Tre sono i temi dibattuti nel presente post: 1) I punti di forza di Grillo e Casaleggio. 2) Il silenzio degli operai (una sorta d'inquietante silenzio degli innocenti). 3) Il popolo di sinistra manipolato dai rinnegati neoliberisti. 1) La forza del grillismo, a quanto sembra crescente. Vero che Grillo e Casaleggio, dominatori incontrastati del movimento, hanno fatto una scelta vincente con i vecchi comizi in piazza (che stranamente contraddicono, per la richiesta presenza nel mondo reale, la natura virtuale e originaria della loro creatura m5s) e la comunicazione prevalente in rete (programma, parlamentarie, eccetera). I punti di forza principali di Grillo e Casaleggio, che finora si sono rivelati paganti in termini di consensi e di relativo radicamento del movimento in molte aree del paese, sono essenzialmente tre: a) Decisioni fortemente centralizzate e organizzazione de facto verticistica del movimento. La centralizzazione del movimento e la limitazione del numero dei veri decisori costituiscono un buon contrappeso, almeno per ora, all’eterogeneità del movimento stesso, che altrimenti alimenterebbe forti spinte centrifughe. Vedremo cosa accadrà domani, quando i rappresentanti di m5s saranno in parlamento e il movimento cercherà di emanciparsi, sfuggendo alla stretta dei due capi. b) Rifiuto delle alleanze con qualsivoglia possibile interlocutore esterno, nella consapevolezza che una splendida solitudine, in questi frangenti politico-sociali, moltiplica i voti. Se ci si presenta come puri e illibati, speranza di cambiamenti radicali per la prima volta in parlamento, non vi può essere commistione con i partiti e i cartelli elettorali che il sistema ha prodotto, pena la perdita d’immagine e la contaminazione. Perciò Ingroia e il suo cartellino elettorale non dovrebbero esser visti come una protesi di Grillo e dei suoi e non è per niente certa una futura alleanza fra i due gruppi. c) De-ideologizzazione completa del movimento ed estraneità conclamata al sistema dei partiti, per mietere consensi ovunque, con il contraltare di un programma ambiguo, centrato sul sociale – reddito di cittadinanza per tutti – ma con preoccupanti elementi di natura liberista – contrattazione individuale, senza mediazioni sindacali, fra lavoratore e datore di lavoro. Che poi una fetta significativa del ceto medio impoverito, in buona parte legato al lavoro intellettuale – dipendente, parasubordinato e autonomo –sostenga oggi con qualche convinzione m5s, la cosa non deve stupire, anche in considerazione della prevalenza delle fasce d'età più giovani, investite in pieno dall’onda del precariato e interessate in particolare al punto c prima esposto, in termini di de-ideologizzazione di massa, estraneità conclamata al sistema dei partiti, interclassismo, eccetera. 2) Il silenzio degli operai, quasi invisibili con i loro problemi in campagna elettorale. Per quanto riguarda gli operai, invece, il loro sconcertante silenzio e la loro apparente irrilevanza stupiscono, essendo fra i più colpiti dalla crisi indotta, dalla disoccupazione conseguente e dalle misure antisociali del governo Monti, appoggiato convintamente dalla sinistra rinnegata pidiina. Oggi sono più attivi, più contrastivi e vitali i nuclei di piccoli imprenditori inferociti, ad un passo dalla rovina, che sostengono il pagliaccesco neoliberista Giannino. Quegli stessi imprenditori che anni addietro, quando ancora i momenti più bui della crisi erano una vaga prospettiva, sostenevano con convinzione il liberismo estremo, l’espansione e il dominio incontrastato dei mercati per una libera iniziativa privata senza lacci e lacciuoli. O che magari spostavano risorse dalla produzione e dall’innovazione nei cicli produttivi e dei prodotti alle lucrose attività finanziarie. Gli operai invece, abbandonati da una sinistra che ha cercato nuovi, potentissimi padroni dopo il collasso sovietico, saltando definitivamente dall’altra parte della barricata, già da anni sopravvivono ai rigori sociali imposti dal neocapitalismo dominante come orfani che cercano un riferimento (politico) e una tutela che hanno perduto. Nel 2008, a nord, è stata la lega di Bossi ad attrarre il loro consenso, in un tentativo di trovare rappresentanza per i propri interessi. Ma anche in tal caso gli operai non hanno goduto di alcuna vera rappresentatività, come gruppo ormai invisibile a livello politico e non più come storica classe del vecchio ordine sociale. Pur al governo con il Berlusconi IV e determinante per la sopravvivenza di quel esecutivo, la lega beneficiata dal voto operaio non