18 luglio 2009
La "strategia" di certe banche contro imprese e famiglia
Pensavo di aver esaurito il capitolo dedicato all’Europa e al perché pagherà più caro di tutti il conto alla crisi economica. Pensavo, infatti. Poi quando ti arriva sulla casella di posta elettronica un bel sondaggio di Merrill Lynch in base al quale, nonostante la Cina stia traballando non poco, il 63% dei fondi d’investimento si getterà anima e cash nei mercati emergenti, Cina e Indonesia in testa e si piazzerà invece short su qualsiasi assets abbia denominazione Ue, allora capisci che non c’è mai fine alle conferme.
Il 54% degli interpellati - e parliamo di 221 fondi che gestiscono nel complesso 635 miliardi di dollari - è pronto a porsi in posizione overweight sui mercati emergenti, tanto da portare Gary Baker, capo dell’equity strategy di Merrill Lynch per l’Europa, a dire che «il sentimento verso quei mercati è talmente sovraccarico da creare più di un disappunto». Anche perché il 30% dei fondi ha chiaramente detto che i loro portafogli europei per il prossimo anno saranno strategicamente underweight a causa «della sopravvalutazione dell’euro e degli stimoli dei vari governi».
C’è poco da stare allegri, quindi. Ma non solo per noi, visto che comunque la Cina continua sia ad accumulare riserve - ha toccato nei giorni scorsi i 2000 miliardi di dollari - e a comprare i titoli del debito americano, ma rischia di non essere in grado di gestire quella massa enorme di capitale: sarà costretta, temono a Washington, a cominciare a scaricare dollari. Ma dove?
Tutto questo mentre nel silenzio generale la Banca Mondiale ha reso noto a chiare lettere che l’economia globale sta virando verso una spirale deflazionistica se non si sarà in grado di mettere in campo una seria politica di taglio della capacità industriale, situazione necessaria per evitare nuovi spasmi di stress finanziario e nuovi pacchetti di salvataggio. Anche perché la via maestra per uscire da queste situazioni, ovvero la svalutazione, non è percorribile.
Ma proprio dall’Asia, il mercato visto come l’Eldorado dai fondi, arrivano le notizie peggiori, questa volta da parte di Stephen Roach, direttore di Morgan Stanley Asia. Ecco il suo pensiero: «Quanto accaduto a Citigroup deve farci capire che la crisi non è finita e che le svalutazioni miliardarie saranno ancora all’ordine del giorno. La reazione del mercato al carattere anemico della ripresa è sicuramente euforica ed è attualmente nulla più che il riflesso di un eccesso di liquidità pompata nel sistema dalle autorità monetarie. Ma questo non può durare e la cosiddetta ripresa che qualcuno sta intravedendo si tramuterà in qualcosa di sgradevole. Nessuno si chiede dove sia la domanda, io me lo chiedo. Girate per il mondo, venite qui nell’Asia dei miracoli economici e ditemi dove vedete una ripresa della domanda? Lasciamo stare l’ottimismo da green shots, quindi e guardiamo ai fondamentali: il sistema sta continuando a funzionare perché è sotto la flebo dei soldi governativi, da solo non sarebbe in grado di fare nemmeno quattro passi».
Quindi, poche speranze per almeno metà abbondante del 2010. Qualcosa, però, nel frattempo si può fare. Ad esempio comportarsi come il governo britannico che - a fronte del peggior incremento del tasso di disoccupazione da 20 anni a questa parte, giovanile in testa - ha detto chiaro e tondo alle banche che con il Libor, il tasso di riferimento con cui si scambiamo cash gli istituti, all’1% (non accadeva dal 1986) è inaccettabile che si facciano mutui al 3,25% quando la gente già fatica ad arrivare alle fine del mese. Quindi, o ci si dà una regolata o le banche - soprattutto quella nazionalizzate e semi-nazionalizzate, quindi che non possono tecnicamente fallire e non necessitano di accumulare riserve proprio ora - dovranno pagare un prezzo molto alto a livello di penali.
Sarebbe bello che anche in Italia qualcuno cominciasse a dire qualcosa del genere, invece di preoccuparsi di questioni che purtroppo investono l’Ue se non addirittura il G8: il governo dica chiaro e tondo ai banchieri che la crisi non è passata e la loro primaria missione deve essere quella di sostenere le imprese e le famiglie. Questo, in un contesto ancora buio, sarebbe un raggio di luce da cui ripartire e soprattutto un messaggio di realismo e responsabilità: non è accettabile che con i soldi dei Tremonti-bond si facciano fidi e prestiti alle squadre di calcio per fare la campagna acquisti (succede ancora, state tranquilli) e non all’imprenditore che con fatica manda avanti una fabbrica con dieci operai.
