03 marzo 2013


http://www.wlaciccia.it/famosi/images/grillo.jpgScommetto sull'onestà di Beppe Grillo. Lo faccio perché scommetto sull'entusiasmo dei suoi sostenitori. Capisco che avranno, lui e loro, molti problemi difficili da risolvere, ed è ovvio quindi che faranno degli errori. Ma non credo che faranno dei crimini. È molto facile precipitare dagli altari nei quali si trovano, irti di spine, nella polvere, e quindi non credo che sarà così. Leggo sui giornali dei commenti di molti che si aspettano che molti di loro saranno comprati. Forse, qualcuno. Ma io penso che coloro che scrivono queste cose sui giornali e le dicono in televisione misurano la realtà con il loro metro da schiavi.
E per fortuna la realtà non è tutta composta di schiavi o di servi, come il voto ha dimostrato. E però certo si può star sicuri che per ognuno degli oltre centosessanta deputati e senatori dell'opposizione si stanno già compilando i dossier.
I servizi segreti sono lì per quello, non penseremo mica che se ne staranno con le mani in mano. Si scava e si scaverà nelle loro vite, si cercheranno le loro magagne, per poi "spenderle" prima o dopo nella melma degli intrighi di Palazzo. La nostra fortuna è che saranno dei dossier poveri e "giovani" e quindi conteranno poco, perché questo non è un personale ricattabile.
I problemi saranno più grandi e difficili. Si dovranno prendere decisioni di portata nazionale, europea, internazionale. E lo si dovrà fare stando sotto la mira di cecchini impietosi e feroci, i cosiddetti "Mercati", cioè i grandi banchieri del Superclan mafioso-massonico europeo e mondiale. Non sarà facile anche per questo.
E dunque io penso che senza una squadra Grillo non potrà reggere a lungo. Si pone il problema di una squadra che lo protegga, e che protegga questi centosessanta parlamentari. Perché un esercito che rimane a lungo senza ordini chiari e senza una guida non può che disperdersi. I vecchi marpioni del Palazzo già cominciano con le loro lusinghe, e tutti i giornali titolano "Bersani apre a Grillo", "Bersani sfida Grillo". O... "Bersani si inginocchia davanti a Grillo", "Bersani chiede a Grillo".
Fino all'altro ieri non se n'erano accorti, adesso capiscono che non possono evitare, e ci provano.
E io so che non serviranno a catturare né Grillo né i suoi. Lo so, perché Grillo ha costruito una macchina che non lo consente. E coloro che gli fanno delle proposte più o meno sconce continuano a ragionare come se non ci fosse Grillo, ma Grillo c'è, e il Movimento Cinque Stelle c'è.
Purtroppo non ci sono soltanto le lusinghe, che si possono respingere.
Ci sono invece questioni che non si possono aggirare: le grandi questioni sociali, come quella del lavoro; e c'è un paese in ginocchio che implora, che esige una tregua dopo questa rapina che ha subito con il consenso di tutti quelli che sono stati battuti, non per caso, in queste elezioni.
Bisogna stare attenti, perché sarà facile per il Palazzo, in nome della ingovernabilità del Paese, rovesciare sul Movimento Cinque Stelle responsabilità che non sono sue.
Dunque occorre prepararsi.
Per questo credo che Grillo e il M5S abbiano bisogno di un forte sostegno nel Paese, molto più ampio di quel 25 per cento straordinario che è stato raggiunto. Serve una forte e organizzata opposizione sociale che muova dalle aziende, dalle fabbriche, dalla scuola, dall'università, dalle categorie colpite, dalla società civile. Questa deve essere ancora costruita.
Il 25 per cento è opera di Beppe Grillo. Il resto sarà opera di tutti noi, insieme al Movimento Cinque Stelle.
È inutile dunque che io ripeta che la situazione è difficile e piena di trabocchetti, ma la spallata è stata forte e possente.
Il Partito Democratico esce clamorosamente sconfitto, e adesso implora.
E la destra? Due parole sulla destra bisogna dirle: la destra festeggia non si sa perché, forse festeggia soltanto lo scampato pericolo della sua sparizione, ma le cifre lo dicono: dai 17 milioni di voti che aveva nel 2008, è scesa a 8 milioni. Meno della metà. Un tracollo: sono stati dimezzati. Questo ci dice una cosa importante: che la narrazione di questa Italia berlusconiana è inesistente. Non è più così. Hanno perduto 8 milioni e mezzo di voti. L'Italia è cambiata, e non solo perché Beppe Grillo ha vinto. È cambiata perché è cambiato l'intero panorama. Quindi la destra ha poco da festeggiare.
Della sinistra, quella che già una volta ho definito "falcemartellata e girotondina", è meglio non parlare: addio! Addio per sempre! La riscossa è venuta da un'altra parte. Ed è giusto che sia così, perché la Storia non fa sconti a nessuno. E buona fortuna a tutti.
Fonte: http://www.megachip.info/rubriche/34-giulietto-chiesa-cronache-marxziane/9868-giulietto-chiesa-qmi-fido-dellonesta-di-grillo.html

