Prima che Bush uscisse di scena, nel Novembre del 2009 durante un ricevimento alla Casa Bianca, Berlusconi apprestandosi a leggere il discorso in cui avrebbe rinnovato la fedeltà, la stima e la profonda amicizia che lo legava al Presidente, alla sua famiglia ed agli Stati Uniti, avvicinandosi al leggìo preparato per gli ospiti incespicò nel filo del microfono, trascinandosi dietro mobile ed appunti. Il patatrac sollevò tra i tavoli dei presenti un lungo “uuhhh” di stupore.
L’imbarazzo che colpì il Presidente del Consiglio mentre riacquistava l’equilibrio sulle gambe e tentava di dare ordine ai fogli volati via, raccogliendoli da terra, non poteva non dare un tocco di comicità al ruzzolone. Ma il peggio arrivò nei secondi successivi.
Berlusconi, per rimediare alla gaffe, non trovò di meglio che sfoderare un sorriso a 36 denti rivolgendo ai commensali la seguente battuta: “Vedete – disse – queste sono cose che succedono per il troppo amore che mi lega a voi e alla vostra grande Nazione”. Quello che uscì in quel frangente dalla bocca di Berlusconi fu un mix di manifesta condivisione del “way of life” USA e di stomachevole, interessata ruffianeria. La frase, accompagnata da un largo gesto benedicente delle braccia, venne accolta da un battimani molto composto, quasi di semplice cortesia, dall’establishment di Washington mentre Bush continuava a ridersela sotto i baffi.
Appena trenta giorni prima, l’Amministrazione USA gli aveva fatto sapere che la commessa AW-101 di Agusta Westland, consociata controllata al 100% da Finmeccanica, era stata semplicemente tagliata fuori dalle forniture del Pentagono. La firma definitiva sulla cancellazione la metterà il Presidente Obama.
Era andata in fumo per l’Italia la vendita oltreoceano di 23 elicotteri da trasporto del valore, nel 2005, di 6.5 miliardi di dollari.
La disdetta (ufficiosa) era stata anticipata a Palazzo Chigi con un fax partito da Via Vittorio Veneto, con la motivazione che il costo finale stimato (!) della commessa avrebbe superato i 13 miliardi di dollari e… in previsione di una riduzione di spese… bla bla bla.
Il “regalino” portava la firma dell’ambasciatore statunitense in Italia Ronald Spogli, prima che gli subentrasse David Thorne.
Non si scomodarono per dargliene notizia né il Segretario di Stato C. Rice né quello alla Difesa R. Gates. Il disappunto del Presidente del Consiglio, se c’era stato, svanì alla svelta.
Un “increment”, quello da 6.5 a 13 miliardi di dollari, determinato dalle continue pressioni del Servizio di Protezione della Casa Bianca e dallo stesso Pentagono per dotare i velivoli ad ala rotante di Agusta Westland di allestimenti faraonici inizialmente non previsti e di costosissime attrezzature aggiuntive di navigazione e di sicurezza per i Marine One della Casa Bianca e per le Forze Armate USA. Le pressioni delle potenti lobbies dell’industria aeronautica statunitense, Sikorsky in testa, avevano fatto il resto.
Un piano finalizzato al puro e semplice sabotaggio dell’appalto, civile e militare, ottenuto dall’Italia.
Le leggi degli Stati Uniti prevedono, al superamento del 20% dei costi inizialmente previsti dalle commesse affidate dal Pentagono a società USA o di altri Paesi, un riesame a Camera dei Rappresentanti e Senato per ottenere il via libera al mantenimento dei numeri di fornitura sottoscritti con i committenti.
I Governi italiani, “maggioranza & opposizione”, sull’acquisizione fin qui mantenuta di 131 (!) F-35 “stealth” della Lockheed Martin, passati da un costo iniziale di 55-60 milioni di euro (ad esemplare) ad oltre 120, in 700 giorni, non hanno mosso foglia. Ma c’è di ben più grave da segnalare.
Gianandrea Gaiani, che ha lavorato per Analisi Difesa e scrive su Il Sole-24 ore, ha quantificato per il fine anno 2010 il costo in uscita dalle linee di montaggio del jet militare Lockheed Martin a… 180-200 milioni, senza addestramento piloti, ricambi ed armi di bordo. Se non andrà alla deriva l’intero progetto, come ci auguriamo. La notizia, clamorosa, ha trovato conferma sia negli ambienti diDedalonews, dell’A.M.I e di Confindustria sia negli esperti di settore. Il tutto mentre La Russa si esibiva nel talk-show “Anno Zero” di giovedì 16 Dicembre dando sfoggio di una flagrante imbecillità, con tanto di pagliaccesca esibizione nel contradditorio (urlato) con Di Pietro, lo studente Cafagna e Michele Santoro.
Un Ministro della Difesa che, per congedarsi dallo studio televisivo, cercava la mano ostentatamente rifiutatagli dal conduttore, per poi ripensarci e rimettersi seduto, continuando peraltro ad inveire come una “vajassa” contro i suoi avversari.
