15 maggio 2008
Mercato dalle stalle, il petrolio alle Stelle
La corsa del petrolio sembra inarrestabile e le sue conseguenze sono immediatamente percepite dai consumatori tanto alla pompa di benzina quanto al supermercato. Ogni giorno dalla borsa ci comunicano che il petrolio ha toccato l’ennesimo record storico e nessuno pare sia in grado di fermare questo pericolosissimo trend. "Siamo di fronte a un caso scolastico di fallimento del mercato" afferma Davide Tabarelli presidente di Nomisma energia e analista del Sole 24 Ore per le materie prime. Se, infatti, nel tempio del liberismo, qual è il congresso USA, i senatori democratici propongono una legge per valutare se c'è stata speculazione sul mercato del petrolio, vuol dire che la tentazione di regolare i mercati è forte, troppo forte per resistere. Il mercato, come si sa, ha le sue regole ed è grazie a queste che - ci dicono i grandi economisti - trova sempre il prezzo ottimale, incrociando domanda e offerta.
Quello che, però, non si dice è che se l’offerta di petrolio è controllata da un cartello di paesi produttori, il livello del prezzo di questo sarà inevitabilmente stabilito e controllato a monte. L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio meglio conosciuta come OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries ndr), infatti, comprende attualmente dodici paesi che si sono associati, formando un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere aspetti relativi alla produzione di petrolio, prezzi e concessioni.
Il problema è che l'aumento del petrolio è un fatto che incide non solo sul costo dell'energia, ma anche sul costo dei materiali. Aumentando il greggio, infatti, aumenta tutto: i polimeri, le vernici, la plastica che contiene gli alimenti e gli alimenti stessi, che vengono prodotti in grandi quantità proprio grazie al petrolio e ai suoi derivati, come i concimi chimici. “Io per anni ho avuto fiducia nel mercato – continua Davide Tabarelli - e credevo che si aggiustasse da solo in base alle leggi economiche. Ma visto che la domanda cresce ed è destinata a crescere ancora e l'offerta non aumenta e non aumenterà non ci sono alternative. Il prezzo spinto dalla domanda potrebbe raggiungere anche i 400 dollari.”
Prima, infatti, di puntare il dito sulle speculazioni borsistiche che inevitabilmente avvengono, occorrerebbe segnalare la stortura di un mercato che è legato alle decisioni di pochi ma i cui risultati incidono sulla vita di tutti ed in modo particolarmente feroce. L'organo federale americano che controlla ogni settimana l'andamento dei future sul greggio parla, infatti, di fluttuazioni che non superano mai il 20%. Il greggio, invece, è aumentato molto di più in pochissimo tempo. Siamo, quindi, di fronte al fallimento del mercato e non solo per un problema di speculazione.
Se da una parte c’è, infatti, la mai tramontata questione politica medio-oriententale, oggi resa ancora più calda dalle notizie provenienti dal Libano, dall’altra c’è chi parla di “responsabilità occidentale”: si sostiene che parlando tanto di biocarburanti, fonti di energia rinnovabili, riduzione di CO2 i paesi produttori abbiano maturato la convinzione che fra qualche anno potremo fare a meno del petrolio e per questo stanno spremendo quello che si può spremere per ricavare il più possibile da ciò che hanno. Una follia.
Il problema è sempre lo stesso: la domanda cresce mentre l'offerta arranca. Considerando, poi, il problema delle riserve di cui nessuno sa con certezza la stima e l’evidenza di una crescente diminuzione di accessibilità alle riserve più facili, considerando il problema della mancanza di alternative valide in quanto la quantità di energia contenuta in un litro di greggio è enorme ed ha ancora dei costi bassissimi rispetto alle alternative attualmente possibili e considerando, infine, come ipotesi quali l’idrogeno e i biocarburanti siano del tutto incapaci di reggere di fronte alla richiesta di energia del pianeta, gli scenari che si prospettano sono quantomeno oscuri.
L'anno scorso nel mondo, secondo i dati di Nomisma energia, sono stati consumati 2.200 milioni di tonnellate di carburante tra benzina e gasolio e 52 milioni di tonnellate di biocarburanti. Possiamo anche immaginare di triplicare nei prossimi 20 anni la produzione di biocarburanti, tralasciando tutti i problemi connessi all'alimentazione, ma non si potrà far crescere di molto questo rapporto perché nel frattempo la domanda mondiale di greggio aumenterà di almeno 550 milioni di tonnellate. Il che rende il problema in tutta la sua gravità.
Immaginare il petrolio sfondare quota 200 dollari al barile non è solo realismo, ma qualcosa di inevitabile e a preoccupare non sono tanto gli aumenti della bolletta energetica per gli Stati e le famiglie, ma gli stravolgimenti che seguirebbero a livello politico sulla scena globale. Il presidente dell'Opec, Chakib Khelil, la scorsa settimana ha previsto il raggiungimento dei 200 dollari al barile entro il 2010. Scenario questo confermato anche dalla potentissima Goldman Sachs, venendo quasi da dire che, se lo dice la banca centro della finanza ebraica, c’è da crederci e da preoccuparsi.
I primi a giovare di questo scenario sarebbero, ovviamente, i paesi produttori come Iran, Venezuela e Russia che hanno visto, in questi anni, salire i loro ricavi di quasi il 100%. Nel 2008 il petrolio frutterà ai Paesi Opec oltre mille miliardi di dollari di ricavi in più rispetto l’anno precedente. Ne seguirà, come logica conseguenza, un aumento esponenziale del potere politico ed economico di questi Stati, sempre più capaci, così, di influenzare le politiche internazionali degli Stati dipendenti dalle importazioni di greggio, tra cui l’Italia.
L'aumento del greggio se favorirà da un lato i nuovi Paesi produttori (ma anche i vecchi considerando il boom economico senza precedenti che sta conoscendo Dubai) dall'altro farà crescere anche i costi della logistica delle merci cinesi. Spedire un container da 40 piedi dalla Cina agli Stati Uniti con il greggio a 200 $ rischia di costare 10mila dollari in più rispetto a ora. Rischia quindi di rendere più appetibili per Pechino le esportazioni in Paesi vicini, Giappone in primis. Una cosa non da poco se si considera che gli States sono il primo mercato di export per le merci a basso costo cinesi. E se si considera - soprattutto - che l'economia americana, in bilico tra deficit pubblico alle stelle e crisi sui mercati azionari, è tenuta in piedi dagli investimenti di Pechino che è il primo detentore di Bond di Stato targati Usa. Una situazione che potrebbe cambiare. Con la sete di petrolio che ha Pechino, infatti, quanto sarebbe disposto a spendere il Venezuela di Chavez per il 20% del debito pubblico americano?
di Ilvio Pannullo
La creazione senza freni di moneta privata
Dopo l'abolizione del Glass-Steagall Act nel 1999, agl'inizi del nuovo millennio abbiamo assistito a una stupefacente trasformazione dei mercati creditizi americani in quello che è ben presto diventato il più grande meccanismo al mondo per la creazione senza freni di moneta privata.
La Nuova Finanza è nata da un incestuoso e intercollegato, anche se informale, cartello di operatori, tutti formatisi sugli scritti di Alan Greenspan e dei suoi amici di J.P. Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e degli altri maggiori istituti finanziari di New York. La cartolarizzazione doveva garantire un "nuovo" secolo degli Stati Uniti e il suo dominio finanziario, come i suoi creatori credevano fermamente all'inizio del secolo.
Oltre al disinvolto appoggio della FED di Greenspan, il segreto della rivoluzione finanziaria era la complicità dei rami esecutivo, legislativo e giudiziario del governo USA, fino alla Corte suprema. Inoltre, per evitare ogni intoppo all'operazione, bisognava poter contare sulla complicità fattiva delle due principali società di rating, Moody’s e Standard & Poors.
Bisognava anche che il Congresso e l'Esecutivo fossero pronti a respingere le ripetute sollecitazioni a regolare i derivati finanziari non quotati in borsa, gli hedge fund emessi o finanziati dalle banche, e a fare il necessario per abolire i controlli, la supervisione e la trasparenza faticosamente costruiti nel secolo precedente. Bisognava infine che le più importanti agenzie di rating certificate dal governo concedessero l'AAA alle Monoline, un gruppuscolo di società di assicurazione scarsamente controllate con base a New York, importante tassello della Nuova Finanza.
