15 febbraio 2013

Il boom degli altri


Perché i Bric (Brasile, Russia, India e Cina) crescono (in termini di Pil) più dei paesi occidentali e dell'Italia in particolare?
Per lo stesso motivo per cui l'Italia, negli anni 60, era in pieno boom: c'era da costruire una nuova economia (passando dall'Agricoltura all'Industria), si pagavano poche tasse (intorno al 30% del Pil) e c'era molta libertà di intraprendere...
Leggete quella "ricetta" al contrario: tasse elevatissime (intorno al 50% del Pil), completa rigidità di un sistema economico soffocato dalla burocrazia e da un numero sterminato di leggi e regolamenti ed un economia matura, esposta alla concorrenza dei paesi emergenti... ed avrete i motivi per cui da quindici anni noi non cresciamo più.
Aggiungeteci l'ulteriore zavorra dell'euro (che ci rende molto vulnerabili alla concorrenza dei paesi nostri concorrenti, soprattutto la Germania) ed avrete il quadro quasi completo della nostra situazione di grande difficoltà.
Negli anni 60, dopo 20 anni di fascismo ed una guerra persa, gli italiani avevano voglia di intraprendere... arricchirsi... e farlo rapidamente...
Al Nord le aziende nascevano come funghi (oggi chiudono in rapida sequenza) e dal Sud, i treni speciali trasportavano milioni di lavoratori che fornivano la manodopera necessaria.
Al governo del paese, una classe dirigente "intelligente e competente" (De Gasperi, La Malfa, Malagodi, etc...) sapeva perfettamente che non doveva interferire con quella corsa forsennata del paese verso la modernità...
L'evasione fiscale era la regola (... ed era tollerata...) e gli utili aziendali, piuttosto che andare allo Stato in tasse, venivano generosamente reinvestiti nelle aziende stesse, che crescevano a ritmi impressionanti e richiedevano sempre più lavoratori.
L'Italia di allora era (quasi) come la Cina di oggi: tassi di crescita intorno al 6% e milioni di persone che lasciavano la campagna e la provincia per trasferirsi nelle fabbriche di Milano, Torino e Genova... il famoso triangolo industriale.
Ma quest'analisi non sarebbe completa senza citare gli imprenditori di quei tempi: Olivetti, Pirelli, Falck, Valletta, Mattei... gente determinata che aveva il coraggio necessario per lanciarsi alla conquista dei mercati mondiali, sfidando, se necessario, lo strapotere degli americani (mi riferisco, in particolare, ad Enrico Mattei).
La scuola era ancora quella fascista ("costruita" con la riforma di Giovanni Gentile) che "produceva" uomini e donne di cultura... professionisti di prima classe...
... E poi, ad un certo punto, si affermò la "democrazia"... e i politici diventarono "professionisti del consenso" il cui unico obiettivo era farsi rieleggere... e , rapidamente, tutto cambiò.
Per farsi rieleggere i "nuovi professionisti della politica" (Craxi, De Mita, Spadolini... etc..) dovevano esaudire tutti i desideri dei loro elettori... il che significava spendere denaro pubblico per acquistare (e mantenere) il consenso...
Ma per spenderlo bisognava prima ottenerlo... con tasse sempre maggiori che, però, non bastavano mai...
Fu così che il debito pubblico, dopo il divorzio della Banca d'Italia dal Tesoro (voluto da Andreatta nel 1981), spiccò il volo verso il 100% del Pil e poi ancora oltre... e le tasse si misero a rincorrere spese sempre più elevate... fino a soffocare l'economia.
Al Sud furono "somministrati" continui "ammortizzatori sociali" (sotto forma di impieghi statali spesso improduttivi, pensioni generosissime, incentivi fiscali e finanziamenti a fondo perduto senza alcun controllo) i quali generarono la convinzione che il governo aveva l'obbligo di mantenerti... a patto che tu lo votassi...
