17 luglio 2013
Guardate questo paese
Sono stanco di ripetermi in ragionamenti che, al punto in cui siamo, rischiano di diventare quasi irritanti nella loro ovvietà. Ho incominciato la mia collaborazione con questo blog circa un anno e mezzo or sono per provare, nel mio piccolo, a trasmettere una maggiore conoscenza delle cause dei nostri problemi economici, e proporre (sempre nel mio piccolo) alcune soluzioni. Adesso basta. Nulla è cambiato e nulla cambierà. Continuiamo nel piccolo cabotaggio italico. Non si vede nessun governo all'orizzonte con il coraggio e la forza per fare due cose: mettere mano ai quasi 300 miliardi di spese correnti del bilancio dello stato, tagliandone almeno il 10% per destinarlo a sgravi fiscali, giovani, infrastrutture; approvare una manovra straordinaria per l'abbattimento del debito pubblico cumulato, fatta di privatizzazioni e di una patrimoniale sui ricchi. Ci stiamo facendo trasportare dalla corrente. E questa corrente si chiama liquidazione amministrativa controllata. Non un default esplosivo, beninteso. Non conviene a nessuno. Invece una messa in vendita (a prezzi di saldo) del patrimonio di questo paese fatto di medie imprese di qualità, terreni, coste, opere d'arte, è un affare formidabile. Nella storia, questo è spesso stato il modo con cui i paesi improduttivi hanno ripagato i loro debiti. Ci stanno acquistando i tedeschi, i francesi, gli americani, i cinesi. Questo è di tutta evidenza. Meno evidente è, invece, il fatto che ognuno di questi acquirenti comprerà scegliendo secondo la sua cultura e il suo giudizio del nostro paese. Per cui: ai tedeschi i migliori luoghi di vacanze e le medie imprese nel settore utensile; agli americani le opere d'arte e i musei; ai francesi il Made in Italy nel lusso e nella moda; ai cinesi tutto il possibile. Eh si: loro saranno, di tutti i popoli stranieri, i nostri più entusiasti e onnivori acquirenti. Loro come noi, infatti, si trovano bene in paesi dalla normativa opaca e dove contano di più le relazioni che il merito. Questo, secondo me, avverrà. Certo, ci saranno eccezioni positive, imprese italiane eccellenti e a capitale italiano, comuni molto bene amministrati. Eccezioni alle quali ci aggrapperemo come farebbe un naufrago con il pezzo di legno che galleggia. Ma saranno eccezioni. Nella media, il sacco d'Italia è scritto nei numeri della montagna di debito che non sappiamo ripagare se non, appunto, con la grande svendita. Dunque, preferisco non contribuire al coro di "dischi rotti" ed economisti che continuano a propinare le loro ricette teoriche (e inutili), e prendo congedo dai lettori di Cadoinpiedi. Perché non ho più nulla da dire di utile.
Però prima di prendere commiato, un ultimo sguardo al mio paese lo voglio gettare, e mi permetto di trasferirlo a chi legge. E allora guardiamolo, questo nostro paese. E cosa vediamo? Vediamo a Milano i grandi grattacieli in costruzione invenduti, nel mezzo di una città che ricorda, con le sue torri vuote alla cui base dormono i barboni, certe metropoli Sud Americane degli anni '70. Vediamo, andando in posta a pagare le bollette, la povertà miserabile e senza dignità di troppi pensionati italiani. Vediamo, camminando per i marciapiedi, il racket organizzato dell'accattonaggio che cresce indisturbato. Centinaia, ormai, d'immigrati che evidentemente lavorano per degli sfruttatori. Vediamo, nelle periferie, l'avanzare disordinato e sconclusionato di case, strade, discariche, capannoni (vuoti), a rispecchiare la mancanza totale di pianificazione del territorio. Mancanza che, anch'essa, si riscontra in paesi di stampo sudamericano. Ma vediamo anche, andando per le campagne, le zone artigianali assurde fatte dai troppi sindaci che volevano il loro piccolo momento di celebrità e che, grazie a una normativa scriteriata che ha assegnato una leva d'importanza nazionale come la politica industriale alla loro responsabilità, hanno costellato gli oltre 10.000 comuni di questo paese, come tanti Peppone orgogliosi e tronfi, di zone artigianali troppo piccole, troppo disordinate e troppo mal collegate per essere competitive. E, sempre in quelle campagne, osserviamo il degrado crescente delle strade, l'abbandono degli alvei dei fiumi e dei terreni in pendio, che si traduce in miliardi di euro l'anno di costi dovuti a frane, alluvioni, smottamenti, tipici anch'essi di un paese Sud-Americano. Quando piove, nell'Italia "sudamericanizzata" del 2013, viene giù tutto.
