16 settembre 2006
Non è stato Bin Laden?
La convinzione che Osama Bin Laden sia il responsabile degli attentati dell’11 settembre è radicata nel conscio e nell’inconscio delle persone come poche altre cose. E’ Bin Laden la risposta che tutti hanno a disposizione per rispondere alle migliaia di domande che questa epoca storica dovrebbe richiedere e per far passarne passare in secondo piano molte altrettanto importanti. E’ stato Bin Laden a "creare" il terrorismo che ci minaccia, ed è stato lui ad attaccare.
E’ lui che organizza e coordina i movimenti ceceni, irakeni, afgani, indonesiani, egiziani, palestinesi; è lui che semina odio e recluta terroristi fra i nostri quartieri, le nostre scuole, le nostre moschee; è lui la ragione delle centinaia di migliaia di vittime della pax americana, della diffidenza e della xenofobia, della sospensione specie nei paesi anglosassoni dei diritti. E’ lui, con le presunte prove a suo carico e le altrettante presunte rivendicazioni, il freno ad ogni dubbio sui mille particolari che per qualche motivo non tornano riguardo all’11 settembre.
Eppure, e lo dovessimo processare oggi, come afferma con tutta chiarezza la stessa FBI, non avremmo una sola prova concreta che potrebbe reggere l’accusa di fronte a un tribunale. Bin Laden, anzi, potrebbe querelare l’intero occidente per calunnia. E la migliore corte immaginabile, nel top della civiltà quale è lo stato di diritto all’occidentale, gli darebbe senza ombra di dubbio ragione.
La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Bene: noi stiamo assistendo sotto i nostri occhi alla scrittura di una storia che, ad oggi, rimane un racconto di fantasia. Benché azzardare una qualsiasi versione alternativa rimanga praticamente un tabù, i fatti e le indagini spingono in un’unica direzione: Bin Laden non ha nulla a che vedere con l’11 settembre. Una giustizia giusta, in occasioni simili, proverebbe a battere piste diverse.
Basta controllare sul sito dell’FBI (link) per rendersi conto che Bin Laden è ricercato "unicamente" in relazione alle esplosioni del 7 agosto 1998 alle ambasciate degli Stati Uniti di Dar Es Salaam, Tanzania, e Nairobi, Kenya. Secondo l’ FBI, questi attacchi hanno ucciso oltre 200 persone. L’ FBI conclude i suoi motivi per "ricercare" Bin Laden dicendo, «Inoltre, Bin Laden è sospettato di altri attacchi terroristici in ogni parte del mondo».
La nostra percezione, grazie all’onestà intellettuale dei media e dei nostri degli rappresentanti, è però diametralmente opposta. La certezza assoluta della colpevolezza di Bin Laden è stata brandita per anni sulla reputazione di chiunque ha provato a sollevare un solo dubbio sull’effettiva paternità dell’attentato o sulla "Guerra al Terrorismo", i cui risultati disastrosi sotto ogni punto di vista (sicurezza globale, economia, condizioni della popolazione, diritti umani) sono sotto gli occhi di tutti.
La certezza che Bin Laden abbia rivendicato l’attentato e che la sua regia sia stata dimostrata è una credenza diffusa che stoppa in partenza ogni opinione divergente. Al contrario Bin Laden non ha mai rivendicato in maniera credibile l’attentato: si è dichiarato all’oscuro di tutto più volte e, anche in preda alla disperazione, non si è spinto oltre l’espressione di soddisfazione per l’attentato senza lasciare intendere un suo coinvolgimento. Senza prove e senza confessioni nulla, se non teorie campate in aria e sostenute da ignoranza o da forte malafede, lega Osama Bin Laden all’attacco all’America che ha aperto l’epoca della guerra perenne al terrorismo.
«Bin Laden non è stato formalmente accusato in relazione all’ 11-9» ha chiarito Rex Tomb, uno dei portavoce dell’FBI, al Muckraker report. «L’ FBI raccoglie prove –ha spiegato- Appena le prove sono state messe insieme, vengono girate al Dipartimento di Giustizia. Il Dipartimento di Giustizia poi decide se ha abbastanza prove da presentare ad un grand jury federale. Nel caso del bombardamento del 1998 alle Ambasciate degli Stati Uniti, Bin Laden è stato formalmente accusato e incolpato da un grand jury. Non è stato formalmente accusato e incolpato in relazione all’ 11-9 perché l’FBI non ha una forte prova che lega Bin Laden all’ 11-9». (link)
Per quanto possa sembrare assurdo si tratta semplicemente di una conferma. Così scriveva la BBC nel maggio 2002, dopo 7 mesi di indagini a "tutto campo".
«Ufficiali dell’intelligence USA hanno ammesso di aver fallito i tentativi di portare alla luce qualsiasi pista che conducesse agli attacchi dell’11 settembre. Il capo dell’FBI ha detto che dopo 7 mesi di implacabile lavoro l’America non ha trovato alcuna prova riguardante alcun aspetto degli attacchi a New York e Washington. Robert Mueller, direttore dell’FBI, ha spiegato che i suoi agenti hanno inseguito centinaia di migliaia di indizi e controllato ogni documento sul quale sono riusciti a mettere le mani, dalle prenotazioni di volo ai noleggi d’auto ai conti bancari. Hanno cacciato fra le grotte in Afghanistan e fra le ricevute di carte di credito in America ma il meglio dell’intelligence americana è stata umiliata da 19 dirottatori di Al Qaeda, rivelando quanto poco l’America sa riguardo agli attacchi dell’11 settembre».
Dopo altri quattro anni di indagini "a tutto campo" nulla è cambiato: 19 uomini, dopo aver compiuto irripetibili acrobazie per i cieli dell’America e sbeffeggiato il mondo intero con una dozzina di miracoli, non hanno lasciato una sola seria traccia della loro opera.
Potremmo fermarci qua e avremmo già abbastanza motivi quantomeno per arrossire. E’ importante invece, prima che la storia venga riscritta, analizzare e raccogliere le non prove, le non rivendicazioni e le evidenze fasulle che il mondo intero ha accettato senza un battito di ciglia. Basta ripercorrere i momenti successivi all’11 settembre per accorgersi –giusto per iniziare- che Bin Laden non ha mai rivendicato l’attentato negando anzi –in linea con i Talebani- ogni suo coinvolgimento. E se Bin Laden non ha nulla a che fare con l’11 settembre e non esiste alcuna prova concreta si un suo ruolo nella preparazione degli attentati, come l’FBI dice, ciò significa necessariamente che è stato qualcun altro.
Non spetta a noi, ai nostri limiti di comuni cittadini indagare e tracciare conclusioni. Ma quello di rimanere sull’attenti, evitando di essere tirati per il naso, è forse l’ultima alta libertà che la "civiltà" ci concede.
1. Commenti a caldo: Le smentite ufficiali di Bin Laden e dei Talebani
Riportiamo l’orologio al 12 settembre 2001, con le macerie delle torri ancora fumanti, nessuna rivendicazione e i mirini già puntati. Partiamo da una certezza che è giusto ricordare: Bin Laden, nei giorni successivi all'11 settembre, viene riportato affermare ripetutamente la sua estraneità all'attentato.
Questo articolo di RaiNews "dell'epoca" ne parla.
«Osama bin Laden è tornato a farsi sentire, ribadendo ancora una volta di non essere lui il responsabile degli attacchi di martedì contro le Torri Gemelle del World Trade Center a New York e il Pentagono a Washington. Lo ha riferito la "Afghan Islamic Press", semi-ufficiale agenzia di stampa del regime dei Talebani ma con sede in Pakistan. «Quelli che l'hanno fatto hanno agito nel loro interesse personale» prosegue il comunicato diffuso da Osama bin Laden tramite uno dei suoi assistenti, Abudl Samad. Il miliardario saudita ribadisce quanto affermato dai taleban che sostengono di non avere a disposizione i mezzi per organizzare attentati terroristici dopo le restrizioni imposte dal loro capo supremo, il mullah Mohammad Omar, nei contatti con il mondo esterno. «Vivo in Afghanistan. - si legge nella nota - Sono un seguace del 'comandante dei credenti' (il mullah Omar) che non permette di partecipare a simili attivita», ha aggiunto Osama bin Laden nel comunicato scritto in arabo, la sua lingua».
La fonte, come detto, è la Afghan Islamic Press, presentata come una agenzia di stampa vicina ai talebani; lo stesso articolo evidenzia però come questa sia solo una delle molteplici dichiarazioni dello stesso tenore. Il 16 settembre, giorno di questa dichiarazione, anche Al Jazeera riceverà una nota simile in cui Bin Laden ribadirà la sua estraneità ai fatti. Assolutamente simile, in questa fase, l'atteggiamento dei talebani.
Quest’altro articolo proveniente dall'archivio di RaiNews24 a data 11 settembre 2001 riporta le loro reazioni ufficiali. I talebani affermano che è impossibile che Bin Laden sia riuscito a organizzare un simile attentato, che tra l’altro condannano fermamente. Fin dalle prime ore, infatti, i Talebani sono additati subito come possibili responsabili dell’attentato e il mondo attende da loro determinate risposte senza essere soddisfatto.
«Le milizie integraliste islamiche afghane dei Taleban hanno escluso la responsabilità di Osama Bin Laden negli attentati di oggi contro gli Stati Uniti. «Questo è un atto terroristico e lo condanniamo con fermezza», ha detto il rappresentante delle milizie integraliste al potere a Kabul, Abdul Salam Zaif. La dichiarazione dell'ambasciatore è stata riferita dall'agenzia 'Afghan Islamic Press', con base a Islamabad. L'agenzia ha precisato che l'ambasciatore ha auspicato che i responsabili degli attacchi contro gli Usa siano consegnati alla giustizia. «Quanto è successo negli Stati Uniti non è l'opera di gente ordinaria.
Può essere l'opera di qualche governo», ha detto un portavoce dei Taleban parlando al telefono con l'agenzia britannica Reuters da Kandahar, una città nell'Afghanistan meridionale. Secondo il portavoce, Osama Bin Laden, il miliardario saudita che figura in cima alla lista americana dei terroristi internazionali e che si è rifugiato in Afghanistan, «non puo' aver fatto questo lavoro». «Neanche noi possiamo averlo farlo. Noi non sosteniamo il terrorismo. Osama non ne ha la capacità. Condanniamo tutto ciò», ha aggiunto il portavoce, Abdul Hai Mumaen. «Questa può essere l'azione sia di nemici interni degli Stati Uniti sia di suoi acerrimi nemici. Osama non può aver fatto questo...», ha concluso. L'ambasciatore dei Taleban in Pakistan ha condannato oggi gli attacchi aerei contro gli Stati Uniti».
2. Genio della strategia o inetto? La via della logica
Si prospetta già l'attacco degli USA e i Talebani, come Bin Laden, tentano prima di tutto di evitare questa strada che –intuiscono- per loro può essere letale anche perché il regime Talebano è debole, molto isolato e chiaramente nel mirino di Washington che ha già fatto capire chiaramente la sua ostilità, che sostiene i signori della guerra dell’Alleanza del Nord e che –come scopriremo poi- ha già a disposizione i piani di invasione.
A questo punto urge una domanda: al di là dei grandi dubbi tecnici che ragione avrebbero i talebani e Bin Laden per organizzare un attentato simile?
La risposta è semplice: nessuna. Questa parentesi ci porta un po’ fuori dall’obiettivo che ci eravamo posti (e cioè quello di analizzare le non prove e le manipolazioni che hanno portato al riconoscimento unanime e infondato della colpevolezza di Bin Laden), ma è necessario dedicare questo breve paragrafo a considerazioni assolutamente intuitive che si sostengono da sole meglio di qualsiasi teoria che è stata finora formulata.
L’Afghanistan e i talebani sono proprio l’ultimo stato che si potrebbe sognare di fare una simile dichiarazione di guerra. L’Afghanistan è evidentemente impreparato a sostenere la forza d’urto dell’armata americana e insidiato da più fronti (Russia, Iran, USA). Non una nazione, infatti, appoggerà, fornirà armi o sosterrà anche solo verbalmente i talebani.
E’ veramente impensabile che uno stato in queste condizioni, senza avere nemmeno creato un sodalizio con gli altri stati che certo avversano gli USA, organizzi e esegua un attacco deciso e importante come quello dell’11 settembre che può solo segnare la sua fine. Lo sanno i talebani e lo sa Bin Laden, che tra i talebani ha trovato un’oasi di protezione dalla caccia americana dalla quale, magari, può continuare a giocare al piccolo terrorista come d’altronde ha sempre fatto. Provocare frontalmente e con tale evidenza l’America può segnare soltanto la fine di tutto ciò che si è faticosamente costruito in anni e anni di militanza.
Punto secondo: Se anche fossero stati i talebani ad organizzare l’attacco è evidente come questo avrebbe potuto avere (così d’altronde ci viene detto) un solo obiettivo: quello di "dichiarare guerra all’America" intimorendo e compattando un fronte anti-americano. Questa tesi contrasta però chiaramente con l’atteggiamento sopra descritto: i Talebani invece che infiammare le folle islamiche e gonfiarsi tentando di attirare importanti amicizie abbassano le orecchie e si fanno piccoli piccoli.
Sono presi in contropiede e rinculano, non sono certo nelle condizioni di infastidire, provocare o attaccare nessuno. Quando si dichiara guerra si alzano i toni, si minaccia, si rinsaldano i legami con gli stati alleati e si cercano appoggi chiamando a raccolta possibili sodali e finanziatori. I talebani al contrario negano ogni coinvolgimento e si mettono sulla difensiva.
