22 giugno 2012
Chi suona la lira?
La Grecia sta all’Europa più o meno come la Basilicata sta all’Italia, ma con la grande differenza che quest’ultima regione è importantissima per il nostro Paese in virtù delle sue immani risorse energetiche mentre la Repubblica Ellenica, ormai in rovina, esporta rovine ed importa turisti, flaccidi tedeschi o odiosi francesi. Insomma, senza la Lucania ce la vedremmo senza oro nero, mentre abbandonati dalla Grecia la vita non ci cambierebbe molto. Eppure, il coro unanime degli eurospacciatori ripete come una nenia che con Atene fuori dai giochi l’euro crolla trascinandosi dietro tutta l’UE. Laddove questo fosse credibile sarebbe un’ennesima attestazione della fragilità di una unione monetaria priva di basi politiche che qualcuno ritiene indispensabile, a questo punto con motivazioni altrettanto incredibili. Ovviamente, sto esagerando per mettermi al livello delle balle sesquipedali di cui si servono gli eurotravet per spaventare il resto della popolazione continentale, alla quale non deve baluginare nella testa l’idea di ricominciare col vecchio conio nazionale, altrimenti la grande finanza e la banche non saprebbero come speculare col sangue delle collettività ed arricchirsi alle spalle della gente. Ma l’euro è soprattutto necessario per giustificare l’esautoramento dei governi degli Stati più deboli ai quali viene sottratta la governace dell’economia che è il mezzo attraverso il quale si sovvenziona la sovranità e l’indipendenza di una nazione. Difatti, non esiste idea, aspirazione, volontà di affermarsi nel contesto regionale o globale, senza le risorse finanziare indispensabili a tradurre un concetto astratto in un progetto concreto, il desiderio di potenza in atto della Potenza. Per queste ragioni hanno caricato le elezioni elleniche di significati esasperati che nulla c’entrano con la situazione reale. A parte il fatto che anche in caso di abbandono della moneta unica la Grecia non sarebbe schizzata fuori dal campo gravitazionale di Bruxelles, la vera preoccupazione dei prepotenti del circolo delle stellette è l’indisciplina di questi piccoli associati i quali prima accettano di sedere al tavolo dove si perde sempre e poi pretendono di lasciare il banco con ancora le mutande indosso. Di Paesi furbetti che hanno contribuito a svuotare le casse comuni, pur non avendo aderito all’euro, l’ Europa è piena, aggiungiamo pure Atene a questo club esclusivo di renitenti senza stare a lagnarci più di tanto. Ci può essere pure il greco se sono iscritti danesi, svedesi e inglesi. Sembra una barzelletta ma è soltanto l’Europa dei banchieri e dei filibustieri politici sottomessi alla Casa Bianca. I sudditi di sua Maestà la Regina poi non hanno sacrificato nulla per essere parte integrante dell’UE tanto che non sappiamo ancora cosa ci stiano a fare, guidano contromano (lo ha detto persino Giorgio Napolitano durante una visita ufficiale a Londra), misurano in pollici e si sentono una spanna al di sopra di tutti gli altri. Altro che tracotanza tedesca, la serpe in seno dell’Europa è ancora la cinquantunesima stelletta degli Usa che si è intrufolata sulla bandiera europea per farci una guerra stellare e tenerci ancorati alla forza attrattiva ed egemonica di Washington. Forse ripristinando la dracma (ma con la vittoria della destra alle ultime consultazioni elettorai l’ipotesi dovrebbe allontanarsi) i greci avrebbero avuto come unica occupazione quella di suonare la lira. Per noi invece tornare alla lira, modificando le nostre proiezioni geopolitiche e le alleanze internazionali, significherebbe suonarle di santa ragione a chiunque, sia sotto il profilo economico, con le nostre esportazioni nuovamente competitive anche nei confronti della Germania, che su quello politico, approfondendo relazioni non convenzionali verso Est e nel Mediterraneo. Purtroppo questa opportunità ci è sfuggita recentemente di mano, a causa della defezione di tutta la nostra classe politica la quale, intimorita dall’aggressività internazionale dei nostri infidi partner, ha preferito affidarsi a Monti per smontare quanto di positivo era stato fatto negli anni passati. Quel poco di buono che avevamo raggiunto è stato dissipato da una classe dirigente di buoni a niente guidata da un pressapochista della Trilaterale. Quindi c’è poco da illudersi, non stamperemo la lira e nemmeno le canteremo a chicchessia mentre il mondo continuerà a canzonarci e a stamparci in faccia sonori sganassoni geopolitici.
di Gianni Petrosillo
21 giugno 2012
Governo mondiale? La SPECTRE del nostro tempo
Dovrebbe preoccuparci la sollecitudine con cui gli USA quasi ci comandano di salvare la Grecia, ben sapendo che questa nazione si preoccupa dei suoi interessi prima di tutto, e una crisi economica, finanziaria e monetaria europea potrebbe colpire il notevole interscambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico.
