30 marzo 2011

Euro 2: la vendetta

http://www.euro.lt/documents/Euro%20brezinys_EC1.JPG

Ritorno ancora su un argomento che mi sta particolarmente a cuore visto che sono stato uno dei primi a parlarne in anticipo in tempi non sospetti, era infatti il 2008 quando spiegavo il Club Med e a che cosa ci avrebbe portato. La scorsa estate ho scritto il saggio economico intitolato “L’Europa sé rotta” ma pare che ancora adesso la maggior parte dei piccoli risparmiatori ed investitori italiani non si renda conto di che rischi gravino sui loro portafogli e sullo scenario macroeconomico europeo. Nello specifico il cosiddetto rischio di spaccatura monetaria all’interno dell’area valutaria dell’Unione Europea. Sostanzialmente tutto questo è rappresentato dalla Teoria di Euro 2 ovvero l’emersione o la creazione di una seconda divisa in Europa che venga adottata dai paesi periferici.


La crisi dei PIGS (ho scoperto che ci sono persone che ancora non sanno che cosa sono) è in realtà la crisi dell’euro ovvero di una moneta imposta dall’alto a 17 economie che tra di loro hanno ben poco in comune. La moneta per ogni paese è una potente arma di difesa in momenti di turbolenza o difficoltà finanziaria, rappresenta una sorta di valvola a pressione per raffreddare l’economia o per rilanciarla in momenti di profonda contrazione. Nello specifico aver obbligato paesi come il nostro ad usare una divisa troppo forte per un economia troppo debole è stato una follia. Se ne stanno rendendo conto troppo tardi adesso le autorità istituzionali, nonostante i recenti moniti di prestigiose personalità dello stesso mondo accademico, vedi Roubini, Stiglitz, Fitoussi, Attali e Zingales.


Per chi non lo sapesse vi sono centinaia di operatori istituzionali che stanno covando in silenzio operazioni di speculazione finanziaria sul default dell’euro o sulla sua dipartita: persino Warren Buffet ha sentenziato la fine prossima della moneta unica a fronte delle continue e ripetute difficoltà di Spagna e Portogallo. La crisi dei PIGS ha fatto emergere una insostenibile architettura finanziaria tra i paesi virtuosi dell’Europa del Nord e quelli in quarantena finanziaria dell’Europa Periferica: in poche parole il debito dei paesi deboli è in mano per la maggior parte ai paesi sani e forti (si fa per dire, infatti anche la Germania molto presto si troverà a dover aiutare altri partner europei per evitare di perdere la leadership politica in Europa).Il Giappone, con quello che ha recentemente subito, non preoccupa nessuno (almeno dal punto di vista economico) in quanto il 95% del suo debito pubblico è in mano agli stessi giapponesi, mentre Francia, Germania ed Inghilterra detengono percentuali rilevanti del debito pubblico spagnolo, greco, irlandese, italiano e cosi via. Pertanto le sorti del debitore sono nelle mani del creditore: il peggior scenario ! Ponete pertanto la massima attenzione: quello che un tempo poteva essere un investimentio risk free come un titolo di stato europeo oggi potrebbe essere uno dei primi investimenti a prendere un bagno di sangue. Lo stesso Cameron, incalzato successivamente dalla Merkel, ha più volte ribadito che non è possibile continuare a far pagare ai soli contribuenti questa bomba con la miccia accesa, in più occasioni qualcuno ha paventato l’idea del default parziale.

Con questo termine si intende il rimborso non integrale dei titoli di stato alla loro naturale scadenza. Recentemente la Banca J.P. Morgan ha ipotizzato per il breve periodo la possibilità di default parziale dal 5% al 25%, a seconda dello scenario, per i paesi PIGS (mettendoci dentro anche l’Irlanda e l’Inghilterra). Evitate pertanto di massificare il vostro portafoglio con solo titoli di stato aerea euro, specie se a tasso fisso e con scadenze molto lunghe, preferite piuttosto le emissioni con tasso ancorato all’inflazione. Se poi si volesse scegliere il titolo di stato più sicuro al mondo in questo momento allora si dovrebbe puntare su quelli norvegesi: strana fatalità, infatti la Norvegia è un paese che di entrare in Europa proprio non ne vuol sentire.
di Eugenio Benetazzo

