09 gennaio 2008

Il caos globale



Nell'intervista mandata in onda il 27 dicembre dalla National Public Radio, l'ex presidente della Federal Reserve USA sir Alan Greenspan ha ammesso candidamente che il sistema finanziario e monetario mondiale è spacciato. “La previsione che debbo fare”, ha affermato il primo regista delle bolle finanziarie degli ultimi vent'anni, “è che ad un certo punto si verificherà l'imprevisto, che ci metterà a tappeto ... Le probabilità di questo sviluppo stanno aumentando, mi pare, perché siamo entrati in zone vulnerabili”. Egli ha detto inoltre: “Siamo giunti ad una svolta e i miglioramenti straordinari verificatisi nell'economia mondiale negli ultimi quindici anni sono transitori, e stanno per cambiare ... Dunque, ritengo che si vada verso un ribaltamento di tutto questo processo”.
In effetti, le parole di Greenspan non descrivono le dimensioni del crac finanziario in corso, per il quale non esistono soluzioni di ordine “monetario”, come Lyndon LaRouche spiegò già in una webcast a Washington il 25 luglio scorso. Ai vertici dell'oligarchia finanziaria della City di Londra ci si rende conto che il crac irreversibile sta accelerando. Negli ultimi mesi sono andati in fumo attivi bancari per circa 1500 mila miliardi di dollari e un volume analogo è andato in fumo nei mercati borsistici. La crisi che colpisce nel primo trimestre del 2008, e che coinvolge il settore assicurativo e quello dei titoli derivati, sarà di dimensioni ben più drammatiche della crisi dei mutui USA del 2007, che al confronto sembrerà poca cosa.
Soltanto in questo contesto possono essere inquadrate e comprese l'ondata di assassinii politici, l'esplosione di scontri etnici e religiosi e la diffusione globale del caos. Nessuno di questi fenomeni può essere considerato un avvenimento locale o regionale. Sono tutti parte di un'unica strategia mirante ad un unico obiettivo globale: distruggere gli stati nazionali, lanciare la guerra asimmetrica mondiale, protratta per più generazioni, e consolidare il controllo sui giacimenti delle materie prime del pianeta nelle mani dei cartelli privati anglo-olandesi.
Jacques Attali, ex consigliere del presidente Mitterrand, ha recentemente riconosciuto il nesso tra la realtà finanziaria e l'esplosione del caos in un commento apparso il 3 gennaio sul settimanale finanziario francese L'Express: “Che l'assassinio di un leader dell'opposizione in un paese del Sud [Pakistan - ndr] scombussoli così gravemente i mercati finanziari asiatici, e con essi quelli del mondo intero, rivela la fragilità estrema del pianeta ... Il mondo intero sembra correre verso il precipizio. Come se si preparasse una collisione tra due treni a piena velocità”.
La paternità del caos globale non è da attribuirsi agli “anglo-americani” ma piuttosto ad un Impero Britannico “invisibile” ed all'estesa oligarchia anglo-olandese che esso serve. Qualche lettore potrà dubitare che Londra sia ancora il centro dell'impero, capace di scatenare il caos, ma da un punto di vista storico, i contorni di un impero britannico “invisibile” non sfuggono tanto facilmente.
Primo, praticamente tutti i centri finanziari offshore che dominano il sistema finanziario deregolamentato e globalizzato si trovano nelle colonie britanniche o olandesi. Secondo, da decenni gli inglesi dominano l'industria privata dei mercenari, imprese che operano in coordinazione con i grandi cartelli britannici delle materie prime che già posseggono gran parte dei diritti minerari in Africa, Australia e America Latina. Terzo, il Commonwealth delle Nazioni, presieduto dalla regina Elisabetta II, è composto da 53 paesi che rappresentano un quinto delle terre emerse ed una notevole percentuale delle risorse strategiche e della popolazione del globo.
Questo apparato è stato messo in moto per fomentare il caos e provocare i conflitti. Poiché il sistema finanziario globale non può essere “riformato” ed è certo che Londra non si sottometterà mai volontariamente ad una riorganizzazione fallimentare che consenta alle nazioni di ripristinare il proprio controllo sovrano sul credito e sulla moneta, essa non potrà che giocare l'unica carta che le resta, il caos globale.