E così da Napoli a Palermo si creò un'intera area di assistenza che, in larga parte, viveva di "sussidi statali" i quali venivano estratti dalle tasse pagate al Nord. Finché l'euro non ha messo in ginocchio l'intera Industria del Nord che, per sopravvivere, ha cominciato ad emigrare (Romania, Slovenia, Albania...)... oppure, semplicemente, ha smesso di produrre (negli ultimi 12 anni l'Italia ha perso il 30% del suo apparato industriale) e, dunque, le maggiori spese statali dovevano "prelevare tasse" da una base imponibile sempre minore, col risultato di dover incrementare la pressione fiscale fino a livelli insostenibili.
Osservate in tabellina sotto l'evolversi negli anni, delle spese dello Stato italiano in percentuale del Pil...
Anni
1870
1913
1920
1937
1960
1980
1990
2000
2005
2009
2012
Spese/Pil %
13.7
17.1
30.1
31.1
30.1
42.1
53.4
46.2
48.2
51.9
56.2
Dal 1920 al 1960 le spese (e quindi le tasse) si sono mantenute basse e costanti (circa il 30.5% del Pil) e poi, con l'arrivo dei "professionisti della politica" che si sono pagato il consenso elettorale (e quindi la loro rielezione) con la spesa pubblica, quel rapporto Spesa/Pil si è impennato prima al 42.1% nel 1980, e poi al 53.4% nel 1990...
Nel 1992, difatti, l'Italia ha avuto una prima crisi finanziaria da euro (che al tempo si chiamava Ecu) e debito... da cui è uscita con una massiccia svalutazione rispetto alle principali valute dei paesi concorrenti.
Nel 2000 le spese dello Stato sono calate al 46.2 del Pil, per poi riprendere la via del solito vizio negli anni immediatamente successivi... fino al 51.9% di Berlusconi ed il 56.2% di Monti.
E non è tutto: nel 2007 le leggi in vigore in Italia assommavano a 150000... record mondiale di tutti i tempi.
Le aziende italiane, dunque, sono state soffocate da tasse che hanno inseguito spese le cui entità si commentano da sole nella tabella precedente... e da una burocrazia che ha poggiato il suo potere su un numero sterminato di leggi.
Quando Berlusconi scese in campo (1994) aveva promesso di ridurre tasse (quindi, spese) e burocrazia... esattamente ciò che, allora come adesso, serviva a questo paese... Difatti stravinse al primo colpo...
Poi, una volta al potere, ha fatto come tutti quelli prima di lui: più spese (per comprare consenso) e, quindi, più tasse... E nel frattempo, la burocrazia, inutile dirlo, ha continuato a proliferare su leggi sempre più numerose...
E nonostante ciò, il barlafüs di Arcore, oggi si ri-presenta 20 anni dopo con le stesse promesse elettorali (meno tasse, meno burocrazia) mai mantenute e, incredibilmente, guadagna vistosamente nei sondaggi...
La ricetta per tornare a crescere è, dunque, semplicissima, basta ritornare allo spirito degli anni 60: basse tasse e poca burocrazia (esattamente come oggi avviene in Cina, India, Brasile e Russia dove, inutile dirlo, c'è anche una diffusissima evasione fiscale che, come da noi negli anni 60, è reinvestita nelle aziende e genera ulteriore crescita).
Ma com'è possibile abbassare le tasse se non si riducono le spese?
... E com'è possibile ridurre le spese se questi politici, per farsi rieleggere, devono "comprare" il consenso dei loro elettori con spese sempre crescenti?
E com'è possibile ridurre la burocrazia se, nonostante i recenti (2008) parziali "ripulisti" di Calderoli, deteniamo ancora il record mondiale del numero di leggi in vigore e, inoltre, burocrazia significa posti di lavoro per gli amici, poltrone per i "trombati" e generose mazzette extra (tutte cose che, diciamoci la verità, per i politici sono "irrinunciabili")?
Per questo occorre cambiare completamente registro... bisogna mandare a casa i professionisti della politica (Berlusconi, Bersani, Fini, Casini... etc..) che, per loro assoluta necessità, devono spendere denaro pubblico ed alimentare la burocrazia...
20 anni di alternanza centrosinistra - centrodestra hanno dimostrato chiaramente che, indipendentemente dal colore, il problema è esattamente "loro" (i professionisti della politica)... e, quindi, continuando ad affidarci a loro, non ne usciremo mai...
... Per questo io voto Movimento 5 stelle... è l'unica maniera che vedo di liberarci di tutti questi parassiti...
... Oppure voi avete un altra soluzione da suggerirmi?