Notiamo anche, in un paradosso che accosta l'incuria del territorio ai tentativi propagandistici delle grandi opere infrastrutturali, i cantieri infiniti delle bretelle autostradali, dei viadotti, dei ponti. Pagati dal contribuente milioni di euro per essere finiti in pochi anni, e invece perduranti da decenni. Grazie ad una normativa ridicola, che non infligge penali severe sui ritardi nella consegna dell'opera pubblica e che, in molte amministrazioni italiane, prevede ancora che il progettista venga pagato non come "una-tantum" sul suo progetto, ma in % sui costi della sua realizzazione (in pratica: come dare al lupo le chiavi del pollaio).
Vediamo, in questo paese, neo-laureati brillanti che non si prendono nemmeno più la pena di cercare un lavoro qui da noi. Giustamente, non cercano un presente di sopravvivenza. Vogliono un futuro da vivere. Soprattutto, sanno che se rimangono qui non riceveranno solo un basso stipendio e contratti a termine. Avranno anche, che è forse peggio, da adeguare verso il basso i loro sogni e le loro ambizioni a quelle di un paese rattrappito, rassegnato, furbo nell'arrangiarsi e modesto nel costruire. Il paese di "servo vostro sior paròn", di arlecchino e pulcinella, del vaso di creta tra i vasi di ferro di quel capolavoro di ambizioni limitate e cattolicesimo beghino dalla vista corta che sono i Promessi Sposi. Il paese dei briganti e dei pedaggi estorti dai comuni al viandante che vi entrava, per rimpinguare le casse del paese. I balzelli (dall'antico toscano: "imboscata, agguato") e le gabelle di medioevale memoria che oggi quei comuni eufemisticamente chiamano "tassa di occupazione del suolo", TARSU, ecc. Nelle logiche e negli obiettivi, i balzelli e le gabelle dei comuni odierni sono identiche a quelle dei comuni di secoli fa. Con un'unica differenza: il valore. Quelle applicate oggi sono molto, ma molto più elevate. Il decentramento scriteriato della fiscalità condotto in questi ultimi decenni infatti, ha consentito ai nostri amministratori locali di dare libero sfogo alla loro fantasia e, soprattutto, alle loro ambizioni. E allora ogni sindaco vuole avere la sua polizia, ma che diamine. Torniamo alle abitudini del periodo più buio della storia d'Italia, il 1600. Anche le pulci devono tossire, dice un antico proverbio. E il federalismo fiscale realizzato in salsa (avariata) nostrana, ha permesso ai comuni nostrani di scatenarsi inventando un sottobosco di tributi, imposizioni, contribuzioni, nella gran parte vessatorie per il cittadino. Ne sia prova evidente, il nostro triste primato delle multe pro-capite pagate in Europa, con un aumento di oltre il 1500% in dieci anni. Una tassa vergognosa, quella delle multe, di fatto incostituzionale perché per di più fatta pagare in modo indistinto e generalizzato (al cassintegrato come al miliardario) a differenza di quanto invece avviene in altri paesi. Uno sconcio. Ci sono comuni nel Nord-Italia per i quali le multe rappresentano ormai la seconda, o a volte anche la prima, voce di entrata assoluta del loro bilancio!. Questi azzeccagarbugli locali hanno realizzato un federalismo fiscale da XVII° secolo. E invece di fare i loro bilanci vendendo servizi locali a valore aggiunto per la qualità della nostra vita, ci tendono imboscate fiscali fatte di parcheggi a pagamento senza parchimetri, autovelox nascosti, tasse per i rifiuti anch'esse da primato europeo. Se non fosse una tragedia, ci sarebbe quasi da ridere. Questa vera e propria "imposta ambientale sull'auto" da parte dei comuni, unita alla sconcia mancanza di concorrenza nel settore assicurativo e al costo spropositato dei carburanti, hanno di fatto ucciso la domanda di auto da parte del ceto medio italiano. Infatti, il settore dell'auto che in Europa è in crisi, in Italia è in pratica scomparso. L'italiano non compra più l'auto perché non se la può più permettere. E allora cosa vediamo, se osserviamo le nostre città? Le biciclette!. Al che, l'assessore alla mobilità di una primaria città italiana commentava garrulo e compiaciuto: "ecco, vedete, è un esempio di mobilità sana, alternativa, che fa bene alla persona e all'ambiente". Ma si dimenticava che, lui, le piste ciclabili non le ha realizzate, e che in questa primaria città italiana i ciclisti non sembrano certo, quando li osservi pedalare, dei tranquilli ciclisti di certe città del Nord-Europa, con le loro belle piste ciclabili. Ricordano invece quelli di Bangkok, sempre in bilico tra rotaie e buche (anch'esse in crescita, e ben più delle multe) nelle strade, su e giù dai marciapiedi (comportamento illegale, ma di legittima difesa da parte del povero ciclista, data la situazione). E come dimostrano le statistiche, facendosi spesso del male o rimettendoci le cuoia.