Se fate un giro a Londra in Baker Street i nostri marchi dell’arredamento hanno atelier amati e frequentati dalla Londra bene che vuole l’eccellenza artigiana italiana: non capirlo e continuare a rincorrere le speranze da grande industria decaduta di Fiat (a proposito, dopo i giorni da leoni a Detroit avete notizie dei capitani coraggiosi di Torino?) è disfunzionale, sciocco e suicida in un momento simile. Tremonti agisca sulla leva del credito e sarà un primo passo fuori da questo mare di guai.
di Mauro Bottarelli -
17 luglio 2009
Non è il pil la misura della felicità
È un modello distorto quello che basa lo sviluppo di un’economia sull’analisi del prodotto interno lordo. L’India cresce del 9 per cento l’anno ma ci sono 240 milioni di persone che soffrono la fame. Il grido d’allarme di Vandana Shiva.
Attivista politica e ambientalista indiana Vandana Shiva, è uno dei leader dell’Internaüonal Forum on Globalization e si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, e di biodiversità, biotecnologie, bioetica e ingegneria genetica. Nel 1993 ha vinto il Kight I.ivelihood Àward. una surta di Premio Nobel alternativo per la pace.
Perchè parla della Terra come di una Donna?
Nella maggior parte dei casi pensiamo alla Terra come a qualcosa di morto o di inerte, e così facendo creiamo l’illusione che il benessere provenga da Wall Street e dalle industrie. Dimentichiamo che perqualunque industria il primo materiale è proprio quello fornito dalla Terra, e l’abuso della Terra è essenzialmente la causa della crisi ecologica attuale, così seria al punto che diverse specie stanno correndo il rischio dell’estinzione. Il report delì’Ipcc (organismo composto da 2.500 scienziati} dichiara che - mantenendo il ritmo attuale -entro qualche centinaio danni gli stessi esseri umani non saranno più in grado di vivere su questo pianeta.
Perchè, secondo lei, l’agricoltura industriale è più povera di quella manuale?
La quantità di cibo che deriva dalla prima è inferiore a quella della seconda. Ciò che è maggiore è la quantità prodotta per singola coltura. Se per esempio hai un terreno di 150 ettari, su cui coltivi solo pere, avrai sicuramente più pere da vendere, in confronto a una coltivazione manuale, ma non puoi vivere solo di pere. Hai anche bisogno di insalata, di pomodori e di altre cose. Così, se in una certa area ti limiti a coltivare solo un certo tipo di prodotto le altre cose di cui hai bisogno vengono importate dall’esterno.
Una critica a Jeffrey Sachs e alla sua teoria su come usci-re dalla povertà…
La prima cosa che critico a Jeffrey Sachs è la sua idea secondo cui la gente che vive con l’agricoltura sia povera per definizione. Motivo per cui propone un modello di sviluppo basato sulla fuoriuscita dall agricoltura. Il problema non è l’agricoltura, ma lo sfruttamento indebito della terra. Se la gente non continuasse a coltivare la terra, noi non avremmo più cibo. Pertanto, diversamente da lui, nel mio ultimo libro Ritorno alla Terra, io dico: «Fate in modo che più gente ritorni alla terra». In modo naturale, però, cioè seguendo l’utilizzo di metodi biologici e promuovendo la biodiversità. Signor Jeffrey Sachs, ritorna alla terra, e anche tu guadagnerai qualcosa di nuovo. Molti giovani americani sono venuti a studiare con me, perché vogliono tornare alla terra perché rappresenta una possibilità reale di cambiamento per qualunque Paese.
Sarà davvero possibile operare questo cambiamento, in concreto?
Nei Cda delle multinazionali oppure nei palazzi dei Governi non riusciranno neppure a iniziare a pensare a come fare un percorso alternativo, perché loro non sono collegati con le persone a livello locale. Invece è dalla connessione con la terra e con le persone che si riuscirà a capire la strada da percorrere, ed è da lì che dobbiamo partire. Ai momento io intravedo due possibilità. Una è quella dell’ecoimperialismo, dove i polenti si appropriano delle risorse rimaste; l’altra è quella delle persone comuni, che insieme condividono la responsabilità per il consumo delle limitate risorse della terra, e lottano per proteggerle, conservarle e rinnovarle. Ci sarà sempre qualcuno che cercherà di darci una rappresentazione falsata della crescita. Ci diranno: distruggete i vostri piccoli appezzamenti di terra e unitevi all’agricoltura industrializzata. Vorranno farci credere che questa crescila è vera, quando in realtà è una crescita che fa crescere solo la povertà.
I giornali parlano dell’India e della Cina come di economie emergenti. Cosa ne pensa?
