Mi sono volutamente astenuto dal commentare il 150° compleanno dell'Unità d'Italia, quando le feste e la retorica di quell'evento erano al loro culmine, e le genti italiane, in massima parte, erano sinceramente partecipi nel testimoniare amore a questo paese.
Gli italiani amano l'Italia molto più di quanto loro stessi non vogliano ammettere.
Finita la festa, però, qualche precisazione è bene farla; e non già per alimentare un'inutile polemica fine a se stessa, ma perché non si perda il senso della verità storica e si ristabilisca l'onore e la dignità di coloro ai quali sono stati tolti.
Osservate bene la tabellina sotto (fonte: Il Sole 24 ore del 17-3-2011) ...
| Popolazione | Debito pubblico | Interessi annui | Pil | Debito/Pil | Pil pro capite | Interessi/Debito | Interessi/Pil | Riserve Oro |
| | Milioni Lire | Milioni Lire | Milioni Lire | | Lire | | | Milioni Lire |
Regno delle due Sicilie | 6.970.018 | 411,5 | 22,8 | 2483,4 | 16,6% | 356 | 5,5% | 0,9% | 443 |
Piemonte | 4.282.553 | 1121,4 | 67,9 | 1518,3 | 73,9% | 355 | 6,1% | 4,5% | 27 |
... in essa non c'è la retorica della Patria unita, né la poesia sul sangue versato dai martiri del Risorgimento italiano; c'è, invece, il motivo per cui l'Italia s'è fatta, la ragione economica per cui il Piemonte ha fatto invadere il regno dei Borboni da Garibaldi, annettendoselo poi; come si fa con le terre conquistate; come si fa con le aziende scalate.
Quella è la situazione al 1859, due anni prima dell'Unità, e mostra, con la semplice verità dei numeri, cosa c'è dietro quell'idea di Italia che s'è desta e dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa ...
Il Piemonte di Cavour e Vittorio Emanuele II, ha un Pil pro capite simile al regno dei Borboni (... ma non ci avevano detto che al Sud erano morti di fame mentre al Nord erano più ricchi?), ma soprattutto è indebitato fino alla cima dei capelli: 73.9% del Pil, contro il 16.6% del Sud.
E non è tutto: i Borboni hanno 443 milioni di riserve d'oro (poco più del loro debito pubblico ... e, quindi, sono addirittura in attivo), mentre i piemontesi non hanno neanche gli occhi per piangere (27 milioni di riserve d'oro contro 1121.4 milioni di debito pubblico).
Le casse piemontesi sono vuote, Cavour è costretto ad aumentare continuamente le tasse per non fare default, mentre al Sud le tasse sono "leggere", neanche lontanamente paragonabili a quelle piemontesi.
Tutto ciò è il risultato di una politica economica rigorosa, competente ed onesta nelle "Due Sicilie" (... ma non s'era detto che al Sud sono "approssimativi" a causa del retaggio di quella "grossolana" gestione borbonica?), mentre in Piemonte si intrallazza (soprattutto il re) e ci si lancia in folli avventure senza ritorno.
I Savoia hanno speso una fortuna nelle loro guerre (tutte perse) contro l'Austria e si sono dissanguati con la guerra di Crimea; ormai sono nelle mani dei Rothschild che gli hanno prestato montagne di denari e non intendono aggiungere un altro centesimo di prestito a quel debitore che, sempre più speditamente, si avvia verso la bancarotta.
Ed ecco l'idea geniale: invadere ed annettersi il regno delle due Sicilie, appropriarsi di quei 443 milioni di riserve d'oro e, diluire il debito residuo su un Pil maggiore. Dal 73.9% del Pil, il Piemonte può scendere, unendo la contabilità di nord e sud, al 38.3% ... senza considerare l'oro dei Borboni ... Con quell'oro, invece, il debito si riduce fino al 26.5% del Pil.
E' l'uovo di colombo, il colpo di scena che, con un tratto di penna, riaggiusta i numeri. E' come la fusione Telecom-Tim fatta da Tronchetti Provera non molti anni fa; la prima con grandi debiti, la seconda con grande liquidità.
L'idea, manco a dirlo, è dei Rothschild che, allora come adesso, sono specialisti di M&A (Merger and Acquisition) ... scalate, acquisizioni, fusioni etc ...
Questo è il motivo per cui Cavour lancia Garibaldi all'assalto del regno delle due Sicilie, scortato dalla marina inglese (gli inglesi hanno privilegi economici notevoli in Sicilia, che i Borboni intendono "terminare") e preceduto dai corruttori piemontesi che comprano la complicità di politici e generali borbonici.
Solo così i mille garibaldini, in maggioranza avanzi di galera, riescono a vincere le "epiche" battaglie siciliane (Calatafimi e Milazzo) senza quasi combattere: i reggimenti borbonici si ritirano e gli lasciano campo libero.