La mano dell'impero dietro il caos globale

Le tessere principali che compongono il quadro del caos globale britannico:
* Pakistan: l'assassinio di Benazir Bhutto ha fatto precipitare il paese e l'intera regione nel caos. Mentre l'amministrazione Bush ha esibito in Pakistan la stessa incompetenza e cretineria sfoggiata nell'invasione e occupazione dell'Iraq, l'Inghilterra è riuscita a pervenire passo dopo passo al suo obiettivo strategico: frammentazione del Pakistan e creazione di un'entità separatista, “terra di nessuno”, sul confine con l'Afghanistan, che serve come fonte di instabilità a lungo termine, di guerra asimmetrica e di operazioni economiche di mercato nero, in particolare per i traffici di oppio della “Mezzaluna d'oro”.
Inoltre è assodato che parlamentari britannici hanno finanziato i separatisti fondamentalisti Beluci in Pakistan, che dall'Afghanistan sono stati espulsi agenti dell'MI6 britannico che guidavano e finanziavano i Talibani e che la polizia britannica in Iraq ha preparato l'invasione e poi le condizioni per frammentare l'Irak in tre parti: meridionale, centrale e regione curda.
* Thailandia: in un articolo del 19 dicembre, il settimanale finanziario britannico The Economist aveva messo in guardia l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio, che egli sarà il “Benazir Bhutto della Thailandia” se si azzarda a rimettere piede nel suo paese dopo le elezioni del 23 dicembre. Dopo l'assassinio della Bhutto, Thaksin ha dichiarato di temere per la propria incolumità. Inoltre la monarchia thailandese rischia una crisi di successione visto il peggiorare delle condizioni di salute del vecchio re. Il caos potrebbe facilmente diffondersi dalla Thailandia in tutta l'Asia Sudorientale.
* Malesia: Un gruppo minoritario della destra (Gruppo di azione dei diritti Hindu) si è andato affermando nel paese, che a Nord confina con la Thailandia. Ora l'arresto del suo leader, P. Uthayakumar, potrebbe sfociare in una destabilizzazione del paese. L'organizzazione vanterebbe collegamenti con i terroristi Tigri Tamil, il movimento separatista del Sri Lanka responsabile di un recente attentato dinamitardo nel paese costato la vita a diverse persone.
* Kenya: lo scoppio di violenze nel paese africano a seguito di elezioni contestate ha provocato la morte di 300 persone e lo spostamento di 250 mila rifugiati. La mano britannica in questa destabilizzazione, che minaccia di trasformarsi in un genocidio, è palese. In effetti, né il presidente Mwai Kibaki, né il leader dell'opposizione Raila Odinga possono in alcun modo sperare di mettere la situazione sotto controllo perché sono ambedue manipolati dalla Camera dei Lord. Il principale burattinaio è Lord Steel of Aikwood, esponente del partito liberal-democratico che è in contatto con Kibaki da 25 anni, ma che ha anche aiutato Odinga a creare il Partito Liberal-democratico del Kenya diventandone il presidente. Steel è stato socio di affari di Tony Buckingham, il fondatore di una delle più note imprese private di mercenari, la Executive Outcome. Egli figura inoltre nel consiglio di amministrazione della Royal Africa Society, organismo personalmente patrocinato da Elisabetta II e finanziato dalle grandi imprese minerarie come Anglo America, Rio Tinto e DeBeers. La società è presieduta da lord Holme of Cheltenham, collega di Steel, che siede nel board della Rio Tinto ed è membro del Privy Council, il consiglio della corona.
Fonte: movisol