Vista dall’angolazione di Bin Laden l’attentato è ancora più assurdo. Il regime talebano afgano è il primo (e unico) "successo" degli islamici "integralisti" nel mondo e dichiarare guerra in questa fase embrionale, in cui nemmeno lo stato afgano è pronto a reggere il minimo urto, è chiaramente un suicidio.
Certo non è possibile entrare nella psiche di Bin Laden (e nemmeno in quella di Bush), ma una cosa va chiarita: la "lucida follia" non centra. Come può aver potuto il genio Bin Laden, il genio che ha creato da nulla un network inafferrabile di portata mondiale, e ha organizzato l’azione meglio organizzata della storia (senza lasciare una traccia a 4 anni di distanza) compiere un errore così ridicolo e elementare?
Non possiamo disegnare Bin Laden, a seconda di quello che ci serve per costruire i nostri castelli in aria, come un genio dell’organizzazione e della strategia e l’attimo dopo come un idiota qualunque. Prima freddo pianificatore e poi gonzo che si tuffa nella gabbia del leone per tirargli la coda.
Siccome la logica non sempre viene recepita torniamo però ai fatti, il vero scoglio al quale ci dobbiamo con grande orgoglio attaccare.
3. L’ultima chiara smentita di Bin Laden
Il tempo passa e, mentre i talebani provano a negoziare con Washington, Bin Laden ribadisce la sua versione dei fatti. E’ il 28 settembre quando il quotidiano pakistano in lingua urdu "Ummat" pubblica un’interessante intervista fatta con "lo sceicco del terrore".
Dice Bin Laden: «Ho già detto di non essere coinvolto negli attacchi dell’11 settembre. Come musulmano, faccio i massimi sforzi per evitare di dire bugie. Non so niente di questi attacchi, né considero l’uccisione di donne, bambini e altri esseri innocenti come un atto apprezzabile. Tale pratica è proibita perfino durante il corso di una battaglia. Sono gli Stati Uniti i colpevoli di ogni maltrattamento di donne, bambini e gente comune…..». Bin Laden ripete che è evidente come non sarebbe stato fattibile per lui un simile prodigio di organizzazione e tecnica dicendo che gli americani dovrebbero cercare i colpevoli al loro interno, tra coloro inseriti "nel sistema".
Questa intervista mostra un Bin Laden che non si limita a negare il proprio coinvolgimento e a lasciar filtrare tra le righe che la colpa vada ricercata tra coloro che hanno sicuramente molte più possibilità di organizzare alla perfezione un simile attentato.
«Ci sono agenzie negli Stati Uniti –spiega Osama- che chiedono miliardi di dollari di stanziamenti dal Congresso e dal governo ogni anno. Questi finanziamenti non sono stati in dubbio finché l’Unione Sovietica è esistita, ma dopo la sua caduta il budget di queste agenzie è stato in pericolo. Quindi loro hanno bisogno di un nemico. Così prima loro scatenano la propaganda contro Osama –parla alla terza persona, come in interviste precedenti- e i Talebani, e quindi questo incidente accade». (link)
Questa intervista, segnalata dal BBC Monitor Service (servizio che seleziona le notizie provenienti da tutto il mondo) non riceve praticamente menzione nella grande stampa. Evidentemente viene trattata, senza approfondimenti, come un falso da non considerare semplicemente perché non è funzionale alla volontà dell’opinione pubblica, che ha bisogno del classico mostro da demolire, prima ancora che dei suoi governanti. Vera o fasulla che sia, tuttavia, essa è perfettamente coerente con tutte le dichiarazioni di Bin Laden del periodo e, soprattutto, non risulta mai smentita.
4. Le prove della responsabilità di Bin Laden
Il mondo tuttavia ha già deciso: fin dalle prime ore infatti i riflettori sono stati puntati con incredibile decisione su Bin Laden. I talebani, giudicati anch’essi responsabili, sono anch’essi sull’orlo del burrone fin dall’inizio.
L’impressione innegabile è che tutto sia già deciso in partenza: già il 12 settembre un funzionario dell'amministrazione Bush (che ha chiesto l'anonimato) afferma che immediatamente dopo l'attacco le autorità statunitensi hanno ricevuto un fax inviato da persone non note che si sono dichiarate membri dell'organizzazione di Bin Laden, "Al-Qaeda". Altro evento importante la dichiarazione di un giornalista arabo di stanza a Londra secondo il quale seguaci del leader saudita avevano avvertito telefonicamente il giornale Al-quds Al-arabi «parlando di un attacco senza precedenti». «Riceviamo spesso minacce del genere –ha raccontato il giornalista- ma questa volta sembra che si sia verificata ogni parola detta». Questo evento, assolutamente non significativo (minacce simili arrivano molto spesso, conferma lo stesso giornalista, e sono sempre infondate), farà bella mostra nel "dossier" sventolato da Blair per motivare l’aggressione dell’Afghanistan.
E anche Bush e Cheaney, che non hanno nulla tra le mani, non sono meno determinati.
Il 4 ottobre, 3 giorni prima dell’inizio dell’operazione Enduring Freedom, il governo inglese rilascia un documento in 69 punti, "Responsabilità per le atrocità dei terroristi negli Stati Uniti, dell'11 settembre 2001", che espone le prove a sostegno dell'attacco all'Afghanistan. Presentato da Blair e dai media come il dossier che stana Bin Laden e i Talebani esso, per voce dei suoi stessi redattori, sarebbero insufficienti a sostenere l’accusa in un tribunale e appare, se letto, assolutamente inconsistente.
Dei 69 punti 10 sono relativi ad informazioni sui precedenti della relazione tra Bin Laden e i telebani, 15 sono relativi ad informazioni sui precedenti alla filosofia generale di Al Qaeda ed alla sua relazione con bin Laden, 26 si riferiscono ad attacchi precedenti. Tuttavia nessuno fornisce alcun fatto relativo all11/9. La maggior parte nemmeno tenta di collegare direttamente le cose citate agli eventi di quel giorno, la vera ragione per l’attacco. Riguardo alla colpevolezza di Bin Laden queste sono le "evidenze":
«a) Dopo l'11 settembre, abbiamo appreso che, non molto prima, bin Laden aveva detto di essere in procinto di lanciare un mega attacco anti-americano (il giornalista londinese, n.d.a.) . Il piano dettagliato degli attentati dell'11 settembre è stato definito da uno dei suoi stretti collaboratori. Dei 19 sequestratori coinvolti l'11 settembre, è stato già provato che almeno 3 hanno legami con Al Quaida. Gli attacchi dell'11 settembre erano simili per obiettivo e impatto agli attentati precedenti condotti da bin Laden e Al Quaida, inoltre hanno dei particolari in comune: I terroristi kamikaze hanno coordinato gli attentati nello stesso giorno, con l'obiettivo di provocare il maggior danno possibile agli americani e totale non curanza per altri danni anche a musulmani.
La pianificazione è stata lunga e meticolosa. Non c'è stato un previo allarme. b) Al Quaida detiene la capacità e la volontà per condurre altri attacchi contro gli Stati Uniti e i suoi alleati, incluso il regno Unito. c) Al Quaida non dà previo allarme sui suoi attentati. d) Nel 1989 Osama bin Laden e altri hanno fondato un gruppo terroristico internazionale conosciuto col nome di Al Quaida (la base). Per tutta la sua esistenza il gruppo è stato guidato da bin Laden. e) Dal 1989 al 1991, Osama bin Laden ha vissuto tra l'Afghanistan e il Pakistan, a Peshawar. Nel 1991 si è trasferito in Sudan, dove è rimasto fino al 1996. In quell'anno e' tornato in Afghanistan, dove risiede tutt'ora.» (link)
Senza ripeterci sulla questione della mitica anticipazione, e lasciando perdere per ovvia inconsistenza la dichiarazione di un sedicente collaboratore, è chiaro come questo documento sia semplice aria fritta. Al Qaeda ha la capacità e la volontà di fare attentati del genere (un parere personale costituisce una prova?); Al Qaeda non rivendica i suoi attentati (e tantomeno rivendica quelli che non compie!); 3 dei 19 dirottatori sarebbero legati a Al Qaeda.
Interessante in particolare la questione degli attentatori: essi sono stati identificati a tempo di record dagli stessi servizi segreti che prima non erano stati capaci di fermare 4 aerei che passeggiavano nei cieli degli più protetti del mondo benché i loro nomi non comparissero sulle liste d’imbarco ufficiali diramate dalla stampa (altro caso di tempismo e preparazione: evidentemente l’11 erano tutti in vacanza). Seguono nel dossier due considerazioni "storiche": al Qaeda è un'organizzazione terroristica nata nel 1989, ad è comandata da Bin Laden, che ha vissuto in Pakistan, Sudan e Afghanistan. Nulla lega tutto ciò con l’11 settembre eppure ciò è sufficiente per radere al suolo l’Afghanistan.
5. Flashback: Bin Laden annuncia la Jihad globale
Bin Laden è, insieme ad alcuni "collaboratori", firmatario della dichiarazione di guerra santa contro l'America (avendo l’autorità di qualsiasi cittadino, ovviamente) che elenca una serie di motivazioni per una crociata anti-occidentale pubblicata su un giornale arabo parecchio noto: Al-Quds al-'Arabi.
Questa dichiarazione viene erroneamente inserita tra le prove che dimostrano la colpevolezza di Al Qaeda e quindi di Bin Laden (e quindi dei Talebani). Al contrario dice soltanto una cosa: un gruppo di persone odia l'America e dice di sognare la sua distruzione. E' come se un ladro di galline dichiarasse di sognare di rubare i gioielli della corona. E di sogno si tratta: Questa dichiarazione infatti è del 1998, 3 anni prima dell'11 settembre. (link)
E Bin Laden, prima dimesso nello svincolarsi da ogni responsabilità riguardo all’11 settembre, ritornerà presto la caricatura che tutti conosciamo e odiamo. Siamo infatti in prossimità dell’attacco all’Afghanistan già anticipato dal dossier di Blair e in qualche modo desiderato dalla vendicativa opinione pubblica occidentale: i Talebani hanno bisogno del vecchio e tagliente Osama per infiammare i giovani musulmani nella speranza di attutire l’impatto e gli USA certo non disdegnano, come ciliegina sulla torta che spazzi ogni dubbio, un Bin Laden a sua volta aggressivo.
Entrambe le parti avranno ciò che desiderano.
6. I Talebani cambiano atteggiamento
I talebani si dichiareranno disponibili a processare Bin Laden in Afghanistan, se gli USA forniranno le prove della sua colpevolezza. In un secondo tempo si dichiareranno disponibili a concedere l’estradizione di Bin Laden se prima gli USA forniranno le prove della colpevolezza del ricco saudita (e smetteranno di bombardare e minacciare l’Afghanistan). Temporeggiano, si dirà forse a ragione.
In realtà i Talebani hanno capito che la loro strategia non ha funzionato e che gli USA scateneranno la rabbia popolare per la ferita dell’11 settembre su di loro. E in caso di battaglia l’imprevedibile vittoria gli può essere assicurata da un solo uomo: Bin Laden.
Bin Laden, per loro, è una buona risorsa di liquidi e, in vista di un’invasione (a questo punto inevitabile), di mezzi e uomini per la folle "resistenza".
Oltre alle capacità finanziare e agli appoggi che il saudita negli anni ha potuto maturare va valutata infatti anche la fama e il carisma di Bin Laden, eroe della resistenza afgana degli anni 80 durante la quale si occupava di coordinare la raccolta di fondi da stati e organizzazioni arabe (a cui si aggiungevano tra gli altri soldi americani) e di fare propaganda a favore della resistenza antisovietica. Proprio quella lunga guerra è l’unico scenario che i talebani devono tentare di ricreare per sperare di riuscire a mantenere la loro posizione.
E Bin Laden è il personaggio che rappresenta la continuità auspicata fra gli anni ’80 e la prossima invasione dell’Afghanistan.
7. Il primo video e l’inizio di "Enduring Freedom"
Anche Bin Laden non ha scelta: ha provato a dichiararsi innocente ma non è stato ascoltato, e i Talebani sono stati attaccati senza una sola prova presentabile. E’ lui, lo sceicco saudita che sogna la jihad, il nemico numero uno. E la contrapposizione che lui, a parole, aveva auspicato nella dichiarazione del 1998 si sta realizzando.
Non solo: l’attacco alle Torri Gemelle e l’invasione dell’Afghanistan sono due eventi che hanno galvanizzato alcuni giovani musulmani pronti ad unirsi alla sua battaglia sotto le sue insegne. Senza forse fare nulla, insomma, Bin Laden si è trovato al centro dello "scontro" tra occidente e islam che non ha mai nascosto di auspicare, e ora non gli resta che trovare la strategia migliore per cavalcarlo.
Non si sa nulla degli spostamenti di Bin Laden in quei giorni. Non sappiamo, cioè, se sia riuscito a scappare magari in Pakistan o se sia rimasto accerchiato in Afghanistan: in entrambi i casi il suo interesse, ad attacco americano iniziato, è molto probabilmente quello di fare tutto il possibile per rendere la resistenza in Afghanistan il più solida e appassionata possibile, e dello stesso sono naturalmente convinti i Talebani.
Essi, è giusto ripeterlo, hanno ogni interesse sia a rimanere legati a Bin Laden, che li finanzia e che può essere la figura carismatica e mitica utile a rafforzare la loro posizione anche dal punto di vista della "carne da cannone". Un Bin Laden vivo e combattivo è assolutamente ciò che i talebani si augurano.