Una simile preoccupazione riguarda il governo cinese, che per sostenere gli indebitatissimi USA e i loro acquisti di merci cinesi, compra a tutto spiano buoni del tesoro americani.
Oggi nel mondo l’economia domina su tutto il resto, essa è profondamente globalizzata, al punto di esigere una specie di governo mondiale dell’economia. La politica è semplicemente subalterna a questo signoraggio delle banche e delle multinazionali, non può e non vuole incidere sul sistema economico generato dalla globalizzazione e dovrebbe essere chiaro che l’economia decide e la politica ratifica queste decisioni. Se ciò è vero la sovranità nazionale e la democrazia diventano scatole vuote e la vita materiale dei cittadini è in grave precarietà e pericolo, poiché questa globalizzazione ha già i suoi vincitori e i suoi vinti.
Infatti, solo le entità che possiedono sistemi di sfruttamento di centinaia di milioni di operai a basso costo, chi possiede multinazionali, chi domina il sistema finanziario (compreso il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale), chi controlla le materie prime attraverso un sistema militare con 900 basi nel mondo e con la complicità della Nato, hanno vinto la globalizzazione e hanno interesse a mantenerla, mentre le altre entità sono destinate al declino e a vedere un sostanziale peggioramento delle proprie condizioni di vita.
Naturalmente questo equilibrio genererà e già genera l’acquisizione da parte dei vincitori dei pezzi pregiati residui dei paesi in declino, compresi porti e infrastrutture funzionali alla strategia globale.
Secondo me è profondamente ottuso chi non vuole riconoscere questo stato dei fatti lasciandosi ingannare dall’uomo della finanza globale (Mario Monti) su una fantomatica “CRESCITA” da cui il nostro sistema-paese è già escluso.
Vi è un aspetto della globalizzazione che DIMOSTRA, senza ombra di dubbio, come funziona il sistema: nel campo della ricerca scientifica, della progettazione di nuovi materiali, delle energie rinnovabili, assistiamo già da tempo ad una fuga di cervelli, verso quei paesi che hanno strutture di ricerca e grossi finanziamenti collegati a multinazionali capaci di trasformare in nuovi prodotti il lavoro di questi cervelli.
Ebbene l’Italia non possiede nulla di tutto questo, addirittura i finanziamenti statali alla ricerca sono stati ridotti, i nostri cervelli vanno per lo più in America (in soccorso dei vincitori) e il nostro DECLINO è segnato.
Altro che crescita e ripartenza!
Chi sostiene che la globalizzazione è valida per noi italiani ci deve elencare quali vantaggi ne stiamo ricavando.
E’ un vantaggio essere stati nel 2008 destabilizzati da sporche speculazioni americane dei subprime, dei titoli tossici spacciati al nostro sistema bancario, a enti locali (derivati), ai cittadini? Non sono forse queste speculazioni all’origine di parte della nostra crisi?
Non è l’appartenenza alla Nato e in genere la nostra subordinazione agli USA a costringerci a enormi spese militari, a interventi armati anticostituzionali, fino all’acquisto di più di cento cacciabombardieri “made in USA”?
Quali vantaggi ricaviamo d queste politiche?
Avremmo un enorme vantaggio ad usare questo denaro per diminuire il nostro immane debito pubblico, che è la voce principale della nostra crisi, poiché destina agli interessi passivi ciò che potrebbe essere investito nella nostra economia.
Il capitalismo, il liberismo, le speculazioni finanziarie, i guerrafondai nostri cari alleati, il FMI la WTO, hanno determinato una crisi sistemica in cui molti paesi, tra cui l’Italia, sono senza futuro e le cose possono solo peggiorare se non capiamo che l’unica via d’uscita è uscire dal sistema, a cominciare dall’Euro, dalla WTO, dalle alleanze militari e dalle relative spese, e trattare la sospensione degli interessi alle banche (francesi, tedesche, italiane) che detengono la maggior parte del nostro debito.
