30 settembre 2010

11 settembre, la madre di tutte le coincidenze


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Vi proponiamo la traduzione di un articolo sull’11/9 scritto da un giornalista statunitense, Eric S. Margolis, che ha collaborato spesso con i media mainstream, dai tradizionali «Toronto Sun» e «New York Times» al più recente aggregatore di notizie «Huffington Post». L’articolo sembra segnalare che tira un’aria diversa sul tema 11 settembre. Perfino un giornalista che finora non si è discostato troppo dalle versioni governative - un conservatore che fa parte del think tank International Institute of Strategic Studies, una vita da inviato globetrotter nelle aree di crisi - perfino lui riorganizza i discorsi, i ricordi, i collegamenti dei fatti connessi all’11/9, per concludere che la verità è stata insabbiata.

Rivela anche di aver incontrato Bin Laden negli anni novanta, sebbene questa rimanga solo una sua dichiarazione.

«Huffington Post» ha subito cancellato questo articolo scomodo. Non sarà l’unica resistenza ai ripensamenti, ma un giornalista a fine carriera si può concedere libertà sconosciute, e allargare l’area che rompe i tabù.

"Gli interessi economici degli Stati Uniti e strategici in Medio Oriente e il mondo musulmano sono minacciati dall’agonia della Palestina, che inevitabilmente si difende pianificando azioni terroristiche volte a colpire le ricchezze americane e persino gli stessi cittadini"

Eric Margolis. Sun Media. 2 settembre 2001.

Dall’11 settembre i lettori chiedono di continuo il mio parere su questi attacchi. Sono stato talmente sommerso da migliaia di e-mail che ancora mi gira la testa.

Una delle teorie più pittoresche è quella del generale Hamid Gul, ex direttore dell'ISI, (l’agenzia dei servizi di intelligence pakistani) Continua a sostenere che l’11-settembre fu organizzato dal Mossad israeliano e da un gruppuscolo di estrema destra formato da generali della US Air Force

Ho ispezionato le rovine delle Torri Gemelle a New York, dove mi era capitato abbastanza spesso di cenare al ristorante dell’ultimo piano. Il centro ("Downtown") di Manhattan era avvolto da miasmi orribili e maleodoranti dovuti agli attentati. Non avevo mai respirato niente di tanto nauseante. Ho impiegato giorni per liberarmi da questo odore. Come newyorkese, questi avvenimenti mi hanno fortemente sconvolto, ma non mi hanno sorpreso, giacché nove giorni prima avevo previsto un attacco di grande portata contro gli USA. [Vedere citazione sopra – NdT]

Nel corso di una delle mie visite al Pentagono per una riunione sul Medio Oriente, ho ispezionato anche il muro esterno colpito dal terzo aereo dirottato.

Ho visto delle foto del luogo dell'impatto e non comprendo cosa sia successo a tutti i detriti dell'aereo. Non ne restava praticamente nulla.

Nel 1993, il mio volo Lufthansa per il Cairo è stato dirottato mentre sorvolava la Germania. Il pirata dell'aria di origine etiope, ci ha riportato fino a New York. Minacciava di fare schiantare l'aereo su Wall Street.

Il nostro aereo fu intercettato dai caccia F15 americani che avevano ricevuto l'ordine di sparare in caso di necessità. Ma dov’era la difesa aerea l’11 settembre 2001?

All'indomani dell’11-settembre, la CNN mi ha chiesto se ci fosse Bin Laden dietro questi attacchi. «Dobbiamo ancora vedere le prove» ho risposto. E a tutt’oggi mantengo questa stessa posizione.

Bin Laden ha negato che lui o al-Qa‛ida fossero i responsabili degli attacchi aerei dell’11/9 e della morte di quasi 3000 persone. Il complotto è stato organizzato ad Amburgo in Germania e a Madrid in Spagna, non in Afghanistan. Un pakistano, Khalid Sheik Mohammed, ha affermato di essere lui la mente dell’11 settembre, ma questo dopo che la CIA lo ha torturato sottoponendolo a 183 sedute con simulazione di annegamento.

Pur negando ogni sua implicazione, Osama Bin Laden ha detto che secondo lui le motivazioni degli attacchi di New York erano da ricercarsi parzialmente nella distruzione da parte di l'Israele del centro di Beirut all'epoca dell'invasione del Libano nel 1982, che aveva provocato circa 18mila vittime civili.

I video trasmessi in seguito per confermare che Bin Laden era colpevole sono dei falsi mal confezionati. Sono stati ritrovati a loro dire in Afghanistan dagli uomini dell’Alleanza del Nord che combatte i taliban, che era stata creata e finanziata dai servizi segreti russi.

Ho incontrato Osama Bin Laden in Afghanistan e ho detto alla CNN che non era l'uomo che appariva su questi video.

Subito dopo l’11 settembre, il Segretario di Stato Colin Powell aveva promesso agli americani che il Dipartimento di Stato avrebbe divulgato un "White Paper" con le prove dettagliate della colpevolezza di Bin Laden. Il governo taliban dell'Afghanistan aveva richiesto questo documento come preliminare all'estradizione di Bin Laden richiesta dagli USA.

Ebbene, questo famoso "White Paper" non è mai stato diffuso, gli USA hanno ignorato le procedure legali in vigore e hanno invaso l'Afghanistan. Stiamo ancora aspettando queste famose prove.

Io non so ancora se Osama Bin Laden fosse davvero dietro questi attacchi. Numerosi elementi fattuali potrebbero far sospettare di lui e di al-Qa‛ida, ma mancano sempre all’appello le prove certe a sostegno di questa ipotesi. Una cosa è sicura: gli attacchi furono pianificati e organizzati in Germania, non in Afghanistan. Dei 19 pirati dell'aria, 15 erano sauditi, due erano originari degli Emirati arabi uniti, uno era egiziano e un altro libanesi.

Peraltro, ho detto e ripetuto fin dal giorno dell’11/9 come la pericolosità e le dimensioni di al-Qa‛ida fossero state immensamente esagerate, cosa del resto confermata dal prestigioso Istituto Internazionale di studi Strategici (IISS) nell’esplosivo rapporto pubblicato a Londra questa settimana. Il numero di membri di al-Qa‛ida nata per combattere i comunisti afgani non ha mai superato le 300 unità.

Attualmente, secondo Léon Panetta, capo della CIA, non ci sono non più di 50 uomini di al-Qa‛ida in Afghanistan. E tuttavia, il presidente Obama ha triplicato le truppe USA in Afghanistan, portando il loro numero a 120mila, a causa di ciò che lui definisce "la minaccia" al-Qa‛ida. Che cosa succede?

Sono tanti coloro che credono che al-Qa‛ida sia un'invenzione americana utilizzata per giustificare le operazioni militari all'estero. Non condivido questo punto di vista. Osama Bin Laden non è stato mai un agente della CIA, anche se il suo gruppo ha beneficiato indirettamente di fondi da parte della CIA per combattere i comunisti.

