Una risposta ad un lettore sul problema del signoraggio. Tu quale tesi condividi?
Lyndon LaRouche e molti dei suoi collaboratori hanno dovuto subire, a livello anche personale, le conseguenze di non aver mai voluto scendere a compromessi nei confronti di monetarismo, liberismo e di coloro che da sempre lavorano per smantellare la sovranità degli Stati Nazionali, insieme con i loro lacchè nella politica, nel mondo bancario e finanziario; pertanto il Movimento Internazionale che fa capo a Lyndon LaRouche (in Italia Movisol – Movimento Solidarietà) crede a buon titolo di non dover prendere lezioni di antimondialismo da nessuno.
Anche con le banche, con i banchieri centrali e gli speculatori (come Soros, Greenspan, Rohatyn, Trichet, Bernanke, etc.), Lyndon LaRouche e il suo movimento internazionale non sono stati mai teneri, e lo sanno bene coloro che ci seguono da anni.
Detto questo, precisiamo che noi non crediamo all'assioma "il nemico del mio nemico è mio amico", né se dico che una donna è brutta, sono diventato improvvisamente gay; la realtà non è lineare, ma, come insegna Riemann, obbedisce ad un insieme di variabili multiconnesse tra di loro; quindi se abbiamo attaccato una categoria di persone (o meglio di idee), che dicono di battersi contro lo strapotere delle banche e della finanza, non vuol dire nel più assoluto dei modi che abbiamo arretrato minimamente dalla lotta per il bene comune dell'umanità.
Lo scritto "Su Ezra Pound e Signoraggio", voleva provocare (e pare sia riuscito nell'intento) un dibattito su un tema che vediamo sempre più di frequente riproposto, ma che difetta di quei requisiti di rigorosità morale e intellettuale, di cui c'è bisogno per combattere un avversario attrezzato per battaglie ben più impegnative. Nulla di nulla contro coloro che, in buona fede, aderiscono a tale dottrina, perché sicuramente animati da uno spirito di ricerca e dalla voglia di sapere come stanno le cose. Ma non sempre la storia più strana è quella vera.
Precisiamo ancora, per coloro che non conoscessero bene le nostre idee, che noi siamo per il superamento del sistema delle banche centrali e a favore del controllo statale sull'emissione di moneta e di credito, ma, ribadiamo, non per un inesistente problema di signoraggio.
Valore intrinseco e reddito da emissione di moneta
Passando alla risposta ai Suoi quesiti, vorrei prima precisare che parlare di valore "intrinseco" della moneta è di per sé fuorviante. Su di un'isola deserta, possedere monete d'oro non ci mette al riparo dalla fame e dalle intemperie. Questo per dire che persino le monete d'oro, che hanno un controvalore in quel metallo, derivano il loro "valore" da una convenzione: l'oro è prezioso in quanto duttile, malleabile, buon conduttore di elettricità, non soggetto a corrosione, piuttosto raro, etc., ma a ben guardare, aldilà dell'odontoiatria e dell'estetica, non ha così larghi impieghi (un conto è il prezzo, un conto è il valore di una cosa).
I signoraggisti sono fissati con l'oro [1], che per essi dovrebbe costituire il controvalore dell'emissione di moneta; la moneta in questo modo, convertibile nel prezioso metallo, solo allora diventerebbe una vera passività, ovvero supportata dalla promessa di dare qualcosa in cambio. La moneta moderna, secondo questi signori, non sarebbe una vera passività per l'emittente, perché in realtà la Banca Centrale non potrebbe riconoscere nulla in cambio.
