28 giugno 2011

Contro l'inflazione la borsa è come la roulette







Sempre pronto a dare consigli sbagliati, il Corriere della Sera apre la prima pagina del supplemento CorrierEconomia del 3 maggio 2011 col titolo L’inflazione fa paura? Azioni e bond per difendersi”. Il concetto è sviluppato a pagina 17 da un articolo che inizia così: “Contro il carovita ci pensa Piazza Affari”. L’autore è Adriano Barrì: una firma nuova per una vecchia bufala.


Non è vero che le azioni proteggano dall’inflazione, ovvero che di regola il valore dei propri risparmi venga preservato investendoli in Borsa. Basta un minimo di competenza per sapere che ciò è accaduto a volte sì e a volte no. Il Corriere della Sera poteva anche titolare: “L’inflazione fa paura? La roulette per difendersi”. Se, infatti, uno punta tutto sul rosso ed esce, ottiene una salvaguarda del potere d’acquisto dei suoi risparmi anche con un’inflazione del 100%.
Si veda nel
grafico cosa capitò a Piazza Affari dopo il 1973, ovvero durante l’ultima fiammata inflattiva in Italia. Nel giro di un paio d’anni era andato in fumo fra il 60%-70% delle somme investite. Bella difesa dall’inflazione!
I dati come al solito non provengono dal centro sociale Leoncavallo, bensì dall’
ufficio studi di Mediobanca, diretto non da Fausto Bertinotti, bensì da Fulvio Coltorti. Peraltro già nel 2009 uno studio del Fondo Monetario Internazionale giungeva a conclusioni ugualmente negative per l’investimento azionario: Inflation Hedging for Long-Term Investorsdi Alexander P. Attié e Shaun K. Roache.
Al Corriere della Sera sono così incompetenti da ignorare del tutto la materia su cui pontificano? Il fervore pro-azionario del quotidiano di via Solferino si spiega altrimenti, cioè coi suoi padroni. Che sono: Mediobanca, Fiat, Pesenti, Della Valle, Pirelli, Ligresti, Merloni, Generali, Banca Intesa ecc. A tutti costoro fa gioco che i risparmiatori italiani comprino loro azioni (di minoranza).
La conferma viene dal Sole 24 Ore, controllato dai soci di Confidustria e quindi da soggetti ugualmente interessati a trovare tapini disposti a prendersi sul groppone le azioni di minoranza delle loro società. Qui gli esempi si sprecano. Il 27 luglio 2008 Marco Liera scrive a pagina 25 che “le azioni storicamente sono uno dei migliori impieghi anti-inflazione” e cita “uno studio dell’investment bank Kleinwort Benson”, che non è propriamente la fonte più autorevole in materia.
Su Plus 24 del 25 aprile 2009, a cura dello stesso campione del giornalismo economico, leggiamo in prima pagina riguardo alla “quota da destinare alle azioni: si parte dal 10 fino a un massimo del 70%”. Il 14 maggio 2011 a pagina 17 il gestore invitato, quella settimana, a farsi bello sulle pagine di Plus 24 consiglia a un artigiano circa il 55% in azioni, in maniera diretta o indiretta. E addirittura il 34% a una coppia con un profilo conservativo! Nell’ultimo caso il responsabile dell’inserto era cambiato. Ma ciò non ha nessuna importanza. Seguo il foglio della Confindustria dalla fine degli anni ’70 e ho visto alternarsi più direttori, senza che si notassero differenze, salvo forse nella grafica dei supplementi.

di Beppe Scienza

27 giugno 2011

Dove vengono prese le decisioni internazionali determinanti?



Mentre l’élite occidentali si riunivano nella pittoresca St. Moritz per decidere sulla crisi mondiale, gli outsider si sono incontrati nelle steppe desolate dell’Asia Centrale.

La scorsa settimana il decimo summit della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) nella capitale kazaka, Astana, ha evidenziato come i più grandi rivali dell’impero, guidati da Russia e Cina, stanno cercando di plasmare un’alternativa all’egemonia degli Stati Uniti.


La SCO è l’unica grande organizzazione internazionale che non ha tra i suoi membri gli USA o uno qualsiasi dei suoi stretti alleati, e la sua influenza è sempre più forte in tutta l’Eurasia. I leader degli stati membri, Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan si sono incontrati con i leader dei paesi osservatori, Iran, Pakistan, India, Afghanistan e Mongolia. La Bielorussia e lo Sri Lanka sono stati ammessi come partner al dialogo e prima del suo arrivo a Astana per frequentare la riunione, il Presidente cinese, Hu Jintao, ha visitato l’Ucraina.

Con un’ampollosità tipicamente cinese, la Dichiarazione di Astana ha sottolineato gli sforzi per combattere le "tre forze" del "terrorismo, dell’estremismo e del separatismo". Il summit si è dichiarato a favore di un Afghanistan "neutrale” (ossia, senza base permanenti USA), cosa sostenuta anche dal Presidente afgano Hamid Karzai, anche se gli Stati Uniti stanno proprio in questo momento discutendo con lui per un accordo di collaborazione strategica dopo il 2014. l’eventualità di basi militari permanenti in Afghanistan sta alla base delle odierne tensioni tra USA e Pakistan. L’India ha dichiarato la sua avversione alle tensioni di una "nuova guerra fredda" che sono comparse nella regione.