Tornando all’11 settembre, non riesco a capire come dei piloti dilettanti siano stati in grado di manovrare a bassa quota aerei di quelle dimensioni e colpire esattamente il WTC ed il Pentagono. Come mi faceva notare un agente dell’Intelligence pakistana, «se fossero stati veramente dei dilettanti, avrebbero fatto schiantare i loro aerei l'uno contro l'altro, non sul World Trade Center!».

L'arresto di "addetti ai traslochi" israeliani mentre filmavano gli attacchi danzando di gioia, e quello seguente di gruppi di studenti israeliani che avrebbero "seguito" i futuri pirati dell'aria, resta un profondo mistero per me. Stessa cosa dicasi per l’immobilità della difesa aerea.

La Commissione di inchiesta sull’11/9 e stata un'operazione di cancellazione, come tutte le commissioni governative. Esse nascono appositamente per occultare e non per rivelare la verità.

Nel 2006, un sondaggio di Scripps Howard e del «Washington Post» ha rivelato che il 36% di un campione di 1000 americani interrogati era convinto che dietro gli attacchi ci sia stato il governo USA. Sono molti gli americani che non credono nella versione ufficiale sull’11-settembre.

Stessa cosa per gli europei. Il mondo musulmano nel suo complesso pensa che l’11 settembre sia stato opera d’Israele e dell’estrema destra neoconservatrice guidata da Dick Cheney

Se la versione ufficiale sull’11/9 fosse vera significherebbe che gli attacchi hanno sorpreso l'amministrazione in piena letargia mentre al contrario, proprio in quel periodo, avrebbe dovuto essere in massima allerta. Condoleezza Rice, l’incompetente perfetta, la Consigliera nazionale per la sicurezza di George W. Bush, non solo ignorò tutta una serie di avvertimenti molto preoccupanti riguardo a probabili futuri attentati, ma tagliò persino i fondi la lotta antiterroristica proprio nel periodo antecedente l’ 11/9.

La Casa Bianca ed i media si sono precipitati ad incolpare i musulmani sostenendo che questi «odiavano lo stile di vita ed i valori americani», diffondendo così il concetto di «terrorismo islamico» che vuole che sia la fede musulmana, e non i problemi politici, all'origine degli attacchi.

Questo balla pericolosa ha contaminato l'America, e ha portato ai massimi livelli l'islamofobia. Il continuo fracasso creato attorno alla costruzione di una moschea nel centro di Manhattan, e le minacce di un prete della Florida di bruciare testi del Corano sono i due più recenti e deplorevoli esempi di quanto possa essersi inasprito l’odio religioso.

Il commando suicida che aveva attaccato New York e Washington aveva giustificato chiaramente il suo atto: a) punire gli Stati Uniti per il loro appoggio a Israele nella sua politica di repressione contro i palestinesi; b) ciò che essi definiscono come occupazione USA dell’Arabia saudita. Benché fossero tutti musulmani, la religione non era il fattore scatenante

Come ha ben fatto notare il veterano della del CIA Michael Scheuer, il mondo musulmano era furioso contro gli Stati Uniti per la loro politica nella regione, e non per i valori, le libertà o la religione americana.

Queste motivazioni all'origine degli attacchi dell’11/9 sono state largamente ignorate dall'isteria crescente per via del " terrorismo islamico." L’invio di lettere contenenti antrace spedite a New York, in Florida ed a Washington proprio subito dopo l’11/9 aveva chiaramente per scopo quello di aumentare la collera contro i musulmani.

Gli autori di queste missive avvelenate non sono mai stati identificati.

Tuttavia, questi attacchi all'antrace hanno accelerato l'approvazione delle leggi semi-totalitarie del PATRIOT ACT, che hanno limitato drasticamente le libertà individuali degli americani e hanno imposto nuove leggi draconiane.

I falsi video e le cassette audio di Bin Laden. Gli attacchi all'antrace. Il Corano ritrovato intatto in modo del tutto improbabile a Ground Zero. Le prove ritrovate nella valigia che uno dei pirati pare non fosse riuscito a far imbarcare sull’aereo poi dirottato. Le affermazioni immediatamente diffuse a solo poche ore di distanza dagli eventi secondo cui al-Qai‛da fosse dietro gli attentati. Questi piloti dilettanti kamikaze e l’anomalo velocissimo cedimento delle Torri.

Ma ancora più scioccante, la registrazione del colloquio a Londra tra il presidente George Bush e il primo ministro Tony Blair, laddove si sente il presidente degli USA fare questa terribile proposta per scatenare la guerra con l'Iraq: dipingere degli aerei USA con colori dell'ONU e provocare le difese aeree irachene per spingerle ad attaccare sparando ebcreando così un "casus belli". Bush avrebbe anche preannunciato a Blair che dopo l'Iraq, avrebbe attaccato l'Arabia saudita, la Siria ed il Pakistan.

Nel 1939, la Germania nazista aveva travestito i suoi soldati con le uniformi polacche al fine di provocare un incidente di frontiera e giustificare così l'invasione della Polonia da parte della Germania. I piani di Bush erano dello stesso stampo. Un presidente capace di concepire tali operazioni criminali potrebbe andare ben più oltre pur di realizzare i suoi sogni imperialistici.

Per un vecchio giornalista come me tutto ciò odora di marcio. Ci sono veramente troppe domande senza risposte, troppi sospetti, e poi non dimentichiamo la famosa locuzione di Cicerone che dice "cui bono", "a chi giova tutto ciò?"

Il 28 febbraio 1933, un incendio, scatenato da un ebreo olandese, distrusse il Parlamento tedesco, il Reichstag (dove Hitler non si sedette mai, NdT)

Mentre le rovine del Reichstag fumavano ancora, Adolf Hitler dichiarò «guerra al terrorismo».

Venne promulgato un decreto «per la Protezione del Popolo e dello Stato», che sospendeva tutte le protezioni legali in materia di libertà di parola, di riuniobe, di proprietà, e di libertà individuali. L'incendio del Reichstag permise al governo di fermare senza la benché minima procedura legale le persone sospettate di terrorismo e di dare praticamente i pieni poteri alla Polizia.

Tutto questo vi ricorda qualche cosa?

Ed ecco un'altra coincidenza sorprendente. Due anni prima dell’11/9, una serie di esplosioni in edifici abitativi in Russia uccise più di 200 persone. Si accusò il " terrorismo islamico" ceceno.

Il panico invase la Russia e favorì l'ascesa al potere dell'ex-agente del KGB Vladimir Putin.

Agenti della sicurezza russa appartenenti al FSB furono presi con le mani nel sacco mentre tentavano di piazzare esplosivi in un altro edificio, ma la storia fu soffocata.

Un ex agente del FSB, Alexander Litvinenko, che tentò di fa luce su questo episodio, fu assassinato a Londra avvelenato con polonio radioattivo.

Con lo stesso sistema i neoconservatori dell'amministrazione Bush utilizzarono sfacciatamente l’attentato dell’ 11/9 per promuovere l'invasione dell'Iraq.