29 marzo 2011

PIU’ NIENTE DA RUBARE




Michael Betancourt è un intellettuale: usa parole come semiosi e, di fatto, sa esattamente che cosa significano. Parlando del Rapporto Keiser, ha fatto alcune rilevazioni interessanti sulla pila di effimeri digitali in cui si è trasformato il sistema finanziario globale e gran parte dell'economia. A partire dal punto 20:52 in poi, Michael dice questo sulle iniziative in corso nei mercati finanziari di tutto il mondo:

Non vorrei necessariamente dire "rubare" ... semplicemente non mi pare che "rubare" sia necessariamente il verbo giusto per definirlo. E`qualcosa di diverso. Rubare [implica] che vi sia una sorta di bene materiale che è stato rubato ... che la moneta sia stata svalutata implica che, se non avessimo fatto questo, la valuta sarebbe solvente, e tutto il problema qui è che la stessa moneta è scollegata da qualsiasi tipo di valore fisico.

Esiste come un debito nei confronti della produzione futura, piuttosto che una riserva di valore. E tutto ciò si riduce alle basi immateriali in cui stiamo ora vivendo. Quindi, sì, in un certo senso si potrebbe dire che stanno rubando, [ma] in un altro senso si potrebbe dire che non lo stanno facendo perché non c'è niente da rubare ... La realtà è che si tratta di un sistema insostenibile, e che l'inevitabilità del suo crollo è stata lì fin dal principio, poiché l'intero sistema è basato su una valuta che a sua volta non si basa su niente - esiste solo in relazione alle altre valute. ..


Sui manifestanti in Wisconsin e altrove:

Ciò che rende il tutto ancora più perverso è che ciò per cui stanno lottando è il proseguimento della loro trappola ... I poteri che sono attualmente in azione e che causano queste rivolte, proteste, ribellioni ... stanno lottando per la propria sopravvivenza, e il cambiamento che sta avvenendo è perverso perché ci stiamo dirigendo verso un collasso, ed è quasi inevitabile che avremo questo crollo, ancora una volta, ad un certo punto. In un certo senso credo che sia già iniziato con il congelamento del credito nel 2009. Il tentativo di stampare la nostra via di fuga non provocherà necessariamente l'iperinflazione (anche se ci sono persone che stanno dicendo che lo farà) così tanto che il risultato sarà una rivalutazione completa del sistema, attraverso la quale arriveremo a qualche altro, nuovo equilibrio. Parte del problema nell' arrivarci è che ci sono forze che combattono su chi ha il maggior numero di questi oggetti essenzialmente immateriali, questa moneta immateriale. Quello che accadrà è che a un certo punto ne avranno la maggior parte (e ci stiamo già arrivando, se si guarda ad una qualsiasi delle cifre su chi ha la ricchezza e chi no). Ciò che succederà quando si avrà una consistente concentrazione è che l'intero sistema si bloccherà come ha fatto nel 2009. Questo perché l'equilibrio e il mantenimento e la sopravvivenza di questo sistema dipendono dalla circolazione di questi beni immateriali. Non appena inizieranno ad essere accumulati, o non appena le persone che li hanno inizieranno a reinvestirli in qualche sorta di bene materiale, entrambe queste azioni possono innescare un crollo immediato, non necessariamente nel senso di una corsa in banca o di panico, ma nel senso che il sistema non può più fattivamente mantenere il proprio equilibrio ... va verso uno squilibrio sempre più grande, perché questo è lo stato fondamentale per questo tipo di situazione, dove vi è una grande produzione immateriale rispetto a quella materiale limitata.