Parlare di civiltà antiche come l’India e la Cina descrivendole come Paesi emergenti è un insulto alla nostra storia e alle nostre radici. Noi non stiamo emergendo, noi siamo alti e dritti da secoli. Quelli che ci chiamano emergenti esistono da 400 o 500 anni, mentre noi esistiamo da 10 mila anni e più. Premesso questo, è abbastanza noto a chi e dentro il settore che misurare la crescita semplicemente in termini di Pil non è valido, perché il Pil misura solo il movimento di denaro. Il quale è effettivamente cresciuto in India negli ultimi anni anche a ritmi del 9 per cento. Ma è proprio in questo periodo che la nostra economia emergente - come la chiamano i giornali - è diventata la capitale della fame, con 240 milioni di persone senza il minimo indispensabile per sopravvivere. Abbiamo cioè scavalcato la capitale storica della fame, l’Africa subsahariana, dove vivono 198 milioni di persone senza cibo sufficiente. E’ evidente, quindi, che quel modello basato sull’analisi del Pil non considera tutti gli aspetti del sistema, e la verità è che si è creata sempre più farne…
di Vandana Shiva - Wilma Massucco
14 luglio 2009
L'informazione "indipendente" e il sistema
Absit iniuria verbis
Nell'articolo La deriva degli indipendenti erano stati già evidenziati i limiti dell'informazione "libera": è necessario, però, riprendere il discorso da un'altra angolazione per dimostrare come tali limiti, lungi dal costituire solo delle lacune o incrinature, tendano a rafforzare il sistema e la propaganda dei media ufficiali. In primo luogo, ricorderei che molti siti "indipendenti" sono bloccati da pregiudizi ideologici e continuano a trattare la cronaca con strumenti antiquati. Esemplare è il caso delle recenti elezioni iraniane: moltissimi si sono schierati con Ahmanidejad, tuonando contro Mousavi, difendendo l'indifendibile.
Costoro non hanno compreso (o fingono) che entrambi i "politici " iraniani sono burattini manovrati da poteri più o meno occulti. Non hanno compreso che, per interpretare i fatti, il movimento dialettico problema-reazione-risoluzione permette non solo di leggere lo sviluppo degli eventi, ma addirittura di prevederli. Anche l'economia, accantonate analisi cerebrali, modelli statistici, caotiche teorie del caos, si rivela assai più semplice di quanto sia illustrata nei testi universitari: un furto a danno dei cittadini, basato sulla legge del profitto (accumulato per controllare la popolazione e non tanto per avidità) e sulla truffa del signoraggio . Occorre quindi esaminare gli accadimenti in modo, per così dire verticale: alla base la popolazione ingannata, manipolata, blandita, spinta a schierarsi con la destra o con la sinistra; al vertice la cerchia ristretta dei potenti la cui strategia principale è divide et impera. Si aizzano i paesi uno contro l'altro e, all'interno di ciascun paese, si fomentano divisioni quasi sempre fittizie. L'esegesi orizzontale degli accadimenti è quasi sempre errata ed ingenua: un partito "buono" contro un partito cattivo; un leader "buono" contro uno cattivo etc. E' vero che, talora alcuni capi di stato e uomini politici provano a svincolarsi dal controllo delle élites: di solito vengono isolati ed aggrediti, non di rado eliminati come occorse a Salvador Allende con il golpe del giorno 11 settembre 1970. Heider fu ucciso il giorno 11 ottobre del 2008, perché in procinto di agire contro il signoraggio bancario. Oggi il presidente dell'Ecuador pare essere uno dei pochi capi di stato non succubo dei poteri forti: infatti sembra essere l'unico ad essersi ufficialmente e con chiarezza opposto alle operazioni chimiche nei cieli dell'Ecuador, minacciando di costringere ad atterrare i tankers (non aerei che distruggono, con appositi composti, le piantagioni di coca) che penetrano nello spazio aereo dell'Ecuador. Si tratta comunque di eccezioni.
Un altro grave difetto dei portali in esame consiste nell'angusta visione della realtà: tutto è ridotto a “politica” ed economia, all'oziosa, obsoleta e soporifera denuncia del capitalismo e dell'imperialismo occidentale (Chissà perché si tace quasi sempre dell'imperialismo russo e cinese). Manca uno sguardo più ampio che sia in grado di abbracciare fenomeni culturali, correnti di pensiero, dimensioni antropologiche, simboliche e metastoriche. Oso di più: è assente un focus olistico, ossia un'attitudine a vedere oltre le apparenze, a spingersi, con le indagini, in regioni di frontiera, in ambiti in cui siano trascesi schemi razionalistici ed utilitaristici. In fondo, questi siti "indipendenti" avallano una concezione materialista e scientista, la stessa sostenuta dal sistema : in questo modo si stronca ogni anelito e si diffondono atteggiamenti di acquiescenza, rinuncia, disfattismo. Come reagiscono i lettori, dopo aver letto lividi articoli di cronaca, di politica interna ed estera, inchieste sul demonizzato biossido di carbonio (a volte per giunta gli articoli sono tratti da quotidiani di pseudo-opposizione, come "La Repubblica")? Reagiscono con un senso di disgusto e di impotenza. Infatti ci si limita a mostrare una realtà cruda, ingiusta e sanguinaria, ma non si offre nessuna prospettiva: ci si rivolge a consumatori passivi di aridi resoconti e non a cittadini che potrebbero passare dall'indignazione all'azione, se, invece, di essere mortalmente afflitti con i prolissi e moralistici articoli di Carlo Bertani, pieni di luoghi comuni, fossero informati, ad esempio, con incisivi testi sulle scie chimiche e sulle cospirazioni dei governi.