di Giuseppe Migliorino

Nessun commento:

15 febbraio 2013

Il boom degli altri


Perché i Bric (Brasile, Russia, India e Cina) crescono (in termini di Pil) più dei paesi occidentali e dell'Italia in particolare?
Per lo stesso motivo per cui l'Italia, negli anni 60, era in pieno boom: c'era da costruire una nuova economia (passando dall'Agricoltura all'Industria), si pagavano poche tasse (intorno al 30% del Pil) e c'era molta libertà di intraprendere...
Leggete quella "ricetta" al contrario: tasse elevatissime (intorno al 50% del Pil), completa rigidità di un sistema economico soffocato dalla burocrazia e da un numero sterminato di leggi e regolamenti ed un economia matura, esposta alla concorrenza dei paesi emergenti... ed avrete i motivi per cui da quindici anni noi non cresciamo più.
Aggiungeteci l'ulteriore zavorra dell'euro (che ci rende molto vulnerabili alla concorrenza dei paesi nostri concorrenti, soprattutto la Germania) ed avrete il quadro quasi completo della nostra situazione di grande difficoltà.
Negli anni 60, dopo 20 anni di fascismo ed una guerra persa, gli italiani avevano voglia di intraprendere... arricchirsi... e farlo rapidamente...
Al Nord le aziende nascevano come funghi (oggi chiudono in rapida sequenza) e dal Sud, i treni speciali trasportavano milioni di lavoratori che fornivano la manodopera necessaria.
Al governo del paese, una classe dirigente "intelligente e competente" (De Gasperi, La Malfa, Malagodi, etc...) sapeva perfettamente che non doveva interferire con quella corsa forsennata del paese verso la modernità...
L'evasione fiscale era la regola (... ed era tollerata...) e gli utili aziendali, piuttosto che andare allo Stato in tasse, venivano generosamente reinvestiti nelle aziende stesse, che crescevano a ritmi impressionanti e richiedevano sempre più lavoratori.
L'Italia di allora era (quasi) come la Cina di oggi: tassi di crescita intorno al 6% e milioni di persone che lasciavano la campagna e la provincia per trasferirsi nelle fabbriche di Milano, Torino e Genova... il famoso triangolo industriale.
Ma quest'analisi non sarebbe completa senza citare gli imprenditori di quei tempi: Olivetti, Pirelli, Falck, Valletta, Mattei... gente determinata che aveva il coraggio necessario per lanciarsi alla conquista dei mercati mondiali, sfidando, se necessario, lo strapotere degli americani (mi riferisco, in particolare, ad Enrico Mattei).
La scuola era ancora quella fascista ("costruita" con la riforma di Giovanni Gentile) che "produceva" uomini e donne di cultura... professionisti di prima classe...
... E poi, ad un certo punto, si affermò la "democrazia"... e i politici diventarono "professionisti del consenso" il cui unico obiettivo era farsi rieleggere... e , rapidamente, tutto cambiò.
Per farsi rieleggere i "nuovi professionisti della politica" (Craxi, De Mita, Spadolini... etc..) dovevano esaudire tutti i desideri dei loro elettori... il che significava spendere denaro pubblico per acquistare (e mantenere) il consenso...
Ma per spenderlo bisognava prima ottenerlo... con tasse sempre maggiori che, però, non bastavano mai...
Fu così che il debito pubblico, dopo il divorzio della Banca d'Italia dal Tesoro (voluto da Andreatta nel 1981), spiccò il volo verso il 100% del Pil e poi ancora oltre... e le tasse si misero a rincorrere spese sempre più elevate... fino a soffocare l'economia.
Al Sud furono "somministrati" continui "ammortizzatori sociali" (sotto forma di impieghi statali spesso improduttivi, pensioni generosissime, incentivi fiscali e finanziamenti a fondo perduto senza alcun controllo) i quali generarono la convinzione che il governo aveva l'obbligo di mantenerti... a patto che tu lo votassi...
