01 febbraio 2008

Europa 7 batte Retequattro 1-0 dts



Ci siamo occupati diverse volte su questo argomento, ma l'evidenza viene negata ogni volta. Non è possibile che la voce della informazione venga manipolata in maniera tanto spudorata dai politici di turno.Poi, quando i magistrati intervengono vengono puniti i magistrati o... viene cambiata la sede del processo. Incredibile! Ma questa è l'Italia del 2008 e, senza un governo in carica.

La società televisiva Europa 7 di Francesco Di Stefano ha diritto a trasmettere i suoi programmi in chiaro sulle frequenze oggi occupate da Retequattro, che fa capo a Mediaset di Silvio Berlusconi. E’ questo il succo della sentenza decisa dall’Alta Corte Europea del Lussemburgo e che piomba come un macigno sulle sorti dell’oligopolio berlusconiano e sulle quelle più traballanti della controriforma Gasparri sul sistema dei media, già messa sotto accusa dalla Commissione di Bruxelles con una procedura formale di infrazione contro lo Stato italiano.
Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisive, recita in pratica la sentenza, è contrario al diritto comunitario. Per i giudici UE: “tale regime non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”, si legge in una nota sulla sentenza diffusa a Bruxelles.
“La Corte -prosegue il testo- rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa a favore delle reti esistenti ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo e' stato consolidato dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su questo mercato”.


Per la Corte: “il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi di interesse generale ma, come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, esso dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali. Di conseguenza, l'assegnazione in esclusiva è senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tenere conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi”.
Il caso Europa 7 risale al 1999, quando l'emittente tv ha ottenuto dalle autorità italiane competenti un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale pende attualmente la causa, ha interrogato la Corte di giustizia UE sull'interpretazione delle disposizioni previste dal diritto comunitario per i criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni tv. Il giudice del rinvio, si legge nel testo, “sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione per le frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

Sulla sentenza e le ripercussioni che avranno anche in merito alla Procedura d’infrazione, elevata dalla Commissione europea contro la legge Gasparri, abbiamo intervistato il professor Ottavio Grandinetti, difensore di Centro Europa 7 e docente di diritto dell’informazione
D. Ci spieghi in sintesi il meccanismo della sentenza?
R. “La Corte di Giustizia ha dichiarato che il regime transitorio della Legge Meccanico è contrario almeno dal 1999 all’Articolo 49 del Trattato della Comunità europea. Inoltre, tutti i regimi transitori introdotti successivamente, al fine di prorogare ulteriormente la attività delle reti eccedenti (Retequattro e Telepiù Nero), a danno di Centro Europa 7, sono altresì contrari alle norme delle direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, a partire dal 2003.
Questo significa che il Consiglio di Stato dovrà “disapplicare” tutte queste disposizioni transitorie e riconoscere finalmente la piena spettanza del diritto di Europa 7 ad ottenere le frequenze e trasmettere in chiaro.
La Corte di Giustizia, dichiarando l’illegittimità del regime transitorio della legge Meccanico a partire dal 1999 si è discostata, inoltre, anche da quanto aveva deciso la Corte Costituzionale nel 2002 con la sentenza numero 466, in cui la nostra Alta Corte aveva ritenuto che il regime transitorio dovesse cessare solo a partire dal 31 dicembre 2003.
D. Questo significa che anche la Gasparri deve essere modificata per adeguarsi a questa sentenza?
R. “La sentenza della Corte del Lussemburgo sancisce l’immedesimazione tra l’anomalia radiotelevisiva italiana ed il caso Europa 7. Se si vorranno risolvere i due problemi, in via definitiva, occorrerà che l’Italia modifichi la sua legislazione conformemente a quanto ci richiede l’Europa.
D. La sentenza può adesso influire sulla procedura d’infrazione, avanzata dalla Commissione europea su tutta la riforma Gasparri e che è per ora sospesa, prima di arrivare alla Corte?
R. “Certamente, perché questa decisione della Corte dimostra che tutto il sistema radiotelevisivo italiano dal 1997 ad oggi viola la normativa comunitaria. E la legge Gasparri è parte essenziale di questa violazione”.

E se la procedura dovesse, come preannunciato dalla Commissaria alla concorrenza Kroes, approdare all’Alta Corte del Lussemburgo, dopo questa sentenza diventerebbe più che probabile la condanna dello Stato italiano che non ha modificato la Gasparri, bloccando il disegno di legge di riforma presentato alla Camera dal ministro Gentiloni. Una condanna che costerebbe a tutti i contribuenti italiani all’incirca 400 milioni di euro al giorno. Un ennesimo regalo del “portatore sano” di conflitto di interessi, quel Berlusconi che prima ha fatto di tutto con i suoi soci per non far discutere la riforma e poi, con l’affondo illiberale di gridare “Al voto! Al voto!”, sta di fatto avvelenando i pozzi del sistema democratico, costituzionale, pur di salvare sé stesso, il suo potere e le sue ricchezze.
di Gianni Rossi

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01 febbraio 2008

Europa 7 batte Retequattro 1-0 dts



Ci siamo occupati diverse volte su questo argomento, ma l'evidenza viene negata ogni volta. Non è possibile che la voce della informazione venga manipolata in maniera tanto spudorata dai politici di turno.Poi, quando i magistrati intervengono vengono puniti i magistrati o... viene cambiata la sede del processo. Incredibile! Ma questa è l'Italia del 2008 e, senza un governo in carica.