Sarei tendenzialmente d'accordo. Il valore delle attività finanziarie si fonda sulla promessa di una futura produzione industriale, che non riuscirà a concretizzarsi per la carenza di molteplici risorse chiave. Nell'edizione aggiornata del Reinventing Collapse (che è prevista in stampa la prossima settimana), cerco di arrivare alla stessa conclusione di Michael, sforzandomi di evitare paroloni come "squilibrio":

La misura in cui diamo valore ai soldi dipende dal nostro grado di fiducia nell'economia. In un primo momento, mentre l'economia comincia a crollare, cominciamo ad accumulare soldi, per fare in modo di non rimanere senza. Poi, mentre l'economia continua a deperire, interruzioni di fornitura e impennate dei prezzi portano alcuni di noi a capire improvvisamente che potremmo non essere in grado di accedere alle cose di cui abbiamo bisogno, per molto più a lungo, per non parlare del costo, e che essere a corto di denaro non è fatale come certamente lo è essere a corto di cibo, carburante e altri beni. E allora iniziamo a convertire il nostro patrimonio cartaceo in beni materiali che riteniamo potrebbero essere più utili. Poco dopo tutti si rendono conto che i gettoni che possiedono non valgono più granché. È questa consapevolezza, più di ogni altra cosa, che rende il gettone istantaneamente senza valore. [RC 2.0 p. 54-55]

Negli ultimi mesi ho avuto molte occasioni di passeggiare nel quartiere finanziario di Boston e osservare tutti i topi da laboratorio in giacca e cravatta il cui compito è quello di spingere i pulsanti per cercare di stimolare il centro del piacere cerebrale di qualche benestante. La stragrande maggioranza di ciò che commerciano deriva dal debito garantito da una produzione futura che non esiste. A che punto il piacere del loro patrono varcherà la soglia del dolore? Vedremo gli über-ricchi immolarsi sui roghi dei loro soldi ormai senza valore, solo per sfuggire all'angoscia di essere espropriati dei loro possedimenti fantasma? Auguro a tutti di sopravvivere con la loro precaria sanità mentale intatta, ma non posso fare a meno di auspicarmi un falò delle vanità che lasci alle nostre spalle questo lungo episodio di auto-digitazione finanziaria senza respiro.

Fonte: http://cluborlov.blogspot.com

27 marzo 2011

La Ue prigioniera delle Banche


Il vertice europeo sul Fondo Salva Stati e sul patto di stabilità si chiude con un rinvio che lascia tutto com’è. E intanto l’annunciatissimo crollo a catena dei Piigs prosegue come da copione: dopo la Grecia l’Irlanda, e dopo l’Irlanda il Portogallo


Passata di fatto in secondo piano per le cronache concentrate sulla ennesima guerra di aggressione alla Libia, mascherata naturalmente da intervento umanitario, la situazione economica dell'Europa, e in particolare di alcuni Paesi che ne fanno parte, sta attraversando una fase di conferme di quanto andiamo scrivendo da mesi, anzi da anni.

I fatti recenti, come ampiamente previsto da pochi (e tenuto nascosto da tutti gli altri) stanno purtroppo confermando ciò che anche un ragazzino di prima media avrebbe potuto capire: è impossibile risolvere una situazione economica debitoria accendendo un ulteriore debito, peraltro con interessi superiori a quelli della situazione partenza, per non parlare del fatto che non si rimuove la causa principale dei debiti crescenti.

Bastino tre sole notizie delle ultime ore prima di fare qualche, semplice, riflessione.

La prima è la parabola discendente dello stato economico del Portogallo, terza vittima sacrificale, dopo Irlanda e Grecia, nel copione già scritto in merito ai paesi Piigs della nostra Europa. Le dimissioni del premier Socrates, dopo la bocciatura subita nel parlamento portoghese in seguito alla presentazione dell'ennesimo piano di austerità - il quarto, solo nell'ultimo anno - riflette il fatto che la situazione è veramente molto grave. Film già visto, purtroppo: il popolo giustamente non ne vuole sapere di pagare per una crisi causata da altri, per giunta speculatori, scende in piazza a manifestare contro il piano di tagli previsto, e l'opposizione al governo di Lisbona cavalca l'onda della protesta per bloccare di fatto l'operato del governo in carica. Naturalmente senza avere in tasca lo straccio di una soluzione alternativa per rispondere ad attacchi finanziari e speculativi che piovono da altre parti del mondo sull'Europa intera. Il Portogallo deve essere costretto ad accettare gli aiuti imposti dall'Fmi ai tassi usurai di cui Grecia e Irlanda sono già consci. Non ci sono altre strade - così vogliono far credere - per uscire dalla crisi...