La Russia e la Cina temono che il progetto statunitense sia quello di installare basi permanenti in Afghanistan e di sviluppare i componenti del suo sistema di difesa missilistico. La riunione della SCO ha condiviso le critiche della Russia sul progetto dello scudo missilistico della NATO che si è già avviato in Europa. Questo progetto, voluto da "una nazione o di un piccolo gruppo di paesi che, unilateralmente e senza alcuna restrizione, per sviluppare un sistema antimissile, potrebbe minacciare la stabilità strategica e la sicurezza internazionale ".

Il summit ha anche richiesto ai vicini dell’Afghanistan di svolgere un ruolo primario nel migliorare la sicurezza e per aiutare a ricostruire l’Afghanistan, rifiutando così una soluzione esclusivamente militare. “È possibile che la SCO si assumerà la responsabilità per molti questioni in Afghanistan dopo il ritiro della coalizione delle forze nel 2014", ha detto il Presidente kazako, Nurusultan Nazarbayev, facendo eco alla richiesta del Presidente russo, Dmitri Medvedev, "per una più intensa e profonda cooperazione tra la SCO e l’Afghanistan".

Sia Pechino che Mosca stanno ripristinando la propria influenza nella zona,la Cina nel settore minerario e tutti e due i paesi nei progetti per le infrastrutture e per la cooperazione con le forze occidentali per combattere il traffico di droga. "L’Afghanistan è stata la ragione principale per cui fu creata dieci anni fa la SCO, ancor prima che l’11 settembre forzasse gli americani a comprenderne la minaccia", ha detto il delegato della Duma, Sergei Markov. "La minaccia di un islamismo radicale esportato nella nostra regione è qualcosa a cui siamo molto familiari. E un risorgere di quella minaccia deve essere una delle preoccupazioni più rilevanti."

Durante la conferenza, l’Ufficio della Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC) ha firmato un accordo con la SCO per promuovere la cooperazione nel combattere il traffico degli stupefacenti, il crimine organizzato, il traffico degli umani e il terrorismo internazionale. Il direttore esecutivo dell’UNODC, Yury Fedotov, ha detto che "le nazioni come il Kazakistan sono sulla linea del fronte del flusso dell’eroina afgana che è diretta in occidente. Le operazioni per contrastare il crimine organizzato e il traffico della droga si stanno sempre più indirizzando verso un approccio cooperativo." L’argomento più urgente è il traffico dell’eroina dall’Afghanistan verso il Tajikistan che si è sviluppato con l’invasione degli Stati Uniti nel 2001.

Il rafforzamento della cooperazione e lo sviluppo economico sono state considerate le "due ruote" della SCO dal Segretario Generale, Zhang Deguang. Il Giornale del Popolo cinese ha evidenziato che "tra le altre mosse concrete da intraprendere c’è la costruzione di una ferrovia, di un’autostrada e di una rete di condotte che colleghino i paesi dell’Asia Centrale senza sbocco sul mare e le sue ricche risorse naturali all’economia globale." Al momento, è ancora in costruzione un sistema di condotte per il gas naturale che poi metterà in comunicazione Iran, Pakistan, India e Cina, aiutando a superare i contrasti tra India e Pakistan e a integrare tutta la regione sulle premesse di interessi condivisi, attentamente supervisionati dalla Cina.

L’Asia Centrale e l’Asia del Sud sono inseparabili e le proposte per l’adesione di India e Pakistan sono state a lungo discusse. Il Presidente del Pakistan, Ali Zardari, si è ripromesso di lavorare con i membri della SCO per raggiungere la pace regionale. Zardari ha affermato che il Pakistan fa parte della regione della SCO e che è intenzionato a cooperare con le altre nazioni per finanziare joint venture nel settore energetico, nelle infrastrutture, nell’educazione, nella scienza e la tecnologia. Ha fatto menzione della nuova apertura del porto a Gwadar, a cui la Cina ha destinato molti finanziamenti come di un utile centro di smistamento per tutta la regione.

La SCO ha rafforzato la cooperazione tra i suoi membri, con le esercitazioni di guerra tra Russia e Cina e, all’inizio di aprile di quest’anno, gli incontri dei capi militari dei paesi membri. Comunque, la SCO è ancora lontana dall’essere un’alleanza militarmente coesa come la NATO. L’ammissione del Pakistan e dell’India, nemici di lunga data, complicherà certamente la cooperazione militare, con il protettore dell’India, la Russia, opposto a quello del Pakistan, la Cina.

La Cina è chiaramente la forza che sta alle spalle della SCO, il polmone che nella regione è economicamente molto più importante di quanto non sia la Russia, ma la volontà comune di tenere lontani gli Stati Uniti è per tutti un sogno. Quale modo migliore per alleggerire le tensioni tra tutti questi rivali se non con le esercitazioni della SCO per rafforzare l’interazione tra le forze armate e i corpi legislativi? Secondo l’opinione di M.K. Bhadrakumar, renderà la "NATO (e la Pax Americana) semplicemente irrilevante per un’enorme estensione di territorio ".

I discorsi prolissi sulla pace, sulla sicurezza e la cooperazione regionale erano indirizzata alla stampa (e a Obama). A porte chiuse, i leader hanno espresso le loro preoccupazioni sull’impatto che la Primavera Araba può avere in tutta la regione, particolarmente negli stati più popolosi dell’Asia Centrale e nella dittatura più aspra, l’Uzbekistan. Il summit della SCO è uno dei pochi eventi internazionali dove il suo leader, Islam Karimov, è ancora un benvenuto.

