20 settembre 2008

Un fallimento dell'alta finanza



Nel tentativo di salvarsi dal disastro delle case e dei mutui a rischio, i famosi subprime, le maggiori banche d’investimento Usa, per rifarsi almeno in parte di una speculazione gigantesca e ormai finita male, hanno puntato sul petrolio. La crescita dei 50% in poche settimane del prezzo di riferimento è molto dovuta a loro. Mani forti che comperano a prezzi crescenti il petrolio futuro, spingendo per raggiungere il massimo ogni giorno di contrattazione, con la convinzione di poter presto rivendere i contratti a prezzi assai più alti.

Ma il petrolio e più in generale l’economia reale, le persone qualsiasi, non hanno dato retta.

Perfino la politica si è opposta. Tanto per dirne una, i due partiti, unanimi, alle loro Convenzioni, hanno in sostanza fatto capire che i vincoli ambientali sarebbero stati accantonati, secondo gli auspici di Sarah Palin, governatore dell’Alaska.

Il sistema della finanza bancaria Usa è rimasto con il cerino in mano. La quotazione del petrolio è rapidamente tornata entro confini più ragionevoli. Il dollaro, moneta che si usa per comprare il petrolio, ha ripreso anch’esso fiato e gli speculatori dei mondo finanziario hanno segnato altre perdite cui non avevano modo e forze per fare fronte. E il disastro, solo rimandato di poche settimane, si è ripresentato con ancora più impeto.

Parliamo di Lehman Brothers. Quinta banca americana, al 37° posto nella classifica di Fortune tra le 500 principali imprese Usa. Chiede la solidarietà delle altre maggiori strutture finanziarie e bancarie, senza però ottenere altro che belle parole. Non muove un dito Citigroup che è all’8° posto della classifica, tanto meno Bankamerica che è all’ 11°, o Goldman Sachs al 20° o Morgan Stanley al 21°. Lehman è diventato un concorrente che si può eliminare, in una lotta di tutti contro tutti. Non intervengono i cavalieri bianchi dell’Europa che pure hanno promesso il loro aiuto. La solidarietà in quell’alta finanza che ha dominato gli ultimi anni del secolo scorso e ancor più questo secolo, dando a ogni attività umana una cifra legata al valore (al valore di borsa) è sparita. Si ritorna alle scorrerie dei baroni ladri ottocenteschi.

Il guaio è che vi sono intrecci di capitale ingestibili. Gli azionisti di Lehman, quelli che hanno perso tutto il loro capitale, sono in parte gente comune, risparmiatori che si sono fidati, ma sono più che altro i compagni di avventure finanziarie di Lehman. Il principale azionista è la maggior compagnia assicurativa d’Europa, Axa che infatti fa subito precipitare la Borsa di Parigi. C’è George Soros, c’è Allianz, altro assicuratore europeo che ha fuso proprio ieri l’altro due principali banche tedesche. C’è la banca inglese Barclays, molto tentata a intervenire in appoggio. Ma i cocci di Lehman costano troppo e Bank of England, la famosa Old Lady, fa capire che è meglio di no. E ci sono tutti i concorrenti americani di Lehman, le banche prima citate.

La Fed, Banca centrale, ci pensa un po’ e non interviene. Lascia che Lehman chieda la protezione dell’articolo 11, cioè dichiari la sua insolvenza al riparo di azioni di creditori. Non è disposta, la Fed, a finanziare le perdite di un’altra banca ancora. Il rischio, anzi la certezza, è che molti banchieri faranno la fila davanti alla porta per ottenere altrettanto.

Qualche giorno fa in una brillante intervista di Milena Gabbanelli (Il Sole 24 Ore, 9 settembre) un prestigioso banchiere, Matteo Arpe, ha raccontato la sua versione dei fatti. Entrato ventenne a Mediobanca con 1,2 milioni di stipendio, ne è uscito 13 anni dopo come alto direttore e 420 milioni di salario annuo. Era il 2000. Dopo ben 4 mesi di pausa in famiglia «con i miei figli, allora molto piccoli», eccolo a bordo di Lehman: «il mio stipendio era 10 volte superiore a quello in Mediobanca». Il secondo dei due stipendi, siamo portati a credere. Arpe non è rimasto a lungo da Lehman. Un banchiere sa cambiare lavoro. Diverso il caso di migliaia di impiegati, alla City di Londra. Oggi in quattromila ex Lehman non hanno più lavoro né lo stipendio di settembre e neppure vere prospettive. Ma che volete, è la finanza: sta creando valore.


di Guglielmo Ragozzino

Quale strada per l'informazione libera?



Beppe Grillo e Antonio Di Pietro sono pronti a scommettere sul fatto che il futuro della “libera” informazione si giocherà sul web e da tempo spendono le proprie energie nella gestione di blog molto popolari fra coloro che frequentano assiduamente internet.


Giulietto Chiesa considera imprescindibile, anche in chiave futura, lo strumento televisivo e punta tutto su Pandora Tv, un canale televisivo finanziato attraverso il contributo volontario dei cittadini che nelle sue intenzioni dovrebbe portare informazione "libera" anche fra tutti coloro che non frequentano la rete.


Massimo Fini continua a credere nella forza della parola stampata ed ha creato "La voce del ribelle" una nuova rivista mensile che si propone di fornire informazione "libera" e spunti di riflessione indirizzandosi ad un lettore attento, non necessariamente internauta e consumatore dei prodotti TV.



Non si può evitare di domandarsi chi fra di loro abbia torto e chi ragione. Esiste veramente un "veicolo d'informazione" che nel prossimo futuro soppianterà tutti gli altri accreditandosi come l'unico in grado di raggiungere la maggior parte delle persone?


Con tutta probabilità no, così come molto probabilmente Grillo ha torto quando afferma che la TV ed i giornali risultano strumenti anacronistici ormai incapaci d'interpretare il futuro in chiave d'informazione, mentre Chiesa è altrettanto in errore nel ritenere che solamente la televisione continuerà ad essere in grado di veicolare l'informazione verso una fetta di cittadini numericamente rilevante.


Nel futuro prossimo, inteso come a medio termine e quantificabile in una quindicina di anni, sicuramente la rete continuerà ad incrementare la propria popolarità attraendo un numero sempre maggiore di lettori, ma nonostante ciò non sarà assolutamente in grado di fagocitare la TV ed i giornali, come Grillo e Di Pietro ritengono accadrà. Al tempo stesso il rilevante incremento del numero di coloro che hanno i mezzi per navigare sul web farà si che diventi sempre meno indispensabile possedere un canale televisivo per nutrire l'ambizione di raggiungere mediaticamente un grande numero di persone, come più volte sostenuto da Giulietto Chiesa.


I giornali al tempo stesso manterranno la propria importanza, dal momento che continueranno a essere complementari tanto all'informazione per "immagini" proposta dalla TV, quanto al tempo reale spesso ipercinetico che contraddistingue buona parte dell'informazione su internet.



il vero problema non è costituito da quale mezzo scegliere per meglio veicolare l'informazione "libera" bensì da quali strumenti usare per far si che questa informazione, libera, risulti esserlo veramente e in merito a ciò, nonostante da più parti si possano apprezzare discreti sforzi e molte buone intenzioni, la strada da percorrere sembra essere ancora piuttosto lunga.


Marco Cedolin



Il fallimento controllato delle multinazionali

C'è un gioco che si ripete, bolle e speculazioni, fallimenti ed èlite sempre più potenti. E' un caso? Il sistema si chiama il gioco a somma zero.
Come è ormai noto, il sistema economico, essendo stratificato in base alle quote di mercato possedute, è prevalentemente controllato dalle cosiddette corporation. I gruppi multinazionali riescono infatti a decidere la soglia della sostenibilità economica per le piccole e medie imprese ed interi popoli, avendo le dimensioni e le risorse per fronteggiare o addirittura a causare una crisi, se questa può tradursi in un’opportunità per conquistare un mercato o sbaragliare dei concorrenti. Questo tipo di strategie sono frequenti in mercati in via di sviluppo, tormentati da crisi politiche e spesso resi vulnerabili da conflitti e destabilizzazioni molto gravi.

Il più delle volte l’ingresso nel nuovo mercato da sfruttare avviene attraverso le cosiddette "branch", che vengono collocate nell'area interessata per "spremere" dal territorio quanti più utili possibili, fino all'esaurimento. Quando il mercato è divenuto ormai sterile viene chiusa la filiale creata per tale scopo, gli utili vengono incassati dalla casa madre attraverso un giro di scatole cinesi, mentre le perdite restano a nome della branch che ha dichiarato il fallimento. Questo accade per le multinazionali, per gli istituti bancari, per la grande distribuzione, cioè per tutto ciò che il mercato del consumo offre. Grazie al loro forte potere economico e ad una struttura reticolare studiata per evitare il tracciamento delle transazioni, tali gruppi economici riescono a sopravvivere senza regole o principi, essendo al di sopra degli stessi organi locali, e al fianco delle istituzioni internazionali. Quando infatti firmano un contratto a 90 giorni è chiaro che pagheranno a 120 oppure a 160, perchè con il loro apparato burocratico, riescono a prolungare a dismisura i tempi per i procedimenti e i ricorsi, la cui risoluzione appare ad un orizzonte quanto meno lontano.

La loro presenza comincia a divenire così integrata all'interno del territorio, da divenire invisibili e inarrivabili, grazie al potete filtro attuato dalla branch locale. Questa infatti riesce a creare la lobby sviando dalla casa madre ogni danneggiamento di immagine o economico, come dei veri e propri fusibili. Quando una branch fallisce, i responsabili affermando che vi è stata "un’aggressione economica", una "sopravvalutazione del mercato", una "ostilità da parte dei Governi locali", qualsiasi cosa pur di non nominare la parola "fallimento". Un’incolumità che viene quanto più garantita da un potere giudiziario debole, dall’inesistenza di Agenzie o organismi di controllo che possano salvaguardare l’economia locale. Basta pensare al Gruppo Fiat, che sino a qualche anno aveva un debito di oltre quattordici miliardi di euro, e in soli cinque anni è riuscito a fare dividendi con gli azionisti.
Oggi sapete come è finita? Tutti in cassa integrazione e nessuno osa parlare, nessuno osa pensare, perchè il Gruppo Italiano controlla tutto: giornali, banche, assicurazioni, tribunali. Questo è il mercato e questi sono i padroni, e in ogni nazione c'è una Fiat che controlla e che è alleata con tutte le Fiat del mondo,che a loro volta controllano tutto il globo.
Non bisogna andare neanche tanto lontano, volgendo lo sguardo alla storia attualissima, con il fallimento controllato delle Banche che, "desolate" informano il taglio di oltre 6000 posti di lavoro, e tanti altri milioni di dollari che non verranno mai pagati. La Lehman Brothers dichiara fallimento come qualsiasi altra impresa che non vuole pagare i suoi creditori: chiude i battenti e le branch europee, si rifugia nel patrimonio "di famiglia" e poi si ripropone sul mercato sotto un'altra veste. E' ovvio che le Banche e i grandi gruppi industriali non falliranno mai, ma semplicemente bruciano i soldi di altri, per poi ributtarsi nella mischia.

La piovra delle corporation non si ferma solo al mercato, ma dilaga proprio all'interno della Commissione Europea e dei suoi comitati di esperti. Occorre infatti riflettere sul fatto che le negoziazioni per i processi di integrazione, i road map per la ratifica dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione, e dunque le misure da prendere, vengono decise dalla Commissione Europea sulla base della consulenza dei comitati di esperti. Questi, composti da professori, consulenti privati e dirigenti di grandi società, forniscono un parere più o meno vincolante sui progetti, sulle decisioni e sulle direttive, nonché sulle strategie di politica economica ( si veda Register of expert groups ) . I rapporti da essi redatti hanno una forte influenza sul parere della Commissione Europea, il cui potere è incontrastabile, considerando che detiene il potere esecutivo e legislativo, al contrario del Parlamento Europeo che ha solo un potere consultivo e propositivo. Come si può notare, il potere economico delle multinazionali si estende ben oltre la semplice influenza sul mercato, avendo insinuato i suoi tentacoli nelle strutture politiche che reggono il destino dei Paesi. Comprano e controllano tutto: Governo e opposizione di qualsiasi nazione del mondo e nessuno fiata, nessuno parla .
Gli intellettuali e i cosiddetti giornalisti d'assalto parlano di tutto, ma mai di loro. Chi critica il gruppo Rotschild? Chi critica la Goldman Sachs? Chi critica la Fiat? Chi critica Rockfeller? Eppure questa gente tutti i giorni fa morti sui mercati finanziari e loro guadagnano sempre, e alla fine della giornata passano dalla cassa e contano i loro guadagni. Sono divenute ormai ridicole le trasmissioni televisive, dove si trovano quelli che dovrebbero informare l'opinione pubblica e far capire chi è il diavolo e chi è l'acqua santa.

Questi signori delirano e ripetono come pappagalli il copione che gli è stato assegnato, perchè anche loro sono prezzati dai grandi potenti, e al massimo se la prendono con i nuovi arricchiti che non fanno parte del buon salotto di potere. La magistratura nulla può su queste realtà, e nessuno si interroga su questi argomenti, nemmeno l’opposizione, e neanche chi mette le bombe per strada, nulla, la cosa più strana è che neanche gli stessi estremisti contestano queste strutture.
Perchè nessuno si chiede perché chi produce il cacao non è mai diventato ricco ma sempre più povero, e lo stesso è accaduto per i Paesi produttori di caffè, dove le sole multinazionali hanno ottenuto un effettivo guadagno. La guardia di finanzia nelle sue innumerevoli perquisizioni, viene circoscritta al suo territorio nazionale, e quando si vogliono chiedere spiegazioni ad una banca, oppure ad una multinazionale, ecco il solito gioco di prestigio, dei soliti prestigiatori di avvocati, consulenti, faccendieri, contractors, di tutto e di più, una vera macchina da guerra.

20 settembre 2008

Un fallimento dell'alta finanza



Nel tentativo di salvarsi dal disastro delle case e dei mutui a rischio, i famosi subprime, le maggiori banche d’investimento Usa, per rifarsi almeno in parte di una speculazione gigantesca e ormai finita male, hanno puntato sul petrolio. La crescita dei 50% in poche settimane del prezzo di riferimento è molto dovuta a loro. Mani forti che comperano a prezzi crescenti il petrolio futuro, spingendo per raggiungere il massimo ogni giorno di contrattazione, con la convinzione di poter presto rivendere i contratti a prezzi assai più alti.

Ma il petrolio e più in generale l’economia reale, le persone qualsiasi, non hanno dato retta.

Perfino la politica si è opposta. Tanto per dirne una, i due partiti, unanimi, alle loro Convenzioni, hanno in sostanza fatto capire che i vincoli ambientali sarebbero stati accantonati, secondo gli auspici di Sarah Palin, governatore dell’Alaska.

Il sistema della finanza bancaria Usa è rimasto con il cerino in mano. La quotazione del petrolio è rapidamente tornata entro confini più ragionevoli. Il dollaro, moneta che si usa per comprare il petrolio, ha ripreso anch’esso fiato e gli speculatori dei mondo finanziario hanno segnato altre perdite cui non avevano modo e forze per fare fronte. E il disastro, solo rimandato di poche settimane, si è ripresentato con ancora più impeto.

Parliamo di Lehman Brothers. Quinta banca americana, al 37° posto nella classifica di Fortune tra le 500 principali imprese Usa. Chiede la solidarietà delle altre maggiori strutture finanziarie e bancarie, senza però ottenere altro che belle parole. Non muove un dito Citigroup che è all’8° posto della classifica, tanto meno Bankamerica che è all’ 11°, o Goldman Sachs al 20° o Morgan Stanley al 21°. Lehman è diventato un concorrente che si può eliminare, in una lotta di tutti contro tutti. Non intervengono i cavalieri bianchi dell’Europa che pure hanno promesso il loro aiuto. La solidarietà in quell’alta finanza che ha dominato gli ultimi anni del secolo scorso e ancor più questo secolo, dando a ogni attività umana una cifra legata al valore (al valore di borsa) è sparita. Si ritorna alle scorrerie dei baroni ladri ottocenteschi.

Il guaio è che vi sono intrecci di capitale ingestibili. Gli azionisti di Lehman, quelli che hanno perso tutto il loro capitale, sono in parte gente comune, risparmiatori che si sono fidati, ma sono più che altro i compagni di avventure finanziarie di Lehman. Il principale azionista è la maggior compagnia assicurativa d’Europa, Axa che infatti fa subito precipitare la Borsa di Parigi. C’è George Soros, c’è Allianz, altro assicuratore europeo che ha fuso proprio ieri l’altro due principali banche tedesche. C’è la banca inglese Barclays, molto tentata a intervenire in appoggio. Ma i cocci di Lehman costano troppo e Bank of England, la famosa Old Lady, fa capire che è meglio di no. E ci sono tutti i concorrenti americani di Lehman, le banche prima citate.

La Fed, Banca centrale, ci pensa un po’ e non interviene. Lascia che Lehman chieda la protezione dell’articolo 11, cioè dichiari la sua insolvenza al riparo di azioni di creditori. Non è disposta, la Fed, a finanziare le perdite di un’altra banca ancora. Il rischio, anzi la certezza, è che molti banchieri faranno la fila davanti alla porta per ottenere altrettanto.

Qualche giorno fa in una brillante intervista di Milena Gabbanelli (Il Sole 24 Ore, 9 settembre) un prestigioso banchiere, Matteo Arpe, ha raccontato la sua versione dei fatti. Entrato ventenne a Mediobanca con 1,2 milioni di stipendio, ne è uscito 13 anni dopo come alto direttore e 420 milioni di salario annuo. Era il 2000. Dopo ben 4 mesi di pausa in famiglia «con i miei figli, allora molto piccoli», eccolo a bordo di Lehman: «il mio stipendio era 10 volte superiore a quello in Mediobanca». Il secondo dei due stipendi, siamo portati a credere. Arpe non è rimasto a lungo da Lehman. Un banchiere sa cambiare lavoro. Diverso il caso di migliaia di impiegati, alla City di Londra. Oggi in quattromila ex Lehman non hanno più lavoro né lo stipendio di settembre e neppure vere prospettive. Ma che volete, è la finanza: sta creando valore.


di Guglielmo Ragozzino

Quale strada per l'informazione libera?



Beppe Grillo e Antonio Di Pietro sono pronti a scommettere sul fatto che il futuro della “libera” informazione si giocherà sul web e da tempo spendono le proprie energie nella gestione di blog molto popolari fra coloro che frequentano assiduamente internet.


Giulietto Chiesa considera imprescindibile, anche in chiave futura, lo strumento televisivo e punta tutto su Pandora Tv, un canale televisivo finanziato attraverso il contributo volontario dei cittadini che nelle sue intenzioni dovrebbe portare informazione "libera" anche fra tutti coloro che non frequentano la rete.


Massimo Fini continua a credere nella forza della parola stampata ed ha creato "La voce del ribelle" una nuova rivista mensile che si propone di fornire informazione "libera" e spunti di riflessione indirizzandosi ad un lettore attento, non necessariamente internauta e consumatore dei prodotti TV.



Non si può evitare di domandarsi chi fra di loro abbia torto e chi ragione. Esiste veramente un "veicolo d'informazione" che nel prossimo futuro soppianterà tutti gli altri accreditandosi come l'unico in grado di raggiungere la maggior parte delle persone?


Con tutta probabilità no, così come molto probabilmente Grillo ha torto quando afferma che la TV ed i giornali risultano strumenti anacronistici ormai incapaci d'interpretare il futuro in chiave d'informazione, mentre Chiesa è altrettanto in errore nel ritenere che solamente la televisione continuerà ad essere in grado di veicolare l'informazione verso una fetta di cittadini numericamente rilevante.


Nel futuro prossimo, inteso come a medio termine e quantificabile in una quindicina di anni, sicuramente la rete continuerà ad incrementare la propria popolarità attraendo un numero sempre maggiore di lettori, ma nonostante ciò non sarà assolutamente in grado di fagocitare la TV ed i giornali, come Grillo e Di Pietro ritengono accadrà. Al tempo stesso il rilevante incremento del numero di coloro che hanno i mezzi per navigare sul web farà si che diventi sempre meno indispensabile possedere un canale televisivo per nutrire l'ambizione di raggiungere mediaticamente un grande numero di persone, come più volte sostenuto da Giulietto Chiesa.


I giornali al tempo stesso manterranno la propria importanza, dal momento che continueranno a essere complementari tanto all'informazione per "immagini" proposta dalla TV, quanto al tempo reale spesso ipercinetico che contraddistingue buona parte dell'informazione su internet.



il vero problema non è costituito da quale mezzo scegliere per meglio veicolare l'informazione "libera" bensì da quali strumenti usare per far si che questa informazione, libera, risulti esserlo veramente e in merito a ciò, nonostante da più parti si possano apprezzare discreti sforzi e molte buone intenzioni, la strada da percorrere sembra essere ancora piuttosto lunga.


Marco Cedolin



Il fallimento controllato delle multinazionali

C'è un gioco che si ripete, bolle e speculazioni, fallimenti ed èlite sempre più potenti. E' un caso? Il sistema si chiama il gioco a somma zero.
Come è ormai noto, il sistema economico, essendo stratificato in base alle quote di mercato possedute, è prevalentemente controllato dalle cosiddette corporation. I gruppi multinazionali riescono infatti a decidere la soglia della sostenibilità economica per le piccole e medie imprese ed interi popoli, avendo le dimensioni e le risorse per fronteggiare o addirittura a causare una crisi, se questa può tradursi in un’opportunità per conquistare un mercato o sbaragliare dei concorrenti. Questo tipo di strategie sono frequenti in mercati in via di sviluppo, tormentati da crisi politiche e spesso resi vulnerabili da conflitti e destabilizzazioni molto gravi.

Il più delle volte l’ingresso nel nuovo mercato da sfruttare avviene attraverso le cosiddette "branch", che vengono collocate nell'area interessata per "spremere" dal territorio quanti più utili possibili, fino all'esaurimento. Quando il mercato è divenuto ormai sterile viene chiusa la filiale creata per tale scopo, gli utili vengono incassati dalla casa madre attraverso un giro di scatole cinesi, mentre le perdite restano a nome della branch che ha dichiarato il fallimento. Questo accade per le multinazionali, per gli istituti bancari, per la grande distribuzione, cioè per tutto ciò che il mercato del consumo offre. Grazie al loro forte potere economico e ad una struttura reticolare studiata per evitare il tracciamento delle transazioni, tali gruppi economici riescono a sopravvivere senza regole o principi, essendo al di sopra degli stessi organi locali, e al fianco delle istituzioni internazionali. Quando infatti firmano un contratto a 90 giorni è chiaro che pagheranno a 120 oppure a 160, perchè con il loro apparato burocratico, riescono a prolungare a dismisura i tempi per i procedimenti e i ricorsi, la cui risoluzione appare ad un orizzonte quanto meno lontano.

La loro presenza comincia a divenire così integrata all'interno del territorio, da divenire invisibili e inarrivabili, grazie al potete filtro attuato dalla branch locale. Questa infatti riesce a creare la lobby sviando dalla casa madre ogni danneggiamento di immagine o economico, come dei veri e propri fusibili. Quando una branch fallisce, i responsabili affermando che vi è stata "un’aggressione economica", una "sopravvalutazione del mercato", una "ostilità da parte dei Governi locali", qualsiasi cosa pur di non nominare la parola "fallimento". Un’incolumità che viene quanto più garantita da un potere giudiziario debole, dall’inesistenza di Agenzie o organismi di controllo che possano salvaguardare l’economia locale. Basta pensare al Gruppo Fiat, che sino a qualche anno aveva un debito di oltre quattordici miliardi di euro, e in soli cinque anni è riuscito a fare dividendi con gli azionisti.
Oggi sapete come è finita? Tutti in cassa integrazione e nessuno osa parlare, nessuno osa pensare, perchè il Gruppo Italiano controlla tutto: giornali, banche, assicurazioni, tribunali. Questo è il mercato e questi sono i padroni, e in ogni nazione c'è una Fiat che controlla e che è alleata con tutte le Fiat del mondo,che a loro volta controllano tutto il globo.
Non bisogna andare neanche tanto lontano, volgendo lo sguardo alla storia attualissima, con il fallimento controllato delle Banche che, "desolate" informano il taglio di oltre 6000 posti di lavoro, e tanti altri milioni di dollari che non verranno mai pagati. La Lehman Brothers dichiara fallimento come qualsiasi altra impresa che non vuole pagare i suoi creditori: chiude i battenti e le branch europee, si rifugia nel patrimonio "di famiglia" e poi si ripropone sul mercato sotto un'altra veste. E' ovvio che le Banche e i grandi gruppi industriali non falliranno mai, ma semplicemente bruciano i soldi di altri, per poi ributtarsi nella mischia.

La piovra delle corporation non si ferma solo al mercato, ma dilaga proprio all'interno della Commissione Europea e dei suoi comitati di esperti. Occorre infatti riflettere sul fatto che le negoziazioni per i processi di integrazione, i road map per la ratifica dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione, e dunque le misure da prendere, vengono decise dalla Commissione Europea sulla base della consulenza dei comitati di esperti. Questi, composti da professori, consulenti privati e dirigenti di grandi società, forniscono un parere più o meno vincolante sui progetti, sulle decisioni e sulle direttive, nonché sulle strategie di politica economica ( si veda Register of expert groups ) . I rapporti da essi redatti hanno una forte influenza sul parere della Commissione Europea, il cui potere è incontrastabile, considerando che detiene il potere esecutivo e legislativo, al contrario del Parlamento Europeo che ha solo un potere consultivo e propositivo. Come si può notare, il potere economico delle multinazionali si estende ben oltre la semplice influenza sul mercato, avendo insinuato i suoi tentacoli nelle strutture politiche che reggono il destino dei Paesi. Comprano e controllano tutto: Governo e opposizione di qualsiasi nazione del mondo e nessuno fiata, nessuno parla .
Gli intellettuali e i cosiddetti giornalisti d'assalto parlano di tutto, ma mai di loro. Chi critica il gruppo Rotschild? Chi critica la Goldman Sachs? Chi critica la Fiat? Chi critica Rockfeller? Eppure questa gente tutti i giorni fa morti sui mercati finanziari e loro guadagnano sempre, e alla fine della giornata passano dalla cassa e contano i loro guadagni. Sono divenute ormai ridicole le trasmissioni televisive, dove si trovano quelli che dovrebbero informare l'opinione pubblica e far capire chi è il diavolo e chi è l'acqua santa.

Questi signori delirano e ripetono come pappagalli il copione che gli è stato assegnato, perchè anche loro sono prezzati dai grandi potenti, e al massimo se la prendono con i nuovi arricchiti che non fanno parte del buon salotto di potere. La magistratura nulla può su queste realtà, e nessuno si interroga su questi argomenti, nemmeno l’opposizione, e neanche chi mette le bombe per strada, nulla, la cosa più strana è che neanche gli stessi estremisti contestano queste strutture.
Perchè nessuno si chiede perché chi produce il cacao non è mai diventato ricco ma sempre più povero, e lo stesso è accaduto per i Paesi produttori di caffè, dove le sole multinazionali hanno ottenuto un effettivo guadagno. La guardia di finanzia nelle sue innumerevoli perquisizioni, viene circoscritta al suo territorio nazionale, e quando si vogliono chiedere spiegazioni ad una banca, oppure ad una multinazionale, ecco il solito gioco di prestigio, dei soliti prestigiatori di avvocati, consulenti, faccendieri, contractors, di tutto e di più, una vera macchina da guerra.