Altra notizia: oltre alla situazione in Grecia – dove aumenta la povertà e si tagliano servizi giorno per giorno, e malgrado questo salgono i rendimenti dei titoli pubblici, la popolazione è in collera costante e montante – oggi scopriamo che anche l'Irlanda (ne ha scritto ieri Stasi proprio qui) ha nuova e ulteriore necessità di chiedere eaccettare altri prestiti. Quelli ricevuti non bastano. Non sono bastati...

Terza notizia: il vertice recente di Bruxelles, che avrebbe dovuto decidere sul fondo salva stati e sul patto di stabilità, ha semplicemente rimandato la decisione. Naturalmente i problemi relativi alla situazione in Libia hanno pesato sull’incontro europeo, ma come chiamare, se non guerra, anche ciò che sta succedendo a livello economico nel vecchio continente? Eppure, a questo proposito, per ora c’è il silenzio. Mentre un numero sempre maggiore di popoli d’Europa inizia a urlare sempre di più.

Ergo? Tre cose in rapida successione. La prima: inesorabile, la crisi continua a montare, dunque gli opinionisti, i politici e gli analisti embedded stanno prendendo per i fondelli la popolazione di tutta Europa. Non solo non stiamo uscendo dalla crisi, non solo ci siamo ancora dentro, ma passo passo si sta procedendo ulteriormente verso il baratro. La seconda: gli aiuti imposti ai vari paesi non solo non sono risolutivi delle situazioni debitorie degli stessi, ma addirittura aggravano la situazione, tanto che, come nel più classico e perverso sistema dei debiti sempre crescenti, i paesi già aiutati hanno ulteriore bisogno di aiuto. La terza: in Europa non si ha idea di come cercare di risolvere la situazione. Si è alla mercé della finanza internazionale e non si ha lo straccio di una strategia, economica, politica, ideologica, filosofica, per sottrarsi al terribile gioco a perdere che questo modello impone a tutti i popoli che continuano a farne parte.

I popoli d'Europa, per quel che ci riguarda da vicino, brancolano nel buio, guidati da una classe dirigente inutile, incapace, colpevolmente prona alle Banche e all’Fmi.

di Valerio Lo Monaco

30 marzo 2011

Euro 2: la vendetta

http://www.euro.lt/documents/Euro%20brezinys_EC1.JPG

Ritorno ancora su un argomento che mi sta particolarmente a cuore visto che sono stato uno dei primi a parlarne in anticipo in tempi non sospetti, era infatti il 2008 quando spiegavo il Club Med e a che cosa ci avrebbe portato. La scorsa estate ho scritto il saggio economico intitolato “L’Europa sé rotta” ma pare che ancora adesso la maggior parte dei piccoli risparmiatori ed investitori italiani non si renda conto di che rischi gravino sui loro portafogli e sullo scenario macroeconomico europeo. Nello specifico il cosiddetto rischio di spaccatura monetaria all’interno dell’area valutaria dell’Unione Europea. Sostanzialmente tutto questo è rappresentato dalla Teoria di Euro 2 ovvero l’emersione o la creazione di una seconda divisa in Europa che venga adottata dai paesi periferici.


La crisi dei PIGS (ho scoperto che ci sono persone che ancora non sanno che cosa sono) è in realtà la crisi dell’euro ovvero di una moneta imposta dall’alto a 17 economie che tra di loro hanno ben poco in comune. La moneta per ogni paese è una potente arma di difesa in momenti di turbolenza o difficoltà finanziaria, rappresenta una sorta di valvola a pressione per raffreddare l’economia o per rilanciarla in momenti di profonda contrazione. Nello specifico aver obbligato paesi come il nostro ad usare una divisa troppo forte per un economia troppo debole è stato una follia. Se ne stanno rendendo conto troppo tardi adesso le autorità istituzionali, nonostante i recenti moniti di prestigiose personalità dello stesso mondo accademico, vedi Roubini, Stiglitz, Fitoussi, Attali e Zingales.