I legami e i consensi alla base della massiccia espansione della cartolarizzazione tra tutti questi operatori istituzionali erano talmente evidenti e pervasivi che avremmo dovuto piuttosto parlare di America New Finance Inc., con azioni avrebbero dovuto essere quotate al NASDAQ.
Alan Greenspan aveva anticipato e incoraggiato il processo di cartolarizzazione dei titoli molti anni prima che alimentasse in modo così dirompente la fenomenale bolla immobiliare degl'inizi del nuovo secolo. In un patetico tentativo di negare, dopo il crollo, il ruolo centrale da lui ricoperto, l'anno scorso Greenspan ha dichiarato che il problema non erano i prestiti ipotecari ai clienti subprime ma piuttosto la cartolarizzazione dei crediti subprime. Nell'aprile 2005 aveva però lodato in termini molto diversi la cartolarizzazione subprime, e, intervenendo nel corso della Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference, aveva affermato
"Il progresso ha messo a nostra disposizione una miriade di nuovi prodotti, ad esempio i finanziamenti subprime e i programmi di crediti di nicchia per gl'immigrati. Sono un buon esempio delle risposte del mercato che hanno ispirato il settore dei servizi finanziari nella storia del nostro paese. Grazie a questi progressi tecnologici, i finanziatori hanno usato con profitto i modelli di valutazione del credito e altre tecniche per estendere in modo efficiente il credito a una più ampia gamma di consumatori... I titoli garantiti da ipoteca hanno permesso di creare un mercato nazionale e internazionale delle ipoteche, e il favore del mercato a una più estesa varietà di prodotti di prestito immobiliare ipotecario è oramai acquisito. Siamo così arrivati alla cartolarizzazione di un'ampia varietà di altri prodotti di credito al consumo, ad esempio nei settori auto e carte di credito". [1]
Il discorso del 2005 venne tenuto nel periodo in cui più tardi dirà di aver improvvisamente capito che la cartolarizzazione stava andando fuori controllo. Nel settembre 2007, nel pieno della crisi, Leslie Stahl, della CBS, chiese a Greenspan perché non aveva fatto niente per fermare "le pratiche illegali o losche che sapeva essere in corso nei finanziamenti subprime". Greenspan rispose: "Ecco, ho capito solo troppo tardi quanto fossero significative queste pratiche. Non me ne resi veramente conto fino a fine 2005 e inizi 2006 …". [2] (il grassetto è mio).
Già nel novembre 1998, poche settimane dopo la quasi dissoluzione del sistema finanziario mondiale a causa del collasso dell'hedge fund LTCM, Greenspan aveva dichiarato nel corso della riunione annuale dell'US Securities Industry Association che "i sensazionali progressi registrati negli ultimi anni nel campo delle tecnologie informatica e delle telecomunicazioni hanno permesso un'ampia dismissione del rischio grazie a una innovativa ingegneria finanziaria. Gli strumenti finanziari del passato, azioni e obbligazioni, sono stati arricchiti con una vasta gamma di complessi prodotti finanziari ibridi, che consentono di isolare il rischio ma che, in molti casi, sembrano sfidare l'umana comprensione". [3]
Il discorso era un chiaro invito a Wall Street a passare massicciamente alla cartolarizzazione garantita da titoli. Dopo tutto, nella dirompente crisi asiatica nel 1997-98 e nella crisi del sistema legata all'insolvibilità del debito pubblico nell'agosto 1998, Greenspan non aveva forse dimostrato che la FED e la sua massa di liquidità erano pronti a metter fuori causa le banche in caso di grossi disastri? Le grandi banche erano, dopo tutto, troppo grandi per fallire.
La FED, la più grande e potente banca centrale al mondo, e Greenspan, verosimilmente il direttore più favorevole al mercato libero che si potesse sperare, avrebbero sostenuto le grandi banche nella coraggiosa impresa della nuova cartolarizzazione. Dicendo che i rischi "sembrano sfidare l'umana comprensione", Greenspan ammetteva di capire, almeno nelle sue linee generali, che si trattava di un nuovo settore finanziario confuso e complesso. I banchieri centrali erano tradizionalmente noti per la ricerca di chiarezza tra le banche e di procedure creditizie e gestione dei rischi estremamente prudenti da parte delle banche aderenti.
Cosa ancora più importante, nel suo intervento alla Securities Industry Association nel novembre 1998 Greenspan aveva fatto sapere agli amici di Wall Street sottoscrittori di valori immobiliari che avrebbe fatto tutto il possibile per fare in modo che nella Nuova finanza le norme di cartolarizzazione dei titoli venissero definite dalle sole banche.
All'epoca della FED di Greenspan, sarebbe spettato alle volpi sorvegliare il pollaio. E dichiarò infatti:
"La conseguenza (dell'innovativa ingegneria finanziaria delle banche) è un sistema finanziario di gran lunga più efficiente... Il nuovo sistema finanziario internazionale così nato rappresenta, nonostante i recenti rovesci, uno dei più importanti fattori del sensibile miglioramento delle condizioni di vita delle economie che hanno scelto di parteciparvi.
Quando pensiamo alla base normativa del nuovo sistema finanziario internazionale, è importante ricordare che non dobbiamo limitarci esclusivamente a quello che conosciamo oggi. Per quel che ne so, niente ci autorizza a credere che la transizione al nuovo sistema finanziario internazionale basato sulle odierne innovative tecnologie sia terminata. Le complessità di domani faranno apparire trascurabili quelle odierne.
È quindi estremamente importante riconoscere che per essere sicura e affidabile la normativa finanziaria del ventunesimo secolo dovrà affidarsi sempre più alla sorveglianza della controparte privata. Non è seriamente pensabile che maggiori norme finanziarie pubbliche possano fare altro che ostacolare il processo. Man mano che aumenta la complessità dell'intermediazione finanziaria a scala globale, il normale processo di sorveglianza normativa diventa sempre più obsoleto, quantomeno nel caso dei sistemi bancari più complessi".
Ci si potrebbe ingenuamente chiedere perché allora consegnare tutti i poteri, come il Glass-Steagall Act, alle banche private ben oltre i possibili limiti della normativa ufficiale.
Nell'ottobre 1999, in piena frenesia della bolla del mercato azionario dot.com, una bolla speculativa che Greenspan sottolineò ripetutamente e in modo deciso di non poter considerare come tale, il presidente della FED esaltò ancora una volta il ruolo dei derivati finanziari e dei "nuovi strumenti finanziari... che polverizzano il rischio in modo tale da renderlo più tollerabile. Naturalmente la forma più pura è l'assicurazione. Tutti i nuovi prodotti finanziari creati negli ultimi anni, con i derivati in prima linea, hanno un maggior valore economico perché frazionano il rischio e lo ripartiscono in modo estremamente equilibrato". Stava parlando della cartolarizzazione dopo l'abolizione del Glass-Steagall Act.
La "sorveglianza della controparte privata" di cui parla la FED ha portato l'intero sistema internazionale di contrattazione interbancaria a un fragoroso arresto nell'agosto 2007, quando si è diffuso il panico sul valore dei trilioni di dollari in ABCP cartolarizzati e su buona parte delle obbligazioni. Gli effetti dello shock cominciano solo ora che banche e investitori tagliano i valori nel sistema finanziario statunitense e internazionale. Ma questa è un'altra storia.
Deregolamentazione, TBTF e mania di grandezza tra le banche
Negli USA, tra il 1980 e il 1994 oltre 1.600 banche assicurate con la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) sono state chiuse o hanno ricevuto un aiuto finanziario: un numero nettamente superiore a quello di qualsiasi altro periodo dalla creazione, negli anni '30, della garanzia federale sui depositi. Si è trattato di un processo di concentrazione in giganteschi gruppi bancari per entrare nel nuovo secolo.