02 marzo 2013

La verità sul debito pubblico



Sul debito pubblico è ora che sia fatta chiarezza. È un fardello pesantissimo per le finanze pubbliche, e consuma ingenti risorse che, altrimenti, potrebbero essere utilizzate per i servizi utili al cittadino, ed è per questo motivo che dobbiamo pretendere di saperne di più.
Tanto per cominciare, ho provato a mettere a confronto i dati relativi al debito pubblico anno per anno (forniti da Banca d’Italia) con i vari governi che si sono succeduti dal 1970 ad oggi(disponibili su Wikipedia). Negli anni in cui si sono succeduti più Presidenti del Consiglio l’incremento annuale è stato diviso proporzionalmente su base mensile. Il grafico sottostante indica, in miliardi di euro, i risultati relativi ai primi 5 classificati sulla base del debito pubblico attribuibile al/ai governi da essi presieduti.
Debito pubblico per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi572
Andreotti285
Craxi213
Prodi154
Amato125
I dati sopra illustrati rendono palese il fatto che il debito pubblico è imputabile sia ai governi della Prima che della Seconda repubblica, a quelli di destra e anche a quelli di sinistra. Persino ai governi tecnici come quelli del presidente Amato (Ciampi, Dini e Monti sono rispettivamente in 6, 7 e 8 posizione) sono attribuibili importanti quote del debito pubblico.
Tuttavia, gli esecutivi che si distinguono, e di gran lunga, per aver prodotto la maggiore porzione di debito sono quelli del Presidente Silvio Berlusconi. Questo primato non viene scalfito nemmeno se, ai dati a valori nominali, sostituiamo quelli a valori corretti con l’inflazione (dall’anno di formazione ad oggi).
Debito pubblico (a valori reali) per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi675
Andreotti551
Craxi434
Prodi192
Amato184
A valori nominali, pertanto, ai governi del Presidente Berlusconi è attribuibile quasi il 30% del debito pubblico complessivo.
% di debito pubblico attribuibile a ogni Presidente
Berlusconi29%
Andreotti14%
Craxi11%
Prodi8%
Amato6%
tutti gli altri insieme32%
Negli anni duemila, l’Italia ha mantenuto il parametro del disavanzo primario entro limiti previsti dai trattati europei e questo ha permesso all’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, di dire che i conti pubblici erano a posto. Purtroppo però, tale indicatore tiene conto della differenza fra entrate e uscite, senza però includere il costo degli interessi sul debito pubblico, che in Italia rappresentano circa il 20% di tutte le uscite (vedi bilancio pubblico 2011) e ammontano a più di 80 miliardi.
Se allo scadere di una quota di titoli del debito pubblico, il governo rifinanzia il tutto (compreso gli interessi) con l’emissione di nuovo debito pubblico, gli interessi producono a loro volta altro debito entrando così un circolo vizioso senza fine.
Durante tutti i governi Berlusconi, il primo comandamento è sempre stato quello di non aumentare le imposte, fa niente che così il debito pubblico cresceva, tanto il tasso d’interesse non era mai stato così basso dall’introduzione dell’euro, fino alla crisi dello spread che ha fatto cadere tutto il castello di ipotesi che stava probabilmente alla base di quella condotta.
Non mi dilungherei sui governi Andreotti e Craxi, anni nei quali a tutti è chiaro che si sia fatto un uso spropositato della spesa pubblica (assistenzialismo, baby pensioni, ecc).
che hanno prodotto molto debito pubblico. Tuttavia, egli ha avuto almeno l’accortezza di tenere sotto controllo il rapporto debito/PIL, portandolo dal 121% dell’ultimo governo Dini (1995), al 115% (1998), trend che poi è continuato fino ai primi anni dei governi Berlusconi (2004) arrivando fino a quota 104%. Anche il secondo governo Prodi è stato attento a questo parametro, riportandolo al 104% dopo un peggioramento avvenuto tra il 2005 e i 2006.
I governi Amato, soprattutto quello del '92-'93 hanno prodotto un significativo ammontare di debito pubblico, nonostante le privatizzazioni, avvenute in quegli anni, che portarono nelle casse dello Stato diversi miliardi di euro. Come sono stati spesi quei soldi, e perché non sono stati utilizzati per abbattere il debito?
Sempre a proposito di governi tecnici, non si può dire che abbiano fatto molta attenzione a non far crescere il debito pubblico. Il prossimo grafico mostra l’incremento del debito pubblico per mese di governo. Si osservi come nelle prime posizioni troviamo tutti i tecnici: Ciampi, Monti, Dini e Amato. L’unica eccezione è De Mita. Ad onor del vero, sul governo del Presidente Monti bisogna dire che hanno pesato le emissioni di debito pubblico per il trasferimento al fondo salva stati europeo che valgono una trentina di miliardi, ma anche tenendo conto di questo, rimarrebbe comunque nella top ten. L’illustrissimo Senatore Carlo Azeglio Ciampi (presidente prima dalla Banca d’Italia, poi del Consiglio dei Ministri e infine della Repubblica) in soli 12 mesi di governo, tra il 1993 e il 1994 è riuscito a mantenere una media d’incremento del debito pubblico superiore a tutti gli altri governi della storia.
Incremento teorico del debito pubblico, su base mensile, in miliardi di euro (primi 10 Presidenti)
Ciampi9,1
Monti6,7
Dini6,3
De Mita5,3
Amato5,2
Berlusconi5,2
Goria5,0
Craxi4,7
Fanfani4,3
Andreotti3,3
Concludendo, sarei favorevole ad una commissione che ricostruisca le cause e le responsabilità che hanno portato alla formazione di un debito pubblico così abnorme, in modo da consegnare questo documento, come monito, ai futuri governi che, si spera, adotteranno politiche più lungimiranti dei precedenti.

