16 ottobre 2011

La grande menzogna dell'euro


La moneta rappresenta il "carattere" di un popolo: tutte le monete latine (lira, dracma, peseta etc..) erano monete deboli, mentre quelle continentali (marco, franco, fiorino etc..) erano monete forti.

Non era certamente un caso... Così come non è certamente un caso che, oggi, gli stessi paesi latini siano a disagio con l'euro che ha ereditato la forza delle monete continentali.

Ma è un disagio passeggero e, quindi, destinato ad essere superato?

Supponiamo che due uomini, uno alto e robusto (taglia 56) e l'altro basso e mingherlino (taglia 48) decidano di risparmiare sulle spese di vestiario e, invece di quelle due diverse taglie, concordino di comprare solo vestiti di taglia 52 (la media di 56 e 48) in modo che lo stesso vestito possa essere usato da entrambi.

Può quella essere una soluzione a lungo termine... destinata a durare?

Si; a patto che l'uomo robusto dimagrisca di 15 chili e si adatti ad andare in giro con pantaloni e giacche corte, mentre l'altro, quello mingherlino, si ingrassi di 15 chili e non gli procuri disagio l'andare in giro con giacche e pantaloni lunghissimi.

A quelle condizioni, i due, possono usare gli stessi vestiti.

Ma, a questo punto, uno dei due, o entrambi, sarebbero autorizzati a porsi la domanda: "per quale cazzo di motivo dovremmo costringerci ad indossare una taglia diversa dalla nostra?"...

"Per risparmiare e per semplificare il guardaroba di entrambi"... gli si risponderebbe.

Ma che razza di vantaggio è, se la contropartita è il disagio continuo... l'imbarazzo di essere costantemente vestiti in maniera goffa e l'impedimento ai movimenti di un corpo avvolto in abiti troppo corti o troppo lunghi?

Fuori di metafora, chi ha deciso di farci partecipare all'euro (senza sottoporre, come avrebbe dovuto, quella decisione a referendum popolare) ha ritenuto che noi italiani avremmo potuto "indossare" la valuta dei tedeschi... abituandoci, prima o poi, a quella "taglia" tanto più grande della nostra.

E per convincerci (della bontà della sua decisione), ci ha raccontato una serie di minchiate per bambini scimuniti... argomenti che, solo a masticare un po di finanza elementare, apparivano già da subito destituiti di qualsiasi logica validità.

Ma, evidentemente, chi governa questo paese, lo ritiene abitato da una larga maggioranza di ignoranti a cui si può raccontare ogni tipo di cazzata, purché detta bene, con grande convinzione e abbondanza di supporto mediatico.

Que fuerunt vitia mores sunt (Quelli che furono vizi ora sono costumi) Lucio Anneo Seneca.

Una volta, nell'Italia del dopoguerra, raccontare minchiate era un vizio che "costava" appellativi poco gratificanti (da noi, nel profondo Sud, si chiamavano parasacchi)... oggi, invece, lo stesso "vizio" è diventato un tratto caratteristico delle persone di successo...

Non puoi "sfondare" nella vita, se non prendi per il culo il tuo prossimo, facendogli "bere" anche le cazzate più clamorose. Sicché, per fare qualche esempio, Berlusconi ci racconta (restando serio) che lui non sapeva che le ragazze procurategli da Tarantini erano mignotte... che Ruby Rubacuori fosse una minorenne in cerca di "fortuna" (e non la nipote di Mubarak)... etc...

Avesse detto le stesse cose all'osteria da Bernardino, in quel di Merì (provincia di Messina) negli anni 60, quei siciliani reduci da El Alamein l'avrebbero sommerso di frischi e pitita (fischi e scorregge)... Oggi, invece, una parte consistente della popolazione italiana ci crede... lo osanna... e lo ritiene vittima della magistratura comunista.

Allo stesso modo, l'ingresso nell'euro, ovvero una clamorosa minchiata che farebbe arrossire anche il più spudorato dei barlafus, è stata spacciata per un'operazione salvifica laddove, in tutta evidenza, sta affossando definitivamente questo paese.

Noi non siamo e non saremo mai come i tedeschi: nel 1943, al primo fragore di bombe sull'Italia, noi eravamo già pronti ad arrenderci... i tedeschi, invece, hanno resistito ai bombardamenti a tappeto delle loro città, fino all'ultimo metro e l'ultimo ragazzino che sapesse imbracciare un fucile e sparare...

Gli inglesi, ancora oggi, raccontano di avere "affrontato" i bombardamenti tedeschi del 1940... with stiff upper lips... (senza che gli tremasse il labbro superiore)... noi, dopo i bombardamenti del quartiere San Giovanni (Roma 1943), ci recavamo in massa al Divino Amore per chiedere l'intervento della Madonna...

Non sto dicendo che siamo meglio o peggio... ma solo diversi per carattere... tradizioni... storia.

E, quindi, quella "nostra lira" raccoglieva tutto le nostre debolezze e virtù e si comportava esattamente come avremmo fatto noi... mentre, adesso, questo euro tedesco, pretenderebbe di farci resistere, forti ed inflessibili, sotto i bombardamenti a tappeto, mentre noi vorremmo chiedere l'armistizio e, se necessario, arrenderci...

E non cambiamo carattere solo perché adesso abbiamo adottato una valuta forte, siamo come siamo, indipendentemente dai proclami... e, difatti, la nostra storia ci racconta che, mentre Mussolini urlava nei microfoni di regime che l'Italia avrebbe respinto gli invasori sul bagnasciuga siciliano, i siciliani già si preparavano a festeggiare l'arrivo degli alleati e la fine della guerra.

Picciotti, noi siamo fatti così... non siamo né giusti e né sbagliati... siamo quello che siamo. Sbagliato, semmai, è volerci costringere ad indossare panni non nostri o, peggio, valute diverse da noi.

Re succumbere non oportebat verbis gloriantem... Non bisogna fare lo spavaldo a parole per soccombere alla prova dei fatti... (Marco Tullio Cicerone).

Ma allora, perché è nato l'euro... a chi conveniva... e perché ce ne hanno raccontato i vantaggi, senza chiederci di esprimere il nostro accordo con un voto?

L'ultima domanda è quella cruciale: se fosse stata così evidente la convenienza dell'euro, ci avrebbero "consultato" con grande clamore e ci avrebbero condotto alle urne verso il plebiscito...

Invece, hanno fatto tutto aumma aumma... tutti ne decantavano le virtù, ma si sono guardati bene dal chiederci un parere espresso attraverso un voto vincolante...

E se questi italiani fossero meno coglioni di quel che sembrano...?? Avranno pensato...

C'era il rischio che la gente, pur nella sua straripante maggioranza di semianalfabeti, si rendesse conto che l'euro era una "invenzione" per i ricchi... per farli ancora più ricchi.

E così hanno evitato di rischiare una bocciatura e ci hanno "intortato" con la solenne minchiata che i tedeschi non ci volevano nell'euro... e che dovevamo "guadagnarci" il privilegio di entrare in quel circolo di virtuosi...

I tedeschi non ci volevano...???

... Ma quanto stupidi devono ritenerci??...

I tedeschi hanno voluto l'euro proprio per questo: imbrigliare i latini (e soprattutto gli italiani) con una moneta unica... in modo da impedirgli le svalutazioni competitive che tanto male facevano alla loro industria.

E, difatti, dall'introduzione dell'euro, la Germania ha guadagnato enormemente in competitività sul resto degli altri paesi europei.

Quello era lo scopo, e questo l'euro ha realizzato... i tedeschi sono più ricchi di prima, e noi "latini" siamo tutti più poveri... anzi, siamo sull'orlo della bancarotta.

... E nonostante l'evidenza del danno creato, c'è ancora qualche umorista che "assolve" l'euro... anzi lo "benedice", ringraziandolo di averci evitato guai ancora peggiori.

Peggiori di quelli che ci ha causato?... Della bancarotta... della disoccupazione di massa... della povertà dilagante...??

Quali altri guai potrebbero aggiungersi, se ormai l'euro ce li ha portati tutti, in misura anche spropositata?

Causa patrocinio non bona pejor erit... (Una cattiva causa diventa peggiore col volerla difendere) Publio Ovidio Nasone.