ha impedito il dilagare della disoccupazione, nel settentrione del paese, e non ha contrastato (come tutti, del resto, nella maggioranza e nell’opposizione di allora) la grande offensiva marchionnista contro il contratto nazionale di lavoro. Dopo questa delusione, amplificata di recente dalle inchieste della magistratura che hanno investito i vertici della lega a partire dal suo segretario amministrativo (Belsito), è probabile che il voto degli operai abbandonati a se stessi anche sul versante sindacale (fiom e cgil sostengono il pd, il sel e il cs che hanno in serbo la continuazione delle politiche euromontiane) si disperda in molti rivoli, se non prevarrà una chiara scelta astensionista. Unico vero testimonial della condizione operaia in Italia è il piccolissimo e ininfluente Partito Comunista dei Lavoratori del professor Tiziano Ferrando, che può sperare in paio di centinaia di migliaia di voti, non tutti operai. L’inquietante silenzio del lavoro operaio penalizzato in termini di redditi, posti di lavoro e diritti, in questa campagna elettorale un po’ surreale e in gran parte mediatica, può non significare che il neocapitalismo, attraverso le sue regole, i suoi partiti e i suoi sindacati, è riuscito a piegare definitivamente gli operai orfani dell’omonima classe, riducendoli sempre di più a neoschiavi rassegnati. Che si tratti, invece, della classica quiete prima di una storica (e destabilizzante) tempesta sociale, non limitata al nostro paese? 3) Il popolo di sinistra condotto al voto da rinnegati e traditori che lo manipolano. Idiotizzazione, perdita della coscienza critica, sociale e di classe, e diffusione dell’antiberlusconismo salvifico hanno condizionato e adeguatamente manipolato il cosiddetto popolo di sinistra che così appoggia, contro i suoi, propri interessi vitali, i rinnegati neoliberisti del pd, con la protesi radicale del sel vendoliano. Quell'antiberlusconismo che ha favorito la perdita di consenso del cav e la sua caduta è stato usato subdolamente come cavallo di troia per far entrare Monti in Italia, insediatosi al governo per conto delle élite finanziarie internazionalizzate (americane ed europidi). Lo stesso antiberlusconismo, suscitato da intense ed estese campagne massmediatiche dei rinnegati di sinistra, con appoggi e complicità ben oltre i confini nazionali, serve per chiamare a raccolta il popolo di sinistra contro il ritorno di Berlusconi e la sua veloce rimonta in campagna elettorale. Il vero scopo di queste operazioni è sempre quello di sottomettere l’intero paese, e al suo interno lo stesso popolo di sinistra, ai voleri delle élite finanziarie internazionalizzate, proseguendo con le controriforme euromontiane e continuando con il ridimensionamento/ privatizzazione integrale delle strutture produttive nazionali. A tale fine, possono andar bene anche le pelosissime (e scadenti) performance di un istrione del calibro di Crozza che imita Berlusconi sul palco di San Remo, pur accompagnate dalle vivaci proteste del pubblico. Uno strumento importante, alla fine della campagna elettorale, sono le inchieste e i processi della magistratura contro lega e pdl, per cercare di ridimensionarli: l’arresto di Orsi ai vertici di Finmeccanica e i quattro anni comminati a Fitto del pdl dal tribunale di Bari. Ma le inchieste della magistratura raggiungono anche l’obiettivo di screditare e mettere in crisi le ultime grandi industrie italiane, preparandole per futuri ridimensionamenti, sostituzioni dei vertici, smembramenti e infine per la vendita (a sconto) sul mercato al capitale finanziario straniero. E’ questo l’interesse concreto del cosiddetto popolo di sinistra, che voterà in grande maggioranza per pd e sel? Ovviamente no, perché un ulteriore impoverimento del paese non risparmierebbe la grandissima parte degli elettori di Bersani e Vendola. Se poi si considera il futuro esecutivo con Monti, nonostante le dichiarazioni contrarie dell’imbroglione Vendola, il quadro della situazione è completo. Votare per chi si accinge a fare il tuo male, a mantenerti nella prigione unionista europoide e sotto tortura sociale con l’euro, è senz’altro manifestazione estrema di idiotismo, se non di vero e proprio masochismo, e addirittura va oltre la sindrome di Stoccolma. Il popolo di sinistra potrà essere recuperato o la partita per il risveglio delle coscienze è ormai perduta? Difficile dirlo, ma è chiaro che siamo a un passo dalla sconfitta definitiva. di Eugenio Orso |
16 febbraio 2013
Il popolo della sinistra truffato
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
