12 agosto 2009

Il Creditore Spietato, evocato da Lorenz, non è un fantasma del futuro

Ecco un pensiero di Konrad Lorenz: “l’unico introito legittimo di energia del nostro pianeta è costituito dall’irraggiamento solare, e ogni crescita economica che consumi più energia di quella che riceviamo dal sole, irretisce l’economia mondiale in una spirale debitoria, che ci consegnerà a un creditore spietato….”
Il Creditore Spietato, evocato da Lorenz, non è un fantasma del futuro. Si presenta ogni giorno, e ogni sua apparizione è una rapina: si porta via della vita vivente, ma ci lascerà fino all’ultimo lo sviluppo.
I governi possono governare - sono lasciati fare - fintanto che non si oppongano allo sviluppo, vuol dire che ne sono tutti, dal più potente all’ultimo di forza, prigionieri e servi. La grande domanda metafisica: l’uomo è libero? si può anche buttarla qui, parlando di governi che tutti, nessuno escluso, possono procedere soltanto in un’unica direzione, senza che gli sia data una scelta. Se fossi papa o presidente americano o presidente russo mi piglierei il piacere di rispondere che l’uomo può solo decidere quel che è già deciso. E questo irrefrenabile sviluppo era nel segreto del tempo, nel mistero tragico del destino umano, ma quel che mi dà scandalo, quel che mi fa più soffrire, è che “gli si voglia bene”, che si parli incessantemente di “ripresa” del lavoro di questo assassino come di qualcosa di desiderabile, non come di una necessità ineluttabile, come di una caduta progressiva nell’infelicità.
Vorrei un capo di governo o di azienda che facesse precedere da un purtroppo le frasi consuete: “dobbiamo aumentare la produzione”, “la ripresa è imminente”… Neppure questa libertà gli è data. Sono costretti anche ad adularlo, il Maligno: se aggiungono un purtroppo li scaraventa in basso come birilli. Questo non è più avere un potere, tanto meno corrisponde a qualcuno dei sensi profondi di comando. L’asservimento all’economia dello sviluppo, senza neppure un accenno di sgomento, dice l’immiserimento, la perdita di essenza e di centro, della politica. Se il fine unico è lo sviluppo, la politica è giudicata in base alla sua bravura (che è pura passività) nello spingerlo avanti a qualsiasi costo….
Non c’è nessuna idea politica dietro, sopra o sotto: c’è il Dio dell’economia industriale geloso del suo culto monoteistico.
Un inferno urbano contemporaneo è fatto di molte cose. Tra le più evidenti, c’è l’eccesso di circolazione di macchine, auto e moto. Contro smog e paralisi si almanaccano palliativi di ogni genere, ma soltanto abbattendo la produzione automobilistica si potrebbe ridare alle città un po' di respiro post-diluviale. Immediatamente sulle piazze liberate dai grovigli di auto, si adunerebbero a migliaia, e a migliaia di migliaia, i tamburi di latta della protesta di quelli a cui fosse stato restituito il respiro: non vogliono la cura, ma la malattia in tutta la sua spietatezza...Così i chimici che producono veleni per l’agricoltura: vietarli, anche per amore dei loro stessi figli, ne scatenerebbe la collera. Ma sarà la collera dei chimici, o dei veleni in loro? Chi dice che non abbiano un’anima, i veleni che produciamo? ...La sola voce concorde, universale, in alto e in basso, grida che nessuna industria si fermi o chiuda, qualsiasi cosa produca, sia pure inutilissima o micidialissima, sia pure destinata a restare invenduta: la sola voce concorde invoca che si aprano cantieri su cantieri e che si investano finanze in nuovi progetti industriali: a costo di qualsiasi inquinamento e imbruttimento, a costo anche di fare accorrere, per l’immediata ritorsione morale che colpisce chi accolga progetti simili, le furie di una intensificata violenza. E se deve, sul mare delle voci tutte uguali, planare una promessa rassicurante, è sempre la stessa: ci sarà la “ripresa”, ne avrete il triplo di questa roba...

La Stampa, 9 marzo 1993

11 agosto 2009

Conti pubblici: quale democrazia?


Tra le grandi assenti in materia di regole democratiche, oltre la “porcata
elettorale”, vi è la latitanza di una istituzione dello Stato, con carattere
assolutamente indipendente, che potrebbe essere la Corte dei Conti o il
ragioniere generale dello Stato, che offra al Parlamento, in tempo reale ed in
chiaro, le cifre che riguardano la situazione economica e finanziaria, le spese
dei vari ministeri, la reale entità pagata da ogni regione e da ogni categoria
di contribuenti, la situazione degli enti previdenziali, ecc. ecc.
Il teatrino della politica, infatti, offre ai cittadini, in una materia
fondamentale di valutazione dell’operato di un governo, come i conti pubblici,
delle cifre inventate in cui una parte politica uscente sostiene di aver
risanato i conti e l’altra entrante si dispera per aver trovato un disastro.
E’ del tutto evidente che al cittadino elettore viene sottratto un elemento
essenziale di valutazione e la vittoria politica arride non ai virtuosi
(improbabili), ma a chi ha più voce per contare balle.
Eppure sarebbe molto semplice e poco costoso avere un sito Internet, a
disposizione di chiunque, aggiornato su dati ufficiali, che fotografi la
situazione della spesa pubblica, il dettaglio delle spese militari (io pretendo
di sapere fino all’ultimo euro quanto ci costa la guerra all’Afghanistan).
Vi sono cittadini come il giornalista di economia Massimo Riva, che denuncia
silenzi sul superdebito pubblico balzato avanti nell’ultimo anno di 104
miliardi di euro, e Tremonti si può permettere di essere vago e parlare di una
sciagurata eredità lasciata dal governo precedente, mentre una presenza
istituzionale indipendente, di indiscussa autorità e capacità, conti alla mano,
dovrebbe offrire ai cittadini dati indiscutibili.
Se un giornalista specializzato in economia non riesce ad offrire ai suoi
lettori una valutazione sulla situazione economica per mancanza di dati o
furberie contabili, ebbene non vi è democrazia perché i cittadini non possono
valutare chi li governa, con dati chiari e ufficiali, certificati dalla Corte
dei Conti, il cui principale dovere d’istituto dovrebbe essere quello di
rispondere in tempo reale ai quesiti dei cittadini in materia di pubblico
denaro.
Soltanto un ente terzo preposto all’informazione sullo stato della economia e
dei conti, può avere l’autorità di pretendere dai governanti, dai ministeri,
dagli Enti, le cifre vere e attuali ed offrirle al dibattito politico.
Oggi nella informazione economica avviene ciò che accade quando vengono fatte
manifestazioni di massa, dove la questura parla di duecentomila persone e gli
organizzatori di due milioni. Se invece si volesse sapere la verità, sarebbe
facilissimo. Basterebbe dividere una fotografia dall’alto della manifestazione
in tanti piccoli quadratini, ingrandire, contare le persone di un quadratino e
fare una semplice moltiplicazione.
Con dati seri e accertati molti bluff dei politicanti sarebbero smascherati e
mano mano la politica potrebbe diventare una cosa più credibile.
In questi giorni io chiederei alla magistratura dei conti di offrirmi un
dato. Quanto spende la Protezione civile in materia di PREVENZIONE degli
incendi, e vorrei comparare questo dato con quanto spende per il loro
spegnimento con la flotta aerea, gli elitanker, gli effettivi sul campo e i
“volontari”. Sono sicuro che per la prevenzione non si fa quasi nulla, come
nella Sanità, mentre le giornate scelte dagli incendiari sono veramente poche,
dieci al massimo quando c’è molto vento in luglio e agosto, e, se in questi
giorni si pattugliassero i territori a rischio, massicciamente, con pene
severissime per gli incendiari, il grande businnes dell’antincendio si
sgonfierebbe a favore di una presenza capillare sul territorio, esercito
compreso.
Ma la democrazia è una cosa seria! In Italia la dobbiamo ancora inventare.


di Paolo De Gregorio

10 agosto 2009

Contraddizioni estreme del rapporto Usa-Cina

Al vertice Cina-Usa che si apre a Washington Pechino ha inviato una delegazione di 150 persone. Si incontrano da un lato un paese, la Cina, assolutamente bismarckiano, ove l’accumulazione industrial capitalistica però non è un fatto nazionale bensì avviene con il concorso voluto ma vieppiù obbligato del capitalismo mondiale. Dall’altro abbiamo gli Stati Uniti, fulcro e leva dell’espansione cinese all’estero per via dell’accumulo delle passività finanziarie Usa nelle casse delle istituzioni cinesi. La Cina è fortemente colpita dalla crisi. Ormai le persone rispedite alle zone rurali superano di molto la cifra di 20 milioni stimata agli inizi di quest’anno e vi sono delle vere e proprie rivolte contro i licenziamenti. La crisi viene fronteggiata rilanciando l’industria pesante ed attraverso l’uso, nonchè il rigetto, indiscriminato della forza lavoro fluttuante ed immigrata dalle zone arretrate. Ciò comporta un ulteriore schacciamento dei redditi salariali sul valore del prodotto nazionale (in Cina il salario come quota del prodotto è in calo da circa venti anni). Questo significa che il ruolo della Cina come area di massima produzione di scala a basso costo monetario sul piano mondiale si sta ampliando nel corso stesso della crisi. Anche negli Usa i salari si restringono ma per ragioni legate ai fallimenti ed a chiusure di aziende che continuano ad indebolire l’apparato produttivo statunitense incentivando così le delocalizzazioni e il subappalto (outsourcing) verso la RPC. Oggi l’outsourcing da parte degli USA coinvolge in maniera crescente anche i settori dei macchinari.

Il panorama è quindi caratterizzato da un’ulteriore polarizzazione produttiva verso la Cina e da un’accresciuta finanziarizzazione dell’economia americana. L’International Herald Tribune di sabato 25 luglio sottolineava che la forte ripresa degli indici di Wall Street ed anche degli stessi profitti di società come Goldman-Sachs dipendonoo in misura rilevante dall’introduzione di sistemi di computers centralizzati ultra rapidi, difficilmente accessibili ad altri operatori, che permettono di trasmettere milioni di ordini di acquisti/vendite azionari. Secondo l’Herlad Tribune tali sistemi agevolano la manipolazione dei prezzi delle azioni. Pertanto uno dei risultati più tangibili del rilancio di Obama è la concentrazione bancaria e l’accentuazione della rarefazione finanziaria aumentando la subordinazione dell’economia detta reale. La crisi in corso rafforza il binomio formato dalle società finanziarie e dalle multinazionali dell’energia come assi portanti - integrati col settor militar industriale (quest’ultimo però oggi manca di obiettivi definiti) del capitalismo Usa.

Consideriamo ora le implicazioni dell’accresciuta polarizzazione tra la Cina e gli Usa prendendo come esempio la vicenda dello Sri-Lanka e dell’Afghanistan. La strategia bismarckiana cinese richiede ampie risorse di materie prime ed un loro diretto controllo. A tal fine Pechino utilizza parte del suo surplus con l’estero per investire in Africa, Australia ed America meridionale. Le rotte con l’Africa e l’Oceano indiano sono diventate molto importanti. L’appoggio militare e logistico dato al governo di Colombo per schiacciare i Tamil Tigers era legato all’apertura di punti di appoggio, di porti e basi controllate da Pechino nella parte meridionale dell’isola. L’obiettivo di stabilire della stazioni lungo la rotta verso l’Africa è in conflitto diretto con la politica Usa di controllare l’Oceano indiano per motivi geopoliticamente costruiti in relazione agli intressi delle multinazionali energetiche. Così è nata la guerra all’Iraq, e così fu anche per l’invasione dell Afghanistan nel 2001 (il manifesto fu il solo giornale italiano a riportare interamente la deposizione al Congresso di John Maresca, vice presidente dell’Unocal, società energetica ove lavorava l’attuale presidente afghano Karzai, perorante la trasformazione dell’Afghanistan in un nodo di gasdotti ed oleodotti per esportare verso la Cina). Obama non ha alcuna alternativa alla difesa degli interessi globali delle multinazionali energetiche Usa in quanto non ha un piano di rilancio qualificato dell’economia nazionale. Per produrlo dovrebbe rispolverare le idee ed i progetti di Robert Reich. Ma questi sono ormai inattuabili dato che il perno della politica economica di Washington è costituito dal rilancio della finanza attraverso il piano Geithner-Summers.

Assieme allo scontro di interessi Cina Usa riguardo il controllo delle fonti energetiche – ed è su questa falsa riga che si dovranno interpretare anche le divergenze sulle politiche ambientali – vi è la questione finanziaria. Nell’economia politica Usa circuito del dollaro e controllo economico e politico-militare delle materie prime, del petrolio in particolare, si sono fusi da tempo. Questo fatto facilita il signoraggio internazionale del dollaro. In altri termini gli Usa possono pagare il deficit estero senza dover sacrificare delle risorse nazionali. Il compromesso funziona fintanto che l’economia in deficit tira. Quando essa cessa di tirare i paesi in surplus subiscono sia il calo della domanda di esportazioni che il costo del signoraggio ed aumentano i rischi riguardo il valore futuro del dollaro. Per Washington la soluzione passa per una forte rivalutazione della moneta cinese ma è pura propaganda. Infatti la rivalutazione dello yuan dovrebbe essere talmente elevata da scombussolare ulteriormente l’intera economia Usa., in cui gli elementi di crisi dominerebbero nettamente sulla convenienza di ritornare a produrre negli Stati uniti. Non vi sono soluzioni tecnico-istituzionali a questo problema che va visto come una contraddizione nella sua forma più pura.


di Joseph Halevi

12 agosto 2009

Il Creditore Spietato, evocato da Lorenz, non è un fantasma del futuro

Ecco un pensiero di Konrad Lorenz: “l’unico introito legittimo di energia del nostro pianeta è costituito dall’irraggiamento solare, e ogni crescita economica che consumi più energia di quella che riceviamo dal sole, irretisce l’economia mondiale in una spirale debitoria, che ci consegnerà a un creditore spietato….”
Il Creditore Spietato, evocato da Lorenz, non è un fantasma del futuro. Si presenta ogni giorno, e ogni sua apparizione è una rapina: si porta via della vita vivente, ma ci lascerà fino all’ultimo lo sviluppo.
I governi possono governare - sono lasciati fare - fintanto che non si oppongano allo sviluppo, vuol dire che ne sono tutti, dal più potente all’ultimo di forza, prigionieri e servi. La grande domanda metafisica: l’uomo è libero? si può anche buttarla qui, parlando di governi che tutti, nessuno escluso, possono procedere soltanto in un’unica direzione, senza che gli sia data una scelta. Se fossi papa o presidente americano o presidente russo mi piglierei il piacere di rispondere che l’uomo può solo decidere quel che è già deciso. E questo irrefrenabile sviluppo era nel segreto del tempo, nel mistero tragico del destino umano, ma quel che mi dà scandalo, quel che mi fa più soffrire, è che “gli si voglia bene”, che si parli incessantemente di “ripresa” del lavoro di questo assassino come di qualcosa di desiderabile, non come di una necessità ineluttabile, come di una caduta progressiva nell’infelicità.
Vorrei un capo di governo o di azienda che facesse precedere da un purtroppo le frasi consuete: “dobbiamo aumentare la produzione”, “la ripresa è imminente”… Neppure questa libertà gli è data. Sono costretti anche ad adularlo, il Maligno: se aggiungono un purtroppo li scaraventa in basso come birilli. Questo non è più avere un potere, tanto meno corrisponde a qualcuno dei sensi profondi di comando. L’asservimento all’economia dello sviluppo, senza neppure un accenno di sgomento, dice l’immiserimento, la perdita di essenza e di centro, della politica. Se il fine unico è lo sviluppo, la politica è giudicata in base alla sua bravura (che è pura passività) nello spingerlo avanti a qualsiasi costo….
Non c’è nessuna idea politica dietro, sopra o sotto: c’è il Dio dell’economia industriale geloso del suo culto monoteistico.
Un inferno urbano contemporaneo è fatto di molte cose. Tra le più evidenti, c’è l’eccesso di circolazione di macchine, auto e moto. Contro smog e paralisi si almanaccano palliativi di ogni genere, ma soltanto abbattendo la produzione automobilistica si potrebbe ridare alle città un po' di respiro post-diluviale. Immediatamente sulle piazze liberate dai grovigli di auto, si adunerebbero a migliaia, e a migliaia di migliaia, i tamburi di latta della protesta di quelli a cui fosse stato restituito il respiro: non vogliono la cura, ma la malattia in tutta la sua spietatezza...Così i chimici che producono veleni per l’agricoltura: vietarli, anche per amore dei loro stessi figli, ne scatenerebbe la collera. Ma sarà la collera dei chimici, o dei veleni in loro? Chi dice che non abbiano un’anima, i veleni che produciamo? ...La sola voce concorde, universale, in alto e in basso, grida che nessuna industria si fermi o chiuda, qualsiasi cosa produca, sia pure inutilissima o micidialissima, sia pure destinata a restare invenduta: la sola voce concorde invoca che si aprano cantieri su cantieri e che si investano finanze in nuovi progetti industriali: a costo di qualsiasi inquinamento e imbruttimento, a costo anche di fare accorrere, per l’immediata ritorsione morale che colpisce chi accolga progetti simili, le furie di una intensificata violenza. E se deve, sul mare delle voci tutte uguali, planare una promessa rassicurante, è sempre la stessa: ci sarà la “ripresa”, ne avrete il triplo di questa roba...

La Stampa, 9 marzo 1993

11 agosto 2009

Conti pubblici: quale democrazia?


Tra le grandi assenti in materia di regole democratiche, oltre la “porcata
elettorale”, vi è la latitanza di una istituzione dello Stato, con carattere
assolutamente indipendente, che potrebbe essere la Corte dei Conti o il
ragioniere generale dello Stato, che offra al Parlamento, in tempo reale ed in
chiaro, le cifre che riguardano la situazione economica e finanziaria, le spese
dei vari ministeri, la reale entità pagata da ogni regione e da ogni categoria
di contribuenti, la situazione degli enti previdenziali, ecc. ecc.
Il teatrino della politica, infatti, offre ai cittadini, in una materia
fondamentale di valutazione dell’operato di un governo, come i conti pubblici,
delle cifre inventate in cui una parte politica uscente sostiene di aver
risanato i conti e l’altra entrante si dispera per aver trovato un disastro.
E’ del tutto evidente che al cittadino elettore viene sottratto un elemento
essenziale di valutazione e la vittoria politica arride non ai virtuosi
(improbabili), ma a chi ha più voce per contare balle.
Eppure sarebbe molto semplice e poco costoso avere un sito Internet, a
disposizione di chiunque, aggiornato su dati ufficiali, che fotografi la
situazione della spesa pubblica, il dettaglio delle spese militari (io pretendo
di sapere fino all’ultimo euro quanto ci costa la guerra all’Afghanistan).
Vi sono cittadini come il giornalista di economia Massimo Riva, che denuncia
silenzi sul superdebito pubblico balzato avanti nell’ultimo anno di 104
miliardi di euro, e Tremonti si può permettere di essere vago e parlare di una
sciagurata eredità lasciata dal governo precedente, mentre una presenza
istituzionale indipendente, di indiscussa autorità e capacità, conti alla mano,
dovrebbe offrire ai cittadini dati indiscutibili.
Se un giornalista specializzato in economia non riesce ad offrire ai suoi
lettori una valutazione sulla situazione economica per mancanza di dati o
furberie contabili, ebbene non vi è democrazia perché i cittadini non possono
valutare chi li governa, con dati chiari e ufficiali, certificati dalla Corte
dei Conti, il cui principale dovere d’istituto dovrebbe essere quello di
rispondere in tempo reale ai quesiti dei cittadini in materia di pubblico
denaro.
Soltanto un ente terzo preposto all’informazione sullo stato della economia e
dei conti, può avere l’autorità di pretendere dai governanti, dai ministeri,
dagli Enti, le cifre vere e attuali ed offrirle al dibattito politico.
Oggi nella informazione economica avviene ciò che accade quando vengono fatte
manifestazioni di massa, dove la questura parla di duecentomila persone e gli
organizzatori di due milioni. Se invece si volesse sapere la verità, sarebbe
facilissimo. Basterebbe dividere una fotografia dall’alto della manifestazione
in tanti piccoli quadratini, ingrandire, contare le persone di un quadratino e
fare una semplice moltiplicazione.
Con dati seri e accertati molti bluff dei politicanti sarebbero smascherati e
mano mano la politica potrebbe diventare una cosa più credibile.
In questi giorni io chiederei alla magistratura dei conti di offrirmi un
dato. Quanto spende la Protezione civile in materia di PREVENZIONE degli
incendi, e vorrei comparare questo dato con quanto spende per il loro
spegnimento con la flotta aerea, gli elitanker, gli effettivi sul campo e i
“volontari”. Sono sicuro che per la prevenzione non si fa quasi nulla, come
nella Sanità, mentre le giornate scelte dagli incendiari sono veramente poche,
dieci al massimo quando c’è molto vento in luglio e agosto, e, se in questi
giorni si pattugliassero i territori a rischio, massicciamente, con pene
severissime per gli incendiari, il grande businnes dell’antincendio si
sgonfierebbe a favore di una presenza capillare sul territorio, esercito
compreso.
Ma la democrazia è una cosa seria! In Italia la dobbiamo ancora inventare.


di Paolo De Gregorio

10 agosto 2009

Contraddizioni estreme del rapporto Usa-Cina

Al vertice Cina-Usa che si apre a Washington Pechino ha inviato una delegazione di 150 persone. Si incontrano da un lato un paese, la Cina, assolutamente bismarckiano, ove l’accumulazione industrial capitalistica però non è un fatto nazionale bensì avviene con il concorso voluto ma vieppiù obbligato del capitalismo mondiale. Dall’altro abbiamo gli Stati Uniti, fulcro e leva dell’espansione cinese all’estero per via dell’accumulo delle passività finanziarie Usa nelle casse delle istituzioni cinesi. La Cina è fortemente colpita dalla crisi. Ormai le persone rispedite alle zone rurali superano di molto la cifra di 20 milioni stimata agli inizi di quest’anno e vi sono delle vere e proprie rivolte contro i licenziamenti. La crisi viene fronteggiata rilanciando l’industria pesante ed attraverso l’uso, nonchè il rigetto, indiscriminato della forza lavoro fluttuante ed immigrata dalle zone arretrate. Ciò comporta un ulteriore schacciamento dei redditi salariali sul valore del prodotto nazionale (in Cina il salario come quota del prodotto è in calo da circa venti anni). Questo significa che il ruolo della Cina come area di massima produzione di scala a basso costo monetario sul piano mondiale si sta ampliando nel corso stesso della crisi. Anche negli Usa i salari si restringono ma per ragioni legate ai fallimenti ed a chiusure di aziende che continuano ad indebolire l’apparato produttivo statunitense incentivando così le delocalizzazioni e il subappalto (outsourcing) verso la RPC. Oggi l’outsourcing da parte degli USA coinvolge in maniera crescente anche i settori dei macchinari.

Il panorama è quindi caratterizzato da un’ulteriore polarizzazione produttiva verso la Cina e da un’accresciuta finanziarizzazione dell’economia americana. L’International Herald Tribune di sabato 25 luglio sottolineava che la forte ripresa degli indici di Wall Street ed anche degli stessi profitti di società come Goldman-Sachs dipendonoo in misura rilevante dall’introduzione di sistemi di computers centralizzati ultra rapidi, difficilmente accessibili ad altri operatori, che permettono di trasmettere milioni di ordini di acquisti/vendite azionari. Secondo l’Herlad Tribune tali sistemi agevolano la manipolazione dei prezzi delle azioni. Pertanto uno dei risultati più tangibili del rilancio di Obama è la concentrazione bancaria e l’accentuazione della rarefazione finanziaria aumentando la subordinazione dell’economia detta reale. La crisi in corso rafforza il binomio formato dalle società finanziarie e dalle multinazionali dell’energia come assi portanti - integrati col settor militar industriale (quest’ultimo però oggi manca di obiettivi definiti) del capitalismo Usa.

Consideriamo ora le implicazioni dell’accresciuta polarizzazione tra la Cina e gli Usa prendendo come esempio la vicenda dello Sri-Lanka e dell’Afghanistan. La strategia bismarckiana cinese richiede ampie risorse di materie prime ed un loro diretto controllo. A tal fine Pechino utilizza parte del suo surplus con l’estero per investire in Africa, Australia ed America meridionale. Le rotte con l’Africa e l’Oceano indiano sono diventate molto importanti. L’appoggio militare e logistico dato al governo di Colombo per schiacciare i Tamil Tigers era legato all’apertura di punti di appoggio, di porti e basi controllate da Pechino nella parte meridionale dell’isola. L’obiettivo di stabilire della stazioni lungo la rotta verso l’Africa è in conflitto diretto con la politica Usa di controllare l’Oceano indiano per motivi geopoliticamente costruiti in relazione agli intressi delle multinazionali energetiche. Così è nata la guerra all’Iraq, e così fu anche per l’invasione dell Afghanistan nel 2001 (il manifesto fu il solo giornale italiano a riportare interamente la deposizione al Congresso di John Maresca, vice presidente dell’Unocal, società energetica ove lavorava l’attuale presidente afghano Karzai, perorante la trasformazione dell’Afghanistan in un nodo di gasdotti ed oleodotti per esportare verso la Cina). Obama non ha alcuna alternativa alla difesa degli interessi globali delle multinazionali energetiche Usa in quanto non ha un piano di rilancio qualificato dell’economia nazionale. Per produrlo dovrebbe rispolverare le idee ed i progetti di Robert Reich. Ma questi sono ormai inattuabili dato che il perno della politica economica di Washington è costituito dal rilancio della finanza attraverso il piano Geithner-Summers.

Assieme allo scontro di interessi Cina Usa riguardo il controllo delle fonti energetiche – ed è su questa falsa riga che si dovranno interpretare anche le divergenze sulle politiche ambientali – vi è la questione finanziaria. Nell’economia politica Usa circuito del dollaro e controllo economico e politico-militare delle materie prime, del petrolio in particolare, si sono fusi da tempo. Questo fatto facilita il signoraggio internazionale del dollaro. In altri termini gli Usa possono pagare il deficit estero senza dover sacrificare delle risorse nazionali. Il compromesso funziona fintanto che l’economia in deficit tira. Quando essa cessa di tirare i paesi in surplus subiscono sia il calo della domanda di esportazioni che il costo del signoraggio ed aumentano i rischi riguardo il valore futuro del dollaro. Per Washington la soluzione passa per una forte rivalutazione della moneta cinese ma è pura propaganda. Infatti la rivalutazione dello yuan dovrebbe essere talmente elevata da scombussolare ulteriormente l’intera economia Usa., in cui gli elementi di crisi dominerebbero nettamente sulla convenienza di ritornare a produrre negli Stati uniti. Non vi sono soluzioni tecnico-istituzionali a questo problema che va visto come una contraddizione nella sua forma più pura.


di Joseph Halevi