di G. Migliorino

15 ottobre 2011

Economia del debito: la demolizione controllata del sistema



http://www.rinascita.eu/mktumb640a.php?image=1318441782.jpg
Non si possono capire l’attuale e le passate grandi crisi economiche, che sembrano periodicamente colpire come un’invasione di locuste bibliche la nostra civiltà occidentale, se non si ha ben chiaro l’esatto ruolo in essa giocato dall’economia.
Economia che non va assolutamente intesa (e buttate tranquillamente alle ortiche tutte le astruse disquisizioni degli economisti accademici, preposti proprio a nasconderne agli occhi della gente la vera criminale funzione) come mera attività di scambio, né come imperscrutabile e bizzarra entità metafisica con cui popoli e governi si trovino a lottare, né come pura alchimia di moneta, interessi, e prodotti finanziari… questi sono tutti ruoli secondari, o meglio “coperture” del suo vero volto, del reale ruolo oggi giocato nell’Occidente dalla sua economia.
Molto più semplicemente, l’economia occidentale è il sistema stesso di gestione del potere, lo schema, il “Matrix” attraverso il quale si struttura il potere e l’èlite mercantile-finanziaria, il “motore immobile”, la funzione primaria cui sottostanno tutti gli altri meccanismi sociali, il sistema operativo trasversale sia ai governi che ai secoli. Funzione il cui scopo ultimo non è né la sussistenza dei popoli né l’arricchimento della classe dominante, ma il puro schema attraverso il quale si conserva e tramanda nel tempo il potere reale.
In una parola, è l’Occidente stesso, il “sistema” stesso, il suo organismo e non uno dei tanti organi.
Ma quello che non vi diranno mai è che il fine ultimo dell’economia è quello della “demolizione controllata” del sistema sfruttato… ossia proprio quello che sta ora accadendo.
Facendo l’esempio di un computer, l’economia occidentale (è bene sottolineare sempre tale aggettivo, e capire perché) coincide quindi con il “sistema operativo”, all’interno del quale girano e sono ad esso sottoposti tutti gli altri “programmi” di gestione sociale, inclusa la “politica” che ad esso è completamente asservita. Questo non perché le cose “debbano” andare per forza così, ma semplicemente perché così si è strutturato e mantenuto nei secoli quel potere finanziario-bancario che prese il sopravvento in Occidente al tempo dei Comuni e delle Signorie, parallelamente alla caduta (o per meglio dire “formulazione di compromesso”) del potere temporale della Chiesa.
Potere mercantile che trova nel sistema bancario non solo il mezzo ideale per sostituirsi al potere dinastico di Principi e Vescovi, ma anche il mezzo perfetto per poter tenere sotto controllo occulto la popolazione che, con la caduta degli assolutismi, sarebbe divenuta il centro del potere, nonché l’èlite legittimamente delegata alla guida della società…
Condizione quest’ultima che, guarda caso, non si è mai effettivamente verificata nonostante i successivi apparenti passaggi di potere dalla nobiltà al popolo, passaggi ottenuti a costo di sanguinose rivolte, rivoluzioni e guerre d’indipendenza ripetutesi prima in Europa contro gli assolutismi di re e prìncipi, poi in America per l’indipendenza dalla nativa Inghilterra, fino alla conquista in tutto l’occidente degli Stati Nazionali e delle attuali “Democrazie”… eppure mai il popolo ha tratto da tutte queste guerre un briciolo di potere o benessere in più…
Quello che invece parallelamente vediamo verificarsi è che, nonostante il passaggio negli stessi secoli del centro “fisico” del potere prima dalle Repubbliche Marinare agli Stati Coloniali, poi dal dominio Inglese a quello Americano, troviamo ben salda nelle posizioni di comando e “potere reale” sempre una sola e ben precisa classe: quella mercantile, la stessa che ancora oggi ci scassa così ignobilmente i maroni con le sue assurde pretese di governance globale.
Cosa è successo, quindi? In una parola, che il potere mercantile ha sempre trovato molto più comodo tenersi nell’ombra, “facendo credere” alla popolazione prima di poter conquistare il potere tramite le rivoluzioni, poi di poterlo gestire, autogovernandosi attraverso gli stati democratici…
Ma quello che vediamo benissimo ancora oggi è che questa in realtà non è altro che l’illusione in cui con grande maestria ci hanno sempre intrappolati, mentre il vero governo ed il potere reale sono sempre stati saldamente nelle loro mani…
In una parola il potere mercantile “ha usato” dapprima la popolazione per abbattere il proprio nemico, ma poi semplicemente ne ha occultamente preso il posto, illudendo il popolo con una raggiunta libertà che purtroppo sarà solo formale, ed autoeleggendosi (eccoli, gli “eletti di Dio!”) a nuova nobiltà parassitaria che dalla popolazione trarrà la sua linfa vitale, potere e sostentamento.
Lo strumento che ha permesso la riuscita di tale perfetto gioco illusionistico è appunto l’economia, o per meglio dire il virus in essa introdotto per rendere schiavo il sistema operativo economico (e di conseguenza ogni programma sociale che in esso “gira”).
Virus, coincidente col controllo privato dell’emissione monetaria, che comincia lentamente ad agire provocando successivamente nel sistema tali malfunzionamenti:
a) Aspirazione della ricchezza dalla base e suo totale trasferimento all’Empireo finanziario (banchieri, azionisti, investitori, borse, paradisi fiscali, speculatori, assicurazioni, spa, strumenti speculativo-finanziari in genere).
b) Conseguenti malfunzionamenti della macchina statale, sfruttati a loro volta per impoverire maggiormente la base con l’ulteriore richiesta di tasse, tagli, sacrifici, maggiore produttività, privatizzazione di imprese statali.
c) Rischio di default degli Stati, cui si sopperisce con un’inutile operazione di rifinanziamento a fronte dell’ulteriore privatizzazione di imprese, servizi pubblici, beni e patrimoni culturali.
d) Morte sistemica finale, che sarà gestita come demolizione controllata o del solo aspetto economico o dell’intero sistema socio-politico.
Vediamo nel particolare cosa succede e perché.

L’iniezione del virus
Da bimbi all’oratorio avevamo già la più perfetta concezione
dell’essenza dell’economia: “Ti do una figurina di Trapattoni per Mazzola, ma per Burgnich voglio tre Rivera”… ossia la sua funzione di “puro strumento di scambio”, una mera transazione in cui si stabilisce A per B… non “ti presto A per B + interessi”… nessuno all’oratorio avrebbe mai osato dire, che ne so: “Ti presto Mazzola, fai pure come se fosse tuo, in cambio però ogni mese mi dai un Rivera; ma se un mese non hai un Rivera da darmi, mi riprendo Mazzola”… perché anche il più imbranato della compagnia avrebbe capito l’assurdità truffaldina di tale proposta, e l’incauto proponente sarebbe stato oggetto della reazione molto istintiva e concreta degli altri bimbi… eppure oggi, che ci consideriamo “evoluti”, non capiamo più una cosa tanto elementare…
“Tornate innocenti come bambini”, predicava qualcuno …
Da adulti, nella pratica quotidiana usiamo la moneta quale mezzo di scambio, sostituendola al baratto diretto di merci e servizi per una pura questione di maggior praticità… ciò non toglie che, in una economia normale, la moneta resti “pura funzione”, priva di reale valore fino al momento in cui viene scambiata con altro. A garantire la “copertura” della massa monetaria circolante nella comunità saranno dunque gli stessi beni e servizi prodotti dalla comunità stessa: tot beni, tot moneta circolante. Lo Stato, ossia la comunità, si fa dapprima garante di tale copertura presso terzi che usano una differente moneta con un relativo corrispondente in oro o altra materia pregiata che funga a sua volta quale “garanzia e scambio”; in seguito tale sistema viene abbandonato, in quanto limitante e poco pratico: “in questo momento sarei in grado di produrre di più, ma non posso farlo in quanto la mia esigua riserva aurea non mi consente di stampare la nuova moneta che servirebbe agli scambi interni”… si cerca quindi di bypassare questo problema passando dapprima al più disponibile petrolio e poi direttamente al concetto di “Fiat Money”.

L’introduzione
della “Fiat Money”
Per ovviare a tale inconveniente, si decide quindi di svincolare la moneta da qualsiasi valore materiale, e vincolarla alla pura e semplice capacità di produzione interna, ossia la “promessa di copertura” di cui lo Stato si fa garante presso terzi in virtù della ricchezza interna prodotta (PIL): se l’economia è florida ne stampo un po’ di più, se l’economia rallenta ne ritiro un po’… fatto: semplice e stupendo, questo espediente mi permette di poter estrarre tutta la ricchezza interna che in un determinato periodo posso produrre, senza inutili vincoli aurei… (e in questo caso lo Stato si indebita con se stesso emettendo moneta, ma è un debito fittizio in quanto indica solo la sua potenziale capacità di scambio sul mercato estero, che non deve essere realmente restituito a nessuno in quanto il puro e semplice rispetto della produzione prevista basterà a creare un automatico pareggio di bilancio. In questo caso quindi “debito” equivale a “ricchezza”).
Sarebbe stato l’uovo di Colombo che avrebbe veramente e finalmente permesso un benessere generalizzato ed una ricchezza equamente distribuita tra la popolazione… non solo, ma lo Stato, sovrano di gestirsi, avrebbe potuto liberamente stabilire anche come destinare la propria ricchezza interna, per esempio privilegiando ed agevolando i servizi di base (istruzione, pensioni, sanità, trasporti, bisogni primari in genere), facilitando l’acquisto di case di proprietà, ecc, esattamente come abbiamo scoperto succedeva nella Libia del “cattivo” Gheddafi…

