.Imbarazzante. Non trovo altre parole per commentare sinteticamente l’articolo di Francesco BorgonovoLibero. Imbarazzante fin dal titolo che uno legge e già gli prende un colpo: “Silvio ha creato l’uomo di destra. Ecco perché il berlusconismo non morirà”. Vero è che nel corpo dell’articolo la mirabile impresa si restringe (o si allarga: decidete voi) ad un più moderato “uomo di centrodestra”. Ma la sostanza è questa: «Il fatto è che Berlusconi non avrà compiuto la rivoluzione liberale annunciata nel ’94, ma ne ha compiuta un’altra, antropologica, da cui non si torna indietro». Capirete bene, la creazione dell’ “uomo nuovo” è una di quelle attese che definire messianiche è cosa propria: molti l’hanno vagheggiato, qualcuno ha cercato di interpretarlo, nessuno è riuscito veramente nell’impresa. Ma là dove nei millenni inutilmente si sono sfracellate le migliori menti e gli spiriti più eletti della specie umana, Berlusconi – a detta di Borgonovo – è riuscito: «Silvio ha creato l’uomo di centrodestra. Prima c’erano fascisti e postfascisti, democristiani di destra e di sinistra, liberali e radicali. Berlusconi è stato capace di coagulare i valori di questi tipi umani e politici, aggiungendo il contributo leghista». apparso il 27 gennaio su
Un’operazione alchemica, quindi. Solve et coagula, sarebbe all’origine di quest’essere miracolosamente espresso. Dissipati i vecchi riferimenti ideologico-categoriali, svuotati gli uomini di ieri dei loro pregiudizi, conquistati ai radiosi valori della nuova età, ecco l’uomo di centrodestra lanciare la sua sfida alle stelle… dalle stalle di Arcore. «Il berlusconismo ha affermato che lavorare ricavandone un profitto, e magari pure un cospicuo patrimonio, non è ingiusto. Ha mostrato che la televisione non è (soltanto) una cattiva maestra, che le tasse non sono (soltanto) buone e giuste, che l’immigrazione va controllata. Ha contribuito al superamento delle ideologie. Ha difeso la tradizione cattolica senza dimenticare il diritto degli individui a regolarsi come meglio credono con la propria libertà (sessuale o di coscienza). Berlusconi ha permesso a libertari, socialisti, rivoluzionari e conservatori di incontrarsi. E questi soggetti, una volta che si sono conosciuti e hanno apprezzato – con le differenze - i tratti comuni, non si lasceranno facilmente».
Avete letto bene? Avete notato la finezza con cui è stato ricamato il profilo di quest’uomo nuovo? Rifacciamoci i conti: baciapile moralista in pubblico e sfrenato fornicatore in privato (doppia morale); attivo ricercatore del profitto e però attento a discernere quali sono le tasse da pagare e quali invece no, regolandosi secondo coscienza con l’erario (perché una spruzzata del luterano «pecca fortiter», quando si parla di profitti, ci sta sempre bene); telespettatore riconoscente del magistero che gli arriva dal Grande Fratello (e format similari) e vigile sentinella contro le orde immigrate. Ora, di questi personaggini così, effettivamente, ce ne sono una marea in giro per l’Italia e non solo nel centrodestra. Oserei dire che ce ne sono sempre stati e ce ne saranno sempre in una misura superiore al tollerabile. Ma se pure tanto fosse il risultato straordinariamente innovativo della “rivoluzione antropologica berlusconiana”, è qualcosa di cui vantare il copyright? Se la risposta è “sì”, vogliamo tranquillizzare Borgonovo: da queste bande, nessuno gli contenderà i diritti d’autore.
Nell’articolo non si rinviene un nome che è uno a fare da esempio chiarificatore per un così basso profilo. E vorrei vedere! Perché delle due, una: o un soprassalto di lucidità ha fatto avveduto l’autore che rischiava una querela per diffamazione e calunnia a indicare con i dati anagrafici un plausibile corrispondente al suo disegno, oppure gli sarà sembrato indelicato escludere dalla eletta schiera qualche illustre pretendente. Il terzo, potrebbe essere dato dalla impossibilità per chiunque di eguagliare l’archetipo: «Che il Cavaliere sia nel bene e nel male – scrive infatti Borgonovo – un personaggio irripetibile del quale la politica italiana non potrà trovare un clone o un sostituto all’altezza è palese». Verrebbe quasi spontaneo chiosare con un: “e meno male” se non ci trattenesse il timore che invece si sbagli e che, o prima o poi, qualcun altro torni a incarnare l’eterno berlusconiano che è in lui.
E forse non soltanto in lui. Ricorderete mica per caso la vecchia ballata di Giorgio Gaber che in una sua strofa iniziale recitava: «Io sono / un uomo nuovo / per carità lo dico in senso letterale / sono progressista / al tempo stesso liberista / antirazzista / e sono molto buono / sono animalista / non sono più assistenzialista / ultimamente sono un po’ controcorrente / son federalista» – la ricordate, vero? Descriveva con perfida cattiveria l’eterna attitudine italica a trasformarsi nel nuovo che più nuovo non si può, nella pretesa di essere e di mantenersi al passo dei tempi. Anzi: più avanti rispetto al proprio tempo. Quasi profeti del “nuovo che avanza”. Ha un titolo che rovescia ironicamente nel suo contrario il fervorino novatore: Il conformista. Fatela ascoltare ripetutamente a Borgonovo costringendolo, contemporaneamente, a fissare le immagini del suo Cavaliere che fa il baciamano a Gheddafi (lo so: sto parodiando Arancia meccanica). Un paio di ore di questo trattamento forse riusciranno a farlo rinsavire. E se ce ne vogliono di più, insistete: è per il suo bene.
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