30 agosto 2008

La fisica sul crollo delle Torri gemelle

Questo documento esamina le fasi di carico elastico e di deformazione plastica delle colonne del WTC1 dopo l'impatto degli ultimi 18 piani dell'edificio su quelli sottostanti ed il loro effetto sul trasferimento della quantità di moto dopo la collisione. Viene quindi derivata una equazione di bilancio energetico che mostra esserci un deficit di energia che avviene prima del completamento della fase di snervamento il quale non avrebbe permesso al collasso di proseguire, sotto le ipotesi formulate in questo documento.

Introduzione:

L'analisi precedente riguardo al trasferimento della quantità di moto durante il crollo delle torri le ha modellate come un insieme di piani sospesi nello spazio ed ha esaminato il processo di trasferimento della quantità di moto attraverso una serie di urti elastici ed anelastici, indipendenti gli uni dagli altri. Questo tipo di analisi estrapola il trasferimento della quantità di moto dal suo contesto, caratterizzato da altri effetti degli urti. Questo avviene perché questo tipo di analisi assume che gli impatti abbiano effetto soltanto sul piano superiore della sezione su cui essi avvengono.

La realtà dei fatti è invece che essi hanno un effetto su diversi piani della sezione sottostante e per effettuare un'analisi valida, bisogna tener conto di ognuno di questi trasferimenti della quantità di moto Se assumiamo che la sezione superiore, che comprende 16 piani in caduta, cada sotto una piena accelerazione gravitazionale attraverso lo spazio occupato da un piano (rimosso), per una distanza di 3,7 metri, possiamo calcolare che la sua velocità al momento dell'impatto sarà 8,52 metri al secondo e la sua energia cinetica, dovuta a massa e velocità, di circa 2.105 GJ (usando l'ipotesi di 58000 tonnellate come dettagliato nel rapport di Bazant & Zhou [1]).
Nella realtà ci dovrebbero essere alcune perdite di energia dovuta alla resistenza residua delle colonne in cedimento della sezione rimossa, ma esse vengono trascurate per lo scopo dell'analisi.

Al momento dell'impatto con la sezione sottostante, la massa in caduta dovrebbe trasmettere una tensione che crescerà da zero, sino alla tensione di snervamento delle colonne del piano impattato, in un periodo di tempo e percorrendo una distanza finita.

Questa forza verrà percepita anche dalle colonne al di sotto del piano urtato per primo.



Analisi:

La sezione superiore in caduta, con una velocità di non più di 8,5 metri al secondo, al momento dell'urto incontrerà la resistenza delle colonne impattate e, come prima operazione, dovrà necessariamente caricare queste colonne, dapprima nell'intervallo di carico elastico e quindi attraverso la fase di snervamento. Esamineremo per prima cosa questo intervallo di tempo incrementale.

Bazant/Zhou [1] mostrano, nella loro analisi, che il comportamento elastico e plastico di una colonna di acciaio, sottoposta ad un carico di punta dinamico consista in tre fasi distinte:

Esse possono essere visualizzate in un grafico tensione/deformazione e consistono in una fase iniziale elastica, una di snervamento ed una rapida fase di deformazione plastica.

1- La fase elastica mostra una relazione lineare tra carico e deformazione sino al limite di tensione elastica. Il carico a questo punto raggiunge la tensione di snervamento e la deformazione al limite elastico per l'acciaio è generalmente lo 0,2% della sua lunghezza iniziale.

2- La fase di snervamento permette che sia applicato lo stesso carico sino a quando la deformazione verticale raggiunge il 3%, punto in cui la colonna inizia a formare dei punti di imbozzamento.

3- La terza fase mostra una rapida discesa della tensione richiesta per continuare la deformazione, con la tensione necessaria minore di quella di snervamento. Questa fase continua fino a quanto la deformazione verticale eguaglia la lunghezza originale. In altre parole la colonna è piegata in due.

Per deformare le colonne del piano, impattato per primo, del 3%, cosa sufficiente per completare la fase di snervamento, cioè una distanza di circa 0,111 metri, sarebbero necessari un minimo di 0,013 secondi, supponendo una velocità costante di 8,5 metri al secondo.

La velocità dell'onda di propagazione attraverso un un materiale generico è data dalla formula generale di propagazione d'onda:

Velocità = radice quadrata (modulo compressibilità/densità)

Che per l'acciaio strutturale è dell'ordine di 4500 metri al secondo. L'onda di propagazione della forza d'impatto avrebbe viaggiato quindi per 58,7 metri nel tempo di 0,013 secondi. Questo significa che durante il tempo impiegato dalle colonne impattate nella fase di snervamento, la stessa tensione sarebbe stata avvertita ad una distanza minima di 58,7 metri, o approssimativamente 16 piani, dall'impatto.

Questi piani, perciò, avrebbero subito una deformazione elastica in reazione, e proporzionale, alla tensione di snervamento applicata al piano impattato. Queste deformazioni avrebbero esse stesse richiesto del tempo ed avrebbero fatto sì che l'onda di propagazione si muovesse ulteriormente verso il basso coinvolgendo, di nuovo, un numero maggiore di piani.

