28 dicembre 2009

La verità sulla borsa




Nessuno riesce più a capire perché la borsa continui a progredire, mentre tutti gli indicatori sono in rosso (il più importante è la disoccupazione). I media definiscono “ripresa” questo fenomeno. La Banca mondiale, del resto, aveva stimato il ribasso del PIL mondiale del 3% per il 2009. Fonte: “Ribasso del 3% del PIL mondiale nel 2009” — leJDD.fr

Ora, il Dow Jones è passato da 8577 punti, il 15 ottobre, a 10.000 punti il 14 ottobre 2009, vale a dire più del 16% in piena crisi. Abbiamo quindi –3% per l’economia reale e + 16% per la borsa, strano no?

Una piccola spiegazione (di natura tecnica) è quindi d’obbligo.

I. I topi abbandonano la nave

Gli ‘Insiders’, cioè i responsabili delle imprese americane abbandonano la nave. Vendono a più non posso le loro azioni! Per mascherare questo fatto, Goldman Sachs che rappresenta più del terzo del volume dei titoli negoziati del NYSE (New York Stock Exchange) falsa i mercati grazie al trading “quantistico” o algoritmico. Questi scambi si effettuano con elevata frequenza su piccoli blocchi negoziati in permanenza tra un numero ristretto di fondi quantistici e di programmi di trading.

Laurent Useldinger, presidente di Ullink, une società che fornisce soluzioni di trading e di connettività FIX (Financial Informations Xchange) spiega così il trading quantistico: “Si ritiene che un trader che possiede strumenti algoritmici tratti un numero di ordini dieci volte superiore a un’operazione eseguita manualmente”

Sono tutte chiacchiere ovviamente, scollegate da ogni realtà economica!


II. La verità sulla borsa

Il NYSE, New York Stock Exchange che si chiama “Wall Street” o Borsa di New York, è la più grande borsa mondiale. Nel luglio del 2009, Goldman Sachs rappresentava un terzo dei volumi di scambi (program trading) e i 3 protagonisti principali (Goldman Sachs, Crédit Suisse e Morgan Stanley) rappresentavano, quanto a loro, il 63,6%. Ne è la prova il grafico “la verità sulla borsa” sul mio blog. Certo, tutto ciò è trading “quantistico”, un’aberrazione del mercato. Philippe Béchade nella ‘cronaca Agora’ fornisce un’eccellente analisi (fonte: Programmi di trading e manipolazione di corsi).


“Per chi nutrisse ancora dubbi, il comportamento ‘robotico’ del mercato prova in modo eclatante che non esiste più alcun contropotere reale di fronte alle macchine. I programmi di trading automatizzati regolano con precisione geometrica l’angolo di progressione del canale ascendente. Una volta bloccato l’indice al rialzo implicito (azioni, indici, materie prime) una serie di opportunità infinite viene offerta agli operatori. Possono arbitrare in tempo reale l’insieme delle categorie di derivati: opzioni, warrants, CFD (Contract for difference), contratti su indice.

Il crollo della volatilità consecutivo alla scomparsa di ogni correzione tecnica—ecco ancora un fenomeno che dimostra che ogni psicologia umana è cancellata dai computers senza pietà—tenderebbe a dimostrare che gli operatori ostentano una fiducia assoluta in un contesto in cui corso della Borsa e congiuntura sono totalmente scollegati.” Inoltre, il 30 giugno 2008, l’OCC (Comptroller of the currency, l’autorità del governo che tutela le banche) dichiarava che gli Stati Uniti possedevano 182.100 miliardi di dollari di prodotti derivati (delle metastasi); ora, qualche mese fa, l’ultimo rapporto fatto era di 20.000 miliardi di dollari (controllati da 5 banche). Nel momento in cui si parla di regolamentare la finanza, 20.000 miliardi di dollari sono stati creati in 1 anno, cioè una volta e mezzo il PIL degli Stati Uniti (tabella pagina 12).