Un altro argomento della riunione trattato riguarda il modo di unire gli sforzi nella direzione di una moneta unica mondiale, non creata dai banchieri mondiali agli incontri segreti del Bilderberg, ma in modo aperto dalle nazioni centri più popolose e più ricche di risorse che sono presenti nella SCO. Nazarbayev ha sottolineato il bisogno di una forte moneta sovranazionale e ha raccomandato un ritorno a una qualche forma di gold standard. "La SCO lo può fare. Le operazioni swap che abbiamo avviato sono il primo passo. Tutto ciò è necessario per una cooperazione egualitaria all’interno della SCO."

Il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmedinejad, ha dato un po’ di colore al tono dimesso dell’incontro grazie al richiamo rivolto alla SCO di farsi maggiormente carico di un ruolo attivo per contrastare il sistema globale, guidato dagli USA, degli "schiavisti e dei colonizzatori" per poi sostituirlo con uno che sia più giusto. "Chi fra noi [ha avuto un ruolo] nell’età oscura della schiavitù o nella distruzione di centinaia di milioni di esseri umani? Io credo che insieme potremo riformare il modo in cui il mondo è gestito. Potremo restituire la tranquillità al mondo intero."

Il meeting della SCO è arrivato pochi giorni dopo la chiusura della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera, a cui quest’anno ha partecipato il Ministro per gli Affari Esteri, Fu Ying, un riconoscimento del fatto che senza l’approvazione della Cina niente è più possibile nel mondo della finanza. Come la SCO, la sua agenda si dice abbia analizzato quali azioni intraprendere in reazione alla Primavera Araba, ma anche, in modo più sinistro, progetti per censurare Internet, chi scegliere perché diventi il nuovo direttore del FMI, gli ulteriori salvataggi dell’euro e i prezzi in crescita del petrolio.

La Cina, la Russia, il Pakistan e l’India, per non far menzione dell’Iran: la SCO riunisce tutte le più serie minacce ai progetti dell’impero in un unico organismo. Ad eccezione forse della Cina, Bush non ha mai preso sul serio nessuno di questi paesi. Obama sì. Ma finora la SCO ha molto abbaiato, ma non ha di certo morso. Se, nel corso di quest’anno, anche l’India e il Pakistan verranno ammessi e se gli swaps denominati non in dollari raggiungeranno una massa critica, il Bilderberg farà bene a mettere la SCO e cosa farne in cima al prossimo ordine del giorno.

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Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25359

di Eric Walberg

26 giugno 2011

Il mercato non ci sta dicendo la verità






Recentemente sul sito del prestigioso Worldwatch Institute, nella sua parte specifica dedicata ai "Vital Signs. Global Trends that Shape Our Future" (ricordo che il Worldwatch, oltre al famoso rapporto annuale "State of the World", pubblica anche il rapporto annuale sui "Vital Signs" I trend globali che modellano il nostro futuro, vedasi http://vitalsigns.worldwatch.org) è apparsa la notizia che le persone in sovrappeso nel mondo hanno raggiunto, nel 2010, la cifra di un miliardo e 934 milioni (mentre nel 2002 erano un miliardo e 454 milioni). Circa il 23% del dato del 2002 era attribuibile a individui di età intorno ai 15 anni o poco più mentre questo dato, nel 2010, ha raggiunto la percentuale del 38%. L'incremento per gli adulti in questi ultimi otto anni è stato invece dell'11%.

Si tratta di un ulteriore dato sconcertante di questo mondo francamente sempre più indescrivibile con il buon senso. Sappiamo contestualmente, dai dati Fao nei rapporti sullo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo, che il numero di denutriti sulla Terra si aggira, da qualche anno, intorno al miliardo di persone, e potrebbe risultare nuovamente in incremento nel 2010 a causa soprattutto degli effetti provocati degli sbalzi dei prezzi delle commodities alimentari di base sui mercati internazionali.

I decisori politici ed economici continuano imperterriti a ragionare con una vecchia visione di semplice relazioni causa-effetto e quindi con la solita litania del tipo "siccome si incrementa la domanda di beni di consumo, perché vi è incremento di popolazione e di consumi, ergo bisogna incrementare l'offerta". Ancora nel World Food Summit 2009 la Fao dichiarava la necessità di incrementare la produzione alimentare mondiale per fare fronte alle esigenze di una popolazione in crescita, alle esigenze dei denutriti del pianeta ed alla crescita dei consumi. Fortunatamente quest'anno la Fao stessa ha commissionato un ottimo studio sulla perdita di cibo nelle filiere alimentari mondiali e sul cibo letteralmente "buttato via" da noi abitanti dei paesi ricchi e ne è uscito fuori un dato terribile.

Ogni anno nel mondo si perdono un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi buttano via una quantità di cibo, stimato in 222 milioni di tonnellate comparabile all'intera produzione alimentare dell'Africa sub-sahariana, calcolata in 230 milioni di tonnellate (il documento "Global Food Losses and Food Waste" è rintracciabile sul sito della FAO, www.fao.org ).

Come ci hanno indicato gli studi di Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell'Università di Bologna, inventore del Last Minute Market, e del suo gruppo (vedasi il sito www.lastminutemarket.it) in Italia si buttano via oltre 20 milioni di tonnellate di cibo l'anno.

Il perverso meccanismo della crescita economica materiale e quantitativa è realmente giunto al capolinea. Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute, creatore degli Stati of the World e dei Vital Signs, fondatore e presidente dell'Earth Policy Institute, uno dei più noti analisti interdisciplinari della sostenibilità, ha scritto nel suo ultimo libro "World on the Edge" riflessioni molto interessanti in proposito. Sto curando l'edizione italiana di questo volume che uscirà tra qualche mese pubblicato dalle Edizioni Ambiente.