E’ necessario però riprendere le redini della narrazione. Siamo infatti al 7 ottobre, il giorno della svolta. La coalizione è pronta a iniziare i bombardamenti, benché non esista –come abbiamo visto- una sola prova del coinvolgimento di Bin Laden, quando Bin Laden compare per la prima volta dall’11 settembre in un video. Bin Laden non rivendica l’attentato, e nemmeno accenna a un suo ruolo; "semplicemente" ringrazia Allah per avere distrutto i simboli dell’America. E’ l’inizio della seconda fase della sua strategia, quella più disperata in cui prova a mostrare i denti.
«Io ringrazio Dio perchè sono stati distrutti i simboli dell'America e la paura si è diffusa fra tutti gli americani e in tutti gli Stati Uniti d'America. Ciò che l'America assaggia oggi è pochissimo in confronto a quello che abbiamo assaggiato noi per 80 anni. Quando Dio aiuta un gruppo di musulmani a distruggere la terra d'America, possa Dio ricompensarli con il Paradiso....
Oggi dei musulmani sono riusciti a fare provare all'America ciò che migliaia e migliaia di altri hanno provato. Ogni musulmano deve alzarsi in piedi per difendere la propria religione e sradicare gli infedeli dalla Palestina e dalla penisola arabica. Giuro su Dio onnipotente, che né' America, né coloro che vivono in America avranno sicurezza prima che noi avremo sicurezza in Palestina e prima che tutte le forze straniere vadano via dalla penisola di Maometto.
Migliaia di migliaia di bambini continuano a morire in Iraq e non si sente neanche una parola dei governanti e dei sultani contro di ciò. Quando i carri armati israeliani devastano Ramallah, Rafah, Beit Jala e altre località nessuno alza la sua voce in segno di protesta. Che Dio giudichi tutti questi governanti corrotti.
L'America ed i suoi alleati hanno mobilitato le loro forze per attaccarci. Chiamateci terroristi ma il bombardamento di Hiroshima e il bombardamento dell'Iraq hanno fatto perdere migliaia e migliaia di vite. Io dico all'America e giuro in nome di Dio che non cederemo mai fino a che l'ultimo soldato degli infedeli non avrà lasciato questa terra. Dio e' grande e tutti voi siete chiamati a questa mobilitazione».
Le tematiche sono coerenti con l’ideologia di Bin Laden, che in passato non ha lesinato riferimenti alla Palestina e a Hiroshima oltre che all’ONU, al Kashmir e alla Cecenia (che saranno nei video successivi).
Benché Bin Laden non dica nulla che lasci intendere una sua qualsiasi partecipazione all’organizzazione dell’attentato, l’uscita di questo video agisce sull’opinione pubblica grazie alla visione distorta offerta dalla politica e dai media la più chiara prova della responsabilità di Bin Laden e della necessità di eliminare lui e tutti coloro che gli stanno intorno dalla faccia della terra. Non c’è però tempo per ragionare perché le bombe cominciano a fioccare sul regno dei talebani.
8. Bin Laden torna a farsi sentire
Questa è la prima volta dall’11 settembre che Bin Laden, che prima pare più preoccupato di negare ogni propria responsabilità nella vana speranza di evitare lo scontro con gli USA, rilancia tentando in maniera evidente di infiammare gli animi dei combattenti. Siamo oramai in guerra, e delle due parti in gioco Osama è sicuramente quella più disorganizzata.
Di video legati a Bin Laden ne vedremo, da allora, diversi. Talvolta Bin Laden comparirà fisicamente, mentre spesso mostrate alcune "immagini di repertorio" con messaggi audio registrati –si dirà- da Bin Laden o da presunti portavoce di "Al Qaeda". Di tutto questo materiale quello più degno di attenzione è sicuramente il materiale video, che comunque può sollevare molti dubbi di autenticità.
La cosa importante da sottolineare però è questa: sia i "combattenti" jihadisti (per quanti pochi e poco organizzati possano essere) che gli americani hanno tutto l’interesse perché Bin Laden "chiami alla mobilitazione" e lanci messaggi farneticanti. Se un video (o una audio cassetta, o un messaggio su uno del "forum internet vicini ad Al Qaeda") è falso (e spesso lo è, come vedremo) è possibile che esso sia stato prodotto sia da mitomani, sia da jihadisti, sia da Bush, sia dai veri responsabili dell’11 settembre, sia –in quell’epoca- dai talebani.
Questo materiale inoltre è di duplice proveniente: talvolta è "consegnato" alle redazioni soprattutto in Pakistan di Al Jazeera in pacchi anonimi, talvolta è "ritrovato" dalle truppe USA nel corso della loro avanzata. Tutto è immerso nel mistero, ed è anche per questo che l’FBI, ad oggi, afferma di non avere una sola prova valida del coinvolgimento di Bin Laden nell’11 settembre o in eventi successivi: non c’è la possibilità di dimostrare che uno solo dei video ritragga effettivamente l’originale Bin Laden.
Il 3 novembre, quindi, quasi un mese dopo l’inizio di Enduring Freedom e dopo il primo video di Bin Laden, Rai News 24 scrive che «Potrebbe essere diversa da Osama bin Laden la pista che porta ai mandanti del duplice attentato dell'11 settembre alle Torri gemelle e al Pentagono di Washington. Una pista che conduce direttamente a Saddam Hussein e all'Iraq. Secondo alcune rivelazioni riportate dal quotidiano "La Repubblica", infatti il leader dei quattro commandos che hanno portato il terrore nei cieli sarebbe legato a doppio filo al presidente iracheno».
Sempre il 3 novembre Bin Laden compare in prima persona nel suo secondo video recapitato anche questa volta ad Al Jazeera. I toni sono simili a quelli del primo video, e obiettivo dell’arringa l’ONU. «Coloro che si rivolgono all'Onu per risolvere le nostre tragedie sono ipocriti che ingannano Allah, il suo profeta e tutti i credenti. Non sono forse le nostre tragedie opera dell'Onu?» dice citando la Palestina e il silenzio dell’ONU sulla vicenda del Kashmir.
«Oggi, senza nessuna prova, le Nazioni Unite stanno sfornando risoluzioni a favore dell'America, l'oppressore tirannico e dispotico di un (paese) debole appena risollevatosi da una lunga guerra contro l' Unione Sovietica - ha detto bin Laden - Tutto l'Occidente, con qualche rara eccezione, sostiene questa campagna di oppressione, da cui non emerge nessuna prova che metta in relazione quanto è accaduto negli Stati Uniti al popolo dell' Afghanistan - ha proseguito - Il popolo dell'Afghanistan non ha niente a che vedere con questa storia, ma la campagna continua a annientare villaggi, donne e bambini». Bin Laden chiama a raccolta i musulmani invitandoli a difendere «la loro religione e i loro fratelli in Afghanistan». (link)
«Un atto di disperazione» commenterà l’ONU. Ma ancora nessuna ammissione di colpa. Questo video è assimilabile al primo: simile la provenienza (pacco recapitato ad Al Jazeera) e coerente colui che si definisce come Bin Laden in entrambi i video; coerente l’obiettivo e il richiamo alla propria innocenza in difesa del popolo afgano.
Sono questi i giorni del terrore dell’antrace e delle armi chimiche o batteriologiche. Il 6 novembre, a Washington, Bush dichiara «Per questo gli diamo la caccia: perché è un uomo malvagio e, se avesse armi di distruzione di massa, le utilizzerebbe. Ma, alla fine, vinceremo noi».
E il 7 novembre, un mese e mezzo dopo l’intervista che sarebbe stata rilasciata all'Ummit, Bin Laden torna a parlare. Autore dello scoop Hamid Mir, direttore del quotidiano pakistano Ausaf e conduttore di talk show, riportato da un altro giornale di Islamabad, il Dawn.
In questa intervista, che giunge in Italia il 10 Novembre, un Bin Laden braccato alza il tiro e si vanta di essere pronto a rispondere all'aggressione degli USA con armi nucleari e chimiche. Non è noto il luogo dell’intervista in quanto, e a testimoniare la veridicità dell’intervista c’è solo una foto che ritrae insieme Bin Laden e Hamid Mir, che già aveva intervistato lo "sceicco del terrore" due volte prima dell’11 settembre ed è considerato il suo "biografo" ufficiale, che è stato bendato lungo il viaggio al covo del terrorista saudita.
«Noi possediamo armi chimiche e nucleari come deterrente, e se l'America le userà contro di noi, ci riserveremo il diritto di adoperarle» afferma Bin Laden (armi simili, lo ricordiamo, non sono state trovate nè in Afghanistan nè successivamente in Iraq). Tra le affermazioni spicca forse questa: «Noi stiamo portando avanti la missione del nostro profeta Maometto, che consiste nel diffondere la parola di Dio, non di abbandonarsi al massacro delle persone. Noi stessi siamo bersaglio di omicidi, distruzione e atrocità. Questa è una Jihad difensiva. Vogliamo difendere la nostra gente e la nostra terra.
Ecco perché affermo che se non avremo sicurezza, neppure gli americani l'avranno. E' un principio molto elementare, che persino un bambino americano può comprendere. Questo è il principio del vivi e lascia vivere. [...] L'America e i suoi alleati ci stanno massacrando in Palestina, in Cecenia, in Kashmir e in Iraq. I musulmani hanno il diritto di attaccare l'America, come rappresaglia. Gli attacchi dell'11 settembre non erano diretti contro le donne e i bambini.
I veri obiettivi erano le icone della potenza economica e militare dell'America. Il Santo Profeta era contrario all'omicidio di donne e bambini. In Occidente ci sono molte persone innocenti e dal cuore buono. I mezzi di comunicazione americani li istigano contro i musulmani, tuttavia alcune persone di buon cuore protestano contro gli attacchi americani, perché la natura umana aborre l'ingiustizia».
Benché mai messa in discussione –le fonti sono presentate come autorevoli- va presa con il beneficio del dubbio. L’unica prova portata dal giornalista è una foto non datata, e sappiamo che Hamir Mid ebbe diverse occasioni in passato per intervistare Bin Laden. Non è chiaro come il giornalista sia arrivato al covo di Bin Laden attraversando il confine tra Pakistan e Afghanistan e raggiungendo il covo dello sceicco saudita tra i bombardamenti americani.
Hamir Mid, inoltre, ribadirà più volte il possesso di armi nucleari dicendo di avere informazioni che indicano la loro provenienza come russa, benché nulla di simile sia mai stato trovato. Notevole poi il tempismo con il quale, in piena psicosi chimico batteriologica, Bin Laden conferma le illazioni di Bush. Anche se fosse autentica, tuttavia, nemmeno questa intervista contiene alcun riferimento a un possibile ruolo operativo negli attentati dell’11 settembre.
Pochi giorni dopo compare un nuovo video amatoriale. E’ l’11 novembre quando il Sunday Telegraph annuncia di essere venuto in possesso di un video in circolazione fra i seguaci di Al Qaeda che ritrae lo sceicco del terrore mentre chiacchiera con altri uomini. Il video, girato nelle montagne dell’Afghanistan, lascia alcuni dubbi sulla sua autenticità. Inoltre non si tratta dell’agognata rivendicazione, come spiega la stessa Casa Bianca. Infatti «Nella videocassetta in cui Osama bin Laden definisce le torri gemelle di New York "un obiettivo legittimo", il leader di Al Qaida non fa una chiara rivendicazione dell'attacco dell'11 settembre all'America. Bin Laden nel video giustifica gli attacchi e loda chi ha raccolto la sua chiamata alla "guerra santa" (il riferimento è alla fatwa del 1998, n.d.a.) contro gli Usa. Ma si ferma un istante prima di attribuirsi con chiarezza la responsabilità dell'attacco».
Siamo a due mesi dai fatti e, mentre i Talebani cadono e il mirino si orienta verso l’Iraq sulla base di altre illazioni, nessuna prova del coinvolgimento di Bin Laden negli attentati dell’11 settembre è stata trovata. L’11 settembre, insomma, non ha ancora un colpevole e nemmeno un serio indagato, mentre Bin Laden pur senza nascondere la soddisfazione non lascia intendere un suo ruolo nell’attentato.
Il 7 dicembre Bin Laden compare nuovamente in un video che verrà però recapitato però ad Al Jazeera soltanto il 27 dicembre. E’ il quarto (compreso quello del Sunday Telegraph) in ordine cronologico, e non ci sono novità nel contenuto. Bin Laden appare però magro e malato, con il braccio e tutta la zona sinistra del corpo immobili. Si comincia a parlare di ferite e di possibili malattie, e di un Bin Laden vicino alla morte (o probabilmente già morto visto che il filmato quando esce è vecchio di 20 giorni).
Il 7 dicembre, giorno nel quale il video sarebbe stato girato, è infatti il giorno precedente ad un massiccio attacco aereo a Tora Bora, la famosa zona montuosa al confine con il Pakistan nella quale Osama si sarebbe rifugiato. L’amministrazione americana quel 27 dicembre bolla il video come «propaganda destinata probabilmente a mascherare il fatto che Bin Laden è nel frattempo morto».
Dicembre è per molti il mese cruciale che segna la fine di Bin Laden. Lo danno per morto in molti: buona parte della stampa araba, il presidente del Pakistan Musharraf, Karzai, analisti e diverse voci provenienti dai servizi segreti israeliani e statunitensi. Un ufficiale talebano annuncia il suo avvenuto funerale, mentre alcuni giornali come il Daily Telegraph affermano citando il Pentagono che Bin Laden, rintracciato tra le montagne di Tora Bora regolarmente tramite il monitoraggio delle trasmissioni radio, risulta silenzioso dal 14 dicembre, data presumibilmente della sua morte.
Tuttavia Bin Laden è ancora, su entrambi i fronti (jihad e politica estera USA) troppo utile per eclissarsi.