Moneta Privata a Prestito
Poteva la vecchia classe mercantile-bancaria, da secoli incontrastata egemone, rinunciare di punto in bianco al suo totale potere solo perché gli Stati si erano messi in testa di dotarsi di una moneta svincolata da qualsiasi controvalore esterno?
“Eh no, caro il mio politico… se non vuoi che rovini te e la tua gente, instaurando una dittatura che riporti indietro il tuo bello Stato di secoli e rimettendolo direttamente sotto il mio controllo, facciamo così: in cambio di privilegi personali e di un briciolo di libertà e benessere per il tuo popolo, sarò io a battere moneta, che ti presterò a interesse”….
“Ah, ma allora non cambia niente?”.
“Bravo…”.
E così un’idea perfetta, un meccanismo in sé perfettamente funzionale e dotato di un preciso regolatore interno, viene lasciato esternamente intatto, ma infiltrato da sempre più numerosi virus… che trasformano il corretto funzionamento dell’economia inteso come “pompa” per favorire gli scambi, in quello tipico di
un’ “autoclave”, che risucchia la ricchezza dal basso per proiettarla verso l’alto, verso il ceto dominante. Il sugo della trattativa sarà stato più o meno quello sopra riportato, con l’aggravante che il politico “democratico” diventa ora una sorta di Giano bifronte, apparentemente al servizio del popolo che lo elegge ma realmente legato a doppio filo con chi gli “presta” la moneta, in quanto costretto ad indebitare realmente la popolazione (Cfr: Storia della Banca d’ Italia)… ma non finisce qui, in quanto verrà indotto a stringerla in un ricatto ancora peggiore di quello che legava i precedenti monarchi ai loro finanziatori: il ricatto speculativo.
Per farla breve: i banchieri (si intenda: il complesso del mondo finanziario: banche, borse, azionisti, investitori, speculatori, ecc… in sintesi, le persone private con un assoluto potere finanziario) a questo punto non si accontentano di chiedere gli interessi annuali sulla massa monetaria circolante, interessi che non essendo in essa inclusi causano già continua inflazione e continuo ricorso a nuovo prestito (virus primario), ma, impossessandosi arbitrariamente della decisionalità e potere legalmente appartenenti allo Stato, cominciano tramite tutta una serie di artifizi e prodotti finanziari atti a “capitalizzare la moneta” (ossia le decretano un “valore intrinseco” del tutto arbitrario), ad indebitare il futuro stesso delle popolazioni… creando quella famosa “bolla virtuale” per onorare la quale si costringeranno gli Stati ad essere sempre più despoti verso i loro popoli, pretendendo “tasse sempre più elevate, tagli alla spesa pubblica e sempre maggiore produttività”. (secondo virus).
Forzando in questo modo ulteriormente l’equilibrio interno degli Stati e mettendoli nelle condizioni di non poter essere puntuali nel pagare il loro debito, che così si accumula, si cominciano ora a pretendere “svendite di aziende e servizi”, accampando la scusa della “non produttività” statale (terzo virus).
Non ne hanno ancora abbastanza?… No, perché come vedremo questo è solo il gradito antipasto… il piatto forte deve ancora venire, in quanto coinciderà con la “demolizione controllata del sistema”.
Infatti tutti questi virus sono scientemente introdotti nel sistema economico non (o perlomeno non solo) al fine di arricchimento e dominio, ma proprio per portarlo infine a esplodere (ed è proprio questo che gli economisti mainstream non vi direbbero mai).
A questo punto bisogna introdurre la differenza tra i concetti profondamente diversi di “crisi ciclica” e “crisi sistemica”.

Anche qui, gli economisti mainstream si danno un gran daffare per spiegare e giustificare con paroloni, grafici complessi e teorie arrampicate sui vetri quelli che sarebbero invece concetti semplicissimi ma che, semplicemente, non possono dirvi: tutta la dottrina economica serve quindi a “buttare nebbia” e “complicare ciò che è semplice”, in questo campo più che in ogni altro, costituendo il vero e proprio “cuore” del sistema di questo Potere Criminale.
Un cuore che deve essere assolutamente occultato alla vista della popolazione.
E’ ovvio ed intuitivo che un sistema economico che continua a richiedere ad un asino sempre più digiuno ancor più sacrifici, che insiste a caricarlo con pesi che lo uccideranno, che persevera contemporaneamente a gonfiare una bolla speculativa virtuale anche quando non può più, materialmente, essere assorbita dal sistema stesso… beh, è ovvio che non lo sta facendo “per errore” (come furbescamente dicono i vari analisti ammaestrati), ma lo sta facendo “apposta”… e che non è colpa del “capitalismo”, o del “tenore di vita troppo elevato” (e quale di grazia?), o del “sistema che non funziona” (grazie tante, dopo i virus introdotti da loro stessi…) ma è, al contrario, l’ “esatto funzionamento che si vuole ottenere dal sistema economico” (e sociale per ovvia ripercussione).
Se il nostro “autoclave” dell’esempio sopra sarà infatti spinto a succhiare più ricchezza di quanta la base possa produrre, e si insiste a farlo funzionare così, presto succederà semplicemente che “girerà a vuoto”, ossia non riuscirà a portare più nulla ai piani superiori… e che i sacchi gia virtualmente predisposti ad accogliere tale ricchezza rimarranno inesorabilmente vuoti.
Ecco: ora è arrivato il momento di “far crollare il sistema”, in quanto non se ne ricava più niente, come da una tetta sterile o da un terreno esausto.
E l’èlite ha ovviamente più di un interesse a partire in un sistema completamente nuovo piuttosto che “riparare” l’esistente: crisi, guerre, spoliazioni, privatizzazioni, conquiste, ricostruzioni ecc. daranno il duplice vantaggio economico di “riempire i sacchi fino al possibile” e di partire da zero in un sistema vergine da riparassitare alla stessa identica maniera, con un po’ di popolazione in meno, maggiormente impoverita e sempre più “governabile”…
La crisi ciclica: Se tale processo è limitato ad una zona specifica e al puro ambito economico prende il nome di “crisi ciclica”… è la tipica crisi che l’èlite crea (sottolineo: le crisi sono scientemente create in quanto parte terminale ed indispensabile dell’intero ciclo del debito, semplicemente facendo rientrare la massa monetaria circolante) al fine di “spazzolare ricchezze reali” che vadano a colmare la bolla virtuale artatamente gonfiata.
E poiché l’èlite prevede in questo caso di poter recuperare tutto o buona parte del “debito” sono le tipiche crisi “da cui si esce”. Avvengono generalmente in cicli di circa 50/60 anni.
La crisi sistemica: Ben altra cosa, e ben più grave per la popolazione, è la “crisi sistemica”, (come quella odierna), in quanto si alimenta continuamente la bolla speculativa in modo che non sia più recuperabile (oggi si parla di circa 10 volte l’intero Pil mondiale)… sono le tipiche crisi “da cui non si esce”… perlomeno non con i soliti strumenti finanziari.
Perché lo fanno? E qui sta il “segreto dei segreti”, l’aspetto più terribilmente subdolo di questo tipo di potere: perché l’èlite ha deciso in questo secondo caso uno stravolgimento totale del sistema, stravolgimento che attraverso guerre o rivolte di massa dovrà portare ad un nuovo ed esteso riassetto geopolitico, e garantire contemporaneamente a sé stessa di potersi “riciclare” in un diverso centro del potere (che ieri era l’Inghilterra, oggi l’America, domani probabilmente la Cina).
E’ l’Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri, è la tipica crisi cui all’aspetto puramente economico si aggiunge un aspetto geostrategico e politico: tutti i passaggi storici sopra menzionati avvenuti attraverso guerre e rivoluzioni che abbiano spostato il centro fisico del potere occidentale sono stati conseguenti ad una crisi sistemica.
Il Potere mercantile-bancario attraverso queste crisi finge dunque la sua morte per poter mantenere il suo anonimato e la sua caratteristica di segretezza, predisponendosi ad un nuovo “ciclo storico” (questa volta non solo economico), proprio per poter rinascere facendo credere alla popolazione ingenua di essere definitivamente sparito, vittima proprio di quella stessa Rivoluzione Sociale da lui stesso provocata, ma in realtà risorgendo più forte come la Fenice, come il vampiro che muore solo apparentemente, finché non si riesca a trapassargli definitivamente il cuore con un paletto di frassino.
I vantaggi di tale processo di “morte e resurrezione” sono innumerevoli per l’èlite: essi vanno dall’accumulo di enormi ricchezze portate dai conflitti, al fatto di evitare di poter col tempo essere scoperta, al vantaggio di “nuova e maggiore governabilità” di una popolazione che si crede finalmente libera, alla possibilità di continua reiterazione dello stesso schema di dominazione occulta, allo stringere nuove alleanze, al dare un ordine sociale solo apparentemente nuovo, come sopra riportato, dove le conquiste per il popolo saranno di pura facciata, di pura forma, tendenti a donargli l’illusione di essersi liberato del “nemico” (che non a caso viene mediaticamente indotto ad essere fallacemente individuato sempre e solo in “sotto-sistemi” quali la casta politica, il capitalismo, la setta bancaria, i riscaldamento climatico, le lobbye e le multinazionali, ecc) e di potersi ora pienamente autogestire… mentre il potere, poco dopo, si scoprirà essere rimasto esattamente nelle stesse mani di prima, e condotto con gli stessi subdoli espedienti.

Cavalcare la crisi
Qual è la cosa oggi più temuta in assoluto dal potere reale? Che scoppi una rivolta vera, ossia da lui non prevista e gestita, come è già successo negli anni precedenti in Sudamerica, in Argentina, o in Venezuela con Chavez, o in Russia con Putin… una rivolta (di popolo o condotta da un “uomo forte”) che scavalchi le intenzioni della stessa èlite che ha predisposto il caos, finendo per volgersi a vantaggio della popolazione che riesce così veramente ad individuare e cacciare o imprigionare “il vampiro”, ossia i membri locali dell’èlite.
Ogni incanalazione “politica” ovviamente non costituisce invece un vero pericolo per il potere, in quanto strettamente controllata dallo stesso, e per questo si cercherà in ogni modo di far confluire il caos generato ad indirizzarsi e riorganizzarsi attraverso una via “politica” preventivamente predisposta e studiata dall’èlite stessa a sfociare nelle soluzioni già stabilite… via politica che può benissimo essere costituita anche da una rivoluzione pilotata, o da un conflitto bellico, o addirittura da un conflitto mondiale.
Per questo i politici esortano continuamente la popolazione a “mantenere la calma”… per prendere tempo, per temporeggiare all’infinito, dando modo all’èlite sia di “spazzolare per bene” beni, aziende, servizi e patrimonio culturale (come sta avvenendo oggi in Grecia e domani da noi), e nel frattempo lasciarle predisporre quello che sarà il piano di “demolizione controllata” del sistema esistente… tra una cosa e l’altra possono passare anni, per cui si presenta la necessità di una disinformazione molto ben infiltrata ad ogni livello…
Disinformazione in cui si butta la colpa sugli “organi” del sistema piuttosto che sulla sua stessa essenza… (né del resto potrebbero venirvi a raccontare che l’economia non può riprendersi proprio perchè farla crollare, far crollare l’ordine interno degli Stati, creare caos, guerre e distruzione è proprio quello che a questo punto si vuole…
In questo senso i vari movimenti, siti, organizzazioni che parlano di “ridurre il tenore di vita”, di “ridurre la crescita”, di “riscaldamento climatico, crisi del sistema, crisi del capitalismo, superamento del picco del petrolio”, o danno la colpa del disastro economico solo ad una decina di sparuti quanto folkloristici banchieri, invitando contestualmente ad intraprendere un’azione “politica” verso tali problematiche, stanno facendo esattamente il gioco dell’ èlite, imbrigliando la rabbia della popolazione in modo da scongiurare il facile pericolo di una vera rivolta spontanea che potrebbe mandare a gambe all’aria il piano tanto a lungo studiato e ben predisposto.

link:
mondart.blogspot.com/2011/09/cosa-ce-dietro-la-crisi-te-la-spiega.html

fonte: Mondart

14 ottobre 2011

Diritto all’insolvenza?