E così da Napoli a Palermo si creò un'intera area di assistenza che, in larga parte, viveva di "sussidi statali" i quali venivano estratti dalle tasse pagate al Nord. Finché l'euro non ha messo in ginocchio l'intera Industria del Nord che, per sopravvivere, ha cominciato ad emigrare (Romania, Slovenia, Albania...)... oppure, semplicemente, ha smesso di produrre (negli ultimi 12 anni l'Italia ha perso il 30% del suo apparato industriale) e, dunque, le maggiori spese statali dovevano "prelevare tasse" da una base imponibile sempre minore, col risultato di dover incrementare la pressione fiscale fino a livelli insostenibili.
Osservate in tabellina sotto l'evolversi negli anni, delle spese dello Stato italiano in percentuale del Pil...
Anni
1870
1913
1920
1937
1960
1980
1990
2000
2005
2009
2012
Spese/Pil %
13.7
17.1
30.1
31.1
30.1
42.1
53.4
46.2
48.2
51.9
56.2
Dal 1920 al 1960 le spese (e quindi le tasse) si sono mantenute basse e costanti (circa il 30.5% del Pil) e poi, con l'arrivo dei "professionisti della politica" che si sono pagato il consenso elettorale (e quindi la loro rielezione) con la spesa pubblica, quel rapporto Spesa/Pil si è impennato prima al 42.1% nel 1980, e poi al 53.4% nel 1990...
Nel 1992, difatti, l'Italia ha avuto una prima crisi finanziaria da euro (che al tempo si chiamava Ecu) e debito... da cui è uscita con una massiccia svalutazione rispetto alle principali valute dei paesi concorrenti.
Nel 2000 le spese dello Stato sono calate al 46.2 del Pil, per poi riprendere la via del solito vizio negli anni immediatamente successivi... fino al 51.9% di Berlusconi ed il 56.2% di Monti.
E non è tutto: nel 2007 le leggi in vigore in Italia assommavano a 150000... record mondiale di tutti i tempi.
Le aziende italiane, dunque, sono state soffocate da tasse che hanno inseguito spese le cui entità si commentano da sole nella tabella precedente... e da una burocrazia che ha poggiato il suo potere su un numero sterminato di leggi.
Quando Berlusconi scese in campo (1994) aveva promesso di ridurre tasse (quindi, spese) e burocrazia... esattamente ciò che, allora come adesso, serviva a questo paese... Difatti stravinse al primo colpo...
Poi, una volta al potere, ha fatto come tutti quelli prima di lui: più spese (per comprare consenso) e, quindi, più tasse... E nel frattempo, la burocrazia, inutile dirlo, ha continuato a proliferare su leggi sempre più numerose...
E nonostante ciò, il barlafüs di Arcore, oggi si ri-presenta 20 anni dopo con le stesse promesse elettorali (meno tasse, meno burocrazia) mai mantenute e, incredibilmente, guadagna vistosamente nei sondaggi...
La ricetta per tornare a crescere è, dunque, semplicissima, basta ritornare allo spirito degli anni 60: basse tasse e poca burocrazia (esattamente come oggi avviene in Cina, India, Brasile e Russia dove, inutile dirlo, c'è anche una diffusissima evasione fiscale che, come da noi negli anni 60, è reinvestita nelle aziende e genera ulteriore crescita).
Ma com'è possibile abbassare le tasse se non si riducono le spese?
... E com'è possibile ridurre le spese se questi politici, per farsi rieleggere, devono "comprare" il consenso dei loro elettori con spese sempre crescenti?
E com'è possibile ridurre la burocrazia se, nonostante i recenti (2008) parziali "ripulisti" di Calderoli, deteniamo ancora il record mondiale del numero di leggi in vigore e, inoltre, burocrazia significa posti di lavoro per gli amici, poltrone per i "trombati" e generose mazzette extra (tutte cose che, diciamoci la verità, per i politici sono "irrinunciabili")?
Per questo occorre cambiare completamente registro... bisogna mandare a casa i professionisti della politica (Berlusconi, Bersani, Fini, Casini... etc..) che, per loro assoluta necessità, devono spendere denaro pubblico ed alimentare la burocrazia...
20 anni di alternanza centrosinistra - centrodestra hanno dimostrato chiaramente che, indipendentemente dal colore, il problema è esattamente "loro" (i professionisti della politica)... e, quindi, continuando ad affidarci a loro, non ne usciremo mai...
... Per questo io voto Movimento 5 stelle... è l'unica maniera che vedo di liberarci di tutti questi parassiti...
... Oppure voi avete un altra soluzione da suggerirmi?

di Giuseppe Migliorino

Nessun commento: