01 marzo 2010
I grandi hedge fund vanno all'attacco dell'Euro
L´offensiva concertata decisa in una cena a Manhattan. Mossi dalla crisi di Atene, gli speculatori scommettono sulla parità con il dollaro
I "pesi massimi" della speculazione, i maggiori hedge fund americani, sono impegnati in un massiccio attacco concertato contro l´euro. Mossi dalla convinzione che la crisi della Grecia è solo la punta dell´iceberg, i potenti investitori arrivano a scommettere che l´euro precipiterà fino alla parità col dollaro, cioè un ulteriore ribasso del 26% rispetto al valore attuale. Il volume di capitali investiti su queste puntate "ribassiste" contro la moneta europea ha raggiunto il record storico che fu toccato nel 2008 quando gli stessi hedge fund scommettevano sul crac di Lehman Brothers. Lo rivela il Wall Street Journal, che ricostruisce i retroscena di un´azione comune fra i maggiori gestori di hedge fund, incluso George Soros.
Nella foto: George Soros
Un momento-chiave è una cena organizzata l´8 febbraio scorso in una dimora privata di Manhattan da una piccola banca d´affari specializzata, Monness, Crespi, Hardt & Co. Nella stessa settimana della cena, il numero di contratti futures legati alla previsione di un ribasso dell´euro è schizzato al rialzo, fino a 60.000 operazioni. Il Wall Street Journal, che non è solito attribuire "complotti" al mondo della finanza, spiega che non è raro vedere i grandi hedge fund agire di concerto. "Finché non interviene un´inchiesta delle autorità di vigilanza su sospetti di collusione, gli hedge fund possono andare avanti insieme". Un gestore ha anche accettato di essere citato sullo stesso quotidiano. Si tratta di Hans Hufschmid, che dirige lo hedge fund GlobeOp. L´ondata di sfiducia verso i paesi dell´Eurozona ad alto debito pubblico – i cosiddetti Piigs – secondo Hufschmid "è l´opportunità per dei guadagni elevati".
Gli hedge fund, che non sono sottoposti alle regole prudenziali delle banche, sono soliti indebitarsi fino a 20 volte il valore del proprio capitale investito. Il livello dell´indebitamento si trasforma – se la puntata è vincente – in una formidabile "leva" che moltiplica il profitto. Per esempio, 5 milioni di capitali propri diventano 100 milioni grazie all´indebitamento: se la parità euro-dollaro scende del 5% l´investimento iniziale viene raddoppiato. In altri termini, il guadagno anziché il 5% è il 100%.
L´azione concertata degli hedge fund nel 2008 contribuì ad amplificare le ondate di panico sui mercati, accelerando il collasso del sistema finanziario. David Einhorn, presidente dello hedge fund Greenlight Capital, guidò l´attacco ribassista contro Lehman Brothers, raccogliendo ingenti profitti dalla bancarotta dell´istituto. Lo stesso Einhorn era presente l´8 febbraio scorso alla "cena delle idee" (così vengono chiamati quegli appuntamenti esclusivi) dove fu discussa la crisi dell´Eurozona.
George Soros, che è a capo di un fondo da 27 miliardi di dollari, vi ha partecipato ugualmente. Soros ha preso posizione anche in modo pubblico: ha avvertito che se i paesi dell´Eurozona non prendono misure immediate per il risanamento delle finanze pubbliche, "l´unione monetaria può andare in frantumi". Soros deve la sua fama alla formidabile offensiva speculativa che lanciò nel 1992 contro la lira e la sterlina, costringendo Italia e Gran Bretagna a uscire dal Sistema monetario europeo. Naturalmente i paragoni sono impropri. In favore dell´euro gioca il fatto che la liquidità del suo mercato – in media 1.200 miliardi di dollari di scambi ogni giorno – è molto superiore a quelle di lira e sterlina 18 anni fa. Ma nel frattempo anche la speculazione si è fatta più potente, e i mercati finanziari sono più sofisticati di allora. Uno dei maggiori hedge fund, il gruppo Paulson, con altri attori del settore ha investito fino a 32 miliardi di dollari nei credit default swap, contratti assicurativi che puntano sulla bancarotta sovrana della Grecia. Dopo il raddoppio di valore di quei contratti tra dicembre e gennaio, Paulson ed altri hanno liquidato le posizioni e incassato i profitti. Poi sono passati a speculare contro il bersaglio più grosso, cioè l´euro. E non ci sono solo gli hedge fund. Goldman Sachs, Bank of America e Barclays dalla settimana scorsa hanno iniziato a consigliare ai propri clienti di prendere posizione contro l´euro. Si sta diffondendo tra i risparmiatori americani uno strumento semplice e popolare, gli Etf "ultra-corti", azioni quotate in Borsa che attraverso futures e swap consentono di guadagnare il doppio della percentuale di svalutazione euro-dollaro.
di Federico Rampini
28 febbraio 2010
Fidarsi delle banche?
I prodotti della casa sono sempre i più buoni? Forse in ambito agro-alimentare, ma di certo non se si tratta di prodotti finanziari distribuiti dalle banche. Soprattutto se, abbinati alla vendita di questi investimenti, ci sono lauti bonus per i dirigenti che li consigliano ai risparmiatori, spesso ignari dei meccanismi che ci sono dietro ai "consigli per gli acquisti". Non è bello, insomma, che una banca spinga a comprare i prodotti finanziari che ha più urgenza di piazzare invece di quelli più adatti alle esigenze del cliente.