Possiamo stimare la deformazione elastica delle colonne di questi 16 piani come compresa tra 0 e 7 mm. La massima deformazione elastica di una colonna di 3,7m, usando l'approssimazione, comunemente accettata dello 0,2% della lunghezza iniziale, è di 7,4 mm. Le colonne nei piani superiori avrebbero subito una deformazione quasi pari alla massima deformazione elastica perché la loro tensione di snervamento è simile, benché leggermente più grande, a quella del piano impattato inizialmente.

Le colonne dei piani più distanti dalla zona dell'impatto avrebbero avuto una sezione trasversale maggiore, richiedendo quindi tensioni maggiori per causare la massima deformazione elastica. Usare soltanto metà della massima deformazione elastica, 56mm /16*7/2) è, di nuovo, un'assunzione a favore della continuazione del crollo.

La deformazione elastica dei piani sottostanti avrebbe aumentato la distanza attraverso la quale la sezione in caduta avrebbe dovuto muoversi per caricare le colonne impattate e completare la deformazione del 3% della fase di snervamento. Il tempo impiegato, utilizzando di nuovo una velocità costante di 8,5 m/sec,verrebbe innalzato a circa 0,02 secondi, permettendo all'onda di propagazione di muoversi ed avere effetto su 8 piani ulteriori.

Poiché queste colonne subiscono una deformazione verticale, i piani a cui sono fissate si muovono verso il basso ed avrebbero quindi anche loro una velocità ed una quantità di moto.

Perdite di energia:

Una semplice equazione della conservazione della quantità di moto, ignorando questi movimenti, considererebbe 16 piani in caduta che si muovono ad 8,5 m/sec prima dell'impatto che diventano 17 piani che cadono a (8,5*(16/17)) = 8m/sec dopo l'impatto. Questo non tiene conto del fatto che un minimo di ulteriori 24 piani sarebbero stati fatti muovere verso il basso a velocità variabili.

Per stimare ed illustrare queste ulteriori variazioni della quantità di moto, possiamo assumere che il piano che è 25 piani al di sotto della zona d'impatto rimanga statico e che la velocità dei 24 piani sovrastanti vari in modo lineare dalla velocità di caduta della sezione in caduta, sino a zero.

Quantità di moto prima dell'impatto = 16 piani che si muovono a 8,5 m/sec

Quantità di moto dopo l'impatto = 17 piani che si muovono a V2 m/sec + 1 piano che si muove a 23/24*V2 m/sec + 1 piano che si muove a 22/24*V2m/sec+....+1 piano che si muove a 2/24*V2 m/sec + 1 piano che si muove a 1/24*V2 m/sec.

16*8,5 = V2 (17 +11,5)
V2 = 16 * 8,5 /28,5 = 4,8 metri al secondo.

La velocità della sezione impattante verrebbe quindi ridotta, per la collisione, da 8,5 m/sec ad una velocità minore di 4,8 m/sec invece che gli 8m/sec derivati dall'equazione della quantità di moto che non include questo fattore. E' da notare anche che la riduzione della velocità darebbe ancora più tempo all'onda di propagazione per viaggiare verso il basso attraverso le colonne della torre, permettendo che altri, ulteriori, piani ne subiscano l'effetto..

L'energia cinetica della sezione in caduta sarebbe influenzata in modo simile ma, poiché essa dipende dal quadrato della velocità, la riduzione in energia cinetica sarebbe più pronunciata.

E.C. Della sezione in caduta prima dell'impatto =
16 piani che si muovono a (8,5 m/sec)^2
E.C. Della sezione in caduta dopo l'impatto =
17 piano che si muovono a (4,8 m/sec)^2
Perdita percentuale di E.C. = 1- (17 * 4.82) / (16 *8.52) * 100% = 66%

Questa è una stima per difetto della perdita energetica, poiché la decelerazione avrebbe concesso più tempo perché l'onda di propagazione viaggiasse ed avesse affetto su più piani, ma, anche così, si mostra un assorbimento di circa il 66% dell'energia cinetica totale della sezione in caduta.

Bilancio Energetico:

Poiché vi erano circa 2,1 GJ a disposizione al momento del primo urto, una perdita del 66% ridurrebbe questa stima a 714 MJ. L'energia cinetica verrebbe però incrementata dell'energia potenziale rilasciata dall'ulteriore movimento verso il basso della massa in caduta e, se assumiamo che la caduta sia avvenuta per l'intersa lunghezza del 3% assunto per la fase di snervamento del piano impattato e della deformazione elastica dei piani sottostanti, allora l'energia potenziale addizionale è

58*106 * g * (0.111 + .056) = + 95MJ.