Brown scrive: «Nessuna civiltà del passato è sopravvissuta alla costante distruzione dei propri supporti naturali, né potrà sopravvivervi la nostra, ma nonostante ciò gli economisti guardano al futuro in modo diverso. Basandosi su dati esclusivamente economici per misurare il progresso, essi concepiscono la crescita di quasi dieci volte dell'economia mondiale dal 1950 ad oggi e il conseguente miglioramento degli standard di vita come il risultato più alto della nostra civiltà moderna. In questo arco di tempo il reddito medio pro capite nel mondo è aumentato di circa 4 volte, portando i nostri standard di vita a livelli prima d'ora inimmaginabili. Un secolo fa la crescita annuale dell'economia mondiale si misurava in miliardi di dollari; ora si misura in migliaia di miliardi. Agli occhi degli economisti tradizionali il mondo non ha solamente un illustre passato economico, ma ha anche davanti a sé un futuro promettente».

Brown sottolinea come : «Gli economisti tradizionali vedono la recessione economica globale del 2008-09 e il quasi collasso del sistema finanziario internazionale come un ostacolo lungo il cammino, seppure un ostacolo di dimensioni fuori dal comune, a cui seguirà un ritorno alla crescita abituale. Le previsioni per la crescita economica, che siano quelle della Banca Mondiale, della Goldman Sachs o della Deutsche Bank parlano di una crescita dell'economia globale di circa il 3% annuo; di questo passo le dimensioni dell'economia del 2010 potrebbero facilmente raddoppiare entro il 2035. Secondo queste previsioni la crescita economica nei decenni a venire sarà più o meno un'estrapolazione della crescita dei decenni recenti. Ma come siamo finiti in questo pasticcio? La nostra economia globale di mercato così come è attualmente gestita si trova in difficoltà. Il mercato sa fare bene molte cose e ripartisce le risorse con un'efficienza che nessun tipo di pianificazione centralizzata potrebbe immaginare, e tantomeno raggiungere. Ma mentre nel corso dell'ultimo secolo l'economia mondiale cresceva di almeno 20 volte, ne è venuto alla luce un difetto: un difetto così importante che porterà alla fine della civiltà così come la conosciamo se non riusciremo a correggerlo in tempo».

Qui Lester Brown solleva un problema ben noto a tutti coloro che da anni si occupano delle problematiche della sostenibilità. Il mercato, che determina i prezzi, purtroppo non ci sta dicendo la verità. Sta omettendo i costi indiretti, che in alcuni casi sono attualmente di gran lunga superiori ai costi diretti. Anche in questo volume come nei suoi recenti "Piani B" (tre dei quattro "Piani B" sono stati pubblicati sempre da Edizioni Ambiente) Brown fa l'esempio della benzina. Estrarre il petrolio, raffinarlo per trasformarlo in benzina e consegnarlo alle stazioni di servizio americane può costare all'incirca 3 dollari al gallone (un gallone equivale a 3,79 litri). I costi indiretti, che includono i cambiamenti climatici, il trattamento delle malattie respiratorie, le perdite degli oleodotti, la presenza militare statunitense in Medio Oriente per assicurare l'accesso al petrolio, portano a un totale di 12 dollari al gallone. Calcoli simili possono essere fatti per il carbone e per tante altre risorse utilizzate indiscriminatamente.

Ecco quindi il punto centrale: con i nostri sistemi di contabilità inganniamo noi stessi. Non tenere conto di costi così elevati è una ricetta per arrivare alla bancarotta. I trend ambientali sono i principali indicatori che possono dirci quale sarà il futuro dell'economia e in'ultima analisi della società stessa. L'abbassamento del livello delle falde acquifere di oggi ci avverte dell'aumento dei prezzi del cibo di domani. La riduzione delle calotte polari è il preludio al crollo del valore delle proprietà immobiliari lungo le coste.

Oltre a ciò, ricorda ancora Brown, gli economisti tradizionali prestano poca attenzione al limite della produzione dei sistemi naturali del pianeta. Il pensiero economico moderno e la politica hanno creato un sistema economico che è così poco in sintonia con gli ecosistemi dai quali dipende che si sta avvicinando al collasso. Come possiamo dare per scontato che la crescita di un sistema economico che sta distruggendo le foreste della terra, ne sta erodendo il suo suolo, esaurendo le risorse idriche, portando al collasso le risorse ittiche, aumentando la temperatura e fondendo le calotte glaciali possa semplicemente venire proiettata sul futuro a lungo termine? Qual è il processo intellettuale che sta alla base di queste estrapolazioni?

Lester Brown fa poi una considerazione molto interessante che ha più volte ricordato nei suoi interessanti volumi. A suo parere oggi nell'economia stiamo affrontando una situazione simile a quella dell'astronomia quando Copernico arrivò sulla scena, quando si credeva che il sole ruotasse intorno alla terra. Così come Copernico dovette formulare una nuova visione astronomica del mondo dopo molti decenni di osservazione del cielo e di calcoli matematici, anche noi dobbiamo formulare una nuova visione economica del mondo basata su molti decenni di osservazioni e analisi ambientali.

