25 giugno 2008
Storie : dagli anni'70 a re Berlusconi
0. Una premessa di metodo
Questa rubrica ha nel suo dna il contrapporsi a una tesi, a un ragionamento, offrendo un’altra chiave di lettura possibile del fatto o del fenomeno di cui parla l’articolo scelto per il controcanto.
Quindi, risparmierò ogni volta di sottolineare e ripetere tutti i punti di accordo, che non mancheranno certo, per enfatizzare appunto gli elementi di contrasto… E quindi lo stile sarà volutamente apodittico e tranciante.
1. Una constatazione di fatto
C’è una differenza essenziale con gli anni Settanta: oggi la destra è maggioranza non solo quantitativa ma anche qualitativa nel Paese. Insieme ai numeri ha pure l’egemonia culturale. E non solo perché ha reclutato massicciamente a sinistra: dal professor Colletti (uno dei firmatari del famoso “appello pro lotta armata”, scomparso qualche anno fa dopo anni nei ranghi “azzurri”) a Giuliano Ferrara, da Paolo “Straccio” Liguori al tanto deprecato Vigorelli (pasdaran forzista al Tg 3 dopo la prima vittoria berlusconiana). Ma perché coglie il senso profondo di quello che pulsa nelle viscere della gente e che produce eruzioni come Ponticelli e il Pigneto.
2. Un chiarimento sull’oggetto
Non stiamo parlando dei fatti, ma della loro rappresentazione e dell’uso politico che di queste rappresentazioni viene fatto. Perché è vero che Primavalle rappresenta la perdita dell’innocenza da parte di Potere operaio (e non dell’intera sinistra rivoluzionaria: non bisogna dimenticare MAI che Calabresi è ucciso quasi un anno prima…) ma non per quello che è stato un TRAGICO ERRORE (lo so che ferisce e fa incazzare di più: non c’era la lucida volontà di uccidere; sicuramente l’incoscienza e la strafottenza per le potenziali conseguenze, come in centinaia di altre azioni militanti, ma non la premeditazione assassina). Il gruppo dirigente di Potop sapeva che quell’azione era opera di propri militanti sulla via di passare alle Br (di questo si trattava) ma non per questo li ha mollati. Anzi… La colpa originaria è quindi di aver mantenuto vigente il dovere di solidarietà insito in ogni organizzazione (non solo) rivoluzionaria, spingendosi fino alla menzogna più infame. E’ un dispositivo (senza quest’ultimo esito) ben noto ad Adinolfi, che rivendica il merito di aver aiutato Ciavardini latitante per aver partecipato a un’azione il cui obiettivo politico era l’implosione di Terza posizione.
Più ampia è invece la platea di chi riscrive la storia con la scolorina nella destra radicale e vuole credere a tutti i costi nell’assoluta estraneità dei neofascisti alle trame bianco-nere.
3. Il dovere e il piacere
Mi piace pensare che sia per questa ragione,
il comune senso morale di essere chiamati ad affrontare le conseguenze delle azioni dei propri “seguaci” anche quando sono state fatte “contro” la propria volontà e progettualità, che, alla necessaria distanza debita tra due avversari politici, Scalzone (nella foto) e Adinolfi si rispettino e si stimino assai (io sotto sotto penso che si vogliano anche un po’ bene, ma non lo ammetteranno mai, almeno per non scandalizzare il proprio “pubblico” …).
4 Il principio di realtà
E’ evidente che le narrazioni dei fatti di questi giorni che preoccupano Adinolfi sono ebbre e deliranti. Dalla cazzata biblica che vuole la camorra dietro ogni movimento reale che scuote Napoli (dalla rivolta di Pianura al pogrom di Ponticelli) alla vergognosa bugia degli studenti dei collettivi romani che triplicano la consistenza degli avversari per giustificare un esito inglorioso dello scontro: ma certo è più preoccupante la menzogna di Stato (fosse anche nella versione di un sindaco che pure è stato ministro degli Interni e cerca qualsiasi pretesto per rimuovere la responsabilità di un clamoroso fallimento politico) che la menzogna narcisistica di una banda giovanile.