L'energia di deformazione consumata dalle colonne del piano impattato, durante la fase elastica e quella di snervamento, può essere calcolata utilizzando la tensione di snervamento. Quella usata in questa analisi è derivata utilizzando la massa al di sopra della zona d'impatto, 58000 tonnellate, ed un fattore di sicurezza 4. L'esame della geometria della colonna con riferimento alle equazioni di Eulero mostra che questa è una sottostima sia della tensione di snervamento che della deformazione da compiere prima della rottura, e questa è una grossa assunzione a favore della continuazione del crollo. Un fattore di 0,029 è stato incluso per modellare il profilo della tensione durante la fase di snervamento (del 3%)

Il profilo della tensione mostra una crescita lineare da zero sino alla tensione di snervamento allo 0,2% della lunghezza, seguita da una tensione costante per il restante 2,8% della lunghezza.

Energia di deformazione plastica:

58 * 106kg * 4 * g * 3.7m * 0.029 = - 244 MJ.

Un valore simile ma lievemente inferiore a questo sarebbe necessario per il primo piano del blocco superiore che colpisce i piani sottostanti. Dato che questo piano portava un carico inferiore, 15 piani, rispetto al piano colpito, 17 piani, le sue capacità di progetto sarebbero state proporzionalmente inferiori. Forti di questa conoscenza è possibile stimare che l’energia consumata da questo piano sarebbe stata
(244 MJ * 15 / 17) = - 215 MJ.

La risposta elastica entro la capacità delle colonne del piano sottostante avrebbe richiesto ulteriore energia, assorbita sotto forma di energia di deformazione. Questa può essere stimata usando un coefficiente di sicurezza pari a 4, una massa di 58000 tonnellate, una distanza di 0.056 metri e un fattore pari a 0.5 per riflettere il profilo di tensione

58 * 106kg * 4 * g * 0.056m * 0.5 = - 64 MJ.

Il movimento verso il basso di questi piani in risposta all’impatto rilascerà altra energia potenziale dovuta alla loro compressione; usando le stesse deformazioni usate in precedenza e un valore di massa proporzionale al numero di piani, questa sarà

58 * 106kg * 24/16 * g * 0.056m / 2 = + 24 MJ.

Altre perdite di energia sono evidenti in un’analisi della compressione dei piani all’interno del blocco superiore in caduta. Questi piani, costruiti con colonne dotate di sezione inferiore rispetto a quelle colpite, sarebbero incapaci di sostenere il carico critico presente sul fronte di impatto e subirebbero deformazioni plastiche oltre il loro limite elastico, ma per semplicità assumiamo che subiscano solo la loro completa deformazione elastica. Questa è un’altra supposizione largamente favorevole al proseguimento del crollo.
La deformazione totale sarebbe pari a 15 piani moltiplicati per la curvatura elastica di 7.4mm, e l’energia di deformazione consumata può essere stimata come

15 * 7.4 * 10-3 * 4 * 58 * 106 * g / 2 = - 126 MJ.

Il movimento dei piani nel blocco superiore rilascerà ulteriore energia potenziale dovuta alla loro compressione e al conseguente movimento. E’ verosimile che questa energia si manifesti sotto forma di cedimenti all’interno della sezione superiore, ciononostante è stata aggiunta come energia disponibile per il proseguimento del crollo. Il piano più in alto si muoverà verso il basso di 15 volte la deformazione elastica mentre quello più in basso resterà statico, entrambi rispetto al punto di impatto, fornendo ulteriore energia potenziale

15 * 0.0074 * 58 * 106 * g / 2 = + 32 MJ.

Una considerevole quantità di energia sarebbe necessaria per polverizzare il calcestruzzo nella fine polvere che si può notare nelle fotografie e da altre fonti. Per quantificare questa energia è necessario usare il valore di energia di frattura, ma questo è variabile in funzione, tra gli altri fattori, della dimensione del pezzo di calcestruzzo e della sua composizione, in particolare della granulometria degli inerti. Non c’è un valore tipico. Per stimare l’energia consumata mi riferirò al lavoro del Dr. Frank Greening [2].

Bisogna notare che Greening, come Bazant, non ha al momento sostenuto che il crollo della torre sia stato provocato da altro che dal danno dovuto all’impatto dell’aereo con successivi e conseguenti incendi. La torre, usando i valori di Greening, conteneva approssimativamente 50000 tonnellate di calcestruzzo, e si suppone che solo il 10% di questo sia stato polverizzato ad una dimensione di 60 micrometri. Un kg di calcestruzzo con questa granulometria avrà una superficie di 67 m2. Possiamo ora usare il valore di Greening per l’energia di frattura del calcestruzzo, pari a 100 J/m2 per mostrare che l’energia richiesta per un piano sarebbe

50 * 106kg / 110piani * 67m2 * 100J/m2 * 10% = - 304 MJ.

Potrebbe essere considerato inverosimile che un impatto a bassa velocità possa impiegare grandi quantità di energia nella polverizzazione dei materiali, questo è più verosimile negli stadi successivi del crollo. Tuttavia, le vaste espulsioni di polvere sono state visivamente evidenti fin dall’inizio del crollo.