9. La "devastante dichiarazione di colpevolezza"
«Chi vedrà questo video si accorgerà che Osama bin Laden è un diavolo. Il video mi ha ricordato che razza di assassino sia, un uomo che manda a morire i suoi senza neppure dirglielo mentre lui se ne sta rintanato nelle sue caverne, e quanto è giusta la nostra causa. Bin Laden non potrebbe mai godere della pace e della gioia di festività religiose come Hanukà e il Natale».
Così G.W.Bush il 9 dicembre, commentando il video più importante che i soldati statunitensi hanno appena ritrovato a Jalalabad. Il video, la «devastante dichiarazione di colpevolezza», verrà mostrato solo il 13 dicembre 2001 ed è il documento giudicato più esplicito ma anche più gravemente controverso della vicenda.
Il video sarebbe stato girato in Afghanistan (probabilmente a Kandahar) a metà novembre 2001, quindi circa un mese e mezzo dopo il primo video (del 3 ottobre) e pochi giorni dopo l’incontro con il giornalista-biografo Hamid Mir (7 novembre). Il video, un filmato privato (autorizzato dallo stesso Bin Laden), sarebbe stato ritrovato dalle truppe USA in una casa dell’affollata e caotica Jalalabad grazie a un colpo di fortuna o, più realisticamente, è stato quantomeno fatto trovare.
Il filmato è amatoriale e sfocato e ritrae Bin Laden ripreso in un incontro informale con alcuni sostenitori. L’audio è disturbato in maniera anomala e alcuni pezzi del discorso sono incomprensibili.
E’ giusto separare i due aspetti principali su cui si sono concentrati i critici di questo filmato analizzandoli uno alla volta.
Prima questione: i dubbi nella traduzione e il contenuto del testo. Questi i passi più salienti del discorso nella traduzione ufficiale con le successive correzioni di istituti indipendenti: «tutti ammirano quello che hai fatto, la grande azione che hai eseguito, che è stata la prima e la migliore per grazia di Allah» dice uno degli amici al presunto Bin Laden. Che ringrazia Bin Laden per avergli fornito sostegno economico per il finanziamento –secondo una lettura altrettanto coerente con lo svolgersi del dialogo- di alcune moschee in Arabia (delle quali Bin Laden chiede subito dopo lo stato).
Le frasi incriminate pronunciate da Bin Laden sono invece queste: «(...incomprensibile...) abbiamo calcolato in anticipo ["in anticipo" non è effettivamente detto] il numero delle vittime fra i nemici, quelli che sarebbero stati uccisi in base alla loro posizione nella torre. Avevamo calcolato che i piani che sarebbero stati colpiti sarebbero stati due o tre. Io ero il più ottimista di tutti. (...incomprensibile...) vista la mia esperienza in questo campo, pensavo che il fuoco sprigionato dal carburante dell'aereo avrebbe fuso le strutture di ferro dell'edificio e avrebbe fatto crollare la zona colpita dall'aereo e i piani sovrastanti. Questo è ciò in cui speravamo. (...)
Eravamo stati avvisati dal giovedì precedente che l'evento sarebbe occorso quel giorno». «Tutto quello che sapevano i fratelli che hanno portato a termine l'operazione era che era un'operazione per il martirio. Abbiamo chiesto a ciascuno di loro [l’esatta traduzione è questa: Fu loro richiesto di andare in America] di andare in America, ma loro non sapevano nulla dell'operazione, nulla di nulla. Ma erano addestrati e noi non abbiamo rivelato nulla dell'operazione fino a quando furono là, proprio prima che si imbarcassero sugli aerei. (...incomprensibile...) poi egli ha detto : Coloro che erano stati addestrati a volare non conoscevano gli altri. Un gruppo di persone non conosceva l'altro (...incomprensibile...)»
Ho inserito nel testo due delle ambiguità contestate da studi successivi commissionati anche da importanti giornali, e cioè l’assenza effettiva dell’ "in anticipo" parlando della conta delle vittime e la sostituzione di "Fu chiesto loro di andare in America" con un più chiaro (ma errato) "abbiamo chiesto loro di andare in America". In generale, criticano inoltre i successi studi, è stato tradotti "noi" laddove poteva essere tradotto anche "essi".
Chiarite queste ambiguità la questione cambia. Bin Laden racconta i commenti fatti dopo aver visto in tv lo schianto, ad esempio l’ottimismo e le speranze dopo l’impatto del primo aereo e il "calcolo" approssimativo del numero delle vittime. Passa continuamente dal piano della "visione" o della premunizione, con sogni e metafore, a quelli che possono essere intesi come accenni al fatto che Bin Laden (al di là dei sogni) sapesse qualcosa prima.
«Un anno fa [Abu Al-Hasan Al-Masri] mi ha detto: "In sogno ho visto che stavamo giocando una partita a calcio contro gli americani. Quando la nostra squadra è entrata in campo, era formata da piloti!" E poi ha così continuato: "Mi sono chiesto se fosse una partita a calcio o una partita di piloti. I nostri giocatori infatti erano piloti!" Egli (Abu-Al-Hasan) non sapeva nulla dell'operazione fino al momento in cui l'ha sentito alla radio. Mi ha detto che la partita stava continuando e che noi li avevamo sconfitti. Quello è stato un buon presagio per noi».
Al di là del fatto che il presunto Bin Laden voglia far credere ai collaboratori presenti di essere stato a conoscenza in anticipo di qualche particolare (alcune informazioni come quelle su Atta o i nomi di altri kamikaze che Bin Laden tra l’altro sbaglia potrebbero essere state benissimo apprese dalla televisione) assolutamente nulla fa pensare ad un ruolo qualsiasi di Bin Laden nella pianificazione: egli infatti si limita a dare alcune informazioni generiche (un gruppo non conosceva gli altri) e semmai dice anzi di essere stato avvisato con anticipo del giorno dell’attentato, fatto particolarmente anomalo per colui che è considerato il pianificatore e il regista dell’attacco.
Il video non aggiunge altro, salvo la soddisfazione (più volte ribadita e coerente con la sua mentalità) per l’attentato che certo ci disgusta e ci spaventa ma che non dimostra assolutamente un suo coinvolgimento. E’ chiaro che questo video, se visto con il pregiudizio di chi in assenza di prove ha già deciso il colpevole e che sente ripetutamente il filmato annunciato come una confessione, può in qualche modo dare le risposte che si cercano; questo però non vale però certo per l’osservatore oggettivo.
Anche perché le ambiguità non si limitano a questo, anzi. I dubbi maggiori, infatti, nascono dall’osservazione dall’aspetto del presunto Bin Laden, le cui immagini lasciano dubbi sulla sua effettiva identità. Colui che viene descritto come Bin Laden, infatti, appare decisamente diverso dai Bin Laden che conosciamo dagli altri video. La scarsa qualità delle immagini (e la poca luce) sembra fatta apposta per confondere e rendere ambiguo il tutto, tuttavia già i tratti fondamentali (naso, zigomi) fanno dubitare dell’effettiva identità dell’uomo che compare nel video.
Ora, in sequenza, Bin Laden nell’intervista del 7 novembre (che, anche ammettendo che la foto portata da Hamid Mir sia precedente, ritrae un Bin Laden simile al video del 3 novembre), nel video incriminato di metà novembre e nell’ultimo girato il 7 dicembre.
La sequenza dei tre fotogrammi ci permettere di scartare subito l’ipotesi di un Bin Laden reso magro, pallido e invecchiato dalla fuga tra le montagne afgano. Il Bin Laden "E" stona visibilmente con gli altri 4 ritratti sia in momenti successivi che precedenti al filmato incriminato.
Alcuni hanno sollevato riguardo al paragone (evidenziato dall’immagine che segue) un’obiezione: le immagini disponibili del video incriminato sono unicamente screenshot presi dalle tv americane che hanno curato la messa in onda che hanno un formato differente rispetto a quello delle immagini di Al Jazeera che ha proiettato tutti gli altri video. Un confronto come questo sulle proporzioni, insomma, sarebbe viziato dal fatto che l’immagine a sinistra è schiacciata.
Anche allungando il fotogramma del 20%, tuttavia, molti dubbi rimangono in particolare sulla conformazione del naso e degli zigomi anche se si ravvisa qualche somiglianza in più.
Altra incongruenza il fatto che il presunto Bin Laden scrive qualcosa, in questo filmato, con la mano destra benché –stando all’FBI- sia mancino. L’uomo inoltre indossa un anello dorato che non compare in altri video. Tutti questi elementi contribuiscono all’idea abbastanza condivisa che il video sia un falso. Se anche esso fosse vero, tuttavia, come visto il messaggio non costituisce affatto necessariamente una confessione, e questa è certamente la cosa più importante.
Bin Laden, dopo essere comparso in cinque video nel giro di due mesi e mezzo dalle Torri Gemelle (di cui almeno tre abbastanza credibili), non compare poi più in video per anni. Evidentemente, come suggerito anche da fonti autorevoli, è morto nel dicembre 2001 tra le grotte di Tora Bora.
Passano mesi e mesi di silenzio e i riflettori si spostano altrove, tuttavia Bin Laden è sempre presente nell’immaginario di minaccia permanente che Bush ha montato con abilità. I diversi mesi di silenzio sembrano confermare senza ombra di dubbio la sua morte, tuttavia Bin Laden sorprende tutti e riappare, in ottima salute, a quattro giorni dalle elezioni presidenziali del 2004, e cioè il 30 ottobre, tramite Al Jazeera.
10. Quattro anni dopo la confessione audio
Dopo il processo Moussaui, il presunto ventesimo kamikaze, un sedicente Bin Laden torna a farsi sentire con un messaggio audio diffuso su Internet confessando effettivamente un suo ruolo nell’organizzazione degli attentati.
«Comincio col parlare del fratello Zacarias Moussaoui. La verità è che egli non ha alcun collegamento di sorta con i fatti dell'11 settembre. Sono certo di quel che dico perchè‚ io sono responsabile di aver affidato i compiti ai 19 fratelli... per quei raid e non ho assegnato il fratello Zacarias insieme a loro. La sua confessione di aver ricevuto l'incarico di partecipare a quei raid è una falsa confessione che nessuna persona intelligente dubita sia il risultato delle pressioni esercitate su di lui", si ascolta nel messaggio.
I partecipanti alle azioni dell'11 settembre erano divisi in due gruppi: piloti e team di supporto per ciascun pilota per il controllo degli aerei. E poiché‚ Zacarias Moussaoui stava imparando come si vola, ne consegue che non era la ventesima persona dei team che dovevano tenere gli aerei sotto controllo, come sosteneva il governo americano.
Se Moussaoui stava studiando per diventare pilota di uno degli aerei, che dica i nomi di quelli che gli erano stati assegnati per aiutarlo a controllare l'aereo. Non lo farà, per la semplice ragione che non esistono. Il fratello Moussaoui fu arrestato due settimane prima degli attacchi, e non sa niente. Se avesse saputo qualcosa, anche poco, del gruppo dell'11 settembre, avremmo detto al fratello comandante Mohamed Atta e ai suoi fratelli, che la benedizione di Allah sia su di loro, di lasciare immediatamente l'America, prima che il piano venisse scoperto».
Non è necessario ribadire l’inconsistenza delle fonti, l’assurdità del lungo silenzio o i dubbi per esempio in fatto di accento e cadenza, che non combacerebbero con i precedenti riscontri, per gettare questo messaggio audio nella spazzatura. Solo chi è veramente a corto di argomenti può adottare questo come evidenza, come conferma l’FBI stessa.
E siamo arrivato così alla fine.
Conclusione
A quattro anni e mezzo dall’11 settembre non ci sono prove valide che portino ad Bin Laden o ai talebani come responsabili degli attentati. Né in Afghanistan né in Iraq sono state trovate le armi di distruzione di massa, così come non è stato provato alcun legame tra Saddam Hussein e Bin Laden. Oggi, tuttavia, in Afghanistan e in Iraq si muore ancora quotidianamente e l’occidente è tornato ad essere impaurito e militarizzato più che mai riportando in auge le idee e i sentimenti più negativi e retrogradi.
Ne consegue che tutta la politica estera recente è stata motivata su una semplice teoria non suffragata da nessuna prova. E’ anzi un’ipotesi in attesa di dimostrazione, una semplice illazione.
Ad oggi è assolutamente corretto affermare che Bin Laden e i Talebani non hanno avuto nulla a che fare con i quattro aerei dirottati. E’ plausibile altresì pensare che Bin Laden, criminale e terrorista legato forse ad una fragile rete (probabilmente più ideale che fisica) di personaggi vicini alla sua interpretazione politica dello scontro tra occidente e islam, sia stato semplicemente usato quasi sicuramente a sua insaputa.
Dopo aver negato ogni coinvolgimento Bin Laden, pur senza ammettere o raccontare particolari, si è preso in qualche modo la paternità del gesto o quantomeno il comando dell’ipotetica "resistenza" jihadista anche questa volta più in una dimensione morale, riuscendo a mettere insieme unendo le vecchie conoscenze alcuni personaggi dotati anch’essi di poteri limitati che l’occidente ha identificato, rifacendosi alla guerra di Afghanistan degli anni ’80, nella Piovra Al Qaeda. Bin Laden è stato probabilmente ucciso molto presto, al massimo nel dicembre 2001, ma la sua morte non è stata resa ufficiale (ammesso che sia stato trovato e non seppellito in qualche grotta crollata su sé stessa).
Oggi Bin Laden resta presente nel dibattito politico internazionale, con una taglia beffarda di 25 milioni di dollari e il proprio nome sui testi scolastici come colpevole e demone alla faccia della strabiliante e certificata assenza di prove.
A coprire forse, con la sua immagine esotica e enigmatica, ben altre mani.