C’è poi la farsa della farsa: i “ragazzi” di Casa Pound in giacca e cravatta che assaltano il Gay pride neanche il più cazzuto ufficio stampa di Cinecittà se lo sarebbe saputo inventare…
5. E’ il mercato, ragazzi
Non c’è nessuna Spectre della stampa “di sinistra”. Per banali ragioni di concorrenza in una fase di drammatica crisi dei quotidiani, “La Repubblica” ha inferto due colpacci all’immaginario della “sinistra”: sputtanando il dandy forcaiolo noto come Marco Travaglio, svelando la reale natura del raid del Pigneto. E quindi nelle altre testate scattano meccanismi di quello che nelle attività di brokeraggio si chiama “ricopertura”…
6. La luna e il dito
Abbiamo parlato delle rappresentazioni distorte. Ora possiamo attingere all’essenza dei fatti. Che sono drammatici: mentre taluni si baloccano con l’allarme “neofascista”, il governo Berlusconi si è spinto molto avanti sul terreno della militarizzazione e della criminalizzazione del dissenso, compiendo quello che, nei tanto formidabili anni 70, gran parte della sinistra estrema avrebbe definito GOLPE BIANCO. Ma i soliti noti preferiscono, in una situazione di totale crisi del pensiero, rassicurarsi con richiami identitari che nei momenti di confusione fanno bene.
7. La lezione di Balzac
Uno che ne capiva di queste cose spiegava che c’era molto di più da imparare sulla Francia orleanista dalla lucida narrativa di un reazionario come Balzac che dalla chiacchiera benintenzionata di certi progressisti. Vale tutt’oggi. Lo dimostra uno splendido articolo di un “dietologo” molto di destra come Maurizio Blondet (nella foto), che proponendoci un folgorante “Carl Schmitt alle vongole” chiarisce perfettamente i termini reali della questione.
8. Qualche citazione, per finire
# a. «Sovrano è chi decide lo stato d’eccezione».Se l’enunciato supremo di Carl Schmitt vale per tutte le situazioni (anche le farse), allora non c’è dubbio: abbiamo un sovrano.E’ Silvio Berlusconi.Come noto, egli ha dichiarato lo Stato d’eccezione-monnezza. In Campania, è sospeso il diritto ordinario. C’è una superprocura, un tribunale speciale alla monnezza. Chiariano, ha detto il sovrano, «è zona militare e sarà protetta. Coloro che si opporranno saranno perseguibili». Militarizzazione della monnezza. Allacciate le cinture, perchè comincia uno di quei periodi che il saggio cinese augurava ai suoi nemici: «interessante». Non scherzo. Quando uno evoca lo stato d’eccezione, la faccenda è sempre seria, gravida di prospettive e di pericoli. (M. Blondet, ivi)
# b. E’ proprio quel che avviene in Italia in questi giorni: nessuno pare aver preso coscienza di ciò che implica lo stato d’eccezione, anzi Napolitano - il supposto «custode della Costituzione» sospesa - pare favorevole, per non parlare dell’opposizione veltroniana. Si entra in un periodo di «fondazione» con la mente torbida, il senso del diritto obnubilato. I soli contrari sono i giudici ma - naturalmente - non per il motivo giusto, giuridico: lo sono per i loro interessi di casta. Temono di essere scavalcati, di essere privati di alcune loro «prerogative», e che si sia costituito un «precedente» per esautorarli. Il che è verissimo. (ibidem)
# c. Persino il questore Manganelli ha detto che c’è un indulto permanente in Italia, che la dittatura dei giudici ha avuto come risultato la non-certezza del diritto (e della pena). E’ un’altra richiesta implicita di stato d’eccezione. E’ questo il punto più gravido di rischi e di futuro. Nella repubblica di Weimar, era l’intera società onesta a chiedere uno stato d’eccezione, che la facesse finita con una «legalità» che favoriva solo l’arricchimento di mascalzoni speculatori, e la corruzione della società stessa in mano ai parassiti.