Riassunto dell’energia:

Il bilancio energetico può essere riassunto come

Energia disponibile;
Energia cinetica 2105 MJ
Energia potenziale Ulteriore movimento verso il basso 95 MJ
Compressione della sezione impattante 32 MJ
Compressione della sezione impattata 24 MJ
Energia disponibile totale 2256 MJ
Energia richiesta;
Perdite di quantità di moto 1389 MJ
Energia di deformazione plastica nel piano inferiore impattato 244 MJ
Energia di deformazione plastica nel piano superiore impattato 215 MJ
Energia di deformazione elastica nei piani inferiori 64 MJ
Energia di deformazione elastica nei piani superiori 126 MJ
Polverizzazione del calcestruzzo sul piano impattante 304 MJ
Polverizzazione del calcestruzzo sul piano impattato 304 MJ
Energia totale richiesta 2646 MJ
Deficit minimo di energia -390 MJ

Conclusioni:

Un meccanismo d’attivazione che coinvolga una perdita totale ed istantanea di tutta la capacità portante su un piano, sufficiente a causare una caduta di 3.7m in piena accelerazione gravitazionale, seguito da un impatto “pulito” non è realistico. Questo lavoro è presentato per mostrare le quantità relative delle energie coinvolte. Questa analisi sottostima le richieste energetiche utilizzando un valore costante di velocità, pari alla velocità all’impatto, di 8.5 m/s.

Questa è un’ipotesi in favore della continuazione del crollo.

La presente analisi presume inoltre che ogni piano avesse la medesima massa. L’effetto di questa ipotesi è quello di sottostimare le perdite energetiche all’impatto. Non si è tenuto conto della massa che cade al di fuori del perimetro della torre, né soprattutto dell’espulsione di grandi quantità di polvere all’inizio del crollo o dell’energia richiesta per provocare lo spostamento di queste masse oltre il perimetro.

Questa analisi non considera l’energia consumata per danneggiare le travi di collegamento o altri elementi strutturali, per sconnettere i pavimenti dai supporti sulle colonne, per distruggere il contenuto dei piani o altro. Non si tiene conto di alcun dispendio di energia di deformazione durante la caduta iniziale per tutta l’altezza di un piano, nonostante questa sarebbe una porzione sostanziale dell’input energetico iniziale.

Il bilancio energetico del crollo diventa deficitario durante la fase di compressione plastica delle prime colonne colpite, mostrando che non ci sarebbe sufficiente energia disponibile, a partire dall’energia potenziale rilasciata dalla sezione superiore, per soddisfare tutte le richieste energetiche dell’impatto.

L’analisi mostra che, nonostante le ipotesi fatte in favore della continuazione del crollo, il movimento verticale della sezione in caduta sarebbe stato arrestato prima del completamento della fase di compressione del 3% delle colonne colpite, ed entro circa 0.02 secondi dall’impatto. Senza le molteplici ipotesi fatte in favore della continuazione del crollo, il deficit energetico sarebbe molto più alto del valore ottenuto di -390 MJ.

Un crollo dovuto alla sola forza di gravità non sarebbe continuato oltre quel punto.

Bisogna comprendere che le perdite di energia alle quali ci si è riferiti come perdite di quantità di moto non possono essere riutilizzate come energia di deformazione o nell’energia richiesta per polverizzare i piani, riducendo pertanto la richiesta totale di energia. Questi trasferimenti di energia esisterebbero indipendentemente dallo stato di integrità dei piani dopo l’impatto e si manifesterebbero come calore nei materiali colpiti.

L’energia cinetica considerata è quella della massa impattante della sezione in caduta. C’è energia cinetica nei piani sottostanti che iniziano a muoversi, ma questa è stata persa dalla massa impattante. L’unica sorgente di energia disponibile per la massa in caduta è l’energia potenziale e, a meno che questa energia sia rilasciata tramite il crollo di ulteriori colonne, la massa in caduta si arresterebbe. Mentre l’onda di propagazione scende lungo la torre caricando altre colonne, l’energia si diffonderà attraverso i piani sottostanti come energia di deformazione elastica, che è riutilizzabile, al contrario di quella di deformazione plastica.

Al decelerare della sezione superiore, la forza che essa è in grado di esercitare si ridurrà, e la curvatura elastica si ridurrà in risposta. Mentre questa si riduce, l’energia di deformazione elastica precedentemente assorbita dai piani inferiori si riconvertirà in energia potenziale. In altri termini si scaricherà, o verrà restituita. Le torri potevano essere ben descritte come una serie di molle e smorzatori, colpita da una grande ma relativamente lenta e meno sostanziale altra serie di molle e smorzatori.

In questa analisi il danno, a parte il piano rimosso per iniziare il crollo, è limitato al danno subìto dai due piani che si sono scontrati, e perfino questa semplificazione non è sufficiente a portare le colonne colpite attraverso la fase di snervamento fino alla fase di deformazione plastica che è caratterizzata ed accompagnata dall’insorgenza di punti di imbozzamento. Bisogna notare che questo concentra l’energia dell’impatto. In realtà molti dei piani più vicini al punto di impatto e specialmente quelli dotati di colonne con sezione minore nel blocco superiore in caduta avrebbero subìto una parte del danno ciascuno. Questo dissiperebbe ulteriormente l’energia in punti lontani dal fronte del crollo.