Non si stimola una condotta propositiva, ma si imprigionano i fruitori in "ragionamenti" labirintici ed astrusi di pseudo-esperti in sociologia ed in macroeconomia. Quanti lettori poi si invischiano nelle appiccicose elucubrazioni di Bertani e si impantanano nella palude dei commenti! Tutto ciò, però, non è casuale: è una strategia gattopardesca con cui si finge di cambiare tutto nell'informazione per non cambiare nulla. E' una strategia che serve a bloccare l'opinione pubblica, a cristallizzarne le reazioni: le persone, in un'eterna coazione a ripetere imprecheranno invano, senza mai agire né riflettere né studiare, contro il capro espiatorio di turno.
Anche quando si pubblica un articolo sulla Massoneria, è tutto all’acqua di rose oppure, con scaltrezza, si inserisce un pezzo sulle chemtrails , ma non scritto da uno scienziato (ad esempio, Michael Castle ), bensì da un comune cittadino che commette qualche errore concettuale: così la legione dei negazionisti potrà tranquillamente sbizzarrirsi con le sue infamie e denigrare, con il pretesto di un’imperfezione, l’intera categoria dei ricercatori. E’ questa una tattica, non una superficialità.
Taccio poi dei siti-civetta creati dagli apparati (in alcuni casi infiltrati dopo un po' di tempo dalla loro apertura) ed impiegati per tracciare e schedare gli utenti sensibili a temi quasi sempre censurati dagli organi mainstream . Emblematico è il caso di sciechimiche.org, acquisito dai servizi e divenuto un portale in cui imperversano impunemente sfacciati disinformatori che per giunta amministrano il forum . Mai un'iniziativa concreta è scaturita da questo famigerato sito! Mai una ricerca! Solo chiacchiere e lenocini: nel forum le discussioni sono per lo più arenate ancora in una sterile disquisizione sul fenomeno della condensazione e, nel migliore delle ipotesi, utenti in buona fede, possono solo denunciare lo scempio, inserendo fotografie di cieli chimici. Gli utenti, a mo' di buoi, sono pungolati, spinti un po' qua un po' là a pascolare, purché restino sempre nel recinto: più che un forum , è il Foro Boario, il mercato dei buoi e delle vacche.
Anche qui, certi argomenti sono tabù e l'ignoranza si accoppia alla censura. Non è forse uno fra i motti del sistema: "l'ignoranza è forza"? Anche qui non si additano risoluzioni: domina l'immobilismo. La conoscenza di aspetti inquietanti, ma che paradossalmente potrebbero spalancare porte verso dimensioni positive e luminose, è bandita. (Vedi C. Penna, Scie chimiche: facciamo il punto della situazione - parte 2 , 2009) [1]
Alla fine, è evidente la conseguenza di questo genere di "informazione". Volontariamente o involontariamente, essa, riproducendo, anche sotto mentite spoglie, la propaganda del regime, poiché non abitua i lettori a far tabula rasa di vecchie formule, in quanto non promuove un'investigazione a 360 gradi, ma tutto chiude in un'asfissiante dibattito tra "destra" e "sinistra", in vuoti stereotipi, rinsalda il sistema ed il suo castello di menzogne.
[1] Si ricordi un episodio significativo: il programma "La gaia scie-menza" ha citato più volte Tanker enemychemtrails ! Come si spiega questa accidentale dimenticanza? Tra i moderatori del forum annoveriamo Darko (ex collaboratore di Tanker enemy ed ora passato nelle schiere della disinformazione) che, scrive contro il comitato dal giorno successivo alla conferenza di Milano. Stesso discorso vale per Reverendo Stone, abile a mostrare una maschera per nascondere il suo vero volto. Sepolcri imbiancati! Last, but not least : i cittadini che si sono rivolti ai gestori di sciechimiche.org per chiedere chiarimenti o per proporre delle collaborazioni non hanno mai ricevuto risposta.
by Zret
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18 luglio 2009
La "strategia" di certe banche contro imprese e famiglia
Pensavo di aver esaurito il capitolo dedicato all’Europa e al perché pagherà più caro di tutti il conto alla crisi economica. Pensavo, infatti. Poi quando ti arriva sulla casella di posta elettronica un bel sondaggio di Merrill Lynch in base al quale, nonostante la Cina stia traballando non poco, il 63% dei fondi d’investimento si getterà anima e cash nei mercati emergenti, Cina e Indonesia in testa e si piazzerà invece short su qualsiasi assets abbia denominazione Ue, allora capisci che non c’è mai fine alle conferme.
