Da quando Napolitano ha fatto saltare, chiamando al governo Mario Monti, le regole della democrazia che, nel bene e nel male, avevano sorretto le istituzioni della repubblica italiana anche nei periodi più bui della sua storia, la crisi etico- politica, oltre che economica, dell’Italia è andata peggiorando ogni giorno di più ed è inutile sperare che il Signor Letta trovi una soluzione perché, anche se lo volesse, non è in condizioni di riuscirci. I motivi sono evidenti. Il suo governo è nato per collocare, senza più né dubbi né ripensamenti, in maniera definitiva l’Italia alle dipendenze dell’Unione europea. Diciamo, in sintesi, che ha concluso, fingendo di tornare alla legalità democratica, il lavoro iniziato da Mario Monti. Tutto quello che dice Enrico Letta sui problemi da affrontare è preceduto dall’affermazione che gli impegni presi con l’Europa saranno mantenuti, che il rapporto debito-Pil è ferreo e nulla potrà impedire che tale rimanga. Batterà i pugni sul tavolo di Bruxelles? Barzellette! Enrico Letta ha costruito la sua carriera sull’Europa e dunque quello che conta è “Lui”, Letta, e il suo buon rapporto con l’Europa, non l’Italia e i suoi bisogni. Se passiamo ad analizzare il modo con il quale ha scelto i suoi membri, balza subito agli occhi che il governo Letta somiglia a uno dei tanti governi esibiti dai paesi emersi di recente alla ribalta della storia, quelli un po’ da ridere, quelli che, dall’alto della propria civiltà, gli italiani erano soliti definire repubbliche delle banane. Una balda “immagine” di avanzata democrazia e sotto il vestito, non il nulla, ma la brutalità della più selvaggia delle dittature (vedi il controllo dei conti correnti) e la castrazione dei sudditi. La storia della campionessa promossa a ministro è stata ormai troppo discussa per dovervisi soffermare, ma è appunto una storia da paesi delle banane. Una cosa però bisogna aggiungerla. È naturale, è ovvio, oltre che tanto noto da aver ispirato innumerevoli barzellette e gag famose come quelle delle interviste di Tognazzi e Vianello ai vincitori di turno, che i campioni dello sport non possiedano particolari doti di pensiero e nessuna competenza per fare qualsiasi cosa tranne che esercitarsi nel proprio sport. Sbalzarli a governare, a fare le leggi, a comandare ai popoli è da stupidi oltre che offensivo per i popoli stessi. Il signor Letta adopera però il populismo di “genere”: perché la canoista Idem e non il calciatore Balotelli? Letta sapeva bene che se avesse nominato ministro Balotelli, anche se molto più famoso e pieno di fans, si sarebbero messi tutti a ridere. Adesso, però, c’è la questione della condanna di Berlusconi, capo del partito di governo, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non discutiamo qui in nessun modo la condanna (comunque medioevale), ma il dato di fatto. Il governo doveva dimettersi, se appunto l’Italia non fosse stata ridotta a repubblica delle banane. Esponenti del Pdl scendono in piazza per protestare contro la condanna mentre altri, compreso il vicecapo del governo, continuano a governare come nulla fosse successo. E osano affermare che questo è un governo per il bene del paese. Il bene del paese sarebbe quello di appartenere ancora alla civiltà democratica. di Ida Magli |
07 luglio 2013
Un governo da buttare
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07 luglio 2013
Un governo da buttare
Da quando Napolitano ha fatto saltare, chiamando al governo Mario Monti, le regole della democrazia che, nel bene e nel male, avevano sorretto le istituzioni della repubblica italiana anche nei periodi più bui della sua storia, la crisi etico- politica, oltre che economica, dell’Italia è andata peggiorando ogni giorno di più ed è inutile sperare che il Signor Letta trovi una soluzione perché, anche se lo volesse, non è in condizioni di riuscirci. I motivi sono evidenti. Il suo governo è nato per collocare, senza più né dubbi né ripensamenti, in maniera definitiva l’Italia alle dipendenze dell’Unione europea. Diciamo, in sintesi, che ha concluso, fingendo di tornare alla legalità democratica, il lavoro iniziato da Mario Monti. Tutto quello che dice Enrico Letta sui problemi da affrontare è preceduto dall’affermazione che gli impegni presi con l’Europa saranno mantenuti, che il rapporto debito-Pil è ferreo e nulla potrà impedire che tale rimanga. Batterà i pugni sul tavolo di Bruxelles? Barzellette! Enrico Letta ha costruito la sua carriera sull’Europa e dunque quello che conta è “Lui”, Letta, e il suo buon rapporto con l’Europa, non l’Italia e i suoi bisogni. Se passiamo ad analizzare il modo con il quale ha scelto i suoi membri, balza subito agli occhi che il governo Letta somiglia a uno dei tanti governi esibiti dai paesi emersi di recente alla ribalta della storia, quelli un po’ da ridere, quelli che, dall’alto della propria civiltà, gli italiani erano soliti definire repubbliche delle banane. Una balda “immagine” di avanzata democrazia e sotto il vestito, non il nulla, ma la brutalità della più selvaggia delle dittature (vedi il controllo dei conti correnti) e la castrazione dei sudditi. La storia della campionessa promossa a ministro è stata ormai troppo discussa per dovervisi soffermare, ma è appunto una storia da paesi delle banane. Una cosa però bisogna aggiungerla. È naturale, è ovvio, oltre che tanto noto da aver ispirato innumerevoli barzellette e gag famose come quelle delle interviste di Tognazzi e Vianello ai vincitori di turno, che i campioni dello sport non possiedano particolari doti di pensiero e nessuna competenza per fare qualsiasi cosa tranne che esercitarsi nel proprio sport. Sbalzarli a governare, a fare le leggi, a comandare ai popoli è da stupidi oltre che offensivo per i popoli stessi. Il signor Letta adopera però il populismo di “genere”: perché la canoista Idem e non il calciatore Balotelli? Letta sapeva bene che se avesse nominato ministro Balotelli, anche se molto più famoso e pieno di fans, si sarebbero messi tutti a ridere. Adesso, però, c’è la questione della condanna di Berlusconi, capo del partito di governo, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non discutiamo qui in nessun modo la condanna (comunque medioevale), ma il dato di fatto. Il governo doveva dimettersi, se appunto l’Italia non fosse stata ridotta a repubblica delle banane. Esponenti del Pdl scendono in piazza per protestare contro la condanna mentre altri, compreso il vicecapo del governo, continuano a governare come nulla fosse successo. E osano affermare che questo è un governo per il bene del paese. Il bene del paese sarebbe quello di appartenere ancora alla civiltà democratica. di Ida Magli |
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