La crisi sistemica attuale, che è il canto del cigno del nostro sistema economico, ci dimostra che le teorie economiche sono obsolete.

Paul Krugman che è rimasto indietro, si chiede ancora come gli economisti abbiano fatto a sbagliare fino a questo punto.

Eppure è semplice, le teorie economiche non si sono evolute allo stesso ritmo della finanza. Quest’ultima, grazie all’aiuto della matematica e delle pressioni politiche, ha saputo creare un gigantesco ‘casinò planetario’ con somme che superano 10 volte il PIL mondiale. Peggio ancora, la maggior parte di queste decine di migliaia di miliardi di dollari, sono direttamente legate ai debiti.

Tutte le teorie economiche vanno quindi a pezzi: quelle sul valore, sulla relazione capitale/lavoro ecc. ecc.

“Era inevitabile che fatti così gravi accadessero” dichiarava Benoît Mandelbrot, matematico e inventore dei frattali, poiché questo sistema è matematicamente condannato. Sta morendo in questo stesso istante, è arrivato il tempo di un nuovo paradigma, di una nuova visione del mondo, in effetti, che deve escludere i “signori feudali” che tentano di bloccare definitivamente il sistema a loro vantaggio.
di Gilles Bonafi

26 dicembre 2009

Il parlamento mediatico ha cambiato la politica


Negli ultimi quarant’anni è avvenu­ta una rivoluzione culturale. Pri­ma la cultura era una piramide al cui vertice c’erano i grandi filosofi, gli stu­diosi, i registi, i romanzieri che studia­vano, analizzavano la vita umana e in­dicavano mete e valori. Le loro opere, i loro libri venivano letti e discussi dalle persone colte e da esse il sapere si river­sava su tutta la popolazione in pubblici dibattiti, nei quotidiani, alla radio, alla televisione. Essi potevano avere posizio­ni politiche diverse, ma avevano una ba­se culturale comune per cui si rispetta­vano e si capivano.

Oggi la piramide culturale è scompar­sa, al suo posto c’è un grande palcosce­nico mediatico formato dalle televisioni e, a distanza, dai quotidiani e dal web. In questo palcoscenico i protagonisti so­no i grandi conduttori televisivi, i politi­ci ed i commentatori politici importan­ti, i divi dello spettacolo e dello sport, alcuni intellettuali e gli specialisti del gossip. Vi entrano poi, volta per volta, i personaggi che balzano alla ribalta del­la politica, della letteratura, del cine­ma, della cronaca nera e di quella scan­dalistica. Sono un migliaio di persone, che ritroviamo dappertutto, negli spet­tacoli come nei talk show dove si invita­no a vicenda. Le riviste femminili com­pletano il quadro parlando dei loro amo­ri, divorzi, figli e amanti.

Queste persone costituiscono un vero e proprio «parlamento mediatico» in cui si espongono idee, si sostengono opi­nioni, si affermano valori, si propongo­no modelli di comportamento in tutti i settori: politica, arte, scienza, educazio­ne, medicina, spettacolo. È avvenuto un immenso processo di «democratizza­zione e massificazione» della cultura. In questo «parlamento mediatico» vi sono molti centri di potere che competo­no fra loro e prevale chi ha più audience così come nelle elezioni politiche preva­le chi ha più voti. Alcuni leader di que­sto «parlamento» hanno un potere di influenzamento molto più alto di un mi­nistro dei Beni culturali o della Pubbli­ca istruzione, ma nessun politologo ha mai fatto uno studio di questo potere e nessuno sa dirci che fondamento di le­gittimità abbia. Ed è peccato perché in questo modo non riusciamo a capire chi conta veramente nella cultura italiana e ne ha la responsabilità. Togliamoci co­munque dalla mente l’illusione che al vertice ci sia ancora l’alta cultura o l’università o gli uomini politici che ne sono diventatati essi stessi ormai total­mente prigionieri.