Il 54% degli interpellati - e parliamo di 221 fondi che gestiscono nel complesso 635 miliardi di dollari - è pronto a porsi in posizione overweight sui mercati emergenti, tanto da portare Gary Baker, capo dell’equity strategy di Merrill Lynch per l’Europa, a dire che «il sentimento verso quei mercati è talmente sovraccarico da creare più di un disappunto». Anche perché il 30% dei fondi ha chiaramente detto che i loro portafogli europei per il prossimo anno saranno strategicamente underweight a causa «della sopravvalutazione dell’euro e degli stimoli dei vari governi».
C’è poco da stare allegri, quindi. Ma non solo per noi, visto che comunque la Cina continua sia ad accumulare riserve - ha toccato nei giorni scorsi i 2000 miliardi di dollari - e a comprare i titoli del debito americano, ma rischia di non essere in grado di gestire quella massa enorme di capitale: sarà costretta, temono a Washington, a cominciare a scaricare dollari. Ma dove?
Tutto questo mentre nel silenzio generale la Banca Mondiale ha reso noto a chiare lettere che l’economia globale sta virando verso una spirale deflazionistica se non si sarà in grado di mettere in campo una seria politica di taglio della capacità industriale, situazione necessaria per evitare nuovi spasmi di stress finanziario e nuovi pacchetti di salvataggio. Anche perché la via maestra per uscire da queste situazioni, ovvero la svalutazione, non è percorribile.
Ma proprio dall’Asia, il mercato visto come l’Eldorado dai fondi, arrivano le notizie peggiori, questa volta da parte di Stephen Roach, direttore di Morgan Stanley Asia. Ecco il suo pensiero: «Quanto accaduto a Citigroup deve farci capire che la crisi non è finita e che le svalutazioni miliardarie saranno ancora all’ordine del giorno. La reazione del mercato al carattere anemico della ripresa è sicuramente euforica ed è attualmente nulla più che il riflesso di un eccesso di liquidità pompata nel sistema dalle autorità monetarie. Ma questo non può durare e la cosiddetta ripresa che qualcuno sta intravedendo si tramuterà in qualcosa di sgradevole. Nessuno si chiede dove sia la domanda, io me lo chiedo. Girate per il mondo, venite qui nell’Asia dei miracoli economici e ditemi dove vedete una ripresa della domanda? Lasciamo stare l’ottimismo da green shots, quindi e guardiamo ai fondamentali: il sistema sta continuando a funzionare perché è sotto la flebo dei soldi governativi, da solo non sarebbe in grado di fare nemmeno quattro passi».
Quindi, poche speranze per almeno metà abbondante del 2010. Qualcosa, però, nel frattempo si può fare. Ad esempio comportarsi come il governo britannico che - a fronte del peggior incremento del tasso di disoccupazione da 20 anni a questa parte, giovanile in testa - ha detto chiaro e tondo alle banche che con il Libor, il tasso di riferimento con cui si scambiamo cash gli istituti, all’1% (non accadeva dal 1986) è inaccettabile che si facciano mutui al 3,25% quando la gente già fatica ad arrivare alle fine del mese. Quindi, o ci si dà una regolata o le banche - soprattutto quella nazionalizzate e semi-nazionalizzate, quindi che non possono tecnicamente fallire e non necessitano di accumulare riserve proprio ora - dovranno pagare un prezzo molto alto a livello di penali.
Sarebbe bello che anche in Italia qualcuno cominciasse a dire qualcosa del genere, invece di preoccuparsi di questioni che purtroppo investono l’Ue se non addirittura il G8: il governo dica chiaro e tondo ai banchieri che la crisi non è passata e la loro primaria missione deve essere quella di sostenere le imprese e le famiglie. Questo, in un contesto ancora buio, sarebbe un raggio di luce da cui ripartire e soprattutto un messaggio di realismo e responsabilità: non è accettabile che con i soldi dei Tremonti-bond si facciano fidi e prestiti alle squadre di calcio per fare la campagna acquisti (succede ancora, state tranquilli) e non all’imprenditore che con fatica manda avanti una fabbrica con dieci operai.
Se fate un giro a Londra in Baker Street i nostri marchi dell’arredamento hanno atelier amati e frequentati dalla Londra bene che vuole l’eccellenza artigiana italiana: non capirlo e continuare a rincorrere le speranze da grande industria decaduta di Fiat (a proposito, dopo i giorni da leoni a Detroit avete notizie dei capitani coraggiosi di Torino?) è disfunzionale, sciocco e suicida in un momento simile. Tremonti agisca sulla leva del credito e sarà un primo passo fuori da questo mare di guai.
di Mauro Bottarelli -
17 luglio 2009
Non è il pil la misura della felicità
È un modello distorto quello che basa lo sviluppo di un’economia sull’analisi del prodotto interno lordo. L’India cresce del 9 per cento l’anno ma ci sono 240 milioni di persone che soffrono la fame. Il grido d’allarme di Vandana Shiva.
Attivista politica e ambientalista indiana Vandana Shiva, è uno dei leader dell’Internaüonal Forum on Globalization e si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, e di biodiversità, biotecnologie, bioetica e ingegneria genetica. Nel 1993 ha vinto il Kight I.ivelihood Àward. una surta di Premio Nobel alternativo per la pace.
Perchè parla della Terra come di una Donna?
Nella maggior parte dei casi pensiamo alla Terra come a qualcosa di morto o di inerte, e così facendo creiamo l’illusione che il benessere provenga da Wall Street e dalle industrie. Dimentichiamo che perqualunque industria il primo materiale è proprio quello fornito dalla Terra, e l’abuso della Terra è essenzialmente la causa della crisi ecologica attuale, così seria al punto che diverse specie stanno correndo il rischio dell’estinzione. Il report delì’Ipcc (organismo composto da 2.500 scienziati} dichiara che - mantenendo il ritmo attuale -entro qualche centinaio danni gli stessi esseri umani non saranno più in grado di vivere su questo pianeta.
Perchè, secondo lei, l’agricoltura industriale è più povera di quella manuale?
La quantità di cibo che deriva dalla prima è inferiore a quella della seconda. Ciò che è maggiore è la quantità prodotta per singola coltura. Se per esempio hai un terreno di 150 ettari, su cui coltivi solo pere, avrai sicuramente più pere da vendere, in confronto a una coltivazione manuale, ma non puoi vivere solo di pere. Hai anche bisogno di insalata, di pomodori e di altre cose. Così, se in una certa area ti limiti a coltivare solo un certo tipo di prodotto le altre cose di cui hai bisogno vengono importate dall’esterno.
Una critica a Jeffrey Sachs e alla sua teoria su come usci-re dalla povertà…
La prima cosa che critico a Jeffrey Sachs è la sua idea secondo cui la gente che vive con l’agricoltura sia povera per definizione. Motivo per cui propone un modello di sviluppo basato sulla fuoriuscita dall agricoltura. Il problema non è l’agricoltura, ma lo sfruttamento indebito della terra. Se la gente non continuasse a coltivare la terra, noi non avremmo più cibo. Pertanto, diversamente da lui, nel mio ultimo libro Ritorno alla Terra, io dico: «Fate in modo che più gente ritorni alla terra». In modo naturale, però, cioè seguendo l’utilizzo di metodi biologici e promuovendo la biodiversità. Signor Jeffrey Sachs, ritorna alla terra, e anche tu guadagnerai qualcosa di nuovo. Molti giovani americani sono venuti a studiare con me, perché vogliono tornare alla terra perché rappresenta una possibilità reale di cambiamento per qualunque Paese.
Sarà davvero possibile operare questo cambiamento, in concreto?
Nei Cda delle multinazionali oppure nei palazzi dei Governi non riusciranno neppure a iniziare a pensare a come fare un percorso alternativo, perché loro non sono collegati con le persone a livello locale. Invece è dalla connessione con la terra e con le persone che si riuscirà a capire la strada da percorrere, ed è da lì che dobbiamo partire. Ai momento io intravedo due possibilità. Una è quella dell’ecoimperialismo, dove i polenti si appropriano delle risorse rimaste; l’altra è quella delle persone comuni, che insieme condividono la responsabilità per il consumo delle limitate risorse della terra, e lottano per proteggerle, conservarle e rinnovarle. Ci sarà sempre qualcuno che cercherà di darci una rappresentazione falsata della crescita. Ci diranno: distruggete i vostri piccoli appezzamenti di terra e unitevi all’agricoltura industrializzata. Vorranno farci credere che questa crescila è vera, quando in realtà è una crescita che fa crescere solo la povertà.
I giornali parlano dell’India e della Cina come di economie emergenti. Cosa ne pensa?