Andrea Franzoni per www.luogocomune.net
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16 settembre 2006
Non è stato Bin Laden?
La convinzione che Osama Bin Laden sia il responsabile degli attentati dell’11 settembre è radicata nel conscio e nell’inconscio delle persone come poche altre cose. E’ Bin Laden la risposta che tutti hanno a disposizione per rispondere alle migliaia di domande che questa epoca storica dovrebbe richiedere e per far passarne passare in secondo piano molte altrettanto importanti. E’ stato Bin Laden a "creare" il terrorismo che ci minaccia, ed è stato lui ad attaccare.
E’ lui che organizza e coordina i movimenti ceceni, irakeni, afgani, indonesiani, egiziani, palestinesi; è lui che semina odio e recluta terroristi fra i nostri quartieri, le nostre scuole, le nostre moschee; è lui la ragione delle centinaia di migliaia di vittime della pax americana, della diffidenza e della xenofobia, della sospensione specie nei paesi anglosassoni dei diritti. E’ lui, con le presunte prove a suo carico e le altrettante presunte rivendicazioni, il freno ad ogni dubbio sui mille particolari che per qualche motivo non tornano riguardo all’11 settembre.
Eppure, e lo dovessimo processare oggi, come afferma con tutta chiarezza la stessa FBI, non avremmo una sola prova concreta che potrebbe reggere l’accusa di fronte a un tribunale. Bin Laden, anzi, potrebbe querelare l’intero occidente per calunnia. E la migliore corte immaginabile, nel top della civiltà quale è lo stato di diritto all’occidentale, gli darebbe senza ombra di dubbio ragione.
La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Bene: noi stiamo assistendo sotto i nostri occhi alla scrittura di una storia che, ad oggi, rimane un racconto di fantasia. Benché azzardare una qualsiasi versione alternativa rimanga praticamente un tabù, i fatti e le indagini spingono in un’unica direzione: Bin Laden non ha nulla a che vedere con l’11 settembre. Una giustizia giusta, in occasioni simili, proverebbe a battere piste diverse.
Basta controllare sul sito dell’FBI (link) per rendersi conto che Bin Laden è ricercato "unicamente" in relazione alle esplosioni del 7 agosto 1998 alle ambasciate degli Stati Uniti di Dar Es Salaam, Tanzania, e Nairobi, Kenya. Secondo l’ FBI, questi attacchi hanno ucciso oltre 200 persone. L’ FBI conclude i suoi motivi per "ricercare" Bin Laden dicendo, «Inoltre, Bin Laden è sospettato di altri attacchi terroristici in ogni parte del mondo».
La nostra percezione, grazie all’onestà intellettuale dei media e dei nostri degli rappresentanti, è però diametralmente opposta. La certezza assoluta della colpevolezza di Bin Laden è stata brandita per anni sulla reputazione di chiunque ha provato a sollevare un solo dubbio sull’effettiva paternità dell’attentato o sulla "Guerra al Terrorismo", i cui risultati disastrosi sotto ogni punto di vista (sicurezza globale, economia, condizioni della popolazione, diritti umani) sono sotto gli occhi di tutti.
La certezza che Bin Laden abbia rivendicato l’attentato e che la sua regia sia stata dimostrata è una credenza diffusa che stoppa in partenza ogni opinione divergente. Al contrario Bin Laden non ha mai rivendicato in maniera credibile l’attentato: si è dichiarato all’oscuro di tutto più volte e, anche in preda alla disperazione, non si è spinto oltre l’espressione di soddisfazione per l’attentato senza lasciare intendere un suo coinvolgimento. Senza prove e senza confessioni nulla, se non teorie campate in aria e sostenute da ignoranza o da forte malafede, lega Osama Bin Laden all’attacco all’America che ha aperto l’epoca della guerra perenne al terrorismo.
«Bin Laden non è stato formalmente accusato in relazione all’ 11-9» ha chiarito Rex Tomb, uno dei portavoce dell’FBI, al Muckraker report. «L’ FBI raccoglie prove –ha spiegato- Appena le prove sono state messe insieme, vengono girate al Dipartimento di Giustizia. Il Dipartimento di Giustizia poi decide se ha abbastanza prove da presentare ad un grand jury federale. Nel caso del bombardamento del 1998 alle Ambasciate degli Stati Uniti, Bin Laden è stato formalmente accusato e incolpato da un grand jury. Non è stato formalmente accusato e incolpato in relazione all’ 11-9 perché l’FBI non ha una forte prova che lega Bin Laden all’ 11-9». (link)
Per quanto possa sembrare assurdo si tratta semplicemente di una conferma. Così scriveva la BBC nel maggio 2002, dopo 7 mesi di indagini a "tutto campo".
«Ufficiali dell’intelligence USA hanno ammesso di aver fallito i tentativi di portare alla luce qualsiasi pista che conducesse agli attacchi dell’11 settembre. Il capo dell’FBI ha detto che dopo 7 mesi di implacabile lavoro l’America non ha trovato alcuna prova riguardante alcun aspetto degli attacchi a New York e Washington. Robert Mueller, direttore dell’FBI, ha spiegato che i suoi agenti hanno inseguito centinaia di migliaia di indizi e controllato ogni documento sul quale sono riusciti a mettere le mani, dalle prenotazioni di volo ai noleggi d’auto ai conti bancari. Hanno cacciato fra le grotte in Afghanistan e fra le ricevute di carte di credito in America ma il meglio dell’intelligence americana è stata umiliata da 19 dirottatori di Al Qaeda, rivelando quanto poco l’America sa riguardo agli attacchi dell’11 settembre».
Dopo altri quattro anni di indagini "a tutto campo" nulla è cambiato: 19 uomini, dopo aver compiuto irripetibili acrobazie per i cieli dell’America e sbeffeggiato il mondo intero con una dozzina di miracoli, non hanno lasciato una sola seria traccia della loro opera.
Potremmo fermarci qua e avremmo già abbastanza motivi quantomeno per arrossire. E’ importante invece, prima che la storia venga riscritta, analizzare e raccogliere le non prove, le non rivendicazioni e le evidenze fasulle che il mondo intero ha accettato senza un battito di ciglia. Basta ripercorrere i momenti successivi all’11 settembre per accorgersi –giusto per iniziare- che Bin Laden non ha mai rivendicato l’attentato negando anzi –in linea con i Talebani- ogni suo coinvolgimento. E se Bin Laden non ha nulla a che fare con l’11 settembre e non esiste alcuna prova concreta si un suo ruolo nella preparazione degli attentati, come l’FBI dice, ciò significa necessariamente che è stato qualcun altro.
Non spetta a noi, ai nostri limiti di comuni cittadini indagare e tracciare conclusioni. Ma quello di rimanere sull’attenti, evitando di essere tirati per il naso, è forse l’ultima alta libertà che la "civiltà" ci concede.
1. Commenti a caldo: Le smentite ufficiali di Bin Laden e dei Talebani
Riportiamo l’orologio al 12 settembre 2001, con le macerie delle torri ancora fumanti, nessuna rivendicazione e i mirini già puntati. Partiamo da una certezza che è giusto ricordare: Bin Laden, nei giorni successivi all'11 settembre, viene riportato affermare ripetutamente la sua estraneità all'attentato.
Questo articolo di RaiNews "dell'epoca" ne parla.
«Osama bin Laden è tornato a farsi sentire, ribadendo ancora una volta di non essere lui il responsabile degli attacchi di martedì contro le Torri Gemelle del World Trade Center a New York e il Pentagono a Washington. Lo ha riferito la "Afghan Islamic Press", semi-ufficiale agenzia di stampa del regime dei Talebani ma con sede in Pakistan. «Quelli che l'hanno fatto hanno agito nel loro interesse personale» prosegue il comunicato diffuso da Osama bin Laden tramite uno dei suoi assistenti, Abudl Samad. Il miliardario saudita ribadisce quanto affermato dai taleban che sostengono di non avere a disposizione i mezzi per organizzare attentati terroristici dopo le restrizioni imposte dal loro capo supremo, il mullah Mohammad Omar, nei contatti con il mondo esterno. «Vivo in Afghanistan. - si legge nella nota - Sono un seguace del 'comandante dei credenti' (il mullah Omar) che non permette di partecipare a simili attivita», ha aggiunto Osama bin Laden nel comunicato scritto in arabo, la sua lingua».
La fonte, come detto, è la Afghan Islamic Press, presentata come una agenzia di stampa vicina ai talebani; lo stesso articolo evidenzia però come questa sia solo una delle molteplici dichiarazioni dello stesso tenore. Il 16 settembre, giorno di questa dichiarazione, anche Al Jazeera riceverà una nota simile in cui Bin Laden ribadirà la sua estraneità ai fatti. Assolutamente simile, in questa fase, l'atteggiamento dei talebani.
Quest’altro articolo proveniente dall'archivio di RaiNews24 a data 11 settembre 2001 riporta le loro reazioni ufficiali. I talebani affermano che è impossibile che Bin Laden sia riuscito a organizzare un simile attentato, che tra l’altro condannano fermamente. Fin dalle prime ore, infatti, i Talebani sono additati subito come possibili responsabili dell’attentato e il mondo attende da loro determinate risposte senza essere soddisfatto.
«Le milizie integraliste islamiche afghane dei Taleban hanno escluso la responsabilità di Osama Bin Laden negli attentati di oggi contro gli Stati Uniti. «Questo è un atto terroristico e lo condanniamo con fermezza», ha detto il rappresentante delle milizie integraliste al potere a Kabul, Abdul Salam Zaif. La dichiarazione dell'ambasciatore è stata riferita dall'agenzia 'Afghan Islamic Press', con base a Islamabad. L'agenzia ha precisato che l'ambasciatore ha auspicato che i responsabili degli attacchi contro gli Usa siano consegnati alla giustizia. «Quanto è successo negli Stati Uniti non è l'opera di gente ordinaria.
Può essere l'opera di qualche governo», ha detto un portavoce dei Taleban parlando al telefono con l'agenzia britannica Reuters da Kandahar, una città nell'Afghanistan meridionale. Secondo il portavoce, Osama Bin Laden, il miliardario saudita che figura in cima alla lista americana dei terroristi internazionali e che si è rifugiato in Afghanistan, «non puo' aver fatto questo lavoro». «Neanche noi possiamo averlo farlo. Noi non sosteniamo il terrorismo. Osama non ne ha la capacità. Condanniamo tutto ciò», ha aggiunto il portavoce, Abdul Hai Mumaen. «Questa può essere l'azione sia di nemici interni degli Stati Uniti sia di suoi acerrimi nemici. Osama non può aver fatto questo...», ha concluso. L'ambasciatore dei Taleban in Pakistan ha condannato oggi gli attacchi aerei contro gli Stati Uniti».
2. Genio della strategia o inetto? La via della logica
Si prospetta già l'attacco degli USA e i Talebani, come Bin Laden, tentano prima di tutto di evitare questa strada che –intuiscono- per loro può essere letale anche perché il regime Talebano è debole, molto isolato e chiaramente nel mirino di Washington che ha già fatto capire chiaramente la sua ostilità, che sostiene i signori della guerra dell’Alleanza del Nord e che –come scopriremo poi- ha già a disposizione i piani di invasione.
A questo punto urge una domanda: al di là dei grandi dubbi tecnici che ragione avrebbero i talebani e Bin Laden per organizzare un attentato simile?
La risposta è semplice: nessuna. Questa parentesi ci porta un po’ fuori dall’obiettivo che ci eravamo posti (e cioè quello di analizzare le non prove e le manipolazioni che hanno portato al riconoscimento unanime e infondato della colpevolezza di Bin Laden), ma è necessario dedicare questo breve paragrafo a considerazioni assolutamente intuitive che si sostengono da sole meglio di qualsiasi teoria che è stata finora formulata.
L’Afghanistan e i talebani sono proprio l’ultimo stato che si potrebbe sognare di fare una simile dichiarazione di guerra. L’Afghanistan è evidentemente impreparato a sostenere la forza d’urto dell’armata americana e insidiato da più fronti (Russia, Iran, USA). Non una nazione, infatti, appoggerà, fornirà armi o sosterrà anche solo verbalmente i talebani.
E’ veramente impensabile che uno stato in queste condizioni, senza avere nemmeno creato un sodalizio con gli altri stati che certo avversano gli USA, organizzi e esegua un attacco deciso e importante come quello dell’11 settembre che può solo segnare la sua fine. Lo sanno i talebani e lo sa Bin Laden, che tra i talebani ha trovato un’oasi di protezione dalla caccia americana dalla quale, magari, può continuare a giocare al piccolo terrorista come d’altronde ha sempre fatto. Provocare frontalmente e con tale evidenza l’America può segnare soltanto la fine di tutto ciò che si è faticosamente costruito in anni e anni di militanza.
Punto secondo: Se anche fossero stati i talebani ad organizzare l’attacco è evidente come questo avrebbe potuto avere (così d’altronde ci viene detto) un solo obiettivo: quello di "dichiarare guerra all’America" intimorendo e compattando un fronte anti-americano. Questa tesi contrasta però chiaramente con l’atteggiamento sopra descritto: i Talebani invece che infiammare le folle islamiche e gonfiarsi tentando di attirare importanti amicizie abbassano le orecchie e si fanno piccoli piccoli.
Sono presi in contropiede e rinculano, non sono certo nelle condizioni di infastidire, provocare o attaccare nessuno. Quando si dichiara guerra si alzano i toni, si minaccia, si rinsaldano i legami con gli stati alleati e si cercano appoggi chiamando a raccolta possibili sodali e finanziatori. I talebani al contrario negano ogni coinvolgimento e si mettono sulla difensiva.