25 dicembre 2009

Buon Natale


Auguri a Tutti,
speranze per un futuro migliore siano seminate nelle menti fertili.
by Leon

28 dicembre 2009

La verità sulla borsa




Nessuno riesce più a capire perché la borsa continui a progredire, mentre tutti gli indicatori sono in rosso (il più importante è la disoccupazione). I media definiscono “ripresa” questo fenomeno. La Banca mondiale, del resto, aveva stimato il ribasso del PIL mondiale del 3% per il 2009. Fonte: “Ribasso del 3% del PIL mondiale nel 2009” — leJDD.fr

Ora, il Dow Jones è passato da 8577 punti, il 15 ottobre, a 10.000 punti il 14 ottobre 2009, vale a dire più del 16% in piena crisi. Abbiamo quindi –3% per l’economia reale e + 16% per la borsa, strano no?

Una piccola spiegazione (di natura tecnica) è quindi d’obbligo.

I. I topi abbandonano la nave

Gli ‘Insiders’, cioè i responsabili delle imprese americane abbandonano la nave. Vendono a più non posso le loro azioni! Per mascherare questo fatto, Goldman Sachs che rappresenta più del terzo del volume dei titoli negoziati del NYSE (New York Stock Exchange) falsa i mercati grazie al trading “quantistico” o algoritmico. Questi scambi si effettuano con elevata frequenza su piccoli blocchi negoziati in permanenza tra un numero ristretto di fondi quantistici e di programmi di trading.

Laurent Useldinger, presidente di Ullink, une società che fornisce soluzioni di trading e di connettività FIX (Financial Informations Xchange) spiega così il trading quantistico: “Si ritiene che un trader che possiede strumenti algoritmici tratti un numero di ordini dieci volte superiore a un’operazione eseguita manualmente”

Sono tutte chiacchiere ovviamente, scollegate da ogni realtà economica!


II. La verità sulla borsa

Il NYSE, New York Stock Exchange che si chiama “Wall Street” o Borsa di New York, è la più grande borsa mondiale. Nel luglio del 2009, Goldman Sachs rappresentava un terzo dei volumi di scambi (program trading) e i 3 protagonisti principali (Goldman Sachs, Crédit Suisse e Morgan Stanley) rappresentavano, quanto a loro, il 63,6%. Ne è la prova il grafico “la verità sulla borsa” sul mio blog. Certo, tutto ciò è trading “quantistico”, un’aberrazione del mercato. Philippe Béchade nella ‘cronaca Agora’ fornisce un’eccellente analisi (fonte: Programmi di trading e manipolazione di corsi).


“Per chi nutrisse ancora dubbi, il comportamento ‘robotico’ del mercato prova in modo eclatante che non esiste più alcun contropotere reale di fronte alle macchine. I programmi di trading automatizzati regolano con precisione geometrica l’angolo di progressione del canale ascendente. Una volta bloccato l’indice al rialzo implicito (azioni, indici, materie prime) una serie di opportunità infinite viene offerta agli operatori. Possono arbitrare in tempo reale l’insieme delle categorie di derivati: opzioni, warrants, CFD (Contract for difference), contratti su indice.

Il crollo della volatilità consecutivo alla scomparsa di ogni correzione tecnica—ecco ancora un fenomeno che dimostra che ogni psicologia umana è cancellata dai computers senza pietà—tenderebbe a dimostrare che gli operatori ostentano una fiducia assoluta in un contesto in cui corso della Borsa e congiuntura sono totalmente scollegati.” Inoltre, il 30 giugno 2008, l’OCC (Comptroller of the currency, l’autorità del governo che tutela le banche) dichiarava che gli Stati Uniti possedevano 182.100 miliardi di dollari di prodotti derivati (delle metastasi); ora, qualche mese fa, l’ultimo rapporto fatto era di 20.000 miliardi di dollari (controllati da 5 banche). Nel momento in cui si parla di regolamentare la finanza, 20.000 miliardi di dollari sono stati creati in 1 anno, cioè una volta e mezzo il PIL degli Stati Uniti (tabella pagina 12).

La crisi sistemica attuale, che è il canto del cigno del nostro sistema economico, ci dimostra che le teorie economiche sono obsolete.

Paul Krugman che è rimasto indietro, si chiede ancora come gli economisti abbiano fatto a sbagliare fino a questo punto.

Eppure è semplice, le teorie economiche non si sono evolute allo stesso ritmo della finanza. Quest’ultima, grazie all’aiuto della matematica e delle pressioni politiche, ha saputo creare un gigantesco ‘casinò planetario’ con somme che superano 10 volte il PIL mondiale. Peggio ancora, la maggior parte di queste decine di migliaia di miliardi di dollari, sono direttamente legate ai debiti.

Tutte le teorie economiche vanno quindi a pezzi: quelle sul valore, sulla relazione capitale/lavoro ecc. ecc.

“Era inevitabile che fatti così gravi accadessero” dichiarava Benoît Mandelbrot, matematico e inventore dei frattali, poiché questo sistema è matematicamente condannato. Sta morendo in questo stesso istante, è arrivato il tempo di un nuovo paradigma, di una nuova visione del mondo, in effetti, che deve escludere i “signori feudali” che tentano di bloccare definitivamente il sistema a loro vantaggio.
di Gilles Bonafi

26 dicembre 2009

Il parlamento mediatico ha cambiato la politica


Negli ultimi quarant’anni è avvenu­ta una rivoluzione culturale. Pri­ma la cultura era una piramide al cui vertice c’erano i grandi filosofi, gli stu­diosi, i registi, i romanzieri che studia­vano, analizzavano la vita umana e in­dicavano mete e valori. Le loro opere, i loro libri venivano letti e discussi dalle persone colte e da esse il sapere si river­sava su tutta la popolazione in pubblici dibattiti, nei quotidiani, alla radio, alla televisione. Essi potevano avere posizio­ni politiche diverse, ma avevano una ba­se culturale comune per cui si rispetta­vano e si capivano.

Oggi la piramide culturale è scompar­sa, al suo posto c’è un grande palcosce­nico mediatico formato dalle televisioni e, a distanza, dai quotidiani e dal web. In questo palcoscenico i protagonisti so­no i grandi conduttori televisivi, i politi­ci ed i commentatori politici importan­ti, i divi dello spettacolo e dello sport, alcuni intellettuali e gli specialisti del gossip. Vi entrano poi, volta per volta, i personaggi che balzano alla ribalta del­la politica, della letteratura, del cine­ma, della cronaca nera e di quella scan­dalistica. Sono un migliaio di persone, che ritroviamo dappertutto, negli spet­tacoli come nei talk show dove si invita­no a vicenda. Le riviste femminili com­pletano il quadro parlando dei loro amo­ri, divorzi, figli e amanti.

Queste persone costituiscono un vero e proprio «parlamento mediatico» in cui si espongono idee, si sostengono opi­nioni, si affermano valori, si propongo­no modelli di comportamento in tutti i settori: politica, arte, scienza, educazio­ne, medicina, spettacolo. È avvenuto un immenso processo di «democratizza­zione e massificazione» della cultura. In questo «parlamento mediatico» vi sono molti centri di potere che competo­no fra loro e prevale chi ha più audience così come nelle elezioni politiche preva­le chi ha più voti. Alcuni leader di que­sto «parlamento» hanno un potere di influenzamento molto più alto di un mi­nistro dei Beni culturali o della Pubbli­ca istruzione, ma nessun politologo ha mai fatto uno studio di questo potere e nessuno sa dirci che fondamento di le­gittimità abbia. Ed è peccato perché in questo modo non riusciamo a capire chi conta veramente nella cultura italiana e ne ha la responsabilità. Togliamoci co­munque dalla mente l’illusione che al vertice ci sia ancora l’alta cultura o l’università o gli uomini politici che ne sono diventatati essi stessi ormai total­mente prigionieri.

25 dicembre 2009

Buon Natale


Auguri a Tutti,
speranze per un futuro migliore siano seminate nelle menti fertili.
by Leon