Parlare di civiltà antiche come l’India e la Cina descrivendole come Paesi emergenti è un insulto alla nostra storia e alle nostre radici. Noi non stiamo emergendo, noi siamo alti e dritti da secoli. Quelli che ci chiamano emergenti esistono da 400 o 500 anni, mentre noi esistiamo da 10 mila anni e più. Premesso questo, è abbastanza noto a chi e dentro il settore che misurare la crescita semplicemente in termini di Pil non è valido, perché il Pil misura solo il movimento di denaro. Il quale è effettivamente cresciuto in India negli ultimi anni anche a ritmi del 9 per cento. Ma è proprio in questo periodo che la nostra economia emergente - come la chiamano i giornali - è diventata la capitale della fame, con 240 milioni di persone senza il minimo indispensabile per sopravvivere. Abbiamo cioè scavalcato la capitale storica della fame, l’Africa subsahariana, dove vivono 198 milioni di persone senza cibo sufficiente. E’ evidente, quindi, che quel modello basato sull’analisi del Pil non considera tutti gli aspetti del sistema, e la verità è che si è creata sempre più farne…
di Vandana Shiva - Wilma Massucco
14 luglio 2009
L'informazione "indipendente" e il sistema
Absit iniuria verbis
Nell'articolo La deriva degli indipendenti erano stati già evidenziati i limiti dell'informazione "libera": è necessario, però, riprendere il discorso da un'altra angolazione per dimostrare come tali limiti, lungi dal costituire solo delle lacune o incrinature, tendano a rafforzare il sistema e la propaganda dei media ufficiali. In primo luogo, ricorderei che molti siti "indipendenti" sono bloccati da pregiudizi ideologici e continuano a trattare la cronaca con strumenti antiquati. Esemplare è il caso delle recenti elezioni iraniane: moltissimi si sono schierati con Ahmanidejad, tuonando contro Mousavi, difendendo l'indifendibile.
Costoro non hanno compreso (o fingono) che entrambi i "politici " iraniani sono burattini manovrati da poteri più o meno occulti. Non hanno compreso che, per interpretare i fatti, il movimento dialettico problema-reazione-risoluzione permette non solo di leggere lo sviluppo degli eventi, ma addirittura di prevederli. Anche l'economia, accantonate analisi cerebrali, modelli statistici, caotiche teorie del caos, si rivela assai più semplice di quanto sia illustrata nei testi universitari: un furto a danno dei cittadini, basato sulla legge del profitto (accumulato per controllare la popolazione e non tanto per avidità) e sulla truffa del signoraggio . Occorre quindi esaminare gli accadimenti in modo, per così dire verticale: alla base la popolazione ingannata, manipolata, blandita, spinta a schierarsi con la destra o con la sinistra; al vertice la cerchia ristretta dei potenti la cui strategia principale è divide et impera. Si aizzano i paesi uno contro l'altro e, all'interno di ciascun paese, si fomentano divisioni quasi sempre fittizie. L'esegesi orizzontale degli accadimenti è quasi sempre errata ed ingenua: un partito "buono" contro un partito cattivo; un leader "buono" contro uno cattivo etc. E' vero che, talora alcuni capi di stato e uomini politici provano a svincolarsi dal controllo delle élites: di solito vengono isolati ed aggrediti, non di rado eliminati come occorse a Salvador Allende con il golpe del giorno 11 settembre 1970. Heider fu ucciso il giorno 11 ottobre del 2008, perché in procinto di agire contro il signoraggio bancario. Oggi il presidente dell'Ecuador pare essere uno dei pochi capi di stato non succubo dei poteri forti: infatti sembra essere l'unico ad essersi ufficialmente e con chiarezza opposto alle operazioni chimiche nei cieli dell'Ecuador, minacciando di costringere ad atterrare i tankers (non aerei che distruggono, con appositi composti, le piantagioni di coca) che penetrano nello spazio aereo dell'Ecuador. Si tratta comunque di eccezioni.
Un altro grave difetto dei portali in esame consiste nell'angusta visione della realtà: tutto è ridotto a “politica” ed economia, all'oziosa, obsoleta e soporifera denuncia del capitalismo e dell'imperialismo occidentale (Chissà perché si tace quasi sempre dell'imperialismo russo e cinese). Manca uno sguardo più ampio che sia in grado di abbracciare fenomeni culturali, correnti di pensiero, dimensioni antropologiche, simboliche e metastoriche. Oso di più: è assente un focus olistico, ossia un'attitudine a vedere oltre le apparenze, a spingersi, con le indagini, in regioni di frontiera, in ambiti in cui siano trascesi schemi razionalistici ed utilitaristici. In fondo, questi siti "indipendenti" avallano una concezione materialista e scientista, la stessa sostenuta dal sistema : in questo modo si stronca ogni anelito e si diffondono atteggiamenti di acquiescenza, rinuncia, disfattismo. Come reagiscono i lettori, dopo aver letto lividi articoli di cronaca, di politica interna ed estera, inchieste sul demonizzato biossido di carbonio (a volte per giunta gli articoli sono tratti da quotidiani di pseudo-opposizione, come "La Repubblica")? Reagiscono con un senso di disgusto e di impotenza. Infatti ci si limita a mostrare una realtà cruda, ingiusta e sanguinaria, ma non si offre nessuna prospettiva: ci si rivolge a consumatori passivi di aridi resoconti e non a cittadini che potrebbero passare dall'indignazione all'azione, se, invece, di essere mortalmente afflitti con i prolissi e moralistici articoli di Carlo Bertani, pieni di luoghi comuni, fossero informati, ad esempio, con incisivi testi sulle scie chimiche e sulle cospirazioni dei governi.