E' proprio vero: possiamo guardarlo, questo paese, con lo sguardo partecipe e innamorato del patriota e del cittadino, e allora ci viene male a vederlo declinare, impoverire, intristire, svendere. O possiamo osservarlo con un altro sguardo: furbo, calcolatore e cinico. E allora, al di là delle belle dichiarazioni di facciata, non ce ne importa nulla. Parola di ciclista.
di Davide Reina
16 luglio 2013
Sprint dell'Eurozona verso il fascismo finanziario
Vi avevamo avvertiti, e il 26 giugno i ministri finanziari dell'Eurozona vi hanno trasformato da risparmiatore in finanziere d'assalto. Il nuovo meccanismo di "risoluzione bancaria" approvato dall'Ecofin introduce una svolta epocale, permettendo che i soldi dei risparmiatori siano usati per finanziare istituti in bancarotta. Il rapporto fiduciario banca-cliente non esiste più. Se finora i vostri soldi tenuti in un conto di risparmio o in un conto corrente erano sempre vostri, d'ora in poi non sarà più così. Li avete affidati a un investitore e la responsabilità sarà vostra se saranno persi in speculazione ad alto rischio.
Il principio della protezione del cittadino-risparmiatore è stato
sostituito con quello della "protezione del sistema" come base
fondamentale della politica. In alcuni casi, come in quello italiano, è
stato espressamente violato un principio costituzionale.
Concretamente, se la nuova legge per la Risoluzione Bancaria entrerà in
vigore (teoricamente sia il Parlamento Europeo che quelli nazionali
possono opporsi), una banca insolvente sarà salvata dall'interno e
dall'esterno (bail-in e bail-out). In un primo momento, i debiti saranno
saldati dagli azionisti, quindi dai possessori di obbligazioni, e
infine dai risparmiatori "non protetti". La dichiarazione finale
dell'Ecofin spiega che i conti di sotto ai centomila euro e i depositi
di "piccole e medie imprese (…) saranno privilegiati rispetto alle
richieste di creditori ordinari non protetti, non privilegiati, e dei
depositi delle grandi imprese".
Che significa "piccole e medie imprese"? Si salveranno quelle con cinque
addetti e quelle con cinquecento subiranno la confisca? Inoltre, la
parola "privilegiato" non significa escluso. Infatti, come l'oligarchia
ha segnalato, il buco da coprire supera i 2,5 trilioni di euro,
calcolato al valore di mercato attuale degli attivi. Ciò significa che
le "circostanze straordinarie" in cui "tutti i debiti non protetti e non
privilegiati esclusi i depositi qualificati sono stati impiegati" nel
salvataggio vengono a verificarsi facilmente in una liquidazione
bancaria, dopodiché "il liquidatore può cercare fondi da fonti
finanziarie alternative". Questo è un capolavoro d'indefinitezza e
lascia un varco a qualsiasi cosa, compreso il contribuente o i
risparmiatori assicurati.
Il presidente della BCE Mario Draghi ha chiesto e ottenuto un impegno
ex-ante dai paesi membri dell'UE ad un salvataggio pubblico se il resto
fallisce, come elemento costitutivo dell'Unione Bancaria e dello schema
di liquidazione bancaria. Ciò tuttavia non significa che tutte le banche
saranno salvate. Il recente rapporto della BRI indica chiaramente che
si applicherà un salvataggio selettivo, per espropriare il massimo dai
poveri e salvare i ricchi.
I super-ricchi, le cui fortune dipendono dalla continuità dell'economia
della bisca, saranno risparmiati. Il comunicato dell'Ecofin afferma che
"il liquidatore nazionale avrà anche il potere di escludere,
completamente o parzialmente, debiti su base discrezionale", tra gli
altri motivi "per evitare il contagio". In altre parole, ogni debito
"sistemicamente rilevante" deve essere pagato. Le scommesse con i
derivati sono i debiti sistematicamente più rilevanti, come dimostrò il
caso Lehman Brothers. Una volta chiuso il derivato si apre una voragine.