Nell’attesa che questo avvenga, sarei molto felice di vedere qualche giornalista italiano organizzare una trasmissione televisiva sull’argomento. Si potrebbero invitare come ospiti molti dei presidenti sopracitati che avranno sicuramente molte cose da raccontarci in merito.

01 marzo 2013

Nell'anno del giaguaro





 


Lo avevamo annunciato appena ieri quando abbiamo scritto: “Alla fine dovremo ringraziare il Movimento di Grillo per non averci fatto soffrire troppo ed averci dato il risolutivo colpo di grazia. Giacché, quando l’orda del comico entrerà alla Camera e al Senato, aule che saranno certamente afflitte da trasformismi e precarietà, sarà come un’onda anomala di dimensioni gigantesche che spazzerà via gli infingimenti e le sempiterne tresche altrui”.

Non è elegante autocitarsi ma in questo caso è doveroso perché il quadro degli sconvolgimenti parlamentari e delle sorprese elettorali era stato da noi tratteggiato alla perfezione.

Adesso cosa succederà? I partiti tradizionali non si arrenderanno, nonostante, come dice Grillo, siano circondati e non ci siano i numeri al Senato; si consulteranno e faranno i loro abboccamenti per formare un fantomatico governo di salvezza collettiva, per il bene del paese che però, “stranamente”, continua a coincidere col bene loro, con il ristretto interesse corporativo di cui sono depositari incrollabili. Temono di sparire e vogliono guadagnare ancora qualche mese che per loro, classe (non)dirigente al tramonto, può equivalere all’eternità. Sembra il Principe di Salina de Il Gattopardo invece è l’arco costituzionale al completo nell’anno del Giaguaro (smacchiato).

