10 agosto 2011

Un appello transatlantico per una soluzione di emergenza alla crisi attuale

L'intero sistema finanziario globale è crollato, e mentre il centro del crollo è la regione transatlantica, non c'è angolo del mondo che sia immune dalla disintegrazione già in corso. Un cambiamento radicale di politica è l'unico modo di evitare un crollo totale della civiltà che, a cominciare dalla regione transatlantica, decimerà la popolazione mondiale fino a ridurla a meno di due miliardi di persone in un breve periodo di tempo.

Non esiste più alcuna distinzione tra la disintegrazione del sistema finanziario e monetario europeo e la totale bancarotta delle cosiddette banche "too big to fail" di Wall Street. La scorsa settimana, quando il sistema interbancario europeo si è paralizzato, è stata la Federal Reserve ad aprire uno sportello di emergenza per le banche. Il Presidente Obama ha promesso al Cancelliere tedesco Angela Merkel che gli Stati Uniti saranno il prestatore di ultima istanza dell'intera Unione Monetaria Europea.

Questa promessa del Presidente Obama è non solo anticostituzionale e un atto di vero e proprio tradimento contro il popolo degli Stati Uniti, ma è anche un impegno all'iperinflazione in stile Repubblica di Weimar, stavolta però su scala globale. Questi schemi di salvataggio bancario iperinflazionistico allungano la vita del sistema moribondo di qualche settimana, ma al prezzo di un crollo ancor più drammatico nel caos sociale di massa e nella dittatura.

Ci sono soluzioni anche se siamo in ritardo. Queste soluzioni sono state ripetutamente formulate da anni dall'economista americano Lyndon LaRouche. E tuttavia nessuna di queste soluzioni, che devono cominciare negli Stati Uniti, può verosimilmente essere applicata in tempo a meno che il Presidente Barack Obama non sia rimosso immediatamente dalla carica con mezzi costituzionali. Obama ha ripetutamente violato la Costituzione.

La guerra in Libia è stata lanciata senza autorizzazione del Congresso, una violazione flagrante dell'Articolo 1, Sezione 8 della Costituzione. Il 'Supercongresso' stabilito come parte dell'accordo sul debito è una violazione ancora più eclatante della Costituzione, che conferisce l'autorità di deliberare la politica fiscale e del debito unicamente alla Camera dei Rappresentanti. Le violazioni costituzionali del Presidente sono ben note. Almeno due candidati alla Presidenza, Jon Huntsman e Ron Paul, hanno denunciato i capi di incriminazione, aggiungendosi a decine di parlamentari. È trasparente che il Presidente abbia commesso atti contro la Costituzione che richiedono il suo allontanamento immediato dalla carica prima che sia troppo tardi.

Similmente, i leaders dell'Unione Europea violano le proprie Costituzioni promovendo il salvataggio illegale delle grandi banche, mentre la Banca Centrale Europea viola i suoi principi statutari acquistando il debito sovrano degli stati da banche e assicurazioni di fatto in bancarotta, e dagli stati stessi che sono insolventi. L'emissione di denaro da Monopoli non solo è contrario alla legge, ma agendo da falsari, i capi di stato e di governo europei contribuiscono ad alimentare un'iperinflazione alla Weimar. Come Barack Obama, essi meritano di essere rimossi dalla carica per alto tradimento, seguendo le procedure in vigore nei rispettivi stati. L'infame Troika composta da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, che sta imponendo austerità senza precedenti sugli stati sovrani con la complicità attiva del Presidente Francese e del Cancelliere Tedesco, deve immediatamente cessare la sua attività di distruzione delle economie e dei popoli d'Europa.