Ritornate alla tabellina sopra: i piemontesi sono costretti a pagare un tasso di interesse di 60 punti base più alto dei Borboni (6.1% contro 5.5%); in pratica il debito del Sud era considerato "risk-free" ... AAA ... una specie di Bund del tempo, mentre i titoli del debito "nordista" sono assimilabili ai Btp italiani di oggi ... obbligazioni di uno Stato finanziariamente ballerino.
Capite da dove viene l'abitudine a intrallazzare, spendere soldi a vanvera e "creare" mostruosi debiti pubblici che ancora oggi l'Italia unita si porta appresso? Non certo dalla scuola economica del Sud, ma da quel regno di Piemonte intorno al quale l'Italia s'è costruita.
Le finanze del Sud erano solide (considerando le riserve d'oro, addirittura in attivo), le tasse basse e l'economia almeno tanto sviluppata quanto il Nord, se non meglio. Viceversa le finanze del Nord erano disastrate, le tasse proibitive ed in continuo aumento.
Eppure, ancora oggi, c'è sempre qualche commentatore cui fa difetto la storia e l'economia , che racconta la favola che con l'aggregazione al Nord, il Sud si è salvato dalla miseria e dal malgoverno ...
Se non fosse così ignorante, guarderebbe i fatti, ed i fatti sono li e non consentono dubbi: il Sud è stato "scalato", depredato e condotto in condizione di inferiorità con l'annessione forzosa al Nord. Se siamo partiti economicamente pari (ma abbiamo visto che, almeno dal punto di vista finanziario, il Sud era nettamente meglio del Nord) ed adesso siamo "squilibrati" a favore del Nord, non ci vuole un genio per capire che l'Unità d'Italia ha favorito il Nord a danno del Sud.
E questa non è un'opinione, ma matematica.
Amo questo paese che è stato un faro di cultura e civiltà per il mondo, ma detesto questi nuovi italiani ignoranti che gettano un'ombra disonorevole sulla grandezza dei loro antenati. Le bellezze d'Italia, le più grandi del mondo, sono state opera dell'ingegno umano, e se un alieno sbarcasse sulla terra, qui da noi capirebbe chi è l'uomo e cosa è riuscito a fare nei millenni della sua storia.
Le bellezze di quest'Italia, sono state create dagli italiani, non da Dio o la Natura. Venezia e Firenze ti tolgono il fiato per quel che veneziani e fiorentini riuscirono a "creare" su quelle terre, e non già perché un Dio benevolo creò quelle terre meglio di altre.
Roma ti incanta ancora per la maestosità delle sue piazze, i monumenti e i resti del periodo imperiale, non già perché la Natura la dotò di sette colli o di una posizione più favorevole di altre città.
Qui in Italia, l'homo italicus ha superato lo stesso Dio per la potenza del suo ingegno.
Se fossi il presidente di questo paese (cosa che, per mia e vostra fortuna, non avverrà mai) imporrei l'obbligo della "cultura minima": un quoziente minimale di "sapere" che tutti dovrebbero avere, pena la perdita dei diritti civili. Non puoi fregiarti del titolo di "italiano" ... connazionale di Leonardo, Michelangelo o Dante, e poi essere semianalfabeta.
Non puoi vivere immerso nell'energia geniale di migliaia di antenati che hanno stupito l'Universo con opere spettacolari e poi, avere persino difficoltà con la lingua che parli, o vantarti di non avere mai letto un libro o visto un quadro. Puoi farlo se vuoi, ma non puoi avere il diritto di chiamarti "italiano", perché quell'appellativo significa "cultura".
Più che le discutibili guerre risorgimentali, festeggerei l'animo italiano ... quello si è oltre il tempo. Invece dell'Unità d'Italia, celebrerei l'ingegno italiano che, da oltre duemila anni, ha dato a questo pianeta il meglio delle opere dell'uomo.
Il 17 marzo vorrei la Festa d'Italia e, almeno in quel giorno, ognuno dovrebbe sentirsi "spontaneamente costretto" ad andare ad una mostra, o a leggersi un grande libro italiano oppure a studiare la vera storia millenaria di questo paese che fu di grandi uomini. Quel giorno, dovrebbe essere il giorno dell'orgoglio di essere italiani, celebrando la genialità dei nostri predecessori e facendo solenne giuramento di volerli imitare.
E se poi alcuni non ne sentissero l'orgoglio, poco male: in tutte le grandi famiglie ci sono sempre le pecore nere. Volessero anche cambiare nazionalità, facciano pure, dei semianalfabeti questo paese non sente certamente il bisogno. Diventassero pure tedeschi; noi restiamo italiani: testimoni dell'arte, della bellezza e dell'eleganza di un paese che è stato la patria della cultura mondiale.
E se un ministro di questa sciagurata seconda Repubblica, sostiene che "con la cultura non si mangia", questo è, ahimè, il segno più tangibile dell'inarrestabile declino di questa nazione che, dai giganti del passato, è passata in mano ai nani e le ballerine di oggi.
Non a caso oggi vantiamo il 79% di semianalfabeti, indegni di definirsi italiani.
di G. Migliorino