Vista dall’angolazione di Bin Laden l’attentato è ancora più assurdo. Il regime talebano afgano è il primo (e unico) "successo" degli islamici "integralisti" nel mondo e dichiarare guerra in questa fase embrionale, in cui nemmeno lo stato afgano è pronto a reggere il minimo urto, è chiaramente un suicidio.
Certo non è possibile entrare nella psiche di Bin Laden (e nemmeno in quella di Bush), ma una cosa va chiarita: la "lucida follia" non centra. Come può aver potuto il genio Bin Laden, il genio che ha creato da nulla un network inafferrabile di portata mondiale, e ha organizzato l’azione meglio organizzata della storia (senza lasciare una traccia a 4 anni di distanza) compiere un errore così ridicolo e elementare?
Non possiamo disegnare Bin Laden, a seconda di quello che ci serve per costruire i nostri castelli in aria, come un genio dell’organizzazione e della strategia e l’attimo dopo come un idiota qualunque. Prima freddo pianificatore e poi gonzo che si tuffa nella gabbia del leone per tirargli la coda.
Siccome la logica non sempre viene recepita torniamo però ai fatti, il vero scoglio al quale ci dobbiamo con grande orgoglio attaccare.
3. L’ultima chiara smentita di Bin Laden
Il tempo passa e, mentre i talebani provano a negoziare con Washington, Bin Laden ribadisce la sua versione dei fatti. E’ il 28 settembre quando il quotidiano pakistano in lingua urdu "Ummat" pubblica un’interessante intervista fatta con "lo sceicco del terrore".
Dice Bin Laden: «Ho già detto di non essere coinvolto negli attacchi dell’11 settembre. Come musulmano, faccio i massimi sforzi per evitare di dire bugie. Non so niente di questi attacchi, né considero l’uccisione di donne, bambini e altri esseri innocenti come un atto apprezzabile. Tale pratica è proibita perfino durante il corso di una battaglia. Sono gli Stati Uniti i colpevoli di ogni maltrattamento di donne, bambini e gente comune…..». Bin Laden ripete che è evidente come non sarebbe stato fattibile per lui un simile prodigio di organizzazione e tecnica dicendo che gli americani dovrebbero cercare i colpevoli al loro interno, tra coloro inseriti "nel sistema".
Questa intervista mostra un Bin Laden che non si limita a negare il proprio coinvolgimento e a lasciar filtrare tra le righe che la colpa vada ricercata tra coloro che hanno sicuramente molte più possibilità di organizzare alla perfezione un simile attentato.
«Ci sono agenzie negli Stati Uniti –spiega Osama- che chiedono miliardi di dollari di stanziamenti dal Congresso e dal governo ogni anno. Questi finanziamenti non sono stati in dubbio finché l’Unione Sovietica è esistita, ma dopo la sua caduta il budget di queste agenzie è stato in pericolo. Quindi loro hanno bisogno di un nemico. Così prima loro scatenano la propaganda contro Osama –parla alla terza persona, come in interviste precedenti- e i Talebani, e quindi questo incidente accade». (link)
Questa intervista, segnalata dal BBC Monitor Service (servizio che seleziona le notizie provenienti da tutto il mondo) non riceve praticamente menzione nella grande stampa. Evidentemente viene trattata, senza approfondimenti, come un falso da non considerare semplicemente perché non è funzionale alla volontà dell’opinione pubblica, che ha bisogno del classico mostro da demolire, prima ancora che dei suoi governanti. Vera o fasulla che sia, tuttavia, essa è perfettamente coerente con tutte le dichiarazioni di Bin Laden del periodo e, soprattutto, non risulta mai smentita.
4. Le prove della responsabilità di Bin Laden
Il mondo tuttavia ha già deciso: fin dalle prime ore infatti i riflettori sono stati puntati con incredibile decisione su Bin Laden. I talebani, giudicati anch’essi responsabili, sono anch’essi sull’orlo del burrone fin dall’inizio.
L’impressione innegabile è che tutto sia già deciso in partenza: già il 12 settembre un funzionario dell'amministrazione Bush (che ha chiesto l'anonimato) afferma che immediatamente dopo l'attacco le autorità statunitensi hanno ricevuto un fax inviato da persone non note che si sono dichiarate membri dell'organizzazione di Bin Laden, "Al-Qaeda". Altro evento importante la dichiarazione di un giornalista arabo di stanza a Londra secondo il quale seguaci del leader saudita avevano avvertito telefonicamente il giornale Al-quds Al-arabi «parlando di un attacco senza precedenti». «Riceviamo spesso minacce del genere –ha raccontato il giornalista- ma questa volta sembra che si sia verificata ogni parola detta». Questo evento, assolutamente non significativo (minacce simili arrivano molto spesso, conferma lo stesso giornalista, e sono sempre infondate), farà bella mostra nel "dossier" sventolato da Blair per motivare l’aggressione dell’Afghanistan.
E anche Bush e Cheaney, che non hanno nulla tra le mani, non sono meno determinati.
Il 4 ottobre, 3 giorni prima dell’inizio dell’operazione Enduring Freedom, il governo inglese rilascia un documento in 69 punti, "Responsabilità per le atrocità dei terroristi negli Stati Uniti, dell'11 settembre 2001", che espone le prove a sostegno dell'attacco all'Afghanistan. Presentato da Blair e dai media come il dossier che stana Bin Laden e i Talebani esso, per voce dei suoi stessi redattori, sarebbero insufficienti a sostenere l’accusa in un tribunale e appare, se letto, assolutamente inconsistente.
Dei 69 punti 10 sono relativi ad informazioni sui precedenti della relazione tra Bin Laden e i telebani, 15 sono relativi ad informazioni sui precedenti alla filosofia generale di Al Qaeda ed alla sua relazione con bin Laden, 26 si riferiscono ad attacchi precedenti. Tuttavia nessuno fornisce alcun fatto relativo all11/9. La maggior parte nemmeno tenta di collegare direttamente le cose citate agli eventi di quel giorno, la vera ragione per l’attacco. Riguardo alla colpevolezza di Bin Laden queste sono le "evidenze":
«a) Dopo l'11 settembre, abbiamo appreso che, non molto prima, bin Laden aveva detto di essere in procinto di lanciare un mega attacco anti-americano (il giornalista londinese, n.d.a.) . Il piano dettagliato degli attentati dell'11 settembre è stato definito da uno dei suoi stretti collaboratori. Dei 19 sequestratori coinvolti l'11 settembre, è stato già provato che almeno 3 hanno legami con Al Quaida. Gli attacchi dell'11 settembre erano simili per obiettivo e impatto agli attentati precedenti condotti da bin Laden e Al Quaida, inoltre hanno dei particolari in comune: I terroristi kamikaze hanno coordinato gli attentati nello stesso giorno, con l'obiettivo di provocare il maggior danno possibile agli americani e totale non curanza per altri danni anche a musulmani.
La pianificazione è stata lunga e meticolosa. Non c'è stato un previo allarme. b) Al Quaida detiene la capacità e la volontà per condurre altri attacchi contro gli Stati Uniti e i suoi alleati, incluso il regno Unito. c) Al Quaida non dà previo allarme sui suoi attentati. d) Nel 1989 Osama bin Laden e altri hanno fondato un gruppo terroristico internazionale conosciuto col nome di Al Quaida (la base). Per tutta la sua esistenza il gruppo è stato guidato da bin Laden. e) Dal 1989 al 1991, Osama bin Laden ha vissuto tra l'Afghanistan e il Pakistan, a Peshawar. Nel 1991 si è trasferito in Sudan, dove è rimasto fino al 1996. In quell'anno e' tornato in Afghanistan, dove risiede tutt'ora.» (link)
Senza ripeterci sulla questione della mitica anticipazione, e lasciando perdere per ovvia inconsistenza la dichiarazione di un sedicente collaboratore, è chiaro come questo documento sia semplice aria fritta. Al Qaeda ha la capacità e la volontà di fare attentati del genere (un parere personale costituisce una prova?); Al Qaeda non rivendica i suoi attentati (e tantomeno rivendica quelli che non compie!); 3 dei 19 dirottatori sarebbero legati a Al Qaeda.
Interessante in particolare la questione degli attentatori: essi sono stati identificati a tempo di record dagli stessi servizi segreti che prima non erano stati capaci di fermare 4 aerei che passeggiavano nei cieli degli più protetti del mondo benché i loro nomi non comparissero sulle liste d’imbarco ufficiali diramate dalla stampa (altro caso di tempismo e preparazione: evidentemente l’11 erano tutti in vacanza). Seguono nel dossier due considerazioni "storiche": al Qaeda è un'organizzazione terroristica nata nel 1989, ad è comandata da Bin Laden, che ha vissuto in Pakistan, Sudan e Afghanistan. Nulla lega tutto ciò con l’11 settembre eppure ciò è sufficiente per radere al suolo l’Afghanistan.
5. Flashback: Bin Laden annuncia la Jihad globale
Bin Laden è, insieme ad alcuni "collaboratori", firmatario della dichiarazione di guerra santa contro l'America (avendo l’autorità di qualsiasi cittadino, ovviamente) che elenca una serie di motivazioni per una crociata anti-occidentale pubblicata su un giornale arabo parecchio noto: Al-Quds al-'Arabi.
Questa dichiarazione viene erroneamente inserita tra le prove che dimostrano la colpevolezza di Al Qaeda e quindi di Bin Laden (e quindi dei Talebani). Al contrario dice soltanto una cosa: un gruppo di persone odia l'America e dice di sognare la sua distruzione. E' come se un ladro di galline dichiarasse di sognare di rubare i gioielli della corona. E di sogno si tratta: Questa dichiarazione infatti è del 1998, 3 anni prima dell'11 settembre. (link)
E Bin Laden, prima dimesso nello svincolarsi da ogni responsabilità riguardo all’11 settembre, ritornerà presto la caricatura che tutti conosciamo e odiamo. Siamo infatti in prossimità dell’attacco all’Afghanistan già anticipato dal dossier di Blair e in qualche modo desiderato dalla vendicativa opinione pubblica occidentale: i Talebani hanno bisogno del vecchio e tagliente Osama per infiammare i giovani musulmani nella speranza di attutire l’impatto e gli USA certo non disdegnano, come ciliegina sulla torta che spazzi ogni dubbio, un Bin Laden a sua volta aggressivo.
Entrambe le parti avranno ciò che desiderano.
6. I Talebani cambiano atteggiamento
I talebani si dichiareranno disponibili a processare Bin Laden in Afghanistan, se gli USA forniranno le prove della sua colpevolezza. In un secondo tempo si dichiareranno disponibili a concedere l’estradizione di Bin Laden se prima gli USA forniranno le prove della colpevolezza del ricco saudita (e smetteranno di bombardare e minacciare l’Afghanistan). Temporeggiano, si dirà forse a ragione.
In realtà i Talebani hanno capito che la loro strategia non ha funzionato e che gli USA scateneranno la rabbia popolare per la ferita dell’11 settembre su di loro. E in caso di battaglia l’imprevedibile vittoria gli può essere assicurata da un solo uomo: Bin Laden.
Bin Laden, per loro, è una buona risorsa di liquidi e, in vista di un’invasione (a questo punto inevitabile), di mezzi e uomini per la folle "resistenza".
Oltre alle capacità finanziare e agli appoggi che il saudita negli anni ha potuto maturare va valutata infatti anche la fama e il carisma di Bin Laden, eroe della resistenza afgana degli anni 80 durante la quale si occupava di coordinare la raccolta di fondi da stati e organizzazioni arabe (a cui si aggiungevano tra gli altri soldi americani) e di fare propaganda a favore della resistenza antisovietica. Proprio quella lunga guerra è l’unico scenario che i talebani devono tentare di ricreare per sperare di riuscire a mantenere la loro posizione.
E Bin Laden è il personaggio che rappresenta la continuità auspicata fra gli anni ’80 e la prossima invasione dell’Afghanistan.
7. Il primo video e l’inizio di "Enduring Freedom"
Anche Bin Laden non ha scelta: ha provato a dichiararsi innocente ma non è stato ascoltato, e i Talebani sono stati attaccati senza una sola prova presentabile. E’ lui, lo sceicco saudita che sogna la jihad, il nemico numero uno. E la contrapposizione che lui, a parole, aveva auspicato nella dichiarazione del 1998 si sta realizzando.
Non solo: l’attacco alle Torri Gemelle e l’invasione dell’Afghanistan sono due eventi che hanno galvanizzato alcuni giovani musulmani pronti ad unirsi alla sua battaglia sotto le sue insegne. Senza forse fare nulla, insomma, Bin Laden si è trovato al centro dello "scontro" tra occidente e islam che non ha mai nascosto di auspicare, e ora non gli resta che trovare la strategia migliore per cavalcarlo.
Non si sa nulla degli spostamenti di Bin Laden in quei giorni. Non sappiamo, cioè, se sia riuscito a scappare magari in Pakistan o se sia rimasto accerchiato in Afghanistan: in entrambi i casi il suo interesse, ad attacco americano iniziato, è molto probabilmente quello di fare tutto il possibile per rendere la resistenza in Afghanistan il più solida e appassionata possibile, e dello stesso sono naturalmente convinti i Talebani.
Essi, è giusto ripeterlo, hanno ogni interesse sia a rimanere legati a Bin Laden, che li finanzia e che può essere la figura carismatica e mitica utile a rafforzare la loro posizione anche dal punto di vista della "carne da cannone". Un Bin Laden vivo e combattivo è assolutamente ciò che i talebani si augurano.