Nel 1984 la più grande situazione d'insolvibilità bancaria della storia statunitense rischiò di far fallire la Continental Illinois National Bank di Chicago, la settima banca in ordine d'importanza nel paese e una delle più grandi al mondo. Per evitarlo, il governo usò la Federal Deposit Insurance Corporation per salvare la Continental Illinois e annunciò una garanzia sui depositi del 100%, invece di quella limitata fornita dalla FDIC. Fu l'inizio di quella che è ora chiamata "la dottrina TBTF" (troppo grande per fallire). La giustificazione fu che non era possibile lasciar fallire le banche molto grosse, proprio perché essendo molto grosse avrebbero potuto dar luogo a una reazione a catena con gravi conseguenze sull'intera economia. Non ci volle molto perché le grandi banche si rendessero conto che quanto più grandi diventavano con fusioni e acquisizioni tanto più facilmente potevano rientrare nella dottrina TBTF. Il cosiddetto "rischio morale" stava diventando una caratteristica importante delle grandi banche USA. [6]
La dottrina TBTF si è poi estesa all'epoca della gestione di Greenspan per includervi anche i più importanti hedge fund (LTCM), i più grandi mercati azionari (NYSE), e praticamente tutte le maggiori organizzazioni finanziarie in cui gli USA hanno interessi strategici. Le conseguenze sono state devastanti. Al di fuori di ristretti circoli all'interno delle grandi istituzioni del mondo finanziario, pochi hanno capito che una nuova dottrina era nata.
Una volta messa a punto la dottrina TBTF, le grandi banche si sono date da fare per diventare ancora più grandi. I tradizionali principi di separazione del mondo bancario in banche locali di risparmio e prestito e banche commerciali internazionali (come Citibank, J.P. Morgan, e Bank of America) e il divieto di operare in più di uno stato sono stati poco a poco abbandonati. Si è trattato di una specie di omogeneizzazione, che è servita però alle banche più grandi per distruggere e incorporare quelle più piccole e per creare cartelli finanziari di ampiezza mai vista.
Nel 1996 il numero di banche indipendenti era sceso di oltre un terzo rispetto a fine anni '70, da oltre 12.000 a poco più di 8.000. La percentuale di valori bancari controllati dalle banche con oltre 100 miliardi di dollari è raddoppiata, arrivando a un quinto dei valori di tutte le banche USA. E la tendenza è solo agl'inizi. La consolidazione bancaria è una conseguenza diretta dell'abolizione delle restrizioni geografiche che limitavano a un singolo stato le possibilità di acquisizione e holding, formalizzata con l'Interstate Banking and Branch Efficiency Act del 1994, dove, alla voce "servizi bancari più efficienti", si preparava la sopravvivenza darwiniana dei più forti. Il processo avrà importanti conseguenze un decennio più tardi, quando la cartolarizzazione si svilupperà ben oltre le più predatorie speranze delle banche.
J.P. Morgan apre la strada
Nel 1995, nel pieno dell'era Clinton-Rubin, la J.P. Morgan, l'ex banca di Alan Greenspan, introdusse un'innovazione che nel decennio successivo avrebbe rivoluzionato il sistema bancario. Blythe Masters, un trentaquattrenne laureato a Cambridge e poi assunto dalla banca, sviluppò il primo Credit Default Swaps, un derivato finanziario che apparentemente permetteva alla banca di garantirsi contro i crediti impagati, e le Collateralized Debt Obligations, obbligazioni emesse a fronte di un pacchetto misto di valori, una specie di derivato creditizio che riuniva un ampio spettro di aziende in un singolo strumento.
L'aspetto interessante di questi nuovi strumenti era il fatto che non apparivano nella contabilità della banca, e restavano quindi esclusi dal limite dell'8% previsto dall'accordo di Basilea. L'obiettivo era aumentare i guadagni della banca ed eliminare al tempo stesso il rischio, obiettivo che nella realtà può essere solo molto sospetto.
La J.P. Morgan aveva quindi aperto la strada per trasformare i tradizionali finanziatori commerciali in operatori di crediti, cioè in effetti in cartolarizzatori. La nuova idea era quella di consentire alle banche di portare i rischi fuori bilancio, mettendo in comune i debiti e rivendendoli come titoli, coperti da un'assicurazione sugl'impagati (i Credit Default Swaps). L'idea avrebbe ben presto avuto sviluppi sorprendenti, toccando volumi per le banche calcolati in trilioni di dollari. A fine 2007, il valore dei contratti CDS (Credit Default Swap) veniva calcolato in 45.000 miliardi, dando ai possessori di obbligazioni l'illusione della sicurezza. Un'illusione, però, che si basava su modelli di rischio bancario le cui previsioni di impagati non sono conosciute e, se dello stesso tipo di quelle di altri modelli di rischio, estremamente ottimistiche. Ma il solo fatto che l'illusione esistesse era sufficiente a spingere in massa, come i lemming, le più importanti banche al mondo a comprare obbligazioni ipotecarie collaterizzate, o garantite da flussi di rimborsi ipotecari di qualità creditizia ignota, e ad accettare senza obiettare i rating AAA di Moody’s o di Standard & Poors.
Nel 1987 Greenspan, come nuovo responsabile della FED, si rivolse ai suoi vecchi alleati della J.P. Morgan quando volle aggirare il rigido Glass-Steagall Act, e fu sempre alla J.P. Morgan che chiese di collaborare segretamente con la FED per comprare derivati sull'indice azionario MMI di Chicago in modo da provocare un rialzo artificiale dopo il crollo dell'ottobre 1987. Negli anni '90, la FED di Greenspan lavorò inoltre con la stessa J.P. Morgan e con un gruppetto di altri amici fidati di Wall Street per agevolare il lancio della cartolarizzazione, quando apparvero evidenti gli straordinari vantaggi per le banche che per prime si sarebbero lanciate nel settore e che avrebbero definito le regole del gioco, la Nuova finanza.
A guidare la marcia delle grandi banche d'affari che dal 1995 ha allontanato le banche commerciali dal tradizionale credito per trasformarle in operatori del credito e del rischio creditizio fu la J.P. Morgan & Co. L'obiettivo era ammassare grandi fortune nei bilanci bancari senza dover tener conto del rischio nella contabilità; un aperto invito all'ingordigia, la frode e il disastro finanziario finale. Praticamente tutte le grandi banche mondiali – dalla Deutsche Bank all'UBS, alla Barclays, alla Royal Bank of Scotland, alla Société Générale – seguirono a ruota, come ciechi lemming affamati.
Nessuna, però, riuscì a imitare il manipolo di banche statunitensi che dette vita e dominò il nuovo universo della cartolarizzazione dopo il 1995 e quello dei derivarti. Le banche, con in prima fila la J.P. Morgan, cominciarono a portare fuori bilancio il rischio sul credito mettendo in comune i crediti, reimmettendo sul mercato il portafoglio, e assicurandosi la copertura delle insolvenze dopo i prestiti corporati ai clienti. L'epoca della Nuova finanza era cominciata, e come tutte le più importanti "innovazioni" finanziarie era cominciata lentamente.
Poco dopo le nuove banche di cartolarizzazione, come la J.P. Morgan, cominciarono a creare portafogli di titoli debitori, aggregarli e venderli in quote calcolate sulle probabilità d'insolvenza. Il nuovo gioco generava utili per le banche emittenti e dava agli investitori "un rischio calcolato sugli utili". Ben presto si cominciò ad aggregare e vendere in quote ABS (Asset Backed Securities), CDS (Collateralized Debt Securities), e persino debiti dei mercati emergenti. Il 2 novembre 1999 - solo 10 giorni prima che Bill Clinton firmasse l'abrogazione del Glass-Steagall Act e offrisse così alle banche commerciali la possibilità di acquisire senza restrizioni attività d'intermediazione, banche d'investimento, società assicurative e istituzioni finanziarie di vario tipo - Alan Greenspan cominciò a incoraggiare il processo di cartolarizzazione bancaria delle ipoteche immobiliari.