A parte la confusione che alcuni fanno tra Gold Standard e sistema a riserva aurea, sorge però una domanda. Ma l'oro da dove viene, con cosa viene acquisito? Con altra moneta? No, perché sarebbe una tautologia. Allora con cosa? Mica nascerà spontaneo nei forzieri? La risposta è ovvia: o il Paese possiede proprie miniere aurifere da sfruttare all'infinito, o deve letteralmente prenderlo all'estero. Per prenderlo all'estero esistono solo due modi. Il primo è: come compensazione per pagamenti internazionali (esportazioni o altro). In questo caso incontriamo però un problema: l'offerta di oro o altri metalli preziosi è piuttosto inelastica, ovvero, la quantità disponibile non può essere aumentata a piacimento e quando si vuole; ne consegue quindi che l'offerta di moneta è limitata. Questo problema si è posto con ricorrenza nei paesi che adottavano la convertibilità in oro: periodiche crisi di liquidità con conseguente deflazione e stagnazione hanno spinto, pian piano e a fasi alterne, ad abbandonare la convertibilità in oro.
Esiste un altro modo per procurarsi oro e altri metalli preziosi dall'estero: quello predatorio, ovvero con la conquista e il saccheggio.
A questo punto: è più imperialista (ci hanno anche accusato di essere imperialisti) il sistema appena descritto, o un sistema che permetta ad OGNI Stato Nazionale sovrano di emettere la propria moneta e di stabilire politiche di sviluppo autonome?
Pensiamoci poi bene. C'è una crisi, prendo i miei soldi e vado alla Banca Centrale o al Tesoro a farmeli cambiare in oro. E poi cosa ci faccio? Devo sempre trovare qualcuno disposto a darmi qualcosa in cambio o farò la fine di Re Mida. Allora non stiamo parlando ancora una volta di una convenzione? Qualcuno accetterà l'oro in cambio di vestiti, cibo e case fin quando esisterà qualcuno che riconoscerà in quel metallo un bene = convenzione.
Se Lincoln durante la Guerra di Secessione avesse vincolato l'emissione di moneta (senza Banca Centrale) all'oro posseduto, probabilmente non ci sarebbe stata una Gettysburg e oggi gli USA sarebbero spaccati in due e anche la nostra storia sarebbe profondamente diversa.
Detto questo, è ovvio che esiste una differenza tra valore facciale della banconota e, ad esempio, il costo per produrla (che è diverso dal valore intrinseco). Tale differenza non costituisce reddito per nessuno, in quanto la moneta non è una merce venduta dalla banca centrale, ma una passività di quest'ultima e, a fronte di essa, non può esserci un ricavo, altrimenti Luca Pacioli si rivolterebbe nella tomba. D'altronde, nel caso contrario, nei conti economici delle banche commerciali, dovrebbe trovarsi una voce di costo per l'acquisto di banconote, che invece non esiste.
Il reddito da signoraggio esiste, ma è altro: è la differenza tra l'interesse che frutterebbero ipoteticamente le banconote tenute in cassa (ovvero quasi sempre zero) e l'interesse che fruttano le attività messe a contropartita delle banconote in circolazione. Questo è identificabile come reddito ed esso va per la maggior parte allo Stato insieme alle tasse che su di esso gravano; la restante parte va ripartita tra i partecipanti della banca centrale (che non sono soci). Ovviamente questo non ha che un minimo della portata di solito sventolata dai fautori della teoria del complotto del signoraggio [2].
Di chi sono le Banche Centrali – il diritto di emettere moneta
Per quanto riguarda la "proprietà" delle Banca Centrale, è chiaro che il fatto che quest'ultima non sia sotto il controllo statale non sia un bene, ma questo non a causa del signoraggio. Come ho cercato di spiegare nel mio precedente articolo, il fatto che ad esempio la Banca d'Italia, sia partecipata (non posseduta, non è una s.p.a.) da banche e istituzioni finanziarie private [3] (in Italia anche dall'INPS), pur non mutandone la natura di ente di diritto pubblico, sarà sicuramente rilevante nel momento in cui essa dovrà esercitare i suoi poteri di vigilanza: storicamente le maglie dei controlli (soprattutto nei confronti dei partecipanti più potenti) si sono allargate, permettendo vere e proprie truffe. Inoltre se osserviamo quello che sta operando la Federal Reserve americana, ovvero l'allargamento della base monetaria senza criterio, questo è diretto al salvataggio delle banche private e non alla creazione di credito per lo sviluppo: ciò non può portare ad altro che ad inflazione.