Il Pd si aprirà alle forze che immagina contigue senza capire che, in verità, proprio queste sono le più lontane dalle sue attuali posizioni mercatistiche, finanziaristiche, eurosuicide, supine alla Nato in politica estera e ripiegate sui soliti gruppi parassitari, industriali ed economici, all’interno del contesto nazionale. Non ci sono punti di contatto tra Bersani ed il comico genovese, nemmeno sulle battaglie ambientali, dopo che il Partito Democratico si è schierato a favore di alcune grandi opere.  Non basterà far leva sulla tradizione progressista del partito per accostarsi ai grillini perché quel patrimonio di antichi valori popolari (con i quali si può essere più o meno d’accordo) è stato liquidato per accreditarsi con i poteri forti atlantici e le cerchie della speculazione mondiale, tanto che sul sito del Pd si esultava per l’endorsement pre-voto di Goldman Sachs al centro-sinistra.

Poi, verificata l’impossibilità di qualsiasi intesa con il M5S, si cimenterà, tramite la lista cuscinetto di Mario Monti (la grande delusione con soddisfazione nostra ), anche col centro-destra, ponendo una pregiudiziale contro Berlusconi, al quale verrà chiesto di fare un passo indietro per permettere la formazione di un comitato di salute pubblica allargato alla “parte sana” del Pdl e degli altri muschietti sopravvissuti alla piaga dell’invasione degli ortotteri, adatto a fare almeno alcune riforme (comunque tutte inutili e senza respiro storico) per poi ritornare alle urne, dandosi il tempo necessario a neutralizzare i cinquestellati e la rabbia popolare che li ha puniti severamente. Ecco come non hanno imparato nulla dagli errori commessi e dalla lezione appena ricevuta.

Ma stanno facendo male i conti, perché la gente è stanca dei loro giochetti che hanno portato miseria e disperazione nelle case dei connazionali. Tutte le parole d’ordine che questi signori hanno impiegato in quattro lustri per incatenare lo Stato a logiche di soggezione internazionale, anche come conseguenza di una dipendenza culturale (sarebbe meglio dire sottoculturale), si sono sfatte come fichi al sole: dal bipolarismo, all’europeismo, all’irreversibilità dell’euro ecc. ecc. Sarebbe finalmente il caso, considerando la pesante affermazione di rappresentanze anti-Ue nel nuovo Parlamento, di preparare un bel referendum al fine lasciar decidere ai compatrioti se davvero vogliono restarci nella moneta unica e nella stessa architettura comunitaria. Finora, trattandoci come bambini, ci hanno imposto la loro visione che però, da quel che si può riscontrare, non ci ha evitato la devastante crisi; semmai quest’ultima si è pure aggravata per via delle ricette imposteci da Bruxelles e accettate pedissequamente dai nostri “quisling”.

Ça suffit! Nel nome del popolo italiano, della responsabilità pubblica, della stabilita economica, con le mani sempre tese ai mercati e ai mercanti del nostro futuro, avete fatto già troppo e sempre di peggio. E’ ora di cambiare registro o di sloggiare. Adesso al centro dell’agenda politica devono entrare altri temi e soluzioni per temperare i morsi della crisi sistemica globale e dare alla Repubblica una sua strada originale, nel multipolarismo geopolitico in dispiegamento. Difesa della sovranità nazionale, sostegno alle imprese di punta, una politica estera orientata ad accordi ed alleanze con gli Stati emergenti e riemergenti dello scacchiere planetario, un ventaglio di opzioni economiche non schiacciate sull’ideologia globalista e l’austerità finanziaria, la ricerca di una maggiore indipendenza energetica accompagnata da un uso razionale delle risorse, attivazione di un piano industriale basato sui settori all’avanguardia, imposizione della museruola alla speculazione creditizia e riconsiderazione del nostro ruolo nella Nato e nell’Ue. Questo è un piano diversificato e concreto per gettare il cuore oltre gli esiziali ostacoli della fase storica.  Tutto il resto, comprese le riforme costituzionali, sono chiacchiere senza nemmeno più il distintivo. Ieri, infatti, lo hanno perso tutti i vecchi leader di partito sotto i colpi dell’elettore italiano.