In un discorso durante la conferenza sui mercati ipotecari organizzata dall'America's Community Bankers, una associazione bancaria a livello regionale, il responsabile della FED dichiarò:
Il recente aumento del tasso di proprietari fino ad oltre il 67% nel terzo trimestre dell'anno è dovuto in parte alla positiva crescita economica e alla robusta espansione dei posti di lavoro. Ma in parte è dovuto anche al fatto che finanziatori innovativi, come voi, hanno creato una gamma molto più ampia di prodotti ipotecari e hanno migliorato l'efficienza delle strutture emittenti e assicurative. Per continuare con tassi d'aumento di questo livello, è necessario proseguire gli attuali sforzi per ottimizzare le richieste di finanziamento e le procedure di emissione e per adattare le ipoteche ai singoli proprietari… La comunità bancaria possiede la flessibilità e le risorse necessarie non solo per adattarsi utilmente ai cambiamenti demografici e i progressi tecnologici, ma anche per creare nuove forme di finanziamento ipotecario che favorisca l'acquisto immobiliare. Per quanto riguarda la FED, siamo impegnati ad assistervi fornendovi una piattaforma stabile per gli affari in generale e per l'attività immobiliare e ipotecaria. [7] (il grassetto è mio)
Già l'8 marzo dello stesso 1999 Greenspan si era rivolto alla Mortgage Bankers’ Association dipingendo la cartolarizzazione garantita da ipoteca immobiliare come la soluzione del futuro e ricordando ai banchieri che
"La maggiore stabilità nell'erogazione dei crediti ipotecari è stata accompagnata dalla dismissione di vari aspetti del processo ipotecario. Alcune istituzioni operano come banche erogatrici di ipoteche, selezionando i richiedenti e avviando i finanziamenti. Altre gestiscono i prestiti ipotecari, una funzione in cui l'efficienza sembra essere stata raggiunta grazie alla massa di operazioni. Altri ancora, in massima parte con stabili basi di finanziamento, assicurano il finanziamento permanente delle ipoteche con la loro partecipazione nei pool ipotecari. In seconda linea, alcune altre istituzioni suddividono i flussi di cassa in quote speciali destinate a un più ampio gruppo d'investitori. Nel processo le emissioni di titoli garantiti da ipoteche hanno raggiunto la strabiliante cifra di 2,4 trilioni di dollari... e sempre più spesso viene utilizzato un software automatico di assunzione del rischio per trattare una percentuale in rapida crescita di richieste ipotecarie. La tecnologia non solo riduce i tempi di approvazione delle richieste di ipoteche ma offre anche un ottimo strumento per valutare le domande in base a un'ampia gamma di differenti parametri; contribuisce così a fare in modo che rate di rimborso, valutazione delle risorse del richiedente e tassi d'interesse addebitati riflettano accuratamente il rischio del credito. Questi sviluppi hanno permesso l'anno scorso al settore di gestire agevolmente un volume enorme di ipoteche, soprattutto se paragonato alle tensioni constatate nelle precedenti ondate di rifinanziamenti. Un vantaggio fondamentale della nuova tecnologia è stata l'accresciuta capacità di gestire il rischio (sic). Guardando al futuro, l'accresciuto uso di sistemi automatici di valutazione e assunzione del rischio lascia intravedere ipoteche economiche e individualizzate con un costo del rischio a misura. Adattando le ipoteche ai bisogni dei singoli richiedenti, il futuro settore bancario delle ipoteche sarà meglio posizionato per coprire tutte le esigenze del mercato ipotecario. [8] (il grassetto è mio)
Ma è solo quando, nel 2000, la FED sgonfierà la bolla dot.com e Greenspan porterà i tassi d'interesse a un livello bassissimo che non si vedeva dall'epoca della Grande depressione negli anni '30, che la cartolarizzazione dei titoli esploderà letteralmente
F. William Engdahl
Fonte: www.globalresearch.ca
14 maggio 2008
Il caso Forleo: ultimo atto.
Quello che spaventa nel provvedimento non è l’atto in sé ma, la comunione di intenti fra le Caste che gestiscono la nostra “democrazia”. Magistrati e politici insieme per annullare qualsiasi voce fuori dal coro. A volte mi spaventa anche solo scriverlo. Siamo bombardati da scie chimiche e messaggi subliminali e, perché? Non posso rileggere il libro di Orwell, troppo facile il collegamento.
Se il plenum del Csm confermerà l’indicazione data ieri dalla commissione competente, Clementina Forleo sarà cacciata da Milano per “incompatibilità ambientale”.
Il suo peccato mortale, come tutti han capito fin troppo bene, è stato quello di mettere nero su bianco i nomi dei parlamentari intercettati durante le scalate Antonveneta, Rcs e Bnl e chiedere al Parlamento l’autorizzazione a usare le loro telefonate.
Non potendo dichiarare ufficialmente che andava punita per questo, a perenne ammonimento per tutti gli altri magistrati che osassero fare altrettanto, insomma a futura memoria, la commissione ha deciso di cacciarla perché avrebbe cattivi rapporti con i cancellieri del tribunale (testuale); perché avrebbe turbato l’opinione pubblica con denunce infondate (e pazienza se poi si son rivelate fondatissime), perché avrebbe detto a un convegno cose che non ha mai detto, e perché...
avrebbe chiesto a un pm notizie di un provvedimento interdittivo che la Procura le aveva preannunciato dicendole di tenersi pronta.
Insomma, incolpazioni inventate o faccenduole che sono normale routine in un ufficio giudiziario.
Alla fine, in questo mondo alla rovescia, il topolino ha partorito la montagna: una sanzione mostruosa, che sarebbe apparsa sproporzionata anche se gli addebiti mossi alla Forleo fossero stati fondati.
Clementina Forleo non potrà più fare il giudice a Milano e dovrà emigrare altrove con quel che resta dalla sua famiglia già falcidiata da lutti, minacce e attacchi.
Il voto è stato tutt’altro che unanime, a riprova del fatto la sanzione non era affatto obbligata. Per il trasferimento han votato i membri laici, cioè politici: la comunista Vacca (che aveva anticipato il giudizio prim’ancora che iniziasse il procedimento, ma non ha sentito neppure il dovere di astenersi: bella garanzia di «terzietà») e Anedda di An; e poi il togato di Unicost, Roia. Contro, ha votato il presidente della commissione, Patrono di MI. I due di Md, pilatescamente, si sono astenuti: se avessero votato contro sarebbe finita 3 a 3. E la manovra sarebbe fallita.
Una manovra che, molto probabilmente, è illegittima.
L’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella vieta i trasferimenti d’ufficio dei magistrati per fatti che implichino comportamenti colpevoli: l’incompatibilità può derivare solo da fatti incolpevoli, per esempio da parentele con altri giudici o con imputati dello stesso distretto.
Ma qui le condotte contestate alla Forleo, se dimostrate, implicano che lei sia colpevole.
Dunque andavano esaminate in sede disciplinare, con una procedura molto più garantista.
Ma si temeva di non riuscire a punirla nemmeno sul fronte disciplinare: perché, per una dimenticanza degli analfabeti che hanno approvato la Castelli-Mastella, nella lista degli illeciti disciplinari non figurano le esternazioni. E qui proprio di esternazioni si tratta.
Dunque, sapendo che in sede disciplinare non c’era trippa per gatti, si sono usate condotte ipoteticamente colpevoli per dichiarare l’incompatibilità.
Il risultato è a metà fra l’inquietante e l’esilarante: se qualcuno ritiene che la Forleo sia una pazza furiosa che litiga con tutti e lancia allarmi infondati, che senso ha spostarla da Milano a Roma o a Vipiteno?
Il fatto è che anche la manovra per farla apparire pazza è fallita: tutti conoscono la sua preparazione giuridica, la sua laboriosità, il suo carattere.
Come diceva Montanelli, “tutte le persone di carattere hanno un pessimo carattere”.
Ma che c’entra il carattere con la capacità di un giudice?
Patrono ha votato contro il trasferimento anche perché, per la nuova legge, la Forleo è “scaduta” come gip avendo esercitato l’incarico da più di 10 anni e, al pari di centinaia di gip, dovrà passare al tribunale.
Bastava aspettare qualche mese (in attesa che il Csm bandisse quei posti) e il nodo si sarebbe sciolto da sé.
Ma qui bisognava dare una lezione purchessia, a prescindere.
La sentenza, richiesta a gran voce dai politici di destra e sinistra, era scritta fin da luglio, quando la gip osò fare il suo dovere anziché voltarsi dall’altra parte.
Calamandrei diceva: “Non temo i giudici corrotti, ma i giudici conformisti”.
Questo Csm e questa politica temono i giudici anticonformisti.
Colpirne uno (anzi due: c’è pure De Magistris) per educarne diecimila.