Subito prima dell'invasione i sondaggi mostravano come l’80% degli americani fossero convinti, a torto, che Saddam Hussein fosse dietro gli attacchi dell’11/9.

Il Dottor Goebbels sarebbe stato fiero.

Alla fine cosa possiamo concludere?

1) Non sappiamo ancora che cosa sia veramente accaduto l’11 settembre.

2) La versione ufficiale non è credibile.

3) L’11 settembre è servito per giustificare le invasioni strategiche dell'Afghanistan e dell'Iraq ricco in petrolio.

4) gli attacchi hanno precipitato il popolo americano in guerre contro il mondo musulmano e hanno arricchito l'industria USA degli armamenti.

5) L’11 settembre ha favorito i neoconservatori pro-israeliani, dando le redini del potere a questo gruppo inizialmente marginale, e con questi ha rafforzato anche l'estrema destra totalitaria americana.

6) la guerra ingiustificata di Bush contro l'Iraq ha distrutto uno dei due grandi nemici dell'Israele.

7) L’11 settembre ha immerso l'America in quello che potrebbe essere definito uno stato di guerra permanente contro il mondo musulmano, il che era uno dei principali obiettivi dei neoconservatori.

Ma a tutt’oggi io non ho prove di come l’11 settembre sia stato un complotto ordito dall'estrema destra o da Israele oppure sia il risultato di una gigantesca operazione di depistaggio («cover-up»).

Forse fu soltanto la "madre" di tutte le coincidenze.

Oppure ha potuto non essere che l’azione di 19 arabi furibondi e un'amministrazione Bush maldestra alla ricerca di un capro espiatorio.

di Eric Margolis

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

29 settembre 2010

Basilea III: banche mondiali sull'orlo del precipizio







Le banche “Troppo Grandi Per Fallire” di tutto il mondo si trovano in una condizione così precaria che, nei prossimi mesi, letteralmente qualsiasi cosa può provocare un crollo.

Ho letto commenti recenti su Basilea III postati su vari siti web e pubblicazioni finanziarie importanti ma questi non hanno colto (o hanno sviato di proposito) il messaggio sottinteso delle proposte, la cui implementazione sarà posticipata in parte al 2017 e in parte al 2019.

Basilea III è pura propaganda e il momento per la sua introduzione è stato scelto per placare i forti timori che non ci siano soluzioni in vista per trarre in salvo il sistema della moneta a corso forzoso e il sistema bancario a riserva frazionaria.



IL PROBLEMA

Le principali banche mondiali sono tutte sottocapitalizzate e questo è apparso del tutto evidente quando è crollata Lehman Brothers. Le banche stavano prendendo a prestito così tanti soldi e giocavano in modo così spericolato nel casinò globale che quando le scommesse sono andate a rotoli, si sono trovate di fronte ad un buco nero nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari. In realtà le banche sono tutte insolventi.

Il problema si è aggravato quando i banchieri centrali (tutti corrotti, senza eccezioni) e i regolatori hanno chiuso un occhio sul modo con cui i banchieri avevano definito gli elementi che costituivano il “capitale”, così da aggirare la necessità di mantenere il rapporto di capitale.

LA SOLUZIONE DI BASILEA III

Nella sua riunione del 12 settembre 2010, il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori, l’organismo di controllo della Commissione di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha annunciato un importante rafforzamento dei requisiti sul capitale esistente e ha approvato all’unanimità l’accordo che aveva raggiunto il 26 luglio 2010. Queste riforme sul capitale, insieme all’introduzione di uno standard sulla liquidità globale, sono al centro del programma di riforma finanziaria globale e saranno presentate al summit dei leader del G20 che si terrà a Seul a novembre.

Il pacchetto di riforme della Commissione aumenterà i requisiti minimi di common equity dal 2% al 4,5%

Inoltre, alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto di capitali del 2,5% per sostenere futuri periodi di sollecitazioni, il che porta i requisiti complessivi di common equity al 7%.


Questo consolida la definizione più stringente di capitale concordata dai Governatori e dai Supervisori a luglio e i requisiti di capitale più elevati per le attività di trading, sui derivati e di cartolarizzazione che saranno introdotti alla fine del 2011.

Aumento dei requisiti di capitale

Secondo gli accordi raggiunti, i requisiti minimi per il common equity, la forma più alta di capitale in grado di assorbire le perdite, saranno innalzati dal livello attuale del 2%, prima dell’applicazione delle modifiche regolamentari, al 4,5% dopo l’applicazione di modifiche più severe.

Tutto questo sarà introdotto gradualmente entro il 1° gennaio 2015.

I requisiti di capitale Tier 1, che comprende il common equity ed altri strumenti finanziari che si basano su criteri più severi, aumenteranno dal 4% al 6% nel corso dello stesso periodo.


Il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori ha inoltre convenuto sul fatto che il cuscinetto di conservazione del capitale oltre i requisiti minimi regolamentari verrà tarato al 2,5% e dovrà coincidere con il common equity, al netto delle deduzioni.

Lo scopo del cuscinetto di conservazione è quello di garantire che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter utilizzare per assorbire le perdite nel corso di periodi di sollecitazioni finanziarie ed economiche.

Mentre alle banche viene permesso di attingere al cuscinetto nel corso di tali periodi di sollecitazioni, più si assottiglierà il rapporto sui requisiti minimi di capitale e maggiori saranno i vincoli sulla ripartizione degli utili.

Questa struttura consoliderà l’obiettivo di una supervisione e di una governance bancaria efficace e affronterà il problema dell’azione collettiva che ha impedito ad alcune banche di limitare le ripartizioni (come i bonus discrezionali ed i grossi dividendi), anche di fronte a situazioni con capitale in deterioramento. Un cuscinetto anticiclico che va dallo 0% al 2,5% di common equity o di altro capitale in grado di assorbire le perdite sarà implementato a seconda delle circostanze dei singoli stati nazionali.

Lo scopo del cuscinetto anticiclico è quello di raggiungere l’obiettivo macroprudenziale più ampio di proteggere il settore bancario dai periodi di eccessiva crescita del credito aggregato.

Per ogni paese, questo cuscinetto sarà in vigore solamente quando ci sarà una crescita eccessiva di credito che avrà come risultato un innalzamento del rischio a livello di sistema.

Il cuscinetto anticiclico, quando sarà in vigore, verrebbe introdotto come un’estensione del cuscinetto di conservazione.

Questi requisiti di capitale sono integrati da un rapporto sulla leva non basato sul rischio che servirà di rinforzo alle misure basate sul rischio descritte sopra.

A luglio, i Governatori e i Supervisori avevano convenuto di testare un rapporto minimo sulla leva del Tier 1 del 3% nel corso del periodo di prova in parallelo.

Sulla base ai risultati del periodo di prova in parallelo, le ultime modifiche verrebbero effettuate nella prima metà del 2017 con la prospettiva di migrare al trattamento del Pillar 1 il 1° gennaio 2018, sulla base di una corretta verifica e taratura.

