti. Ma, nei quasi sette anni in cui ha governato, il centrosinistra - che secondo l’ex senatore Franco Debenedetti, sempre spiritoso, sarebbe affetto da inguaribile antiberlusconismo - le diede tutte vinte al Cainano. Costringendo Francesco Di Stefano a un’estenuante battaglia legale prima al Tar, poi al Consiglio di Stato, infine alla Corte europea. L’anno scorso si arrivò all’incredibile: già regnante l’Unione, l’Avvocatura dello Stato seguitò a difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro le legittime richieste di Europa7. Ieri il ministro Gentiloni l’ha parzialmente ricordato, facendo notare di aver invitato Palazzo Chigi a modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura rispetto a quelle dettate dal governo Berlusconi. Ma la sua missiva al sottosegretario Enrico Letta rimase lettera morta e il governo dell’Unione continuò a schierarsi pro Gasparri e contro Di Stefano. Ora il Consiglio di Stato dovrà risarcire l’editore di Europa7 per i danni subiti dal 1999 a oggi e, possibilmente, levare le frequenze occupate da Rete4 grazie a una serie di proroghe legislative compiacenti, per assegnarle finalmente al legittimo beneficiario e consentirgli di accendere, con nove anni di ritardo, la sua emittente nazionale.

Mediaset, in un comunicato spiritoso almeno quanto Debenedetti, sostiene che “Rete4 è pienamente legittimata all’utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio per Rete4”. In realtà non spetta a Mediaset, ma al Consiglio di Stato, decidere se assegnare a Di Stefano il solo risarcimento pecuniario, o anche le frequenze finora negate. Intanto l’Europa, che ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’illegittimità della Gasparri, potrebbe presto condannare il nostro Paese a versare una multa di 400 mila euro al giorno. Risarcimento a Di Stefano ed eventuale multa saranno, ovviamente, a spese dei contribuenti.

Secondo l’infallibile pratica del “ridi e fotti”, per 15 anni il Cavaliere ha imposto al Parlamento gli affari suoi come affari di Stato. Mantenendo Rete4 sull’analogico terrestre, ha incamerato introiti pubblicitari da favola che non avrebbe mai visto se l’emittente fosse finita sul satellite. E ora chi paga i danni? Lo Stato. Cioè, pro quota, ciascun contribuente. Se esistesse un’informazione decente, da oggi tutti i giornali e le tv dovrebbero annunciare agli italiani una nuova tassa: la “tassa Berlusconi”. Se esistesse un centrosinistra decente, dovrebbe promuovere una gigantesca class action di 58 milioni di italiani per chiedere i danni a Silvio Berlusconi. Il quale intanto, se tornerà al governo, sarà chiamato ancora una volta a risolvere ciò che i suoi presunti avversari non hanno mai voluto nemmeno sfiorare. Come diceva Sabina Guzzanti nei panni di Massimo D’Alema,“io a Silvio Berlusconi ho fatto un discorso chiarissimo sul conflitto d’interessi. Gli ho detto: Silvio Berlusconi, il conflitto d’interessi è tuo? Risolvitelo da te!
di marco travaglio

01 febbraio 2008

Europa 7 batte Retequattro 1-0 dts



Ci siamo occupati diverse volte su questo argomento, ma l'evidenza viene negata ogni volta. Non è possibile che la voce della informazione venga manipolata in maniera tanto spudorata dai politici di turno.Poi, quando i magistrati intervengono vengono puniti i magistrati o... viene cambiata la sede del processo. Incredibile! Ma questa è l'Italia del 2008 e, senza un governo in carica.

La società televisiva Europa 7 di Francesco Di Stefano ha diritto a trasmettere i suoi programmi in chiaro sulle frequenze oggi occupate da Retequattro, che fa capo a Mediaset di Silvio Berlusconi. E’ questo il succo della sentenza decisa dall’Alta Corte Europea del Lussemburgo e che piomba come un macigno sulle sorti dell’oligopolio berlusconiano e sulle quelle più traballanti della controriforma Gasparri sul sistema dei media, già messa sotto accusa dalla Commissione di Bruxelles con una procedura formale di infrazione contro lo Stato italiano.
Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisive, recita in pratica la sentenza, è contrario al diritto comunitario. Per i giudici UE: “tale regime non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”, si legge in una nota sulla sentenza diffusa a Bruxelles.
“La Corte -prosegue il testo- rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa a favore delle reti esistenti ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo e' stato consolidato dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su questo mercato”.