Per chi non lo sapesse vi sono centinaia di operatori istituzionali che stanno covando in silenzio operazioni di speculazione finanziaria sul default dell’euro o sulla sua dipartita: persino Warren Buffet ha sentenziato la fine prossima della moneta unica a fronte delle continue e ripetute difficoltà di Spagna e Portogallo. La crisi dei PIGS ha fatto emergere una insostenibile architettura finanziaria tra i paesi virtuosi dell’Europa del Nord e quelli in quarantena finanziaria dell’Europa Periferica: in poche parole il debito dei paesi deboli è in mano per la maggior parte ai paesi sani e forti (si fa per dire, infatti anche la Germania molto presto si troverà a dover aiutare altri partner europei per evitare di perdere la leadership politica in Europa).Il Giappone, con quello che ha recentemente subito, non preoccupa nessuno (almeno dal punto di vista economico) in quanto il 95% del suo debito pubblico è in mano agli stessi giapponesi, mentre Francia, Germania ed Inghilterra detengono percentuali rilevanti del debito pubblico spagnolo, greco, irlandese, italiano e cosi via. Pertanto le sorti del debitore sono nelle mani del creditore: il peggior scenario ! Ponete pertanto la massima attenzione: quello che un tempo poteva essere un investimentio risk free come un titolo di stato europeo oggi potrebbe essere uno dei primi investimenti a prendere un bagno di sangue. Lo stesso Cameron, incalzato successivamente dalla Merkel, ha più volte ribadito che non è possibile continuare a far pagare ai soli contribuenti questa bomba con la miccia accesa, in più occasioni qualcuno ha paventato l’idea del default parziale.

Con questo termine si intende il rimborso non integrale dei titoli di stato alla loro naturale scadenza. Recentemente la Banca J.P. Morgan ha ipotizzato per il breve periodo la possibilità di default parziale dal 5% al 25%, a seconda dello scenario, per i paesi PIGS (mettendoci dentro anche l’Irlanda e l’Inghilterra). Evitate pertanto di massificare il vostro portafoglio con solo titoli di stato aerea euro, specie se a tasso fisso e con scadenze molto lunghe, preferite piuttosto le emissioni con tasso ancorato all’inflazione. Se poi si volesse scegliere il titolo di stato più sicuro al mondo in questo momento allora si dovrebbe puntare su quelli norvegesi: strana fatalità, infatti la Norvegia è un paese che di entrare in Europa proprio non ne vuol sentire.
di Eugenio Benetazzo

29 marzo 2011

PIU’ NIENTE DA RUBARE




Michael Betancourt è un intellettuale: usa parole come semiosi e, di fatto, sa esattamente che cosa significano. Parlando del Rapporto Keiser, ha fatto alcune rilevazioni interessanti sulla pila di effimeri digitali in cui si è trasformato il sistema finanziario globale e gran parte dell'economia. A partire dal punto 20:52 in poi, Michael dice questo sulle iniziative in corso nei mercati finanziari di tutto il mondo:

Non vorrei necessariamente dire "rubare" ... semplicemente non mi pare che "rubare" sia necessariamente il verbo giusto per definirlo. E`qualcosa di diverso. Rubare [implica] che vi sia una sorta di bene materiale che è stato rubato ... che la moneta sia stata svalutata implica che, se non avessimo fatto questo, la valuta sarebbe solvente, e tutto il problema qui è che la stessa moneta è scollegata da qualsiasi tipo di valore fisico.

Esiste come un debito nei confronti della produzione futura, piuttosto che una riserva di valore. E tutto ciò si riduce alle basi immateriali in cui stiamo ora vivendo. Quindi, sì, in un certo senso si potrebbe dire che stanno rubando, [ma] in un altro senso si potrebbe dire che non lo stanno facendo perché non c'è niente da rubare ... La realtà è che si tratta di un sistema insostenibile, e che l'inevitabilità del suo crollo è stata lì fin dal principio, poiché l'intero sistema è basato su una valuta che a sua volta non si basa su niente - esiste solo in relazione alle altre valute. ..


