04 luglio 2011

Jacques Attali svela le intenzioni "antidemocratiche" dietro il costrutto UE


Che l'Unione Europea sia stata costruita con una strategia deliberata di manipolazioni, ricatti, faits accomplis e menzogne vere e proprie non era una novità. Tuttavia, un'altra conferma sconvolgente della natura totalitaria di questo schema è stata data da Jacques Attali, uno dei principali consiglieri del Presidente francese Francois Mitterrand, il 24 gennaio scorso, ad un incontro organizzato dalla leader del Partito Socialista Francese Ségolène Royale.

Nel suo discorso, Attali ha esordito affermando che la crisi attuale dell'Euro non solo era prevedibile, ma era stata prevista e perfino pianificata, per arrivare ad una "forte federazione europea sul bilancio". Ha ammesso: "Tutti coloro che, come me, hanno avuto il privilegio di tenere la penna per scrivere la prima versione del trattato di Maastricht, hanno fatto in modo che un'uscita non fosse possibile. Siamo stati ben attenti a evitare di scrivere un articolo che consentisse ad uno stato membro di andarsene. Questo non è molto democratico, ma è una garanzia per rendere le cose più difficili, in modo che fossimo costretti ad andare avanti".

Fu Jacques Attali, nelle sue memorie ed altri scritti, a confermare il ruolo abietto svolto da François Mitterrand nel costringere la Germania ad accettare la valuta unica come precondizione affinché venisse accettata la riunificazione nel 1989.

(MoviSol)

03 luglio 2011

Il recupero dell'onore







Image

Il lamento sulla perdita dei valori è ormai un luogo comune che rimbalza dai negozi dei parrucchieri ai mercati ortofrutticoli, passando per i salotti quando il sonoro della TV è abbassato per consentire il chiacchiericcio. Quando si tenta di precisare quali siano questi famosi valori, si parla sempre di mancanza di rispetto, di maleducazione, di perdita di sensibilità per il bene comune, e altri bla bla. Propongo un valore che è andato completamente perduto e di cui nessuno parla più: il senso dell’Onore. Chi ne parlasse oggi passerebbe per un fascista ritardato o per un siciliano geloso, figure vagamente bizzarre e demodé.
L’onore era un valore fondamentale, la colonna portante di una civiltà che fu. Onore individuale, onore familiare e del clan, onore della nazione. Era la fedeltà alla parola data, era la lealtà verso il proprio superiore gerarchico, era l’assunzione piena della propria responsabilità, fino al sacrificio della vita se necessario. Venir meno a questi obblighi significava essere disonorati, diventare dei reietti, la peggiore delle sanzioni. Era un ideale aristocratico, che si trasmise anche ai borghesi, quando la borghesia era una classe di mercanti, imprenditori e liberi professionisti che avevano il culto del risparmio, dell’oculata amministrazione del patrimonio, del rischio calcolato nell’investire il proprio. In àmbito borghese il valore dell’onore si identificò con quello dell’onestà. Nelle transazioni commerciali, negli affari, fra chi aveva fama di onestà bastava una stretta di mano. Questa civiltà di valori si trasmise ai proletari. C’era un profondo senso dell’onore e dell’onestà anche fra le famiglie più umili. Anche fra loro, come fra i borghesi, era impegno d’onore non fare debiti, e, qualora le ristrettezze obbligassero a indebitarsi, onorarli nel più breve tempo possibile. Meravigliosa civiltà quella dei genitori proletari che orgogliosamente potevano dire: “abbiamo allevato i nostri figli e li abbiamo fatti studiare senza fare debiti”.
C’era orgoglio, quell’orgoglio che non va confuso con la superbia, essendo invece il fondamento di ogni vita retta, di ogni schiena dritta. Tutto ciò viveva nella coscienza collettiva, era un Centro, un Asse spirituale che informava di sé una società, un mondo. Non esigeva norma scritta, era inciso nei cuori. Era il complesso di ideali che dava significato all’esistenza. Nessuno pensava che il senso dell’esistere fosse “godersi la vita”, quell’imperativo che domina la scena della nostra decadenza e si traduce nel suo contrario, secondo la legge implacabile dell’eterogenesi dei fini. Considerazioni inattuali, in un’epoca che basa la propria prosperità sul debito. Debiti degli individui, delle famiglie, degli enti locali, degli Stati, denaro che genera denaro in un abracadabra demoniaco, debiti appianati con altri debiti in una vertiginosa spirale di follia.
Onore, onestà, orgoglio, orrore dell’indebitamento, ideali di comportamento che costituivano una spiritualità capace di trascorrere in tutte le membra della comunità, di trasmettersi a tutti i ceti. Era una linfa che dalle radici saliva al tronco e si diffondeva nei rami. La nostra antimodernità prova nostalgia per quel mondo di valori. Non rimpiangiamo i viaggi a dorso di mulo nè le pastorellerie dei paeselli. Vorremmo una rigenerazione in cui il senso dell’onore, con tutti i suoi corollari, venisse ripristinato nelle coscienze, prima che nelle leggi.
Dobbiamo essere consapevoli che non si recupera una spiritualità perduta con gli appelli moralistici e con le belle parole. Occorre prima un rivolgimento politico, nelle istituzioni e nelle strutture economiche, che sarà reso possibile solo dall’insostenibilità degli equilibri attuali. Occorre che nella nuova società emerga un’élite capace di guadagnarsi un tale prestigio da infondere i suoi valori all’intero corpo sociale. Occorre che generazioni siano educate agli ideali veri. Un’educazione che scaturisca dall’intero tessuto sociale, non solo dalla scuola in senso stretto, una scuola oggi talmente screditata che si può dubitare dell’opportunità di mantenerla in vita. Una tale opera gigantesca, di costruzione di una nuova spiritualità dopo il passaggio attraverso il nichilismo della distruzione dell’esistente, è qualcosa che va oltre le risorse puramente umane. Bisogna confidare anche nell’azione misteriosa di una legge ciclica della storia che ci trascende.

di Luciano Fuschini

02 luglio 2011

La movida dei ragazzi in corsa verso lo sballo





http://www.lenovae.it/wp-content/uploads/2011/04/alcool.jpg


Da tre giorni tutti si chiedono perché e come mai. Perché a Milano un giovane di 21 anni, descritto da vicini e custodi di casa come gentile e corretto, ha ucciso e buttato nella spazzatura il suo migliore amico, di vent’anni, per poi violentare e uccidere l’ex fidanzata, sorella dell’amico.
Si ricorda la “socialità” dell’assassino, che aveva, come testimoniano i genitori, “tantissimi amici, e una vita sempre in mezzo alle gente”. È spesso così. Ma sarebbe meglio preoccuparsene.
L’essere sempre “con gli altri” dei nostri adolescenti, e il correre su Facebook per ritrovarli se per caso restano un momento da soli, segnala una preoccupante incapacità di rimanere anche per poco con se stessi, di riflettere.
L’ascolto interiore, la scoperta e coltivazione di sé è indispensabile nell’adolescenza per la costruzione della personalità.
La formazione dell’Io, e lo sviluppo di autentiche relazioni con gli altri richiedono uno spazio personale, nutrito dai momenti affettivi nati nell’incontro con gli altri, poi confrontati con le prime manifestazioni del proprio sé. Tutto ciò non ha nulla di intellettuale. Si tratta invece di un’attività molto istintiva, riconoscibile anche negli animali, nel loro andare e venire dagli incontri coi loro simili a momenti in cui preferiscono rimanere per conto loro.
Per restare da soli, però, occorre sottrarsi, anche per poco, a quella “spinta verso fuori di sé” fortemente richiesta dal nostro modello di cultura e di comunicazione. Che a volte sostiene esplicitamente: “dentro (di noi) non c’è niente”; è quindi fuori, agli altri, alle mode, ai luoghi di aggregazione, reali o virtuali, che occorre guardare, è lì che dobbiamo correre.
Per questo le notti dei ragazzi diventano sempre più lunghe, come quella, lunghissima, al termine della quale Riccardo uccide prima il migliore amico e dopo la sorella sua ex fidanzata. E’ sempre per questo “andar fuori” da sé da questo guscio presunto vuoto e mai frequentato, che questi ragazzi bevono tantissimo e “si fanno”. Prendono frettolosamente qualsiasi cosa serva a “sballare”, a far saltare l’imballaggio del loro cervello: un contenitore che diventa così sempre più precario ed incerto, con perdite e crepe ormai vistose.
Gli adulti attorno a loro non sembrano però prestare molta attenzione a cosa davvero stia loro accadendo. Si stupiscono, protestano.
Ma come potrebbero i ragazzi studiare, essere promossi, lavorare stabilmente, se dormono poco, bevono tantissimo, e “comunicano” in continuazione contenuti gergali e stereotipati, più o meno uguali per tutti? Come possono evitare un collasso o una crisi psichica più o meno grave se negli anni in cui il cervello completa il suo primo sviluppo, non gli forniscono il sonno, tempo di rigenerazione naturale, e lo alterano in continuazione con sostanze eccitanti e intossicanti senza risparmiare nessuna zona della preziosa mente in formazione?
La memoria viene alterata, a volte sospesa per molte ore, come potrebbe essere davvero accaduto a Riccardo, l’orientamento perduto, i freni inibitori allentati, il riconoscimento della realtà frantumato da una molteplicità di spinte e paure, contraddittorie e caotiche.
L’Io, la coscienza con la sua capacità di direzione, non c’è più. Ci sono, appunto, solo gli altri, oggetti d’amore, e quindi, fatalmente, anche di odio (negli sfoghi su Facebook su professori e nemici da bruciare o far morire lentamente, tra sofferenze).
Gli altri sono ormai tutta la loro disperata e vuota esistenza. Per questo, anche, a volte, li sopprimono, li buttano via, e dimenticano dove, come ha raccontato Riccardo.
di Claudio Risé

04 luglio 2011

Jacques Attali svela le intenzioni "antidemocratiche" dietro il costrutto UE


Che l'Unione Europea sia stata costruita con una strategia deliberata di manipolazioni, ricatti, faits accomplis e menzogne vere e proprie non era una novità. Tuttavia, un'altra conferma sconvolgente della natura totalitaria di questo schema è stata data da Jacques Attali, uno dei principali consiglieri del Presidente francese Francois Mitterrand, il 24 gennaio scorso, ad un incontro organizzato dalla leader del Partito Socialista Francese Ségolène Royale.

Nel suo discorso, Attali ha esordito affermando che la crisi attuale dell'Euro non solo era prevedibile, ma era stata prevista e perfino pianificata, per arrivare ad una "forte federazione europea sul bilancio". Ha ammesso: "Tutti coloro che, come me, hanno avuto il privilegio di tenere la penna per scrivere la prima versione del trattato di Maastricht, hanno fatto in modo che un'uscita non fosse possibile. Siamo stati ben attenti a evitare di scrivere un articolo che consentisse ad uno stato membro di andarsene. Questo non è molto democratico, ma è una garanzia per rendere le cose più difficili, in modo che fossimo costretti ad andare avanti".

Fu Jacques Attali, nelle sue memorie ed altri scritti, a confermare il ruolo abietto svolto da François Mitterrand nel costringere la Germania ad accettare la valuta unica come precondizione affinché venisse accettata la riunificazione nel 1989.