Lo schema dell'Ecofin spalanca un altro portone per salvare ogni tipo
di speculazione in derivati, escludendo dal bail-in "i debiti
interbancari con scadenza inferiore ai sette giorni". Poiché la maggior
parte dei debiti in derivati è tra le banche, e ogni contratto derivato
può essere trasformato in qualcosa con scadenza inferiore ai sette
giorni, attraverso questo varco può passare l'intero debito speculativo,
e il risparmiatore deve pagarlo per "evitare il contagio".
Codificando in legge il principio che il denaro degli speculatori è al
sicuro ma quello dei risparmiatori no, l'UE ha messo a repentaglio
quella stessa "stabilità del sistema" che voleva preservare. Se si
diffonde la percezione che i risparmi non sono più sicuri, ci sarà una
fuga dai depositi.
by (MoviSol) -
15 luglio 2013
Egitto: l'adesione di Morsi all'assalto contro la Siria è stato il punto di svolta
Il rovesciamento del governo di Mohamed Morsi in Egitto è una drammatica reazione all'imposizione della nuova politica alla Sykes-Picot da parte delle potenze occidentali. Le forze armate egiziane si sono mosse contro il Presidente dopo che tutti e cinque i ministri non Fratelli Musulmani e due portavoce presidenziali si erano dimessi in solidarietà con i milioni di manifestanti in tutto il paese.
Morsi si era insediato un anno fa dopo che l'alleanza anglo-saudita di
gruppi radicali islamici collegata ad Al Qaeda, cui la Fratellanza
Musulmana (FM) è associata, aveva dirottato la cosiddetta Primavera
Araba. Questa stessa alleanza aveva trasformato le proteste in Libia in
una sanguinosa guerra civile sostenuta dall'intervento militare di Gran
Bretagna, Francia e Stati Uniti, che ha gettato il paese nel caos e
lasciato la popolazione alla mercé delle bande armate. La trasformazione
della Primavera Araba in Siria si è spinta ancor più in là, minacciando
di creare un conflitto tra sunniti e sciiti in tutta la regione, come
preludio ad un attacco all'Iran e alla fine uno scontro nucleare tra gli
Stati Uniti e la Russia.
Le proteste in Egitto contro la Fratellanza Musulmana hanno fatto
seguito alle dimostrazioni di massa in Turchia, che erano dirette non
solo contro la politica sempre più autoritaria del partito Islamico
della Giustizia e dello Sviluppo, ma anche contro il sostegno alla
politica di aggressione alla Siria.
In Egitto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata raggiunta
il mese scorso, quando il Presidente Obama e il suo security team alla
Casa Bianca hanno chiesto al Pentagono di bombardare le basi militari
siriane, richiesta alla quale si è opposto con forza il capo degli Stati
Maggiori Riuniti, il gen. Martin Dempsey. Nonostante questa
opposizione, Obama ha annunciato che gli USA avrebbero ufficialmente
cominciato ad armare i ribelli.
Entro pochi giorni dall'annuncio, il Presidente Morsi ha ordinato il
taglio delle relazioni diplomatiche con la Siria, mentre la FM indiva
una manifestazione a cui parlava Morsi incitando alla Jihad e
all'intervento militare straniero in Siria, chiamando "infedeli"
Hezbollah e gli sciiti iraniani che appoggiano Assad.
Un dispaccio della Reuters che cita fonti militari egiziane
anonime ha osservato che quella manifestazione di islamisti radicali è
stata la molla che ha scatenato "le preoccupazioni delle forze armate
per il modo in cui il Presidente Morsi stava governando il paese".
Non appena Morsi è stato deposto, il capo delle Forze Armate
Abdul-Fattah El-Sisi ha nominato Adly Mahmoud Mansour, capo della Corte
Costituzionale, capo del governo di transizione col mandato di
presiedere alla stesura di una nuova costituzione e a nuove elezioni. La
situazione rimane però pericolosa, perché la Fratellanza Musulmana
spinge all'insurrezione ed è noto che dispone di armi arrivate dalla
Libia.