I resoconti archeologici indicano che il collasso di una civiltà non arriva in modo improvviso; gli archeologi che hanno analizzato le civiltà del passato parlano di uno scenario di declino e collasso, in cui il collasso economico e sociale fu quasi sempre preceduto da un periodo di declino ambientale. Abbiamo bisogno veramente di cambiare rotta e prima siamo in grado di farlo meglio è.

di Gianfranco Bologna

28 giugno 2011

Contro l'inflazione la borsa è come la roulette







Sempre pronto a dare consigli sbagliati, il Corriere della Sera apre la prima pagina del supplemento CorrierEconomia del 3 maggio 2011 col titolo L’inflazione fa paura? Azioni e bond per difendersi”. Il concetto è sviluppato a pagina 17 da un articolo che inizia così: “Contro il carovita ci pensa Piazza Affari”. L’autore è Adriano Barrì: una firma nuova per una vecchia bufala.


Non è vero che le azioni proteggano dall’inflazione, ovvero che di regola il valore dei propri risparmi venga preservato investendoli in Borsa. Basta un minimo di competenza per sapere che ciò è accaduto a volte sì e a volte no. Il Corriere della Sera poteva anche titolare: “L’inflazione fa paura? La roulette per difendersi”. Se, infatti, uno punta tutto sul rosso ed esce, ottiene una salvaguarda del potere d’acquisto dei suoi risparmi anche con un’inflazione del 100%.
Si veda nel
grafico cosa capitò a Piazza Affari dopo il 1973, ovvero durante l’ultima fiammata inflattiva in Italia. Nel giro di un paio d’anni era andato in fumo fra il 60%-70% delle somme investite. Bella difesa dall’inflazione!
I dati come al solito non provengono dal centro sociale Leoncavallo, bensì dall’
ufficio studi di Mediobanca, diretto non da Fausto Bertinotti, bensì da Fulvio Coltorti. Peraltro già nel 2009 uno studio del Fondo Monetario Internazionale giungeva a conclusioni ugualmente negative per l’investimento azionario: Inflation Hedging for Long-Term Investorsdi Alexander P. Attié e Shaun K. Roache.
Al Corriere della Sera sono così incompetenti da ignorare del tutto la materia su cui pontificano? Il fervore pro-azionario del quotidiano di via Solferino si spiega altrimenti, cioè coi suoi padroni. Che sono: Mediobanca, Fiat, Pesenti, Della Valle, Pirelli, Ligresti, Merloni, Generali, Banca Intesa ecc. A tutti costoro fa gioco che i risparmiatori italiani comprino loro azioni (di minoranza).
La conferma viene dal Sole 24 Ore, controllato dai soci di Confidustria e quindi da soggetti ugualmente interessati a trovare tapini disposti a prendersi sul groppone le azioni di minoranza delle loro società. Qui gli esempi si sprecano. Il 27 luglio 2008 Marco Liera scrive a pagina 25 che “le azioni storicamente sono uno dei migliori impieghi anti-inflazione” e cita “uno studio dell’investment bank Kleinwort Benson”, che non è propriamente la fonte più autorevole in materia.
Su Plus 24 del 25 aprile 2009, a cura dello stesso campione del giornalismo economico, leggiamo in prima pagina riguardo alla “quota da destinare alle azioni: si parte dal 10 fino a un massimo del 70%”. Il 14 maggio 2011 a pagina 17 il gestore invitato, quella settimana, a farsi bello sulle pagine di Plus 24 consiglia a un artigiano circa il 55% in azioni, in maniera diretta o indiretta. E addirittura il 34% a una coppia con un profilo conservativo! Nell’ultimo caso il responsabile dell’inserto era cambiato. Ma ciò non ha nessuna importanza. Seguo il foglio della Confindustria dalla fine degli anni ’70 e ho visto alternarsi più direttori, senza che si notassero differenze, salvo forse nella grafica dei supplementi.

di Beppe Scienza

27 giugno 2011

Dove vengono prese le decisioni internazionali determinanti?



Mentre l’élite occidentali si riunivano nella pittoresca St. Moritz per decidere sulla crisi mondiale, gli outsider si sono incontrati nelle steppe desolate dell’Asia Centrale.

La scorsa settimana il decimo summit della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) nella capitale kazaka, Astana, ha evidenziato come i più grandi rivali dell’impero, guidati da Russia e Cina, stanno cercando di plasmare un’alternativa all’egemonia degli Stati Uniti.


La SCO è l’unica grande organizzazione internazionale che non ha tra i suoi membri gli USA o uno qualsiasi dei suoi stretti alleati, e la sua influenza è sempre più forte in tutta l’Eurasia. I leader degli stati membri, Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan si sono incontrati con i leader dei paesi osservatori, Iran, Pakistan, India, Afghanistan e Mongolia. La Bielorussia e lo Sri Lanka sono stati ammessi come partner al dialogo e prima del suo arrivo a Astana per frequentare la riunione, il Presidente cinese, Hu Jintao, ha visitato l’Ucraina.

Con un’ampollosità tipicamente cinese, la Dichiarazione di Astana ha sottolineato gli sforzi per combattere le "tre forze" del "terrorismo, dell’estremismo e del separatismo". Il summit si è dichiarato a favore di un Afghanistan "neutrale” (ossia, senza base permanenti USA), cosa sostenuta anche dal Presidente afgano Hamid Karzai, anche se gli Stati Uniti stanno proprio in questo momento discutendo con lui per un accordo di collaborazione strategica dopo il 2014. l’eventualità di basi militari permanenti in Afghanistan sta alla base delle odierne tensioni tra USA e Pakistan. L’India ha dichiarato la sua avversione alle tensioni di una "nuova guerra fredda" che sono comparse nella regione.