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30 agosto 2008

La fisica sul crollo delle Torri gemelle

Questo documento esamina le fasi di carico elastico e di deformazione plastica delle colonne del WTC1 dopo l'impatto degli ultimi 18 piani dell'edificio su quelli sottostanti ed il loro effetto sul trasferimento della quantità di moto dopo la collisione. Viene quindi derivata una equazione di bilancio energetico che mostra esserci un deficit di energia che avviene prima del completamento della fase di snervamento il quale non avrebbe permesso al collasso di proseguire, sotto le ipotesi formulate in questo documento.

Introduzione:

L'analisi precedente riguardo al trasferimento della quantità di moto durante il crollo delle torri le ha modellate come un insieme di piani sospesi nello spazio ed ha esaminato il processo di trasferimento della quantità di moto attraverso una serie di urti elastici ed anelastici, indipendenti gli uni dagli altri. Questo tipo di analisi estrapola il trasferimento della quantità di moto dal suo contesto, caratterizzato da altri effetti degli urti. Questo avviene perché questo tipo di analisi assume che gli impatti abbiano effetto soltanto sul piano superiore della sezione su cui essi avvengono.

La realtà dei fatti è invece che essi hanno un effetto su diversi piani della sezione sottostante e per effettuare un'analisi valida, bisogna tener conto di ognuno di questi trasferimenti della quantità di moto Se assumiamo che la sezione superiore, che comprende 16 piani in caduta, cada sotto una piena accelerazione gravitazionale attraverso lo spazio occupato da un piano (rimosso), per una distanza di 3,7 metri, possiamo calcolare che la sua velocità al momento dell'impatto sarà 8,52 metri al secondo e la sua energia cinetica, dovuta a massa e velocità, di circa 2.105 GJ (usando l'ipotesi di 58000 tonnellate come dettagliato nel rapport di Bazant & Zhou [1]).
Nella realtà ci dovrebbero essere alcune perdite di energia dovuta alla resistenza residua delle colonne in cedimento della sezione rimossa, ma esse vengono trascurate per lo scopo dell'analisi.

Al momento dell'impatto con la sezione sottostante, la massa in caduta dovrebbe trasmettere una tensione che crescerà da zero, sino alla tensione di snervamento delle colonne del piano impattato, in un periodo di tempo e percorrendo una distanza finita.

Questa forza verrà percepita anche dalle colonne al di sotto del piano urtato per primo.



Analisi:

La sezione superiore in caduta, con una velocità di non più di 8,5 metri al secondo, al momento dell'urto incontrerà la resistenza delle colonne impattate e, come prima operazione, dovrà necessariamente caricare queste colonne, dapprima nell'intervallo di carico elastico e quindi attraverso la fase di snervamento. Esamineremo per prima cosa questo intervallo di tempo incrementale.

Bazant/Zhou [1] mostrano, nella loro analisi, che il comportamento elastico e plastico di una colonna di acciaio, sottoposta ad un carico di punta dinamico consista in tre fasi distinte:

Esse possono essere visualizzate in un grafico tensione/deformazione e consistono in una fase iniziale elastica, una di snervamento ed una rapida fase di deformazione plastica.

1- La fase elastica mostra una relazione lineare tra carico e deformazione sino al limite di tensione elastica. Il carico a questo punto raggiunge la tensione di snervamento e la deformazione al limite elastico per l'acciaio è generalmente lo 0,2% della sua lunghezza iniziale.

2- La fase di snervamento permette che sia applicato lo stesso carico sino a quando la deformazione verticale raggiunge il 3%, punto in cui la colonna inizia a formare dei punti di imbozzamento.

3- La terza fase mostra una rapida discesa della tensione richiesta per continuare la deformazione, con la tensione necessaria minore di quella di snervamento. Questa fase continua fino a quanto la deformazione verticale eguaglia la lunghezza originale. In altre parole la colonna è piegata in due.

Per deformare le colonne del piano, impattato per primo, del 3%, cosa sufficiente per completare la fase di snervamento, cioè una distanza di circa 0,111 metri, sarebbero necessari un minimo di 0,013 secondi, supponendo una velocità costante di 8,5 metri al secondo.

La velocità dell'onda di propagazione attraverso un un materiale generico è data dalla formula generale di propagazione d'onda:

Velocità = radice quadrata (modulo compressibilità/densità)

Che per l'acciaio strutturale è dell'ordine di 4500 metri al secondo. L'onda di propagazione della forza d'impatto avrebbe viaggiato quindi per 58,7 metri nel tempo di 0,013 secondi. Questo significa che durante il tempo impiegato dalle colonne impattate nella fase di snervamento, la stessa tensione sarebbe stata avvertita ad una distanza minima di 58,7 metri, o approssimativamente 16 piani, dall'impatto.

Questi piani, perciò, avrebbero subito una deformazione elastica in reazione, e proporzionale, alla tensione di snervamento applicata al piano impattato. Queste deformazioni avrebbero esse stesse richiesto del tempo ed avrebbero fatto sì che l'onda di propagazione si muovesse ulteriormente verso il basso coinvolgendo, di nuovo, un numero maggiore di piani.