16 febbraio 2013
Il popolo della sinistra truffato
Tre sono i temi dibattuti nel presente post: 1) I punti di forza di Grillo e Casaleggio. 2) Il silenzio degli operai (una sorta d'inquietante silenzio degli innocenti). 3) Il popolo di sinistra manipolato dai rinnegati neoliberisti. 1) La forza del grillismo, a quanto sembra crescente. Vero che Grillo e Casaleggio, dominatori incontrastati del movimento, hanno fatto una scelta vincente con i vecchi comizi in piazza (che stranamente contraddicono, per la richiesta presenza nel mondo reale, la natura virtuale e originaria della loro creatura m5s) e la comunicazione prevalente in rete (programma, parlamentarie, eccetera). I punti di forza principali di Grillo e Casaleggio, che finora si sono rivelati paganti in termini di consensi e di relativo radicamento del movimento in molte aree del paese, sono essenzialmente tre: a) Decisioni fortemente centralizzate e organizzazione de facto verticistica del movimento. La centralizzazione del movimento e la limitazione del numero dei veri decisori costituiscono un buon contrappeso, almeno per ora, all’eterogeneità del movimento stesso, che altrimenti alimenterebbe forti spinte centrifughe. Vedremo cosa accadrà domani, quando i rappresentanti di m5s saranno in parlamento e il movimento cercherà di emanciparsi, sfuggendo alla stretta dei due capi. b) Rifiuto delle alleanze con qualsivoglia possibile interlocutore esterno, nella consapevolezza che una splendida solitudine, in questi frangenti politico-sociali, moltiplica i voti. Se ci si presenta come puri e illibati, speranza di cambiamenti radicali per la prima volta in parlamento, non vi può essere commistione con i partiti e i cartelli elettorali che il sistema ha prodotto, pena la perdita d’immagine e la contaminazione. Perciò Ingroia e il suo cartellino elettorale non dovrebbero esser visti come una protesi di Grillo e dei suoi e non è per niente certa una futura alleanza fra i due gruppi. c) De-ideologizzazione completa del movimento ed estraneità conclamata al sistema dei partiti, per mietere consensi ovunque, con il contraltare di un programma ambiguo, centrato sul sociale – reddito di cittadinanza per tutti – ma con preoccupanti elementi di natura liberista – contrattazione individuale, senza mediazioni sindacali, fra lavoratore e datore di lavoro. Che poi una fetta significativa del ceto medio impoverito, in buona parte legato al lavoro intellettuale – dipendente, parasubordinato e autonomo –sostenga oggi con qualche convinzione m5s, la cosa non deve stupire, anche in considerazione della prevalenza delle fasce d'età più giovani, investite in pieno dall’onda del precariato e interessate in particolare al punto c prima esposto, in termini di de-ideologizzazione di massa, estraneità conclamata al sistema dei partiti, interclassismo, eccetera. 2) Il silenzio degli operai, quasi invisibili con i loro problemi in campagna elettorale. Per quanto riguarda gli operai, invece, il loro sconcertante silenzio e la loro apparente irrilevanza stupiscono, essendo fra i più colpiti dalla crisi indotta, dalla disoccupazione conseguente e dalle misure antisociali del governo Monti, appoggiato convintamente dalla sinistra rinnegata pidiina. Oggi sono più attivi, più contrastivi e vitali i nuclei di piccoli imprenditori inferociti, ad un passo dalla rovina, che sostengono il pagliaccesco neoliberista Giannino. Quegli stessi imprenditori che anni addietro, quando ancora i momenti più bui della crisi erano una vaga prospettiva, sostenevano con convinzione il liberismo estremo, l’espansione e il dominio incontrastato dei mercati per una libera iniziativa privata senza lacci e lacciuoli. O che magari spostavano risorse dalla produzione e dall’innovazione nei cicli produttivi e dei prodotti alle lucrose attività finanziarie. Gli operai invece, abbandonati da una sinistra che ha cercato nuovi, potentissimi padroni dopo il collasso sovietico, saltando definitivamente dall’altra parte della barricata, già da anni sopravvivono ai rigori sociali imposti dal neocapitalismo dominante come orfani che cercano un riferimento (politico) e una tutela che hanno perduto. Nel 2008, a nord, è stata la lega di Bossi ad attrarre il loro consenso, in un tentativo di trovare rappresentanza per i propri interessi. Ma anche in tal caso gli operai non hanno goduto di alcuna vera rappresentatività, come gruppo ormai invisibile a livello politico e non più come storica classe del vecchio ordine sociale. Pur al governo con il Berlusconi IV e determinante per la sopravvivenza di quel