Entro poche ore dalla rimozione dl Presidente Obama – per impeachment, dimissioni o ricorso al 25mo Emendamento sezione 4, che dà disposizioni per la rimozione del Presidente se egli non sia più mentalmente o fisicamente capace di svolgere le sue funzioni – il Congresso dovrà riunirsi per approvare una legge che ripristini la separazione delle banche commerciali da quelle che si occupano di trading e assicurazioni, come dal Glass-Steagall Act. In tal modo, almeno 17 mila miliardi di dollari di debito di Wall Street, prodotto da speculazioni finanziarie accollate al contribuente americano, sarebbero restituiti al mittente. Sottratta la garanzia statale a quel debito di Wall Street, il Congresso potrebbe procedere immediatamente a emettere credito statale per progetti infrastrutturali vitali, come la North American Water and Power Alliance (NAWAPA), che creerebbero immediatamente milioni di posti di lavoro produttivi. L'America può iniziare un processo di ripresa economica fisica dando l'esempio all'Europa Occidentale. Solo adottando queste misure la regione transatlantica può ribaltare un collasso verso un'epoca buia che altrimenti sarebbe irreversibile. Il primo, inevitabile passo è la rimozione del Presidente Obama. La stragrande maggioranza dei cittadini americani richiedono questa azione, ora. Una grande maggioranza dei cittadini delle nazioni dell'Europa occidentale chiedono la stessa cosa e vogliono un cambiamento di leadership. Ora è il momento di agire.
by Movisol

09 agosto 2011

I mercati non vanno rassicurati, ma mandati alla sbarra


- La scena è più o meno questa: interno giorno, seduto da una parte c'è John Pierpont Morgan, il leone di Wall Street col sigaro in bocca, che suda e balbetta perché non sa che cosa rispondere. Dall'altra parte c'è un immigrato dalla Sicilia, il figlio di un uomo di fatica, partito dalla sua terra per non dover sottostare alla mafia e al feudalesimo, Ferdinando Pecora, che lo interroga e lo incalza di domande sulle sue attività speculative a danno degli interessi degli Stati Uniti.

Che cosa ci ricorda questa scena? Che c'era un tempo in cui qualcuno, invece di "rassicurare" i mercati (leggi: gli speculatori), li metteva alla sbarra; che invece di riscrivere la Costituzione del proprio Paese per permettere la dittatura dei banchieri, la applicava in pieno e separava le attività bancarie speculative da quelle utili alla popolazione e ne vietava altre. Stiamo ovviamente parlando del Presidente F.D. Roosevelt, che fu per questo oggetto di attentati e tentativi di screditamento, (come ad esempio da parte di Ezra Pound), ma che sapeva esattamente che cosa fare per uscire da una crisi, quella iniziata nel 1929, e far sì che il proprio Paese ridiventasse la più grande superpotenza agro-industriale del pianeta, sconfiggere l'abominio nazi-fascista ed estendere questo slancio creativo e produttivo a gran parte delle nazioni sulla Terra.

C'era un tempo in cui anche l'Italia sapeva che cosa fare, in cui non esisteva l'Euro, in cui la Banca d'Italia non era separata dal Tesoro, in cui le "notizie economiche" non riguardavano gli indici di borsa (magari annunciavano l'ultimo impianto dell'ENI), eppure si viveva piuttosto bene, in cui l'economia cresceva più della Germania, non esistevano lavoratori precari e i sindacati davano battaglia per cose sacrosante, anziché invocare il pareggio di bilancio.

C'era un tempo in cui si sapeva a che cosa servisse il deficit di bilancio e chi comprava i titoli di Stato erano gli stessi cittadini che godevano dello sviluppo che, grazie a quel deficit, si veniva creando; oggi ci inginocchiamo di fronte alla BCE e preghiamo affinché i nostri titoli vengano acquistati da essa.

No, non siamo favorevoli al ritorno alla spesa pubblica folle, agli sprechi (a proposito, magari scriveremo qualcosa su quanto ci costa l'UE), all'assistenzialismo, queste sono aberrazioni indotte dalla stessa oligarchia finanziaria attraverso la progressiva distruzione e lo svuotamento dall'interno di quel sistema nato nel dopoguerra. Noi siamo per un ritorno ad una vera sovranità, in cui l'unico esecutivo col permesso di governare sia quello dedito al perseguimento del bene comune dei propri cittadini e, perché no, anche di quelli degli altri paesi.

L'Italia fondata sul lavoro (art. 1 della Costituzione) si appresta a varare riforme ancora più liberalizzanti del mercato del lavoro (che cosa ci sia ancora da liberalizzare in un Paese che ha legalizzato persino il lavoro nero [1] lo scopriremo a breve). L'Italia che ripudia la guerra partecipa alla coalizione che bombarda Paesi sovrani di cui uno, la Libia, alleato strategico fino all'altro giorno. L'Italia che ha dato al mondo geni come Enrico Fermi, padre dello sfruttamento dell'energia nucleare, ripudia l'atomo per affidarsi ai costosissimi, inefficienti e, ci si permetta, antiestetici pannelli solari.

Non stiamo criticando questo o quest'altro governo, purtroppo le misure, soprattutto la più aberrante, quella di inserire il pareggio di bilancio come vincolo nella Costituzione, che vengono indicate come indispensabili sono tristemente condivise da destre, sinistre, sindacati, industriali piccoli e grandi e, ovviamente, banchieri.

L'anno prossimo ricorrerà il cinquantennale della morte di Enrico Mattei; speriamo che non gli tocchi assistere, dall'alto, magari insieme a Ferdinand Pecora, alla scelta da parte dell'Italia di tornare ad essere esportatrice di camerieri, cantanti, magari calciatori, mafiosi di grosso calibro, e di avere come unica aspirazione quella di essere il giardino dei divertimenti d'Europa a disposizione degli oligarchi di mezzo mondo.

Aureliano Ferri
Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà


Note:

[1] - Cfr. i cosiddetti "contratti a chiamata" in cui ufficialmente il lavoratore viene "chiamato" a lavorare in alcuni giorni o periodi, ma che in realtà fanno da paravento a veri e propri rapporti in nero; infatti le giornate lavorate vengono comunicate a posteriori e nella prassi sono una frazione di quelle reali.

07 agosto 2011

I giganti della Terra verso il grande crash

«Usa, Europa e Cina - i tre pilastri dell'economia globale - corrono come folli verso la crisi, sebbene da posizioni diverse. La collisione è imminente, e sarà letale».

3crash

Secoli fa, a 14 o 15 anni, io e la mia vecchia banda bramavamo l'immortalità nel catorcio fumante di una brontolante Ford 40 o di una Chevy 57. Il nostro J.K. Rowling era Henry Felsen, l'ex-marine autore dei best-seller Hot Rod (1950), Street Rod (1953) e Crush Club (1958). Felsen era il nostro Omero dell'asfalto, che esaltando giovani eroi destinati alla morte ci invitava a emulare la loro leggenda. Uno dei suoi libri si conclude con uno scontro apocalittico presso un incrocio, che stermina l'intera classe di laureandi di una piccola città dello Stato dell'Iowa.

Amavamo così tanto questo passaggio che eravamo soliti rileggerlo a voce alta l'un l'altro.

Difficile non pensare al grande Felsen, morto nel 1995, quando si sfogliano le pagine economiche di questi tempi. Dopo tutto, ci sono i repubblicani del Tea Party, con l'acceleratore spinto violentemente, che ghignano come demoni mentre si avvicinano alla Deadman's Curve (John Boehner e David Brooks, nei posti posteriori, muoiono di paura.) L'analogia con Felsen sembra ancora più forte quando si prospetta una visione globale. Dall'alto la situazione economica mondiale si profila chiaramente come uno schianto in attesa di accadere. E da tre direzioni distinte Stati uniti, Unione europea e Cina stanno accelerando alla cieca verso lo stesso incrocio. La domanda è: qualcuno sopravviverà per partecipare al ballo di fine anno?



Tremano i tre pilastri del McWorld

Riprendiamo dall'ovvio, tuttavia raramente discusso. Sebbene il giorno del giudizio per il limite di indebitamento sia scongiurato, Obama ha già impegnato la fattoria e venduto i capretti. Con una straordinaria noncuranza per l'ala liberal del suo partito, si è offerto di mettere i sacrosanti resti di quella che era la rete di sicurezza del New Deal sul podio del banditore, per placare un ipotetico «centro» e vincere di nuovo le elezioni a ogni costo (Dick Nixon, vecchio socialista, dove sei ora che abbiamo bisogno di te?).

Risultato: come i Fenici nella Bibbia, sacrificheremo i nostri figli (e i loro insegnanti) a Moloch, che oggi si chiama Deficit. La strage nel settore pubblico, insieme a un brusco taglio delle indennità di disoccupazione, andrà a propagarsi sull'intero lato della domanda dell'economia, fino a quando la disoccupazione avrà raggiunto la doppia cifra percentuale e Lady Gaga canterà: «Fratello, avresti dieci centesimi?».

Non dimentichiamo: viviamo in un'economia globalizzata, in cui gli americani sono i consumatori di ultima istanza e il dollaro è ancora il porto sicuro per il plusvalore accumulato dall'intero pianeta. La nuova recessione che i repubblicani stanno impunemente architettando metterà in dubbio di colpo tutti tre i pilastri del McWorld, già assai più traballanti di quanto si pensi: consumo americano, stabilità europea e crescita cinese.

Dall'altra parte dell'Atlantico, l'Unione europea si dimostra per quello che è: un sindacato di grandi banche e mega creditori, accanitamente determinato a far sì che i greci svendano il Partenone e che gli irlandesi emigrino in Australia. Non c'è bisogno di essere keynesiani per capire che, se ciò dovesse accadere, la situazione non farà altro che precipitare in futuro (se i posti di lavoro tedeschi sono ancora salvi è solo perché la Cina e gli altri BRICs - Brasile, Russia e India - hanno acquistato tante macchine utensili e Mercedes).

Ovvio, oggi la Cina sostiene il mondo, ma la domanda è: per quanto tempo ancora? Ufficialmente, la Repubblica popolare cinese è nel bel mezzo di una transizione epocale da un'economia basata sulle esportazioni a una basata sui consumi. Il fine ultimo di un simile passaggio non è solo trasformare il cinese medio in un automobilista di periferia, ma anche spezzare la dipendenza perversa che lega la crescita cinese al deficit commerciale americano che Pechino è obbligato, a sua volta, a finanziare per evitare che lo Yen si apprezzi.

Ma sfortunatamente per i cinesi, e forse per il mondo intero, il previsto boom dei consumatori si sta rapidamente trasformando in una pericolosa bolla immobiliare. La Cina ha contratto il virus Dubai, e ora ogni città con più di un milione di abitanti (sono almeno 160, all'ultimo conteggio) aspira a differenziarsi con un grattacielo di Rem Koolhaas o un mega centro commerciale, prossima meta dello shopping mondiale. Il risultato è stato un'orgia di edilizia.

E nonostante l'immagine rassicurante dei saggi mandarini di Pechino che controllano a sangue freddo il sistema finanziario, la Cina oggi sembra funzionare come 160 ripetizioni della serie Boardwalk Empire, dove i grandi capi politici della città e gli speculatori immobiliari privati stipulano i loro patti segreti con le gigantesche banche di stato. In effetti, si è sviluppato un vero e proprio sistema bancario ombra grazie alle grandi banche che spostano i prestiti dal loro bilancio verso società fiduciarie fasulle, evadendo i tappi ufficiali sul prestito totale. La scorsa settimana l'agenzia di rating Moody ha riferito che il sistema bancario cinese nasconde un trilione e mezzo di dollari in prestiti sospetti, soprattutto per mastodontici progetti municipali. Un altro servizio di rating ha avvertito che i «cattivi crediti» potrebbero costituire fino al 30% dei portafogli bancari cinesi.

Nel frattempo la speculazione immobiliare sta asciugando i risparmi domestici via via che le famiglie urbane, di fronte ai prezzi delle case alle stelle, si precipitano a investire negli immobili prima che questi siano spazzati via dal mercato (ricorda nulla?). Secondo Business Week, gli investimenti nell'edilizia residenziale costituiscono ormai il 9% del Pil, contro il 3,4% del 2003.



Una Lehman Brothers cinese?

Chengdu diverrà la nuova Orlando, e la China Construction Bank la prossima Lehman Brothers? Strana la credulità di così tanti «esperti» peraltro conservatori, convinti che la leadership comunista cinese abbia scoperto la legge del moto perpetuo creando un'economia di mercato immune dai cicli economici o dalle manie speculative.

Se la Cina avrà un atterraggio a dir poco duro, lo stesso sarà per i principali fornitori come Brasile, Indonesia o Australia. Il Giappone, già impantanato in una recessione in seguito a tre mega catastrofi, è estremamente sensibile a ulteriori shock provenienti dai suoi principali mercati. E la primavera araba rischia di trasformarsi in inverno se i nuovi governi non riusciranno ad aumentare l'occupazione o a contenere l'inflazione dei prezzi alimentari.

Mentre i tre grandi blocchi economici mondiali accelerano verso una depressione sincronizzata, devo dire che non sono più tanto entusiasta, come lo ero a 14 anni, dalla prospettiva di un classico finale alla Felsen - metallo aggrovigliato e giovani corpi dilaniati.