E’ necessario però riprendere le redini della narrazione. Siamo infatti al 7 ottobre, il giorno della svolta. La coalizione è pronta a iniziare i bombardamenti, benché non esista –come abbiamo visto- una sola prova del coinvolgimento di Bin Laden, quando Bin Laden compare per la prima volta dall’11 settembre in un video. Bin Laden non rivendica l’attentato, e nemmeno accenna a un suo ruolo; "semplicemente" ringrazia Allah per avere distrutto i simboli dell’America. E’ l’inizio della seconda fase della sua strategia, quella più disperata in cui prova a mostrare i denti.
«Io ringrazio Dio perchè sono stati distrutti i simboli dell'America e la paura si è diffusa fra tutti gli americani e in tutti gli Stati Uniti d'America. Ciò che l'America assaggia oggi è pochissimo in confronto a quello che abbiamo assaggiato noi per 80 anni. Quando Dio aiuta un gruppo di musulmani a distruggere la terra d'America, possa Dio ricompensarli con il Paradiso....
Oggi dei musulmani sono riusciti a fare provare all'America ciò che migliaia e migliaia di altri hanno provato. Ogni musulmano deve alzarsi in piedi per difendere la propria religione e sradicare gli infedeli dalla Palestina e dalla penisola arabica. Giuro su Dio onnipotente, che né' America, né coloro che vivono in America avranno sicurezza prima che noi avremo sicurezza in Palestina e prima che tutte le forze straniere vadano via dalla penisola di Maometto.
Migliaia di migliaia di bambini continuano a morire in Iraq e non si sente neanche una parola dei governanti e dei sultani contro di ciò. Quando i carri armati israeliani devastano Ramallah, Rafah, Beit Jala e altre località nessuno alza la sua voce in segno di protesta. Che Dio giudichi tutti questi governanti corrotti.
L'America ed i suoi alleati hanno mobilitato le loro forze per attaccarci. Chiamateci terroristi ma il bombardamento di Hiroshima e il bombardamento dell'Iraq hanno fatto perdere migliaia e migliaia di vite. Io dico all'America e giuro in nome di Dio che non cederemo mai fino a che l'ultimo soldato degli infedeli non avrà lasciato questa terra. Dio e' grande e tutti voi siete chiamati a questa mobilitazione».
Le tematiche sono coerenti con l’ideologia di Bin Laden, che in passato non ha lesinato riferimenti alla Palestina e a Hiroshima oltre che all’ONU, al Kashmir e alla Cecenia (che saranno nei video successivi).
Benché Bin Laden non dica nulla che lasci intendere una sua qualsiasi partecipazione all’organizzazione dell’attentato, l’uscita di questo video agisce sull’opinione pubblica grazie alla visione distorta offerta dalla politica e dai media la più chiara prova della responsabilità di Bin Laden e della necessità di eliminare lui e tutti coloro che gli stanno intorno dalla faccia della terra. Non c’è però tempo per ragionare perché le bombe cominciano a fioccare sul regno dei talebani.
8. Bin Laden torna a farsi sentire
Questa è la prima volta dall’11 settembre che Bin Laden, che prima pare più preoccupato di negare ogni propria responsabilità nella vana speranza di evitare lo scontro con gli USA, rilancia tentando in maniera evidente di infiammare gli animi dei combattenti. Siamo oramai in guerra, e delle due parti in gioco Osama è sicuramente quella più disorganizzata.
Di video legati a Bin Laden ne vedremo, da allora, diversi. Talvolta Bin Laden comparirà fisicamente, mentre spesso mostrate alcune "immagini di repertorio" con messaggi audio registrati –si dirà- da Bin Laden o da presunti portavoce di "Al Qaeda". Di tutto questo materiale quello più degno di attenzione è sicuramente il materiale video, che comunque può sollevare molti dubbi di autenticità.
La cosa importante da sottolineare però è questa: sia i "combattenti" jihadisti (per quanti pochi e poco organizzati possano essere) che gli americani hanno tutto l’interesse perché Bin Laden "chiami alla mobilitazione" e lanci messaggi farneticanti. Se un video (o una audio cassetta, o un messaggio su uno del "forum internet vicini ad Al Qaeda") è falso (e spesso lo è, come vedremo) è possibile che esso sia stato prodotto sia da mitomani, sia da jihadisti, sia da Bush, sia dai veri responsabili dell’11 settembre, sia –in quell’epoca- dai talebani.
Questo materiale inoltre è di duplice proveniente: talvolta è "consegnato" alle redazioni soprattutto in Pakistan di Al Jazeera in pacchi anonimi, talvolta è "ritrovato" dalle truppe USA nel corso della loro avanzata. Tutto è immerso nel mistero, ed è anche per questo che l’FBI, ad oggi, afferma di non avere una sola prova valida del coinvolgimento di Bin Laden nell’11 settembre o in eventi successivi: non c’è la possibilità di dimostrare che uno solo dei video ritragga effettivamente l’originale Bin Laden.
Il 3 novembre, quindi, quasi un mese dopo l’inizio di Enduring Freedom e dopo il primo video di Bin Laden, Rai News 24 scrive che «Potrebbe essere diversa da Osama bin Laden la pista che porta ai mandanti del duplice attentato dell'11 settembre alle Torri gemelle e al Pentagono di Washington. Una pista che conduce direttamente a Saddam Hussein e all'Iraq. Secondo alcune rivelazioni riportate dal quotidiano "La Repubblica", infatti il leader dei quattro commandos che hanno portato il terrore nei cieli sarebbe legato a doppio filo al presidente iracheno».
Sempre il 3 novembre Bin Laden compare in prima persona nel suo secondo video recapitato anche questa volta ad Al Jazeera. I toni sono simili a quelli del primo video, e obiettivo dell’arringa l’ONU. «Coloro che si rivolgono all'Onu per risolvere le nostre tragedie sono ipocriti che ingannano Allah, il suo profeta e tutti i credenti. Non sono forse le nostre tragedie opera dell'Onu?» dice citando la Palestina e il silenzio dell’ONU sulla vicenda del Kashmir.
«Oggi, senza nessuna prova, le Nazioni Unite stanno sfornando risoluzioni a favore dell'America, l'oppressore tirannico e dispotico di un (paese) debole appena risollevatosi da una lunga guerra contro l' Unione Sovietica - ha detto bin Laden - Tutto l'Occidente, con qualche rara eccezione, sostiene questa campagna di oppressione, da cui non emerge nessuna prova che metta in relazione quanto è accaduto negli Stati Uniti al popolo dell' Afghanistan - ha proseguito - Il popolo dell'Afghanistan non ha niente a che vedere con questa storia, ma la campagna continua a annientare villaggi, donne e bambini». Bin Laden chiama a raccolta i musulmani invitandoli a difendere «la loro religione e i loro fratelli in Afghanistan». (link)
«Un atto di disperazione» commenterà l’ONU. Ma ancora nessuna ammissione di colpa. Questo video è assimilabile al primo: simile la provenienza (pacco recapitato ad Al Jazeera) e coerente colui che si definisce come Bin Laden in entrambi i video; coerente l’obiettivo e il richiamo alla propria innocenza in difesa del popolo afgano.
Sono questi i giorni del terrore dell’antrace e delle armi chimiche o batteriologiche. Il 6 novembre, a Washington, Bush dichiara «Per questo gli diamo la caccia: perché è un uomo malvagio e, se avesse armi di distruzione di massa, le utilizzerebbe. Ma, alla fine, vinceremo noi».
E il 7 novembre, un mese e mezzo dopo l’intervista che sarebbe stata rilasciata all'Ummit, Bin Laden torna a parlare. Autore dello scoop Hamid Mir, direttore del quotidiano pakistano Ausaf e conduttore di talk show, riportato da un altro giornale di Islamabad, il Dawn.
In questa intervista, che giunge in Italia il 10 Novembre, un Bin Laden braccato alza il tiro e si vanta di essere pronto a rispondere all'aggressione degli USA con armi nucleari e chimiche. Non è noto il luogo dell’intervista in quanto, e a testimoniare la veridicità dell’intervista c’è solo una foto che ritrae insieme Bin Laden e Hamid Mir, che già aveva intervistato lo "sceicco del terrore" due volte prima dell’11 settembre ed è considerato il suo "biografo" ufficiale, che è stato bendato lungo il viaggio al covo del terrorista saudita.
«Noi possediamo armi chimiche e nucleari come deterrente, e se l'America le userà contro di noi, ci riserveremo il diritto di adoperarle» afferma Bin Laden (armi simili, lo ricordiamo, non sono state trovate nè in Afghanistan nè successivamente in Iraq). Tra le affermazioni spicca forse questa: «Noi stiamo portando avanti la missione del nostro profeta Maometto, che consiste nel diffondere la parola di Dio, non di abbandonarsi al massacro delle persone. Noi stessi siamo bersaglio di omicidi, distruzione e atrocità. Questa è una Jihad difensiva. Vogliamo difendere la nostra gente e la nostra terra.
Ecco perché affermo che se non avremo sicurezza, neppure gli americani l'avranno. E' un principio molto elementare, che persino un bambino americano può comprendere. Questo è il principio del vivi e lascia vivere. [...] L'America e i suoi alleati ci stanno massacrando in Palestina, in Cecenia, in Kashmir e in Iraq. I musulmani hanno il diritto di attaccare l'America, come rappresaglia. Gli attacchi dell'11 settembre non erano diretti contro le donne e i bambini.
I veri obiettivi erano le icone della potenza economica e militare dell'America. Il Santo Profeta era contrario all'omicidio di donne e bambini. In Occidente ci sono molte persone innocenti e dal cuore buono. I mezzi di comunicazione americani li istigano contro i musulmani, tuttavia alcune persone di buon cuore protestano contro gli attacchi americani, perché la natura umana aborre l'ingiustizia».
Benché mai messa in discussione –le fonti sono presentate come autorevoli- va presa con il beneficio del dubbio. L’unica prova portata dal giornalista è una foto non datata, e sappiamo che Hamir Mid ebbe diverse occasioni in passato per intervistare Bin Laden. Non è chiaro come il giornalista sia arrivato al covo di Bin Laden attraversando il confine tra Pakistan e Afghanistan e raggiungendo il covo dello sceicco saudita tra i bombardamenti americani.
Hamir Mid, inoltre, ribadirà più volte il possesso di armi nucleari dicendo di avere informazioni che indicano la loro provenienza come russa, benché nulla di simile sia mai stato trovato. Notevole poi il tempismo con il quale, in piena psicosi chimico batteriologica, Bin Laden conferma le illazioni di Bush. Anche se fosse autentica, tuttavia, nemmeno questa intervista contiene alcun riferimento a un possibile ruolo operativo negli attentati dell’11 settembre.
Pochi giorni dopo compare un nuovo video amatoriale. E’ l’11 novembre quando il Sunday Telegraph annuncia di essere venuto in possesso di un video in circolazione fra i seguaci di Al Qaeda che ritrae lo sceicco del terrore mentre chiacchiera con altri uomini. Il video, girato nelle montagne dell’Afghanistan, lascia alcuni dubbi sulla sua autenticità. Inoltre non si tratta dell’agognata rivendicazione, come spiega la stessa Casa Bianca. Infatti «Nella videocassetta in cui Osama bin Laden definisce le torri gemelle di New York "un obiettivo legittimo", il leader di Al Qaida non fa una chiara rivendicazione dell'attacco dell'11 settembre all'America. Bin Laden nel video giustifica gli attacchi e loda chi ha raccolto la sua chiamata alla "guerra santa" (il riferimento è alla fatwa del 1998, n.d.a.) contro gli Usa. Ma si ferma un istante prima di attribuirsi con chiarezza la responsabilità dell'attacco».
Siamo a due mesi dai fatti e, mentre i Talebani cadono e il mirino si orienta verso l’Iraq sulla base di altre illazioni, nessuna prova del coinvolgimento di Bin Laden negli attentati dell’11 settembre è stata trovata. L’11 settembre, insomma, non ha ancora un colpevole e nemmeno un serio indagato, mentre Bin Laden pur senza nascondere la soddisfazione non lascia intendere un suo ruolo nell’attentato.
Il 7 dicembre Bin Laden compare nuovamente in un video che verrà però recapitato però ad Al Jazeera soltanto il 27 dicembre. E’ il quarto (compreso quello del Sunday Telegraph) in ordine cronologico, e non ci sono novità nel contenuto. Bin Laden appare però magro e malato, con il braccio e tutta la zona sinistra del corpo immobili. Si comincia a parlare di ferite e di possibili malattie, e di un Bin Laden vicino alla morte (o probabilmente già morto visto che il filmato quando esce è vecchio di 20 giorni).
Il 7 dicembre, giorno nel quale il video sarebbe stato girato, è infatti il giorno precedente ad un massiccio attacco aereo a Tora Bora, la famosa zona montuosa al confine con il Pakistan nella quale Osama si sarebbe rifugiato. L’amministrazione americana quel 27 dicembre bolla il video come «propaganda destinata probabilmente a mascherare il fatto che Bin Laden è nel frattempo morto».
Dicembre è per molti il mese cruciale che segna la fine di Bin Laden. Lo danno per morto in molti: buona parte della stampa araba, il presidente del Pakistan Musharraf, Karzai, analisti e diverse voci provenienti dai servizi segreti israeliani e statunitensi. Un ufficiale talebano annuncia il suo avvenuto funerale, mentre alcuni giornali come il Daily Telegraph affermano citando il Pentagono che Bin Laden, rintracciato tra le montagne di Tora Bora regolarmente tramite il monitoraggio delle trasmissioni radio, risulta silenzioso dal 14 dicembre, data presumibilmente della sua morte.
Tuttavia Bin Laden è ancora, su entrambi i fronti (jihad e politica estera USA) troppo utile per eclissarsi.