Sui manifestanti in Wisconsin e altrove:

Ciò che rende il tutto ancora più perverso è che ciò per cui stanno lottando è il proseguimento della loro trappola ... I poteri che sono attualmente in azione e che causano queste rivolte, proteste, ribellioni ... stanno lottando per la propria sopravvivenza, e il cambiamento che sta avvenendo è perverso perché ci stiamo dirigendo verso un collasso, ed è quasi inevitabile che avremo questo crollo, ancora una volta, ad un certo punto. In un certo senso credo che sia già iniziato con il congelamento del credito nel 2009. Il tentativo di stampare la nostra via di fuga non provocherà necessariamente l'iperinflazione (anche se ci sono persone che stanno dicendo che lo farà) così tanto che il risultato sarà una rivalutazione completa del sistema, attraverso la quale arriveremo a qualche altro, nuovo equilibrio. Parte del problema nell' arrivarci è che ci sono forze che combattono su chi ha il maggior numero di questi oggetti essenzialmente immateriali, questa moneta immateriale. Quello che accadrà è che a un certo punto ne avranno la maggior parte (e ci stiamo già arrivando, se si guarda ad una qualsiasi delle cifre su chi ha la ricchezza e chi no). Ciò che succederà quando si avrà una consistente concentrazione è che l'intero sistema si bloccherà come ha fatto nel 2009. Questo perché l'equilibrio e il mantenimento e la sopravvivenza di questo sistema dipendono dalla circolazione di questi beni immateriali. Non appena inizieranno ad essere accumulati, o non appena le persone che li hanno inizieranno a reinvestirli in qualche sorta di bene materiale, entrambe queste azioni possono innescare un crollo immediato, non necessariamente nel senso di una corsa in banca o di panico, ma nel senso che il sistema non può più fattivamente mantenere il proprio equilibrio ... va verso uno squilibrio sempre più grande, perché questo è lo stato fondamentale per questo tipo di situazione, dove vi è una grande produzione immateriale rispetto a quella materiale limitata.

Sarei tendenzialmente d'accordo. Il valore delle attività finanziarie si fonda sulla promessa di una futura produzione industriale, che non riuscirà a concretizzarsi per la carenza di molteplici risorse chiave. Nell'edizione aggiornata del Reinventing Collapse (che è prevista in stampa la prossima settimana), cerco di arrivare alla stessa conclusione di Michael, sforzandomi di evitare paroloni come "squilibrio":

La misura in cui diamo valore ai soldi dipende dal nostro grado di fiducia nell'economia. In un primo momento, mentre l'economia comincia a crollare, cominciamo ad accumulare soldi, per fare in modo di non rimanere senza. Poi, mentre l'economia continua a deperire, interruzioni di fornitura e impennate dei prezzi portano alcuni di noi a capire improvvisamente che potremmo non essere in grado di accedere alle cose di cui abbiamo bisogno, per molto più a lungo, per non parlare del costo, e che essere a corto di denaro non è fatale come certamente lo è essere a corto di cibo, carburante e altri beni. E allora iniziamo a convertire il nostro patrimonio cartaceo in beni materiali che riteniamo potrebbero essere più utili. Poco dopo tutti si rendono conto che i gettoni che possiedono non valgono più granché. È questa consapevolezza, più di ogni altra cosa, che rende il gettone istantaneamente senza valore. [RC 2.0 p. 54-55]

Negli ultimi mesi ho avuto molte occasioni di passeggiare nel quartiere finanziario di Boston e osservare tutti i topi da laboratorio in giacca e cravatta il cui compito è quello di spingere i pulsanti per cercare di stimolare il centro del piacere cerebrale di qualche benestante. La stragrande maggioranza di ciò che commerciano deriva dal debito garantito da una produzione futura che non esiste. A che punto il piacere del loro patrono varcherà la soglia del dolore? Vedremo gli über-ricchi immolarsi sui roghi dei loro soldi ormai senza valore, solo per sfuggire all'angoscia di essere espropriati dei loro possedimenti fantasma? Auguro a tutti di sopravvivere con la loro precaria sanità mentale intatta, ma non posso fare a meno di auspicarmi un falò delle vanità che lasci alle nostre spalle questo lungo episodio di auto-digitazione finanziaria senza respiro.

Fonte: http://cluborlov.blogspot.com

27 marzo 2011

La Ue prigioniera delle Banche


Il vertice europeo sul Fondo Salva Stati e sul patto di stabilità si chiude con un rinvio che lascia tutto com’è. E intanto l’annunciatissimo crollo a catena dei Piigs prosegue come da copione: dopo la Grecia l’Irlanda, e dopo l’Irlanda il Portogallo


Passata di fatto in secondo piano per le cronache concentrate sulla ennesima guerra di aggressione alla Libia, mascherata naturalmente da intervento umanitario, la situazione economica dell'Europa, e in particolare di alcuni Paesi che ne fanno parte, sta attraversando una fase di conferme di quanto andiamo scrivendo da mesi, anzi da anni.