Inoltre, la deposizione di Morsi è "bad news" per la Turchia, dove il
partito al governo non solo aveva allacciato forti legami con Morsi, ma
ne condivideva la politica anti-Siria. Mentre il governo turco
denunciava le FFAA egiziane per aver eseguito uno "sporco colpo di
stato", un commentatore turco scriveva sull'Hurriyet Daily News:
"Se si riesce a riconquistare la 'primavera' che era stata scippata in
Egitto… dobbiamo prepararci a vederne le ricadute nel resto della
regione".
by (MoviSol)
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17 luglio 2013
Guardate questo paese
Sono stanco di ripetermi in ragionamenti che, al punto in cui siamo, rischiano di diventare quasi irritanti nella loro ovvietà. Ho incominciato la mia collaborazione con questo blog circa un anno e mezzo or sono per provare, nel mio piccolo, a trasmettere una maggiore conoscenza delle cause dei nostri problemi economici, e proporre (sempre nel mio piccolo) alcune soluzioni. Adesso basta. Nulla è cambiato e nulla cambierà. Continuiamo nel piccolo cabotaggio italico. Non si vede nessun governo all'orizzonte con il coraggio e la forza per fare due cose: mettere mano ai quasi 300 miliardi di spese correnti del bilancio dello stato, tagliandone almeno il 10% per destinarlo a sgravi fiscali, giovani, infrastrutture; approvare una manovra straordinaria per l'abbattimento del debito pubblico cumulato, fatta di privatizzazioni e di una patrimoniale sui ricchi. Ci stiamo facendo trasportare dalla corrente. E questa corrente si chiama liquidazione amministrativa controllata. Non un default esplosivo, beninteso. Non conviene a nessuno. Invece una messa in vendita (a prezzi di saldo) del patrimonio di questo paese fatto di medie imprese di qualità, terreni, coste, opere d'arte, è un affare formidabile. Nella storia, questo è spesso stato il modo con cui i paesi improduttivi hanno ripagato i loro debiti. Ci stanno acquistando i tedeschi, i francesi, gli americani, i cinesi. Questo è di tutta evidenza. Meno evidente è, invece, il fatto che ognuno di questi acquirenti comprerà scegliendo secondo la sua cultura e il suo giudizio del nostro paese. Per cui: ai tedeschi i migliori luoghi di vacanze e le medie imprese nel settore utensile; agli americani le opere d'arte e i musei; ai francesi il Made in Italy nel lusso e nella moda; ai cinesi tutto il possibile. Eh si: loro saranno, di tutti i popoli stranieri, i nostri più entusiasti e onnivori acquirenti. Loro come noi, infatti, si trovano bene in paesi dalla normativa opaca e dove contano di più le relazioni che il merito. Questo, secondo me, avverrà. Certo, ci saranno eccezioni positive, imprese italiane eccellenti e a capitale italiano, comuni molto bene amministrati. Eccezioni alle quali ci aggrapperemo come farebbe un naufrago con il pezzo di legno che galleggia. Ma saranno eccezioni. Nella media, il sacco d'Italia è scritto nei numeri della montagna di debito che non sappiamo ripagare se non, appunto, con la grande svendita. Dunque, preferisco non contribuire al coro di "dischi rotti" ed economisti che continuano a propinare le loro ricette teoriche (e inutili), e prendo congedo dai lettori di Cadoinpiedi. Perché non ho più nulla da dire di utile.
Però prima di prendere commiato, un ultimo sguardo al mio paese lo voglio gettare, e mi permetto di trasferirlo a chi legge. E allora guardiamolo, questo nostro paese. E cosa vediamo? Vediamo a Milano i grandi grattacieli in costruzione invenduti, nel mezzo di una città che ricorda, con le sue torri vuote alla cui base dormono i barboni, certe metropoli Sud Americane degli anni '70. Vediamo, andando in posta a pagare le bollette, la povertà miserabile e senza dignità di troppi pensionati italiani. Vediamo, camminando per i marciapiedi, il racket organizzato dell'accattonaggio che cresce indisturbato. Centinaia, ormai, d'immigrati che evidentemente lavorano per degli sfruttatori. Vediamo, nelle periferie, l'avanzare disordinato e sconclusionato di case, strade, discariche, capannoni (vuoti), a rispecchiare la mancanza totale di pianificazione del territorio. Mancanza che, anch'essa, si riscontra in paesi di stampo sudamericano. Ma vediamo anche, andando per le campagne, le zone artigianali assurde fatte dai troppi sindaci che volevano il loro piccolo momento di celebrità e che, grazie a una normativa scriteriata che ha assegnato una leva d'importanza nazionale come la politica industriale alla loro responsabilità, hanno costellato gli oltre 10.000 comuni di questo paese, come tanti Peppone orgogliosi e tronfi, di zone artigianali troppo piccole, troppo disordinate e troppo mal collegate per essere competitive. E, sempre in quelle campagne, osserviamo il degrado crescente delle strade, l'abbandono degli alvei dei fiumi e dei terreni in pendio, che si traduce in miliardi di euro l'anno di costi dovuti a frane, alluvioni, smottamenti, tipici anch'essi di un paese Sud-Americano. Quando piove, nell'Italia "sudamericanizzata" del 2013, viene giù tutto.