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09 gennaio 2008

Il caos globale



Nell'intervista mandata in onda il 27 dicembre dalla National Public Radio, l'ex presidente della Federal Reserve USA sir Alan Greenspan ha ammesso candidamente che il sistema finanziario e monetario mondiale è spacciato. “La previsione che debbo fare”, ha affermato il primo regista delle bolle finanziarie degli ultimi vent'anni, “è che ad un certo punto si verificherà l'imprevisto, che ci metterà a tappeto ... Le probabilità di questo sviluppo stanno aumentando, mi pare, perché siamo entrati in zone vulnerabili”. Egli ha detto inoltre: “Siamo giunti ad una svolta e i miglioramenti straordinari verificatisi nell'economia mondiale negli ultimi quindici anni sono transitori, e stanno per cambiare ... Dunque, ritengo che si vada verso un ribaltamento di tutto questo processo”.
In effetti, le parole di Greenspan non descrivono le dimensioni del crac finanziario in corso, per il quale non esistono soluzioni di ordine “monetario”, come Lyndon LaRouche spiegò già in una webcast a Washington il 25 luglio scorso. Ai vertici dell'oligarchia finanziaria della City di Londra ci si rende conto che il crac irreversibile sta accelerando. Negli ultimi mesi sono andati in fumo attivi bancari per circa 1500 mila miliardi di dollari e un volume analogo è andato in fumo nei mercati borsistici. La crisi che colpisce nel primo trimestre del 2008, e che coinvolge il settore assicurativo e quello dei titoli derivati, sarà di dimensioni ben più drammatiche della crisi dei mutui USA del 2007, che al confronto sembrerà poca cosa.
Soltanto in questo contesto possono essere inquadrate e comprese l'ondata di assassinii politici, l'esplosione di scontri etnici e religiosi e la diffusione globale del caos. Nessuno di questi fenomeni può essere considerato un avvenimento locale o regionale. Sono tutti parte di un'unica strategia mirante ad un unico obiettivo globale: distruggere gli stati nazionali, lanciare la guerra asimmetrica mondiale, protratta per più generazioni, e consolidare il controllo sui giacimenti delle materie prime del pianeta nelle mani dei cartelli privati anglo-olandesi.
Jacques Attali, ex consigliere del presidente Mitterrand, ha recentemente riconosciuto il nesso tra la realtà finanziaria e l'esplosione del caos in un commento apparso il 3 gennaio sul settimanale finanziario francese L'Express: “Che l'assassinio di un leader dell'opposizione in un paese del Sud [Pakistan - ndr] scombussoli così gravemente i mercati finanziari asiatici, e con essi quelli del mondo intero, rivela la fragilità estrema del pianeta ... Il mondo intero sembra correre verso il precipizio. Come se si preparasse una collisione tra due treni a piena velocità”.
La paternità del caos globale non è da attribuirsi agli “anglo-americani” ma piuttosto ad un Impero Britannico “invisibile” ed all'estesa oligarchia anglo-olandese che esso serve. Qualche lettore potrà dubitare che Londra sia ancora il centro dell'impero, capace di scatenare il caos, ma da un punto di vista storico, i contorni di un impero britannico “invisibile” non sfuggono tanto facilmente.
Primo, praticamente tutti i centri finanziari offshore che dominano il sistema finanziario deregolamentato e globalizzato si trovano nelle colonie britanniche o olandesi. Secondo, da decenni gli inglesi dominano l'industria privata dei mercenari, imprese che operano in coordinazione con i grandi cartelli britannici delle materie prime che già posseggono gran parte dei diritti minerari in Africa, Australia e America Latina. Terzo, il Commonwealth delle Nazioni, presieduto dalla regina Elisabetta II, è composto da 53 paesi che rappresentano un quinto delle terre emerse ed una notevole percentuale delle risorse strategiche e della popolazione del globo.
Questo apparato è stato messo in moto per fomentare il caos e provocare i conflitti. Poiché il sistema finanziario globale non può essere “riformato” ed è certo che Londra non si sottometterà mai volontariamente ad una riorganizzazione fallimentare che consenta alle nazioni di ripristinare il proprio controllo sovrano sul credito e sulla moneta, essa non potrà che giocare l'unica carta che le resta, il caos globale.