Possiamo stimare la deformazione elastica delle colonne di questi 16 piani come compresa tra 0 e 7 mm. La massima deformazione elastica di una colonna di 3,7m, usando l'approssimazione, comunemente accettata dello 0,2% della lunghezza iniziale, è di 7,4 mm. Le colonne nei piani superiori avrebbero subito una deformazione quasi pari alla massima deformazione elastica perché la loro tensione di snervamento è simile, benché leggermente più grande, a quella del piano impattato inizialmente.

Le colonne dei piani più distanti dalla zona dell'impatto avrebbero avuto una sezione trasversale maggiore, richiedendo quindi tensioni maggiori per causare la massima deformazione elastica. Usare soltanto metà della massima deformazione elastica, 56mm /16*7/2) è, di nuovo, un'assunzione a favore della continuazione del crollo.

La deformazione elastica dei piani sottostanti avrebbe aumentato la distanza attraverso la quale la sezione in caduta avrebbe dovuto muoversi per caricare le colonne impattate e completare la deformazione del 3% della fase di snervamento. Il tempo impiegato, utilizzando di nuovo una velocità costante di 8,5 m/sec,verrebbe innalzato a circa 0,02 secondi, permettendo all'onda di propagazione di muoversi ed avere effetto su 8 piani ulteriori.

Poiché queste colonne subiscono una deformazione verticale, i piani a cui sono fissate si muovono verso il basso ed avrebbero quindi anche loro una velocità ed una quantità di moto.

Perdite di energia:

Una semplice equazione della conservazione della quantità di moto, ignorando questi movimenti, considererebbe 16 piani in caduta che si muovono ad 8,5 m/sec prima dell'impatto che diventano 17 piani che cadono a (8,5*(16/17)) = 8m/sec dopo l'impatto. Questo non tiene conto del fatto che un minimo di ulteriori 24 piani sarebbero stati fatti muovere verso il basso a velocità variabili.

Per stimare ed illustrare queste ulteriori variazioni della quantità di moto, possiamo assumere che il piano che è 25 piani al di sotto della zona d'impatto rimanga statico e che la velocità dei 24 piani sovrastanti vari in modo lineare dalla velocità di caduta della sezione in caduta, sino a zero.

Quantità di moto prima dell'impatto = 16 piani che si muovono a 8,5 m/sec

Quantità di moto dopo l'impatto = 17 piani che si muovono a V2 m/sec + 1 piano che si muove a 23/24*V2 m/sec + 1 piano che si muove a 22/24*V2m/sec+....+1 piano che si muove a 2/24*V2 m/sec + 1 piano che si muove a 1/24*V2 m/sec.

16*8,5 = V2 (17 +11,5)
V2 = 16 * 8,5 /28,5 = 4,8 metri al secondo.

La velocità della sezione impattante verrebbe quindi ridotta, per la collisione, da 8,5 m/sec ad una velocità minore di 4,8 m/sec invece che gli 8m/sec derivati dall'equazione della quantità di moto che non include questo fattore. E' da notare anche che la riduzione della velocità darebbe ancora più tempo all'onda di propagazione per viaggiare verso il basso attraverso le colonne della torre, permettendo che altri, ulteriori, piani ne subiscano l'effetto..

L'energia cinetica della sezione in caduta sarebbe influenzata in modo simile ma, poiché essa dipende dal quadrato della velocità, la riduzione in energia cinetica sarebbe più pronunciata.

E.C. Della sezione in caduta prima dell'impatto =
16 piani che si muovono a (8,5 m/sec)^2
E.C. Della sezione in caduta dopo l'impatto =
17 piano che si muovono a (4,8 m/sec)^2
Perdita percentuale di E.C. = 1- (17 * 4.82) / (16 *8.52) * 100% = 66%

Questa è una stima per difetto della perdita energetica, poiché la decelerazione avrebbe concesso più tempo perché l'onda di propagazione viaggiasse ed avesse affetto su più piani, ma, anche così, si mostra un assorbimento di circa il 66% dell'energia cinetica totale della sezione in caduta.

Bilancio Energetico:

Poiché vi erano circa 2,1 GJ a disposizione al momento del primo urto, una perdita del 66% ridurrebbe questa stima a 714 MJ. L'energia cinetica verrebbe però incrementata dell'energia potenziale rilasciata dall'ulteriore movimento verso il basso della massa in caduta e, se assumiamo che la caduta sia avvenuta per l'intersa lunghezza del 3% assunto per la fase di snervamento del piano impattato e della deformazione elastica dei piani sottostanti, allora l'energia potenziale addizionale è

58*106 * g * (0.111 + .056) = + 95MJ.