Sul tema, odioso dopo i tanti scandali finanziari che hanno distrutto l'immagine del settore in Italia, è tornata la Consob, che ha richiamato due settimane fa due istituti (il nome resta ancora oggi misterioso) a una maggiore disciplina nell'ambito della distribuzione di prodotti finanziari, e di una maggiore aderenza alle norme della direttiva europea Mifid, che prevede una forte tutela degli interessi esterni all'intermediario.
Il problema, però, sta tanto nella condotta fraudolenta delle banche quanto nell’ignoranza dei clienti, solitamente del tutto incapaci di muoversi autonomamente nel globale supermercato dei prodotti finanziari. Davanti al feroce corporativismo del sistema bancario e preso atto della sua influenza sulla casta politica, s’impone al nutrito popolo dei risparmiatori una maggiore consapevolezza dei meccanismi che regolano l’universo della finanza. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare d’ignoranza finanziaria del popolo italiano. Non che questo nella sua media sia particolarmente colto, ma certamente in tema di mercati e finanza è tra i più ignoranti d'Europa. Politici, banchieri centrali e uomini d'affari lamentano periodicamente l'ignoranza del pubblico in tema di denaro, e hanno ragione.
Ciò, ovviamente, nulla toglie alla responsabilità di quegli istituti che, forti di una posizione di evidente superiorità rispetto al risparmiatore, sfruttano la propria posizione per liberarsi fraudolentemente dei rischi assunti scaricandoli sulla clientela. Sarebbe tuttavia logico aspettarsi un vero e proprio esodo dei risparmiatori da quelle realtà finanziarie che, di volta in volta, vengono coinvolte in simili scandali. Purtroppo, però, non è mai accaduto nulla di simile. Ma quali sono le due banche colpevoli di aver agito con troppa leggerezza nei confronti della clientela? La commissione guidata da Lamberto Cardia - Presidente della CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - non ne fa menzione per non scatenare la rivolta dei risparmiatori. La mancanza dei nomi ha tuttavia scatenato il tran tran di voci.
Nessun istituto si può escludere a priori, ma sembra che il richiamo, che si concretizzerà nella convocazione del consiglio di amministrazione dei due istituti, per l'esame di tematiche inerenti alla prestazione di servizi di investimento, non sia stato rivolto alle due big d'Italia, Unicredit e Intesa San Paolo. Voci accreditate dalle testate giornalistiche del settore sembrano escludere anche gruppi come Banca popolare di Milano, peraltro già toccata da rilievi Consob circa l'emissione di obbligazioni. Qualcuno comincia a fare i nomi di Banca Carige, Monte dei Paschi di Siena, Ubi banca, Banco Desio e Banca Etruria, ma le banche sospettate sono tante tra gruppi medi e medio grandi.
A breve si attendono le smentite degli istituti tirati al centro delle voci in un gioco a esclusione, fino ad arrivare alle due che da smentire avranno ben poco. Tra gli operatori le orecchie sono ben tese per carpire gli argomenti dei prossimi consigli di amministrazione in programma, per verificare se nell'ordine del giorno ci sono questioni inerenti la Mifid. Quel che è certo, tuttavia, è che la crisi finanziaria fatto riemergere in qualcuno vecchi vizi difficili da sradicare.
Rimane, però, il problema della facilità con cui gli squali della finanza riescano a mietere vittime tra i piccoli risparmiatori. Il problema è serio e si va imponendo all’attenzione generale a causa della sempre crescente volontà politica di rimettere all’autonomia privata scelte un tempo rimesse all’esclusiva competenza dello Stato. Una società moderna si aspetta che la maggior parte degli individui si assumano la responsabilità della gestione della spesa del proprio reddito (al netto delle tasse); che la maggior parte dei cittadini adulti sia proprietaria della propria casa di abitazione e che gli individui decidano quanto risparmiare per la pensione e se coprirsi da eventuali rischi attraverso la sottoscrizione di un'assicurazione. Ma una società che non fornisce ai propri cittadini gli strumenti necessari a prendere sagge decisioni finanziarie. Di più, sono in molti a sostenere che l'attuale crisi sia in parte dovuta alla diffusa ignoranza della storia finanziaria, non solo fra la gente comune. Conoscere, infatti, significa soprattutto essere messi nelle condizioni ottimali per poter operare una scelta coerente con le proprie esigenze.
Tra i tanti problemi del sistema finanziario il difetto principale è che esso riflette e accentua le debolezze umane. Come dimostra un numero crescente di ricerche sulla finanza comportamentale, il denaro accresce la nostra tendenza a reazioni eccessive, a passare dall'euforia quando le cose vanno bene alla depressione quando le cose vanno male. Il gonfiarsi e lo sgonfiarsi delle bolle finanziarie, in ultima istanza, è il frutto della nostra instabilità emotiva, della nostra incapacità di rimanere razionali quando tutto intorno a noi incomincia ad impazzire. Ma la finanza accentua anche le differenze fra gli uomini, arricchendo chi è intelligente e fortunato e impoverendo chi non è altrettanto intelligente e fortunato.
