03 settembre 2010

I servizi segreti israeliani infiltrati in tutto il governo libanese

I servizi segreti israeliani infiltrati in tutto il governo libanese


WMR ha appreso dalle sue fonti d’intelligence libanese, che il governo libanese sta arrivando a capire che la penetrazione dell’intelligence israeliana di tutti i gruppi politici del paese, è peggiore di quanto inizialmente creduto.

Il Mossad d’Israele, una volta soddisfatta di penetrare le parti cristiana e drusa del paese, ha ora ben completamente infiltrato, ai massimi livelli, i partiti sunniti e sciiti. Recentemente, il Libano ha accusato il generale a riposo Fayez Karam, un alto membro del Movimento Libero Patriottico del generale a riposo Michel Aoun, alleato di Hezbollah, di spionaggio per conto del Mossad.

Tra i partiti politici penetrati dai servizi segreti israeliani, vi è il Movimento per il Futuro del Primo Ministro Saad Hariri, figlio dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, assassinato da un’autobomba a Beirut nel 2005. Il tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano (STL), avrebbe previsto di accusare assai presto dell’assassinio, l’Hezbollah libanese. Tuttavia, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha annunciato di recente che il gruppo ha avuto la prova video dei droni israeliani, che mostra la Israeli Defense Force monitorare Hariri prima del suo assassinio.

Il procuratore capo del STL, Daniel Bellemare del Canada, ha richiesto le prove di Hezbollah. Tuttavia, WMR ha appreso che Bellemare è sospettato dai servizi segreti libanesi di avere stretti contatti con gli agenti precedente sia della CIA che Mossad. WMR ha precedentemente riferito che Bellemare è sospettato di avere consentito e introdotto prove contro Hezbollah sull’assassinio di Hariri, manipolando intercettazioni delle chiamate al cellulare che imputano la “pistola fumante” a Hezbollah. Si teme che Bellemare potrebbe dare le prova di Hezbollah al Mossad, affinché gli israeliani determinino l’origine della fuga dei video classificati.

Il Mossad avrebbe anche preso di mira il successore del leader politico sciita libanese Nabih Berri, attuale speaker del parlamento libanese. L’operazione del Mossad è sostenuta attivamente, da dietro le quinte, dall’Arabia Saudita, un paese che sta rapidamente diventando un sempre più segreto “di Pulcinella” alleato d’Israele in Medio Oriente.

Secondo fonti del WMR in Libano, una rete di Israele e degli Stati Uniti, che può contare sul sostegno delle Nazioni Unite, dopo la prevista incriminazione di Hezbollah per l’assassinio di Hariri, è una rete sunnita nella valle della Bekaa, in Libano. Incluso un membro della stessa famiglia di Ziad al-Jarrah, uno dei presunti dirottatori del volo United 93 dell’11 settembre 2001.

L’intelligence libanese ha collegato Ziad al-Jarrah, che opera dalla Valle della Bekaa, a una rete Salafita supportata dai sauditi, che include affiliati di “al-Qaida” che sarebbero utilizzati per inseguire gli sciiti in tutto il Libano, a seguito delle accuse di Bellemare contro Hezbollah. L’intelligence libanese ha scoperto che i membri di questa stessa rete Salafita/al-Qaida, supportata dal Mossad, anche per obiettivo ti principali leader sciiti in Iraq. WMR ha appreso che Ziad al-Jarrah è stato utilizzato dal Mossad, dalla CIA e dall’intelligence saudita come una “Patsy” del complotto 9/11, così come simili “zimbelli” sono utilizzati in Iraq e altrove, per aiutare a mantenere il mito di “al-Qaida” e di Usama bin Ladin vivo.

La stessa rete salafita/al-Qaida in Libano, mentre era ancora in fase embrionale, è stata utilizzata dal Mossad e dalla CIA per spiare i gruppi palestinesi in Libano, negli anni ‘80 e ’90, così come la Siria, durante la sua occupazione del Libano.

La rete di spionaggio israeliana si estende anche alla Siria. Secondo fonti libanesi, l’ex vice presidente siriano Abdel Halim Khaddam, che ha accusato il presidente siriano Bashar al Assad di aver ordinato l’assassinio di Rafik Harir, è tatticamente sostenuto da Israele e Stati Uniti. Khaddam, che dirige dall’esilio il Fronte di Salvezza Nazionale (NSF), sta cercando di rovesciare Assad. La NSF riceve non solo il sostegno dell’intelligence di Israele e degli Stati Uniti, ma anche dai servizi segreti francesi e tedeschi. La NSF ha sedi a Bruxelles, Berlino, Parigi e Washington DC, ed è sospettato di lavorare dietro le quinte con Bellemare per accusare Hezbollah dell’assassinio di Hariri. Tuttavia, i tentativi precedenti di accusare Assad e i generali libanesi filo-siriani dell’attentato, sono falliti a causa della mancanza di una qualsiasi prova credibile.
Wayne Madsen è un giornalista investigativo, autore e redattore di Washington DC. Ha scritto per diversi giornali e blog rinomati.

di Wayne Madsen

Fonte: Global Research, 25 agosto 2010 – Opinion Maker
http://globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=20759

02 settembre 2010

Negli Stati Uniti il lobbismo dell’industria petrolifera sta massacrando la green economy

Oltre 200 milioni di dollari: è la cifra stanziata dall’apparato industriale americano per proteggere i propri interessi e contrastare le ambizioni degli ambientalisti

Nell’anno del peggior disastro ecologico della storia americana i lobbisti Usa hanno saputo incidere come non mai nella politica nazionale mobilitando attivisti e fondi per un ammontare da record. Lo rivela in questi giorni il Center for Responsive Politics (Crp), un ente di ricerca indipendente di Washington che da quasi trent’anni analizza l’operato delle lobby nella politica statunitense. Un attivismo, quello condotto dall’industria del petrolio e del gas naturale, capace di proteggere il settore da qualsiasi progetto di riforma ma anche – e non è una conseguenza da poco – di vanificare gli sforzi tutt’altro che modesti profusi dai gruppi ambientalisti.

Dal gennaio 2009 ad oggi, gli attivisti e i fautori della green economy hanno mobilitato 500 lobbisti sborsando qualcosa come 33 milioni di dollari. Cifre significative, certo, ma non abbastanza consistenti da contrastare efficacemente l’opera dei rivali. Già, perché nello stesso periodo l’apparato industriale gas-petrolio ha ingaggiato 874 operatori e di milioni, tanto per andare sul sicuro, ne ha tirati fuori quasi 250. Uno sforzo da record sul quale la crisi finanziaria non ha inciso minimamente.

Per i lobbisti “fossili”, quest’ultimo annus mirabilis costituisce il punto d’arrivo di una strategia consolidata che da tempo rimpingua le casse dei politici più influenti a colpi di contributi elettorali. Un sistema ampiamente collaudato di cui hanno beneficiato soprattutto i repubblicani. Secondo i dati di Crp, infatti, sono ben nove gli esponenti conservatori nella Top ten dei contributi “oil-gas” dell’ultimo ventennio. L’ex candidato presidenziale John McCain svetta nella graduatoria con oltre 2,7 milioni di dollari incassati dal 1989 ad oggi. La senatrice della Lousiania Mary Landrieu, ottava in classifica generale e prima tra gli esponenti democratici, ha dovuto accontentarsi, si fa per dire, di 828 mila biglietti verdi.

In un sistema che accetta e incoraggia le attività di lobbying purché condotte in condizioni di trasparenza, gli ambientalisti non sono certo stati a guardare (il democratico Mark Udall, principale beneficiario del fronte green, ha intascato mezzo milione di dollari negli ultimi due decenni), ma il confronto con la mobilitazione nemica si è mantenuto impietoso. E i risultati sono venuti di conseguenza. Quando Obama e i suoi hanno messo in agenda la celebre proposta di legge sui limiti alle emissioni, gli ambientalisti hanno sborsato la cifra record di 22,4 milioni, cinque in meno di quelli messi in campo sul fronte opposto dalla sola ExxonMobil. L’armata degli oppositori, nel frattempo, ha fatto piovere su Washington un maxi finanziamento da 175 milioni tanto per chiarire, una volta per tutte, chi comandasse davvero. E così l’emendamento ambientalista promosso dalla fidata coppia John Kerry/Joe Lieberman si è incagliato in Senato.

Non tutti gli esponenti politici, è bene ricordarlo, si sono adeguati al trend e negli ultimi tempi non sono mancate le crisi di coscienza. Almeno dodici parlamentari, ha sottolineato il Crp, rifiutano tuttora qualsiasi contributo dalla lobby gas/petrolio e qualcuno, come il deputato texano Charles González e la candidata repubblicana al Senato Carly Fiorina, ha promesso di rifiutare in futuro qualsiasi contributo dalla famigerata Bp. Ma nella sostanza la macchina da guerra dei lobbisti può continuare ad operare con efficacia proteggendo i propri interessi e minando quelli della controparte. L’Associazione Americana per l’Energia Eolica (AWEA) ha denunciato in questi giorni il “sabotaggio” di decine di progetti da parte del ministero della Difesa e della Federal Aviation Administration. La capacità energetica delle installazioni eoliche Usa, ha affermato l’Awea, si è ridotta del 71% rispetto al 2008.
di Matteo Cavallito

01 settembre 2010

C'è qualcosa che puzza in Wikileaks




Fin dalla pubblicazione del drammatico filmato militare in cui si vede un elicottero americano in Iraq che spara addosso ad un giornalista disarmato, Wikileaks ha acquisito notorietà e credibilità mondiale, presentandosi come un sito coraggioso che rende pubblico materiale riservato fornito dalle “talpe” presenti all’interno di vari governi. Il suo ultimo “scoop” è stata la pubblicazione di migliaia di pagine di presunti documenti segreti relativi agli infiltrati USA nei gruppi talebani in Afghanistan e ai loro legami con noti personaggi vicini agli ambienti dell’ISI, il servizio segreto militare del Pakistan. Alcuni elementi, però, fanno pensare che ben lungi dall’essere un’autentica fuga di notizie riservate, l’operazione sia stata in realtà un atto di calcolata disinformazione a favore dei servizi segreti americani e forse anche di quelli israeliani e indiani, nonché una copertura per il ruolo svolto dagli USA e dall’Occidente nel traffico di droga dall’Afghanistan.

Da quando i documenti afghani sono stati pubblicati qualche giorno fa, la Casa Bianca di Obama ha conferito credibilità alla fuga di notizie, affermando che rivelazioni ulteriori rappresenterebbero un pericolo per la sicurezza nazionale americana. Eppure, ciò che è contenuto nei documenti fornisce ben poche rivelazioni che abbiano qualche rilievo. Il personaggio citato con più frequenza, il generale (oggi in ritiro) Hamid Gul, ex capo dell’ISI, il servizio segreto militare del Pakistan, è l’uomo che negli anni ’80 fu coordinatore in Afghanistan della guerriglia mujaheddin finanziata dalla CIA contro il regime sovietico. Nei recenti documenti pubblicati da Wikileaks, Gul è accusato di essersi regolarmente incontrato con i capi di Al Qaeda e dei Talebani e di avere orchestrato attacchi suicidi contro le forze NATO in Afghanistan.

I documenti filtrati sostengono anche che Osama Bin Laden, la cui morte era stata data per certa da Benazir Bhutto in un’intervista alla BBC, sarebbe invece ancora vivo, mantenendo così profittevolmente in vita un mito utile alla Guerra al Terrore dell’amministrazione Obama, in un momento in cui molti cittadini americani si erano dimenticati del pretesto originario con cui l’amministrazione Bush aveva invaso l’Afghanistan, quello di perseguire l’autore degli attacchi dell’11/9.

Demonizzazione del Pakistan?

Il presentare oggi Gul come un collegamento chiave con i Talebani dell’Afghanistan si inserisce in un più ampio e recente progetto, elaborato da Stati Uniti e Inghilterra, con cui si cerca di demonizzare l’attuale regime pakistano attribuendogli un ruolo di primo piano nei problemi in Afghanistan. Questa demonizzazione favorisce nettamente la posizione dell’India, recente alleato degli Stati Uniti. Inoltre, il Pakistan è l’unico paese musulmano che possieda armi nucleari. E’ noto che alle forze di difesa israeliane e al Mossad piacerebbe molto poter modificare questa situazione. La campagna di discredito ordita tramite Wikileaks contro un personaggio politicamente esplicito come Gul potrebbe essere parte di questo progetto geopolitico.

Il londinese Financial Times afferma che il nome di Gul compare in circa 10 dei 180 file segreti statunitensi in cui si insinua che i servizi segreti pakistani avrebbero appoggiato i militanti afghani contro le forze della NATO. Gul ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti hanno ormai perso la guerra in Afghanistan e che la pubblicazione di quei documenti servirà all’amministrazione Obama per scaricare su altri la colpa, insinuando che la responsabilità sia tutta del Pakistan. Gul ha detto ai giornali: “Io sono il capro espiatorio preferito per gli americani. Non riescono proprio a concepire che gli afghani possano vincere una guerra da soli. Eppure sarebbe una vergogna intollerabile che un vecchio generale 74enne, ormai in pensione, manovrando i mujaheddin in Afghanistan, fosse stato la causa della sconfitta dell’America”.

Nei documenti afghani pubblicati da Wikileaks è da notare il modo in cui i riflettori vengono puntati contro il 74enne Gul. Come ho scritto in un precedente articolo (Warum Afghanistan? Teil VI: Washingtons Kriegsstrategie in Zentralasien, pubblicato a giugno) Gul è stato assai esplicito sul ruolo dell’esercito statunitense nel contrabbandare eroina afghana fuori dal paese, sfruttando la base aerea di massima sicurezza di Manas, in Kyrgyzstan.

Allo stesso modo, in un’intervista alla United Press International del 26 settembre 2001, due settimane dopo gli attacchi dell’11/9, Gul, in risposta alla domanda su chi avesse organizzato l’11/9, aveva risposto: “Il Mossad e i suoi complici. Gli Stati Uniti spendono 40 miliardi di dollari all’anno per le loro 11 agenzie di intelligence. Cioè 400 miliardi di dollari ogni 10 anni. Eppure l’amministrazione Bush dice di essere stata colta di sorpresa. Io non ci credo. 10 minuti dopo che la seconda torre del World Trade Center era stata colpita, la CNN già diceva che era stato Osama bin Laden. Si trattava di un pezzo di disinformazione preorganizzato dai veri autori del crimine...”.