La mano dell'impero dietro il caos globale

Le tessere principali che compongono il quadro del caos globale britannico:
* Pakistan: l'assassinio di Benazir Bhutto ha fatto precipitare il paese e l'intera regione nel caos. Mentre l'amministrazione Bush ha esibito in Pakistan la stessa incompetenza e cretineria sfoggiata nell'invasione e occupazione dell'Iraq, l'Inghilterra è riuscita a pervenire passo dopo passo al suo obiettivo strategico: frammentazione del Pakistan e creazione di un'entità separatista, “terra di nessuno”, sul confine con l'Afghanistan, che serve come fonte di instabilità a lungo termine, di guerra asimmetrica e di operazioni economiche di mercato nero, in particolare per i traffici di oppio della “Mezzaluna d'oro”.
Inoltre è assodato che parlamentari britannici hanno finanziato i separatisti fondamentalisti Beluci in Pakistan, che dall'Afghanistan sono stati espulsi agenti dell'MI6 britannico che guidavano e finanziavano i Talibani e che la polizia britannica in Iraq ha preparato l'invasione e poi le condizioni per frammentare l'Irak in tre parti: meridionale, centrale e regione curda.
* Thailandia: in un articolo del 19 dicembre, il settimanale finanziario britannico The Economist aveva messo in guardia l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio, che egli sarà il “Benazir Bhutto della Thailandia” se si azzarda a rimettere piede nel suo paese dopo le elezioni del 23 dicembre. Dopo l'assassinio della Bhutto, Thaksin ha dichiarato di temere per la propria incolumità. Inoltre la monarchia thailandese rischia una crisi di successione visto il peggiorare delle condizioni di salute del vecchio re. Il caos potrebbe facilmente diffondersi dalla Thailandia in tutta l'Asia Sudorientale.
* Malesia: Un gruppo minoritario della destra (Gruppo di azione dei diritti Hindu) si è andato affermando nel paese, che a Nord confina con la Thailandia. Ora l'arresto del suo leader, P. Uthayakumar, potrebbe sfociare in una destabilizzazione del paese. L'organizzazione vanterebbe collegamenti con i terroristi Tigri Tamil, il movimento separatista del Sri Lanka responsabile di un recente attentato dinamitardo nel paese costato la vita a diverse persone.
* Kenya: lo scoppio di violenze nel paese africano a seguito di elezioni contestate ha provocato la morte di 300 persone e lo spostamento di 250 mila rifugiati. La mano britannica in questa destabilizzazione, che minaccia di trasformarsi in un genocidio, è palese. In effetti, né il presidente Mwai Kibaki, né il leader dell'opposizione Raila Odinga possono in alcun modo sperare di mettere la situazione sotto controllo perché sono ambedue manipolati dalla Camera dei Lord. Il principale burattinaio è Lord Steel of Aikwood, esponente del partito liberal-democratico che è in contatto con Kibaki da 25 anni, ma che ha anche aiutato Odinga a creare il Partito Liberal-democratico del Kenya diventandone il presidente. Steel è stato socio di affari di Tony Buckingham, il fondatore di una delle più note imprese private di mercenari, la Executive Outcome. Egli figura inoltre nel consiglio di amministrazione della Royal Africa Society, organismo personalmente patrocinato da Elisabetta II e finanziato dalle grandi imprese minerarie come Anglo America, Rio Tinto e DeBeers. La società è presieduta da lord Holme of Cheltenham, collega di Steel, che siede nel board della Rio Tinto ed è membro del Privy Council, il consiglio della corona.
Fonte: movisol

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