La Russia e la Cina temono che il progetto statunitense sia quello di installare basi permanenti in Afghanistan e di sviluppare i componenti del suo sistema di difesa missilistico. La riunione della SCO ha condiviso le critiche della Russia sul progetto dello scudo missilistico della NATO che si è già avviato in Europa. Questo progetto, voluto da "una nazione o di un piccolo gruppo di paesi che, unilateralmente e senza alcuna restrizione, per sviluppare un sistema antimissile, potrebbe minacciare la stabilità strategica e la sicurezza internazionale ".

Il summit ha anche richiesto ai vicini dell’Afghanistan di svolgere un ruolo primario nel migliorare la sicurezza e per aiutare a ricostruire l’Afghanistan, rifiutando così una soluzione esclusivamente militare. “È possibile che la SCO si assumerà la responsabilità per molti questioni in Afghanistan dopo il ritiro della coalizione delle forze nel 2014", ha detto il Presidente kazako, Nurusultan Nazarbayev, facendo eco alla richiesta del Presidente russo, Dmitri Medvedev, "per una più intensa e profonda cooperazione tra la SCO e l’Afghanistan".

Sia Pechino che Mosca stanno ripristinando la propria influenza nella zona,la Cina nel settore minerario e tutti e due i paesi nei progetti per le infrastrutture e per la cooperazione con le forze occidentali per combattere il traffico di droga. "L’Afghanistan è stata la ragione principale per cui fu creata dieci anni fa la SCO, ancor prima che l’11 settembre forzasse gli americani a comprenderne la minaccia", ha detto il delegato della Duma, Sergei Markov. "La minaccia di un islamismo radicale esportato nella nostra regione è qualcosa a cui siamo molto familiari. E un risorgere di quella minaccia deve essere una delle preoccupazioni più rilevanti."

Durante la conferenza, l’Ufficio della Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC) ha firmato un accordo con la SCO per promuovere la cooperazione nel combattere il traffico degli stupefacenti, il crimine organizzato, il traffico degli umani e il terrorismo internazionale. Il direttore esecutivo dell’UNODC, Yury Fedotov, ha detto che "le nazioni come il Kazakistan sono sulla linea del fronte del flusso dell’eroina afgana che è diretta in occidente. Le operazioni per contrastare il crimine organizzato e il traffico della droga si stanno sempre più indirizzando verso un approccio cooperativo." L’argomento più urgente è il traffico dell’eroina dall’Afghanistan verso il Tajikistan che si è sviluppato con l’invasione degli Stati Uniti nel 2001.

Il rafforzamento della cooperazione e lo sviluppo economico sono state considerate le "due ruote" della SCO dal Segretario Generale, Zhang Deguang. Il Giornale del Popolo cinese ha evidenziato che "tra le altre mosse concrete da intraprendere c’è la costruzione di una ferrovia, di un’autostrada e di una rete di condotte che colleghino i paesi dell’Asia Centrale senza sbocco sul mare e le sue ricche risorse naturali all’economia globale." Al momento, è ancora in costruzione un sistema di condotte per il gas naturale che poi metterà in comunicazione Iran, Pakistan, India e Cina, aiutando a superare i contrasti tra India e Pakistan e a integrare tutta la regione sulle premesse di interessi condivisi, attentamente supervisionati dalla Cina.

L’Asia Centrale e l’Asia del Sud sono inseparabili e le proposte per l’adesione di India e Pakistan sono state a lungo discusse. Il Presidente del Pakistan, Ali Zardari, si è ripromesso di lavorare con i membri della SCO per raggiungere la pace regionale. Zardari ha affermato che il Pakistan fa parte della regione della SCO e che è intenzionato a cooperare con le altre nazioni per finanziare joint venture nel settore energetico, nelle infrastrutture, nell’educazione, nella scienza e la tecnologia. Ha fatto menzione della nuova apertura del porto a Gwadar, a cui la Cina ha destinato molti finanziamenti come di un utile centro di smistamento per tutta la regione.

La SCO ha rafforzato la cooperazione tra i suoi membri, con le esercitazioni di guerra tra Russia e Cina e, all’inizio di aprile di quest’anno, gli incontri dei capi militari dei paesi membri. Comunque, la SCO è ancora lontana dall’essere un’alleanza militarmente coesa come la NATO. L’ammissione del Pakistan e dell’India, nemici di lunga data, complicherà certamente la cooperazione militare, con il protettore dell’India, la Russia, opposto a quello del Pakistan, la Cina.

La Cina è chiaramente la forza che sta alle spalle della SCO, il polmone che nella regione è economicamente molto più importante di quanto non sia la Russia, ma la volontà comune di tenere lontani gli Stati Uniti è per tutti un sogno. Quale modo migliore per alleggerire le tensioni tra tutti questi rivali se non con le esercitazioni della SCO per rafforzare l’interazione tra le forze armate e i corpi legislativi? Secondo l’opinione di M.K. Bhadrakumar, renderà la "NATO (e la Pax Americana) semplicemente irrilevante per un’enorme estensione di territorio ".

I discorsi prolissi sulla pace, sulla sicurezza e la cooperazione regionale erano indirizzata alla stampa (e a Obama). A porte chiuse, i leader hanno espresso le loro preoccupazioni sull’impatto che la Primavera Araba può avere in tutta la regione, particolarmente negli stati più popolosi dell’Asia Centrale e nella dittatura più aspra, l’Uzbekistan. Il summit della SCO è uno dei pochi eventi internazionali dove il suo leader, Islam Karimov, è ancora un benvenuto.

Un altro argomento della riunione trattato riguarda il modo di unire gli sforzi nella direzione di una moneta unica mondiale, non creata dai banchieri mondiali agli incontri segreti del Bilderberg, ma in modo aperto dalle nazioni centri più popolose e più ricche di risorse che sono presenti nella SCO. Nazarbayev ha sottolineato il bisogno di una forte moneta sovranazionale e ha raccomandato un ritorno a una qualche forma di gold standard. "La SCO lo può fare. Le operazioni swap che abbiamo avviato sono il primo passo. Tutto ciò è necessario per una cooperazione egualitaria all’interno della SCO."

Il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmedinejad, ha dato un po’ di colore al tono dimesso dell’incontro grazie al richiamo rivolto alla SCO di farsi maggiormente carico di un ruolo attivo per contrastare il sistema globale, guidato dagli USA, degli "schiavisti e dei colonizzatori" per poi sostituirlo con uno che sia più giusto. "Chi fra noi [ha avuto un ruolo] nell’età oscura della schiavitù o nella distruzione di centinaia di milioni di esseri umani? Io credo che insieme potremo riformare il modo in cui il mondo è gestito. Potremo restituire la tranquillità al mondo intero."

Il meeting della SCO è arrivato pochi giorni dopo la chiusura della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera, a cui quest’anno ha partecipato il Ministro per gli Affari Esteri, Fu Ying, un riconoscimento del fatto che senza l’approvazione della Cina niente è più possibile nel mondo della finanza. Come la SCO, la sua agenda si dice abbia analizzato quali azioni intraprendere in reazione alla Primavera Araba, ma anche, in modo più sinistro, progetti per censurare Internet, chi scegliere perché diventi il nuovo direttore del FMI, gli ulteriori salvataggi dell’euro e i prezzi in crescita del petrolio.

La Cina, la Russia, il Pakistan e l’India, per non far menzione dell’Iran: la SCO riunisce tutte le più serie minacce ai progetti dell’impero in un unico organismo. Ad eccezione forse della Cina, Bush non ha mai preso sul serio nessuno di questi paesi. Obama sì. Ma finora la SCO ha molto abbaiato, ma non ha di certo morso. Se, nel corso di quest’anno, anche l’India e il Pakistan verranno ammessi e se gli swaps denominati non in dollari raggiungeranno una massa critica, il Bilderberg farà bene a mettere la SCO e cosa farne in cima al prossimo ordine del giorno.

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Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25359

di Eric Walberg

26 giugno 2011

Il mercato non ci sta dicendo la verità






Recentemente sul sito del prestigioso Worldwatch Institute, nella sua parte specifica dedicata ai "Vital Signs. Global Trends that Shape Our Future" (ricordo che il Worldwatch, oltre al famoso rapporto annuale "State of the World", pubblica anche il rapporto annuale sui "Vital Signs" I trend globali che modellano il nostro futuro, vedasi http://vitalsigns.worldwatch.org) è apparsa la notizia che le persone in sovrappeso nel mondo hanno raggiunto, nel 2010, la cifra di un miliardo e 934 milioni (mentre nel 2002 erano un miliardo e 454 milioni). Circa il 23% del dato del 2002 era attribuibile a individui di età intorno ai 15 anni o poco più mentre questo dato, nel 2010, ha raggiunto la percentuale del 38%. L'incremento per gli adulti in questi ultimi otto anni è stato invece dell'11%.

Si tratta di un ulteriore dato sconcertante di questo mondo francamente sempre più indescrivibile con il buon senso. Sappiamo contestualmente, dai dati Fao nei rapporti sullo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo, che il numero di denutriti sulla Terra si aggira, da qualche anno, intorno al miliardo di persone, e potrebbe risultare nuovamente in incremento nel 2010 a causa soprattutto degli effetti provocati degli sbalzi dei prezzi delle commodities alimentari di base sui mercati internazionali.

I decisori politici ed economici continuano imperterriti a ragionare con una vecchia visione di semplice relazioni causa-effetto e quindi con la solita litania del tipo "siccome si incrementa la domanda di beni di consumo, perché vi è incremento di popolazione e di consumi, ergo bisogna incrementare l'offerta". Ancora nel World Food Summit 2009 la Fao dichiarava la necessità di incrementare la produzione alimentare mondiale per fare fronte alle esigenze di una popolazione in crescita, alle esigenze dei denutriti del pianeta ed alla crescita dei consumi. Fortunatamente quest'anno la Fao stessa ha commissionato un ottimo studio sulla perdita di cibo nelle filiere alimentari mondiali e sul cibo letteralmente "buttato via" da noi abitanti dei paesi ricchi e ne è uscito fuori un dato terribile.

Ogni anno nel mondo si perdono un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi buttano via una quantità di cibo, stimato in 222 milioni di tonnellate comparabile all'intera produzione alimentare dell'Africa sub-sahariana, calcolata in 230 milioni di tonnellate (il documento "Global Food Losses and Food Waste" è rintracciabile sul sito della FAO, www.fao.org ).

Come ci hanno indicato gli studi di Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell'Università di Bologna, inventore del Last Minute Market, e del suo gruppo (vedasi il sito www.lastminutemarket.it) in Italia si buttano via oltre 20 milioni di tonnellate di cibo l'anno.

Il perverso meccanismo della crescita economica materiale e quantitativa è realmente giunto al capolinea. Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute, creatore degli Stati of the World e dei Vital Signs, fondatore e presidente dell'Earth Policy Institute, uno dei più noti analisti interdisciplinari della sostenibilità, ha scritto nel suo ultimo libro "World on the Edge" riflessioni molto interessanti in proposito. Sto curando l'edizione italiana di questo volume che uscirà tra qualche mese pubblicato dalle Edizioni Ambiente.