L'energia di deformazione consumata dalle colonne del piano impattato, durante la fase elastica e quella di snervamento, può essere calcolata utilizzando la tensione di snervamento. Quella usata in questa analisi è derivata utilizzando la massa al di sopra della zona d'impatto, 58000 tonnellate, ed un fattore di sicurezza 4. L'esame della geometria della colonna con riferimento alle equazioni di Eulero mostra che questa è una sottostima sia della tensione di snervamento che della deformazione da compiere prima della rottura, e questa è una grossa assunzione a favore della continuazione del crollo. Un fattore di 0,029 è stato incluso per modellare il profilo della tensione durante la fase di snervamento (del 3%)

Il profilo della tensione mostra una crescita lineare da zero sino alla tensione di snervamento allo 0,2% della lunghezza, seguita da una tensione costante per il restante 2,8% della lunghezza.

Energia di deformazione plastica:

58 * 106kg * 4 * g * 3.7m * 0.029 = - 244 MJ.

Un valore simile ma lievemente inferiore a questo sarebbe necessario per il primo piano del blocco superiore che colpisce i piani sottostanti. Dato che questo piano portava un carico inferiore, 15 piani, rispetto al piano colpito, 17 piani, le sue capacità di progetto sarebbero state proporzionalmente inferiori. Forti di questa conoscenza è possibile stimare che l’energia consumata da questo piano sarebbe stata
(244 MJ * 15 / 17) = - 215 MJ.

La risposta elastica entro la capacità delle colonne del piano sottostante avrebbe richiesto ulteriore energia, assorbita sotto forma di energia di deformazione. Questa può essere stimata usando un coefficiente di sicurezza pari a 4, una massa di 58000 tonnellate, una distanza di 0.056 metri e un fattore pari a 0.5 per riflettere il profilo di tensione

58 * 106kg * 4 * g * 0.056m * 0.5 = - 64 MJ.

Il movimento verso il basso di questi piani in risposta all’impatto rilascerà altra energia potenziale dovuta alla loro compressione; usando le stesse deformazioni usate in precedenza e un valore di massa proporzionale al numero di piani, questa sarà

58 * 106kg * 24/16 * g * 0.056m / 2 = + 24 MJ.

Altre perdite di energia sono evidenti in un’analisi della compressione dei piani all’interno del blocco superiore in caduta. Questi piani, costruiti con colonne dotate di sezione inferiore rispetto a quelle colpite, sarebbero incapaci di sostenere il carico critico presente sul fronte di impatto e subirebbero deformazioni plastiche oltre il loro limite elastico, ma per semplicità assumiamo che subiscano solo la loro completa deformazione elastica. Questa è un’altra supposizione largamente favorevole al proseguimento del crollo.
La deformazione totale sarebbe pari a 15 piani moltiplicati per la curvatura elastica di 7.4mm, e l’energia di deformazione consumata può essere stimata come

15 * 7.4 * 10-3 * 4 * 58 * 106 * g / 2 = - 126 MJ.

Il movimento dei piani nel blocco superiore rilascerà ulteriore energia potenziale dovuta alla loro compressione e al conseguente movimento. E’ verosimile che questa energia si manifesti sotto forma di cedimenti all’interno della sezione superiore, ciononostante è stata aggiunta come energia disponibile per il proseguimento del crollo. Il piano più in alto si muoverà verso il basso di 15 volte la deformazione elastica mentre quello più in basso resterà statico, entrambi rispetto al punto di impatto, fornendo ulteriore energia potenziale

15 * 0.0074 * 58 * 106 * g / 2 = + 32 MJ.

Una considerevole quantità di energia sarebbe necessaria per polverizzare il calcestruzzo nella fine polvere che si può notare nelle fotografie e da altre fonti. Per quantificare questa energia è necessario usare il valore di energia di frattura, ma questo è variabile in funzione, tra gli altri fattori, della dimensione del pezzo di calcestruzzo e della sua composizione, in particolare della granulometria degli inerti. Non c’è un valore tipico. Per stimare l’energia consumata mi riferirò al lavoro del Dr. Frank Greening [2].

Bisogna notare che Greening, come Bazant, non ha al momento sostenuto che il crollo della torre sia stato provocato da altro che dal danno dovuto all’impatto dell’aereo con successivi e conseguenti incendi. La torre, usando i valori di Greening, conteneva approssimativamente 50000 tonnellate di calcestruzzo, e si suppone che solo il 10% di questo sia stato polverizzato ad una dimensione di 60 micrometri. Un kg di calcestruzzo con questa granulometria avrà una superficie di 67 m2. Possiamo ora usare il valore di Greening per l’energia di frattura del calcestruzzo, pari a 100 J/m2 per mostrare che l’energia richiesta per un piano sarebbe

50 * 106kg / 110piani * 67m2 * 100J/m2 * 10% = - 304 MJ.

Potrebbe essere considerato inverosimile che un impatto a bassa velocità possa impiegare grandi quantità di energia nella polverizzazione dei materiali, questo è più verosimile negli stadi successivi del crollo. Tuttavia, le vaste espulsioni di polvere sono state visivamente evidenti fin dall’inizio del crollo.