Qualcuno potrebbe farci notare che le nostre proposte non sono prese in considerazione da nessuno, nemmeno da Grillo. Infatti, quest’ultimo e i suoi ragazzi non sono il CLN. Costoro, con la loro sorprendente legittimazione nelle urne, hanno però segnalato la voglia dei cittadini di cambiare. Deve ancora giungere chi saprà raccogliere adeguatamente la portata delle sfide che ci stanno di fronte. Ma dopo il terremoto di ieri, senza montarci la testa, restiamo maggiormente fiduciosi.
di Gianni Petrosillo 

03 marzo 2013


http://www.wlaciccia.it/famosi/images/grillo.jpgScommetto sull'onestà di Beppe Grillo. Lo faccio perché scommetto sull'entusiasmo dei suoi sostenitori. Capisco che avranno, lui e loro, molti problemi difficili da risolvere, ed è ovvio quindi che faranno degli errori. Ma non credo che faranno dei crimini. È molto facile precipitare dagli altari nei quali si trovano, irti di spine, nella polvere, e quindi non credo che sarà così. Leggo sui giornali dei commenti di molti che si aspettano che molti di loro saranno comprati. Forse, qualcuno. Ma io penso che coloro che scrivono queste cose sui giornali e le dicono in televisione misurano la realtà con il loro metro da schiavi.
E per fortuna la realtà non è tutta composta di schiavi o di servi, come il voto ha dimostrato. E però certo si può star sicuri che per ognuno degli oltre centosessanta deputati e senatori dell'opposizione si stanno già compilando i dossier.
I servizi segreti sono lì per quello, non penseremo mica che se ne staranno con le mani in mano. Si scava e si scaverà nelle loro vite, si cercheranno le loro magagne, per poi "spenderle" prima o dopo nella melma degli intrighi di Palazzo. La nostra fortuna è che saranno dei dossier poveri e "giovani" e quindi conteranno poco, perché questo non è un personale ricattabile.
I problemi saranno più grandi e difficili. Si dovranno prendere decisioni di portata nazionale, europea, internazionale. E lo si dovrà fare stando sotto la mira di cecchini impietosi e feroci, i cosiddetti "Mercati", cioè i grandi banchieri del Superclan mafioso-massonico europeo e mondiale. Non sarà facile anche per questo.
E dunque io penso che senza una squadra Grillo non potrà reggere a lungo. Si pone il problema di una squadra che lo protegga, e che protegga questi centosessanta parlamentari. Perché un esercito che rimane a lungo senza ordini chiari e senza una guida non può che disperdersi. I vecchi marpioni del Palazzo già cominciano con le loro lusinghe, e tutti i giornali titolano "Bersani apre a Grillo", "Bersani sfida Grillo". O... "Bersani si inginocchia davanti a Grillo", "Bersani chiede a Grillo".
Fino all'altro ieri non se n'erano accorti, adesso capiscono che non possono evitare, e ci provano.
E io so che non serviranno a catturare né Grillo né i suoi. Lo so, perché Grillo ha costruito una macchina che non lo consente. E coloro che gli fanno delle proposte più o meno sconce continuano a ragionare come se non ci fosse Grillo, ma Grillo c'è, e il Movimento Cinque Stelle c'è.
Purtroppo non ci sono soltanto le lusinghe, che si possono respingere.
Ci sono invece questioni che non si possono aggirare: le grandi questioni sociali, come quella del lavoro; e c'è un paese in ginocchio che implora, che esige una tregua dopo questa rapina che ha subito con il consenso di tutti quelli che sono stati battuti, non per caso, in queste elezioni.
Bisogna stare attenti, perché sarà facile per il Palazzo, in nome della ingovernabilità del Paese, rovesciare sul Movimento Cinque Stelle responsabilità che non sono sue.
Dunque occorre prepararsi.
Per questo credo che Grillo e il M5S abbiano bisogno di un forte sostegno nel Paese, molto più ampio di quel 25 per cento straordinario che è stato raggiunto. Serve una forte e organizzata opposizione sociale che muova dalle aziende, dalle fabbriche, dalla scuola, dall'università, dalle categorie colpite, dalla società civile. Questa deve essere ancora costruita.
Il 25 per cento è opera di Beppe Grillo. Il resto sarà opera di tutti noi, insieme al Movimento Cinque Stelle.
È inutile dunque che io ripeta che la situazione è difficile e piena di trabocchetti, ma la spallata è stata forte e possente.
Il Partito Democratico esce clamorosamente sconfitto, e adesso implora.
E la destra? Due parole sulla destra bisogna dirle: la destra festeggia non si sa perché, forse festeggia soltanto lo scampato pericolo della sua sparizione, ma le cifre lo dicono: dai 17 milioni di voti che aveva nel 2008, è scesa a 8 milioni. Meno della metà. Un tracollo: sono stati dimezzati. Questo ci dice una cosa importante: che la narrazione di questa Italia berlusconiana è inesistente. Non è più così. Hanno perduto 8 milioni e mezzo di voti. L'Italia è cambiata, e non solo perché Beppe Grillo ha vinto. È cambiata perché è cambiato l'intero panorama. Quindi la destra ha poco da festeggiare.
Della sinistra, quella che già una volta ho definito "falcemartellata e girotondina", è meglio non parlare: addio! Addio per sempre! La riscossa è venuta da un'altra parte. Ed è giusto che sia così, perché la Storia non fa sconti a nessuno. E buona fortuna a tutti.
Fonte: http://www.megachip.info/rubriche/34-giulietto-chiesa-cronache-marxziane/9868-giulietto-chiesa-qmi-fido-dellonesta-di-grillo.html