Ricordo per inciso che le banche di mezzo mondo, pur identificate come responsabili di truffe e speculazioni, invece di essere fatte fallire sono state rifinanziate con soldi pubblici che peraltro non prestano a imprese e cittadini.
Mi piacerebbe che si parlasse di futuro in termini di scelte e di strategie capaci di portare il nostro paese per prima cosa verso l’autosufficienza energetica e quella agricola, in cui dipendiamo dall’estero rispettivamente dell’80% e del 60%.
Una rivoluzione tecnologica capace di diffondere l’energia solare su ogni tetto di struttura produttiva (dalle stalle ai capannoni industriali, fino alle case), uscendo dalla schiavitù del petrolio, portando questa rivoluzione nel campo dell’autotrazione, con sistemi elettrici combinati all’idrogeno.
Ci sarebbe da fare per molti, dai ricercatori alle imprese, agli operai, agli installatori, ma solo proteggendo questi settori dalla penetrazione di prodotti stranieri.
Ho l’impressione che oggi coloro che parlano genericamente di ripresa e crescita parlino del NULLA ASSOLUTO, guidino la nostra Italia verso la rassegnazione e il declino e portino alla vittoria il Governo mondiale, la Trilateral, il gruppo Bilderberg, il FMI, la NATO, le grandi BANCHE.
La SPECTRE per l’appunto.
di Paolo De Gregorio
20 giugno 2012
Giannuli: a casa Monti e il suo governo di tecnici cialtroni
Monti? No, grazie. L’economista Aldo Giannuli boccia senza appello il governo dei tecnocrati: «Rare volte, in politica, è stato possibile assistere ad un fallimento più pieno, palese e veloce di quello che sta accadendo al governo Monti». Doveva essere il governo dei tecnici puri, insensibili alle ragioni politiche e si è dimostrato «un governo di destra». Non solo in economia, anche in materie come la giustizia o i diritti civili. Doveva essere un governo dei “competenti”, la crema dell’intellighenzia manageriale, amministrativa, diplomatica, e «si sta dimostrando un governo di cialtroni incompetenti senza pari: pensate alla figuraccia della Fornero sugli esodati che, per di più, anziché prendere il primo aereo per il Tibet, dove ritirarsi in solitaria meditazione cercando di farsi dimenticare, si scaglia contro i dirigenti dell’Inps meditando di cacciarli perché hanno osato smentirla dati alla mano».
Soprattutto: l’esecutivo Monti, imposto da Napolitano e sostenuto da Pd e Pdl, doveva essere il governo del risanamento dell’economia. Risultato: «Lo Aldo Giannulispread è risalito poco sotto i 500 punti, la fracassata di tasse ha messo a terra famiglie e aziende inasprendo la recessione e, come beffa finale, l’aumento di 1 punto dell’Iva ha causato un introito complessivo di tasse inferiore di tre punti all’anno prossimo. Verrebbe da dire a Monti: ma dove hai studiato economia?». Vero, non è tutta colpa sua, aggiunge Giannuli, «ma lui ci mette del suo per peggiorare le cose, facendo l’esatto opposto di quanto andrebbe fatto». Zero in condotta: «Come tecnico è solo una mezza cartuccia, ma come politico è una vera bestia». Insieme a Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, l’Italia resta il principale bersaglio della speculazione finanziaria: questo «avrebbe dovuto indurre il governo italiano a cercare una linea comune con questi paesi per pesare rispetto all’Europa», dialogando con gli Stati «a prescindere dai governi», senza consentire alla Germania di parlare di “elemosine”, ma offrendo «contropartite politiche ed economiche precise».
La Merkel? «Sappiamo che è una mediocrità collocata in un posto molto al di sopra delle sue capacità e della sua intelligenza, esattamente come accadeva a quel playboy da strapazzo di Sarkozy, ma qualche ragione ce l’ha pure lei, povera donna: fra poco più di sei mesi deve affrontare elezioni difficilissime», e i tedeschi non vogliono sentir parlare di aiuti agli europei del “Club Med”. «Dunque, prima ancora che alla Merkel – la cui limitata velocità di comprensione è nota – occorre parlare ai tedeschi», insiste Giannuli. Tedeschi, ai quali occorre spiegare che, sin qui, l’euro ha molto avvantaggiato le loro esportazioni: non si tratta di pietire “aiuti”, ma di impostare progetti e convenienze comuni, allargando l’area della manifattura tedesca verso produzioni complementari. E attenzione: il debito reale della Germania non è il celebrato 83% del Pil, ma il 105%: Berlino scoprirebbe di non essere lontana da Roma, se smettesse di “dimenticare” la Mario MontiCassa Depositi e Prestiti, «senza la quale anche noi saremmo sotto il 100%».