In modo sistemico le banche importanti dovrebbero avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore agli standard annunciati oggi e il lavoro su questa questione continua nei gruppi di attività del Financial Stability Board e della Commissione di Basilea.

LA SCAPPATOIA & L’AMMISSIONE DI INSOLVENZA

Fin dall’inizio della crisi le banche si sono assunte l’impegno di aumentare i loro livelli di capitale.

Tuttavia, i risultati preliminari dell’esauriente studio sull’impatto quantitativo condotto dalla Commissione mostra che, a partire dalla fine del 2009, le grandi banche avranno bisogno, in totale, di una quantità significativa di capitale aggiuntivo per rispondere a questi nuovi requisiti.

Le banche più piccole, particolarmente importanti per i prestiti erogati alle piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi rispondono già a questi standard più elevati.

I Governatori ed i Supervisori hanno anche convenuto su accordi di transizione per implementare i nuovi standard.

Questo per garantire che il settore bancario possa soddisfare gli standard più elevati sui capitali attraverso trattenute equilibrate sugli utili e aumenti di capitale, e nel contempo continuando ad erogare prestiti all’economia.

LA PROVA INCONFUTABILE CHE LE BANCHE SI TROVANO NELLA MERDA FINO AL COLLO

Siete pregati di leggere tutti i passaggi che ho evidenziato in grassetto sopra. Se le banche fossero sempre capitalizzate in modo adeguato e se ai banchieri centrali collusi con questi bankster fosse impedito di effettuare manipolazioni, non ci sarebbe alcun bisogno delle regole di Basilea III.

Nel dire questo non sto assolutamente ammettendo che con questi nuovi requisiti le banche saranno capitalizzate in modo adeguato.

La semplice verità è che fintanto che il casinò dei derivati sarà aperto e alle banche sarà concesso di continuare le loro attività fuori bilancio, non si risolverà nulla. Le due tabelle qui sotto la dicono tutta:




Fonte: Basel iii Compliance Professionals Association (B iii CPA)


Come può essere sufficiente un requisito finale di capitale dell’8 per cento quando la leva, secondo Basilea III, può ancora essere al livello astronomico di 33 a 1 ? Nella seconda tabella, non ci vuole un genio per concludere che la crisi del settore bancario (se saremo fortunati) potrebbe “risolversi” entro il 2015 ma è più probabile che potrà risolversi soltanto entro il 2017/2018.

Questa è una chiara ammissione del fatto che tutte le banche avrebbero bisogno di un simile periodo di transizione per adeguarsi ai nuovi requisiti!

La cruda realtà è che in questo momento critico le banche “Troppo Grandi Per Fallire” non hanno né la capacità né i mezzi per aumentare il capitale. Per usare un’analogia, il paziente bancario sarà in terapia intensiva fino al 2017, cosa piuttosto ottimistica perché questa previsione crede che il paziente sarà in grado di riprendersi.

La mia opinione è che Basilea III sia pura propaganda e sia intesa per dare l’impressione che i banchieri centrali e i regolatori abbiano tutto sotto controllo. Ma è una grossa bugia!

Avevo detto in un mio articolo precedente che la FED, attraverso il QE I, aveva acquistato degli asset tossici dalle banche: una parte di quei fondi erano stati utilizzati per sostenere le riserve mentre un’altra parte per acquistare Buoni del Tesoro (per dare l’illusione di asset di qualità migliore nei bilanci delle banche). Ce ne sono molti di più, migliaia di miliardi di dollari di rifiuti tossici che nessun QE (quantitative easing) può eliminare. Questa situazione non tiene nemmeno in considerazione i rifiuti tossici negli SPV – quelle cose astruse tenute fuori bilancio. La FED e gli organismi di controllo hanno sospeso le norme contabili che hanno permesso alle banche di nascondere questa spazzatura tossica negli SPV e di non doverla annoverare nei loro bilanci.

SUPPORTO VITALE

Il QE I ha solamente permesso alle banche “Troppo Grandi Per Fallire” di continuare un qualche genere di attività bancaria nascondendo pertanto all’opinione pubblica che erano insolventi, e quindi impedendo una corsa agli sportelli.

Ma i banchieri centrali non possono avere la botte piena e la moglie ubriaca. Nel tentativo di sostenere la fiducia dell’opinione pubblica nelle banche con l’introduzione di Basilea III, hanno senza volere sputato il rospo e, come mostrano le due tabelle, le banche sono tutte insolventi.

Inoltre, qualunque siano le riserve accumulate, queste sono insufficienti per incentivare ulteriormente i prestiti, perché le banche hanno raggiunto i loro limiti in base al sistema di riserva frazionaria. Questo è il motivo della contrazione del credito e non, come ha ipotizzato un commentatore, che Basilea III “contrarrebbe il credito”.

Due sono i problemi che gravano sulle banche:

1) capitale insufficiente per far fronte alle passività (prestiti); e

2) riserve insufficienti nel sistema a riserva frazionaria.

Questo è un grosso casino!

IL GIOCO DELLA FIDUCIA

In questo momento non riesco a dare una tempistica precisa su quanto la FED e i banchieri centrali di tutto il mondo possano ancora prolungare il gioco della fiducia, illudendo l’opinione pubblica e i creditori sovrani che vada tutto bene.

Quando, per qualsiasi ragione, la fiducia nelle banche svanirà, le conseguenza saranno terribili e ci saranno grandissime rivolte in tutto il mondo. Il primo segnale che il gioco sta per finire sarà quando la FED aumenterà gli acquisti di Buoni del Tesoro americano per compensare i deficit dei creditori stranieri e per finanziare la crescita del deficit degli Stati Uniti.

Tutto ad un tratto alcuni enti potrebbero iniziare veramente ad innervosirsi e a disfarsi dei Buoni del Tesoro, e la FED interverrebbe per sostenerli. Quindi verrà raggiunto il punto di non ritorno e si scatenerà l’inferno!

Anche la Cina fa parte di questo gioco della fiducia.

Ma, contrariamente al FMI e ad altri rinomati economisti che stanno scommettendo sulle cosiddette forze economiche di Cina e Asia, sono del parere che i Buoni del Tesoro americano crolleranno, la fiducia in tutta la moneta a corso forzoso svanirà in modo analogo e ci sarà un enorme flusso di capitale verso le materie prime, specialmente oro, argento e petrolio.

I mercati azionari asiatici saranno devastati e ci sarà una forte volatilità nei prezzi delle valute.

Quindi è pura follia e sconsideratezza quella della banca centrale malaysiana (Bank Negara) e del governo anche solo prendere in considerazione lo scambio di ringgit. Quando svanirà la fiducia negli asset espressi in dollari, la Cina sarà colpita in pieno. La terza e ultima fase dello Tsunami Finanziario Globale devasterà le economie asiatiche e questo avrà come conseguenza la più grande depressione della storia.

Tempistiche?

Tra oggi e un qualunque periodo del 2011.

Al massimo, il 2012.