La società televisiva Europa 7 di Francesco Di Stefano ha diritto a trasmettere i suoi programmi in chiaro sulle frequenze oggi occupate da Retequattro, che fa capo a Mediaset di Silvio Berlusconi. E’ questo il succo della sentenza decisa dall’Alta Corte Europea del Lussemburgo e che piomba come un macigno sulle sorti dell’oligopolio berlusconiano e sulle quelle più traballanti della controriforma Gasparri sul sistema dei media, già messa sotto accusa dalla Commissione di Bruxelles con una procedura formale di infrazione contro lo Stato italiano.
Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisive, recita in pratica la sentenza, è contrario al diritto comunitario. Per i giudici UE: “tale regime non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”, si legge in una nota sulla sentenza diffusa a Bruxelles.
“La Corte -prosegue il testo- rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa a favore delle reti esistenti ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo e' stato consolidato dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su questo mercato”.


Per la Corte: “il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi di interesse generale ma, come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, esso dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali. Di conseguenza, l'assegnazione in esclusiva è senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tenere conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi”.
Il caso Europa 7 risale al 1999, quando l'emittente tv ha ottenuto dalle autorità italiane competenti un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale pende attualmente la causa, ha interrogato la Corte di giustizia UE sull'interpretazione delle disposizioni previste dal diritto comunitario per i criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni tv. Il giudice del rinvio, si legge nel testo, “sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione per le frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

Sulla sentenza e le ripercussioni che avranno anche in merito alla Procedura d’infrazione, elevata dalla Commissione europea contro la legge Gasparri, abbiamo intervistato il professor Ottavio Grandinetti, difensore di Centro Europa 7 e docente di diritto dell’informazione
D. Ci spieghi in sintesi il meccanismo della sentenza?
R. “La Corte di Giustizia ha dichiarato che il regime transitorio della Legge Meccanico è contrario almeno dal 1999 all’Articolo 49 del Trattato della Comunità europea. Inoltre, tutti i regimi transitori introdotti successivamente, al fine di prorogare ulteriormente la attività delle reti eccedenti (Retequattro e Telepiù Nero), a danno di Centro Europa 7, sono altresì contrari alle norme delle direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, a partire dal 2003.
Questo significa che il Consiglio di Stato dovrà “disapplicare” tutte queste disposizioni transitorie e riconoscere finalmente la piena spettanza del diritto di Europa 7 ad ottenere le frequenze e trasmettere in chiaro.
La Corte di Giustizia, dichiarando l’illegittimità del regime transitorio della legge Meccanico a partire dal 1999 si è discostata, inoltre, anche da quanto aveva deciso la Corte Costituzionale nel 2002 con la sentenza numero 466, in cui la nostra Alta Corte aveva ritenuto che il regime transitorio dovesse cessare solo a partire dal 31 dicembre 2003.
D. Questo significa che anche la Gasparri deve essere modificata per adeguarsi a questa sentenza?
R. “La sentenza della Corte del Lussemburgo sancisce l’immedesimazione tra l’anomalia radiotelevisiva italiana ed il caso Europa 7. Se si vorranno risolvere i due problemi, in via definitiva, occorrerà che l’Italia modifichi la sua legislazione conformemente a quanto ci richiede l’Europa.
D. La sentenza può adesso influire sulla procedura d’infrazione, avanzata dalla Commissione europea su tutta la riforma Gasparri e che è per ora sospesa, prima di arrivare alla Corte?
R. “Certamente, perché questa decisione della Corte dimostra che tutto il sistema radiotelevisivo italiano dal 1997 ad oggi viola la normativa comunitaria. E la legge Gasparri è parte essenziale di questa violazione”.

E se la procedura dovesse, come preannunciato dalla Commissaria alla concorrenza Kroes, approdare all’Alta Corte del Lussemburgo, dopo questa sentenza diventerebbe più che probabile la condanna dello Stato italiano che non ha modificato la Gasparri, bloccando il disegno di legge di riforma presentato alla Camera dal ministro Gentiloni. Una condanna che costerebbe a tutti i contribuenti italiani all’incirca 400 milioni di euro al giorno. Un ennesimo regalo del “portatore sano” di conflitto di interessi, quel Berlusconi che prima ha fatto di tutto con i suoi soci per non far discutere la riforma e poi, con l’affondo illiberale di gridare “Al voto! Al voto!”, sta di fatto avvelenando i pozzi del sistema democratico, costituzionale, pur di salvare sé stesso, il suo potere e le sue ricchezze.
di Gianni Rossi

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