E se anche l’euro dovesse saltare, continua Giannuli, sarebbe conveniente anche per la Germania mantenere una politica di cooperazione europea per non essere spazzata via dalla crisi della globalizzazione: «Se l’euro andasse a carte quarantotto, gli altri si spezzerebbero le ossa, ma anche i tedeschi non se la caverebbero mica con tre graffi: il conto sarebbe salatissimo anche per loro». La prima azione congiunta su cui puntare? «La messa in comune di parte del debito», con garanzie per tutti. Monti, aggiunge Giannuli, dovrebbe sapere che, quando va ad un summit europeo, «se si presenta con il cappello in mano facendo la figura dello straccione non è che disponga bene gli altri», specie se poi non fa che obbedire all’euro-diktat sul rigore, senza un’idea su come sostenere davvero l’economia. «Come si fa ad affidarsi ad uno come Monti che ha la vis comunicativa e la simpatia umana di un merluzzo surgelato?».
Insomma, tempo scaduto: «Direi che ormai il fallimento dell’esperimento dei “tecnici” non potrebbe essere più completo e che è il momento di trarne le dovute conseguenze». Quali? Votare ad ottobre. «Mi direte: “Ma non è il momento, siamo in piena bufera finanziaria”. Verissimo – ammette Giannuli – ma cosa vi fa pensare che in marzo saremo in piena bonaccia?». Secondo l’economista, «qui rischiamo una campagna elettorale di otto mesi, con un governo di nessuna rappresentatività e credibilità, per poi andare comunque a votare (con il conseguente inevitabile vuoto di potere) in marzo, quando magari ci sarà una tempesta ancora peggiore. Non vi sembra il caso di darci un taglio?»
di Giorgio Cattaneo
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22 giugno 2012
Chi suona la lira?
La Grecia sta all’Europa più o meno come la Basilicata sta all’Italia, ma con la grande differenza che quest’ultima regione è importantissima per il nostro Paese in virtù delle sue immani risorse energetiche mentre la Repubblica Ellenica, ormai in rovina, esporta rovine ed importa turisti, flaccidi tedeschi o odiosi francesi. Insomma, senza la Lucania ce la vedremmo senza oro nero, mentre abbandonati dalla Grecia la vita non ci cambierebbe molto. Eppure, il coro unanime degli eurospacciatori ripete come una nenia che con Atene fuori dai giochi l’euro crolla trascinandosi dietro tutta l’UE. Laddove questo fosse credibile sarebbe un’ennesima attestazione della fragilità di una unione monetaria priva di basi politiche che qualcuno ritiene indispensabile, a questo punto con motivazioni altrettanto incredibili. Ovviamente, sto esagerando per mettermi al livello delle balle sesquipedali di cui si servono gli eurotravet per spaventare il resto della popolazione continentale, alla quale non deve baluginare nella testa l’idea di ricominciare col vecchio conio nazionale, altrimenti la grande finanza e la banche non saprebbero come speculare col sangue delle collettività ed arricchirsi alle spalle della gente. Ma l’euro è soprattutto necessario per giustificare l’esautoramento dei governi degli Stati più deboli ai quali viene sottratta la governace dell’economia che è il mezzo attraverso il quale si sovvenziona la sovranità e l’indipendenza di una nazione. Difatti, non esiste idea, aspirazione, volontà di affermarsi nel contesto regionale o globale, senza le risorse finanziare indispensabili a tradurre un concetto astratto in un progetto concreto, il desiderio di potenza in atto della Potenza. Per queste ragioni hanno caricato le elezioni elleniche di significati esasperati che nulla c’entrano con la situazione reale. A parte il fatto che anche in caso di abbandono della moneta unica la Grecia non sarebbe schizzata fuori dal campo gravitazionale di Bruxelles, la vera preoccupazione dei prepotenti del circolo delle stellette è l’indisciplina di questi piccoli associati i quali prima accettano di sedere al tavolo dove si perde sempre e poi pretendono di lasciare il banco con ancora le mutande indosso. Di Paesi furbetti che hanno contribuito a svuotare le casse comuni, pur non avendo aderito all’euro, l’ Europa è piena, aggiungiamo