E qui da noi? Le emergenze sono tali e tante, gli egoismi così intrattabili e incurabili, da richiedere per ciascuna una «decisione sovrana», extra-costituzionale: le tre regioni almeno dove sovrana è la malavita organizzata, lo stato della scuola, il parlamento pletorico e servo delle lobby, la burocrazia inadempiente strapagata (la Casta), i particolarismi che ostacolano e impediscono ogni progettualità, lo strapotere bancario e sindacale, la violenza idiota e corpuscolare delle tifoserie, l’abuso di massa di cocaina persino tra gli operai… ciascuna richiederebbe tribunali speciali con procedure semplificate e misure extralegali per licenziare, punire, obbligare a fare. In nome della vita e a sua difesa.
Qui è il punto. L’Italia richiede uno stato d’eccezione totale. Una volta dichiarato uno stato d’eccezione, è quasi inevitabile la tentazione di dichiararne altri, tutti in sé necessari.
Non è ignoto che lo stato d’eccezione è la madre delle dittature social-nazionali, di «destra popolare» nel senso che è il popolo a dare loro «mano libera».
Ovviamente, lo stato d’eccezione introduce nell’ordinamento giuridico un elemento di arbitrio assoluto da parte del sovrano.
Ma se il sovrano è Berlusconi, c’è il rischio di una dichiarazione di «stato d’eccezione televisivo», per salvare Emilio Fede dal satellite e mantenere il monopolio Mediaset. Dico la verità:
preferirei che ci fosse, al suo posto, un capo risoluto come Adolf Hitler. (ibidem)
ugo maria tassinari
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25 giugno 2008
Storie : dagli anni'70 a re Berlusconi
0. Una premessa di metodo
Questa rubrica ha nel suo dna il contrapporsi a una tesi, a un ragionamento, offrendo un’altra chiave di lettura possibile del fatto o del fenomeno di cui parla l’articolo scelto per il controcanto.
Quindi, risparmierò ogni volta di sottolineare e ripetere tutti i punti di accordo, che non mancheranno certo, per enfatizzare appunto gli elementi di contrasto… E quindi lo stile sarà volutamente apodittico e tranciante.
1. Una constatazione di fatto
C’è una differenza essenziale con gli anni Settanta: oggi la destra è maggioranza non solo quantitativa ma anche qualitativa nel Paese. Insieme ai numeri ha pure l’egemonia culturale. E non solo perché ha reclutato massicciamente a sinistra: dal professor Colletti (uno dei firmatari del famoso “appello pro lotta armata”, scomparso qualche anno fa dopo anni nei ranghi “azzurri”) a Giuliano Ferrara, da Paolo “Straccio” Liguori al tanto deprecato Vigorelli (pasdaran forzista al Tg 3 dopo la prima vittoria berlusconiana). Ma perché coglie il senso profondo di quello che pulsa nelle viscere della gente e che produce eruzioni come Ponticelli e il Pigneto.