Ovviamente Gul non è molto amato a Washington. Egli sostiene che le sue richieste di visti d’ingresso per l’Inghilterra e gli Stati Uniti sono state respinte a più riprese. Trasformare Gul in un arcinemico farebbe assai comodo a certa gente di Washington.

Chi è Julian Assange?

Il fondatore e sedicente “Editor-in-chief” di Wikileaks, Julian Assange, è un misterioso 29enne australiano del quale si sa poco. E’ improvvisamente diventato un personaggio pubblico di primo piano offrendosi di trattare con la Casa Bianca riguardo alle fughe d’informazioni. In seguito agli ultimi scoop, Assange ha detto a Der Spiegel – una delle tre testate con cui condivide il materiale delle sue ultime rivelazioni – che i documenti da lui portati alla luce “cambiano la nostra prospettiva non solo sulla guerra in Afghanistan, ma su tutte le guerre moderne”. Nella stessa intervista ha dichiarato: “Mi piace schiacciare i bastardi”. wikileaks, fondata da Assange nel 2006, non ha una sede stabile e lo stesso Assange afferma: “In questi giorni vivo negli aeroporti”.

Eppure, un più attento esame delle posizioni di Assange su uno degli argomenti più controversi degli ultimi decenni, le forze che stanno dietro agli attentati dell’11 settembre contro il Pentagono e il World Trade Center, rivela che egli è curiosamente dalla parte dell’establishment. Quando il Belfast Telegraph lo ha intervistato lo scorso 19 luglio, egli ha dichiarato: “Ogni volta che uomini di potere definiscono piani in segreto, essi stanno attuando un complotto. Quindi ci sono complotti ovunque. Ma ci sono anche teorie complottiste pazzoidi. E’ meglio non confondere le due cose...”.

E sull’11/9?

“Sono sempre infastidito dal fatto che la gente si faccia distrarre da falsi complotti come quello sull’11 settembre, quando tutt’intorno a loro noi forniamo prove di complotti reali, volti a scatenare guerre o frodi finanziaria di massa”. E sulla Conferenza del Bilderberg? “E’ solo vagamente complottarda, in senso di rete relazionale. Noi abbiamo pubblicato gli appunti dei loro incontri”.

Queste dichiarazioni, provenienti da una persona che ha costruito la propria reputazione sull’avversione all’establishment, sono più che considerevoli. Prima di tutto, come migliaia di fisici, ingegneri, militari professionisti e piloti di linea hanno testimoniato, l’idea che 19 arabi senza quasi nessun allenamento e armati solo di taglierini possano dirottare quattro aerei di linea ed eseguire manovre quasi impossibili contro le Torri Gemelle e il Pentagono nell’arco di soli 93 minuti, senza che nessun velivolo militare del NORAD li intercetti, è qualcosa che sfida ogni credibilità. Chi abbia davvero compiuto questi attacchi così professionali è questione che dovrebbe essere affrontata da una genuina e non faziosa commissione d’inchiesta internazionale.

Al signor Assange, che nega ostinatamente ogni sinistra cospirazione sull’11/9, si potrebbe rammentare la dichiarazione resa alla BBC dall’ex senatore americano Bob Graham, che guidò la Commissione Senatoriale degli Stati Uniti sull’Intelligence durante l’inchiesta congiunta sull’11 settembre. Graham disse alla BBC: “Posso affermare che sull’11 settembre ci sono troppi segreti, che ci sono informazioni non rese disponibili al pubblico, per le quali esistono risposte specifiche, tangibili e verosimili e che questa reticenza ha eroso la fiducia dell’opinione pubblica nel proprio governo per ciò che attiene alla sua sicurezza”.

Narratore della BBC: “Il senatore Graham scoprì che questa copertura arrivava fino al cuore dell’amministrazione”.

Bob Graham: “Chiamai la Casa Bianca e parlai con la signora Rice. Le dissi: “Senta, ci avevano detto che avremmo collaborato a quest’inchiesta”. Lei disse che ci avrebbe pensato lei, ma poi non successe nulla”.

Naturalmente, l’amministrazione Bush riuscì a sfruttare gli attacchi dell’11 settembre per lanciare la sua Guerra al Terrorismo in Afghanistan e poi in Iraq, un punto su cui Assange convenientemente sorvola.

Da parte sua, il generale Gul afferma che l’intelligence americano ha orchestrato le rivelazioni di Wikileaks sull’Afghanistan per trovare un capro espiatorio, cioè Gul, a cui attribuire la colpa.

Similmente, come se avesse afferrato il suggerimento, il Primo Ministro britannico David Cameron, durante una visita di stato in India, ha alluso al presunto ruolo del Pakistan nell’appoggiare i talebani in Afghanistan, garantendo così ulteriore credibilità alla versione fornita da Wikileaks.