La stessa politica di austerità dell'Unione Europea, attraverso la BCE, nominalmente indirizzata al salvataggio degli Stati "indisciplinati", è in realtà l'imposizione di una politica fascista di macelleria sociale allo scopo di salvare le banche private che detengono i titoli di Stato di quei paesi.
Quelli presentati sopra sono alcuni esempi di motivi per i quali storicamente l'oligarchia finanziaria ha cercato e ottenuto il controllo delle Banche Centrali, ma ripetiamo per l'ennesima volta, non per ingrassarsi con un inesistente signoraggio. Il motivo principale è di avere in pugno le leve monetarie sottraendole agli stati sovrani, cioè avere la chiave della politica economica, costretta quest'ultima a fare i conti con chi magari oggi invoca austerità di bilancio, liberalizzazioni e privatizzazioni, quando ci sarebbe bisogno di investimenti pubblici.
In questo contesto è facile comprendere come le banche detentrici di pacchetti di controllo della Banca d'Italia ad esempio, si oppongano alla cessione (vendita) delle proprie quote di partecipazione al Tesoro. Il motivo di ciò non è il signoraggio: infatti le suddette banche hanno manifestato la preferenza a cedere (vendere) le proprie quote alla Banca d'Italia stessa [4], cioè, sono disposte a perderne il controllo, purché questo non vada al Tesoro.
È chiaro che il diritto di emettere moneta, come espressione della sovranità, dovrebbe spettare al popolo, che dovrebbe esercitarla nei limiti della Costituzione, come la stessa stabilisce, quindi attraverso il Tesoro. La decisione di affidare al Governatore della Banca d'Italia il potere di regolare l'offerta di moneta (D.P.R. 482 del 1948) fu una scelta fatta nominalmente per prevenire eventuali abusi (in realtà fu la prima pietra di un progetto di lunga durata per la presa del controllo da parte privata). Bankitalia, d'altronde, era praticamente controllata dal Governo, e non c'è dubbio che la moneta veniva emessa indirettamente da quest'ultimo. Da quando il controllo di Bankitalia è passato in mani private, il controllo (politico) sull'emissione di moneta è venuto meno, ma, pur essendo noi completamente favorevoli al ritorno di questo in mani statali (e quindi che, come primo passo venga applicata la legge Tremonti sul passaggio delle quote), ribadiamo per l'ennesima volta che il signoraggio non c'entra un emerito fico secco.
Ancora su Ezra Pound e soci
Per processare Lyndon LaRouche per frode postale, dopo che due corti avevano rigettato l'accusa come pretestuosa, fu trovata una corte in Virginia disposta a farlo. La condanna che ne seguì, per LaRouche e alcuni collaboratori, fu allucinante: Michael Billigton ad esempio fu condannato a 99 anni di prigione! Il processo e le condanne furono chiaramente politiche, provenendo l'operazione da un ufficio del Dipartimento della Giustizia USA, Presidente George Bush Sr., sotto la regia di Henry Kissinger.
L'ex-Ministro della Giustizia, Ramsey Clark, a Janet Reno, il Ministro della Giustizia nominato da Clinton, in una lettera del 1995 scriveva: "Il più scandaloso caso di indagine giudiziaria è quello relativo a Lyndon LaRouche, perché io credo che implichi un più ampio campo di volontaria e sistematica persecuzione giudiziaria ed un abuso di potere, lungo un esteso arco di tempo, al fine di distruggere un movimento politico ed il suo leader. Questo è il caso più eclatante di ogni tempo o comunque che io conosca".
Dopo cinque anni di prigione l'amministrazione Clinton diede un segnale politico netto e LaRouche ottenne la libertà condizionata.
Tentare un parallelo tra i motivi che portarono alla condanna di Ezra Pound (tradimento, cfr. articolo precedente) e a quella di Lyndon LaRouche, non è proprio il caso, così come Bill Clinton non è paragonabile ai personaggi scesi in campo per Pound.