© Copyright 2011 Mike Davis

10 agosto 2011

Un appello transatlantico per una soluzione di emergenza alla crisi attuale

L'intero sistema finanziario globale è crollato, e mentre il centro del crollo è la regione transatlantica, non c'è angolo del mondo che sia immune dalla disintegrazione già in corso. Un cambiamento radicale di politica è l'unico modo di evitare un crollo totale della civiltà che, a cominciare dalla regione transatlantica, decimerà la popolazione mondiale fino a ridurla a meno di due miliardi di persone in un breve periodo di tempo.

Non esiste più alcuna distinzione tra la disintegrazione del sistema finanziario e monetario europeo e la totale bancarotta delle cosiddette banche "too big to fail" di Wall Street. La scorsa settimana, quando il sistema interbancario europeo si è paralizzato, è stata la Federal Reserve ad aprire uno sportello di emergenza per le banche. Il Presidente Obama ha promesso al Cancelliere tedesco Angela Merkel che gli Stati Uniti saranno il prestatore di ultima istanza dell'intera Unione Monetaria Europea.

Questa promessa del Presidente Obama è non solo anticostituzionale e un atto di vero e proprio tradimento contro il popolo degli Stati Uniti, ma è anche un impegno all'iperinflazione in stile Repubblica di Weimar, stavolta però su scala globale. Questi schemi di salvataggio bancario iperinflazionistico allungano la vita del sistema moribondo di qualche settimana, ma al prezzo di un crollo ancor più drammatico nel caos sociale di massa e nella dittatura.

Ci sono soluzioni anche se siamo in ritardo. Queste soluzioni sono state ripetutamente formulate da anni dall'economista americano Lyndon LaRouche. E tuttavia nessuna di queste soluzioni, che devono cominciare negli Stati Uniti, può verosimilmente essere applicata in tempo a meno che il Presidente Barack Obama non sia rimosso immediatamente dalla carica con mezzi costituzionali. Obama ha ripetutamente violato la Costituzione.

La guerra in Libia è stata lanciata senza autorizzazione del Congresso, una violazione flagrante dell'Articolo 1, Sezione 8 della Costituzione. Il 'Supercongresso' stabilito come parte dell'accordo sul debito è una violazione ancora più eclatante della Costituzione, che conferisce l'autorità di deliberare la politica fiscale e del debito unicamente alla Camera dei Rappresentanti. Le violazioni costituzionali del Presidente sono ben note. Almeno due candidati alla Presidenza, Jon Huntsman e Ron Paul, hanno denunciato i capi di incriminazione, aggiungendosi a decine di parlamentari. È trasparente che il Presidente abbia commesso atti contro la Costituzione che richiedono il suo allontanamento immediato dalla carica prima che sia troppo tardi.

Similmente, i leaders dell'Unione Europea violano le proprie Costituzioni promovendo il salvataggio illegale delle grandi banche, mentre la Banca Centrale Europea viola i suoi principi statutari acquistando il debito sovrano degli stati da banche e assicurazioni di fatto in bancarotta, e dagli stati stessi che sono insolventi. L'emissione di denaro da Monopoli non solo è contrario alla legge, ma agendo da falsari, i capi di stato e di governo europei contribuiscono ad alimentare un'iperinflazione alla Weimar. Come Barack Obama, essi meritano di essere rimossi dalla carica per alto tradimento, seguendo le procedure in vigore nei rispettivi stati. L'infame Troika composta da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, che sta imponendo austerità senza precedenti sugli stati sovrani con la complicità attiva del Presidente Francese e del Cancelliere Tedesco, deve immediatamente cessare la sua attività di distruzione delle economie e dei popoli d'Europa.

Entro poche ore dalla rimozione dl Presidente Obama – per impeachment, dimissioni o ricorso al 25mo Emendamento sezione 4, che dà disposizioni per la rimozione del Presidente se egli non sia più mentalmente o fisicamente capace di svolgere le sue funzioni – il Congresso dovrà riunirsi per approvare una legge che ripristini la separazione delle banche commerciali da quelle che si occupano di trading e assicurazioni, come dal Glass-Steagall Act. In tal modo, almeno 17 mila miliardi di dollari di debito di Wall Street, prodotto da speculazioni finanziarie accollate al contribuente americano, sarebbero restituiti al mittente. Sottratta la garanzia statale a quel debito di Wall Street, il Congresso potrebbe procedere immediatamente a emettere credito statale per progetti infrastrutturali vitali, come la North American Water and Power Alliance (NAWAPA), che creerebbero immediatamente milioni di posti di lavoro produttivi. L'America può iniziare un processo di ripresa economica fisica dando l'esempio all'Europa Occidentale. Solo adottando queste misure la regione transatlantica può ribaltare un collasso verso un'epoca buia che altrimenti sarebbe irreversibile. Il primo, inevitabile passo è la rimozione del Presidente Obama. La stragrande maggioranza dei cittadini americani richiedono questa azione, ora. Una grande maggioranza dei cittadini delle nazioni dell'Europa occidentale chiedono la stessa cosa e vogliono un cambiamento di leadership. Ora è il momento di agire.
by Movisol

09 agosto 2011

I mercati non vanno rassicurati, ma mandati alla sbarra


- La scena è più o meno questa: interno giorno, seduto da una parte c'è John Pierpont Morgan, il leone di Wall Street col sigaro in bocca, che suda e balbetta perché non sa che cosa rispondere. Dall'altra parte c'è un immigrato dalla Sicilia, il figlio di un uomo di fatica, partito dalla sua terra per non dover sottostare alla mafia e al feudalesimo, Ferdinando Pecora, che lo interroga e lo incalza di domande sulle sue attività speculative a danno degli interessi degli Stati Uniti.

Che cosa ci ricorda questa scena? Che c'era un tempo in cui qualcuno, invece di "rassicurare" i mercati (leggi: gli speculatori), li metteva alla sbarra; che invece di riscrivere la Costituzione del proprio Paese per permettere la dittatura dei banchieri, la applicava in pieno e separava le attività bancarie speculative da quelle utili alla popolazione e ne vietava altre. Stiamo ovviamente parlando del Presidente F.D. Roosevelt, che fu per questo oggetto di attentati e tentativi di screditamento, (come ad esempio da parte di Ezra Pound), ma che sapeva esattamente che cosa fare per uscire da una crisi, quella iniziata nel 1929, e far sì che il proprio Paese ridiventasse la più grande superpotenza agro-industriale del pianeta, sconfiggere l'abominio nazi-fascista ed estendere questo slancio creativo e produttivo a gran parte delle nazioni sulla Terra.

C'era un tempo in cui anche l'Italia sapeva che cosa fare, in cui non esisteva l'Euro, in cui la Banca d'Italia non era separata dal Tesoro, in cui le "notizie economiche" non riguardavano gli indici di borsa (magari annunciavano l'ultimo impianto dell'ENI), eppure si viveva piuttosto bene, in cui l'economia cresceva più della Germania, non esistevano lavoratori precari e i sindacati davano battaglia per cose sacrosante, anziché invocare il pareggio di bilancio.

C'era un tempo in cui si sapeva a che cosa servisse il deficit di bilancio e chi comprava i titoli di Stato erano gli stessi cittadini che godevano dello sviluppo che, grazie a quel deficit, si veniva creando; oggi ci inginocchiamo di fronte alla BCE e preghiamo affinché i nostri titoli vengano acquistati da essa.

No, non siamo favorevoli al ritorno alla spesa pubblica folle, agli sprechi (a proposito, magari scriveremo qualcosa su quanto ci costa l'UE), all'assistenzialismo, queste sono aberrazioni indotte dalla stessa oligarchia finanziaria attraverso la progressiva distruzione e lo svuotamento dall'interno di quel sistema nato nel dopoguerra. Noi siamo per un ritorno ad una vera sovranità, in cui l'unico esecutivo col permesso di governare sia quello dedito al perseguimento del bene comune dei propri cittadini e, perché no, anche di quelli degli altri paesi.

L'Italia fondata sul lavoro (art. 1 della Costituzione) si appresta a varare riforme ancora più liberalizzanti del mercato del lavoro (che cosa ci sia ancora da liberalizzare in un Paese che ha legalizzato persino il lavoro nero [1] lo scopriremo a breve). L'Italia che ripudia la guerra partecipa alla coalizione che bombarda Paesi sovrani di cui uno, la Libia, alleato strategico fino all'altro giorno. L'Italia che ha dato al mondo geni come Enrico Fermi, padre dello sfruttamento dell'energia nucleare, ripudia l'atomo per affidarsi ai costosissimi, inefficienti e, ci si permetta, antiestetici pannelli solari.

Non stiamo criticando questo o quest'altro governo, purtroppo le misure, soprattutto la più aberrante, quella di inserire il pareggio di bilancio come vincolo nella Costituzione, che vengono indicate come indispensabili sono tristemente condivise da destre, sinistre, sindacati, industriali piccoli e grandi e, ovviamente, banchieri.

L'anno prossimo ricorrerà il cinquantennale della morte di Enrico Mattei; speriamo che non gli tocchi assistere, dall'alto, magari insieme a Ferdinand Pecora, alla scelta da parte dell'Italia di tornare ad essere esportatrice di camerieri, cantanti, magari calciatori, mafiosi di grosso calibro, e di avere come unica aspirazione quella di essere il giardino dei divertimenti d'Europa a disposizione degli oligarchi di mezzo mondo.

Aureliano Ferri
Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà


Note:

[1] - Cfr. i cosiddetti "contratti a chiamata" in cui ufficialmente il lavoratore viene "chiamato" a lavorare in alcuni giorni o periodi, ma che in realtà fanno da paravento a veri e propri rapporti in nero; infatti le giornate lavorate vengono comunicate a posteriori e nella prassi sono una frazione di quelle reali.

07 agosto 2011

I giganti della Terra verso il grande crash

«Usa, Europa e Cina - i tre pilastri dell'economia globale - corrono come folli verso la crisi, sebbene da posizioni diverse. La collisione è imminente, e sarà letale».

3crash

Secoli fa, a 14 o 15 anni, io e la mia vecchia banda bramavamo l'immortalità nel catorcio fumante di una brontolante Ford 40 o di una Chevy 57. Il nostro J.K. Rowling era Henry Felsen, l'ex-marine autore dei best-seller Hot Rod (1950), Street Rod (1953) e Crush Club (1958). Felsen era il nostro Omero dell'asfalto, che esaltando giovani eroi destinati alla morte ci invitava a emulare la loro leggenda. Uno dei suoi libri si conclude con uno scontro apocalittico presso un incrocio, che stermina l'intera classe di laureandi di una piccola città dello Stato dell'Iowa.

Amavamo così tanto questo passaggio che eravamo soliti rileggerlo a voce alta l'un l'altro.

Difficile non pensare al grande Felsen, morto nel 1995, quando si sfogliano le pagine economiche di questi tempi. Dopo tutto, ci sono i repubblicani del Tea Party, con l'acceleratore spinto violentemente, che ghignano come demoni mentre si avvicinano alla Deadman's Curve (John Boehner e David Brooks, nei posti posteriori, muoiono di paura.) L'analogia con Felsen sembra ancora più forte quando si prospetta una visione globale. Dall'alto la situazione economica mondiale si profila chiaramente come uno schianto in attesa di accadere. E da tre direzioni distinte Stati uniti, Unione europea e Cina stanno accelerando alla cieca verso lo stesso incrocio. La domanda è: qualcuno sopravviverà per partecipare al ballo di fine anno?



Tremano i tre pilastri del McWorld

Riprendiamo dall'ovvio, tuttavia raramente discusso. Sebbene il giorno del giudizio per il limite di indebitamento sia scongiurato, Obama ha già impegnato la fattoria e venduto i capretti. Con una straordinaria noncuranza per l'ala liberal del suo partito, si è offerto di mettere i sacrosanti resti di quella che era la rete di sicurezza del New Deal sul podio del banditore, per placare un ipotetico «centro» e vincere di nuovo le elezioni a ogni costo (Dick Nixon, vecchio socialista, dove sei ora che abbiamo bisogno di te?).

Risultato: come i Fenici nella Bibbia, sacrificheremo i nostri figli (e i loro insegnanti) a Moloch, che oggi si chiama Deficit. La strage nel settore pubblico, insieme a un brusco taglio delle indennità di disoccupazione, andrà a propagarsi sull'intero lato della domanda dell'economia, fino a quando la disoccupazione avrà raggiunto la doppia cifra percentuale e Lady Gaga canterà: «Fratello, avresti dieci centesimi?».

Non dimentichiamo: viviamo in un'economia globalizzata, in cui gli americani sono i consumatori di ultima istanza e il dollaro è ancora il porto sicuro per il plusvalore accumulato dall'intero pianeta. La nuova recessione che i repubblicani stanno impunemente architettando metterà in dubbio di colpo tutti tre i pilastri del McWorld, già assai più traballanti di quanto si pensi: consumo americano, stabilità europea e crescita cinese.

Dall'altra parte dell'Atlantico, l'Unione europea si dimostra per quello che è: un sindacato di grandi banche e mega creditori, accanitamente determinato a far sì che i greci svendano il Partenone e che gli irlandesi emigrino in Australia. Non c'è bisogno di essere keynesiani per capire che, se ciò dovesse accadere, la situazione non farà altro che precipitare in futuro (se i posti di lavoro tedeschi sono ancora salvi è solo perché la Cina e gli altri BRICs - Brasile, Russia e India - hanno acquistato tante macchine utensili e Mercedes).

Ovvio, oggi la Cina sostiene il mondo, ma la domanda è: per quanto tempo ancora? Ufficialmente, la Repubblica popolare cinese è nel bel mezzo di una transizione epocale da un'economia basata sulle esportazioni a una basata sui consumi. Il fine ultimo di un simile passaggio non è solo trasformare il cinese medio in un automobilista di periferia, ma anche spezzare la dipendenza perversa che lega la crescita cinese al deficit commerciale americano che Pechino è obbligato, a sua volta, a finanziare per evitare che lo Yen si apprezzi.

Ma sfortunatamente per i cinesi, e forse per il mondo intero, il previsto boom dei consumatori si sta rapidamente trasformando in una pericolosa bolla immobiliare. La Cina ha contratto il virus Dubai, e ora ogni città con più di un milione di abitanti (sono almeno 160, all'ultimo conteggio) aspira a differenziarsi con un grattacielo di Rem Koolhaas o un mega centro commerciale, prossima meta dello shopping mondiale. Il risultato è stato un'orgia di edilizia.

E nonostante l'immagine rassicurante dei saggi mandarini di Pechino che controllano a sangue freddo il sistema finanziario, la Cina oggi sembra funzionare come 160 ripetizioni della serie Boardwalk Empire, dove i grandi capi politici della città e gli speculatori immobiliari privati stipulano i loro patti segreti con le gigantesche banche di stato. In effetti, si è sviluppato un vero e proprio sistema bancario ombra grazie alle grandi banche che spostano i prestiti dal loro bilancio verso società fiduciarie fasulle, evadendo i tappi ufficiali sul prestito totale. La scorsa settimana l'agenzia di rating Moody ha riferito che il sistema bancario cinese nasconde un trilione e mezzo di dollari in prestiti sospetti, soprattutto per mastodontici progetti municipali. Un altro servizio di rating ha avvertito che i «cattivi crediti» potrebbero costituire fino al 30% dei portafogli bancari cinesi.

Nel frattempo la speculazione immobiliare sta asciugando i risparmi domestici via via che le famiglie urbane, di fronte ai prezzi delle case alle stelle, si precipitano a investire negli immobili prima che questi siano spazzati via dal mercato (ricorda nulla?). Secondo Business Week, gli investimenti nell'edilizia residenziale costituiscono ormai il 9% del Pil, contro il 3,4% del 2003.



Una Lehman Brothers cinese?

Chengdu diverrà la nuova Orlando, e la China Construction Bank la prossima Lehman Brothers? Strana la credulità di così tanti «esperti» peraltro conservatori, convinti che la leadership comunista cinese abbia scoperto la legge del moto perpetuo creando un'economia di mercato immune dai cicli economici o dalle manie speculative.

Se la Cina avrà un atterraggio a dir poco duro, lo stesso sarà per i principali fornitori come Brasile, Indonesia o Australia. Il Giappone, già impantanato in una recessione in seguito a tre mega catastrofi, è estremamente sensibile a ulteriori shock provenienti dai suoi principali mercati. E la primavera araba rischia di trasformarsi in inverno se i nuovi governi non riusciranno ad aumentare l'occupazione o a contenere l'inflazione dei prezzi alimentari.

Mentre i tre grandi blocchi economici mondiali accelerano verso una depressione sincronizzata, devo dire che non sono più tanto entusiasta, come lo ero a 14 anni, dalla prospettiva di un classico finale alla Felsen - metallo aggrovigliato e giovani corpi dilaniati.


© Copyright 2011 Mike Davis