Ma la vera storia di Wikileaks non è ancora stata raccontata con chiarezza.

di F. William Engdahl

dal sito www.vheadline.com

traduzione di Gianluca Freda

03 settembre 2010

I servizi segreti israeliani infiltrati in tutto il governo libanese

I servizi segreti israeliani infiltrati in tutto il governo libanese


WMR ha appreso dalle sue fonti d’intelligence libanese, che il governo libanese sta arrivando a capire che la penetrazione dell’intelligence israeliana di tutti i gruppi politici del paese, è peggiore di quanto inizialmente creduto.

Il Mossad d’Israele, una volta soddisfatta di penetrare le parti cristiana e drusa del paese, ha ora ben completamente infiltrato, ai massimi livelli, i partiti sunniti e sciiti. Recentemente, il Libano ha accusato il generale a riposo Fayez Karam, un alto membro del Movimento Libero Patriottico del generale a riposo Michel Aoun, alleato di Hezbollah, di spionaggio per conto del Mossad.

Tra i partiti politici penetrati dai servizi segreti israeliani, vi è il Movimento per il Futuro del Primo Ministro Saad Hariri, figlio dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, assassinato da un’autobomba a Beirut nel 2005. Il tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano (STL), avrebbe previsto di accusare assai presto dell’assassinio, l’Hezbollah libanese. Tuttavia, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha annunciato di recente che il gruppo ha avuto la prova video dei droni israeliani, che mostra la Israeli Defense Force monitorare Hariri prima del suo assassinio.

Il procuratore capo del STL, Daniel Bellemare del Canada, ha richiesto le prove di Hezbollah. Tuttavia, WMR ha appreso che Bellemare è sospettato dai servizi segreti libanesi di avere stretti contatti con gli agenti precedente sia della CIA che Mossad. WMR ha precedentemente riferito che Bellemare è sospettato di avere consentito e introdotto prove contro Hezbollah sull’assassinio di Hariri, manipolando intercettazioni delle chiamate al cellulare che imputano la “pistola fumante” a Hezbollah. Si teme che Bellemare potrebbe dare le prova di Hezbollah al Mossad, affinché gli israeliani determinino l’origine della fuga dei video classificati.

Il Mossad avrebbe anche preso di mira il successore del leader politico sciita libanese Nabih Berri, attuale speaker del parlamento libanese. L’operazione del Mossad è sostenuta attivamente, da dietro le quinte, dall’Arabia Saudita, un paese che sta rapidamente diventando un sempre più segreto “di Pulcinella” alleato d’Israele in Medio Oriente.

Secondo fonti del WMR in Libano, una rete di Israele e degli Stati Uniti, che può contare sul sostegno delle Nazioni Unite, dopo la prevista incriminazione di Hezbollah per l’assassinio di Hariri, è una rete sunnita nella valle della Bekaa, in Libano. Incluso un membro della stessa famiglia di Ziad al-Jarrah, uno dei presunti dirottatori del volo United 93 dell’11 settembre 2001.

L’intelligence libanese ha collegato Ziad al-Jarrah, che opera dalla Valle della Bekaa, a una rete Salafita supportata dai sauditi, che include affiliati di “al-Qaida” che sarebbero utilizzati per inseguire gli sciiti in tutto il Libano, a seguito delle accuse di Bellemare contro Hezbollah. L’intelligence libanese ha scoperto che i membri di questa stessa rete Salafita/al-Qaida, supportata dal Mossad, anche per obiettivo ti principali leader sciiti in Iraq. WMR ha appreso che Ziad al-Jarrah è stato utilizzato dal Mossad, dalla CIA e dall’intelligence saudita come una “Patsy” del complotto 9/11, così come simili “zimbelli” sono utilizzati in Iraq e altrove, per aiutare a mantenere il mito di “al-Qaida” e di Usama bin Ladin vivo.

La stessa rete salafita/al-Qaida in Libano, mentre era ancora in fase embrionale, è stata utilizzata dal Mossad e dalla CIA per spiare i gruppi palestinesi in Libano, negli anni ‘80 e ’90, così come la Siria, durante la sua occupazione del Libano.

La rete di spionaggio israeliana si estende anche alla Siria. Secondo fonti libanesi, l’ex vice presidente siriano Abdel Halim Khaddam, che ha accusato il presidente siriano Bashar al Assad di aver ordinato l’assassinio di Rafik Harir, è tatticamente sostenuto da Israele e Stati Uniti. Khaddam, che dirige dall’esilio il Fronte di Salvezza Nazionale (NSF), sta cercando di rovesciare Assad. La NSF riceve non solo il sostegno dell’intelligence di Israele e degli Stati Uniti, ma anche dai servizi segreti francesi e tedeschi. La NSF ha sedi a Bruxelles, Berlino, Parigi e Washington DC, ed è sospettato di lavorare dietro le quinte con Bellemare per accusare Hezbollah dell’assassinio di Hariri. Tuttavia, i tentativi precedenti di accusare Assad e i generali libanesi filo-siriani dell’attentato, sono falliti a causa della mancanza di una qualsiasi prova credibile.
Wayne Madsen è un giornalista investigativo, autore e redattore di Washington DC. Ha scritto per diversi giornali e blog rinomati.

di Wayne Madsen

Fonte: Global Research, 25 agosto 2010 – Opinion Maker
http://globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=20759

02 settembre 2010

Negli Stati Uniti il lobbismo dell’industria petrolifera sta massacrando la green economy

Oltre 200 milioni di dollari: è la cifra stanziata dall’apparato industriale americano per proteggere i propri interessi e contrastare le ambizioni degli ambientalisti

Nell’anno del peggior disastro ecologico della storia americana i lobbisti Usa hanno saputo incidere come non mai nella politica nazionale mobilitando attivisti e fondi per un ammontare da record. Lo rivela in questi giorni il Center for Responsive Politics (Crp), un ente di ricerca indipendente di Washington che da quasi trent’anni analizza l’operato delle lobby nella politica statunitense. Un attivismo, quello condotto dall’industria del petrolio e del gas naturale, capace di proteggere il settore da qualsiasi progetto di riforma ma anche – e non è una conseguenza da poco – di vanificare gli sforzi tutt’altro che modesti profusi dai gruppi ambientalisti.

Dal gennaio 2009 ad oggi, gli attivisti e i fautori della green economy hanno mobilitato 500 lobbisti sborsando qualcosa come 33 milioni di dollari. Cifre significative, certo, ma non abbastanza consistenti da contrastare efficacemente l’opera dei rivali. Già, perché nello stesso periodo l’apparato industriale gas-petrolio ha ingaggiato 874 operatori e di milioni, tanto per andare sul sicuro, ne ha tirati fuori quasi 250. Uno sforzo da record sul quale la crisi finanziaria non ha inciso minimamente.

Per i lobbisti “fossili”, quest’ultimo annus mirabilis costituisce il punto d’arrivo di una strategia consolidata che da tempo rimpingua le casse dei politici più influenti a colpi di contributi elettorali. Un sistema ampiamente collaudato di cui hanno beneficiato soprattutto i repubblicani. Secondo i dati di Crp, infatti, sono ben nove gli esponenti conservatori nella Top ten dei contributi “oil-gas” dell’ultimo ventennio. L’ex candidato presidenziale John McCain svetta nella graduatoria con oltre 2,7 milioni di dollari incassati dal 1989 ad oggi. La senatrice della Lousiania Mary Landrieu, ottava in classifica generale e prima tra gli esponenti democratici, ha dovuto accontentarsi, si fa per dire, di 828 mila biglietti verdi.

In un sistema che accetta e incoraggia le attività di lobbying purché condotte in condizioni di trasparenza, gli ambientalisti non sono certo stati a guardare (il democratico Mark Udall, principale beneficiario del fronte green, ha intascato mezzo milione di dollari negli ultimi due decenni), ma il confronto con la mobilitazione nemica si è mantenuto impietoso. E i risultati sono venuti di conseguenza. Quando Obama e i suoi hanno messo in agenda la celebre proposta di legge sui limiti alle emissioni, gli ambientalisti hanno sborsato la cifra record di 22,4 milioni, cinque in meno di quelli messi in campo sul fronte opposto dalla sola ExxonMobil. L’armata degli oppositori, nel frattempo, ha fatto piovere su Washington un maxi finanziamento da 175 milioni tanto per chiarire, una volta per tutte, chi comandasse davvero. E così l’emendamento ambientalista promosso dalla fidata coppia John Kerry/Joe Lieberman si è incagliato in Senato.

Non tutti gli esponenti politici, è bene ricordarlo, si sono adeguati al trend e negli ultimi tempi non sono mancate le crisi di coscienza. Almeno dodici parlamentari, ha sottolineato il Crp, rifiutano tuttora qualsiasi contributo dalla lobby gas/petrolio e qualcuno, come il deputato texano Charles González e la candidata repubblicana al Senato Carly Fiorina, ha promesso di rifiutare in futuro qualsiasi contributo dalla famigerata Bp. Ma nella sostanza la macchina da guerra dei lobbisti può continuare ad operare con efficacia proteggendo i propri interessi e minando quelli della controparte. L’Associazione Americana per l’Energia Eolica (AWEA) ha denunciato in questi giorni il “sabotaggio” di decine di progetti da parte del ministero della Difesa e della Federal Aviation Administration. La capacità energetica delle installazioni eoliche Usa, ha affermato l’Awea, si è ridotta del 71% rispetto al 2008.
di Matteo Cavallito

01 settembre 2010

C'è qualcosa che puzza in Wikileaks




Fin dalla pubblicazione del drammatico filmato militare in cui si vede un elicottero americano in Iraq che spara addosso ad un giornalista disarmato, Wikileaks ha acquisito notorietà e credibilità mondiale, presentandosi come un sito coraggioso che rende pubblico materiale riservato fornito dalle “talpe” presenti all’interno di vari governi. Il suo ultimo “scoop” è stata la pubblicazione di migliaia di pagine di presunti documenti segreti relativi agli infiltrati USA nei gruppi talebani in Afghanistan e ai loro legami con noti personaggi vicini agli ambienti dell’ISI, il servizio segreto militare del Pakistan. Alcuni elementi, però, fanno pensare che ben lungi dall’essere un’autentica fuga di notizie riservate, l’operazione sia stata in realtà un atto di calcolata disinformazione a favore dei servizi segreti americani e forse anche di quelli israeliani e indiani, nonché una copertura per il ruolo svolto dagli USA e dall’Occidente nel traffico di droga dall’Afghanistan.