esecutivo, la lega beneficiata dal voto operaio non ha impedito il dilagare della disoccupazione, nel settentrione del paese, e non ha contrastato (come tutti, del resto, nella maggioranza e nell’opposizione di allora) la grande offensiva marchionnista contro il contratto nazionale di lavoro. Dopo questa delusione, amplificata di recente dalle inchieste della magistratura che hanno investito i vertici della lega a partire dal suo segretario amministrativo (Belsito), è probabile che il voto degli operai abbandonati a se stessi anche sul versante sindacale (fiom e cgil sostengono il pd, il sel e il cs che hanno in serbo la continuazione delle politiche euromontiane) si disperda in molti rivoli, se non prevarrà una chiara scelta astensionista. Unico vero testimonial della condizione operaia in Italia è il piccolissimo e ininfluente Partito Comunista dei Lavoratori del professor Tiziano Ferrando, che può sperare in paio di centinaia di migliaia di voti, non tutti operai. L’inquietante silenzio del lavoro operaio penalizzato in termini di redditi, posti di lavoro e diritti, in questa campagna elettorale un po’ surreale e in gran parte mediatica, può non significare che il neocapitalismo, attraverso le sue regole, i suoi partiti e i suoi sindacati, è riuscito a piegare definitivamente gli operai orfani dell’omonima classe, riducendoli sempre di più a neoschiavi rassegnati. Che si tratti, invece, della classica quiete prima di una storica (e destabilizzante) tempesta sociale, non limitata al nostro paese? 3) Il popolo di sinistra condotto al voto da rinnegati e traditori che lo manipolano. Idiotizzazione, perdita della coscienza critica, sociale e di classe, e diffusione dell’antiberlusconismo salvifico hanno condizionato e adeguatamente manipolato il cosiddetto popolo di sinistra che così appoggia, contro i suoi, propri interessi vitali, i rinnegati neoliberisti del pd, con la protesi radicale del sel vendoliano. Quell'antiberlusconismo che ha favorito la perdita di consenso del cav e la sua caduta è stato usato subdolamente come cavallo di troia per far entrare Monti in Italia, insediatosi al governo per conto delle élite finanziarie internazionalizzate (americane ed europidi). Lo stesso antiberlusconismo, suscitato da intense ed estese campagne massmediatiche dei rinnegati di sinistra, con appoggi e complicità ben oltre i confini nazionali, serve per chiamare a raccolta il popolo di sinistra contro il ritorno di Berlusconi e la sua veloce rimonta in campagna elettorale. Il vero scopo di queste operazioni è sempre quello di sottomettere l’intero paese, e al suo interno lo stesso popolo di sinistra, ai voleri delle élite finanziarie internazionalizzate, proseguendo con le controriforme euromontiane e continuando con il ridimensionamento/ privatizzazione integrale delle strutture produttive nazionali. A tale fine, possono andar bene anche le pelosissime (e scadenti) performance di un istrione del calibro di Crozza che imita Berlusconi sul palco di San Remo, pur accompagnate dalle vivaci proteste del pubblico. Uno strumento importante, alla fine della campagna elettorale, sono le inchieste e i processi della magistratura contro lega e pdl, per cercare di ridimensionarli: l’arresto di Orsi ai vertici di Finmeccanica e i quattro anni comminati a Fitto del pdl dal tribunale di Bari. Ma le inchieste della magistratura raggiungono anche l’obiettivo di screditare e mettere in crisi le ultime grandi industrie italiane, preparandole per futuri ridimensionamenti, sostituzioni dei vertici, smembramenti e infine per la vendita (a sconto) sul mercato al capitale finanziario straniero. E’ questo l’interesse concreto del cosiddetto popolo di sinistra, che voterà in grande maggioranza per pd e sel? Ovviamente no, perché un ulteriore impoverimento del paese non risparmierebbe la grandissima parte degli elettori di Bersani e Vendola. Se poi si considera il futuro esecutivo con Monti, nonostante le dichiarazioni contrarie dell’imbroglione Vendola, il quadro della situazione è completo. Votare per chi si accinge a fare il tuo male, a mantenerti nella prigione unionista europoide e sotto tortura sociale con l’euro, è senz’altro manifestazione estrema di idiotismo, se non di vero e proprio masochismo, e addirittura va oltre la sindrome di Stoccolma. Il popolo di sinistra potrà essere recuperato o la partita per il risveglio delle coscienze è ormai perduta? Difficile dirlo, ma è chiaro che siamo a un passo dalla sconfitta definitiva. di Eugenio Orso |
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento