16 aprile 2013

Il Giappone annuncia il "Big Bang" iperinflazionistico



Se qualcuno ancora sperava che non tutti i suoi risparmi verranno saccheggiati nel tentativo disperato di salvare il sistema finanziario transatlantico, irrimediabilmente in bancarotta, ha ricevuto il secondo shock il 4 aprile, dopo quello della confisca dei conti a Cipro.
Quel giorno la Bank of Japan ha annunciato l'avvio di una politica che raddoppierà la base monetaria del Sol Levante da qui alla fine del 2014, pompando circa duemila miliardi di dollari nel sistema. La notizia è stata accolta con estasi dai funzionari di quello che Lyndon LaRouche chiama "l'Impero Britannico", che hanno sollecitato le altre banche centrali a seguire l'esempio giapponese. Alla Federal Reserve, secondo un osservatore, hanno festeggiato con la bava alla bocca, come dei tossicodipendenti alla vista della dose di eroina.
Ufficialmente, la mossa giapponese mira a creare un'inflazione "moderata" come strumento di politica economica. Secondo questa ricetta monetarista, quando l'economia si trova in una fase deflazionistica (prezzi in caduta), l'inflazione spinge i consumatori ad anticipare gli acquisti e riduce il valore del debito. L'altra motivazione adottata da Tokio è che se il governo acquista titoli del tesoro in mano le banche, queste potranno poi investire la liquidità nell'economia. Entrambi gli argomenti, sostenuti da economisti incompetenti, negano il fatto che l'economia è depressa da una montagna di debiti finanziari che nessuna espansione monetaria riuscirebbe a ripagare. Il tentativo finirà con lo scatenare l'iperinflazione, per ora contenuta a livello dei titoli finanziari, ma prima o poi sfocerà a livello dei prezzi al consumo.
Questa è la scuola monetarista che ci ha portati nella crisi e ora ci sta conducendo al disastro. Governi e autorità finanziarie fanno ciò perché si rifiutano istericamente di varare una riforma alla Glass-Steagall, ma rimangono aggrappati al fallito "business model" della globalizzazione e della banca universale.
Questa politica è "folle", ha commentato Lyndon LaRouche. Il suo giudizio è condiviso da poche voci sobrie, come Scott Minerd, manager della finanziaria Guggenheim Partners, che ha scritto sul Financial Timesdel 5 aprile che l'azione giapponese "è una formula per l'iperinflazione" che "getta le basi per una spirale inflazionistica globale che forse supererà ogni cosa già vista". Il Giappone "potrebbe facilmente scivolare sulla china che porta all'iperinflazione. Preoccupa che il resto del mondo industrializzato corre il rischio di affondare con esso".
Persino George Soros è apparso spaventato dalla mossa giapponese, e ha paventato la "disintegrazione" dello yen in un'intervista alla CNBC. E questo dall'uomo che per primo, nel 1999, chiese di erigere "un muro di denaro" per evitare la bancarotta del Brasile.
Dove portano questi duemila miliardi di Quantitative Easing del Giappone? Tra il 2008 e il 2012, l'intera regione transatlantica ha immesso 4,5 mila miliardi in QE, ai quali vanno aggiunti l'aumento annuo di 1,5 mila miliardi negli USA, in Europa e nel Regno Unito. A questo vanno aggiunte le migliaia di miliardi dei risparmiatori che le autorità finanziarie intendono confiscare per salvare le banche. I risparmi dell'Eurozona ammontano a 11 mila miliardi di euro.

by (MoviSol) 

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16 aprile 2013

Il Giappone annuncia il "Big Bang" iperinflazionistico



Se qualcuno ancora sperava che non tutti i suoi risparmi verranno saccheggiati nel tentativo disperato di salvare il sistema finanziario transatlantico, irrimediabilmente in bancarotta, ha ricevuto il secondo shock il 4 aprile, dopo quello della confisca dei conti a Cipro.
Quel giorno la Bank of Japan ha annunciato l'avvio di una politica che raddoppierà la base monetaria del Sol Levante da qui alla fine del 2014, pompando circa duemila miliardi di dollari nel sistema. La notizia è stata accolta con estasi dai funzionari di quello che Lyndon LaRouche chiama "l'Impero Britannico", che hanno sollecitato le altre banche centrali a seguire l'esempio giapponese. Alla Federal Reserve, secondo un osservatore, hanno festeggiato con la bava alla bocca, come dei tossicodipendenti alla vista della dose di eroina.
Ufficialmente, la mossa giapponese mira a creare un'inflazione "moderata" come strumento di politica economica. Secondo questa ricetta monetarista, quando l'economia si trova in una fase deflazionistica (prezzi in caduta), l'inflazione spinge i consumatori ad anticipare gli acquisti e riduce il valore del debito. L'altra motivazione adottata da Tokio è che se il governo acquista titoli del tesoro in mano le banche, queste potranno poi investire la liquidità nell'economia. Entrambi gli argomenti, sostenuti da economisti incompetenti, negano il fatto che l'economia è depressa da una montagna di debiti finanziari che nessuna espansione monetaria riuscirebbe a ripagare. Il tentativo finirà con lo scatenare l'iperinflazione, per ora contenuta a livello dei titoli finanziari, ma prima o poi sfocerà a livello dei prezzi al consumo.
Questa è la scuola monetarista che ci ha portati nella crisi e ora ci sta conducendo al disastro. Governi e autorità finanziarie fanno ciò perché si rifiutano istericamente di varare una riforma alla Glass-Steagall, ma rimangono aggrappati al fallito "business model" della globalizzazione e della banca universale.
Questa politica è "folle", ha commentato Lyndon LaRouche. Il suo giudizio è condiviso da poche voci sobrie, come Scott Minerd, manager della finanziaria Guggenheim Partners, che ha scritto sul Financial Timesdel 5 aprile che l'azione giapponese "è una formula per l'iperinflazione" che "getta le basi per una spirale inflazionistica globale che forse supererà ogni cosa già vista". Il Giappone "potrebbe facilmente scivolare sulla china che porta all'iperinflazione. Preoccupa che il resto del mondo industrializzato corre il rischio di affondare con esso".
Persino George Soros è apparso spaventato dalla mossa giapponese, e ha paventato la "disintegrazione" dello yen in un'intervista alla CNBC. E questo dall'uomo che per primo, nel 1999, chiese di erigere "un muro di denaro" per evitare la bancarotta del Brasile.
Dove portano questi duemila miliardi di Quantitative Easing del Giappone? Tra il 2008 e il 2012, l'intera regione transatlantica ha immesso 4,5 mila miliardi in QE, ai quali vanno aggiunti l'aumento annuo di 1,5 mila miliardi negli USA, in Europa e nel Regno Unito. A questo vanno aggiunte le migliaia di miliardi dei risparmiatori che le autorità finanziarie intendono confiscare per salvare le banche. I risparmi dell'Eurozona ammontano a 11 mila miliardi di euro.

by (MoviSol) 

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