Da quando i documenti afghani sono stati pubblicati qualche giorno fa, la Casa Bianca di Obama ha conferito credibilità alla fuga di notizie, affermando che rivelazioni ulteriori rappresenterebbero un pericolo per la sicurezza nazionale americana. Eppure, ciò che è contenuto nei documenti fornisce ben poche rivelazioni che abbiano qualche rilievo. Il personaggio citato con più frequenza, il generale (oggi in ritiro) Hamid Gul, ex capo dell’ISI, il servizio segreto militare del Pakistan, è l’uomo che negli anni ’80 fu coordinatore in Afghanistan della guerriglia mujaheddin finanziata dalla CIA contro il regime sovietico. Nei recenti documenti pubblicati da Wikileaks, Gul è accusato di essersi regolarmente incontrato con i capi di Al Qaeda e dei Talebani e di avere orchestrato attacchi suicidi contro le forze NATO in Afghanistan.

I documenti filtrati sostengono anche che Osama Bin Laden, la cui morte era stata data per certa da Benazir Bhutto in un’intervista alla BBC, sarebbe invece ancora vivo, mantenendo così profittevolmente in vita un mito utile alla Guerra al Terrore dell’amministrazione Obama, in un momento in cui molti cittadini americani si erano dimenticati del pretesto originario con cui l’amministrazione Bush aveva invaso l’Afghanistan, quello di perseguire l’autore degli attacchi dell’11/9.

Demonizzazione del Pakistan?

Il presentare oggi Gul come un collegamento chiave con i Talebani dell’Afghanistan si inserisce in un più ampio e recente progetto, elaborato da Stati Uniti e Inghilterra, con cui si cerca di demonizzare l’attuale regime pakistano attribuendogli un ruolo di primo piano nei problemi in Afghanistan. Questa demonizzazione favorisce nettamente la posizione dell’India, recente alleato degli Stati Uniti. Inoltre, il Pakistan è l’unico paese musulmano che possieda armi nucleari. E’ noto che alle forze di difesa israeliane e al Mossad piacerebbe molto poter modificare questa situazione. La campagna di discredito ordita tramite Wikileaks contro un personaggio politicamente esplicito come Gul potrebbe essere parte di questo progetto geopolitico.

Il londinese Financial Times afferma che il nome di Gul compare in circa 10 dei 180 file segreti statunitensi in cui si insinua che i servizi segreti pakistani avrebbero appoggiato i militanti afghani contro le forze della NATO. Gul ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti hanno ormai perso la guerra in Afghanistan e che la pubblicazione di quei documenti servirà all’amministrazione Obama per scaricare su altri la colpa, insinuando che la responsabilità sia tutta del Pakistan. Gul ha detto ai giornali: “Io sono il capro espiatorio preferito per gli americani. Non riescono proprio a concepire che gli afghani possano vincere una guerra da soli. Eppure sarebbe una vergogna intollerabile che un vecchio generale 74enne, ormai in pensione, manovrando i mujaheddin in Afghanistan, fosse stato la causa della sconfitta dell’America”.

Nei documenti afghani pubblicati da Wikileaks è da notare il modo in cui i riflettori vengono puntati contro il 74enne Gul. Come ho scritto in un precedente articolo (Warum Afghanistan? Teil VI: Washingtons Kriegsstrategie in Zentralasien, pubblicato a giugno) Gul è stato assai esplicito sul ruolo dell’esercito statunitense nel contrabbandare eroina afghana fuori dal paese, sfruttando la base aerea di massima sicurezza di Manas, in Kyrgyzstan.

Allo stesso modo, in un’intervista alla United Press International del 26 settembre 2001, due settimane dopo gli attacchi dell’11/9, Gul, in risposta alla domanda su chi avesse organizzato l’11/9, aveva risposto: “Il Mossad e i suoi complici. Gli Stati Uniti spendono 40 miliardi di dollari all’anno per le loro 11 agenzie di intelligence. Cioè 400 miliardi di dollari ogni 10 anni. Eppure l’amministrazione Bush dice di essere stata colta di sorpresa. Io non ci credo. 10 minuti dopo che la seconda torre del World Trade Center era stata colpita, la CNN già diceva che era stato Osama bin Laden. Si trattava di un pezzo di disinformazione preorganizzato dai veri autori del crimine...”.