La stessa globalizzazione finanziaria potrebbe portare enormi benefici, se solo i soggetti ad ogni titolo in essa coinvolti fossero nelle condizioni per agire con piena coscienza e volontà; in linea teorica potrebbe portare, dopo più di trecento anni, al drastico ridimensionamento della divisione tra paesi ricchi e sviluppati e paesi poveri meno sviluppati. Sul piano strettamente dottrinario, infatti, quanto più i mercati finanziari s’integrano, tanto maggiori sono le opportunità per le persone che capiscono la finanza di migliorare le proprie condizioni, ovunque vivano, e parallelamente tanto maggiore è il rischio di una perdita di status sociale da parte di chi nulla sa di finanza. Ma i risultati dicono praticamente il contrario.
In termini di distribuzione generale del reddito, il mondo moderno non è un mondo piatto, semplicemente perché la remunerazione del capitale è aumentata esponenzialmente rispetto alla remunerazione del lavoro non qualificato. In altre parole, il premio riservato a chi conosce non è mai stato così elevato e la pena per l'ignoranza finanziaria non è mai stata così severa. Conoscere dunque le regole del gioco assume oggi un'importanza assolutamente fondamentale. Come nella vita di ogni giorno, è facile constatare che chi conosce agisce, mentre chi non conosce rimane immobile in un mondo che muta in modo troppo veloce per tollerare l'inerzia.
di Ilvio Pannullo
Sul tema, odioso dopo i tanti scandali finanziari che hanno distrutto l'immagine del settore in Italia, è tornata la Consob, che ha richiamato due settimane fa due istituti (il nome resta ancora oggi misterioso) a una maggiore disciplina nell'ambito della distribuzione di prodotti finanziari, e di una maggiore aderenza alle norme della direttiva europea Mifid, che prevede una forte tutela degli interessi esterni all'intermediario.
Il problema, però, sta tanto nella condotta fraudolenta delle banche quanto nell’ignoranza dei clienti, solitamente del tutto incapaci di muoversi autonomamente nel globale supermercato dei prodotti finanziari. Davanti al feroce corporativismo del sistema bancario e preso atto della sua influenza sulla casta politica, s’impone al nutrito popolo dei risparmiatori una maggiore consapevolezza dei meccanismi che regolano l’universo della finanza. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare d’ignoranza finanziaria del popolo italiano. Non che questo nella sua media sia particolarmente colto, ma certamente in tema di mercati e finanza è tra i più ignoranti d'Europa. Politici, banchieri centrali e uomini d'affari lamentano periodicamente l'ignoranza del pubblico in tema di denaro, e hanno ragione.
Ciò, ovviamente, nulla toglie alla responsabilità di quegli istituti che, forti di una posizione di evidente superiorità rispetto al risparmiatore, sfruttano la propria posizione per liberarsi fraudolentemente dei rischi assunti scaricandoli sulla clientela. Sarebbe tuttavia logico aspettarsi un vero e proprio esodo dei risparmiatori da quelle realtà finanziarie che, di volta in volta, vengono coinvolte in simili scandali. Purtroppo, però, non è mai accaduto nulla di simile. Ma quali sono le due banche colpevoli di aver agito con troppa leggerezza nei confronti della clientela? La commissione guidata da Lamberto Cardia - Presidente della CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - non ne fa menzione per non scatenare la rivolta dei risparmiatori. La mancanza dei nomi ha tuttavia scatenato il tran tran di voci.
Nessun istituto si può escludere a priori, ma sembra che il richiamo, che si concretizzerà nella convocazione del consiglio di amministrazione dei due istituti, per l'esame di tematiche inerenti alla prestazione di servizi di investimento, non sia stato rivolto alle due big d'Italia, Unicredit e Intesa San Paolo. Voci accreditate dalle testate giornalistiche del settore sembrano escludere anche gruppi come Banca popolare di Milano, peraltro già toccata da rilievi Consob circa l'emissione di obbligazioni. Qualcuno comincia a fare i nomi di Banca Carige, Monte dei Paschi di Siena, Ubi banca, Banco Desio e Banca Etruria, ma le banche sospettate sono tante tra gruppi medi e medio grandi.
A breve si attendono le smentite degli istituti tirati al centro delle voci in un gioco a esclusione, fino ad arrivare alle due che da smentire avranno ben poco. Tra gli operatori le orecchie sono ben tese per carpire gli argomenti dei prossimi consigli di amministrazione in programma, per verificare se nell'ordine del giorno ci sono questioni inerenti la Mifid. Quel che è certo, tuttavia, è che la crisi finanziaria fatto riemergere in qualcuno vecchi vizi difficili da sradicare.
Rimane, però, il problema della facilità con cui gli squali della finanza riescano a mietere vittime tra i piccoli risparmiatori. Il problema è serio e si va imponendo all’attenzione generale a causa della sempre crescente volontà politica di rimettere all’autonomia privata scelte un tempo rimesse all’esclusiva competenza dello Stato. Una società moderna si aspetta che la maggior parte degli individui si assumano la responsabilità della gestione della spesa del proprio reddito (al netto delle tasse); che la maggior parte dei cittadini adulti sia proprietaria della propria casa di abitazione e che gli individui decidano quanto risparmiare per la pensione e se coprirsi da eventuali rischi attraverso la sottoscrizione di un'assicurazione. Ma una società che non fornisce ai propri cittadini gli strumenti necessari a prendere sagge decisioni finanziarie. Di più, sono in molti a sostenere che l'attuale crisi sia in parte dovuta alla diffusa ignoranza della storia finanziaria, non solo fra la gente comune. Conoscere, infatti, significa soprattutto essere messi nelle condizioni ottimali per poter operare una scelta coerente con le proprie esigenze.
Tra i tanti problemi del sistema finanziario il difetto principale è che esso riflette e accentua le debolezze umane. Come dimostra un numero crescente di ricerche sulla finanza comportamentale, il denaro accresce la nostra tendenza a reazioni eccessive, a passare dall'euforia quando le cose vanno bene alla depressione quando le cose vanno male. Il gonfiarsi e lo sgonfiarsi delle bolle finanziarie, in ultima istanza, è il frutto della nostra instabilità emotiva, della nostra incapacità di rimanere razionali quando tutto intorno a noi incomincia ad impazzire. Ma la finanza accentua anche le differenze fra gli uomini, arricchendo chi è intelligente e fortunato e impoverendo chi non è altrettanto intelligente e fortunato.
La stessa globalizzazione finanziaria potrebbe portare enormi benefici, se solo i soggetti ad ogni titolo in essa coinvolti fossero nelle condizioni per agire con piena coscienza e volontà; in linea teorica potrebbe portare, dopo più di trecento anni, al drastico ridimensionamento della divisione tra paesi ricchi e sviluppati e paesi poveri meno sviluppati. Sul piano strettamente dottrinario, infatti, quanto più i mercati finanziari s’integrano, tanto maggiori sono le opportunità per le persone che capiscono la finanza di migliorare le proprie condizioni, ovunque vivano, e parallelamente tanto maggiore è il rischio di una perdita di status sociale da parte di chi nulla sa di finanza. Ma i risultati dicono praticamente il contrario.
In termini di distribuzione generale del reddito, il mondo moderno non è un mondo piatto, semplicemente perché la remunerazione del capitale è aumentata esponenzialmente rispetto alla remunerazione del lavoro non qualificato. In altre parole, il premio riservato a chi conosce non è mai stato così elevato e la pena per l'ignoranza finanziaria non è mai stata così severa. Conoscere dunque le regole del gioco assume oggi un'importanza assolutamente fondamentale. Come nella vita di ogni giorno, è facile constatare che chi conosce agisce, mentre chi non conosce rimane immobile in un mondo che muta in modo troppo veloce per tollerare l'inerzia.
di Ilvio Pannullo
Iran. Confessione stragista Rigi: Stati Uniti mi offrirono base militare e soldi illimitati
L’amministrazione di Barack Obama aveva offerto ad Abdolmalek Rigi una base militare in Afghanistan e soldi illimitati per incoraggiarlo a proseguire le sue attività terroristiche ai danni della Repubblica Islamica dell’Iran e dei suoi cittadini.
La rete satellitare in lingua inglese PressTv, entrata in possesso della confessione fatta durante il suo primo interrogatorio dal feroce terrorista Abdolmalek Rigi rivela parti importanti delle sue dichiarazioni: “Dopo che Obama venne eletto, gli americani ci contattarono e mi incontrarono in Pakistan. Lui (l’agente americano/ndr) mi disse che gli americani chiedevano un colloquio”.
Rigi ha proseguito: “Io all’inizio non accettai ma lui promise a noi grande cooperazione. Disse che ci avrebbe dato armi, mitragliatrici ed equipaggiamenti militari; loro ci promisero pure una base militare in Afghanistan, a ridosso del confine con l’Iran”.
Il terrorista arrestato nei giorni scorsi ha proseguito: “Il nostro meeting avvenne a Dubai e anche lì ripeterono che avrebbero dato a noi la base in Afghanistan e che avrebbero garantito la mia sicurezza in tutti i paesi limitrofi dell’Iran in modo che io possa mettere in atto le mie operazioni”.
Riguardo all’ultima fase prima della sua cattura Rigi spiega: “Mi dissero che un’alto esponente americano mi voleva vedere e che lui mi aspettava alla base militare di Manas, vicino Bishkek, in Kirkizistan. Mi dissero che se questo alto esponente viaggiava negli Emirati poteva essere riconosciuto e perciò dovevo andare io da lui”.
Il terrorista arrestato proprio sul volo che da Dubai si dirigeva verso Bishkek ha inoltre rivelato:
“Nei nostri meeting gli americani dicevano che l’Iran aveva preso la sua strada e che al momento il loro problema era proprio l’Iran e non Al-Qaeda e nemmeno i talebani; solo e solamente l’Iran. Dicevano di non avere un piano militare adatto per attaccare l’Iran; questo, dicevano, è molto difficile per noi. Ma dicevano che la Cia, narra Rigi, conta su di me perchè crede che la mia organizzazione è in grado di destabilizzare il paese”.
Abdolmalek Rigi ha inoltre spiegato: “Un ufficiale della Cia mi disse che era molto difficile per loro attaccare l’Iran e che perciò il governo americano aveva deciso di dare supporto a tutti i gruppi anti-iraniani capaci di creare difficoltà al governo islamico. Per questo mi dissero che erano pronti a darci ogni sorta di addestramento, aiuti, soldi quanti ne volevamo e la base per poter mettere in atto le nostre azioni”.
by saigon2k
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01 marzo 2010
I grandi hedge fund vanno all'attacco dell'Euro
L´offensiva concertata decisa in una cena a Manhattan. Mossi dalla crisi di Atene, gli speculatori scommettono sulla parità con il dollaro
I "pesi massimi" della speculazione, i maggiori hedge fund americani, sono impegnati in un massiccio attacco concertato contro l´euro. Mossi dalla convinzione che la crisi della Grecia è solo la punta dell´iceberg, i potenti investitori arrivano a scommettere che l´euro precipiterà fino alla parità col dollaro, cioè un ulteriore ribasso del 26% rispetto al valore attuale. Il volume di capitali investiti su queste puntate "ribassiste" contro la moneta europea ha raggiunto il record storico che fu toccato nel 2008 quando gli stessi hedge fund scommettevano sul crac di Lehman Brothers. Lo rivela il Wall Street Journal, che ricostruisce i retroscena di un´azione comune fra i maggiori gestori di hedge fund, incluso George Soros.
Nella foto: George Soros
Un momento-chiave è una cena organizzata l´8 febbraio scorso in una dimora privata di Manhattan da una piccola banca d´affari specializzata, Monness, Crespi, Hardt & Co. Nella stessa settimana della cena, il numero di contratti futures legati alla previsione di un ribasso dell´euro è schizzato al rialzo, fino a 60.000 operazioni. Il Wall Street Journal, che non è solito attribuire "complotti" al mondo della finanza, spiega che non è raro vedere i grandi hedge fund agire di concerto. "Finché non interviene un´inchiesta delle autorità di vigilanza su sospetti di collusione, gli hedge fund possono andare avanti insieme". Un gestore ha anche accettato di essere citato sullo stesso quotidiano. Si tratta di Hans Hufschmid, che dirige lo hedge fund GlobeOp. L´ondata di sfiducia verso i paesi dell´Eurozona ad alto debito pubblico – i cosiddetti Piigs – secondo Hufschmid "è l´opportunità per dei guadagni elevati".
Gli hedge fund, che non sono sottoposti alle regole prudenziali delle banche, sono soliti indebitarsi fino a 20 volte il valore del proprio capitale investito. Il livello dell´indebitamento si trasforma – se la puntata è vincente – in una formidabile "leva" che moltiplica il profitto. Per esempio, 5 milioni di capitali propri diventano 100 milioni grazie all´indebitamento: se la parità euro-dollaro scende del 5% l´investimento iniziale viene raddoppiato. In altri termini, il guadagno anziché il 5% è il 100%.
L´azione concertata degli hedge fund nel 2008 contribuì ad amplificare le ondate di panico sui mercati, accelerando il collasso del sistema finanziario. David Einhorn, presidente dello hedge fund Greenlight Capital, guidò l´attacco ribassista contro Lehman Brothers, raccogliendo ingenti profitti dalla bancarotta dell´istituto. Lo stesso Einhorn era presente l´8 febbraio scorso alla "cena delle idee" (così vengono chiamati quegli appuntamenti esclusivi) dove fu discussa la crisi dell´Eurozona.
George Soros, che è a capo di un fondo da 27 miliardi di dollari, vi ha partecipato ugualmente. Soros ha preso posizione anche in modo pubblico: ha avvertito che se i paesi dell´Eurozona non prendono misure immediate per il risanamento delle finanze pubbliche, "l´unione monetaria può andare in frantumi". Soros deve la sua fama alla formidabile offensiva speculativa che lanciò nel 1992 contro la lira e la sterlina, costringendo Italia e Gran Bretagna a uscire dal Sistema monetario europeo. Naturalmente i paragoni sono impropri. In favore dell´euro gioca il fatto che la liquidità del suo mercato – in media 1.200 miliardi di dollari di scambi ogni giorno – è molto superiore a quelle di lira e sterlina 18 anni fa. Ma nel frattempo anche la speculazione si è fatta più potente, e i mercati finanziari sono più sofisticati di allora. Uno dei maggiori hedge fund, il gruppo Paulson, con altri attori del settore ha investito fino a 32 miliardi di dollari nei credit default swap, contratti assicurativi che puntano sulla bancarotta sovrana della Grecia. Dopo il raddoppio di valore di quei contratti tra dicembre e gennaio, Paulson ed altri hanno liquidato le posizioni e incassato i profitti. Poi sono passati a speculare contro il bersaglio più grosso, cioè l´euro. E non ci sono solo gli hedge fund. Goldman Sachs, Bank of America e Barclays dalla settimana scorsa hanno iniziato a consigliare ai propri clienti di prendere posizione contro l´euro. Si sta diffondendo tra i risparmiatori americani uno strumento semplice e popolare, gli Etf "ultra-corti", azioni quotate in Borsa che attraverso futures e swap consentono di guadagnare il doppio della percentuale di svalutazione euro-dollaro.
di Federico Rampini
28 febbraio 2010
Fidarsi delle banche?
I prodotti della casa sono sempre i più buoni? Forse in ambito agro-alimentare, ma di certo non se si tratta di prodotti finanziari distribuiti dalle banche. Soprattutto se, abbinati alla vendita di questi investimenti, ci sono lauti bonus per i dirigenti che li consigliano ai risparmiatori, spesso ignari dei meccanismi che ci sono dietro ai "consigli per gli acquisti". Non è bello, insomma, che una banca spinga a comprare i prodotti finanziari che ha più urgenza di piazzare invece di quelli più adatti alle esigenze del cliente.
