La favola del tesoriere Lusi, che fugge con la cassa (13 milioni) all’insaputa dei vertici Dl, fa ridere. Ma il guaio serio sono i partiti, perfino quelli defunti, che navigano nell’oro a spese nostre
Come si fa a non fidarsi di uno scout? Questo almeno è quel che sostengono i dirigenti dell’ex Margherita quando parlano del loro tesoriere, Luigi Lusi. Solo lui aveva in mano le chiavi del forziere del partito, poteva accedervi, prelevare soldi, decidere come spenderli. L’unico col potere di firma sui conti, assieme al presidente Francesco Rutelli. Chi se non lui, scout di rigorosa osservanza fino all’età adulta? In realtà le spiegazioni dei vertici ex Dl finora non hanno convinto la magistratura che sta indagando sull’ammanco di 13 milioni: “Il potere amministrativo, in base allo Statuto, era interamente nelle mani del senatore Luigi Lusi – hanno scritto Rutelli, Enzo Bianco (presidente dell’Assemblea federale) e Gianpiero Bocci (alla guida del Comitato di controllo sulla tesoreria) ieri dopo una riunione urgente – persona da tutti stimata, che aveva iniziato la propria attività, in quanto Direttore Generale degli Scout, apprezzato dal Sindaco Rutelli e quindi eletto due volte come amministratore del partito”. Rutelli è stato sentito dalla Procura il 16 gennaio, dopodiché ha informato i vertici dell’ex partito e chiesto le dimissioni di Lusi da tesoriere, arrivate mercoledì scorso. Nessuna rinuncia finora per la poltrona a Palazzo Madama e per il ruolo di tesoriere del Pd europeo di cui Rutelli è copresidente. L’inchiesta è partita da venti bonifici. Quelli che Lusi giustificava come “prestazioni di consulenza” e che dalle casse della Margherita sono finiti in quelle della Ttt srl, una società riconducibile proprio all’ex tesoriere. È da questi movimenti sospetti che Bankitalia ha iniziato a indagare, finché ne ha scoperti altri 70.
Quelle “voci opache”
In totale, secondo i pm romani Alberto Caperna e Stefano Pesci, Lusi si sarebbe appropriato indebitamente di circa 13 milioni di euro, dirottati su società italiane e estere di cui 5 milioni destinati al pagamento di “tasse”. Si tratta di tutti soldi pubblici, perché provenienti dagli ultimi rimborsi elettorali. Che i conti non tornassero se n’erano già accorti alcuni dirigenti della Margherita che avevano denunciato “voci opache e rissuntive” nel bilancio 2010. Il 21 giugno 2011, nell’assemblea federale in cui si dovevano decidere le sorti dei 20 milioni in attivo, ci fu la minaccia del ricorso al tribunale, che Rutelli apostrofò come “una cazzata”. E invece Enzo Carra, Renzo Lusetti, Rino Piscitello e Gaspare Nuccio una denuncia la sporsero davvero perché non coinvolti nelle decisioni in quanto transitati verso altri partiti. La giustificazione dell’esclusione è che non perseguivano più gli interessi della Margherita che ha scelto il centrosinistra. Eppure chi, come Lusetti e Carra, ha aderito all’Udc, rivendica di militare nel terzo Polo esattamente come l’Api di Rutelli che invece ha ancora diritto di parola sui finanziamenti dell’ex partito. Certo è che in molti sembrano sorpresi dagli interessi personali che Lusi ha fatto con i soldi pubblici, ma non si spiegano come abbia potuto agire da solo: “Il caso Lusi non sarà un altro Schettino ma poco ci manca. Che tutto un partito abbia subito inerte le decisioni solitarie del suo amministratore ha dell’inverosimile” dice Carra. E il leader della Destra, Francesco Storace, commenta sarcastico: “Si vede che frodava Rutelli a sua insaputa... ”. Con quel denaro è stato acquistato un immobile in pieno centro a Roma, in via Monserrato, pagato 1 milione e 900 mila euro; poi sono stati fatti due bonifici in due distinte occasioni, uno di 1 milione 863 mila e un altro di 2 milioni 815 mila euro alla “Paradiso Immobiliare”. E ancora.
Risultati degli accertamenti
La Ttt ha bonificato 272 mila euro alla Luigia Ltd., società di diritto canadese, anche questa riconducibile all’ex tesoriere. Inoltre secondo gli accertamenti di Bankitalia una parte del denaro sarebbe confluito sia sul conto personale di Lusi, circa 49 mila euro, che su quello del suo studio legale a titolo di “fondo spese”, 60 mila euro. Altri 5 milioni e 100mila euro sarebbero stati utilizzati per pagare le imposte. E non mancano neanche i soldi per la consorte: 119 mila euro sarebbero stati destinati ad uno studio di architettura di Toronto, “Giannone-Petricone”, dove lavora Pina Petricone, moglie di Lusi. Ma a non convincere i magistrati, oltre l’utilizzo del denaro, è proprio il comportamento del resto del partito. Come mai in tre anni, dal gennaio del 2008 all’estate del 2011, nessuno si sia accorto che i soldi sparivano? Anche perché Rutelli aveva, e ha ancora tutt’oggi, delega ad operare e il legame con Lusi è talmente solido, dai tempi del Comune di Roma in cui gli assegnò una consulenza per la quale poi Lusi fu giudicato non abbastanza qualificato, che appare improbabile che non abbia mai controllato l’operato del suo uomo. Ma l’ex presidente ai pm ha dichiarato di non sapere nulla della gestione Lusi.
“Solo il mio dovere”
Da parte sua Lusi ha ammesso l’appropriazione indebita ma ha poi dichiarato ai giornali “di aver fatto solo il suo dovere”, lasciando intravedere l’ombra di qualche ipotetico mandante. L’ammanco è sfuggito anche al comitato di controllo sulla tesoreria, del quale facevano parte numerosi esponenti del partito, da Bocci a Vaccaro, da Mantini a Strizzolo fino a Tanoni. Ma non a Parisi che chiese più volte verifiche sul bilancio. Con la confessione di Lusi, l’inchiesta potrebbe dirsi chiusa, ma la procura vuole capire se ci sono altri dirigenti che hanno fatto buon viso a cattivo gioco.
di Pacelli e Perniconi -
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