2. Un chiarimento sull’oggetto
Non stiamo parlando dei fatti, ma della loro rappresentazione e dell’uso politico che di queste rappresentazioni viene fatto. Perché è vero che Primavalle rappresenta la perdita dell’innocenza da parte di Potere operaio (e non dell’intera sinistra rivoluzionaria: non bisogna dimenticare MAI che Calabresi è ucciso quasi un anno prima…) ma non per quello che è stato un TRAGICO ERRORE (lo so che ferisce e fa incazzare di più: non c’era la lucida volontà di uccidere; sicuramente l’incoscienza e la strafottenza per le potenziali conseguenze, come in centinaia di altre azioni militanti, ma non la premeditazione assassina). Il gruppo dirigente di Potop sapeva che quell’azione era opera di propri militanti sulla via di passare alle Br (di questo si trattava) ma non per questo li ha mollati. Anzi… La colpa originaria è quindi di aver mantenuto vigente il dovere di solidarietà insito in ogni organizzazione (non solo) rivoluzionaria, spingendosi fino alla menzogna più infame. E’ un dispositivo (senza quest’ultimo esito) ben noto ad Adinolfi, che rivendica il merito di aver aiutato Ciavardini latitante per aver partecipato a un’azione il cui obiettivo politico era l’implosione di Terza posizione.
Più ampia è invece la platea di chi riscrive la storia con la scolorina nella destra radicale e vuole credere a tutti i costi nell’assoluta estraneità dei neofascisti alle trame bianco-nere.
3. Il dovere e il piacere
Mi piace pensare che sia per questa ragione,
il comune senso morale di essere chiamati ad affrontare le conseguenze delle azioni dei propri “seguaci” anche quando sono state fatte “contro” la propria volontà e progettualità, che, alla necessaria distanza debita tra due avversari politici, Scalzone (nella foto) e Adinolfi si rispettino e si stimino assai (io sotto sotto penso che si vogliano anche un po’ bene, ma non lo ammetteranno mai, almeno per non scandalizzare il proprio “pubblico” …).
4 Il principio di realtà
E’ evidente che le narrazioni dei fatti di questi giorni che preoccupano Adinolfi sono ebbre e deliranti. Dalla cazzata biblica che vuole la camorra dietro ogni movimento reale che scuote Napoli (dalla rivolta di Pianura al pogrom di Ponticelli) alla vergognosa bugia degli studenti dei collettivi romani che triplicano la consistenza degli avversari per giustificare un esito inglorioso dello scontro: ma certo è più preoccupante la menzogna di Stato (fosse anche nella versione di un sindaco che pure è stato ministro degli Interni e cerca qualsiasi pretesto per rimuovere la responsabilità di un clamoroso fallimento politico) che la menzogna narcisistica di una banda giovanile.
C’è poi la farsa della farsa: i “ragazzi” di Casa Pound in giacca e cravatta che assaltano il Gay pride neanche il più cazzuto ufficio stampa di Cinecittà se lo sarebbe saputo inventare…
5. E’ il mercato, ragazzi
Non c’è nessuna Spectre della stampa “di sinistra”. Per banali ragioni di concorrenza in una fase di drammatica crisi dei quotidiani, “La Repubblica” ha inferto due colpacci all’immaginario della “sinistra”: sputtanando il dandy forcaiolo noto come Marco Travaglio, svelando la reale natura del raid del Pigneto. E quindi nelle altre testate scattano meccanismi di quello che nelle attività di brokeraggio si chiama “ricopertura”…
6. La luna e il dito
Abbiamo parlato delle rappresentazioni distorte. Ora possiamo attingere all’essenza dei fatti. Che sono drammatici: mentre taluni si baloccano con l’allarme “neofascista”, il governo Berlusconi si è spinto molto avanti sul terreno della militarizzazione e della criminalizzazione del dissenso, compiendo quello che, nei tanto formidabili anni 70, gran parte della sinistra estrema avrebbe definito GOLPE BIANCO. Ma i soliti noti preferiscono, in una situazione di totale crisi del pensiero, rassicurarsi con richiami identitari che nei momenti di confusione fanno bene.
7. La lezione di Balzac
Uno che ne capiva di queste cose spiegava che c’era molto di più da imparare sulla Francia orleanista dalla lucida narrativa di un reazionario come Balzac che dalla chiacchiera benintenzionata di certi progressisti. Vale tutt’oggi. Lo dimostra uno splendido articolo di un “dietologo” molto di destra come Maurizio Blondet (nella foto), che proponendoci un folgorante “Carl Schmitt alle vongole” chiarisce perfettamente i termini reali della questione.