Brown scrive: «Nessuna civiltà del passato è sopravvissuta alla costante distruzione dei propri supporti naturali, né potrà sopravvivervi la nostra, ma nonostante ciò gli economisti guardano al futuro in modo diverso. Basandosi su dati esclusivamente economici per misurare il progresso, essi concepiscono la crescita di quasi dieci volte dell'economia mondiale dal 1950 ad oggi e il conseguente miglioramento degli standard di vita come il risultato più alto della nostra civiltà moderna. In questo arco di tempo il reddito medio pro capite nel mondo è aumentato di circa 4 volte, portando i nostri standard di vita a livelli prima d'ora inimmaginabili. Un secolo fa la crescita annuale dell'economia mondiale si misurava in miliardi di dollari; ora si misura in migliaia di miliardi. Agli occhi degli economisti tradizionali il mondo non ha solamente un illustre passato economico, ma ha anche davanti a sé un futuro promettente».

Brown sottolinea come : «Gli economisti tradizionali vedono la recessione economica globale del 2008-09 e il quasi collasso del sistema finanziario internazionale come un ostacolo lungo il cammino, seppure un ostacolo di dimensioni fuori dal comune, a cui seguirà un ritorno alla crescita abituale. Le previsioni per la crescita economica, che siano quelle della Banca Mondiale, della Goldman Sachs o della Deutsche Bank parlano di una crescita dell'economia globale di circa il 3% annuo; di questo passo le dimensioni dell'economia del 2010 potrebbero facilmente raddoppiare entro il 2035. Secondo queste previsioni la crescita economica nei decenni a venire sarà più o meno un'estrapolazione della crescita dei decenni recenti. Ma come siamo finiti in questo pasticcio? La nostra economia globale di mercato così come è attualmente gestita si trova in difficoltà. Il mercato sa fare bene molte cose e ripartisce le risorse con un'efficienza che nessun tipo di pianificazione centralizzata potrebbe immaginare, e tantomeno raggiungere. Ma mentre nel corso dell'ultimo secolo l'economia mondiale cresceva di almeno 20 volte, ne è venuto alla luce un difetto: un difetto così importante che porterà alla fine della civiltà così come la conosciamo se non riusciremo a correggerlo in tempo».

Qui Lester Brown solleva un problema ben noto a tutti coloro che da anni si occupano delle problematiche della sostenibilità. Il mercato, che determina i prezzi, purtroppo non ci sta dicendo la verità. Sta omettendo i costi indiretti, che in alcuni casi sono attualmente di gran lunga superiori ai costi diretti. Anche in questo volume come nei suoi recenti "Piani B" (tre dei quattro "Piani B" sono stati pubblicati sempre da Edizioni Ambiente) Brown fa l'esempio della benzina. Estrarre il petrolio, raffinarlo per trasformarlo in benzina e consegnarlo alle stazioni di servizio americane può costare all'incirca 3 dollari al gallone (un gallone equivale a 3,79 litri). I costi indiretti, che includono i cambiamenti climatici, il trattamento delle malattie respiratorie, le perdite degli oleodotti, la presenza militare statunitense in Medio Oriente per assicurare l'accesso al petrolio, portano a un totale di 12 dollari al gallone. Calcoli simili possono essere fatti per il carbone e per tante altre risorse utilizzate indiscriminatamente.

Ecco quindi il punto centrale: con i nostri sistemi di contabilità inganniamo noi stessi. Non tenere conto di costi così elevati è una ricetta per arrivare alla bancarotta. I trend ambientali sono i principali indicatori che possono dirci quale sarà il futuro dell'economia e in'ultima analisi della società stessa. L'abbassamento del livello delle falde acquifere di oggi ci avverte dell'aumento dei prezzi del cibo di domani. La riduzione delle calotte polari è il preludio al crollo del valore delle proprietà immobiliari lungo le coste.

Oltre a ciò, ricorda ancora Brown, gli economisti tradizionali prestano poca attenzione al limite della produzione dei sistemi naturali del pianeta. Il pensiero economico moderno e la politica hanno creato un sistema economico che è così poco in sintonia con gli ecosistemi dai quali dipende che si sta avvicinando al collasso. Come possiamo dare per scontato che la crescita di un sistema economico che sta distruggendo le foreste della terra, ne sta erodendo il suo suolo, esaurendo le risorse idriche, portando al collasso le risorse ittiche, aumentando la temperatura e fondendo le calotte glaciali possa semplicemente venire proiettata sul futuro a lungo termine? Qual è il processo intellettuale che sta alla base di queste estrapolazioni?

Lester Brown fa poi una considerazione molto interessante che ha più volte ricordato nei suoi interessanti volumi. A suo parere oggi nell'economia stiamo affrontando una situazione simile a quella dell'astronomia quando Copernico arrivò sulla scena, quando si credeva che il sole ruotasse intorno alla terra. Così come Copernico dovette formulare una nuova visione astronomica del mondo dopo molti decenni di osservazione del cielo e di calcoli matematici, anche noi dobbiamo formulare una nuova visione economica del mondo basata su molti decenni di osservazioni e analisi ambientali.

I resoconti archeologici indicano che il collasso di una civiltà non arriva in modo improvviso; gli archeologi che hanno analizzato le civiltà del passato parlano di uno scenario di declino e collasso, in cui il collasso economico e sociale fu quasi sempre preceduto da un periodo di declino ambientale. Abbiamo bisogno veramente di cambiare rotta e prima siamo in grado di farlo meglio è.

di Gianfranco Bologna