02 marzo 2013

La verità sul debito pubblico



Sul debito pubblico è ora che sia fatta chiarezza. È un fardello pesantissimo per le finanze pubbliche, e consuma ingenti risorse che, altrimenti, potrebbero essere utilizzate per i servizi utili al cittadino, ed è per questo motivo che dobbiamo pretendere di saperne di più.
Tanto per cominciare, ho provato a mettere a confronto i dati relativi al debito pubblico anno per anno (forniti da Banca d’Italia) con i vari governi che si sono succeduti dal 1970 ad oggi(disponibili su Wikipedia). Negli anni in cui si sono succeduti più Presidenti del Consiglio l’incremento annuale è stato diviso proporzionalmente su base mensile. Il grafico sottostante indica, in miliardi di euro, i risultati relativi ai primi 5 classificati sulla base del debito pubblico attribuibile al/ai governi da essi presieduti.
Debito pubblico per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi572
Andreotti285
Craxi213
Prodi154
Amato125
I dati sopra illustrati rendono palese il fatto che il debito pubblico è imputabile sia ai governi della Prima che della Seconda repubblica, a quelli di destra e anche a quelli di sinistra. Persino ai governi tecnici come quelli del presidente Amato (Ciampi, Dini e Monti sono rispettivamente in 6, 7 e 8 posizione) sono attribuibili importanti quote del debito pubblico.
Tuttavia, gli esecutivi che si distinguono, e di gran lunga, per aver prodotto la maggiore porzione di debito sono quelli del Presidente Silvio Berlusconi. Questo primato non viene scalfito nemmeno se, ai dati a valori nominali, sostituiamo quelli a valori corretti con l’inflazione (dall’anno di formazione ad oggi).
Debito pubblico (a valori reali) per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi675
Andreotti551
Craxi434
Prodi192
Amato184
A valori nominali, pertanto, ai governi del Presidente Berlusconi è attribuibile quasi il 30% del debito pubblico complessivo.
% di debito pubblico attribuibile a ogni Presidente
Berlusconi29%
Andreotti14%
Craxi11%
Prodi8%
Amato6%
tutti gli altri insieme32%
Negli anni duemila, l’Italia ha mantenuto il parametro del disavanzo primario entro limiti previsti dai trattati europei e questo ha permesso all’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, di dire che i conti pubblici erano a posto. Purtroppo però, tale indicatore tiene conto della differenza fra entrate e uscite, senza però includere il costo degli interessi sul debito pubblico, che in Italia rappresentano circa il 20% di tutte le uscite (vedi bilancio pubblico 2011) e ammontano a più di 80 miliardi.
Se allo scadere di una quota di titoli del debito pubblico, il governo rifinanzia il tutto (compreso gli interessi) con l’emissione di nuovo debito pubblico, gli interessi producono a loro volta altro debito entrando così un circolo vizioso senza fine.
Durante tutti i governi Berlusconi, il primo comandamento è sempre stato quello di non aumentare le imposte, fa niente che così il debito pubblico cresceva, tanto il tasso d’interesse non era mai stato così basso dall’introduzione dell’euro, fino alla crisi dello spread che ha fatto cadere tutto il castello di ipotesi che stava probabilmente alla base di quella condotta.
Non mi dilungherei sui governi Andreotti e Craxi, anni nei quali a tutti è chiaro che si sia fatto un uso spropositato della spesa pubblica (assistenzialismo, baby pensioni, ecc).
che hanno prodotto molto debito pubblico. Tuttavia, egli ha avuto almeno l’accortezza di tenere sotto controllo il rapporto debito/PIL, portandolo dal 121% dell’ultimo governo Dini (1995), al 115% (1998), trend che poi è continuato fino ai primi anni dei governi Berlusconi (2004) arrivando fino a quota 104%. Anche il secondo governo Prodi è stato attento a questo parametro, riportandolo al 104% dopo un peggioramento avvenuto tra il 2005 e i 2006.
I governi Amato, soprattutto quello del '92-'93 hanno prodotto un significativo ammontare di debito pubblico, nonostante le privatizzazioni, avvenute in quegli anni, che portarono nelle casse dello Stato diversi miliardi di euro. Come sono stati spesi quei soldi, e perché non sono stati utilizzati per abbattere il debito?
Sempre a proposito di governi tecnici, non si può dire che abbiano fatto molta attenzione a non far crescere il debito pubblico. Il prossimo grafico mostra l’incremento del debito pubblico per mese di governo. Si osservi come nelle prime posizioni troviamo tutti i tecnici: Ciampi, Monti, Dini e Amato. L’unica eccezione è De Mita. Ad onor del vero, sul governo del Presidente Monti bisogna dire che hanno pesato le emissioni di debito pubblico per il trasferimento al fondo salva stati europeo che valgono una trentina di miliardi, ma anche tenendo conto di questo, rimarrebbe comunque nella top ten. L’illustrissimo Senatore Carlo Azeglio Ciampi (presidente prima dalla Banca d’Italia, poi del Consiglio dei Ministri e infine della Repubblica) in soli 12 mesi di governo, tra il 1993 e il 1994 è riuscito a mantenere una media d’incremento del debito pubblico superiore a tutti gli altri governi della storia.
Incremento teorico del debito pubblico, su base mensile, in miliardi di euro (primi 10 Presidenti)
Ciampi9,1
Monti6,7
Dini6,3
De Mita5,3
Amato5,2
Berlusconi5,2
Goria5,0
Craxi4,7
Fanfani4,3
Andreotti3,3
Concludendo, sarei favorevole ad una commissione che ricostruisca le cause e le responsabilità che hanno portato alla formazione di un debito pubblico così abnorme, in modo da consegnare questo documento, come monito, ai futuri governi che, si spera, adotteranno politiche più lungimiranti dei precedenti.

Nell’attesa che questo avvenga, sarei molto felice di vedere qualche giornalista italiano organizzare una trasmissione televisiva sull’argomento. Si potrebbero invitare come ospiti molti dei presidenti sopracitati che avranno sicuramente molte cose da raccontarci in merito.

01 marzo 2013

Nell'anno del giaguaro





 


Lo avevamo annunciato appena ieri quando abbiamo scritto: “Alla fine dovremo ringraziare il Movimento di Grillo per non averci fatto soffrire troppo ed averci dato il risolutivo colpo di grazia. Giacché, quando l’orda del comico entrerà alla Camera e al Senato, aule che saranno certamente afflitte da trasformismi e precarietà, sarà come un’onda anomala di dimensioni gigantesche che spazzerà via gli infingimenti e le sempiterne tresche altrui”.

Non è elegante autocitarsi ma in questo caso è doveroso perché il quadro degli sconvolgimenti parlamentari e delle sorprese elettorali era stato da noi tratteggiato alla perfezione.

Adesso cosa succederà? I partiti tradizionali non si arrenderanno, nonostante, come dice Grillo, siano circondati e non ci siano i numeri al Senato; si consulteranno e faranno i loro abboccamenti per formare un fantomatico governo di salvezza collettiva, per il bene del paese che però, “stranamente”, continua a coincidere col bene loro, con il ristretto interesse corporativo di cui sono depositari incrollabili. Temono di sparire e vogliono guadagnare ancora qualche mese che per loro, classe (non)dirigente al tramonto, può equivalere all’eternità. Sembra il Principe di Salina de Il Gattopardo invece è l’arco costituzionale al completo nell’anno del Giaguaro (smacchiato).