8. Qualche citazione, per finire
# a. «Sovrano è chi decide lo stato d’eccezione».Se l’enunciato supremo di Carl Schmitt vale per tutte le situazioni (anche le farse), allora non c’è dubbio: abbiamo un sovrano.E’ Silvio Berlusconi.Come noto, egli ha dichiarato lo Stato d’eccezione-monnezza. In Campania, è sospeso il diritto ordinario. C’è una superprocura, un tribunale speciale alla monnezza. Chiariano, ha detto il sovrano, «è zona militare e sarà protetta. Coloro che si opporranno saranno perseguibili». Militarizzazione della monnezza. Allacciate le cinture, perchè comincia uno di quei periodi che il saggio cinese augurava ai suoi nemici: «interessante». Non scherzo. Quando uno evoca lo stato d’eccezione, la faccenda è sempre seria, gravida di prospettive e di pericoli. (M. Blondet, ivi)
# b. E’ proprio quel che avviene in Italia in questi giorni: nessuno pare aver preso coscienza di ciò che implica lo stato d’eccezione, anzi Napolitano - il supposto «custode della Costituzione» sospesa - pare favorevole, per non parlare dell’opposizione veltroniana. Si entra in un periodo di «fondazione» con la mente torbida, il senso del diritto obnubilato. I soli contrari sono i giudici ma - naturalmente - non per il motivo giusto, giuridico: lo sono per i loro interessi di casta. Temono di essere scavalcati, di essere privati di alcune loro «prerogative», e che si sia costituito un «precedente» per esautorarli. Il che è verissimo. (ibidem)
# c. Persino il questore Manganelli ha detto che c’è un indulto permanente in Italia, che la dittatura dei giudici ha avuto come risultato la non-certezza del diritto (e della pena). E’ un’altra richiesta implicita di stato d’eccezione. E’ questo il punto più gravido di rischi e di futuro. Nella repubblica di Weimar, era l’intera società onesta a chiedere uno stato d’eccezione, che la facesse finita con una «legalità» che favoriva solo l’arricchimento di mascalzoni speculatori, e la corruzione della società stessa in mano ai parassiti.
E qui da noi? Le emergenze sono tali e tante, gli egoismi così intrattabili e incurabili, da richiedere per ciascuna una «decisione sovrana», extra-costituzionale: le tre regioni almeno dove sovrana è la malavita organizzata, lo stato della scuola, il parlamento pletorico e servo delle lobby, la burocrazia inadempiente strapagata (la Casta), i particolarismi che ostacolano e impediscono ogni progettualità, lo strapotere bancario e sindacale, la violenza idiota e corpuscolare delle tifoserie, l’abuso di massa di cocaina persino tra gli operai… ciascuna richiederebbe tribunali speciali con procedure semplificate e misure extralegali per licenziare, punire, obbligare a fare. In nome della vita e a sua difesa.
Qui è il punto. L’Italia richiede uno stato d’eccezione totale. Una volta dichiarato uno stato d’eccezione, è quasi inevitabile la tentazione di dichiararne altri, tutti in sé necessari.
Non è ignoto che lo stato d’eccezione è la madre delle dittature social-nazionali, di «destra popolare» nel senso che è il popolo a dare loro «mano libera».
Ovviamente, lo stato d’eccezione introduce nell’ordinamento giuridico un elemento di arbitrio assoluto da parte del sovrano.
Ma se il sovrano è Berlusconi, c’è il rischio di una dichiarazione di «stato d’eccezione televisivo», per salvare Emilio Fede dal satellite e mantenere il monopolio Mediaset. Dico la verità:
preferirei che ci fosse, al suo posto, un capo risoluto come Adolf Hitler. (ibidem)
ugo maria tassinari
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