(MoviSol)

03 luglio 2011

Il recupero dell'onore







Image

Il lamento sulla perdita dei valori è ormai un luogo comune che rimbalza dai negozi dei parrucchieri ai mercati ortofrutticoli, passando per i salotti quando il sonoro della TV è abbassato per consentire il chiacchiericcio. Quando si tenta di precisare quali siano questi famosi valori, si parla sempre di mancanza di rispetto, di maleducazione, di perdita di sensibilità per il bene comune, e altri bla bla. Propongo un valore che è andato completamente perduto e di cui nessuno parla più: il senso dell’Onore. Chi ne parlasse oggi passerebbe per un fascista ritardato o per un siciliano geloso, figure vagamente bizzarre e demodé.
L’onore era un valore fondamentale, la colonna portante di una civiltà che fu. Onore individuale, onore familiare e del clan, onore della nazione. Era la fedeltà alla parola data, era la lealtà verso il proprio superiore gerarchico, era l’assunzione piena della propria responsabilità, fino al sacrificio della vita se necessario. Venir meno a questi obblighi significava essere disonorati, diventare dei reietti, la peggiore delle sanzioni. Era un ideale aristocratico, che si trasmise anche ai borghesi, quando la borghesia era una classe di mercanti, imprenditori e liberi professionisti che avevano il culto del risparmio, dell’oculata amministrazione del patrimonio, del rischio calcolato nell’investire il proprio. In àmbito borghese il valore dell’onore si identificò con quello dell’onestà. Nelle transazioni commerciali, negli affari, fra chi aveva fama di onestà bastava una stretta di mano. Questa civiltà di valori si trasmise ai proletari. C’era un profondo senso dell’onore e dell’onestà anche fra le famiglie più umili. Anche fra loro, come fra i borghesi, era impegno d’onore non fare debiti, e, qualora le ristrettezze obbligassero a indebitarsi, onorarli nel più breve tempo possibile. Meravigliosa civiltà quella dei genitori proletari che orgogliosamente potevano dire: “abbiamo allevato i nostri figli e li abbiamo fatti studiare senza fare debiti”.
C’era orgoglio, quell’orgoglio che non va confuso con la superbia, essendo invece il fondamento di ogni vita retta, di ogni schiena dritta. Tutto ciò viveva nella coscienza collettiva, era un Centro, un Asse spirituale che informava di sé una società, un mondo. Non esigeva norma scritta, era inciso nei cuori. Era il complesso di ideali che dava significato all’esistenza. Nessuno pensava che il senso dell’esistere fosse “godersi la vita”, quell’imperativo che domina la scena della nostra decadenza e si traduce nel suo contrario, secondo la legge implacabile dell’eterogenesi dei fini. Considerazioni inattuali, in un’epoca che basa la propria prosperità sul debito. Debiti degli individui, delle famiglie, degli enti locali, degli Stati, denaro che genera denaro in un abracadabra demoniaco, debiti appianati con altri debiti in una vertiginosa spirale di follia.
Onore, onestà, orgoglio, orrore dell’indebitamento, ideali di comportamento che costituivano una spiritualità capace di trascorrere in tutte le membra della comunità, di trasmettersi a tutti i ceti. Era una linfa che dalle radici saliva al tronco e si diffondeva nei rami. La nostra antimodernità prova nostalgia per quel mondo di valori. Non rimpiangiamo i viaggi a dorso di mulo nè le pastorellerie dei paeselli. Vorremmo una rigenerazione in cui il senso dell’onore, con tutti i suoi corollari, venisse ripristinato nelle coscienze, prima che nelle leggi.
Dobbiamo essere consapevoli che non si recupera una spiritualità perduta con gli appelli moralistici e con le belle parole. Occorre prima un rivolgimento politico, nelle istituzioni e nelle strutture economiche, che sarà reso possibile solo dall’insostenibilità degli equilibri attuali. Occorre che nella nuova società emerga un’élite capace di guadagnarsi un tale prestigio da infondere i suoi valori all’intero corpo sociale. Occorre che generazioni siano educate agli ideali veri. Un’educazione che scaturisca dall’intero tessuto sociale, non solo dalla scuola in senso stretto, una scuola oggi talmente screditata che si può dubitare dell’opportunità di mantenerla in vita. Una tale opera gigantesca, di costruzione di una nuova spiritualità dopo il passaggio attraverso il nichilismo della distruzione dell’esistente, è qualcosa che va oltre le risorse puramente umane. Bisogna confidare anche nell’azione misteriosa di una legge ciclica della storia che ci trascende.

di Luciano Fuschini

02 luglio 2011

La movida dei ragazzi in corsa verso lo sballo





http://www.lenovae.it/wp-content/uploads/2011/04/alcool.jpg


Da tre giorni tutti si chiedono perché e come mai. Perché a Milano un giovane di 21 anni, descritto da vicini e custodi di casa come gentile e corretto, ha ucciso e buttato nella spazzatura il suo migliore amico, di vent’anni, per poi violentare e uccidere l’ex fidanzata, sorella dell’amico.
Si ricorda la “socialità” dell’assassino, che aveva, come testimoniano i genitori, “tantissimi amici, e una vita sempre in mezzo alle gente”. È spesso così. Ma sarebbe meglio preoccuparsene.
L’essere sempre “con gli altri” dei nostri adolescenti, e il correre su Facebook per ritrovarli se per caso restano un momento da soli, segnala una preoccupante incapacità di rimanere anche per poco con se stessi, di riflettere.
L’ascolto interiore, la scoperta e coltivazione di sé è indispensabile nell’adolescenza per la costruzione della personalità.
La formazione dell’Io, e lo sviluppo di autentiche relazioni con gli altri richiedono uno spazio personale, nutrito dai momenti affettivi nati nell’incontro con gli altri, poi confrontati con le prime manifestazioni del proprio sé. Tutto ciò non ha nulla di intellettuale. Si tratta invece di un’attività molto istintiva, riconoscibile anche negli animali, nel loro andare e venire dagli incontri coi loro simili a momenti in cui preferiscono rimanere per conto loro.
Per restare da soli, però, occorre sottrarsi, anche per poco, a quella “spinta verso fuori di sé” fortemente richiesta dal nostro modello di cultura e di comunicazione. Che a volte sostiene esplicitamente: “dentro (di noi) non c’è niente”; è quindi fuori, agli altri, alle mode, ai luoghi di aggregazione, reali o virtuali, che occorre guardare, è lì che dobbiamo correre.
Per questo le notti dei ragazzi diventano sempre più lunghe, come quella, lunghissima, al termine della quale Riccardo uccide prima il migliore amico e dopo la sorella sua ex fidanzata. E’ sempre per questo “andar fuori” da sé da questo guscio presunto vuoto e mai frequentato, che questi ragazzi bevono tantissimo e “si fanno”. Prendono frettolosamente qualsiasi cosa serva a “sballare”, a far saltare l’imballaggio del loro cervello: un contenitore che diventa così sempre più precario ed incerto, con perdite e crepe ormai vistose.
Gli adulti attorno a loro non sembrano però prestare molta attenzione a cosa davvero stia loro accadendo. Si stupiscono, protestano.
Ma come potrebbero i ragazzi studiare, essere promossi, lavorare stabilmente, se dormono poco, bevono tantissimo, e “comunicano” in continuazione contenuti gergali e stereotipati, più o meno uguali per tutti? Come possono evitare un collasso o una crisi psichica più o meno grave se negli anni in cui il cervello completa il suo primo sviluppo, non gli forniscono il sonno, tempo di rigenerazione naturale, e lo alterano in continuazione con sostanze eccitanti e intossicanti senza risparmiare nessuna zona della preziosa mente in formazione?
La memoria viene alterata, a volte sospesa per molte ore, come potrebbe essere davvero accaduto a Riccardo, l’orientamento perduto, i freni inibitori allentati, il riconoscimento della realtà frantumato da una molteplicità di spinte e paure, contraddittorie e caotiche.
L’Io, la coscienza con la sua capacità di direzione, non c’è più. Ci sono, appunto, solo gli altri, oggetti d’amore, e quindi, fatalmente, anche di odio (negli sfoghi su Facebook su professori e nemici da bruciare o far morire lentamente, tra sofferenze).
Gli altri sono ormai tutta la loro disperata e vuota esistenza. Per questo, anche, a volte, li sopprimono, li buttano via, e dimenticano dove, come ha raccontato Riccardo.
di Claudio Risé