Siamo tutti felici che Pound abbia scampato la forca, perché siamo contrari alla pena di morte, ma sottolineare quali personaggi si siano mobilitati per la sua salvezza, serve per mettere in luce certi legami, precedenti e seguenti a Pound, tra grande business (anche bancario), eversione filo-britannica e malthusianesimo (Fugitives e Nashville Agrarians), razzismo (Ku Klux Klan), ambientalismo, controllo della cultura (Congress for Cultural Freedom), cercando, sempre in modo maieutico, di mettere in evidenza (apparenti) contraddizioni: per cui il paladino contro l'usura viene salvato dai banchieri, ambienti fascisti si associano ad americani e inglesi e producono fenomeni culturali che sfociano tra gli Hippie.
Tutto questo perché ci premeva sottolineare che nel mondo dell'informazione "alternativa" occorre stare molto attenti per non essere irretiti da idee corrotte e arcaiche, ma presentate come novità rivoluzionarie.
Ribadiamo quello per cui Lyndon LaRouche il Movimento Internazionale che a lui fa capo propongono con forza, per uscire dalla crisi e avviare un processo di sviluppo dell'economia reale a livello planetario:
- Nuova Bretton Woods: ristabilire un sistema finanziario mondiale basato su cambi fissi e con riappropriazione da parte degli Stati Nazionali del diritto di emettere moneta e quindi indirizzare credito a basso tasso d'interesse e lungo termine per lo sviluppo; riorganizzazione fallimentare del sistema finanziario mondiale.
- Legge Glass Steagall: inversione della deregulation che ha investito il settore finanziario con ritorno allo standard di separazione tra banche ordinarie e banche d'affari e messa al bando dei derivati.
- Grandi progetti infrastrutturali: lanciare con il credito così liberato la creazione di infrastrutture energetiche, di trasporto, di governo delle acque e del suolo (Nawapa – Transaqua, Ponte Eurasiatico, rinascimento nucleare, etc.).
- Cooperazione tra Stati Nazionali sovrani sulla scorta del trattato di Westfalia, anziché politica di guerra e scontro di civiltà.
Aureliano Ferri.
Note:
[1] - Tale pensiero fisso esprime gli interessi per l’accumulazione primitiva da parte della classe aristocratica pre-moderna e latifondista. Da qui si spiegano le soluzioni proposte in chiave medievalista (ad es. le monete locali), quindi del tutto fuorvianti, di Auriti, di Ezra Pound, e dei loro epigoni.
[2] - Precisiamo inoltre che le Banche Centrali non acquistano titoli di Stato se non in parte; esse acquistano altri tipi di obbligazioni esistenti sul mercato: quindi non è la Banca Centrale che crea quel debito come sostengono certuni.
[3] - Prima del 1993, la Banca d’Italia, rispetto ad oggi, aveva più o meno lo stesso assetto di titolarità delle quote di partecipazione: il Governo la controllava sostanzialmente, in quanto i principali detentori delle quote erano la Banca Commerciale, il Credito Italiano e il Banco di Roma, quindi banche controllate dall’IRI, quindi dal Governo. Venivano poi altre sei banche controllate anch’esse dal Governo (San Paolo, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banco di Napoli, BNL, Montepaschi). C’erano poi anche Generali, FIAT, ma anche INPS ed altri minori. È chiaro che con le sciagurate privatizzazioni, quegli istituti di credito sono passati in mani non pubbliche e nessuno ha provveduto a trattenere le quote di Bankitalia al Tesoro, violando la Costituzione, se non altro perché molti pacchetti azionari, di quegli istituti sono diventati stranieri.
[4] - Cfr. Massimo Mucchetti, "Non sarà facile smontare Tremonti e la 'sua' Bankitalia", Corriere della Sera, 10 dicembre 2006 o Daniele Martini, "AAA vendesi Banca d’Italia, con Tremonti alla regia".
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