19 luglio 2009

Il problema del denaro




L’attuale crisi economica sta portando alla ribalta i movimenti di riforma monetaria come l’End The Fed. Questi movimenti mettono in luce ciò che è sbagliato nel nostro sistema monetario di oggi, vale a dire il fatto che si tratta dello strumento con cui le persone vengono mantenute nella schiavitù del debito.

Purtroppo questi movimenti chiedono spesso un ritorno della copertura della cartamoneta con oro e argento. In altre parole, che dovremmo essere in grado di riscattare la nostra cartamoneta con oro e argento – anche se non vedo perché dovremmo farlo, l’oro e l’argento sono troppo pesanti da portare in giro. Secondo i sostenitori del “vero denaro”, la cartamoneta che non possa essere coperta da metalli preziosi non dovrebbe essere più in circolazione.

Ma il ritorno ad un gold o un silver standard non stabilizzerà la nostra economia. Il vero problema della nostra moneta non è la sua natura a corso forzoso. Di per sé, oro e argento sono monete a corso forzoso. Parecchio tempo fa diverse culture decisero che questi metalli avevano un valore e potevano essere utilizzate nelle transazioni commerciali. Le culture che non avevano accesso a questi metalli utilizzarono qualcos’altro: conchiglie, piume, rocce e così via per facilitare gli scambi. Il decreto di un qualche antico sovrano per utilizzare oro e argento come moneta equivale alla disposizione del governo degli Stati Uniti di utilizzare le banconote della Federal Reserve. Ma noi non consideriamo l’oro e l’argento come moneta a corso forzoso perché la decisione di utilizzarli come moneta è stata presi millenni orsono. Il valore dell’oro e dell’argento è un’accettazione di base, che fa parte della nostra “memoria razziale” e che non mettiamo in discussione. Ma non c’è nulla nell’ordine naturale delle cose che sancisca che questi metalli abbiano un valore. E’ solo un’antica opinione generale, che viene ancora accettata, che li considera così. Thomas Nast, grande vignettista politico americano del diciannovesimo secolo e sostenitore della “moneta pesante”, aveva ragione quando tratteggiò un disegno in cui si diceva che il Congresso potrebbe dichiarare che il sapone liquido sia una moneta. Per la verità, se anche nell’antica Grecia e a Roma avessero fatto un simile annuncio, mi chiedo con cosa ci laveremmo oggi.

Il problema immediato della nostra moneta non è la sua natura a corso forzoso. Il problema del denaro è l’interesse. Le antiche religioni proibivano l’interesse – l’Islam osserva ancora questo divieto – perché ritenevano il tempo come un dono di Dio. Ma l’opinione generale si sgretolò ed entrò in vigore l’interesse, come pagamento per il tempo in cui un prestatore sarebbe rimasto senza il suo denaro. L’interesse è ciò che ha trasformato ogni transazione commerciale in una transazione di debito. E inoltre ha bisogno che l’economia mondiale sia in uno stato di crescita permanente perché la crescita è necessaria per espandere l’offerta monetaria per ripagare il prestito PIU’ l’interesse. Se non ci fosse l’interesse e le persone che hanno un’eccedenza di denaro lo prestassero a coloro che ne hanno bisogno, sarebbe restituita semplicemente la somma presa a prestito e l’offerta monetaria non avrebbe bisogno di crescere solo per il fatto che ogni prestito può essere ripagato con l’interesse. Non è una cosa di cui non s’è mai sentito parlare, è qualcosa che si fa tra amici.

Come giustamente fanno notare gli oppositori della moneta a corso forzoso, l’aumento dell’offerta monetaria diminuisce il valore di ciascun dollaro in circolazione. Essi proporrebbero di limitare questi aumenti inflazionari dell’offerta monetaria legando la cartamoneta all’offerta limitata di oro e argento. Ma questo potrebbe far emergere il problema di un inutile contenimento della vera crescita a causa di un’offerta monetaria insufficiente. Voglio dire, affrontiamo il problema dell’inflazione alla radice abolendo l’interesse (un modo per eliminare l’interesse e fornire comunque degli incentivi alla circolazione della moneta è il nucleo del libro “Interest and Inflation Free Money: Creating an exchange medium that works for everybody and protects the earth” di Margrit Kennedy. E’ pubblicato da New Society Publishers).