Riassunto dell’energia:

Il bilancio energetico può essere riassunto come

Energia disponibile;
Energia cinetica 2105 MJ
Energia potenziale Ulteriore movimento verso il basso 95 MJ
Compressione della sezione impattante 32 MJ
Compressione della sezione impattata 24 MJ
Energia disponibile totale 2256 MJ
Energia richiesta;
Perdite di quantità di moto 1389 MJ
Energia di deformazione plastica nel piano inferiore impattato 244 MJ
Energia di deformazione plastica nel piano superiore impattato 215 MJ
Energia di deformazione elastica nei piani inferiori 64 MJ
Energia di deformazione elastica nei piani superiori 126 MJ
Polverizzazione del calcestruzzo sul piano impattante 304 MJ
Polverizzazione del calcestruzzo sul piano impattato 304 MJ
Energia totale richiesta 2646 MJ
Deficit minimo di energia -390 MJ

Conclusioni:

Un meccanismo d’attivazione che coinvolga una perdita totale ed istantanea di tutta la capacità portante su un piano, sufficiente a causare una caduta di 3.7m in piena accelerazione gravitazionale, seguito da un impatto “pulito” non è realistico. Questo lavoro è presentato per mostrare le quantità relative delle energie coinvolte. Questa analisi sottostima le richieste energetiche utilizzando un valore costante di velocità, pari alla velocità all’impatto, di 8.5 m/s.

Questa è un’ipotesi in favore della continuazione del crollo.

La presente analisi presume inoltre che ogni piano avesse la medesima massa. L’effetto di questa ipotesi è quello di sottostimare le perdite energetiche all’impatto. Non si è tenuto conto della massa che cade al di fuori del perimetro della torre, né soprattutto dell’espulsione di grandi quantità di polvere all’inizio del crollo o dell’energia richiesta per provocare lo spostamento di queste masse oltre il perimetro.

Questa analisi non considera l’energia consumata per danneggiare le travi di collegamento o altri elementi strutturali, per sconnettere i pavimenti dai supporti sulle colonne, per distruggere il contenuto dei piani o altro. Non si tiene conto di alcun dispendio di energia di deformazione durante la caduta iniziale per tutta l’altezza di un piano, nonostante questa sarebbe una porzione sostanziale dell’input energetico iniziale.

Il bilancio energetico del crollo diventa deficitario durante la fase di compressione plastica delle prime colonne colpite, mostrando che non ci sarebbe sufficiente energia disponibile, a partire dall’energia potenziale rilasciata dalla sezione superiore, per soddisfare tutte le richieste energetiche dell’impatto.

L’analisi mostra che, nonostante le ipotesi fatte in favore della continuazione del crollo, il movimento verticale della sezione in caduta sarebbe stato arrestato prima del completamento della fase di compressione del 3% delle colonne colpite, ed entro circa 0.02 secondi dall’impatto. Senza le molteplici ipotesi fatte in favore della continuazione del crollo, il deficit energetico sarebbe molto più alto del valore ottenuto di -390 MJ.

Un crollo dovuto alla sola forza di gravità non sarebbe continuato oltre quel punto.

Bisogna comprendere che le perdite di energia alle quali ci si è riferiti come perdite di quantità di moto non possono essere riutilizzate come energia di deformazione o nell’energia richiesta per polverizzare i piani, riducendo pertanto la richiesta totale di energia. Questi trasferimenti di energia esisterebbero indipendentemente dallo stato di integrità dei piani dopo l’impatto e si manifesterebbero come calore nei materiali colpiti.

L’energia cinetica considerata è quella della massa impattante della sezione in caduta. C’è energia cinetica nei piani sottostanti che iniziano a muoversi, ma questa è stata persa dalla massa impattante. L’unica sorgente di energia disponibile per la massa in caduta è l’energia potenziale e, a meno che questa energia sia rilasciata tramite il crollo di ulteriori colonne, la massa in caduta si arresterebbe. Mentre l’onda di propagazione scende lungo la torre caricando altre colonne, l’energia si diffonderà attraverso i piani sottostanti come energia di deformazione elastica, che è riutilizzabile, al contrario di quella di deformazione plastica.

Al decelerare della sezione superiore, la forza che essa è in grado di esercitare si ridurrà, e la curvatura elastica si ridurrà in risposta. Mentre questa si riduce, l’energia di deformazione elastica precedentemente assorbita dai piani inferiori si riconvertirà in energia potenziale. In altri termini si scaricherà, o verrà restituita. Le torri potevano essere ben descritte come una serie di molle e smorzatori, colpita da una grande ma relativamente lenta e meno sostanziale altra serie di molle e smorzatori.

In questa analisi il danno, a parte il piano rimosso per iniziare il crollo, è limitato al danno subìto dai due piani che si sono scontrati, e perfino questa semplificazione non è sufficiente a portare le colonne colpite attraverso la fase di snervamento fino alla fase di deformazione plastica che è caratterizzata ed accompagnata dall’insorgenza di punti di imbozzamento. Bisogna notare che questo concentra l’energia dell’impatto. In realtà molti dei piani più vicini al punto di impatto e specialmente quelli dotati di colonne con sezione minore nel blocco superiore in caduta avrebbero subìto una parte del danno ciascuno. Questo dissiperebbe ulteriormente l’energia in punti lontani dal fronte del crollo.

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