Insomma una prestazione, quella di La Russa, fotocopia degli sbracamenti fior di macchiette alla Mussolini-Sgarbi, ma che evita come la peste di sollevare con l’Alleato USA una sola semplicissima “osservazione” verbale o scritta sull’aumento dei costi di quasi il 400% dell’F-35 nel giro di tre-quattro anni.
Cinque giorni più tardi, il titolare di Palazzo Baracchini, ormai conosciuto come il D’Annunzio del XXI° Secolo, sarà al Comando Operativo Interforze di Centocelle accanto ad un Napolitano che si spenderà, con trasporto atlantico a tutto tondo, per la “missione di pace” in Afghanistan.
Quella “missione di pace” in merito alla quale il generale Castellano della Folgore aveva ammesso pubblicamente, senza apparentemente compiacersene, durante un’intervista all’inviato del TG3 ad Herat, che il contingente italiano in ISAF NATO ha fatto, nel solo periodo del suo Comando al PRT-11 (sei mesi), “parecchi, parecchi morti” o come riportato da Fausto Biloslavo su Il Foglio che “i Tornado bombardano [con carichi bellici di 9 tonnellate a raid - nda] formazioni isolate della guerriglia su richiesta di radio Trinity” anche se – aggiungerà – “qualche volta bastano dei passaggi con le armi di bordo”, cannoni a tiro rapido Mauser da 27 mm.
Con questi chiari di luna pregressi, La Russa avrà la faccia tosta di raccontarci qualche mese dopo la favoletta degli AMX senza carico bellico per sole “uscite” di ricognizione diurna e notturna.
Lo potrà fare senza che un solo operatore dell’”informazione pubblica e privata” metta in dubbio la colossale menzogna.
Per rendere credibile la pastetta, l’Aeronautica Militare e la NATO forniranno un’ampia documentazione fotografica, ad altissima definizione, dei cacciabombardieri AMX da attacco al suolo in “conformazione pulita” come si usa dire in gergo militare, senza bombe laser od a caduta libera sotto gli attacchi, mentre stazionano nelle aree dell’aeroporto di Herat o sono in volo di formazione.
Ripartiamo dai G-222.
A quanto ne sappiamo, l’ Italia ha venduto agli USA 18 G-222 ricondizionati (C-27 A) da trasporto logistico destinati alle forze armate afghane, valore 287 milioni di euro, per interessamento di Alenia North America su input del titolare di Palazzo Baracchini.
Una triangolazione che appare opacissima, sulfurea, meritevole di passare, a tempo debito, al filtro di un microscopio.
L’Italia, dal canto suo, avrebbe beneficiato, a quanto si sussurra, di uno “sganciamento anticipato” di 180 giorni sulla data prevista (?) da quel teatro di guerra e di un via libera per piazzare in Lituania, Romania, Slovacchia e Bulgaria 21 velivoli da trasporto C- 27 J Spartan costruiti da Alenia Aeronautica.
Senza nulla osta USA l’ Alenia è impedita ad assemblarli ed esportarli verso Paesi che ne facciano richiesta ai nostri Governi. Il perchè è presto detto. I componenti elettronici di navigazione, di difesa passiva ed i motori ad elica “made in USA” che imbarcano, ne vietano tassativamente l’esportazione senza il consenso di Washington e della NATO, per evitare la diffusione di tecnologia militare occidentale verso Paesi ed aree regionali “antagoniste”.
Da quando va avanti questa storia?
Dal 1945, con la liquidazione coatta di tutte le fabbriche aeree e motoristiche nazionali. Se la guerra, come si sostiene, l’ha persa il fascismo, l’Italia ha perso, pagandola cara, la pace. Per capirlo basta aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà.
Nel dopoguerra ce la siamo cavata volando con i C-119 Fairchild con due motori radiali Wright, poi con i C-130 Lockheed Martin a quattro motori Allison-Rolls Royce.
Successivamente i vincitori a stelle e strisce hanno allentato la briglia.
Si fa per ridere.
Nel 1978 la FIAT è stata autorizzata a costruire la cellula del G-222 con montaggio di due turbine General Electric, con esportazione vietata del trasporto militare in tutti i Paesi con interessi politici, economici e militari divergenti, potenzialmente conflittuali o conflittuali con quelli di USA e NATO.
Condizione subalterna che ci ha costretto fino ad oggi a raccogliere le briciole che cadevano dal piatto dell’Alleato di Oltreoceano.
Per il trasporto tattico C-27 Spartan J, che uscirà dalle linee di montaggio Alenia Aeronautica a partire dal Settembre 1999, la solfa non cambierà: motorizzazione, anche in questo caso, con due turbine Rolls Royce-Allison. Più affidabili, con più potenza erogata ma sempre costruite negli Stati Uniti.
Siamo ancora a dover far di conto dopo 65 anni con un passato che non passa. E’ ora di dire basta, perché cessi questo scempio, questo distruttivo calpestìo sotto gli zoccoli USA della “sovranità nazionale” e degli interessi, presenti e futuri, del Paese.