Dio ci aiuti.

di Matthias Chang

Fonte: www.globalresearch.ca

30 settembre 2010

11 settembre, la madre di tutte le coincidenze


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Vi proponiamo la traduzione di un articolo sull’11/9 scritto da un giornalista statunitense, Eric S. Margolis, che ha collaborato spesso con i media mainstream, dai tradizionali «Toronto Sun» e «New York Times» al più recente aggregatore di notizie «Huffington Post». L’articolo sembra segnalare che tira un’aria diversa sul tema 11 settembre. Perfino un giornalista che finora non si è discostato troppo dalle versioni governative - un conservatore che fa parte del think tank International Institute of Strategic Studies, una vita da inviato globetrotter nelle aree di crisi - perfino lui riorganizza i discorsi, i ricordi, i collegamenti dei fatti connessi all’11/9, per concludere che la verità è stata insabbiata.

Rivela anche di aver incontrato Bin Laden negli anni novanta, sebbene questa rimanga solo una sua dichiarazione.

«Huffington Post» ha subito cancellato questo articolo scomodo. Non sarà l’unica resistenza ai ripensamenti, ma un giornalista a fine carriera si può concedere libertà sconosciute, e allargare l’area che rompe i tabù.

"Gli interessi economici degli Stati Uniti e strategici in Medio Oriente e il mondo musulmano sono minacciati dall’agonia della Palestina, che inevitabilmente si difende pianificando azioni terroristiche volte a colpire le ricchezze americane e persino gli stessi cittadini"

Eric Margolis. Sun Media. 2 settembre 2001.

Dall’11 settembre i lettori chiedono di continuo il mio parere su questi attacchi. Sono stato talmente sommerso da migliaia di e-mail che ancora mi gira la testa.

Una delle teorie più pittoresche è quella del generale Hamid Gul, ex direttore dell'ISI, (l’agenzia dei servizi di intelligence pakistani) Continua a sostenere che l’11-settembre fu organizzato dal Mossad israeliano e da un gruppuscolo di estrema destra formato da generali della US Air Force

Ho ispezionato le rovine delle Torri Gemelle a New York, dove mi era capitato abbastanza spesso di cenare al ristorante dell’ultimo piano. Il centro ("Downtown") di Manhattan era avvolto da miasmi orribili e maleodoranti dovuti agli attentati. Non avevo mai respirato niente di tanto nauseante. Ho impiegato giorni per liberarmi da questo odore. Come newyorkese, questi avvenimenti mi hanno fortemente sconvolto, ma non mi hanno sorpreso, giacché nove giorni prima avevo previsto un attacco di grande portata contro gli USA. [Vedere citazione sopra – NdT]

Nel corso di una delle mie visite al Pentagono per una riunione sul Medio Oriente, ho ispezionato anche il muro esterno colpito dal terzo aereo dirottato.

Ho visto delle foto del luogo dell'impatto e non comprendo cosa sia successo a tutti i detriti dell'aereo. Non ne restava praticamente nulla.

Nel 1993, il mio volo Lufthansa per il Cairo è stato dirottato mentre sorvolava la Germania. Il pirata dell'aria di origine etiope, ci ha riportato fino a New York. Minacciava di fare schiantare l'aereo su Wall Street.

Il nostro aereo fu intercettato dai caccia F15 americani che avevano ricevuto l'ordine di sparare in caso di necessità. Ma dov’era la difesa aerea l’11 settembre 2001?

All'indomani dell’11-settembre, la CNN mi ha chiesto se ci fosse Bin Laden dietro questi attacchi. «Dobbiamo ancora vedere le prove» ho risposto. E a tutt’oggi mantengo questa stessa posizione.

Bin Laden ha negato che lui o al-Qa‛ida fossero i responsabili degli attacchi aerei dell’11/9 e della morte di quasi 3000 persone. Il complotto è stato organizzato ad Amburgo in Germania e a Madrid in Spagna, non in Afghanistan. Un pakistano, Khalid Sheik Mohammed, ha affermato di essere lui la mente dell’11 settembre, ma questo dopo che la CIA lo ha torturato sottoponendolo a 183 sedute con simulazione di annegamento.

Pur negando ogni sua implicazione, Osama Bin Laden ha detto che secondo lui le motivazioni degli attacchi di New York erano da ricercarsi parzialmente nella distruzione da parte di l'Israele del centro di Beirut all'epoca dell'invasione del Libano nel 1982, che aveva provocato circa 18mila vittime civili.

I video trasmessi in seguito per confermare che Bin Laden era colpevole sono dei falsi mal confezionati. Sono stati ritrovati a loro dire in Afghanistan dagli uomini dell’Alleanza del Nord che combatte i taliban, che era stata creata e finanziata dai servizi segreti russi.

Ho incontrato Osama Bin Laden in Afghanistan e ho detto alla CNN che non era l'uomo che appariva su questi video.

Subito dopo l’11 settembre, il Segretario di Stato Colin Powell aveva promesso agli americani che il Dipartimento di Stato avrebbe divulgato un "White Paper" con le prove dettagliate della colpevolezza di Bin Laden. Il governo taliban dell'Afghanistan aveva richiesto questo documento come preliminare all'estradizione di Bin Laden richiesta dagli USA.

Ebbene, questo famoso "White Paper" non è mai stato diffuso, gli USA hanno ignorato le procedure legali in vigore e hanno invaso l'Afghanistan. Stiamo ancora aspettando queste famose prove.

Io non so ancora se Osama Bin Laden fosse davvero dietro questi attacchi. Numerosi elementi fattuali potrebbero far sospettare di lui e di al-Qa‛ida, ma mancano sempre all’appello le prove certe a sostegno di questa ipotesi. Una cosa è sicura: gli attacchi furono pianificati e organizzati in Germania, non in Afghanistan. Dei 19 pirati dell'aria, 15 erano sauditi, due erano originari degli Emirati arabi uniti, uno era egiziano e un altro libanesi.

Peraltro, ho detto e ripetuto fin dal giorno dell’11/9 come la pericolosità e le dimensioni di al-Qa‛ida fossero state immensamente esagerate, cosa del resto confermata dal prestigioso Istituto Internazionale di studi Strategici (IISS) nell’esplosivo rapporto pubblicato a Londra questa settimana. Il numero di membri di al-Qa‛ida nata per combattere i comunisti afgani non ha mai superato le 300 unità.

Attualmente, secondo Léon Panetta, capo della CIA, non ci sono non più di 50 uomini di al-Qa‛ida in Afghanistan. E tuttavia, il presidente Obama ha triplicato le truppe USA in Afghanistan, portando il loro numero a 120mila, a causa di ciò che lui definisce "la minaccia" al-Qa‛ida. Che cosa succede?

Sono tanti coloro che credono che al-Qa‛ida sia un'invenzione americana utilizzata per giustificare le operazioni militari all'estero. Non condivido questo punto di vista. Osama Bin Laden non è stato mai un agente della CIA, anche se il suo gruppo ha beneficiato indirettamente di fondi da parte della CIA per combattere i comunisti.