pure Atene a questo club esclusivo di renitenti senza stare a lagnarci più di tanto. Ci può essere pure il greco se sono iscritti danesi, svedesi e inglesi. Sembra una barzelletta ma è soltanto l’Europa dei banchieri e dei filibustieri politici sottomessi alla Casa Bianca. I sudditi di sua Maestà la Regina poi non hanno sacrificato nulla per essere parte integrante dell’UE tanto che non sappiamo ancora cosa ci stiano a fare, guidano contromano (lo ha detto persino Giorgio Napolitano durante una visita ufficiale a Londra), misurano in pollici e si sentono una spanna al di sopra di tutti gli altri. Altro che tracotanza tedesca, la serpe in seno dell’Europa è ancora la cinquantunesima stelletta degli Usa che si è intrufolata sulla bandiera europea per farci una guerra stellare e tenerci ancorati alla forza attrattiva ed egemonica di Washington. Forse ripristinando la dracma (ma con la vittoria della destra alle ultime consultazioni elettorai l’ipotesi dovrebbe allontanarsi) i greci avrebbero avuto come unica occupazione quella di suonare la lira. Per noi invece tornare alla lira, modificando le nostre proiezioni geopolitiche e le alleanze internazionali, significherebbe suonarle di santa ragione a chiunque, sia sotto il profilo economico, con le nostre esportazioni nuovamente competitive anche nei confronti della Germania, che su quello politico, approfondendo relazioni non convenzionali verso Est e nel Mediterraneo. Purtroppo questa opportunità ci è sfuggita recentemente di mano, a causa della defezione di tutta la nostra classe politica la quale, intimorita dall’aggressività internazionale dei nostri infidi partner, ha preferito affidarsi a Monti per smontare quanto di positivo era stato fatto negli anni passati. Quel poco di buono che avevamo raggiunto è stato dissipato da una classe dirigente di buoni a niente guidata da un pressapochista della Trilaterale. Quindi c’è poco da illudersi, non stamperemo la lira e nemmeno le canteremo a chicchessia mentre il mondo continuerà a canzonarci e a stamparci in faccia sonori sganassoni geopolitici.
di Gianni Petrosillo
21 giugno 2012
Governo mondiale? La SPECTRE del nostro tempo
Dovrebbe preoccuparci la sollecitudine con cui gli USA quasi ci comandano di salvare la Grecia, ben sapendo che questa nazione si preoccupa dei suoi interessi prima di tutto, e una crisi economica, finanziaria e monetaria europea potrebbe colpire il notevole interscambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico.
Una simile preoccupazione riguarda il governo cinese, che per sostenere gli indebitatissimi USA e i loro acquisti di merci cinesi, compra a tutto spiano buoni del tesoro americani.
Oggi nel mondo l’economia domina su tutto il resto, essa è profondamente globalizzata, al punto di esigere una specie di governo mondiale dell’economia. La politica è semplicemente subalterna a questo signoraggio delle banche e delle multinazionali, non può e non vuole incidere sul sistema economico generato dalla globalizzazione e dovrebbe essere chiaro che l’economia decide e la politica ratifica queste decisioni. Se ciò è vero la sovranità nazionale e la democrazia diventano scatole vuote e la vita materiale dei cittadini è in grave precarietà e pericolo, poiché questa globalizzazione ha già i suoi vincitori e i suoi vinti.
Infatti, solo le entità che possiedono sistemi di sfruttamento di centinaia di milioni di operai a basso costo, chi possiede multinazionali, chi domina il sistema finanziario (compreso il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale), chi controlla le materie prime attraverso un sistema militare con 900 basi nel mondo e con la complicità della Nato, hanno vinto la globalizzazione e hanno interesse a mantenerla, mentre le altre entità sono destinate al declino e a vedere un sostanziale peggioramento delle proprie condizioni di vita.
Naturalmente questo equilibrio genererà e già genera l’acquisizione da parte dei vincitori dei pezzi pregiati residui dei paesi in declino, compresi porti e infrastrutture funzionali alla strategia globale.