Di fronte alla tragica situazione greca, diversi osservatori come Loretta Napoleoni, Andrea Fumagalli, Damien Millet o Eric Touissant (tanto per fare qualche nome) hanno avanzato -con varie modulazioni- la proposta di uscirne dichiarando default, anzi, Fumagalli ha teorizzato un “diritto all’insolvenza”.
Abbiamo già detto che molti paesi di prima grandezza (Usa e Giappone, oltre che Italia) sono in condizioni di non poter pagare il proprio debito, ma di poter al massimo mantenersi sulla linea di galleggiamento (sinchè dura) pagando gli interessi e sperando che i creditori rinnovino all’infinito il loro prestito. Dunque, il tema si impone ed è necessario discuterne con molta freddezza, senza passionalità.
Va detto che i casi di default di Stato sono più frequenti di quelli di rientro dal debito, ed in particolare sono frequenti i default domestici, in cui lo stato brucia i debiti verso i suoi cittadini, mentre più prudenza c’è nel caso di ripudio o ristrutturazione del debito estero, per le conseguenze negative che ne rivengono. Ma, anche in questi casi, non sempre il default ha conseguenze disastrose per chi lo dichiara anzi, in qualche caso (Argentina ed Islanda degli ultimi anni insegnano) proprio questo è il modo per uscirne e ripartire.

Ma nella maggior parte dei casi le cose non vanno in questo modo, ad esempio, il default del 1826 costò alla Grecia l’esclusione dai mercati finanziari internazionali per 53 anni e questo ha pesantemente condizionato il successivo sviluppo del paese. Più o meno la stessa cosa successe all’Honduras dopo il default del 1873. La Russia ripudiò i suoi debiti nel 1918 e restò fuori dei mercati finanziari per 69 anni. E di esempi negativi potremmo farne molti di più.

Rogoff dimostra che la propensione al ripudio del debito si accompagna più o meno regolarmente ad una crescita più lenta ed ha effetti che spesso superano il secolo.
Comunque, non esiste una regola assoluta che ci dica se e quanto la scelta del default sia auspicabile o meno ed occorre esaminare, caso per caso, tutti gli aspetti della decisione.

Intanto partiamo da una considerazione: la dichiarazione di insolvenza può risolvere il problema del debitore, ma non quello del debito in sè, che continua ad esistere. Poco male se il creditore (o i creditori) è in condizione di assorbire la perdita o perchè il suo credito è coperto dall’assett, o perchè non ha, a sua volta, debiti rilevanti in sofferenza, o perchè il flusso degli altri crediti compensa la falla aperta. I guai cominciano quando il creditore ha debiti e non ha modo di compensare la perdita. In quel caso, anche il creditore va verso il default e la situazione si ripete con il suo creditore (o i suoi creditori). Peraltro, la finanza è un meccanismo che si regge sulla fiducia: se viene meno la sicurezza di essere pagati, nessuno fa credito, se non si è certi che il debitore pagherà non si fanno prestiti e tutto si paralizza.

Può determinarsi una catena di insolvenze con un “effetto domino” per cui il “contagio” si estende e si rischia il crack generalizzato ed una depressione durevole che, ovviamente, è l’esito meno auspicabile che si possa immaginare. E, se il fallimento di una banca può essere compensato dall’intervento dello Stato –prestatore di ultima istanza- magari a favore di aziende e risparmiatori- il crack di uno Stato è molto meno riparabile ed ha conseguenze spesso incalcolabili.
Pertanto, occorre pensarci per bene prima.

Vediamo il nostro caso: la situazione è particolarmente grave per il fatto che lo stato di indebitamento è generalizzato, coinvolge molti fra i massimi attori dell’economia mondiale, spesso indebitati reciprocamente ed ammonta a cifre iperboliche. Dunque, abbiamo una situazione di per sè fragile, dove il default di uno può provocare un effetto contagio di grandi proporzioni.

Un altro aspetto molto delicato è rappresentato dal fitto intreccio fra debito estero e debito interno: gli stessi titoli di debito sono acquistati tanto da acquirenti interni (soggetti istituzionali -come banche, compagnie assicuratrici, fondi di investimento ecc.- aziende, enti locali o singoli risparmiatori) quanto da acquirenti stranieri (fondi sovrani, banche centrali, soggetti istituzionali) in una rete fittissima di crediti e debiti che accomuna investitori pubblici e privati. Pertanto, il contagio passa molto facilmente dai soggetti pubblici a quelli privati per tornare indietro, provocando una “tempesta perfetta” che investe l’intera economia mondiale.

Ad esempio, un default greco non colpirebbe solo le banche francesi e tedesche che detengono la parte più cospicua di titoli, ma anche enti locali stranieri, università o fondi pensione che si sono lasciati attrarre dagli altissimi rendimenti offerti, scommettendo sull’intervento europeo che compensava il loro alto indice di rischio. Le banche francesi, a loro volta, subiscono ancora gli effetti del crack dei mutui subprime e sono al centro di un pesante attacco della speculazione, per cui potrebbero a loro volta non reggere il loro livello di esposizione verso altri soggetti come assicurazioni, fondi pensione, fondi sovrani. L’attesa di una ondata di insolvenze generalizzata, a sua volta porterebbe le banche a non prestare liquidi ad altre banche, paralizzando il mercato interbancario –esattamente come accadde dopo il crack della Lehman Brohers nel 2008-; quello che accelererebbe la tempesta trasformando in insolvenze anche stati di momentanei illiquidità. Contemporaneamente questo potrebbe causare una serie di cadute a catena di altri paesi a loro volta sull’orlo dell’insolvenza (Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda, Ungheria, Pakistan, ecc.).

Come si vede, anche un default di piccole dimensioni come quello greco (300 miliardi di euro, sono all’incirca il 3% del debito dell’Eurozona e molto meno dell’ 1% del totale dei debiti sovrani) può innescare una crisi di proporzioni molto vaste. Questo feedback positivo particolarmente rapido è la conseguenza tanto del fortissimo grado di interdipendenza dei mercati finanziari mondiali, sia del vicinissimo stress del 2007-8 che è tutt’altro che superato: il sistema ha spazi di recupero limitatissimi, per cui anche un urto di proporzioni relativamente modeste lo manda in crisi.

In una situazione di questo genere la cosa peggiore sarebbe un “rompete le righe” con una corsa in ordine sparso a chi arriva prima a dichiarare l’insolvenza. Dunque, parlare di “diritto all’insolvenza” non mi pare che abbia particolare senso: più che di un diritto, si tratta di una situazione di fatto e le cose sono molto semplici: se hai i soldi paghi i debiti, se non li hai non li paghi ed il creditore reagisce nei limiti che gli consentono i rapporti di forza. Il resto sono chiacchiere.

Da questa situazione non usciamo con le petizioni di principio, ma con una presa di coscienza della gravità della situazione e con decisioni politiche conseguenti.
E la situazione è questa: c’è una larga parte di Mondo, praticamente tutto l’ex Occidente (Usa, Giappone ed Eurozona) che non è in grado di pagare i suoi debiti e va verso una serie di rovinosi default che, però, coinvolgerebbero anche i loro creditori. La Cina ha crediti per oltre 1000 miliardi di dollari con gli Usa più una massa doppia di dollari nelle sue casseforti, insieme a titoli europei e giapponesi per somme un po’ inferiori: questa enorme massa di denaro diventerebbe un mucchietto di cenere dopo una serie di default a cascata. Tutt’ora queste tre aree economiche rappresentano di gran lunga la maggior parte dei suoi mercati di sbocco: a chi venderebbero dopo questi fallimenti in serie?

Più o meno lo stesso discorso potremmo fare per Russia, Brasile, India, Sudafrica, mentre si fermerebbe sul nascere il promettente sviluppo di Indonesia, Turchia, Messico, Egitto, Sud Corea. In breve sarebbe una recessione mondiale che starebbe a quella del 1929 come una broncopolmonite doppia ad un raffreddore di stagione.

Ed allora? Allora, come prima cosa la questione va tolta dalle mani della finanza e messa in quelle della politica. Occorre una nuova Bretton Woods, con cinesi, indiani, brasiliani ecc, nella quale ripensare l’ordine mondiale e non solo quello economico-finanziario. In soldoni (è il caso di dirlo): l’Occidente chiede la moratoria di una larga fetta del suo debito con i Bric, in cambio di quote di potere politico. Bonificare parte del debito americano, europeo e giapponese può essere nell’interesse di cinesi, indiani, russi ecc, ma non basta. L’Occidente ha quattro cose da offrire: la fine del dollar Standard, la fine del monopolio euro americano in Fmi e Bm, lo scioglimento della Nato, la diminuzione delle basi americane nel Mondo ed in particolare nell’oceano Indiano ed in quello Pacifico.

Cioè la fine dell’egemonia “occidente” in favore di un ordine mondiale policentrico.
In questo quadro possiamo anche pensare di uscire dal pantano del debito inestinguibile.