La necessità di far sempre crescere l’economia per pagare l’interesse è diventata insostenibile. Nessun sistema cresce per sempre. La visione lineare dell’Universo non è naturale. La natura opera in cerchi e spirali, non in linea retta. La superiorità del genere umano secondo cui noi dominiamo la terra e la possiamo soggiogare è pura follia. Madre Natura va in battuta per ultima. E stiamo giocando sul suo terreno.

E la sua partita si basa sull’esaurimento delle risorse – non solo il petrolio ma anche altre risorse come l’acqua potabile – causato da una specie che crede che la crescita infinita su un pianeta finitosia possibile e desiderabile. L’interesse è il modo con cui questa specie mette in pratica questa convinzione.

Ecologia ed economia sono due termini che hanno la stessa origine. Dobbiamo tenerlo presente ogni volta che sentiamo i politici dire che non possiamo intraprendere determinate misure per proteggere l’ambiente perché danneggerebbero l’economia. Senza l’ambiente, non esiste alcuna economia. Per questa ragione dobiamo rinunciare alla convinzione della possibilità e del desiderio della crescita infinita. Dobbiamo anche rinunciare a chiedere un risarcimento ogni volta che viene utilizzato qualcosa di valore che è in nostro possesso tra cui, e soprattutto, il tempo (opponetevi alle battaglie del copyright sull’utilizzo di un prodotto digitale su diversi dispositivi con il modo con cui condividete liberamente il vostro tempo e le vostre risorse con la vostra cerchia di amici). Una volta che avremo rinunciato a questi vecchi modi di pensare, sarà ovvio eliminare l’interesse, che è basato su quei vecchi modi.

E cosa accadrà alle persone che hanno campato con il prestito ad interesse? Dico loro quello che s’è sentita dire ogni volta la classe operaia di fronte all’outsourcing: RIQUALIFICATEVI.

Naturalmente l’eliminazione dell’interesse è solamente un passo verso quello che dovrebbe essere l’obiettivo finale: l’eliminazione del denaro. Anche questo può essere raggiunto con un formidabile cambiamento di pensiero che porti ad una nuova opinione generale che non appoggi più i sistemi monetari. Ma per ora, una cosa alla volta.

Kellia Ramares, 53 anni, è una giornalista freelance di Oakland (California) che è stanca di vedere come la mancanza di denaro intralci le cose ben fatte. Può essere raggiunta all’indirizzo email kelliasworld@yahoo.com e può essere inoltre seguita su twitter twitter.com/kelliasworld e aggiunta come amica su facebook.com/kelliasworld. Il suo sito web, Kellia’s World, è http://kellia.ning.com/

18 luglio 2009

La "strategia" di certe banche contro imprese e famiglia



Pensavo di aver esaurito il capitolo dedicato all’Europa e al perché pagherà più caro di tutti il conto alla crisi economica. Pensavo, infatti. Poi quando ti arriva sulla casella di posta elettronica un bel sondaggio di Merrill Lynch in base al quale, nonostante la Cina stia traballando non poco, il 63% dei fondi d’investimento si getterà anima e cash nei mercati emergenti, Cina e Indonesia in testa e si piazzerà invece short su qualsiasi assets abbia denominazione Ue, allora capisci che non c’è mai fine alle conferme.

Il 54% degli interpellati - e parliamo di 221 fondi che gestiscono nel complesso 635 miliardi di dollari - è pronto a porsi in posizione overweight sui mercati emergenti, tanto da portare Gary Baker, capo dell’equity strategy di Merrill Lynch per l’Europa, a dire che «il sentimento verso quei mercati è talmente sovraccarico da creare più di un disappunto». Anche perché il 30% dei fondi ha chiaramente detto che i loro portafogli europei per il prossimo anno saranno strategicamente underweight a causa «della sopravvalutazione dell’euro e degli stimoli dei vari governi».

C’è poco da stare allegri, quindi. Ma non solo per noi, visto che comunque la Cina continua sia ad accumulare riserve - ha toccato nei giorni scorsi i 2000 miliardi di dollari - e a comprare i titoli del debito americano, ma rischia di non essere in grado di gestire quella massa enorme di capitale: sarà costretta, temono a Washington, a cominciare a scaricare dollari. Ma dove?