Perfino gli aerei della Protezione Civile hanno motori ad elica “made in Canada” con motorizzazione USA Pratt & Whitney.
Nel frattempo, nell’intento di “allargare” il mercato, Finmeccanica il 13 Maggio del 2008 acquisterà in nord America il 100% di DRS Technologies per un importo di 5.2 miliardi di dollari, compresa l’assunzione di 1.2 miliardi di indebitamento netto che ne facevano una società abbondantemente decotta, che si apprestava a chiudere i battenti per una crescente penuria di commesse dal Pentagono.
I termini dell’accordo finiranno per garantire all’Amministrazione USA un affare grosso come una casa ed una perdita di eguali dimensioni per l’Italia.
Finmeccanica, proprietaria al 100% di DRS, manterrà la sede principale a Parsippanny nello stato di New York ed in carica l’intero gruppo dirigente di formazione USA, compreso il Presidente ed Amministratore Delegato Mark
Newman. Un’altra flagrante operazione in “rosso” dopo lo scorporo da DRS dei rimanenti “settori a tecnologia avanzata” transitati verso altre società del settore “sicurezza” e la clausola accettata e sottoscritta da Finmeccanica, al momento dell’acquisizione, delle disposizioni contenute nello Special Security Agreement per garantire agli Stati Uniti la tutela delle “informazioni classificate” anche a contenitore largamente saccheggiato.
Apparendo debolissima una motivazione industriale, di penetrazione Finmeccanica nel mercato USA, l’acquisto di DRS da parte di Guarguaglini & soci non può non apparire una costosissima compensazione per delle mosse azzardate nel settore dell’approvvigionamento e del trasporto energetico o di qualche collaborazione “fuoricampo” nelle costruzioni aeronautiche ad uso passeggeri.
Insomma, se Alenia partecipa alla costruzione del Sukhoi Superjet 100 in Russia con il 51%, l’America si arrabbia, ce lo fa sapere e ci boicotta facendoci perdere centinaia e centinaia di milioni di euro magari con l’AW-101, costringendoci a ripensare partners ed investimenti, magari con qualche minaccia obliqua a destra e manca od imponendoci l’acquisto di un numero esorbitante di costosissimi bidoni “stealth” come l’ F-35.
E la musica non cambia con repubblicani o democratici, con bianchi e neri.
A Maggio 2007 la quotazione di Finmeccanica era di 23.38 euro ad azione, a Gennaio 2010 è scesa a 10.05 (meno della metà!), oggi si attesta ad 8.50, con un calo percentuale nell’anno trascorso di circa il 15%.
L’indebitamento finaziario netto dal 2005 al 2008 è salito da 1.100 a 3.383 milioni di euro. Mancano dal prospetto della Società, dal 2006, i dati del valore complessivo della produzione. Gran brutto affare.
Da asset pubblico strategico per il Paese Finmeccanica sta lentamente precipitando in una condizione finanziaria d’emergenza.
Ed è questo che ci preoccupa.
Temiamo che in prospettiva possano esserci più bilanci in rosso, con lo spettro di una cessione progressiva di quote appartenenti al Ministero dell’Economia e Finanze e consistenti perdite di occupazione ad alta specializzazione, per arrivare poi alla privatizzazione ed alla vendita dell’intero conglomerato, a prezzi stracciati, ad investitori “privati”.
Il Nuovo Pignone dell’ENI fu il primo assaggio di un’industria strategica per l’economia nazionale venduta per un tozzo di pane alla General Electric (guardacaso), pur avendo centinaia e centinaia di miliardi di ordini, in lirette, nel portafoglio ed un bilancio in attivo.
Quindi se Prodi non diventò rosso di vergogna in quell’occasione… e tutto passò alla grande in cavalleria… è lecito pensare al peggio.
Nell’aria intanto stanno fluttuando segnali più che preoccupanti.
Secondo indiscrezioni, potrebbero venir fuori provvedimenti di messa in mobilità per 1.500 lavoratori del Gruppo guidato da Pierfrancesco Guarguaglini.
Alenia-Aermacchi, una consociata, ha previsto il ricorso alla cassa integrazione ed esuberi a livello regionale anche se al momento non è stato comunicato ai sindacati il numero delle “eccedenze” necessarie a contenere, si sostiene, lo stato di pre-crisi.
Per contro, Finmeccanica mantiene 78 costosissime sedi di rappresentanza negli USA di Ansaldo Breda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia, Thales Alenia Space, MBDA, Alenia North America, Bell Agusta Aereospace, Selex Sistemi Integrati, Selex Galileo, Selex Communications, Global Military Aircraft Systems, Global Aeronautica, Telespazio North America, Oto Melara ed Elsagh Nord America, piene fino all’orlo di “raccomandati” a livelli di retribuzione adeguati alle “capacità professionali e promozionali” fra i 2.100 dipendenti.
Il Paese non può permettersi di continuare a gettare al vento preziose risorse finanziarie in quell’area, senza ritorni sufficienti a contenere almeno a livelli accettabili o, meglio, ad annullare le attuali ingenti perdite di gestione.
di Giancarlo Chetoni
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