Sul tema, odioso dopo i tanti scandali finanziari che hanno distrutto l'immagine del settore in Italia, è tornata la Consob, che ha richiamato due settimane fa due istituti (il nome resta ancora oggi misterioso) a una maggiore disciplina nell'ambito della distribuzione di prodotti finanziari, e di una maggiore aderenza alle norme della direttiva europea Mifid, che prevede una forte tutela degli interessi esterni all'intermediario.
Il problema, però, sta tanto nella condotta fraudolenta delle banche quanto nell’ignoranza dei clienti, solitamente del tutto incapaci di muoversi autonomamente nel globale supermercato dei prodotti finanziari. Davanti al feroce corporativismo del sistema bancario e preso atto della sua influenza sulla casta politica, s’impone al nutrito popolo dei risparmiatori una maggiore consapevolezza dei meccanismi che regolano l’universo della finanza. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare d’ignoranza finanziaria del popolo italiano. Non che questo nella sua media sia particolarmente colto, ma certamente in tema di mercati e finanza è tra i più ignoranti d'Europa. Politici, banchieri centrali e uomini d'affari lamentano periodicamente l'ignoranza del pubblico in tema di denaro, e hanno ragione.
Ciò, ovviamente, nulla toglie alla responsabilità di quegli istituti che, forti di una posizione di evidente superiorità rispetto al risparmiatore, sfruttano la propria posizione per liberarsi fraudolentemente dei rischi assunti scaricandoli sulla clientela. Sarebbe tuttavia logico aspettarsi un vero e proprio esodo dei risparmiatori da quelle realtà finanziarie che, di volta in volta, vengono coinvolte in simili scandali. Purtroppo, però, non è mai accaduto nulla di simile. Ma quali sono le due banche colpevoli di aver agito con troppa leggerezza nei confronti della clientela? La commissione guidata da Lamberto Cardia - Presidente della CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - non ne fa menzione per non scatenare la rivolta dei risparmiatori. La mancanza dei nomi ha tuttavia scatenato il tran tran di voci.
Nessun istituto si può escludere a priori, ma sembra che il richiamo, che si concretizzerà nella convocazione del consiglio di amministrazione dei due istituti, per l'esame di tematiche inerenti alla prestazione di servizi di investimento, non sia stato rivolto alle due big d'Italia, Unicredit e Intesa San Paolo. Voci accreditate dalle testate giornalistiche del settore sembrano escludere anche gruppi come Banca popolare di Milano, peraltro già toccata da rilievi Consob circa l'emissione di obbligazioni. Qualcuno comincia a fare i nomi di Banca Carige, Monte dei Paschi di Siena, Ubi banca, Banco Desio e Banca Etruria, ma le banche sospettate sono tante tra gruppi medi e medio grandi.
A breve si attendono le smentite degli istituti tirati al centro delle voci in un gioco a esclusione, fino ad arrivare alle due che da smentire avranno ben poco. Tra gli operatori le orecchie sono ben tese per carpire gli argomenti dei prossimi consigli di amministrazione in programma, per verificare se nell'ordine del giorno ci sono questioni inerenti la Mifid. Quel che è certo, tuttavia, è che la crisi finanziaria fatto riemergere in qualcuno vecchi vizi difficili da sradicare.
Rimane, però, il problema della facilità con cui gli squali della finanza riescano a mietere vittime tra i piccoli risparmiatori. Il problema è serio e si va imponendo all’attenzione generale a causa della sempre crescente volontà politica di rimettere all’autonomia privata scelte un tempo rimesse all’esclusiva competenza dello Stato. Una società moderna si aspetta che la maggior parte degli individui si assumano la responsabilità della gestione della spesa del proprio reddito (al netto delle tasse); che la maggior parte dei cittadini adulti sia proprietaria della propria casa di abitazione e che gli individui decidano quanto risparmiare per la pensione e se coprirsi da eventuali rischi attraverso la sottoscrizione di un'assicurazione. Ma una società che non fornisce ai propri cittadini gli strumenti necessari a prendere sagge decisioni finanziarie. Di più, sono in molti a sostenere che l'attuale crisi sia in parte dovuta alla diffusa ignoranza della storia finanziaria, non solo fra la gente comune. Conoscere, infatti, significa soprattutto essere messi nelle condizioni ottimali per poter operare una scelta coerente con le proprie esigenze.
Tra i tanti problemi del sistema finanziario il difetto principale è che esso riflette e accentua le debolezze umane. Come dimostra un numero crescente di ricerche sulla finanza comportamentale, il denaro accresce la nostra tendenza a reazioni eccessive, a passare dall'euforia quando le cose vanno bene alla depressione quando le cose vanno male. Il gonfiarsi e lo sgonfiarsi delle bolle finanziarie, in ultima istanza, è il frutto della nostra instabilità emotiva, della nostra incapacità di rimanere razionali quando tutto intorno a noi incomincia ad impazzire. Ma la finanza accentua anche le differenze fra gli uomini, arricchendo chi è intelligente e fortunato e impoverendo chi non è altrettanto intelligente e fortunato.