9. La "devastante dichiarazione di colpevolezza"
«Chi vedrà questo video si accorgerà che Osama bin Laden è un diavolo. Il video mi ha ricordato che razza di assassino sia, un uomo che manda a morire i suoi senza neppure dirglielo mentre lui se ne sta rintanato nelle sue caverne, e quanto è giusta la nostra causa. Bin Laden non potrebbe mai godere della pace e della gioia di festività religiose come Hanukà e il Natale».
Così G.W.Bush il 9 dicembre, commentando il video più importante che i soldati statunitensi hanno appena ritrovato a Jalalabad. Il video, la «devastante dichiarazione di colpevolezza», verrà mostrato solo il 13 dicembre 2001 ed è il documento giudicato più esplicito ma anche più gravemente controverso della vicenda.
Il video sarebbe stato girato in Afghanistan (probabilmente a Kandahar) a metà novembre 2001, quindi circa un mese e mezzo dopo il primo video (del 3 ottobre) e pochi giorni dopo l’incontro con il giornalista-biografo Hamid Mir (7 novembre). Il video, un filmato privato (autorizzato dallo stesso Bin Laden), sarebbe stato ritrovato dalle truppe USA in una casa dell’affollata e caotica Jalalabad grazie a un colpo di fortuna o, più realisticamente, è stato quantomeno fatto trovare.
Il filmato è amatoriale e sfocato e ritrae Bin Laden ripreso in un incontro informale con alcuni sostenitori. L’audio è disturbato in maniera anomala e alcuni pezzi del discorso sono incomprensibili.
E’ giusto separare i due aspetti principali su cui si sono concentrati i critici di questo filmato analizzandoli uno alla volta.
Prima questione: i dubbi nella traduzione e il contenuto del testo. Questi i passi più salienti del discorso nella traduzione ufficiale con le successive correzioni di istituti indipendenti: «tutti ammirano quello che hai fatto, la grande azione che hai eseguito, che è stata la prima e la migliore per grazia di Allah» dice uno degli amici al presunto Bin Laden. Che ringrazia Bin Laden per avergli fornito sostegno economico per il finanziamento –secondo una lettura altrettanto coerente con lo svolgersi del dialogo- di alcune moschee in Arabia (delle quali Bin Laden chiede subito dopo lo stato).
Le frasi incriminate pronunciate da Bin Laden sono invece queste: «(...incomprensibile...) abbiamo calcolato in anticipo ["in anticipo" non è effettivamente detto] il numero delle vittime fra i nemici, quelli che sarebbero stati uccisi in base alla loro posizione nella torre. Avevamo calcolato che i piani che sarebbero stati colpiti sarebbero stati due o tre. Io ero il più ottimista di tutti. (...incomprensibile...) vista la mia esperienza in questo campo, pensavo che il fuoco sprigionato dal carburante dell'aereo avrebbe fuso le strutture di ferro dell'edificio e avrebbe fatto crollare la zona colpita dall'aereo e i piani sovrastanti. Questo è ciò in cui speravamo. (...)
Eravamo stati avvisati dal giovedì precedente che l'evento sarebbe occorso quel giorno». «Tutto quello che sapevano i fratelli che hanno portato a termine l'operazione era che era un'operazione per il martirio. Abbiamo chiesto a ciascuno di loro [l’esatta traduzione è questa: Fu loro richiesto di andare in America] di andare in America, ma loro non sapevano nulla dell'operazione, nulla di nulla. Ma erano addestrati e noi non abbiamo rivelato nulla dell'operazione fino a quando furono là, proprio prima che si imbarcassero sugli aerei. (...incomprensibile...) poi egli ha detto : Coloro che erano stati addestrati a volare non conoscevano gli altri. Un gruppo di persone non conosceva l'altro (...incomprensibile...)»
Ho inserito nel testo due delle ambiguità contestate da studi successivi commissionati anche da importanti giornali, e cioè l’assenza effettiva dell’ "in anticipo" parlando della conta delle vittime e la sostituzione di "Fu chiesto loro di andare in America" con un più chiaro (ma errato) "abbiamo chiesto loro di andare in America". In generale, criticano inoltre i successi studi, è stato tradotti "noi" laddove poteva essere tradotto anche "essi".
Chiarite queste ambiguità la questione cambia. Bin Laden racconta i commenti fatti dopo aver visto in tv lo schianto, ad esempio l’ottimismo e le speranze dopo l’impatto del primo aereo e il "calcolo" approssimativo del numero delle vittime. Passa continuamente dal piano della "visione" o della premunizione, con sogni e metafore, a quelli che possono essere intesi come accenni al fatto che Bin Laden (al di là dei sogni) sapesse qualcosa prima.
«Un anno fa [Abu Al-Hasan Al-Masri] mi ha detto: "In sogno ho visto che stavamo giocando una partita a calcio contro gli americani. Quando la nostra squadra è entrata in campo, era formata da piloti!" E poi ha così continuato: "Mi sono chiesto se fosse una partita a calcio o una partita di piloti. I nostri giocatori infatti erano piloti!" Egli (Abu-Al-Hasan) non sapeva nulla dell'operazione fino al momento in cui l'ha sentito alla radio. Mi ha detto che la partita stava continuando e che noi li avevamo sconfitti. Quello è stato un buon presagio per noi».
Al di là del fatto che il presunto Bin Laden voglia far credere ai collaboratori presenti di essere stato a conoscenza in anticipo di qualche particolare (alcune informazioni come quelle su Atta o i nomi di altri kamikaze che Bin Laden tra l’altro sbaglia potrebbero essere state benissimo apprese dalla televisione) assolutamente nulla fa pensare ad un ruolo qualsiasi di Bin Laden nella pianificazione: egli infatti si limita a dare alcune informazioni generiche (un gruppo non conosceva gli altri) e semmai dice anzi di essere stato avvisato con anticipo del giorno dell’attentato, fatto particolarmente anomalo per colui che è considerato il pianificatore e il regista dell’attacco.
Il video non aggiunge altro, salvo la soddisfazione (più volte ribadita e coerente con la sua mentalità) per l’attentato che certo ci disgusta e ci spaventa ma che non dimostra assolutamente un suo coinvolgimento. E’ chiaro che questo video, se visto con il pregiudizio di chi in assenza di prove ha già deciso il colpevole e che sente ripetutamente il filmato annunciato come una confessione, può in qualche modo dare le risposte che si cercano; questo però non vale però certo per l’osservatore oggettivo.
Anche perché le ambiguità non si limitano a questo, anzi. I dubbi maggiori, infatti, nascono dall’osservazione dall’aspetto del presunto Bin Laden, le cui immagini lasciano dubbi sulla sua effettiva identità. Colui che viene descritto come Bin Laden, infatti, appare decisamente diverso dai Bin Laden che conosciamo dagli altri video. La scarsa qualità delle immagini (e la poca luce) sembra fatta apposta per confondere e rendere ambiguo il tutto, tuttavia già i tratti fondamentali (naso, zigomi) fanno dubitare dell’effettiva identità dell’uomo che compare nel video.
Ora, in sequenza, Bin Laden nell’intervista del 7 novembre (che, anche ammettendo che la foto portata da Hamid Mir sia precedente, ritrae un Bin Laden simile al video del 3 novembre), nel video incriminato di metà novembre e nell’ultimo girato il 7 dicembre.
La sequenza dei tre fotogrammi ci permettere di scartare subito l’ipotesi di un Bin Laden reso magro, pallido e invecchiato dalla fuga tra le montagne afgano. Il Bin Laden "E" stona visibilmente con gli altri 4 ritratti sia in momenti successivi che precedenti al filmato incriminato.
Alcuni hanno sollevato riguardo al paragone (evidenziato dall’immagine che segue) un’obiezione: le immagini disponibili del video incriminato sono unicamente screenshot presi dalle tv americane che hanno curato la messa in onda che hanno un formato differente rispetto a quello delle immagini di Al Jazeera che ha proiettato tutti gli altri video. Un confronto come questo sulle proporzioni, insomma, sarebbe viziato dal fatto che l’immagine a sinistra è schiacciata.
Anche allungando il fotogramma del 20%, tuttavia, molti dubbi rimangono in particolare sulla conformazione del naso e degli zigomi anche se si ravvisa qualche somiglianza in più.
Altra incongruenza il fatto che il presunto Bin Laden scrive qualcosa, in questo filmato, con la mano destra benché –stando all’FBI- sia mancino. L’uomo inoltre indossa un anello dorato che non compare in altri video. Tutti questi elementi contribuiscono all’idea abbastanza condivisa che il video sia un falso. Se anche esso fosse vero, tuttavia, come visto il messaggio non costituisce affatto necessariamente una confessione, e questa è certamente la cosa più importante.
Bin Laden, dopo essere comparso in cinque video nel giro di due mesi e mezzo dalle Torri Gemelle (di cui almeno tre abbastanza credibili), non compare poi più in video per anni. Evidentemente, come suggerito anche da fonti autorevoli, è morto nel dicembre 2001 tra le grotte di Tora Bora.
Passano mesi e mesi di silenzio e i riflettori si spostano altrove, tuttavia Bin Laden è sempre presente nell’immaginario di minaccia permanente che Bush ha montato con abilità. I diversi mesi di silenzio sembrano confermare senza ombra di dubbio la sua morte, tuttavia Bin Laden sorprende tutti e riappare, in ottima salute, a quattro giorni dalle elezioni presidenziali del 2004, e cioè il 30 ottobre, tramite Al Jazeera.
10. Quattro anni dopo la confessione audio
Dopo il processo Moussaui, il presunto ventesimo kamikaze, un sedicente Bin Laden torna a farsi sentire con un messaggio audio diffuso su Internet confessando effettivamente un suo ruolo nell’organizzazione degli attentati.
«Comincio col parlare del fratello Zacarias Moussaoui. La verità è che egli non ha alcun collegamento di sorta con i fatti dell'11 settembre. Sono certo di quel che dico perchè‚ io sono responsabile di aver affidato i compiti ai 19 fratelli... per quei raid e non ho assegnato il fratello Zacarias insieme a loro. La sua confessione di aver ricevuto l'incarico di partecipare a quei raid è una falsa confessione che nessuna persona intelligente dubita sia il risultato delle pressioni esercitate su di lui", si ascolta nel messaggio.
I partecipanti alle azioni dell'11 settembre erano divisi in due gruppi: piloti e team di supporto per ciascun pilota per il controllo degli aerei. E poiché‚ Zacarias Moussaoui stava imparando come si vola, ne consegue che non era la ventesima persona dei team che dovevano tenere gli aerei sotto controllo, come sosteneva il governo americano.
Se Moussaoui stava studiando per diventare pilota di uno degli aerei, che dica i nomi di quelli che gli erano stati assegnati per aiutarlo a controllare l'aereo. Non lo farà, per la semplice ragione che non esistono. Il fratello Moussaoui fu arrestato due settimane prima degli attacchi, e non sa niente. Se avesse saputo qualcosa, anche poco, del gruppo dell'11 settembre, avremmo detto al fratello comandante Mohamed Atta e ai suoi fratelli, che la benedizione di Allah sia su di loro, di lasciare immediatamente l'America, prima che il piano venisse scoperto».
Non è necessario ribadire l’inconsistenza delle fonti, l’assurdità del lungo silenzio o i dubbi per esempio in fatto di accento e cadenza, che non combacerebbero con i precedenti riscontri, per gettare questo messaggio audio nella spazzatura. Solo chi è veramente a corto di argomenti può adottare questo come evidenza, come conferma l’FBI stessa.
E siamo arrivato così alla fine.
Conclusione
A quattro anni e mezzo dall’11 settembre non ci sono prove valide che portino ad Bin Laden o ai talebani come responsabili degli attentati. Né in Afghanistan né in Iraq sono state trovate le armi di distruzione di massa, così come non è stato provato alcun legame tra Saddam Hussein e Bin Laden. Oggi, tuttavia, in Afghanistan e in Iraq si muore ancora quotidianamente e l’occidente è tornato ad essere impaurito e militarizzato più che mai riportando in auge le idee e i sentimenti più negativi e retrogradi.
Ne consegue che tutta la politica estera recente è stata motivata su una semplice teoria non suffragata da nessuna prova. E’ anzi un’ipotesi in attesa di dimostrazione, una semplice illazione.
Ad oggi è assolutamente corretto affermare che Bin Laden e i Talebani non hanno avuto nulla a che fare con i quattro aerei dirottati. E’ plausibile altresì pensare che Bin Laden, criminale e terrorista legato forse ad una fragile rete (probabilmente più ideale che fisica) di personaggi vicini alla sua interpretazione politica dello scontro tra occidente e islam, sia stato semplicemente usato quasi sicuramente a sua insaputa.
Dopo aver negato ogni coinvolgimento Bin Laden, pur senza ammettere o raccontare particolari, si è preso in qualche modo la paternità del gesto o quantomeno il comando dell’ipotetica "resistenza" jihadista anche questa volta più in una dimensione morale, riuscendo a mettere insieme unendo le vecchie conoscenze alcuni personaggi dotati anch’essi di poteri limitati che l’occidente ha identificato, rifacendosi alla guerra di Afghanistan degli anni ’80, nella Piovra Al Qaeda. Bin Laden è stato probabilmente ucciso molto presto, al massimo nel dicembre 2001, ma la sua morte non è stata resa ufficiale (ammesso che sia stato trovato e non seppellito in qualche grotta crollata su sé stessa).
Oggi Bin Laden resta presente nel dibattito politico internazionale, con una taglia beffarda di 25 milioni di dollari e il proprio nome sui testi scolastici come colpevole e demone alla faccia della strabiliante e certificata assenza di prove.
A coprire forse, con la sua immagine esotica e enigmatica, ben altre mani.
Andrea Franzoni per www.luogocomune.net
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