Notiamo anche, in un paradosso che accosta l'incuria del territorio ai tentativi propagandistici delle grandi opere infrastrutturali, i cantieri infiniti delle bretelle autostradali, dei viadotti, dei ponti. Pagati dal contribuente milioni di euro per essere finiti in pochi anni, e invece perduranti da decenni. Grazie ad una normativa ridicola, che non infligge penali severe sui ritardi nella consegna dell'opera pubblica e che, in molte amministrazioni italiane, prevede ancora che il progettista venga pagato non come "una-tantum" sul suo progetto, ma in % sui costi della sua realizzazione (in pratica: come dare al lupo le chiavi del pollaio).
Vediamo, in questo paese, neo-laureati brillanti che non si prendono nemmeno più la pena di cercare un lavoro qui da noi. Giustamente, non cercano un presente di sopravvivenza. Vogliono un futuro da vivere. Soprattutto, sanno che se rimangono qui non riceveranno solo un basso stipendio e contratti a termine. Avranno anche, che è forse peggio, da adeguare verso il basso i loro sogni e le loro ambizioni a quelle di un paese rattrappito, rassegnato, furbo nell'arrangiarsi e modesto nel costruire. Il paese di "servo vostro sior paròn", di arlecchino e pulcinella, del vaso di creta tra i vasi di ferro di quel capolavoro di ambizioni limitate e cattolicesimo beghino dalla vista corta che sono i Promessi Sposi. Il paese dei briganti e dei pedaggi estorti dai comuni al viandante che vi entrava, per rimpinguare le casse del paese. I balzelli (dall'antico toscano: "imboscata, agguato") e le gabelle di medioevale memoria che oggi quei comuni eufemisticamente chiamano "tassa di occupazione del suolo", TARSU, ecc. Nelle logiche e negli obiettivi, i balzelli e le gabelle dei comuni odierni sono identiche a quelle dei comuni di secoli fa. Con un'unica differenza: il valore. Quelle applicate oggi sono molto, ma molto più elevate. Il decentramento scriteriato della fiscalità condotto in questi ultimi decenni infatti, ha consentito ai nostri amministratori locali di dare libero sfogo alla loro fantasia e, soprattutto, alle loro ambizioni. E allora ogni sindaco vuole avere la sua polizia, ma che diamine. Torniamo alle abitudini del periodo più buio della storia d'Italia, il 1600. Anche le pulci devono tossire, dice un antico proverbio. E il federalismo fiscale realizzato in salsa (avariata) nostrana, ha permesso ai comuni nostrani di scatenarsi inventando un sottobosco di tributi, imposizioni, contribuzioni, nella gran parte vessatorie per il cittadino. Ne sia prova evidente, il nostro triste primato delle multe pro-capite pagate in Europa, con un aumento di oltre il 1500% in dieci anni. Una tassa vergognosa, quella delle multe, di fatto incostituzionale perché per di più fatta pagare in modo indistinto e generalizzato (al cassintegrato come al miliardario) a differenza di quanto invece avviene in altri paesi. Uno sconcio. Ci sono comuni nel Nord-Italia per i quali le multe rappresentano ormai la seconda, o a volte anche la prima, voce di entrata assoluta del loro bilancio!. Questi azzeccagarbugli locali hanno realizzato un federalismo fiscale da XVII° secolo. E invece di fare i loro bilanci vendendo servizi locali a valore aggiunto per la qualità della nostra vita, ci tendono imboscate fiscali fatte di parcheggi a pagamento senza parchimetri, autovelox nascosti, tasse per i rifiuti anch'esse da primato europeo. Se non fosse una tragedia, ci sarebbe quasi da ridere. Questa vera e propria "imposta ambientale sull'auto" da parte dei comuni, unita alla sconcia mancanza di concorrenza nel settore assicurativo e al costo spropositato dei carburanti, hanno di fatto ucciso la domanda di auto da parte del ceto medio italiano. Infatti, il settore dell'auto che in Europa è in crisi, in Italia è in pratica scomparso. L'italiano non compra più l'auto perché non se la può più permettere. E allora cosa vediamo, se osserviamo le nostre città? Le biciclette!. Al che, l'assessore alla mobilità di una primaria città italiana commentava garrulo e compiaciuto: "ecco, vedete, è un esempio di mobilità sana, alternativa, che fa bene alla persona e all'ambiente". Ma si dimenticava che, lui, le piste ciclabili non le ha realizzate, e che in questa primaria città italiana i ciclisti non sembrano certo, quando li osservi pedalare, dei tranquilli ciclisti di certe città del Nord-Europa, con le loro belle piste ciclabili. Ricordano invece quelli di Bangkok, sempre in bilico tra rotaie e buche (anch'esse in crescita, e ben più delle multe) nelle strade, su e giù dai marciapiedi (comportamento illegale, ma di legittima difesa da parte del povero ciclista, data la situazione). E come dimostrano le statistiche, facendosi spesso del male o rimettendoci le cuoia.