Per la Corte: “il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi di interesse generale ma, come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, esso dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali. Di conseguenza, l'assegnazione in esclusiva è senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tenere conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi”.
Il caso Europa 7 risale al 1999, quando l'emittente tv ha ottenuto dalle autorità italiane competenti un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale pende attualmente la causa, ha interrogato la Corte di giustizia UE sull'interpretazione delle disposizioni previste dal diritto comunitario per i criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni tv. Il giudice del rinvio, si legge nel testo, “sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione per le frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

Sulla sentenza e le ripercussioni che avranno anche in merito alla Procedura d’infrazione, elevata dalla Commissione europea contro la legge Gasparri, abbiamo intervistato il professor Ottavio Grandinetti, difensore di Centro Europa 7 e docente di diritto dell’informazione
D. Ci spieghi in sintesi il meccanismo della sentenza?
R. “La Corte di Giustizia ha dichiarato che il regime transitorio della Legge Meccanico è contrario almeno dal 1999 all’Articolo 49 del Trattato della Comunità europea. Inoltre, tutti i regimi transitori introdotti successivamente, al fine di prorogare ulteriormente la attività delle reti eccedenti (Retequattro e Telepiù Nero), a danno di Centro Europa 7, sono altresì contrari alle norme delle direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, a partire dal 2003.
Questo significa che il Consiglio di Stato dovrà “disapplicare” tutte queste disposizioni transitorie e riconoscere finalmente la piena spettanza del diritto di Europa 7 ad ottenere le frequenze e trasmettere in chiaro.
La Corte di Giustizia, dichiarando l’illegittimità del regime transitorio della legge Meccanico a partire dal 1999 si è discostata, inoltre, anche da quanto aveva deciso la Corte Costituzionale nel 2002 con la sentenza numero 466, in cui la nostra Alta Corte aveva ritenuto che il regime transitorio dovesse cessare solo a partire dal 31 dicembre 2003.
D. Questo significa che anche la Gasparri deve essere modificata per adeguarsi a questa sentenza?
R. “La sentenza della Corte del Lussemburgo sancisce l’immedesimazione tra l’anomalia radiotelevisiva italiana ed il caso Europa 7. Se si vorranno risolvere i due problemi, in via definitiva, occorrerà che l’Italia modifichi la sua legislazione conformemente a quanto ci richiede l’Europa.
D. La sentenza può adesso influire sulla procedura d’infrazione, avanzata dalla Commissione europea su tutta la riforma Gasparri e che è per ora sospesa, prima di arrivare alla Corte?
R. “Certamente, perché questa decisione della Corte dimostra che tutto il sistema radiotelevisivo italiano dal 1997 ad oggi viola la normativa comunitaria. E la legge Gasparri è parte essenziale di questa violazione”.

E se la procedura dovesse, come preannunciato dalla Commissaria alla concorrenza Kroes, approdare all’Alta Corte del Lussemburgo, dopo questa sentenza diventerebbe più che probabile la condanna dello Stato italiano che non ha modificato la Gasparri, bloccando il disegno di legge di riforma presentato alla Camera dal ministro Gentiloni. Una condanna che costerebbe a tutti i contribuenti italiani all’incirca 400 milioni di euro al giorno. Un ennesimo regalo del “portatore sano” di conflitto di interessi, quel Berlusconi che prima ha fatto di tutto con i suoi soci per non far discutere la riforma e poi, con l’affondo illiberale di gridare “Al voto! Al voto!”, sta di fatto avvelenando i pozzi del sistema democratico, costituzionale, pur di salvare sé stesso, il suo potere e le sue ricchezze.
di Gianni Rossi