Il Pd si aprirà alle forze che immagina contigue senza capire che, in verità, proprio queste sono le più lontane dalle sue attuali posizioni mercatistiche, finanziaristiche, eurosuicide, supine alla Nato in politica estera e ripiegate sui soliti gruppi parassitari, industriali ed economici, all’interno del contesto nazionale. Non ci sono punti di contatto tra Bersani ed il comico genovese, nemmeno sulle battaglie ambientali, dopo che il Partito Democratico si è schierato a favore di alcune grandi opere.  Non basterà far leva sulla tradizione progressista del partito per accostarsi ai grillini perché quel patrimonio di antichi valori popolari (con i quali si può essere più o meno d’accordo) è stato liquidato per accreditarsi con i poteri forti atlantici e le cerchie della speculazione mondiale, tanto che sul sito del Pd si esultava per l’endorsement pre-voto di Goldman Sachs al centro-sinistra.

Poi, verificata l’impossibilità di qualsiasi intesa con il M5S, si cimenterà, tramite la lista cuscinetto di Mario Monti (la grande delusione con soddisfazione nostra ), anche col centro-destra, ponendo una pregiudiziale contro Berlusconi, al quale verrà chiesto di fare un passo indietro per permettere la formazione di un comitato di salute pubblica allargato alla “parte sana” del Pdl e degli altri muschietti sopravvissuti alla piaga dell’invasione degli ortotteri, adatto a fare almeno alcune riforme (comunque tutte inutili e senza respiro storico) per poi ritornare alle urne, dandosi il tempo necessario a neutralizzare i cinquestellati e la rabbia popolare che li ha puniti severamente. Ecco come non hanno imparato nulla dagli errori commessi e dalla lezione appena ricevuta.

Ma stanno facendo male i conti, perché la gente è stanca dei loro giochetti che hanno portato miseria e disperazione nelle case dei connazionali. Tutte le parole d’ordine che questi signori hanno impiegato in quattro lustri per incatenare lo Stato a logiche di soggezione internazionale, anche come conseguenza di una dipendenza culturale (sarebbe meglio dire sottoculturale), si sono sfatte come fichi al sole: dal bipolarismo, all’europeismo, all’irreversibilità dell’euro ecc. ecc. Sarebbe finalmente il caso, considerando la pesante affermazione di rappresentanze anti-Ue nel nuovo Parlamento, di preparare un bel referendum al fine lasciar decidere ai compatrioti se davvero vogliono restarci nella moneta unica e nella stessa architettura comunitaria. Finora, trattandoci come bambini, ci hanno imposto la loro visione che però, da quel che si può riscontrare, non ci ha evitato la devastante crisi; semmai quest’ultima si è pure aggravata per via delle ricette imposteci da Bruxelles e accettate pedissequamente dai nostri “quisling”.

Ça suffit! Nel nome del popolo italiano, della responsabilità pubblica, della stabilita economica, con le mani sempre tese ai mercati e ai mercanti del nostro futuro, avete fatto già troppo e sempre di peggio. E’ ora di cambiare registro o di sloggiare. Adesso al centro dell’agenda politica devono entrare altri temi e soluzioni per temperare i morsi della crisi sistemica globale e dare alla Repubblica una sua strada originale, nel multipolarismo geopolitico in dispiegamento. Difesa della sovranità nazionale, sostegno alle imprese di punta, una politica estera orientata ad accordi ed alleanze con gli Stati emergenti e riemergenti dello scacchiere planetario, un ventaglio di opzioni economiche non schiacciate sull’ideologia globalista e l’austerità finanziaria, la ricerca di una maggiore indipendenza energetica accompagnata da un uso razionale delle risorse, attivazione di un piano industriale basato sui settori all’avanguardia, imposizione della museruola alla speculazione creditizia e riconsiderazione del nostro ruolo nella Nato e nell’Ue. Questo è un piano diversificato e concreto per gettare il cuore oltre gli esiziali ostacoli della fase storica.  Tutto il resto, comprese le riforme costituzionali, sono chiacchiere senza nemmeno più il distintivo. Ieri, infatti, lo hanno perso tutti i vecchi leader di partito sotto i colpi dell’elettore italiano.

Qualcuno potrebbe farci notare che le nostre proposte non sono prese in considerazione da nessuno, nemmeno da Grillo. Infatti, quest’ultimo e i suoi ragazzi non sono il CLN. Costoro, con la loro sorprendente legittimazione nelle urne, hanno però segnalato la voglia dei cittadini di cambiare. Deve ancora giungere chi saprà raccogliere adeguatamente la portata delle sfide che ci stanno di fronte. Ma dopo il terremoto di ieri, senza montarci la testa, restiamo maggiormente fiduciosi.
di Gianni Petrosillo