Non si stimola una condotta propositiva, ma si imprigionano i fruitori in "ragionamenti" labirintici ed astrusi di pseudo-esperti in sociologia ed in macroeconomia. Quanti lettori poi si invischiano nelle appiccicose elucubrazioni di Bertani e si impantanano nella palude dei commenti! Tutto ciò, però, non è casuale: è una strategia gattopardesca con cui si finge di cambiare tutto nell'informazione per non cambiare nulla. E' una strategia che serve a bloccare l'opinione pubblica, a cristallizzarne le reazioni: le persone, in un'eterna coazione a ripetere imprecheranno invano, senza mai agire né riflettere né studiare, contro il capro espiatorio di turno.
Anche quando si pubblica un articolo sulla Massoneria, è tutto all’acqua di rose oppure, con scaltrezza, si inserisce un pezzo sulle chemtrails , ma non scritto da uno scienziato (ad esempio, Michael Castle ), bensì da un comune cittadino che commette qualche errore concettuale: così la legione dei negazionisti potrà tranquillamente sbizzarrirsi con le sue infamie e denigrare, con il pretesto di un’imperfezione, l’intera categoria dei ricercatori. E’ questa una tattica, non una superficialità.
Taccio poi dei siti-civetta creati dagli apparati (in alcuni casi infiltrati dopo un po' di tempo dalla loro apertura) ed impiegati per tracciare e schedare gli utenti sensibili a temi quasi sempre censurati dagli organi mainstream . Emblematico è il caso di sciechimiche.org, acquisito dai servizi e divenuto un portale in cui imperversano impunemente sfacciati disinformatori che per giunta amministrano il forum . Mai un'iniziativa concreta è scaturita da questo famigerato sito! Mai una ricerca! Solo chiacchiere e lenocini: nel forum le discussioni sono per lo più arenate ancora in una sterile disquisizione sul fenomeno della condensazione e, nel migliore delle ipotesi, utenti in buona fede, possono solo denunciare lo scempio, inserendo fotografie di cieli chimici. Gli utenti, a mo' di buoi, sono pungolati, spinti un po' qua un po' là a pascolare, purché restino sempre nel recinto: più che un forum , è il Foro Boario, il mercato dei buoi e delle vacche.
Anche qui, certi argomenti sono tabù e l'ignoranza si accoppia alla censura. Non è forse uno fra i motti del sistema: "l'ignoranza è forza"? Anche qui non si additano risoluzioni: domina l'immobilismo. La conoscenza di aspetti inquietanti, ma che paradossalmente potrebbero spalancare porte verso dimensioni positive e luminose, è bandita. (Vedi C. Penna, Scie chimiche: facciamo il punto della situazione - parte 2 , 2009) [1]
Alla fine, è evidente la conseguenza di questo genere di "informazione". Volontariamente o involontariamente, essa, riproducendo, anche sotto mentite spoglie, la propaganda del regime, poiché non abitua i lettori a far tabula rasa di vecchie formule, in quanto non promuove un'investigazione a 360 gradi, ma tutto chiude in un'asfissiante dibattito tra "destra" e "sinistra", in vuoti stereotipi, rinsalda il sistema ed il suo castello di menzogne.
[1] Si ricordi un episodio significativo: il programma "La gaia scie-menza" ha citato più volte Tanker enemychemtrails ! Come si spiega questa accidentale dimenticanza? Tra i moderatori del forum annoveriamo Darko (ex collaboratore di Tanker enemy ed ora passato nelle schiere della disinformazione) che, scrive contro il comitato dal giorno successivo alla conferenza di Milano. Stesso discorso vale per Reverendo Stone, abile a mostrare una maschera per nascondere il suo vero volto. Sepolcri imbiancati! Last, but not least : i cittadini che si sono rivolti ai gestori di sciechimiche.org per chiedere chiarimenti o per proporre delle collaborazioni non hanno mai ricevuto risposta.
by Zret
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