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15 maggio 2008
Mercato dalle stalle, il petrolio alle Stelle
La corsa del petrolio sembra inarrestabile e le sue conseguenze sono immediatamente percepite dai consumatori tanto alla pompa di benzina quanto al supermercato. Ogni giorno dalla borsa ci comunicano che il petrolio ha toccato l’ennesimo record storico e nessuno pare sia in grado di fermare questo pericolosissimo trend. "Siamo di fronte a un caso scolastico di fallimento del mercato" afferma Davide Tabarelli presidente di Nomisma energia e analista del Sole 24 Ore per le materie prime. Se, infatti, nel tempio del liberismo, qual è il congresso USA, i senatori democratici propongono una legge per valutare se c'è stata speculazione sul mercato del petrolio, vuol dire che la tentazione di regolare i mercati è forte, troppo forte per resistere. Il mercato, come si sa, ha le sue regole ed è grazie a queste che - ci dicono i grandi economisti - trova sempre il prezzo ottimale, incrociando domanda e offerta.
Quello che, però, non si dice è che se l’offerta di petrolio è controllata da un cartello di paesi produttori, il livello del prezzo di questo sarà inevitabilmente stabilito e controllato a monte. L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio meglio conosciuta come OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries ndr), infatti, comprende attualmente dodici paesi che si sono associati, formando un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere aspetti relativi alla produzione di petrolio, prezzi e concessioni.
Il problema è che l'aumento del petrolio è un fatto che incide non solo sul costo dell'energia, ma anche sul costo dei materiali. Aumentando il greggio, infatti, aumenta tutto: i polimeri, le vernici, la plastica che contiene gli alimenti e gli alimenti stessi, che vengono prodotti in grandi quantità proprio grazie al petrolio e ai suoi derivati, come i concimi chimici. “Io per anni ho avuto fiducia nel mercato – continua Davide Tabarelli - e credevo che si aggiustasse da solo in base alle leggi economiche. Ma visto che la domanda cresce ed è destinata a crescere ancora e l'offerta non aumenta e non aumenterà non ci sono alternative. Il prezzo spinto dalla domanda potrebbe raggiungere anche i 400 dollari.”
Prima, infatti, di puntare il dito sulle speculazioni borsistiche che inevitabilmente avvengono, occorrerebbe segnalare la stortura di un mercato che è legato alle decisioni di pochi ma i cui risultati incidono sulla vita di tutti ed in modo particolarmente feroce. L'organo federale americano che controlla ogni settimana l'andamento dei future sul greggio parla, infatti, di fluttuazioni che non superano mai il 20%. Il greggio, invece, è aumentato molto di più in pochissimo tempo. Siamo, quindi, di fronte al fallimento del mercato e non solo per un problema di speculazione.
Se da una parte c’è, infatti, la mai tramontata questione politica medio-oriententale, oggi resa ancora più calda dalle notizie provenienti dal Libano, dall’altra c’è chi parla di “responsabilità occidentale”: si sostiene che parlando tanto di biocarburanti, fonti di energia rinnovabili, riduzione di CO2 i paesi produttori abbiano maturato la convinzione che fra qualche anno potremo fare a meno del petrolio e per questo stanno spremendo quello che si può spremere per ricavare il più possibile da ciò che hanno. Una follia.
Il problema è sempre lo stesso: la domanda cresce mentre l'offerta arranca. Considerando, poi, il problema delle riserve di cui nessuno sa con certezza la stima e l’evidenza di una crescente diminuzione di accessibilità alle riserve più facili, considerando il problema della mancanza di alternative valide in quanto la quantità di energia contenuta in un litro di greggio è enorme ed ha ancora dei costi bassissimi rispetto alle alternative attualmente possibili e considerando, infine, come ipotesi quali l’idrogeno e i biocarburanti siano del tutto incapaci di reggere di fronte alla richiesta di energia del pianeta, gli scenari che si prospettano sono quantomeno oscuri.
L'anno scorso nel mondo, secondo i dati di Nomisma energia, sono stati consumati 2.200 milioni di tonnellate di carburante tra benzina e gasolio e 52 milioni di tonnellate di biocarburanti. Possiamo anche immaginare di triplicare nei prossimi 20 anni la produzione di biocarburanti, tralasciando tutti i problemi connessi all'alimentazione, ma non si potrà far crescere di molto questo rapporto perché nel frattempo la domanda mondiale di greggio aumenterà di almeno 550 milioni di tonnellate. Il che rende il problema in tutta la sua gravità.
Immaginare il petrolio sfondare quota 200 dollari al barile non è solo realismo, ma qualcosa di inevitabile e a preoccupare non sono tanto gli aumenti della bolletta energetica per gli Stati e le famiglie, ma gli stravolgimenti che seguirebbero a livello politico sulla scena globale. Il presidente dell'Opec, Chakib Khelil, la scorsa settimana ha previsto il raggiungimento dei 200 dollari al barile entro il 2010. Scenario questo confermato anche dalla potentissima Goldman Sachs, venendo quasi da dire che, se lo dice la banca centro della finanza ebraica, c’è da crederci e da preoccuparsi.
I primi a giovare di questo scenario sarebbero, ovviamente, i paesi produttori come Iran, Venezuela e Russia che hanno visto, in questi anni, salire i loro ricavi di quasi il 100%. Nel 2008 il petrolio frutterà ai Paesi Opec oltre mille miliardi di dollari di ricavi in più rispetto l’anno precedente. Ne seguirà, come logica conseguenza, un aumento esponenziale del potere politico ed economico di questi Stati, sempre più capaci, così, di influenzare le politiche internazionali degli Stati dipendenti dalle importazioni di greggio, tra cui l’Italia.
L'aumento del greggio se favorirà da un lato i nuovi Paesi produttori (ma anche i vecchi considerando il boom economico senza precedenti che sta conoscendo Dubai) dall'altro farà crescere anche i costi della logistica delle merci cinesi. Spedire un container da 40 piedi dalla Cina agli Stati Uniti con il greggio a 200 $ rischia di costare 10mila dollari in più rispetto a ora. Rischia quindi di rendere più appetibili per Pechino le esportazioni in Paesi vicini, Giappone in primis. Una cosa non da poco se si considera che gli States sono il primo mercato di export per le merci a basso costo cinesi. E se si considera - soprattutto - che l'economia americana, in bilico tra deficit pubblico alle stelle e crisi sui mercati azionari, è tenuta in piedi dagli investimenti di Pechino che è il primo detentore di Bond di Stato targati Usa. Una situazione che potrebbe cambiare. Con la sete di petrolio che ha Pechino, infatti, quanto sarebbe disposto a spendere il Venezuela di Chavez per il 20% del debito pubblico americano?
di Ilvio Pannullo
La creazione senza freni di moneta privata
Dopo l'abolizione del Glass-Steagall Act nel 1999, agl'inizi del nuovo millennio abbiamo assistito a una stupefacente trasformazione dei mercati creditizi americani in quello che è ben presto diventato il più grande meccanismo al mondo per la creazione senza freni di moneta privata.
La Nuova Finanza è nata da un incestuoso e intercollegato, anche se informale, cartello di operatori, tutti formatisi sugli scritti di Alan Greenspan e dei suoi amici di J.P. Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e degli altri maggiori istituti finanziari di New York. La cartolarizzazione doveva garantire un "nuovo" secolo degli Stati Uniti e il suo dominio finanziario, come i suoi creatori credevano fermamente all'inizio del secolo.
Oltre al disinvolto appoggio della FED di Greenspan, il segreto della rivoluzione finanziaria era la complicità dei rami esecutivo, legislativo e giudiziario del governo USA, fino alla Corte suprema. Inoltre, per evitare ogni intoppo all'operazione, bisognava poter contare sulla complicità fattiva delle due principali società di rating, Moody’s e Standard & Poors.
Bisognava anche che il Congresso e l'Esecutivo fossero pronti a respingere le ripetute sollecitazioni a regolare i derivati finanziari non quotati in borsa, gli hedge fund emessi o finanziati dalle banche, e a fare il necessario per abolire i controlli, la supervisione e la trasparenza faticosamente costruiti nel secolo precedente. Bisognava infine che le più importanti agenzie di rating certificate dal governo concedessero l'AAA alle Monoline, un gruppuscolo di società di assicurazione scarsamente controllate con base a New York, importante tassello della Nuova Finanza.