Tornando all’11 settembre, non riesco a capire come dei piloti dilettanti siano stati in grado di manovrare a bassa quota aerei di quelle dimensioni e colpire esattamente il WTC ed il Pentagono. Come mi faceva notare un agente dell’Intelligence pakistana, «se fossero stati veramente dei dilettanti, avrebbero fatto schiantare i loro aerei l'uno contro l'altro, non sul World Trade Center!».

L'arresto di "addetti ai traslochi" israeliani mentre filmavano gli attacchi danzando di gioia, e quello seguente di gruppi di studenti israeliani che avrebbero "seguito" i futuri pirati dell'aria, resta un profondo mistero per me. Stessa cosa dicasi per l’immobilità della difesa aerea.

La Commissione di inchiesta sull’11/9 e stata un'operazione di cancellazione, come tutte le commissioni governative. Esse nascono appositamente per occultare e non per rivelare la verità.

Nel 2006, un sondaggio di Scripps Howard e del «Washington Post» ha rivelato che il 36% di un campione di 1000 americani interrogati era convinto che dietro gli attacchi ci sia stato il governo USA. Sono molti gli americani che non credono nella versione ufficiale sull’11-settembre.

Stessa cosa per gli europei. Il mondo musulmano nel suo complesso pensa che l’11 settembre sia stato opera d’Israele e dell’estrema destra neoconservatrice guidata da Dick Cheney

Se la versione ufficiale sull’11/9 fosse vera significherebbe che gli attacchi hanno sorpreso l'amministrazione in piena letargia mentre al contrario, proprio in quel periodo, avrebbe dovuto essere in massima allerta. Condoleezza Rice, l’incompetente perfetta, la Consigliera nazionale per la sicurezza di George W. Bush, non solo ignorò tutta una serie di avvertimenti molto preoccupanti riguardo a probabili futuri attentati, ma tagliò persino i fondi la lotta antiterroristica proprio nel periodo antecedente l’ 11/9.

La Casa Bianca ed i media si sono precipitati ad incolpare i musulmani sostenendo che questi «odiavano lo stile di vita ed i valori americani», diffondendo così il concetto di «terrorismo islamico» che vuole che sia la fede musulmana, e non i problemi politici, all'origine degli attacchi.

Questo balla pericolosa ha contaminato l'America, e ha portato ai massimi livelli l'islamofobia. Il continuo fracasso creato attorno alla costruzione di una moschea nel centro di Manhattan, e le minacce di un prete della Florida di bruciare testi del Corano sono i due più recenti e deplorevoli esempi di quanto possa essersi inasprito l’odio religioso.

Il commando suicida che aveva attaccato New York e Washington aveva giustificato chiaramente il suo atto: a) punire gli Stati Uniti per il loro appoggio a Israele nella sua politica di repressione contro i palestinesi; b) ciò che essi definiscono come occupazione USA dell’Arabia saudita. Benché fossero tutti musulmani, la religione non era il fattore scatenante

Come ha ben fatto notare il veterano della del CIA Michael Scheuer, il mondo musulmano era furioso contro gli Stati Uniti per la loro politica nella regione, e non per i valori, le libertà o la religione americana.

Queste motivazioni all'origine degli attacchi dell’11/9 sono state largamente ignorate dall'isteria crescente per via del " terrorismo islamico." L’invio di lettere contenenti antrace spedite a New York, in Florida ed a Washington proprio subito dopo l’11/9 aveva chiaramente per scopo quello di aumentare la collera contro i musulmani.

Gli autori di queste missive avvelenate non sono mai stati identificati.

Tuttavia, questi attacchi all'antrace hanno accelerato l'approvazione delle leggi semi-totalitarie del PATRIOT ACT, che hanno limitato drasticamente le libertà individuali degli americani e hanno imposto nuove leggi draconiane.

I falsi video e le cassette audio di Bin Laden. Gli attacchi all'antrace. Il Corano ritrovato intatto in modo del tutto improbabile a Ground Zero. Le prove ritrovate nella valigia che uno dei pirati pare non fosse riuscito a far imbarcare sull’aereo poi dirottato. Le affermazioni immediatamente diffuse a solo poche ore di distanza dagli eventi secondo cui al-Qai‛da fosse dietro gli attentati. Questi piloti dilettanti kamikaze e l’anomalo velocissimo cedimento delle Torri.

Ma ancora più scioccante, la registrazione del colloquio a Londra tra il presidente George Bush e il primo ministro Tony Blair, laddove si sente il presidente degli USA fare questa terribile proposta per scatenare la guerra con l'Iraq: dipingere degli aerei USA con colori dell'ONU e provocare le difese aeree irachene per spingerle ad attaccare sparando ebcreando così un "casus belli". Bush avrebbe anche preannunciato a Blair che dopo l'Iraq, avrebbe attaccato l'Arabia saudita, la Siria ed il Pakistan.

Nel 1939, la Germania nazista aveva travestito i suoi soldati con le uniformi polacche al fine di provocare un incidente di frontiera e giustificare così l'invasione della Polonia da parte della Germania. I piani di Bush erano dello stesso stampo. Un presidente capace di concepire tali operazioni criminali potrebbe andare ben più oltre pur di realizzare i suoi sogni imperialistici.

Per un vecchio giornalista come me tutto ciò odora di marcio. Ci sono veramente troppe domande senza risposte, troppi sospetti, e poi non dimentichiamo la famosa locuzione di Cicerone che dice "cui bono", "a chi giova tutto ciò?"

Il 28 febbraio 1933, un incendio, scatenato da un ebreo olandese, distrusse il Parlamento tedesco, il Reichstag (dove Hitler non si sedette mai, NdT)

Mentre le rovine del Reichstag fumavano ancora, Adolf Hitler dichiarò «guerra al terrorismo».

Venne promulgato un decreto «per la Protezione del Popolo e dello Stato», che sospendeva tutte le protezioni legali in materia di libertà di parola, di riuniobe, di proprietà, e di libertà individuali. L'incendio del Reichstag permise al governo di fermare senza la benché minima procedura legale le persone sospettate di terrorismo e di dare praticamente i pieni poteri alla Polizia.

Tutto questo vi ricorda qualche cosa?

Ed ecco un'altra coincidenza sorprendente. Due anni prima dell’11/9, una serie di esplosioni in edifici abitativi in Russia uccise più di 200 persone. Si accusò il " terrorismo islamico" ceceno.

Il panico invase la Russia e favorì l'ascesa al potere dell'ex-agente del KGB Vladimir Putin.

Agenti della sicurezza russa appartenenti al FSB furono presi con le mani nel sacco mentre tentavano di piazzare esplosivi in un altro edificio, ma la storia fu soffocata.

Un ex agente del FSB, Alexander Litvinenko, che tentò di fa luce su questo episodio, fu assassinato a Londra avvelenato con polonio radioattivo.

Con lo stesso sistema i neoconservatori dell'amministrazione Bush utilizzarono sfacciatamente l’attentato dell’ 11/9 per promuovere l'invasione dell'Iraq.