E' proprio vero: possiamo guardarlo, questo paese, con lo sguardo partecipe e innamorato del patriota e del cittadino, e allora ci viene male a vederlo declinare, impoverire, intristire, svendere. O possiamo osservarlo con un altro sguardo: furbo, calcolatore e cinico. E allora, al di là delle belle dichiarazioni di facciata, non ce ne importa nulla. Parola di ciclista.
di Davide Reina
16 luglio 2013
Sprint dell'Eurozona verso il fascismo finanziario
Vi avevamo avvertiti, e il 26 giugno i ministri finanziari dell'Eurozona vi hanno trasformato da risparmiatore in finanziere d'assalto. Il nuovo meccanismo di "risoluzione bancaria" approvato dall'Ecofin introduce una svolta epocale, permettendo che i soldi dei risparmiatori siano usati per finanziare istituti in bancarotta. Il rapporto fiduciario banca-cliente non esiste più. Se finora i vostri soldi tenuti in un conto di risparmio o in un conto corrente erano sempre vostri, d'ora in poi non sarà più così. Li avete affidati a un investitore e la responsabilità sarà vostra se saranno persi in speculazione ad alto rischio.
Il principio della protezione del cittadino-risparmiatore è stato
sostituito con quello della "protezione del sistema" come base
fondamentale della politica. In alcuni casi, come in quello italiano, è
stato espressamente violato un principio costituzionale.
Concretamente, se la nuova legge per la Risoluzione Bancaria entrerà in
vigore (teoricamente sia il Parlamento Europeo che quelli nazionali
possono opporsi), una banca insolvente sarà salvata dall'interno e
dall'esterno (bail-in e bail-out). In un primo momento, i debiti saranno
saldati dagli azionisti, quindi dai possessori di obbligazioni, e
infine dai risparmiatori "non protetti". La dichiarazione finale
dell'Ecofin spiega che i conti di sotto ai centomila euro e i depositi
di "piccole e medie imprese (…) saranno privilegiati rispetto alle
richieste di creditori ordinari non protetti, non privilegiati, e dei
depositi delle grandi imprese".
Che significa "piccole e medie imprese"? Si salveranno quelle con cinque
addetti e quelle con cinquecento subiranno la confisca? Inoltre, la
parola "privilegiato" non significa escluso. Infatti, come l'oligarchia
ha segnalato, il buco da coprire supera i 2,5 trilioni di euro,
calcolato al valore di mercato attuale degli attivi. Ciò significa che
le "circostanze straordinarie" in cui "tutti i debiti non protetti e non
privilegiati esclusi i depositi qualificati sono stati impiegati" nel
salvataggio vengono a verificarsi facilmente in una liquidazione
bancaria, dopodiché "il liquidatore può cercare fondi da fonti
finanziarie alternative". Questo è un capolavoro d'indefinitezza e
lascia un varco a qualsiasi cosa, compreso il contribuente o i
risparmiatori assicurati.
Il presidente della BCE Mario Draghi ha chiesto e ottenuto un impegno
ex-ante dai paesi membri dell'UE ad un salvataggio pubblico se il resto
fallisce, come elemento costitutivo dell'Unione Bancaria e dello schema
di liquidazione bancaria. Ciò tuttavia non significa che tutte le banche
saranno salvate. Il recente rapporto della BRI indica chiaramente che
si applicherà un salvataggio selettivo, per espropriare il massimo dai
poveri e salvare i ricchi.
I super-ricchi, le cui fortune dipendono dalla continuità dell'economia
della bisca, saranno risparmiati. Il comunicato dell'Ecofin afferma che
"il liquidatore nazionale avrà anche il potere di escludere,
completamente o parzialmente, debiti su base discrezionale", tra gli
altri motivi "per evitare il contagio". In altre parole, ogni debito
"sistemicamente rilevante" deve essere pagato. Le scommesse con i
derivati sono i debiti sistematicamente più rilevanti, come dimostrò il
caso Lehman Brothers. Una volta chiuso il derivato si apre una voragine.