I legami e i consensi alla base della massiccia espansione della cartolarizzazione tra tutti questi operatori istituzionali erano talmente evidenti e pervasivi che avremmo dovuto piuttosto parlare di America New Finance Inc., con azioni avrebbero dovuto essere quotate al NASDAQ.
Alan Greenspan aveva anticipato e incoraggiato il processo di cartolarizzazione dei titoli molti anni prima che alimentasse in modo così dirompente la fenomenale bolla immobiliare degl'inizi del nuovo secolo. In un patetico tentativo di negare, dopo il crollo, il ruolo centrale da lui ricoperto, l'anno scorso Greenspan ha dichiarato che il problema non erano i prestiti ipotecari ai clienti subprime ma piuttosto la cartolarizzazione dei crediti subprime. Nell'aprile 2005 aveva però lodato in termini molto diversi la cartolarizzazione subprime, e, intervenendo nel corso della Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference, aveva affermato
"Il progresso ha messo a nostra disposizione una miriade di nuovi prodotti, ad esempio i finanziamenti subprime e i programmi di crediti di nicchia per gl'immigrati. Sono un buon esempio delle risposte del mercato che hanno ispirato il settore dei servizi finanziari nella storia del nostro paese. Grazie a questi progressi tecnologici, i finanziatori hanno usato con profitto i modelli di valutazione del credito e altre tecniche per estendere in modo efficiente il credito a una più ampia gamma di consumatori... I titoli garantiti da ipoteca hanno permesso di creare un mercato nazionale e internazionale delle ipoteche, e il favore del mercato a una più estesa varietà di prodotti di prestito immobiliare ipotecario è oramai acquisito. Siamo così arrivati alla cartolarizzazione di un'ampia varietà di altri prodotti di credito al consumo, ad esempio nei settori auto e carte di credito". [1]
Il discorso del 2005 venne tenuto nel periodo in cui più tardi dirà di aver improvvisamente capito che la cartolarizzazione stava andando fuori controllo. Nel settembre 2007, nel pieno della crisi, Leslie Stahl, della CBS, chiese a Greenspan perché non aveva fatto niente per fermare "le pratiche illegali o losche che sapeva essere in corso nei finanziamenti subprime". Greenspan rispose: "Ecco, ho capito solo troppo tardi quanto fossero significative queste pratiche. Non me ne resi veramente conto fino a fine 2005 e inizi 2006 …". [2] (il grassetto è mio).
Già nel novembre 1998, poche settimane dopo la quasi dissoluzione del sistema finanziario mondiale a causa del collasso dell'hedge fund LTCM, Greenspan aveva dichiarato nel corso della riunione annuale dell'US Securities Industry Association che "i sensazionali progressi registrati negli ultimi anni nel campo delle tecnologie informatica e delle telecomunicazioni hanno permesso un'ampia dismissione del rischio grazie a una innovativa ingegneria finanziaria. Gli strumenti finanziari del passato, azioni e obbligazioni, sono stati arricchiti con una vasta gamma di complessi prodotti finanziari ibridi, che consentono di isolare il rischio ma che, in molti casi, sembrano sfidare l'umana comprensione". [3]
Il discorso era un chiaro invito a Wall Street a passare massicciamente alla cartolarizzazione garantita da titoli. Dopo tutto, nella dirompente crisi asiatica nel 1997-98 e nella crisi del sistema legata all'insolvibilità del debito pubblico nell'agosto 1998, Greenspan non aveva forse dimostrato che la FED e la sua massa di liquidità erano pronti a metter fuori causa le banche in caso di grossi disastri? Le grandi banche erano, dopo tutto, troppo grandi per fallire.
La FED, la più grande e potente banca centrale al mondo, e Greenspan, verosimilmente il direttore più favorevole al mercato libero che si potesse sperare, avrebbero sostenuto le grandi banche nella coraggiosa impresa della nuova cartolarizzazione. Dicendo che i rischi "sembrano sfidare l'umana comprensione", Greenspan ammetteva di capire, almeno nelle sue linee generali, che si trattava di un nuovo settore finanziario confuso e complesso. I banchieri centrali erano tradizionalmente noti per la ricerca di chiarezza tra le banche e di procedure creditizie e gestione dei rischi estremamente prudenti da parte delle banche aderenti.
Cosa ancora più importante, nel suo intervento alla Securities Industry Association nel novembre 1998 Greenspan aveva fatto sapere agli amici di Wall Street sottoscrittori di valori immobiliari che avrebbe fatto tutto il possibile per fare in modo che nella Nuova finanza le norme di cartolarizzazione dei titoli venissero definite dalle sole banche.
All'epoca della FED di Greenspan, sarebbe spettato alle volpi sorvegliare il pollaio. E dichiarò infatti:
"La conseguenza (dell'innovativa ingegneria finanziaria delle banche) è un sistema finanziario di gran lunga più efficiente... Il nuovo sistema finanziario internazionale così nato rappresenta, nonostante i recenti rovesci, uno dei più importanti fattori del sensibile miglioramento delle condizioni di vita delle economie che hanno scelto di parteciparvi.
Quando pensiamo alla base normativa del nuovo sistema finanziario internazionale, è importante ricordare che non dobbiamo limitarci esclusivamente a quello che conosciamo oggi. Per quel che ne so, niente ci autorizza a credere che la transizione al nuovo sistema finanziario internazionale basato sulle odierne innovative tecnologie sia terminata. Le complessità di domani faranno apparire trascurabili quelle odierne.
È quindi estremamente importante riconoscere che per essere sicura e affidabile la normativa finanziaria del ventunesimo secolo dovrà affidarsi sempre più alla sorveglianza della controparte privata. Non è seriamente pensabile che maggiori norme finanziarie pubbliche possano fare altro che ostacolare il processo. Man mano che aumenta la complessità dell'intermediazione finanziaria a scala globale, il normale processo di sorveglianza normativa diventa sempre più obsoleto, quantomeno nel caso dei sistemi bancari più complessi".
Ci si potrebbe ingenuamente chiedere perché allora consegnare tutti i poteri, come il Glass-Steagall Act, alle banche private ben oltre i possibili limiti della normativa ufficiale.
Nell'ottobre 1999, in piena frenesia della bolla del mercato azionario dot.com, una bolla speculativa che Greenspan sottolineò ripetutamente e in modo deciso di non poter considerare come tale, il presidente della FED esaltò ancora una volta il ruolo dei derivati finanziari e dei "nuovi strumenti finanziari... che polverizzano il rischio in modo tale da renderlo più tollerabile. Naturalmente la forma più pura è l'assicurazione. Tutti i nuovi prodotti finanziari creati negli ultimi anni, con i derivati in prima linea, hanno un maggior valore economico perché frazionano il rischio e lo ripartiscono in modo estremamente equilibrato". Stava parlando della cartolarizzazione dopo l'abolizione del Glass-Steagall Act.
La "sorveglianza della controparte privata" di cui parla la FED ha portato l'intero sistema internazionale di contrattazione interbancaria a un fragoroso arresto nell'agosto 2007, quando si è diffuso il panico sul valore dei trilioni di dollari in ABCP cartolarizzati e su buona parte delle obbligazioni. Gli effetti dello shock cominciano solo ora che banche e investitori tagliano i valori nel sistema finanziario statunitense e internazionale. Ma questa è un'altra storia.
Deregolamentazione, TBTF e mania di grandezza tra le banche
Negli USA, tra il 1980 e il 1994 oltre 1.600 banche assicurate con la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) sono state chiuse o hanno ricevuto un aiuto finanziario: un numero nettamente superiore a quello di qualsiasi altro periodo dalla creazione, negli anni '30, della garanzia federale sui depositi. Si è trattato di un processo di concentrazione in giganteschi gruppi bancari per entrare nel nuovo secolo.
Nel 1984 la più grande situazione d'insolvibilità bancaria della storia statunitense rischiò di far fallire la Continental Illinois National Bank di Chicago, la settima banca in ordine d'importanza nel paese e una delle più grandi al mondo. Per evitarlo, il governo usò la Federal Deposit Insurance Corporation per salvare la Continental Illinois e annunciò una garanzia sui depositi del 100%, invece di quella limitata fornita dalla FDIC. Fu l'inizio di quella che è ora chiamata "la dottrina TBTF" (troppo grande per fallire). La giustificazione fu che non era possibile lasciar fallire le banche molto grosse, proprio perché essendo molto grosse avrebbero potuto dar luogo a una reazione a catena con gravi conseguenze sull'intera economia. Non ci volle molto perché le grandi banche si rendessero conto che quanto più grandi diventavano con fusioni e acquisizioni tanto più facilmente potevano rientrare nella dottrina TBTF. Il cosiddetto "rischio morale" stava diventando una caratteristica importante delle grandi banche USA. [6]
La dottrina TBTF si è poi estesa all'epoca della gestione di Greenspan per includervi anche i più importanti hedge fund (LTCM), i più grandi mercati azionari (NYSE), e praticamente tutte le maggiori organizzazioni finanziarie in cui gli USA hanno interessi strategici. Le conseguenze sono state devastanti. Al di fuori di ristretti circoli all'interno delle grandi istituzioni del mondo finanziario, pochi hanno capito che una nuova dottrina era nata.
Una volta messa a punto la dottrina TBTF, le grandi banche si sono date da fare per diventare ancora più grandi. I tradizionali principi di separazione del mondo bancario in banche locali di risparmio e prestito e banche commerciali internazionali (come Citibank, J.P. Morgan, e Bank of America) e il divieto di operare in più di uno stato sono stati poco a poco abbandonati. Si è trattato di una specie di omogeneizzazione, che è servita però alle banche più grandi per distruggere e incorporare quelle più piccole e per creare cartelli finanziari di ampiezza mai vista.
Nel 1996 il numero di banche indipendenti era sceso di oltre un terzo rispetto a fine anni '70, da oltre 12.000 a poco più di 8.000. La percentuale di valori bancari controllati dalle banche con oltre 100 miliardi di dollari è raddoppiata, arrivando a un quinto dei valori di tutte le banche USA. E la tendenza è solo agl'inizi. La consolidazione bancaria è una conseguenza diretta dell'abolizione delle restrizioni geografiche che limitavano a un singolo stato le possibilità di acquisizione e holding, formalizzata con l'Interstate Banking and Branch Efficiency Act del 1994, dove, alla voce "servizi bancari più efficienti", si preparava la sopravvivenza darwiniana dei più forti. Il processo avrà importanti conseguenze un decennio più tardi, quando la cartolarizzazione si svilupperà ben oltre le più predatorie speranze delle banche.
J.P. Morgan apre la strada
Nel 1995, nel pieno dell'era Clinton-Rubin, la J.P. Morgan, l'ex banca di Alan Greenspan, introdusse un'innovazione che nel decennio successivo avrebbe rivoluzionato il sistema bancario. Blythe Masters, un trentaquattrenne laureato a Cambridge e poi assunto dalla banca, sviluppò il primo Credit Default Swaps, un derivato finanziario che apparentemente permetteva alla banca di garantirsi contro i crediti impagati, e le Collateralized Debt Obligations, obbligazioni emesse a fronte di un pacchetto misto di valori, una specie di derivato creditizio che riuniva un ampio spettro di aziende in un singolo strumento.
L'aspetto interessante di questi nuovi strumenti era il fatto che non apparivano nella contabilità della banca, e restavano quindi esclusi dal limite dell'8% previsto dall'accordo di Basilea. L'obiettivo era aumentare i guadagni della banca ed eliminare al tempo stesso il rischio, obiettivo che nella realtà può essere solo molto sospetto.
La J.P. Morgan aveva quindi aperto la strada per trasformare i tradizionali finanziatori commerciali in operatori di crediti, cioè in effetti in cartolarizzatori. La nuova idea era quella di consentire alle banche di portare i rischi fuori bilancio, mettendo in comune i debiti e rivendendoli come titoli, coperti da un'assicurazione sugl'impagati (i Credit Default Swaps). L'idea avrebbe ben presto avuto sviluppi sorprendenti, toccando volumi per le banche calcolati in trilioni di dollari. A fine 2007, il valore dei contratti CDS (Credit Default Swap) veniva calcolato in 45.000 miliardi, dando ai possessori di obbligazioni l'illusione della sicurezza. Un'illusione, però, che si basava su modelli di rischio bancario le cui previsioni di impagati non sono conosciute e, se dello stesso tipo di quelle di altri modelli di rischio, estremamente ottimistiche. Ma il solo fatto che l'illusione esistesse era sufficiente a spingere in massa, come i lemming, le più importanti banche al mondo a comprare obbligazioni ipotecarie collaterizzate, o garantite da flussi di rimborsi ipotecari di qualità creditizia ignota, e ad accettare senza obiettare i rating AAA di Moody’s o di Standard & Poors.
Nel 1987 Greenspan, come nuovo responsabile della FED, si rivolse ai suoi vecchi alleati della J.P. Morgan quando volle aggirare il rigido Glass-Steagall Act, e fu sempre alla J.P. Morgan che chiese di collaborare segretamente con la FED per comprare derivati sull'indice azionario MMI di Chicago in modo da provocare un rialzo artificiale dopo il crollo dell'ottobre 1987. Negli anni '90, la FED di Greenspan lavorò inoltre con la stessa J.P. Morgan e con un gruppetto di altri amici fidati di Wall Street per agevolare il lancio della cartolarizzazione, quando apparvero evidenti gli straordinari vantaggi per le banche che per prime si sarebbero lanciate nel settore e che avrebbero definito le regole del gioco, la Nuova finanza.
A guidare la marcia delle grandi banche d'affari che dal 1995 ha allontanato le banche commerciali dal tradizionale credito per trasformarle in operatori del credito e del rischio creditizio fu la J.P. Morgan & Co. L'obiettivo era ammassare grandi fortune nei bilanci bancari senza dover tener conto del rischio nella contabilità; un aperto invito all'ingordigia, la frode e il disastro finanziario finale. Praticamente tutte le grandi banche mondiali – dalla Deutsche Bank all'UBS, alla Barclays, alla Royal Bank of Scotland, alla Société Générale – seguirono a ruota, come ciechi lemming affamati.
Nessuna, però, riuscì a imitare il manipolo di banche statunitensi che dette vita e dominò il nuovo universo della cartolarizzazione dopo il 1995 e quello dei derivarti. Le banche, con in prima fila la J.P. Morgan, cominciarono a portare fuori bilancio il rischio sul credito mettendo in comune i crediti, reimmettendo sul mercato il portafoglio, e assicurandosi la copertura delle insolvenze dopo i prestiti corporati ai clienti. L'epoca della Nuova finanza era cominciata, e come tutte le più importanti "innovazioni" finanziarie era cominciata lentamente.
Poco dopo le nuove banche di cartolarizzazione, come la J.P. Morgan, cominciarono a creare portafogli di titoli debitori, aggregarli e venderli in quote calcolate sulle probabilità d'insolvenza. Il nuovo gioco generava utili per le banche emittenti e dava agli investitori "un rischio calcolato sugli utili". Ben presto si cominciò ad aggregare e vendere in quote ABS (Asset Backed Securities), CDS (Collateralized Debt Securities), e persino debiti dei mercati emergenti. Il 2 novembre 1999 - solo 10 giorni prima che Bill Clinton firmasse l'abrogazione del Glass-Steagall Act e offrisse così alle banche commerciali la possibilità di acquisire senza restrizioni attività d'intermediazione, banche d'investimento, società assicurative e istituzioni finanziarie di vario tipo - Alan Greenspan cominciò a incoraggiare il processo di cartolarizzazione bancaria delle ipoteche immobiliari.
In un discorso durante la conferenza sui mercati ipotecari organizzata dall'America's Community Bankers, una associazione bancaria a livello regionale, il responsabile della FED dichiarò:
Il recente aumento del tasso di proprietari fino ad oltre il 67% nel terzo trimestre dell'anno è dovuto in parte alla positiva crescita economica e alla robusta espansione dei posti di lavoro. Ma in parte è dovuto anche al fatto che finanziatori innovativi, come voi, hanno creato una gamma molto più ampia di prodotti ipotecari e hanno migliorato l'efficienza delle strutture emittenti e assicurative. Per continuare con tassi d'aumento di questo livello, è necessario proseguire gli attuali sforzi per ottimizzare le richieste di finanziamento e le procedure di emissione e per adattare le ipoteche ai singoli proprietari… La comunità bancaria possiede la flessibilità e le risorse necessarie non solo per adattarsi utilmente ai cambiamenti demografici e i progressi tecnologici, ma anche per creare nuove forme di finanziamento ipotecario che favorisca l'acquisto immobiliare. Per quanto riguarda la FED, siamo impegnati ad assistervi fornendovi una piattaforma stabile per gli affari in generale e per l'attività immobiliare e ipotecaria. [7] (il grassetto è mio)
Già l'8 marzo dello stesso 1999 Greenspan si era rivolto alla Mortgage Bankers’ Association dipingendo la cartolarizzazione garantita da ipoteca immobiliare come la soluzione del futuro e ricordando ai banchieri che
"La maggiore stabilità nell'erogazione dei crediti ipotecari è stata accompagnata dalla dismissione di vari aspetti del processo ipotecario. Alcune istituzioni operano come banche erogatrici di ipoteche, selezionando i richiedenti e avviando i finanziamenti. Altre gestiscono i prestiti ipotecari, una funzione in cui l'efficienza sembra essere stata raggiunta grazie alla massa di operazioni. Altri ancora, in massima parte con stabili basi di finanziamento, assicurano il finanziamento permanente delle ipoteche con la loro partecipazione nei pool ipotecari. In seconda linea, alcune altre istituzioni suddividono i flussi di cassa in quote speciali destinate a un più ampio gruppo d'investitori. Nel processo le emissioni di titoli garantiti da ipoteche hanno raggiunto la strabiliante cifra di 2,4 trilioni di dollari... e sempre più spesso viene utilizzato un software automatico di assunzione del rischio per trattare una percentuale in rapida crescita di richieste ipotecarie. La tecnologia non solo riduce i tempi di approvazione delle richieste di ipoteche ma offre anche un ottimo strumento per valutare le domande in base a un'ampia gamma di differenti parametri; contribuisce così a fare in modo che rate di rimborso, valutazione delle risorse del richiedente e tassi d'interesse addebitati riflettano accuratamente il rischio del credito. Questi sviluppi hanno permesso l'anno scorso al settore di gestire agevolmente un volume enorme di ipoteche, soprattutto se paragonato alle tensioni constatate nelle precedenti ondate di rifinanziamenti. Un vantaggio fondamentale della nuova tecnologia è stata l'accresciuta capacità di gestire il rischio (sic). Guardando al futuro, l'accresciuto uso di sistemi automatici di valutazione e assunzione del rischio lascia intravedere ipoteche economiche e individualizzate con un costo del rischio a misura. Adattando le ipoteche ai bisogni dei singoli richiedenti, il futuro settore bancario delle ipoteche sarà meglio posizionato per coprire tutte le esigenze del mercato ipotecario. [8] (il grassetto è mio)
Ma è solo quando, nel 2000, la FED sgonfierà la bolla dot.com e Greenspan porterà i tassi d'interesse a un livello bassissimo che non si vedeva dall'epoca della Grande depressione negli anni '30, che la cartolarizzazione dei titoli esploderà letteralmente
F. William Engdahl
Fonte: www.globalresearch.ca
14 maggio 2008
Il caso Forleo: ultimo atto.
Quello che spaventa nel provvedimento non è l’atto in sé ma, la comunione di intenti fra le Caste che gestiscono la nostra “democrazia”. Magistrati e politici insieme per annullare qualsiasi voce fuori dal coro. A volte mi spaventa anche solo scriverlo. Siamo bombardati da scie chimiche e messaggi subliminali e, perché? Non posso rileggere il libro di Orwell, troppo facile il collegamento.
Se il plenum del Csm confermerà l’indicazione data ieri dalla commissione competente, Clementina Forleo sarà cacciata da Milano per “incompatibilità ambientale”.
Il suo peccato mortale, come tutti han capito fin troppo bene, è stato quello di mettere nero su bianco i nomi dei parlamentari intercettati durante le scalate Antonveneta, Rcs e Bnl e chiedere al Parlamento l’autorizzazione a usare le loro telefonate.
Non potendo dichiarare ufficialmente che andava punita per questo, a perenne ammonimento per tutti gli altri magistrati che osassero fare altrettanto, insomma a futura memoria, la commissione ha deciso di cacciarla perché avrebbe cattivi rapporti con i cancellieri del tribunale (testuale); perché avrebbe turbato l’opinione pubblica con denunce infondate (e pazienza se poi si son rivelate fondatissime), perché avrebbe detto a un convegno cose che non ha mai detto, e perché...
avrebbe chiesto a un pm notizie di un provvedimento interdittivo che la Procura le aveva preannunciato dicendole di tenersi pronta.
Insomma, incolpazioni inventate o faccenduole che sono normale routine in un ufficio giudiziario.
Alla fine, in questo mondo alla rovescia, il topolino ha partorito la montagna: una sanzione mostruosa, che sarebbe apparsa sproporzionata anche se gli addebiti mossi alla Forleo fossero stati fondati.
Clementina Forleo non potrà più fare il giudice a Milano e dovrà emigrare altrove con quel che resta dalla sua famiglia già falcidiata da lutti, minacce e attacchi.
Il voto è stato tutt’altro che unanime, a riprova del fatto la sanzione non era affatto obbligata. Per il trasferimento han votato i membri laici, cioè politici: la comunista Vacca (che aveva anticipato il giudizio prim’ancora che iniziasse il procedimento, ma non ha sentito neppure il dovere di astenersi: bella garanzia di «terzietà») e Anedda di An; e poi il togato di Unicost, Roia. Contro, ha votato il presidente della commissione, Patrono di MI. I due di Md, pilatescamente, si sono astenuti: se avessero votato contro sarebbe finita 3 a 3. E la manovra sarebbe fallita.
Una manovra che, molto probabilmente, è illegittima.
L’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella vieta i trasferimenti d’ufficio dei magistrati per fatti che implichino comportamenti colpevoli: l’incompatibilità può derivare solo da fatti incolpevoli, per esempio da parentele con altri giudici o con imputati dello stesso distretto.
Ma qui le condotte contestate alla Forleo, se dimostrate, implicano che lei sia colpevole.
Dunque andavano esaminate in sede disciplinare, con una procedura molto più garantista.
Ma si temeva di non riuscire a punirla nemmeno sul fronte disciplinare: perché, per una dimenticanza degli analfabeti che hanno approvato la Castelli-Mastella, nella lista degli illeciti disciplinari non figurano le esternazioni. E qui proprio di esternazioni si tratta.
Dunque, sapendo che in sede disciplinare non c’era trippa per gatti, si sono usate condotte ipoteticamente colpevoli per dichiarare l’incompatibilità.
Il risultato è a metà fra l’inquietante e l’esilarante: se qualcuno ritiene che la Forleo sia una pazza furiosa che litiga con tutti e lancia allarmi infondati, che senso ha spostarla da Milano a Roma o a Vipiteno?
Il fatto è che anche la manovra per farla apparire pazza è fallita: tutti conoscono la sua preparazione giuridica, la sua laboriosità, il suo carattere.
Come diceva Montanelli, “tutte le persone di carattere hanno un pessimo carattere”.
Ma che c’entra il carattere con la capacità di un giudice?
Patrono ha votato contro il trasferimento anche perché, per la nuova legge, la Forleo è “scaduta” come gip avendo esercitato l’incarico da più di 10 anni e, al pari di centinaia di gip, dovrà passare al tribunale.
Bastava aspettare qualche mese (in attesa che il Csm bandisse quei posti) e il nodo si sarebbe sciolto da sé.
Ma qui bisognava dare una lezione purchessia, a prescindere.
La sentenza, richiesta a gran voce dai politici di destra e sinistra, era scritta fin da luglio, quando la gip osò fare il suo dovere anziché voltarsi dall’altra parte.
Calamandrei diceva: “Non temo i giudici corrotti, ma i giudici conformisti”.
Questo Csm e questa politica temono i giudici anticonformisti.
Colpirne uno (anzi due: c’è pure De Magistris) per educarne diecimila.
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