I fatti recenti, come ampiamente previsto da pochi (e tenuto nascosto da tutti gli altri) stanno purtroppo confermando ciò che anche un ragazzino di prima media avrebbe potuto capire: è impossibile risolvere una situazione economica debitoria accendendo un ulteriore debito, peraltro con interessi superiori a quelli della situazione partenza, per non parlare del fatto che non si rimuove la causa principale dei debiti crescenti.

Bastino tre sole notizie delle ultime ore prima di fare qualche, semplice, riflessione.

La prima è la parabola discendente dello stato economico del Portogallo, terza vittima sacrificale, dopo Irlanda e Grecia, nel copione già scritto in merito ai paesi Piigs della nostra Europa. Le dimissioni del premier Socrates, dopo la bocciatura subita nel parlamento portoghese in seguito alla presentazione dell'ennesimo piano di austerità - il quarto, solo nell'ultimo anno - riflette il fatto che la situazione è veramente molto grave. Film già visto, purtroppo: il popolo giustamente non ne vuole sapere di pagare per una crisi causata da altri, per giunta speculatori, scende in piazza a manifestare contro il piano di tagli previsto, e l'opposizione al governo di Lisbona cavalca l'onda della protesta per bloccare di fatto l'operato del governo in carica. Naturalmente senza avere in tasca lo straccio di una soluzione alternativa per rispondere ad attacchi finanziari e speculativi che piovono da altre parti del mondo sull'Europa intera. Il Portogallo deve essere costretto ad accettare gli aiuti imposti dall'Fmi ai tassi usurai di cui Grecia e Irlanda sono già consci. Non ci sono altre strade - così vogliono far credere - per uscire dalla crisi...

Altra notizia: oltre alla situazione in Grecia – dove aumenta la povertà e si tagliano servizi giorno per giorno, e malgrado questo salgono i rendimenti dei titoli pubblici, la popolazione è in collera costante e montante – oggi scopriamo che anche l'Irlanda (ne ha scritto ieri Stasi proprio qui) ha nuova e ulteriore necessità di chiedere eaccettare altri prestiti. Quelli ricevuti non bastano. Non sono bastati...

Terza notizia: il vertice recente di Bruxelles, che avrebbe dovuto decidere sul fondo salva stati e sul patto di stabilità, ha semplicemente rimandato la decisione. Naturalmente i problemi relativi alla situazione in Libia hanno pesato sull’incontro europeo, ma come chiamare, se non guerra, anche ciò che sta succedendo a livello economico nel vecchio continente? Eppure, a questo proposito, per ora c’è il silenzio. Mentre un numero sempre maggiore di popoli d’Europa inizia a urlare sempre di più.

Ergo? Tre cose in rapida successione. La prima: inesorabile, la crisi continua a montare, dunque gli opinionisti, i politici e gli analisti embedded stanno prendendo per i fondelli la popolazione di tutta Europa. Non solo non stiamo uscendo dalla crisi, non solo ci siamo ancora dentro, ma passo passo si sta procedendo ulteriormente verso il baratro. La seconda: gli aiuti imposti ai vari paesi non solo non sono risolutivi delle situazioni debitorie degli stessi, ma addirittura aggravano la situazione, tanto che, come nel più classico e perverso sistema dei debiti sempre crescenti, i paesi già aiutati hanno ulteriore bisogno di aiuto. La terza: in Europa non si ha idea di come cercare di risolvere la situazione. Si è alla mercé della finanza internazionale e non si ha lo straccio di una strategia, economica, politica, ideologica, filosofica, per sottrarsi al terribile gioco a perdere che questo modello impone a tutti i popoli che continuano a farne parte.

I popoli d'Europa, per quel che ci riguarda da vicino, brancolano nel buio, guidati da una classe dirigente inutile, incapace, colpevolmente prona alle Banche e all’Fmi.

di Valerio Lo Monaco