Subito prima dell'invasione i sondaggi mostravano come l’80% degli americani fossero convinti, a torto, che Saddam Hussein fosse dietro gli attacchi dell’11/9.

Il Dottor Goebbels sarebbe stato fiero.

Alla fine cosa possiamo concludere?

1) Non sappiamo ancora che cosa sia veramente accaduto l’11 settembre.

2) La versione ufficiale non è credibile.

3) L’11 settembre è servito per giustificare le invasioni strategiche dell'Afghanistan e dell'Iraq ricco in petrolio.

4) gli attacchi hanno precipitato il popolo americano in guerre contro il mondo musulmano e hanno arricchito l'industria USA degli armamenti.

5) L’11 settembre ha favorito i neoconservatori pro-israeliani, dando le redini del potere a questo gruppo inizialmente marginale, e con questi ha rafforzato anche l'estrema destra totalitaria americana.

6) la guerra ingiustificata di Bush contro l'Iraq ha distrutto uno dei due grandi nemici dell'Israele.

7) L’11 settembre ha immerso l'America in quello che potrebbe essere definito uno stato di guerra permanente contro il mondo musulmano, il che era uno dei principali obiettivi dei neoconservatori.

Ma a tutt’oggi io non ho prove di come l’11 settembre sia stato un complotto ordito dall'estrema destra o da Israele oppure sia il risultato di una gigantesca operazione di depistaggio («cover-up»).

Forse fu soltanto la "madre" di tutte le coincidenze.

Oppure ha potuto non essere che l’azione di 19 arabi furibondi e un'amministrazione Bush maldestra alla ricerca di un capro espiatorio.

di Eric Margolis

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

29 settembre 2010

Basilea III: banche mondiali sull'orlo del precipizio







Le banche “Troppo Grandi Per Fallire” di tutto il mondo si trovano in una condizione così precaria che, nei prossimi mesi, letteralmente qualsiasi cosa può provocare un crollo.

Ho letto commenti recenti su Basilea III postati su vari siti web e pubblicazioni finanziarie importanti ma questi non hanno colto (o hanno sviato di proposito) il messaggio sottinteso delle proposte, la cui implementazione sarà posticipata in parte al 2017 e in parte al 2019.

Basilea III è pura propaganda e il momento per la sua introduzione è stato scelto per placare i forti timori che non ci siano soluzioni in vista per trarre in salvo il sistema della moneta a corso forzoso e il sistema bancario a riserva frazionaria.



IL PROBLEMA

Le principali banche mondiali sono tutte sottocapitalizzate e questo è apparso del tutto evidente quando è crollata Lehman Brothers. Le banche stavano prendendo a prestito così tanti soldi e giocavano in modo così spericolato nel casinò globale che quando le scommesse sono andate a rotoli, si sono trovate di fronte ad un buco nero nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari. In realtà le banche sono tutte insolventi.

Il problema si è aggravato quando i banchieri centrali (tutti corrotti, senza eccezioni) e i regolatori hanno chiuso un occhio sul modo con cui i banchieri avevano definito gli elementi che costituivano il “capitale”, così da aggirare la necessità di mantenere il rapporto di capitale.

LA SOLUZIONE DI BASILEA III

Nella sua riunione del 12 settembre 2010, il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori, l’organismo di controllo della Commissione di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha annunciato un importante rafforzamento dei requisiti sul capitale esistente e ha approvato all’unanimità l’accordo che aveva raggiunto il 26 luglio 2010. Queste riforme sul capitale, insieme all’introduzione di uno standard sulla liquidità globale, sono al centro del programma di riforma finanziaria globale e saranno presentate al summit dei leader del G20 che si terrà a Seul a novembre.

Il pacchetto di riforme della Commissione aumenterà i requisiti minimi di common equity dal 2% al 4,5%

Inoltre, alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto di capitali del 2,5% per sostenere futuri periodi di sollecitazioni, il che porta i requisiti complessivi di common equity al 7%.


Questo consolida la definizione più stringente di capitale concordata dai Governatori e dai Supervisori a luglio e i requisiti di capitale più elevati per le attività di trading, sui derivati e di cartolarizzazione che saranno introdotti alla fine del 2011.

Aumento dei requisiti di capitale

Secondo gli accordi raggiunti, i requisiti minimi per il common equity, la forma più alta di capitale in grado di assorbire le perdite, saranno innalzati dal livello attuale del 2%, prima dell’applicazione delle modifiche regolamentari, al 4,5% dopo l’applicazione di modifiche più severe.

Tutto questo sarà introdotto gradualmente entro il 1° gennaio 2015.

I requisiti di capitale Tier 1, che comprende il common equity ed altri strumenti finanziari che si basano su criteri più severi, aumenteranno dal 4% al 6% nel corso dello stesso periodo.


Il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori ha inoltre convenuto sul fatto che il cuscinetto di conservazione del capitale oltre i requisiti minimi regolamentari verrà tarato al 2,5% e dovrà coincidere con il common equity, al netto delle deduzioni.

Lo scopo del cuscinetto di conservazione è quello di garantire che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter utilizzare per assorbire le perdite nel corso di periodi di sollecitazioni finanziarie ed economiche.

Mentre alle banche viene permesso di attingere al cuscinetto nel corso di tali periodi di sollecitazioni, più si assottiglierà il rapporto sui requisiti minimi di capitale e maggiori saranno i vincoli sulla ripartizione degli utili.

Questa struttura consoliderà l’obiettivo di una supervisione e di una governance bancaria efficace e affronterà il problema dell’azione collettiva che ha impedito ad alcune banche di limitare le ripartizioni (come i bonus discrezionali ed i grossi dividendi), anche di fronte a situazioni con capitale in deterioramento. Un cuscinetto anticiclico che va dallo 0% al 2,5% di common equity o di altro capitale in grado di assorbire le perdite sarà implementato a seconda delle circostanze dei singoli stati nazionali.

Lo scopo del cuscinetto anticiclico è quello di raggiungere l’obiettivo macroprudenziale più ampio di proteggere il settore bancario dai periodi di eccessiva crescita del credito aggregato.

Per ogni paese, questo cuscinetto sarà in vigore solamente quando ci sarà una crescita eccessiva di credito che avrà come risultato un innalzamento del rischio a livello di sistema.

Il cuscinetto anticiclico, quando sarà in vigore, verrebbe introdotto come un’estensione del cuscinetto di conservazione.

Questi requisiti di capitale sono integrati da un rapporto sulla leva non basato sul rischio che servirà di rinforzo alle misure basate sul rischio descritte sopra.

A luglio, i Governatori e i Supervisori avevano convenuto di testare un rapporto minimo sulla leva del Tier 1 del 3% nel corso del periodo di prova in parallelo.

Sulla base ai risultati del periodo di prova in parallelo, le ultime modifiche verrebbero effettuate nella prima metà del 2017 con la prospettiva di migrare al trattamento del Pillar 1 il 1° gennaio 2018, sulla base di una corretta verifica e taratura.