Aldo Giannuli

16 ottobre 2011

La grande menzogna dell'euro


La moneta rappresenta il "carattere" di un popolo: tutte le monete latine (lira, dracma, peseta etc..) erano monete deboli, mentre quelle continentali (marco, franco, fiorino etc..) erano monete forti.

Non era certamente un caso... Così come non è certamente un caso che, oggi, gli stessi paesi latini siano a disagio con l'euro che ha ereditato la forza delle monete continentali.

Ma è un disagio passeggero e, quindi, destinato ad essere superato?

Supponiamo che due uomini, uno alto e robusto (taglia 56) e l'altro basso e mingherlino (taglia 48) decidano di risparmiare sulle spese di vestiario e, invece di quelle due diverse taglie, concordino di comprare solo vestiti di taglia 52 (la media di 56 e 48) in modo che lo stesso vestito possa essere usato da entrambi.

Può quella essere una soluzione a lungo termine... destinata a durare?

Si; a patto che l'uomo robusto dimagrisca di 15 chili e si adatti ad andare in giro con pantaloni e giacche corte, mentre l'altro, quello mingherlino, si ingrassi di 15 chili e non gli procuri disagio l'andare in giro con giacche e pantaloni lunghissimi.

A quelle condizioni, i due, possono usare gli stessi vestiti.

Ma, a questo punto, uno dei due, o entrambi, sarebbero autorizzati a porsi la domanda: "per quale cazzo di motivo dovremmo costringerci ad indossare una taglia diversa dalla nostra?"...

"Per risparmiare e per semplificare il guardaroba di entrambi"... gli si risponderebbe.

Ma che razza di vantaggio è, se la contropartita è il disagio continuo... l'imbarazzo di essere costantemente vestiti in maniera goffa e l'impedimento ai movimenti di un corpo avvolto in abiti troppo corti o troppo lunghi?

Fuori di metafora, chi ha deciso di farci partecipare all'euro (senza sottoporre, come avrebbe dovuto, quella decisione a referendum popolare) ha ritenuto che noi italiani avremmo potuto "indossare" la valuta dei tedeschi... abituandoci, prima o poi, a quella "taglia" tanto più grande della nostra.

E per convincerci (della bontà della sua decisione), ci ha raccontato una serie di minchiate per bambini scimuniti... argomenti che, solo a masticare un po di finanza elementare, apparivano già da subito destituiti di qualsiasi logica validità.

Ma, evidentemente, chi governa questo paese, lo ritiene abitato da una larga maggioranza di ignoranti a cui si può raccontare ogni tipo di cazzata, purché detta bene, con grande convinzione e abbondanza di supporto mediatico.

Que fuerunt vitia mores sunt (Quelli che furono vizi ora sono costumi) Lucio Anneo Seneca.

Una volta, nell'Italia del dopoguerra, raccontare minchiate era un vizio che "costava" appellativi poco gratificanti (da noi, nel profondo Sud, si chiamavano parasacchi)... oggi, invece, lo stesso "vizio" è diventato un tratto caratteristico delle persone di successo...

Non puoi "sfondare" nella vita, se non prendi per il culo il tuo prossimo, facendogli "bere" anche le cazzate più clamorose. Sicché, per fare qualche esempio, Berlusconi ci racconta (restando serio) che lui non sapeva che le ragazze procurategli da Tarantini erano mignotte... che Ruby Rubacuori fosse una minorenne in cerca di "fortuna" (e non la nipote di Mubarak)... etc...

Avesse detto le stesse cose all'osteria da Bernardino, in quel di Merì (provincia di Messina) negli anni 60, quei siciliani reduci da El Alamein l'avrebbero sommerso di frischi e pitita (fischi e scorregge)... Oggi, invece, una parte consistente della popolazione italiana ci crede... lo osanna... e lo ritiene vittima della magistratura comunista.

Allo stesso modo, l'ingresso nell'euro, ovvero una clamorosa minchiata che farebbe arrossire anche il più spudorato dei barlafus, è stata spacciata per un'operazione salvifica laddove, in tutta evidenza, sta affossando definitivamente questo paese.

Noi non siamo e non saremo mai come i tedeschi: nel 1943, al primo fragore di bombe sull'Italia, noi eravamo già pronti ad arrenderci... i tedeschi, invece, hanno resistito ai bombardamenti a tappeto delle loro città, fino all'ultimo metro e l'ultimo ragazzino che sapesse imbracciare un fucile e sparare...

Gli inglesi, ancora oggi, raccontano di avere "affrontato" i bombardamenti tedeschi del 1940... with stiff upper lips... (senza che gli tremasse il labbro superiore)... noi, dopo i bombardamenti del quartiere San Giovanni (Roma 1943), ci recavamo in massa al Divino Amore per chiedere l'intervento della Madonna...

Non sto dicendo che siamo meglio o peggio... ma solo diversi per carattere... tradizioni... storia.

E, quindi, quella "nostra lira" raccoglieva tutto le nostre debolezze e virtù e si comportava esattamente come avremmo fatto noi... mentre, adesso, questo euro tedesco, pretenderebbe di farci resistere, forti ed inflessibili, sotto i bombardamenti a tappeto, mentre noi vorremmo chiedere l'armistizio e, se necessario, arrenderci...

E non cambiamo carattere solo perché adesso abbiamo adottato una valuta forte, siamo come siamo, indipendentemente dai proclami... e, difatti, la nostra storia ci racconta che, mentre Mussolini urlava nei microfoni di regime che l'Italia avrebbe respinto gli invasori sul bagnasciuga siciliano, i siciliani già si preparavano a festeggiare l'arrivo degli alleati e la fine della guerra.

Picciotti, noi siamo fatti così... non siamo né giusti e né sbagliati... siamo quello che siamo. Sbagliato, semmai, è volerci costringere ad indossare panni non nostri o, peggio, valute diverse da noi.

Re succumbere non oportebat verbis gloriantem... Non bisogna fare lo spavaldo a parole per soccombere alla prova dei fatti... (Marco Tullio Cicerone).

Ma allora, perché è nato l'euro... a chi conveniva... e perché ce ne hanno raccontato i vantaggi, senza chiederci di esprimere il nostro accordo con un voto?

L'ultima domanda è quella cruciale: se fosse stata così evidente la convenienza dell'euro, ci avrebbero "consultato" con grande clamore e ci avrebbero condotto alle urne verso il plebiscito...

Invece, hanno fatto tutto aumma aumma... tutti ne decantavano le virtù, ma si sono guardati bene dal chiederci un parere espresso attraverso un voto vincolante...

E se questi italiani fossero meno coglioni di quel che sembrano...?? Avranno pensato...

C'era il rischio che la gente, pur nella sua straripante maggioranza di semianalfabeti, si rendesse conto che l'euro era una "invenzione" per i ricchi... per farli ancora più ricchi.

E così hanno evitato di rischiare una bocciatura e ci hanno "intortato" con la solenne minchiata che i tedeschi non ci volevano nell'euro... e che dovevamo "guadagnarci" il privilegio di entrare in quel circolo di virtuosi...

I tedeschi non ci volevano...???

... Ma quanto stupidi devono ritenerci??...

I tedeschi hanno voluto l'euro proprio per questo: imbrigliare i latini (e soprattutto gli italiani) con una moneta unica... in modo da impedirgli le svalutazioni competitive che tanto male facevano alla loro industria.

E, difatti, dall'introduzione dell'euro, la Germania ha guadagnato enormemente in competitività sul resto degli altri paesi europei.

Quello era lo scopo, e questo l'euro ha realizzato... i tedeschi sono più ricchi di prima, e noi "latini" siamo tutti più poveri... anzi, siamo sull'orlo della bancarotta.

... E nonostante l'evidenza del danno creato, c'è ancora qualche umorista che "assolve" l'euro... anzi lo "benedice", ringraziandolo di averci evitato guai ancora peggiori.

Peggiori di quelli che ci ha causato?... Della bancarotta... della disoccupazione di massa... della povertà dilagante...??

Quali altri guai potrebbero aggiungersi, se ormai l'euro ce li ha portati tutti, in misura anche spropositata?

Causa patrocinio non bona pejor erit... (Una cattiva causa diventa peggiore col volerla difendere) Publio Ovidio Nasone.

di G. Migliorino

15 ottobre 2011

Economia del debito: la demolizione controllata del sistema



http://www.rinascita.eu/mktumb640a.php?image=1318441782.jpg
Non si possono capire l’attuale e le passate grandi crisi economiche, che sembrano periodicamente colpire come un’invasione di locuste bibliche la nostra civiltà occidentale, se non si ha ben chiaro l’esatto ruolo in essa giocato dall’economia.
Economia che non va assolutamente intesa (e buttate tranquillamente alle ortiche tutte le astruse disquisizioni degli economisti accademici, preposti proprio a nasconderne agli occhi della gente la vera criminale funzione) come mera attività di scambio, né come imperscrutabile e bizzarra entità metafisica con cui popoli e governi si trovino a lottare, né come pura alchimia di moneta, interessi, e prodotti finanziari… questi sono tutti ruoli secondari, o meglio “coperture” del suo vero volto, del reale ruolo oggi giocato nell’Occidente dalla sua economia.
Molto più semplicemente, l’economia occidentale è il sistema stesso di gestione del potere, lo schema, il “Matrix” attraverso il quale si struttura il potere e l’èlite mercantile-finanziaria, il “motore immobile”, la funzione primaria cui sottostanno tutti gli altri meccanismi sociali, il sistema operativo trasversale sia ai governi che ai secoli. Funzione il cui scopo ultimo non è né la sussistenza dei popoli né l’arricchimento della classe dominante, ma il puro schema attraverso il quale si conserva e tramanda nel tempo il potere reale.
In una parola, è l’Occidente stesso, il “sistema” stesso, il suo organismo e non uno dei tanti organi.
Ma quello che non vi diranno mai è che il fine ultimo dell’economia è quello della “demolizione controllata” del sistema sfruttato… ossia proprio quello che sta ora accadendo.
Facendo l’esempio di un computer, l’economia occidentale (è bene sottolineare sempre tale aggettivo, e capire perché) coincide quindi con il “sistema operativo”, all’interno del quale girano e sono ad esso sottoposti tutti gli altri “programmi” di gestione sociale, inclusa la “politica” che ad esso è completamente asservita. Questo non perché le cose “debbano” andare per forza così, ma semplicemente perché così si è strutturato e mantenuto nei secoli quel potere finanziario-bancario che prese il sopravvento in Occidente al tempo dei Comuni e delle Signorie, parallelamente alla caduta (o per meglio dire “formulazione di compromesso”) del potere temporale della Chiesa.
Potere mercantile che trova nel sistema bancario non solo il mezzo ideale per sostituirsi al potere dinastico di Principi e Vescovi, ma anche il mezzo perfetto per poter tenere sotto controllo occulto la popolazione che, con la caduta degli assolutismi, sarebbe divenuta il centro del potere, nonché l’èlite legittimamente delegata alla guida della società…
Condizione quest’ultima che, guarda caso, non si è mai effettivamente verificata nonostante i successivi apparenti passaggi di potere dalla nobiltà al popolo, passaggi ottenuti a costo di sanguinose rivolte, rivoluzioni e guerre d’indipendenza ripetutesi prima in Europa contro gli assolutismi di re e prìncipi, poi in America per l’indipendenza dalla nativa Inghilterra, fino alla conquista in tutto l’occidente degli Stati Nazionali e delle attuali “Democrazie”… eppure mai il popolo ha tratto da tutte queste guerre un briciolo di potere o benessere in più…
Quello che invece parallelamente vediamo verificarsi è che, nonostante il passaggio negli stessi secoli del centro “fisico” del potere prima dalle Repubbliche Marinare agli Stati Coloniali, poi dal dominio Inglese a quello Americano, troviamo ben salda nelle posizioni di comando e “potere reale” sempre una sola e ben precisa classe: quella mercantile, la stessa che ancora oggi ci scassa così ignobilmente i maroni con le sue assurde pretese di governance globale.
Cosa è successo, quindi? In una parola, che il potere mercantile ha sempre trovato molto più comodo tenersi nell’ombra, “facendo credere” alla popolazione prima di poter conquistare il potere tramite le rivoluzioni, poi di poterlo gestire, autogovernandosi attraverso gli stati democratici…
Ma quello che vediamo benissimo ancora oggi è che questa in realtà non è altro che l’illusione in cui con grande maestria ci hanno sempre intrappolati, mentre il vero governo ed il potere reale sono sempre stati saldamente nelle loro mani…
In una parola il potere mercantile “ha usato” dapprima la popolazione per abbattere il proprio nemico, ma poi semplicemente ne ha occultamente preso il posto, illudendo il popolo con una raggiunta libertà che purtroppo sarà solo formale, ed autoeleggendosi (eccoli, gli “eletti di Dio!”) a nuova nobiltà parassitaria che dalla popolazione trarrà la sua linfa vitale, potere e sostentamento.
Lo strumento che ha permesso la riuscita di tale perfetto gioco illusionistico è appunto l’economia, o per meglio dire il virus in essa introdotto per rendere schiavo il sistema operativo economico (e di conseguenza ogni programma sociale che in esso “gira”).
Virus, coincidente col controllo privato dell’emissione monetaria, che comincia lentamente ad agire provocando successivamente nel sistema tali malfunzionamenti:
a) Aspirazione della ricchezza dalla base e suo totale trasferimento all’Empireo finanziario (banchieri, azionisti, investitori, borse, paradisi fiscali, speculatori, assicurazioni, spa, strumenti speculativo-finanziari in genere).
b) Conseguenti malfunzionamenti della macchina statale, sfruttati a loro volta per impoverire maggiormente la base con l’ulteriore richiesta di tasse, tagli, sacrifici, maggiore produttività, privatizzazione di imprese statali.
c) Rischio di default degli Stati, cui si sopperisce con un’inutile operazione di rifinanziamento a fronte dell’ulteriore privatizzazione di imprese, servizi pubblici, beni e patrimoni culturali.
d) Morte sistemica finale, che sarà gestita come demolizione controllata o del solo aspetto economico o dell’intero sistema socio-politico.
Vediamo nel particolare cosa succede e perché.

L’iniezione del virus
Da bimbi all’oratorio avevamo già la più perfetta concezione
dell’essenza dell’economia: “Ti do una figurina di Trapattoni per Mazzola, ma per Burgnich voglio tre Rivera”… ossia la sua funzione di “puro strumento di scambio”, una mera transazione in cui si stabilisce A per B… non “ti presto A per B + interessi”… nessuno all’oratorio avrebbe mai osato dire, che ne so: “Ti presto Mazzola, fai pure come se fosse tuo, in cambio però ogni mese mi dai un Rivera; ma se un mese non hai un Rivera da darmi, mi riprendo Mazzola”… perché anche il più imbranato della compagnia avrebbe capito l’assurdità truffaldina di tale proposta, e l’incauto proponente sarebbe stato oggetto della reazione molto istintiva e concreta degli altri bimbi… eppure oggi, che ci consideriamo “evoluti”, non capiamo più una cosa tanto elementare…
“Tornate innocenti come bambini”, predicava qualcuno …
Da adulti, nella pratica quotidiana usiamo la moneta quale mezzo di scambio, sostituendola al baratto diretto di merci e servizi per una pura questione di maggior praticità… ciò non toglie che, in una economia normale, la moneta resti “pura funzione”, priva di reale valore fino al momento in cui viene scambiata con altro. A garantire la “copertura” della massa monetaria circolante nella comunità saranno dunque gli stessi beni e servizi prodotti dalla comunità stessa: tot beni, tot moneta circolante. Lo Stato, ossia la comunità, si fa dapprima garante di tale copertura presso terzi che usano una differente moneta con un relativo corrispondente in oro o altra materia pregiata che funga a sua volta quale “garanzia e scambio”; in seguito tale sistema viene abbandonato, in quanto limitante e poco pratico: “in questo momento sarei in grado di produrre di più, ma non posso farlo in quanto la mia esigua riserva aurea non mi consente di stampare la nuova moneta che servirebbe agli scambi interni”… si cerca quindi di bypassare questo problema passando dapprima al più disponibile petrolio e poi direttamente al concetto di “Fiat Money”.

L’introduzione
della “Fiat Money”
Per ovviare a tale inconveniente, si decide quindi di svincolare la moneta da qualsiasi valore materiale, e vincolarla alla pura e semplice capacità di produzione interna, ossia la “promessa di copertura” di cui lo Stato si fa garante presso terzi in virtù della ricchezza interna prodotta (PIL): se l’economia è florida ne stampo un po’ di più, se l’economia rallenta ne ritiro un po’… fatto: semplice e stupendo, questo espediente mi permette di poter estrarre tutta la ricchezza interna che in un determinato periodo posso produrre, senza inutili vincoli aurei… (e in questo caso lo Stato si indebita con se stesso emettendo moneta, ma è un debito fittizio in quanto indica solo la sua potenziale capacità di scambio sul mercato estero, che non deve essere realmente restituito a nessuno in quanto il puro e semplice rispetto della produzione prevista basterà a creare un automatico pareggio di bilancio. In questo caso quindi “debito” equivale a “ricchezza”).
Sarebbe stato l’uovo di Colombo che avrebbe veramente e finalmente permesso un benessere generalizzato ed una ricchezza equamente distribuita tra la popolazione… non solo, ma lo Stato, sovrano di gestirsi, avrebbe potuto liberamente stabilire anche come destinare la propria ricchezza interna, per esempio privilegiando ed agevolando i servizi di base (istruzione, pensioni, sanità, trasporti, bisogni primari in genere), facilitando l’acquisto di case di proprietà, ecc, esattamente come abbiamo scoperto succedeva nella Libia del “cattivo” Gheddafi…