Lo schema dell'Ecofin spalanca un altro portone per salvare ogni tipo
di speculazione in derivati, escludendo dal bail-in "i debiti
interbancari con scadenza inferiore ai sette giorni". Poiché la maggior
parte dei debiti in derivati è tra le banche, e ogni contratto derivato
può essere trasformato in qualcosa con scadenza inferiore ai sette
giorni, attraverso questo varco può passare l'intero debito speculativo,
e il risparmiatore deve pagarlo per "evitare il contagio".
Codificando in legge il principio che il denaro degli speculatori è al
sicuro ma quello dei risparmiatori no, l'UE ha messo a repentaglio
quella stessa "stabilità del sistema" che voleva preservare. Se si
diffonde la percezione che i risparmi non sono più sicuri, ci sarà una
fuga dai depositi.
by (MoviSol) -
15 luglio 2013
Egitto: l'adesione di Morsi all'assalto contro la Siria è stato il punto di svolta
Il rovesciamento del governo di Mohamed Morsi in Egitto è una drammatica reazione all'imposizione della nuova politica alla Sykes-Picot da parte delle potenze occidentali. Le forze armate egiziane si sono mosse contro il Presidente dopo che tutti e cinque i ministri non Fratelli Musulmani e due portavoce presidenziali si erano dimessi in solidarietà con i milioni di manifestanti in tutto il paese.
Morsi si era insediato un anno fa dopo che l'alleanza anglo-saudita di
gruppi radicali islamici collegata ad Al Qaeda, cui la Fratellanza
Musulmana (FM) è associata, aveva dirottato la cosiddetta Primavera
Araba. Questa stessa alleanza aveva trasformato le proteste in Libia in
una sanguinosa guerra civile sostenuta dall'intervento militare di Gran
Bretagna, Francia e Stati Uniti, che ha gettato il paese nel caos e
lasciato la popolazione alla mercé delle bande armate. La trasformazione
della Primavera Araba in Siria si è spinta ancor più in là, minacciando
di creare un conflitto tra sunniti e sciiti in tutta la regione, come
preludio ad un attacco all'Iran e alla fine uno scontro nucleare tra gli
Stati Uniti e la Russia.
Le proteste in Egitto contro la Fratellanza Musulmana hanno fatto
seguito alle dimostrazioni di massa in Turchia, che erano dirette non
solo contro la politica sempre più autoritaria del partito Islamico
della Giustizia e dello Sviluppo, ma anche contro il sostegno alla
politica di aggressione alla Siria.
In Egitto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata raggiunta
il mese scorso, quando il Presidente Obama e il suo security team alla
Casa Bianca hanno chiesto al Pentagono di bombardare le basi militari
siriane, richiesta alla quale si è opposto con forza il capo degli Stati
Maggiori Riuniti, il gen. Martin Dempsey. Nonostante questa
opposizione, Obama ha annunciato che gli USA avrebbero ufficialmente
cominciato ad armare i ribelli.
Entro pochi giorni dall'annuncio, il Presidente Morsi ha ordinato il
taglio delle relazioni diplomatiche con la Siria, mentre la FM indiva
una manifestazione a cui parlava Morsi incitando alla Jihad e
all'intervento militare straniero in Siria, chiamando "infedeli"
Hezbollah e gli sciiti iraniani che appoggiano Assad.
Un dispaccio della Reuters che cita fonti militari egiziane
anonime ha osservato che quella manifestazione di islamisti radicali è
stata la molla che ha scatenato "le preoccupazioni delle forze armate
per il modo in cui il Presidente Morsi stava governando il paese".
Non appena Morsi è stato deposto, il capo delle Forze Armate
Abdul-Fattah El-Sisi ha nominato Adly Mahmoud Mansour, capo della Corte
Costituzionale, capo del governo di transizione col mandato di
presiedere alla stesura di una nuova costituzione e a nuove elezioni. La
situazione rimane però pericolosa, perché la Fratellanza Musulmana
spinge all'insurrezione ed è noto che dispone di armi arrivate dalla
Libia.
Inoltre, la deposizione di Morsi è "bad news" per la Turchia, dove il
partito al governo non solo aveva allacciato forti legami con Morsi, ma
ne condivideva la politica anti-Siria. Mentre il governo turco
denunciava le FFAA egiziane per aver eseguito uno "sporco colpo di
stato", un commentatore turco scriveva sull'Hurriyet Daily News:
"Se si riesce a riconquistare la 'primavera' che era stata scippata in
Egitto… dobbiamo prepararci a vederne le ricadute nel resto della
regione".
by (MoviSol)
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