Tutto questo mentre nel silenzio generale la Banca Mondiale ha reso noto a chiare lettere che l’economia globale sta virando verso una spirale deflazionistica se non si sarà in grado di mettere in campo una seria politica di taglio della capacità industriale, situazione necessaria per evitare nuovi spasmi di stress finanziario e nuovi pacchetti di salvataggio. Anche perché la via maestra per uscire da queste situazioni, ovvero la svalutazione, non è percorribile.

Ma proprio dall’Asia, il mercato visto come l’Eldorado dai fondi, arrivano le notizie peggiori, questa volta da parte di Stephen Roach, direttore di Morgan Stanley Asia. Ecco il suo pensiero: «Quanto accaduto a Citigroup deve farci capire che la crisi non è finita e che le svalutazioni miliardarie saranno ancora all’ordine del giorno. La reazione del mercato al carattere anemico della ripresa è sicuramente euforica ed è attualmente nulla più che il riflesso di un eccesso di liquidità pompata nel sistema dalle autorità monetarie. Ma questo non può durare e la cosiddetta ripresa che qualcuno sta intravedendo si tramuterà in qualcosa di sgradevole. Nessuno si chiede dove sia la domanda, io me lo chiedo. Girate per il mondo, venite qui nell’Asia dei miracoli economici e ditemi dove vedete una ripresa della domanda? Lasciamo stare l’ottimismo da green shots, quindi e guardiamo ai fondamentali: il sistema sta continuando a funzionare perché è sotto la flebo dei soldi governativi, da solo non sarebbe in grado di fare nemmeno quattro passi».

Quindi, poche speranze per almeno metà abbondante del 2010. Qualcosa, però, nel frattempo si può fare. Ad esempio comportarsi come il governo britannico che - a fronte del peggior incremento del tasso di disoccupazione da 20 anni a questa parte, giovanile in testa - ha detto chiaro e tondo alle banche che con il Libor, il tasso di riferimento con cui si scambiamo cash gli istituti, all’1% (non accadeva dal 1986) è inaccettabile che si facciano mutui al 3,25% quando la gente già fatica ad arrivare alle fine del mese. Quindi, o ci si dà una regolata o le banche - soprattutto quella nazionalizzate e semi-nazionalizzate, quindi che non possono tecnicamente fallire e non necessitano di accumulare riserve proprio ora - dovranno pagare un prezzo molto alto a livello di penali.

Sarebbe bello che anche in Italia qualcuno cominciasse a dire qualcosa del genere, invece di preoccuparsi di questioni che purtroppo investono l’Ue se non addirittura il G8: il governo dica chiaro e tondo ai banchieri che la crisi non è passata e la loro primaria missione deve essere quella di sostenere le imprese e le famiglie. Questo, in un contesto ancora buio, sarebbe un raggio di luce da cui ripartire e soprattutto un messaggio di realismo e responsabilità: non è accettabile che con i soldi dei Tremonti-bond si facciano fidi e prestiti alle squadre di calcio per fare la campagna acquisti (succede ancora, state tranquilli) e non all’imprenditore che con fatica manda avanti una fabbrica con dieci operai.

Se fate un giro a Londra in Baker Street i nostri marchi dell’arredamento hanno atelier amati e frequentati dalla Londra bene che vuole l’eccellenza artigiana italiana: non capirlo e continuare a rincorrere le speranze da grande industria decaduta di Fiat (a proposito, dopo i giorni da leoni a Detroit avete notizie dei capitani coraggiosi di Torino?) è disfunzionale, sciocco e suicida in un momento simile. Tremonti agisca sulla leva del credito e sarà un primo passo fuori da questo mare di guai.


di Mauro Bottarelli -

17 luglio 2009

Non è il pil la misura della felicità



È un modello distorto quello che basa lo sviluppo di un’economia sull’analisi del prodotto interno lordo. L’India cresce del 9 per cento l’anno ma ci sono 240 milioni di persone che soffrono la fame. Il grido d’allarme di Vandana Shiva.

Attivista politica e ambientalista indiana Vandana Shiva, è uno dei leader dell’Internaüonal Forum on Globalization e si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, e di biodiversità, biotecnologie, bioetica e ingegneria genetica. Nel 1993 ha vinto il Kight I.ivelihood Àward. una surta di Premio Nobel alternativo per la pace.

Perchè parla della Terra come di una Donna?

Nella maggior parte dei casi pensiamo alla Terra come a qualcosa di morto o di inerte, e così facendo creiamo l’illusione che il benessere provenga da Wall Street e dalle industrie. Dimentichiamo che perqualunque industria il primo materiale è proprio quello fornito dalla Terra, e l’abuso della Terra è essenzialmente la causa della crisi ecologica attuale, così seria al punto che diverse specie stanno correndo il rischio dell’estinzione. Il report delì’Ipcc (organismo composto da 2.500 scienziati} dichiara che - mantenendo il ritmo attuale -entro qualche centinaio danni gli stessi esseri umani non saranno più in grado di vivere su questo pianeta.

Perchè, secondo lei, l’agricoltura industriale è più povera di quella manuale?

La quantità di cibo che deriva dalla prima è inferiore a quella della seconda. Ciò che è maggiore è la quantità prodotta per singola coltura. Se per esempio hai un terreno di 150 ettari, su cui coltivi solo pere, avrai sicuramente più pere da vendere, in confronto a una coltivazione manuale, ma non puoi vivere solo di pere. Hai anche bisogno di insalata, di pomodori e di altre cose. Così, se in una certa area ti limiti a coltivare solo un certo tipo di prodotto le altre cose di cui hai bisogno vengono importate dall’esterno.

Una critica a Jeffrey Sachs e alla sua teoria su come usci-re dalla povertà…

La prima cosa che critico a Jeffrey Sachs è la sua idea secondo cui la gente che vive con l’agricoltura sia povera per definizione. Motivo per cui propone un modello di sviluppo basato sulla fuoriuscita dall agricoltura. Il problema non è l’agricoltura, ma lo sfruttamento indebito della terra. Se la gente non continuasse a coltivare la terra, noi non avremmo più cibo. Pertanto, diversamente da lui, nel mio ultimo libro Ritorno alla Terra, io dico: «Fate in modo che più gente ritorni alla terra». In modo naturale, però, cioè seguendo l’utilizzo di metodi biologici e promuovendo la biodiversità. Signor Jeffrey Sachs, ritorna alla terra, e anche tu guadagnerai qualcosa di nuovo. Molti giovani americani sono venuti a studiare con me, perché vogliono tornare alla terra perché rappresenta una possibilità reale di cambiamento per qualunque Paese.

Sarà davvero possibile operare questo cambiamento, in concreto?

Nei Cda delle multinazionali oppure nei palazzi dei Governi non riusciranno neppure a iniziare a pensare a come fare un percorso alternativo, perché loro non sono collegati con le persone a livello locale. Invece è dalla connessione con la terra e con le persone che si riuscirà a capire la strada da percorrere, ed è da lì che dobbiamo partire. Ai momento io intravedo due possibilità. Una è quella dell’ecoimperialismo, dove i polenti si appropriano delle risorse rimaste; l’altra è quella delle persone comuni, che insieme condividono la responsabilità per il consumo delle limitate risorse della terra, e lottano per proteggerle, conservarle e rinnovarle. Ci sarà sempre qualcuno che cercherà di darci una rappresentazione falsata della crescita. Ci diranno: distruggete i vostri piccoli appezzamenti di terra e unitevi all’agricoltura industrializzata. Vorranno farci credere che questa crescila è vera, quando in realtà è una crescita che fa crescere solo la povertà.

I giornali parlano dell’India e della Cina come di economie emergenti. Cosa ne pensa?

Parlare di civiltà antiche come l’India e la Cina descrivendole come Paesi emergenti è un insulto alla nostra storia e alle nostre radici. Noi non stiamo emergendo, noi siamo alti e dritti da secoli. Quelli che ci chiamano emergenti esistono da 400 o 500 anni, mentre noi esistiamo da 10 mila anni e più. Premesso questo, è abbastanza noto a chi e dentro il settore che misurare la crescita semplicemente in termini di Pil non è valido, perché il Pil misura solo il movimento di denaro. Il quale è effettivamente cresciuto in India negli ultimi anni anche a ritmi del 9 per cento. Ma è proprio in questo periodo che la nostra economia emergente - come la chiamano i giornali - è diventata la capitale della fame, con 240 milioni di persone senza il minimo indispensabile per sopravvivere. Abbiamo cioè scavalcato la capitale storica della fame, l’Africa subsahariana, dove vivono 198 milioni di persone senza cibo sufficiente. E’ evidente, quindi, che quel modello basato sull’analisi del Pil non considera tutti gli aspetti del sistema, e la verità è che si è creata sempre più farne…

di Vandana Shiva - Wilma Massucco

19 luglio 2009

Il problema del denaro




L’attuale crisi economica sta portando alla ribalta i movimenti di riforma monetaria come l’End The Fed. Questi movimenti mettono in luce ciò che è sbagliato nel nostro sistema monetario di oggi, vale a dire il fatto che si tratta dello strumento con cui le persone vengono mantenute nella schiavitù del debito.

Purtroppo questi movimenti chiedono spesso un ritorno della copertura della cartamoneta con oro e argento. In altre parole, che dovremmo essere in grado di riscattare la nostra cartamoneta con oro e argento – anche se non vedo perché dovremmo farlo, l’oro e l’argento sono troppo pesanti da portare in giro. Secondo i sostenitori del “vero denaro”, la cartamoneta che non possa essere coperta da metalli preziosi non dovrebbe essere più in circolazione.

Ma il ritorno ad un gold o un silver standard non stabilizzerà la nostra economia. Il vero problema della nostra moneta non è la sua natura a corso forzoso. Di per sé, oro e argento sono monete a corso forzoso. Parecchio tempo fa diverse culture decisero che questi metalli avevano un valore e potevano essere utilizzate nelle transazioni commerciali. Le culture che non avevano accesso a questi metalli utilizzarono qualcos’altro: conchiglie, piume, rocce e così via per facilitare gli scambi. Il decreto di un qualche antico sovrano per utilizzare oro e argento come moneta equivale alla disposizione del governo degli Stati Uniti di utilizzare le banconote della Federal Reserve. Ma noi non consideriamo l’oro e l’argento come moneta a corso forzoso perché la decisione di utilizzarli come moneta è stata presi millenni orsono. Il valore dell’oro e dell’argento è un’accettazione di base, che fa parte della nostra “memoria razziale” e che non mettiamo in discussione. Ma non c’è nulla nell’ordine naturale delle cose che sancisca che questi metalli abbiano un valore. E’ solo un’antica opinione generale, che viene ancora accettata, che li considera così. Thomas Nast, grande vignettista politico americano del diciannovesimo secolo e sostenitore della “moneta pesante”, aveva ragione quando tratteggiò un disegno in cui si diceva che il Congresso potrebbe dichiarare che il sapone liquido sia una moneta. Per la verità, se anche nell’antica Grecia e a Roma avessero fatto un simile annuncio, mi chiedo con cosa ci laveremmo oggi.

Il problema immediato della nostra moneta non è la sua natura a corso forzoso. Il problema del denaro è l’interesse. Le antiche religioni proibivano l’interesse – l’Islam osserva ancora questo divieto – perché ritenevano il tempo come un dono di Dio. Ma l’opinione generale si sgretolò ed entrò in vigore l’interesse, come pagamento per il tempo in cui un prestatore sarebbe rimasto senza il suo denaro. L’interesse è ciò che ha trasformato ogni transazione commerciale in una transazione di debito. E inoltre ha bisogno che l’economia mondiale sia in uno stato di crescita permanente perché la crescita è necessaria per espandere l’offerta monetaria per ripagare il prestito PIU’ l’interesse. Se non ci fosse l’interesse e le persone che hanno un’eccedenza di denaro lo prestassero a coloro che ne hanno bisogno, sarebbe restituita semplicemente la somma presa a prestito e l’offerta monetaria non avrebbe bisogno di crescere solo per il fatto che ogni prestito può essere ripagato con l’interesse. Non è una cosa di cui non s’è mai sentito parlare, è qualcosa che si fa tra amici.

Come giustamente fanno notare gli oppositori della moneta a corso forzoso, l’aumento dell’offerta monetaria diminuisce il valore di ciascun dollaro in circolazione. Essi proporrebbero di limitare questi aumenti inflazionari dell’offerta monetaria legando la cartamoneta all’offerta limitata di oro e argento. Ma questo potrebbe far emergere il problema di un inutile contenimento della vera crescita a causa di un’offerta monetaria insufficiente. Voglio dire, affrontiamo il problema dell’inflazione alla radice abolendo l’interesse (un modo per eliminare l’interesse e fornire comunque degli incentivi alla circolazione della moneta è il nucleo del libro “Interest and Inflation Free Money: Creating an exchange medium that works for everybody and protects the earth” di Margrit Kennedy. E’ pubblicato da New Society Publishers).

La necessità di far sempre crescere l’economia per pagare l’interesse è diventata insostenibile. Nessun sistema cresce per sempre. La visione lineare dell’Universo non è naturale. La natura opera in cerchi e spirali, non in linea retta. La superiorità del genere umano secondo cui noi dominiamo la terra e la possiamo soggiogare è pura follia. Madre Natura va in battuta per ultima. E stiamo giocando sul suo terreno.

E la sua partita si basa sull’esaurimento delle risorse – non solo il petrolio ma anche altre risorse come l’acqua potabile – causato da una specie che crede che la crescita infinita su un pianeta finitosia possibile e desiderabile. L’interesse è il modo con cui questa specie mette in pratica questa convinzione.

Ecologia ed economia sono due termini che hanno la stessa origine. Dobbiamo tenerlo presente ogni volta che sentiamo i politici dire che non possiamo intraprendere determinate misure per proteggere l’ambiente perché danneggerebbero l’economia. Senza l’ambiente, non esiste alcuna economia. Per questa ragione dobiamo rinunciare alla convinzione della possibilità e del desiderio della crescita infinita. Dobbiamo anche rinunciare a chiedere un risarcimento ogni volta che viene utilizzato qualcosa di valore che è in nostro possesso tra cui, e soprattutto, il tempo (opponetevi alle battaglie del copyright sull’utilizzo di un prodotto digitale su diversi dispositivi con il modo con cui condividete liberamente il vostro tempo e le vostre risorse con la vostra cerchia di amici). Una volta che avremo rinunciato a questi vecchi modi di pensare, sarà ovvio eliminare l’interesse, che è basato su quei vecchi modi.

E cosa accadrà alle persone che hanno campato con il prestito ad interesse? Dico loro quello che s’è sentita dire ogni volta la classe operaia di fronte all’outsourcing: RIQUALIFICATEVI.

Naturalmente l’eliminazione dell’interesse è solamente un passo verso quello che dovrebbe essere l’obiettivo finale: l’eliminazione del denaro. Anche questo può essere raggiunto con un formidabile cambiamento di pensiero che porti ad una nuova opinione generale che non appoggi più i sistemi monetari. Ma per ora, una cosa alla volta.

Kellia Ramares, 53 anni, è una giornalista freelance di Oakland (California) che è stanca di vedere come la mancanza di denaro intralci le cose ben fatte. Può essere raggiunta all’indirizzo email kelliasworld@yahoo.com e può essere inoltre seguita su twitter twitter.com/kelliasworld e aggiunta come amica su facebook.com/kelliasworld. Il suo sito web, Kellia’s World, è http://kellia.ning.com/

18 luglio 2009

La "strategia" di certe banche contro imprese e famiglia



Pensavo di aver esaurito il capitolo dedicato all’Europa e al perché pagherà più caro di tutti il conto alla crisi economica. Pensavo, infatti. Poi quando ti arriva sulla casella di posta elettronica un bel sondaggio di Merrill Lynch in base al quale, nonostante la Cina stia traballando non poco, il 63% dei fondi d’investimento si getterà anima e cash nei mercati emergenti, Cina e Indonesia in testa e si piazzerà invece short su qualsiasi assets abbia denominazione Ue, allora capisci che non c’è mai fine alle conferme.

Il 54% degli interpellati - e parliamo di 221 fondi che gestiscono nel complesso 635 miliardi di dollari - è pronto a porsi in posizione overweight sui mercati emergenti, tanto da portare Gary Baker, capo dell’equity strategy di Merrill Lynch per l’Europa, a dire che «il sentimento verso quei mercati è talmente sovraccarico da creare più di un disappunto». Anche perché il 30% dei fondi ha chiaramente detto che i loro portafogli europei per il prossimo anno saranno strategicamente underweight a causa «della sopravvalutazione dell’euro e degli stimoli dei vari governi».

C’è poco da stare allegri, quindi. Ma non solo per noi, visto che comunque la Cina continua sia ad accumulare riserve - ha toccato nei giorni scorsi i 2000 miliardi di dollari - e a comprare i titoli del debito americano, ma rischia di non essere in grado di gestire quella massa enorme di capitale: sarà costretta, temono a Washington, a cominciare a scaricare dollari. Ma dove?

Tutto questo mentre nel silenzio generale la Banca Mondiale ha reso noto a chiare lettere che l’economia globale sta virando verso una spirale deflazionistica se non si sarà in grado di mettere in campo una seria politica di taglio della capacità industriale, situazione necessaria per evitare nuovi spasmi di stress finanziario e nuovi pacchetti di salvataggio. Anche perché la via maestra per uscire da queste situazioni, ovvero la svalutazione, non è percorribile.

Ma proprio dall’Asia, il mercato visto come l’Eldorado dai fondi, arrivano le notizie peggiori, questa volta da parte di Stephen Roach, direttore di Morgan Stanley Asia. Ecco il suo pensiero: «Quanto accaduto a Citigroup deve farci capire che la crisi non è finita e che le svalutazioni miliardarie saranno ancora all’ordine del giorno. La reazione del mercato al carattere anemico della ripresa è sicuramente euforica ed è attualmente nulla più che il riflesso di un eccesso di liquidità pompata nel sistema dalle autorità monetarie. Ma questo non può durare e la cosiddetta ripresa che qualcuno sta intravedendo si tramuterà in qualcosa di sgradevole. Nessuno si chiede dove sia la domanda, io me lo chiedo. Girate per il mondo, venite qui nell’Asia dei miracoli economici e ditemi dove vedete una ripresa della domanda? Lasciamo stare l’ottimismo da green shots, quindi e guardiamo ai fondamentali: il sistema sta continuando a funzionare perché è sotto la flebo dei soldi governativi, da solo non sarebbe in grado di fare nemmeno quattro passi».

Quindi, poche speranze per almeno metà abbondante del 2010. Qualcosa, però, nel frattempo si può fare. Ad esempio comportarsi come il governo britannico che - a fronte del peggior incremento del tasso di disoccupazione da 20 anni a questa parte, giovanile in testa - ha detto chiaro e tondo alle banche che con il Libor, il tasso di riferimento con cui si scambiamo cash gli istituti, all’1% (non accadeva dal 1986) è inaccettabile che si facciano mutui al 3,25% quando la gente già fatica ad arrivare alle fine del mese. Quindi, o ci si dà una regolata o le banche - soprattutto quella nazionalizzate e semi-nazionalizzate, quindi che non possono tecnicamente fallire e non necessitano di accumulare riserve proprio ora - dovranno pagare un prezzo molto alto a livello di penali.

Sarebbe bello che anche in Italia qualcuno cominciasse a dire qualcosa del genere, invece di preoccuparsi di questioni che purtroppo investono l’Ue se non addirittura il G8: il governo dica chiaro e tondo ai banchieri che la crisi non è passata e la loro primaria missione deve essere quella di sostenere le imprese e le famiglie. Questo, in un contesto ancora buio, sarebbe un raggio di luce da cui ripartire e soprattutto un messaggio di realismo e responsabilità: non è accettabile che con i soldi dei Tremonti-bond si facciano fidi e prestiti alle squadre di calcio per fare la campagna acquisti (succede ancora, state tranquilli) e non all’imprenditore che con fatica manda avanti una fabbrica con dieci operai.

Se fate un giro a Londra in Baker Street i nostri marchi dell’arredamento hanno atelier amati e frequentati dalla Londra bene che vuole l’eccellenza artigiana italiana: non capirlo e continuare a rincorrere le speranze da grande industria decaduta di Fiat (a proposito, dopo i giorni da leoni a Detroit avete notizie dei capitani coraggiosi di Torino?) è disfunzionale, sciocco e suicida in un momento simile. Tremonti agisca sulla leva del credito e sarà un primo passo fuori da questo mare di guai.


di Mauro Bottarelli -

17 luglio 2009

Non è il pil la misura della felicità



È un modello distorto quello che basa lo sviluppo di un’economia sull’analisi del prodotto interno lordo. L’India cresce del 9 per cento l’anno ma ci sono 240 milioni di persone che soffrono la fame. Il grido d’allarme di Vandana Shiva.

Attivista politica e ambientalista indiana Vandana Shiva, è uno dei leader dell’Internaüonal Forum on Globalization e si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, e di biodiversità, biotecnologie, bioetica e ingegneria genetica. Nel 1993 ha vinto il Kight I.ivelihood Àward. una surta di Premio Nobel alternativo per la pace.

Perchè parla della Terra come di una Donna?

Nella maggior parte dei casi pensiamo alla Terra come a qualcosa di morto o di inerte, e così facendo creiamo l’illusione che il benessere provenga da Wall Street e dalle industrie. Dimentichiamo che perqualunque industria il primo materiale è proprio quello fornito dalla Terra, e l’abuso della Terra è essenzialmente la causa della crisi ecologica attuale, così seria al punto che diverse specie stanno correndo il rischio dell’estinzione. Il report delì’Ipcc (organismo composto da 2.500 scienziati} dichiara che - mantenendo il ritmo attuale -entro qualche centinaio danni gli stessi esseri umani non saranno più in grado di vivere su questo pianeta.

Perchè, secondo lei, l’agricoltura industriale è più povera di quella manuale?

La quantità di cibo che deriva dalla prima è inferiore a quella della seconda. Ciò che è maggiore è la quantità prodotta per singola coltura. Se per esempio hai un terreno di 150 ettari, su cui coltivi solo pere, avrai sicuramente più pere da vendere, in confronto a una coltivazione manuale, ma non puoi vivere solo di pere. Hai anche bisogno di insalata, di pomodori e di altre cose. Così, se in una certa area ti limiti a coltivare solo un certo tipo di prodotto le altre cose di cui hai bisogno vengono importate dall’esterno.

Una critica a Jeffrey Sachs e alla sua teoria su come usci-re dalla povertà…

La prima cosa che critico a Jeffrey Sachs è la sua idea secondo cui la gente che vive con l’agricoltura sia povera per definizione. Motivo per cui propone un modello di sviluppo basato sulla fuoriuscita dall agricoltura. Il problema non è l’agricoltura, ma lo sfruttamento indebito della terra. Se la gente non continuasse a coltivare la terra, noi non avremmo più cibo. Pertanto, diversamente da lui, nel mio ultimo libro Ritorno alla Terra, io dico: «Fate in modo che più gente ritorni alla terra». In modo naturale, però, cioè seguendo l’utilizzo di metodi biologici e promuovendo la biodiversità. Signor Jeffrey Sachs, ritorna alla terra, e anche tu guadagnerai qualcosa di nuovo. Molti giovani americani sono venuti a studiare con me, perché vogliono tornare alla terra perché rappresenta una possibilità reale di cambiamento per qualunque Paese.

Sarà davvero possibile operare questo cambiamento, in concreto?

Nei Cda delle multinazionali oppure nei palazzi dei Governi non riusciranno neppure a iniziare a pensare a come fare un percorso alternativo, perché loro non sono collegati con le persone a livello locale. Invece è dalla connessione con la terra e con le persone che si riuscirà a capire la strada da percorrere, ed è da lì che dobbiamo partire. Ai momento io intravedo due possibilità. Una è quella dell’ecoimperialismo, dove i polenti si appropriano delle risorse rimaste; l’altra è quella delle persone comuni, che insieme condividono la responsabilità per il consumo delle limitate risorse della terra, e lottano per proteggerle, conservarle e rinnovarle. Ci sarà sempre qualcuno che cercherà di darci una rappresentazione falsata della crescita. Ci diranno: distruggete i vostri piccoli appezzamenti di terra e unitevi all’agricoltura industrializzata. Vorranno farci credere che questa crescila è vera, quando in realtà è una crescita che fa crescere solo la povertà.

I giornali parlano dell’India e della Cina come di economie emergenti. Cosa ne pensa?

Parlare di civiltà antiche come l’India e la Cina descrivendole come Paesi emergenti è un insulto alla nostra storia e alle nostre radici. Noi non stiamo emergendo, noi siamo alti e dritti da secoli. Quelli che ci chiamano emergenti esistono da 400 o 500 anni, mentre noi esistiamo da 10 mila anni e più. Premesso questo, è abbastanza noto a chi e dentro il settore che misurare la crescita semplicemente in termini di Pil non è valido, perché il Pil misura solo il movimento di denaro. Il quale è effettivamente cresciuto in India negli ultimi anni anche a ritmi del 9 per cento. Ma è proprio in questo periodo che la nostra economia emergente - come la chiamano i giornali - è diventata la capitale della fame, con 240 milioni di persone senza il minimo indispensabile per sopravvivere. Abbiamo cioè scavalcato la capitale storica della fame, l’Africa subsahariana, dove vivono 198 milioni di persone senza cibo sufficiente. E’ evidente, quindi, che quel modello basato sull’analisi del Pil non considera tutti gli aspetti del sistema, e la verità è che si è creata sempre più farne…

di Vandana Shiva - Wilma Massucco