Moneta Privata a Prestito
Poteva la vecchia classe mercantile-bancaria, da secoli incontrastata egemone, rinunciare di punto in bianco al suo totale potere solo perché gli Stati si erano messi in testa di dotarsi di una moneta svincolata da qualsiasi controvalore esterno?
“Eh no, caro il mio politico… se non vuoi che rovini te e la tua gente, instaurando una dittatura che riporti indietro il tuo bello Stato di secoli e rimettendolo direttamente sotto il mio controllo, facciamo così: in cambio di privilegi personali e di un briciolo di libertà e benessere per il tuo popolo, sarò io a battere moneta, che ti presterò a interesse”….
“Ah, ma allora non cambia niente?”.
“Bravo…”.
E così un’idea perfetta, un meccanismo in sé perfettamente funzionale e dotato di un preciso regolatore interno, viene lasciato esternamente intatto, ma infiltrato da sempre più numerosi virus… che trasformano il corretto funzionamento dell’economia inteso come “pompa” per favorire gli scambi, in quello tipico di
un’ “autoclave”, che risucchia la ricchezza dal basso per proiettarla verso l’alto, verso il ceto dominante. Il sugo della trattativa sarà stato più o meno quello sopra riportato, con l’aggravante che il politico “democratico” diventa ora una sorta di Giano bifronte, apparentemente al servizio del popolo che lo elegge ma realmente legato a doppio filo con chi gli “presta” la moneta, in quanto costretto ad indebitare realmente la popolazione (Cfr: Storia della Banca d’ Italia)… ma non finisce qui, in quanto verrà indotto a stringerla in un ricatto ancora peggiore di quello che legava i precedenti monarchi ai loro finanziatori: il ricatto speculativo.
Per farla breve: i banchieri (si intenda: il complesso del mondo finanziario: banche, borse, azionisti, investitori, speculatori, ecc… in sintesi, le persone private con un assoluto potere finanziario) a questo punto non si accontentano di chiedere gli interessi annuali sulla massa monetaria circolante, interessi che non essendo in essa inclusi causano già continua inflazione e continuo ricorso a nuovo prestito (virus primario), ma, impossessandosi arbitrariamente della decisionalità e potere legalmente appartenenti allo Stato, cominciano tramite tutta una serie di artifizi e prodotti finanziari atti a “capitalizzare la moneta” (ossia le decretano un “valore intrinseco” del tutto arbitrario), ad indebitare il futuro stesso delle popolazioni… creando quella famosa “bolla virtuale” per onorare la quale si costringeranno gli Stati ad essere sempre più despoti verso i loro popoli, pretendendo “tasse sempre più elevate, tagli alla spesa pubblica e sempre maggiore produttività”. (secondo virus).
Forzando in questo modo ulteriormente l’equilibrio interno degli Stati e mettendoli nelle condizioni di non poter essere puntuali nel pagare il loro debito, che così si accumula, si cominciano ora a pretendere “svendite di aziende e servizi”, accampando la scusa della “non produttività” statale (terzo virus).
Non ne hanno ancora abbastanza?… No, perché come vedremo questo è solo il gradito antipasto… il piatto forte deve ancora venire, in quanto coinciderà con la “demolizione controllata del sistema”.
Infatti tutti questi virus sono scientemente introdotti nel sistema economico non (o perlomeno non solo) al fine di arricchimento e dominio, ma proprio per portarlo infine a esplodere (ed è proprio questo che gli economisti mainstream non vi direbbero mai).
A questo punto bisogna introdurre la differenza tra i concetti profondamente diversi di “crisi ciclica” e “crisi sistemica”.

Anche qui, gli economisti mainstream si danno un gran daffare per spiegare e giustificare con paroloni, grafici complessi e teorie arrampicate sui vetri quelli che sarebbero invece concetti semplicissimi ma che, semplicemente, non possono dirvi: tutta la dottrina economica serve quindi a “buttare nebbia” e “complicare ciò che è semplice”, in questo campo più che in ogni altro, costituendo il vero e proprio “cuore” del sistema di questo Potere Criminale.
Un cuore che deve essere assolutamente occultato alla vista della popolazione.
E’ ovvio ed intuitivo che un sistema economico che continua a richiedere ad un asino sempre più digiuno ancor più sacrifici, che insiste a caricarlo con pesi che lo uccideranno, che persevera contemporaneamente a gonfiare una bolla speculativa virtuale anche quando non può più, materialmente, essere assorbita dal sistema stesso… beh, è ovvio che non lo sta facendo “per errore” (come furbescamente dicono i vari analisti ammaestrati), ma lo sta facendo “apposta”… e che non è colpa del “capitalismo”, o del “tenore di vita troppo elevato” (e quale di grazia?), o del “sistema che non funziona” (grazie tante, dopo i virus introdotti da loro stessi…) ma è, al contrario, l’ “esatto funzionamento che si vuole ottenere dal sistema economico” (e sociale per ovvia ripercussione).
Se il nostro “autoclave” dell’esempio sopra sarà infatti spinto a succhiare più ricchezza di quanta la base possa produrre, e si insiste a farlo funzionare così, presto succederà semplicemente che “girerà a vuoto”, ossia non riuscirà a portare più nulla ai piani superiori… e che i sacchi gia virtualmente predisposti ad accogliere tale ricchezza rimarranno inesorabilmente vuoti.
Ecco: ora è arrivato il momento di “far crollare il sistema”, in quanto non se ne ricava più niente, come da una tetta sterile o da un terreno esausto.
E l’èlite ha ovviamente più di un interesse a partire in un sistema completamente nuovo piuttosto che “riparare” l’esistente: crisi, guerre, spoliazioni, privatizzazioni, conquiste, ricostruzioni ecc. daranno il duplice vantaggio economico di “riempire i sacchi fino al possibile” e di partire da zero in un sistema vergine da riparassitare alla stessa identica maniera, con un po’ di popolazione in meno, maggiormente impoverita e sempre più “governabile”…
La crisi ciclica: Se tale processo è limitato ad una zona specifica e al puro ambito economico prende il nome di “crisi ciclica”… è la tipica crisi che l’èlite crea (sottolineo: le crisi sono scientemente create in quanto parte terminale ed indispensabile dell’intero ciclo del debito, semplicemente facendo rientrare la massa monetaria circolante) al fine di “spazzolare ricchezze reali” che vadano a colmare la bolla virtuale artatamente gonfiata.
E poiché l’èlite prevede in questo caso di poter recuperare tutto o buona parte del “debito” sono le tipiche crisi “da cui si esce”. Avvengono generalmente in cicli di circa 50/60 anni.
La crisi sistemica: Ben altra cosa, e ben più grave per la popolazione, è la “crisi sistemica”, (come quella odierna), in quanto si alimenta continuamente la bolla speculativa in modo che non sia più recuperabile (oggi si parla di circa 10 volte l’intero Pil mondiale)… sono le tipiche crisi “da cui non si esce”… perlomeno non con i soliti strumenti finanziari.
Perché lo fanno? E qui sta il “segreto dei segreti”, l’aspetto più terribilmente subdolo di questo tipo di potere: perché l’èlite ha deciso in questo secondo caso uno stravolgimento totale del sistema, stravolgimento che attraverso guerre o rivolte di massa dovrà portare ad un nuovo ed esteso riassetto geopolitico, e garantire contemporaneamente a sé stessa di potersi “riciclare” in un diverso centro del potere (che ieri era l’Inghilterra, oggi l’America, domani probabilmente la Cina).
E’ l’Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri, è la tipica crisi cui all’aspetto puramente economico si aggiunge un aspetto geostrategico e politico: tutti i passaggi storici sopra menzionati avvenuti attraverso guerre e rivoluzioni che abbiano spostato il centro fisico del potere occidentale sono stati conseguenti ad una crisi sistemica.
Il Potere mercantile-bancario attraverso queste crisi finge dunque la sua morte per poter mantenere il suo anonimato e la sua caratteristica di segretezza, predisponendosi ad un nuovo “ciclo storico” (questa volta non solo economico), proprio per poter rinascere facendo credere alla popolazione ingenua di essere definitivamente sparito, vittima proprio di quella stessa Rivoluzione Sociale da lui stesso provocata, ma in realtà risorgendo più forte come la Fenice, come il vampiro che muore solo apparentemente, finché non si riesca a trapassargli definitivamente il cuore con un paletto di frassino.
I vantaggi di tale processo di “morte e resurrezione” sono innumerevoli per l’èlite: essi vanno dall’accumulo di enormi ricchezze portate dai conflitti, al fatto di evitare di poter col tempo essere scoperta, al vantaggio di “nuova e maggiore governabilità” di una popolazione che si crede finalmente libera, alla possibilità di continua reiterazione dello stesso schema di dominazione occulta, allo stringere nuove alleanze, al dare un ordine sociale solo apparentemente nuovo, come sopra riportato, dove le conquiste per il popolo saranno di pura facciata, di pura forma, tendenti a donargli l’illusione di essersi liberato del “nemico” (che non a caso viene mediaticamente indotto ad essere fallacemente individuato sempre e solo in “sotto-sistemi” quali la casta politica, il capitalismo, la setta bancaria, i riscaldamento climatico, le lobbye e le multinazionali, ecc) e di potersi ora pienamente autogestire… mentre il potere, poco dopo, si scoprirà essere rimasto esattamente nelle stesse mani di prima, e condotto con gli stessi subdoli espedienti.

Cavalcare la crisi
Qual è la cosa oggi più temuta in assoluto dal potere reale? Che scoppi una rivolta vera, ossia da lui non prevista e gestita, come è già successo negli anni precedenti in Sudamerica, in Argentina, o in Venezuela con Chavez, o in Russia con Putin… una rivolta (di popolo o condotta da un “uomo forte”) che scavalchi le intenzioni della stessa èlite che ha predisposto il caos, finendo per volgersi a vantaggio della popolazione che riesce così veramente ad individuare e cacciare o imprigionare “il vampiro”, ossia i membri locali dell’èlite.
Ogni incanalazione “politica” ovviamente non costituisce invece un vero pericolo per il potere, in quanto strettamente controllata dallo stesso, e per questo si cercherà in ogni modo di far confluire il caos generato ad indirizzarsi e riorganizzarsi attraverso una via “politica” preventivamente predisposta e studiata dall’èlite stessa a sfociare nelle soluzioni già stabilite… via politica che può benissimo essere costituita anche da una rivoluzione pilotata, o da un conflitto bellico, o addirittura da un conflitto mondiale.
Per questo i politici esortano continuamente la popolazione a “mantenere la calma”… per prendere tempo, per temporeggiare all’infinito, dando modo all’èlite sia di “spazzolare per bene” beni, aziende, servizi e patrimonio culturale (come sta avvenendo oggi in Grecia e domani da noi), e nel frattempo lasciarle predisporre quello che sarà il piano di “demolizione controllata” del sistema esistente… tra una cosa e l’altra possono passare anni, per cui si presenta la necessità di una disinformazione molto ben infiltrata ad ogni livello…
Disinformazione in cui si butta la colpa sugli “organi” del sistema piuttosto che sulla sua stessa essenza… (né del resto potrebbero venirvi a raccontare che l’economia non può riprendersi proprio perchè farla crollare, far crollare l’ordine interno degli Stati, creare caos, guerre e distruzione è proprio quello che a questo punto si vuole…
In questo senso i vari movimenti, siti, organizzazioni che parlano di “ridurre il tenore di vita”, di “ridurre la crescita”, di “riscaldamento climatico, crisi del sistema, crisi del capitalismo, superamento del picco del petrolio”, o danno la colpa del disastro economico solo ad una decina di sparuti quanto folkloristici banchieri, invitando contestualmente ad intraprendere un’azione “politica” verso tali problematiche, stanno facendo esattamente il gioco dell’ èlite, imbrigliando la rabbia della popolazione in modo da scongiurare il facile pericolo di una vera rivolta spontanea che potrebbe mandare a gambe all’aria il piano tanto a lungo studiato e ben predisposto.

link:
mondart.blogspot.com/2011/09/cosa-ce-dietro-la-crisi-te-la-spiega.html

fonte: Mondart

14 ottobre 2011

Diritto all’insolvenza?