Ovviamente Gul non è molto amato a Washington. Egli sostiene che le sue richieste di visti d’ingresso per l’Inghilterra e gli Stati Uniti sono state respinte a più riprese. Trasformare Gul in un arcinemico farebbe assai comodo a certa gente di Washington.

Chi è Julian Assange?

Il fondatore e sedicente “Editor-in-chief” di Wikileaks, Julian Assange, è un misterioso 29enne australiano del quale si sa poco. E’ improvvisamente diventato un personaggio pubblico di primo piano offrendosi di trattare con la Casa Bianca riguardo alle fughe d’informazioni. In seguito agli ultimi scoop, Assange ha detto a Der Spiegel – una delle tre testate con cui condivide il materiale delle sue ultime rivelazioni – che i documenti da lui portati alla luce “cambiano la nostra prospettiva non solo sulla guerra in Afghanistan, ma su tutte le guerre moderne”. Nella stessa intervista ha dichiarato: “Mi piace schiacciare i bastardi”. wikileaks, fondata da Assange nel 2006, non ha una sede stabile e lo stesso Assange afferma: “In questi giorni vivo negli aeroporti”.

Eppure, un più attento esame delle posizioni di Assange su uno degli argomenti più controversi degli ultimi decenni, le forze che stanno dietro agli attentati dell’11 settembre contro il Pentagono e il World Trade Center, rivela che egli è curiosamente dalla parte dell’establishment. Quando il Belfast Telegraph lo ha intervistato lo scorso 19 luglio, egli ha dichiarato: “Ogni volta che uomini di potere definiscono piani in segreto, essi stanno attuando un complotto. Quindi ci sono complotti ovunque. Ma ci sono anche teorie complottiste pazzoidi. E’ meglio non confondere le due cose...”.

E sull’11/9?

“Sono sempre infastidito dal fatto che la gente si faccia distrarre da falsi complotti come quello sull’11 settembre, quando tutt’intorno a loro noi forniamo prove di complotti reali, volti a scatenare guerre o frodi finanziaria di massa”. E sulla Conferenza del Bilderberg? “E’ solo vagamente complottarda, in senso di rete relazionale. Noi abbiamo pubblicato gli appunti dei loro incontri”.

Queste dichiarazioni, provenienti da una persona che ha costruito la propria reputazione sull’avversione all’establishment, sono più che considerevoli. Prima di tutto, come migliaia di fisici, ingegneri, militari professionisti e piloti di linea hanno testimoniato, l’idea che 19 arabi senza quasi nessun allenamento e armati solo di taglierini possano dirottare quattro aerei di linea ed eseguire manovre quasi impossibili contro le Torri Gemelle e il Pentagono nell’arco di soli 93 minuti, senza che nessun velivolo militare del NORAD li intercetti, è qualcosa che sfida ogni credibilità. Chi abbia davvero compiuto questi attacchi così professionali è questione che dovrebbe essere affrontata da una genuina e non faziosa commissione d’inchiesta internazionale.

Al signor Assange, che nega ostinatamente ogni sinistra cospirazione sull’11/9, si potrebbe rammentare la dichiarazione resa alla BBC dall’ex senatore americano Bob Graham, che guidò la Commissione Senatoriale degli Stati Uniti sull’Intelligence durante l’inchiesta congiunta sull’11 settembre. Graham disse alla BBC: “Posso affermare che sull’11 settembre ci sono troppi segreti, che ci sono informazioni non rese disponibili al pubblico, per le quali esistono risposte specifiche, tangibili e verosimili e che questa reticenza ha eroso la fiducia dell’opinione pubblica nel proprio governo per ciò che attiene alla sua sicurezza”.

Narratore della BBC: “Il senatore Graham scoprì che questa copertura arrivava fino al cuore dell’amministrazione”.

Bob Graham: “Chiamai la Casa Bianca e parlai con la signora Rice. Le dissi: “Senta, ci avevano detto che avremmo collaborato a quest’inchiesta”. Lei disse che ci avrebbe pensato lei, ma poi non successe nulla”.

Naturalmente, l’amministrazione Bush riuscì a sfruttare gli attacchi dell’11 settembre per lanciare la sua Guerra al Terrorismo in Afghanistan e poi in Iraq, un punto su cui Assange convenientemente sorvola.

Da parte sua, il generale Gul afferma che l’intelligence americano ha orchestrato le rivelazioni di Wikileaks sull’Afghanistan per trovare un capro espiatorio, cioè Gul, a cui attribuire la colpa.

Similmente, come se avesse afferrato il suggerimento, il Primo Ministro britannico David Cameron, durante una visita di stato in India, ha alluso al presunto ruolo del Pakistan nell’appoggiare i talebani in Afghanistan, garantendo così ulteriore credibilità alla versione fornita da Wikileaks.

Ma la vera storia di Wikileaks non è ancora stata raccontata con chiarezza.

di F. William Engdahl

dal sito www.vheadline.com

traduzione di Gianluca Freda