La stessa globalizzazione finanziaria potrebbe portare enormi benefici, se solo i soggetti ad ogni titolo in essa coinvolti fossero nelle condizioni per agire con piena coscienza e volontà; in linea teorica potrebbe portare, dopo più di trecento anni, al drastico ridimensionamento della divisione tra paesi ricchi e sviluppati e paesi poveri meno sviluppati. Sul piano strettamente dottrinario, infatti, quanto più i mercati finanziari s’integrano, tanto maggiori sono le opportunità per le persone che capiscono la finanza di migliorare le proprie condizioni, ovunque vivano, e parallelamente tanto maggiore è il rischio di una perdita di status sociale da parte di chi nulla sa di finanza. Ma i risultati dicono praticamente il contrario.
In termini di distribuzione generale del reddito, il mondo moderno non è un mondo piatto, semplicemente perché la remunerazione del capitale è aumentata esponenzialmente rispetto alla remunerazione del lavoro non qualificato. In altre parole, il premio riservato a chi conosce non è mai stato così elevato e la pena per l'ignoranza finanziaria non è mai stata così severa. Conoscere dunque le regole del gioco assume oggi un'importanza assolutamente fondamentale. Come nella vita di ogni giorno, è facile constatare che chi conosce agisce, mentre chi non conosce rimane immobile in un mondo che muta in modo troppo veloce per tollerare l'inerzia.
di Ilvio Pannullo
Sul tema, odioso dopo i tanti scandali finanziari che hanno distrutto l'immagine del settore in Italia, è tornata la Consob, che ha richiamato due settimane fa due istituti (il nome resta ancora oggi misterioso) a una maggiore disciplina nell'ambito della distribuzione di prodotti finanziari, e di una maggiore aderenza alle norme della direttiva europea Mifid, che prevede una forte tutela degli interessi esterni all'intermediario.
Il problema, però, sta tanto nella condotta fraudolenta delle banche quanto nell’ignoranza dei clienti, solitamente del tutto incapaci di muoversi autonomamente nel globale supermercato dei prodotti finanziari. Davanti al feroce corporativismo del sistema bancario e preso atto della sua influenza sulla casta politica, s’impone al nutrito popolo dei risparmiatori una maggiore consapevolezza dei meccanismi che regolano l’universo della finanza. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare d’ignoranza finanziaria del popolo italiano. Non che questo nella sua media sia particolarmente colto, ma certamente in tema di mercati e finanza è tra i più ignoranti d'Europa. Politici, banchieri centrali e uomini d'affari lamentano periodicamente l'ignoranza del pubblico in tema di denaro, e hanno ragione.
Ciò, ovviamente, nulla toglie alla responsabilità di quegli istituti che, forti di una posizione di evidente superiorità rispetto al risparmiatore, sfruttano la propria posizione per liberarsi fraudolentemente dei rischi assunti scaricandoli sulla clientela. Sarebbe tuttavia logico aspettarsi un vero e proprio esodo dei risparmiatori da quelle realtà finanziarie che, di volta in volta, vengono coinvolte in simili scandali. Purtroppo, però, non è mai accaduto nulla di simile. Ma quali sono le due banche colpevoli di aver agito con troppa leggerezza nei confronti della clientela? La commissione guidata da Lamberto Cardia - Presidente della CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - non ne fa menzione per non scatenare la rivolta dei risparmiatori. La mancanza dei nomi ha tuttavia scatenato il tran tran di voci.
Nessun istituto si può escludere a priori, ma sembra che il richiamo, che si concretizzerà nella convocazione del consiglio di amministrazione dei due istituti, per l'esame di tematiche inerenti alla prestazione di servizi di investimento, non sia stato rivolto alle due big d'Italia, Unicredit e Intesa San Paolo. Voci accreditate dalle testate giornalistiche del settore sembrano escludere anche gruppi come Banca popolare di Milano, peraltro già toccata da rilievi Consob circa l'emissione di obbligazioni. Qualcuno comincia a fare i nomi di Banca Carige, Monte dei Paschi di Siena, Ubi banca, Banco Desio e Banca Etruria, ma le banche sospettate sono tante tra gruppi medi e medio grandi.
A breve si attendono le smentite degli istituti tirati al centro delle voci in un gioco a esclusione, fino ad arrivare alle due che da smentire avranno ben poco. Tra gli operatori le orecchie sono ben tese per carpire gli argomenti dei prossimi consigli di amministrazione in programma, per verificare se nell'ordine del giorno ci sono questioni inerenti la Mifid. Quel che è certo, tuttavia, è che la crisi finanziaria fatto riemergere in qualcuno vecchi vizi difficili da sradicare.
Rimane, però, il problema della facilità con cui gli squali della finanza riescano a mietere vittime tra i piccoli risparmiatori. Il problema è serio e si va imponendo all’attenzione generale a causa della sempre crescente volontà politica di rimettere all’autonomia privata scelte un tempo rimesse all’esclusiva competenza dello Stato. Una società moderna si aspetta che la maggior parte degli individui si assumano la responsabilità della gestione della spesa del proprio reddito (al netto delle tasse); che la maggior parte dei cittadini adulti sia proprietaria della propria casa di abitazione e che gli individui decidano quanto risparmiare per la pensione e se coprirsi da eventuali rischi attraverso la sottoscrizione di un'assicurazione. Ma una società che non fornisce ai propri cittadini gli strumenti necessari a prendere sagge decisioni finanziarie. Di più, sono in molti a sostenere che l'attuale crisi sia in parte dovuta alla diffusa ignoranza della storia finanziaria, non solo fra la gente comune. Conoscere, infatti, significa soprattutto essere messi nelle condizioni ottimali per poter operare una scelta coerente con le proprie esigenze.
Tra i tanti problemi del sistema finanziario il difetto principale è che esso riflette e accentua le debolezze umane. Come dimostra un numero crescente di ricerche sulla finanza comportamentale, il denaro accresce la nostra tendenza a reazioni eccessive, a passare dall'euforia quando le cose vanno bene alla depressione quando le cose vanno male. Il gonfiarsi e lo sgonfiarsi delle bolle finanziarie, in ultima istanza, è il frutto della nostra instabilità emotiva, della nostra incapacità di rimanere razionali quando tutto intorno a noi incomincia ad impazzire. Ma la finanza accentua anche le differenze fra gli uomini, arricchendo chi è intelligente e fortunato e impoverendo chi non è altrettanto intelligente e fortunato.
La stessa globalizzazione finanziaria potrebbe portare enormi benefici, se solo i soggetti ad ogni titolo in essa coinvolti fossero nelle condizioni per agire con piena coscienza e volontà; in linea teorica potrebbe portare, dopo più di trecento anni, al drastico ridimensionamento della divisione tra paesi ricchi e sviluppati e paesi poveri meno sviluppati. Sul piano strettamente dottrinario, infatti, quanto più i mercati finanziari s’integrano, tanto maggiori sono le opportunità per le persone che capiscono la finanza di migliorare le proprie condizioni, ovunque vivano, e parallelamente tanto maggiore è il rischio di una perdita di status sociale da parte di chi nulla sa di finanza. Ma i risultati dicono praticamente il contrario.
In termini di distribuzione generale del reddito, il mondo moderno non è un mondo piatto, semplicemente perché la remunerazione del capitale è aumentata esponenzialmente rispetto alla remunerazione del lavoro non qualificato. In altre parole, il premio riservato a chi conosce non è mai stato così elevato e la pena per l'ignoranza finanziaria non è mai stata così severa. Conoscere dunque le regole del gioco assume oggi un'importanza assolutamente fondamentale. Come nella vita di ogni giorno, è facile constatare che chi conosce agisce, mentre chi non conosce rimane immobile in un mondo che muta in modo troppo veloce per tollerare l'inerzia.
di Ilvio Pannullo
Iran. Confessione stragista Rigi: Stati Uniti mi offrirono base militare e soldi illimitati
L’amministrazione di Barack Obama aveva offerto ad Abdolmalek Rigi una base militare in Afghanistan e soldi illimitati per incoraggiarlo a proseguire le sue attività terroristiche ai danni della Repubblica Islamica dell’Iran e dei suoi cittadini.
La rete satellitare in lingua inglese PressTv, entrata in possesso della confessione fatta durante il suo primo interrogatorio dal feroce terrorista Abdolmalek Rigi rivela parti importanti delle sue dichiarazioni: “Dopo che Obama venne eletto, gli americani ci contattarono e mi incontrarono in Pakistan. Lui (l’agente americano/ndr) mi disse che gli americani chiedevano un colloquio”.
Rigi ha proseguito: “Io all’inizio non accettai ma lui promise a noi grande cooperazione. Disse che ci avrebbe dato armi, mitragliatrici ed equipaggiamenti militari; loro ci promisero pure una base militare in Afghanistan, a ridosso del confine con l’Iran”.
Il terrorista arrestato nei giorni scorsi ha proseguito: “Il nostro meeting avvenne a Dubai e anche lì ripeterono che avrebbero dato a noi la base in Afghanistan e che avrebbero garantito la mia sicurezza in tutti i paesi limitrofi dell’Iran in modo che io possa mettere in atto le mie operazioni”.
Riguardo all’ultima fase prima della sua cattura Rigi spiega: “Mi dissero che un’alto esponente americano mi voleva vedere e che lui mi aspettava alla base militare di Manas, vicino Bishkek, in Kirkizistan. Mi dissero che se questo alto esponente viaggiava negli Emirati poteva essere riconosciuto e perciò dovevo andare io da lui”.
Il terrorista arrestato proprio sul volo che da Dubai si dirigeva verso Bishkek ha inoltre rivelato:
“Nei nostri meeting gli americani dicevano che l’Iran aveva preso la sua strada e che al momento il loro problema era proprio l’Iran e non Al-Qaeda e nemmeno i talebani; solo e solamente l’Iran. Dicevano di non avere un piano militare adatto per attaccare l’Iran; questo, dicevano, è molto difficile per noi. Ma dicevano che la Cia, narra Rigi, conta su di me perchè crede che la mia organizzazione è in grado di destabilizzare il paese”.
Abdolmalek Rigi ha inoltre spiegato: “Un ufficiale della Cia mi disse che era molto difficile per loro attaccare l’Iran e che perciò il governo americano aveva deciso di dare supporto a tutti i gruppi anti-iraniani capaci di creare difficoltà al governo islamico. Per questo mi dissero che erano pronti a darci ogni sorta di addestramento, aiuti, soldi quanti ne volevamo e la base per poter mettere in atto le nostre azioni”.
by saigon2k
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