Di fronte alla tragica situazione greca, diversi osservatori come Loretta Napoleoni, Andrea Fumagalli, Damien Millet o Eric Touissant (tanto per fare qualche nome) hanno avanzato -con varie modulazioni- la proposta di uscirne dichiarando default, anzi, Fumagalli ha teorizzato un “diritto all’insolvenza”.
Abbiamo già detto che molti paesi di prima grandezza (Usa e Giappone, oltre che Italia) sono in condizioni di non poter pagare il proprio debito, ma di poter al massimo mantenersi sulla linea di galleggiamento (sinchè dura) pagando gli interessi e sperando che i creditori rinnovino all’infinito il loro prestito. Dunque, il tema si impone ed è necessario discuterne con molta freddezza, senza passionalità.
Va detto che i casi di default di Stato sono più frequenti di quelli di rientro dal debito, ed in particolare sono frequenti i default domestici, in cui lo stato brucia i debiti verso i suoi cittadini, mentre più prudenza c’è nel caso di ripudio o ristrutturazione del debito estero, per le conseguenze negative che ne rivengono. Ma, anche in questi casi, non sempre il default ha conseguenze disastrose per chi lo dichiara anzi, in qualche caso (Argentina ed Islanda degli ultimi anni insegnano) proprio questo è il modo per uscirne e ripartire.

Ma nella maggior parte dei casi le cose non vanno in questo modo, ad esempio, il default del 1826 costò alla Grecia l’esclusione dai mercati finanziari internazionali per 53 anni e questo ha pesantemente condizionato il successivo sviluppo del paese. Più o meno la stessa cosa successe all’Honduras dopo il default del 1873. La Russia ripudiò i suoi debiti nel 1918 e restò fuori dei mercati finanziari per 69 anni. E di esempi negativi potremmo farne molti di più.

Rogoff dimostra che la propensione al ripudio del debito si accompagna più o meno regolarmente ad una crescita più lenta ed ha effetti che spesso superano il secolo.
Comunque, non esiste una regola assoluta che ci dica se e quanto la scelta del default sia auspicabile o meno ed occorre esaminare, caso per caso, tutti gli aspetti della decisione.

Intanto partiamo da una considerazione: la dichiarazione di insolvenza può risolvere il problema del debitore, ma non quello del debito in sè, che continua ad esistere. Poco male se il creditore (o i creditori) è in condizione di assorbire la perdita o perchè il suo credito è coperto dall’assett, o perchè non ha, a sua volta, debiti rilevanti in sofferenza, o perchè il flusso degli altri crediti compensa la falla aperta. I guai cominciano quando il creditore ha debiti e non ha modo di compensare la perdita. In quel caso, anche il creditore va verso il default e la situazione si ripete con il suo creditore (o i suoi creditori). Peraltro, la finanza è un meccanismo che si regge sulla fiducia: se viene meno la sicurezza di essere pagati, nessuno fa credito, se non si è certi che il debitore pagherà non si fanno prestiti e tutto si paralizza.

Può determinarsi una catena di insolvenze con un “effetto domino” per cui il “contagio” si estende e si rischia il crack generalizzato ed una depressione durevole che, ovviamente, è l’esito meno auspicabile che si possa immaginare. E, se il fallimento di una banca può essere compensato dall’intervento dello Stato –prestatore di ultima istanza- magari a favore di aziende e risparmiatori- il crack di uno Stato è molto meno riparabile ed ha conseguenze spesso incalcolabili.
Pertanto, occorre pensarci per bene prima.

Vediamo il nostro caso: la situazione è particolarmente grave per il fatto che lo stato di indebitamento è generalizzato, coinvolge molti fra i massimi attori dell’economia mondiale, spesso indebitati reciprocamente ed ammonta a cifre iperboliche. Dunque, abbiamo una situazione di per sè fragile, dove il default di uno può provocare un effetto contagio di grandi proporzioni.

Un altro aspetto molto delicato è rappresentato dal fitto intreccio fra debito estero e debito interno: gli stessi titoli di debito sono acquistati tanto da acquirenti interni (soggetti istituzionali -come banche, compagnie assicuratrici, fondi di investimento ecc.- aziende, enti locali o singoli risparmiatori) quanto da acquirenti stranieri (fondi sovrani, banche centrali, soggetti istituzionali) in una rete fittissima di crediti e debiti che accomuna investitori pubblici e privati. Pertanto, il contagio passa molto facilmente dai soggetti pubblici a quelli privati per tornare indietro, provocando una “tempesta perfetta” che investe l’intera economia mondiale.

Ad esempio, un default greco non colpirebbe solo le banche francesi e tedesche che detengono la parte più cospicua di titoli, ma anche enti locali stranieri, università o fondi pensione che si sono lasciati attrarre dagli altissimi rendimenti offerti, scommettendo sull’intervento europeo che compensava il loro alto indice di rischio. Le banche francesi, a loro volta, subiscono ancora gli effetti del crack dei mutui subprime e sono al centro di un pesante attacco della speculazione, per cui potrebbero a loro volta non reggere il loro livello di esposizione verso altri soggetti come assicurazioni, fondi pensione, fondi sovrani. L’attesa di una ondata di insolvenze generalizzata, a sua volta porterebbe le banche a non prestare liquidi ad altre banche, paralizzando il mercato interbancario –esattamente come accadde dopo il crack della Lehman Brohers nel 2008-; quello che accelererebbe la tempesta trasformando in insolvenze anche stati di momentanei illiquidità. Contemporaneamente questo potrebbe causare una serie di cadute a catena di altri paesi a loro volta sull’orlo dell’insolvenza (Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda, Ungheria, Pakistan, ecc.).

Come si vede, anche un default di piccole dimensioni come quello greco (300 miliardi di euro, sono all’incirca il 3% del debito dell’Eurozona e molto meno dell’ 1% del totale dei debiti sovrani) può innescare una crisi di proporzioni molto vaste. Questo feedback positivo particolarmente rapido è la conseguenza tanto del fortissimo grado di interdipendenza dei mercati finanziari mondiali, sia del vicinissimo stress del 2007-8 che è tutt’altro che superato: il sistema ha spazi di recupero limitatissimi, per cui anche un urto di proporzioni relativamente modeste lo manda in crisi.

In una situazione di questo genere la cosa peggiore sarebbe un “rompete le righe” con una corsa in ordine sparso a chi arriva prima a dichiarare l’insolvenza. Dunque, parlare di “diritto all’insolvenza” non mi pare che abbia particolare senso: più che di un diritto, si tratta di una situazione di fatto e le cose sono molto semplici: se hai i soldi paghi i debiti, se non li hai non li paghi ed il creditore reagisce nei limiti che gli consentono i rapporti di forza. Il resto sono chiacchiere.

Da questa situazione non usciamo con le petizioni di principio, ma con una presa di coscienza della gravità della situazione e con decisioni politiche conseguenti.
E la situazione è questa: c’è una larga parte di Mondo, praticamente tutto l’ex Occidente (Usa, Giappone ed Eurozona) che non è in grado di pagare i suoi debiti e va verso una serie di rovinosi default che, però, coinvolgerebbero anche i loro creditori. La Cina ha crediti per oltre 1000 miliardi di dollari con gli Usa più una massa doppia di dollari nelle sue casseforti, insieme a titoli europei e giapponesi per somme un po’ inferiori: questa enorme massa di denaro diventerebbe un mucchietto di cenere dopo una serie di default a cascata. Tutt’ora queste tre aree economiche rappresentano di gran lunga la maggior parte dei suoi mercati di sbocco: a chi venderebbero dopo questi fallimenti in serie?

Più o meno lo stesso discorso potremmo fare per Russia, Brasile, India, Sudafrica, mentre si fermerebbe sul nascere il promettente sviluppo di Indonesia, Turchia, Messico, Egitto, Sud Corea. In breve sarebbe una recessione mondiale che starebbe a quella del 1929 come una broncopolmonite doppia ad un raffreddore di stagione.

Ed allora? Allora, come prima cosa la questione va tolta dalle mani della finanza e messa in quelle della politica. Occorre una nuova Bretton Woods, con cinesi, indiani, brasiliani ecc, nella quale ripensare l’ordine mondiale e non solo quello economico-finanziario. In soldoni (è il caso di dirlo): l’Occidente chiede la moratoria di una larga fetta del suo debito con i Bric, in cambio di quote di potere politico. Bonificare parte del debito americano, europeo e giapponese può essere nell’interesse di cinesi, indiani, russi ecc, ma non basta. L’Occidente ha quattro cose da offrire: la fine del dollar Standard, la fine del monopolio euro americano in Fmi e Bm, lo scioglimento della Nato, la diminuzione delle basi americane nel Mondo ed in particolare nell’oceano Indiano ed in quello Pacifico.

Cioè la fine dell’egemonia “occidente” in favore di un ordine mondiale policentrico.
In questo quadro possiamo anche pensare di uscire dal pantano del debito inestinguibile.

Aldo Giannuli