In modo sistemico le banche importanti dovrebbero avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore agli standard annunciati oggi e il lavoro su questa questione continua nei gruppi di attività del Financial Stability Board e della Commissione di Basilea.

LA SCAPPATOIA & L’AMMISSIONE DI INSOLVENZA

Fin dall’inizio della crisi le banche si sono assunte l’impegno di aumentare i loro livelli di capitale.

Tuttavia, i risultati preliminari dell’esauriente studio sull’impatto quantitativo condotto dalla Commissione mostra che, a partire dalla fine del 2009, le grandi banche avranno bisogno, in totale, di una quantità significativa di capitale aggiuntivo per rispondere a questi nuovi requisiti.

Le banche più piccole, particolarmente importanti per i prestiti erogati alle piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi rispondono già a questi standard più elevati.

I Governatori ed i Supervisori hanno anche convenuto su accordi di transizione per implementare i nuovi standard.

Questo per garantire che il settore bancario possa soddisfare gli standard più elevati sui capitali attraverso trattenute equilibrate sugli utili e aumenti di capitale, e nel contempo continuando ad erogare prestiti all’economia.

LA PROVA INCONFUTABILE CHE LE BANCHE SI TROVANO NELLA MERDA FINO AL COLLO

Siete pregati di leggere tutti i passaggi che ho evidenziato in grassetto sopra. Se le banche fossero sempre capitalizzate in modo adeguato e se ai banchieri centrali collusi con questi bankster fosse impedito di effettuare manipolazioni, non ci sarebbe alcun bisogno delle regole di Basilea III.

Nel dire questo non sto assolutamente ammettendo che con questi nuovi requisiti le banche saranno capitalizzate in modo adeguato.

La semplice verità è che fintanto che il casinò dei derivati sarà aperto e alle banche sarà concesso di continuare le loro attività fuori bilancio, non si risolverà nulla. Le due tabelle qui sotto la dicono tutta:




Fonte: Basel iii Compliance Professionals Association (B iii CPA)


Come può essere sufficiente un requisito finale di capitale dell’8 per cento quando la leva, secondo Basilea III, può ancora essere al livello astronomico di 33 a 1 ? Nella seconda tabella, non ci vuole un genio per concludere che la crisi del settore bancario (se saremo fortunati) potrebbe “risolversi” entro il 2015 ma è più probabile che potrà risolversi soltanto entro il 2017/2018.

Questa è una chiara ammissione del fatto che tutte le banche avrebbero bisogno di un simile periodo di transizione per adeguarsi ai nuovi requisiti!

La cruda realtà è che in questo momento critico le banche “Troppo Grandi Per Fallire” non hanno né la capacità né i mezzi per aumentare il capitale. Per usare un’analogia, il paziente bancario sarà in terapia intensiva fino al 2017, cosa piuttosto ottimistica perché questa previsione crede che il paziente sarà in grado di riprendersi.

La mia opinione è che Basilea III sia pura propaganda e sia intesa per dare l’impressione che i banchieri centrali e i regolatori abbiano tutto sotto controllo. Ma è una grossa bugia!

Avevo detto in un mio articolo precedente che la FED, attraverso il QE I, aveva acquistato degli asset tossici dalle banche: una parte di quei fondi erano stati utilizzati per sostenere le riserve mentre un’altra parte per acquistare Buoni del Tesoro (per dare l’illusione di asset di qualità migliore nei bilanci delle banche). Ce ne sono molti di più, migliaia di miliardi di dollari di rifiuti tossici che nessun QE (quantitative easing) può eliminare. Questa situazione non tiene nemmeno in considerazione i rifiuti tossici negli SPV – quelle cose astruse tenute fuori bilancio. La FED e gli organismi di controllo hanno sospeso le norme contabili che hanno permesso alle banche di nascondere questa spazzatura tossica negli SPV e di non doverla annoverare nei loro bilanci.

SUPPORTO VITALE

Il QE I ha solamente permesso alle banche “Troppo Grandi Per Fallire” di continuare un qualche genere di attività bancaria nascondendo pertanto all’opinione pubblica che erano insolventi, e quindi impedendo una corsa agli sportelli.

Ma i banchieri centrali non possono avere la botte piena e la moglie ubriaca. Nel tentativo di sostenere la fiducia dell’opinione pubblica nelle banche con l’introduzione di Basilea III, hanno senza volere sputato il rospo e, come mostrano le due tabelle, le banche sono tutte insolventi.

Inoltre, qualunque siano le riserve accumulate, queste sono insufficienti per incentivare ulteriormente i prestiti, perché le banche hanno raggiunto i loro limiti in base al sistema di riserva frazionaria. Questo è il motivo della contrazione del credito e non, come ha ipotizzato un commentatore, che Basilea III “contrarrebbe il credito”.

Due sono i problemi che gravano sulle banche:

1) capitale insufficiente per far fronte alle passività (prestiti); e

2) riserve insufficienti nel sistema a riserva frazionaria.

Questo è un grosso casino!

IL GIOCO DELLA FIDUCIA

In questo momento non riesco a dare una tempistica precisa su quanto la FED e i banchieri centrali di tutto il mondo possano ancora prolungare il gioco della fiducia, illudendo l’opinione pubblica e i creditori sovrani che vada tutto bene.

Quando, per qualsiasi ragione, la fiducia nelle banche svanirà, le conseguenza saranno terribili e ci saranno grandissime rivolte in tutto il mondo. Il primo segnale che il gioco sta per finire sarà quando la FED aumenterà gli acquisti di Buoni del Tesoro americano per compensare i deficit dei creditori stranieri e per finanziare la crescita del deficit degli Stati Uniti.

Tutto ad un tratto alcuni enti potrebbero iniziare veramente ad innervosirsi e a disfarsi dei Buoni del Tesoro, e la FED interverrebbe per sostenerli. Quindi verrà raggiunto il punto di non ritorno e si scatenerà l’inferno!

Anche la Cina fa parte di questo gioco della fiducia.

Ma, contrariamente al FMI e ad altri rinomati economisti che stanno scommettendo sulle cosiddette forze economiche di Cina e Asia, sono del parere che i Buoni del Tesoro americano crolleranno, la fiducia in tutta la moneta a corso forzoso svanirà in modo analogo e ci sarà un enorme flusso di capitale verso le materie prime, specialmente oro, argento e petrolio.

I mercati azionari asiatici saranno devastati e ci sarà una forte volatilità nei prezzi delle valute.

Quindi è pura follia e sconsideratezza quella della banca centrale malaysiana (Bank Negara) e del governo anche solo prendere in considerazione lo scambio di ringgit. Quando svanirà la fiducia negli asset espressi in dollari, la Cina sarà colpita in pieno. La terza e ultima fase dello Tsunami Finanziario Globale devasterà le economie asiatiche e questo avrà come conseguenza la più grande depressione della storia.

Tempistiche?

Tra oggi e un qualunque periodo del 2011.

Al massimo, il 2012.

Dio ci aiuti.

di Matthias Chang

Fonte: www.globalresearch.ca