Secondo me è profondamente ottuso chi non vuole riconoscere questo stato dei fatti lasciandosi ingannare dall’uomo della finanza globale (Mario Monti) su una fantomatica “CRESCITA” da cui il nostro sistema-paese è già escluso.
Vi è un aspetto della globalizzazione che DIMOSTRA, senza ombra di dubbio, come funziona il sistema: nel campo della ricerca scientifica, della progettazione di nuovi materiali, delle energie rinnovabili, assistiamo già da tempo ad una fuga di cervelli, verso quei paesi che hanno strutture di ricerca e grossi finanziamenti collegati a multinazionali capaci di trasformare in nuovi prodotti il lavoro di questi cervelli.
Ebbene l’Italia non possiede nulla di tutto questo, addirittura i finanziamenti statali alla ricerca sono stati ridotti, i nostri cervelli vanno per lo più in America (in soccorso dei vincitori) e il nostro DECLINO è segnato.
Altro che crescita e ripartenza!
Chi sostiene che la globalizzazione è valida per noi italiani ci deve elencare quali vantaggi ne stiamo ricavando.
E’ un vantaggio essere stati nel 2008 destabilizzati da sporche speculazioni americane dei subprime, dei titoli tossici spacciati al nostro sistema bancario, a enti locali (derivati), ai cittadini? Non sono forse queste speculazioni all’origine di parte della nostra crisi?
Non è l’appartenenza alla Nato e in genere la nostra subordinazione agli USA a costringerci a enormi spese militari, a interventi armati anticostituzionali, fino all’acquisto di più di cento cacciabombardieri “made in USA”?
Quali vantaggi ricaviamo d queste politiche?
Avremmo un enorme vantaggio ad usare questo denaro per diminuire il nostro immane debito pubblico, che è la voce principale della nostra crisi, poiché destina agli interessi passivi ciò che potrebbe essere investito nella nostra economia.
Il capitalismo, il liberismo, le speculazioni finanziarie, i guerrafondai nostri cari alleati, il FMI la WTO, hanno determinato una crisi sistemica in cui molti paesi, tra cui l’Italia, sono senza futuro e le cose possono solo peggiorare se non capiamo che l’unica via d’uscita è uscire dal sistema, a cominciare dall’Euro, dalla WTO, dalle alleanze militari e dalle relative spese, e trattare la sospensione degli interessi alle banche (francesi, tedesche, italiane) che detengono la maggior parte del nostro debito.
Ricordo per inciso che le banche di mezzo mondo, pur identificate come responsabili di truffe e speculazioni, invece di essere fatte fallire sono state rifinanziate con soldi pubblici che peraltro non prestano a imprese e cittadini.
Mi piacerebbe che si parlasse di futuro in termini di scelte e di strategie capaci di portare il nostro paese per prima cosa verso l’autosufficienza energetica e quella agricola, in cui dipendiamo dall’estero rispettivamente dell’80% e del 60%.
Una rivoluzione tecnologica capace di diffondere l’energia solare su ogni tetto di struttura produttiva (dalle stalle ai capannoni industriali, fino alle case), uscendo dalla schiavitù del petrolio, portando questa rivoluzione nel campo dell’autotrazione, con sistemi elettrici combinati all’idrogeno.
Ci sarebbe da fare per molti, dai ricercatori alle imprese, agli operai, agli installatori, ma solo proteggendo questi settori dalla penetrazione di prodotti stranieri.
Ho l’impressione che oggi coloro che parlano genericamente di ripresa e crescita parlino del NULLA ASSOLUTO, guidino la nostra Italia verso la rassegnazione e il declino e portino alla vittoria il Governo mondiale, la Trilateral, il gruppo Bilderberg, il FMI, la NATO, le grandi BANCHE.
La SPECTRE per l’appunto.
di Paolo De Gregorio
20 giugno 2012
Giannuli: a casa Monti e il suo governo di tecnici cialtroni
Monti? No, grazie. L’economista Aldo Giannuli boccia senza appello il governo dei tecnocrati: «Rare volte, in politica, è stato possibile assistere ad un fallimento più pieno, palese e veloce di quello che sta accadendo al governo Monti». Doveva essere il governo dei tecnici puri, insensibili alle ragioni politiche e si è dimostrato «un governo di destra». Non solo in economia, anche in materie come la giustizia o i diritti civili. Doveva essere un governo dei “competenti”, la crema dell’intellighenzia manageriale, amministrativa, diplomatica, e «si sta dimostrando un governo di cialtroni incompetenti senza pari: pensate alla figuraccia della Fornero sugli esodati che, per di più, anziché prendere il primo aereo per il Tibet, dove ritirarsi in solitaria meditazione cercando di farsi dimenticare, si scaglia contro i dirigenti dell’Inps meditando di cacciarli perché hanno osato smentirla dati alla mano».
Soprattutto: l’esecutivo Monti, imposto da Napolitano e sostenuto da Pd e Pdl, doveva essere il governo del risanamento dell’economia. Risultato: «Lo Aldo Giannulispread è risalito poco sotto i 500 punti, la fracassata di tasse ha messo a terra famiglie e aziende inasprendo la recessione e, come beffa finale, l’aumento di 1 punto dell’Iva ha causato un introito complessivo di tasse inferiore di tre punti all’anno prossimo. Verrebbe da dire a Monti: ma dove hai studiato economia?». Vero, non è tutta colpa sua, aggiunge Giannuli, «ma lui ci mette del suo per peggiorare le cose, facendo l’esatto opposto di quanto andrebbe fatto». Zero in condotta: «Come tecnico è solo una mezza cartuccia, ma come politico è una vera bestia». Insieme a Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, l’Italia resta il principale bersaglio della speculazione finanziaria: questo «avrebbe dovuto indurre il governo italiano a cercare una linea comune con questi paesi per pesare rispetto all’Europa», dialogando con gli Stati «a prescindere dai governi», senza consentire alla Germania di parlare di “elemosine”, ma offrendo «contropartite politiche ed economiche precise».
La Merkel? «Sappiamo che è una mediocrità collocata in un posto molto al di sopra delle sue capacità e della sua intelligenza, esattamente come accadeva a quel playboy da strapazzo di Sarkozy, ma qualche ragione ce l’ha pure lei, povera donna: fra poco più di sei mesi deve affrontare elezioni difficilissime», e i tedeschi non vogliono sentir parlare di aiuti agli europei del “Club Med”. «Dunque, prima ancora che alla Merkel – la cui limitata velocità di comprensione è nota – occorre parlare ai tedeschi», insiste Giannuli. Tedeschi, ai quali occorre spiegare che, sin qui, l’euro ha molto avvantaggiato le loro esportazioni: non si tratta di pietire “aiuti”, ma di impostare progetti e convenienze comuni, allargando l’area della manifattura tedesca verso produzioni complementari. E attenzione: il debito reale della Germania non è il celebrato 83% del Pil, ma il 105%: Berlino scoprirebbe di non essere lontana da Roma, se smettesse di “dimenticare” la Mario MontiCassa Depositi e Prestiti, «senza la quale anche noi saremmo sotto il 100%».
E se anche l’euro dovesse saltare, continua Giannuli, sarebbe conveniente anche per la Germania mantenere una politica di cooperazione europea per non essere spazzata via dalla crisi della globalizzazione: «Se l’euro andasse a carte quarantotto, gli altri si spezzerebbero le ossa, ma anche i tedeschi non se la caverebbero mica con tre graffi: il conto sarebbe salatissimo anche per loro». La prima azione congiunta su cui puntare? «La messa in comune di parte del debito», con garanzie per tutti. Monti, aggiunge Giannuli, dovrebbe sapere che, quando va ad un summit europeo, «se si presenta con il cappello in mano facendo la figura dello straccione non è che disponga bene gli altri», specie se poi non fa che obbedire all’euro-diktat sul rigore, senza un’idea su come sostenere davvero l’economia. «Come si fa ad affidarsi ad uno come Monti che ha la vis comunicativa e la simpatia umana di un merluzzo surgelato?».
Insomma, tempo scaduto: «Direi che ormai il fallimento dell’esperimento dei “tecnici” non potrebbe essere più completo e che è il momento di trarne le dovute conseguenze». Quali? Votare ad ottobre. «Mi direte: “Ma non è il momento, siamo in piena bufera finanziaria”. Verissimo – ammette Giannuli – ma cosa vi fa pensare che in marzo saremo in piena bonaccia?». Secondo l’economista, «qui rischiamo una campagna elettorale di otto mesi, con un governo di nessuna rappresentatività e credibilità, per poi andare comunque a votare (con il conseguente inevitabile vuoto di potere) in marzo, quando magari ci sarà una tempesta ancora peggiore. Non vi sembra il caso di darci un taglio?»
di Giorgio Cattaneo
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