I colpi di Stato? Oggi non si fanno più coi carri armati, ma con un’abile gestione extraparlamentare di magistrati, giornalisti ed economisti. «È il post-moderno, bellezza!», ironizza il filosofo Costanzo Preve, che denuncia due golpe: «Quello di Monti del 2011 non è il primo ma il secondo, dopo quello di Mani Pulite del 1992», un “colpo di stato giudiziario” per abbattere il sistema partitico della Prima Repubblica, «non certo più corrotto di quello venuto dopo, ma pur sempre garante di un certo assistenzialismo sociale e di una sovranità monetaria dello Stato nazionale, sia pure all’interno dello schieramento post-bellico americano». Stavolta non c’è stato neppure bisogno di manette: «Sono bastati i mercati internazionali e soprattutto la regia di Napolitano, il rinnegato ex-comunista passato al servizio degli americani».
Già nel ’92, aggiunge Preve nel suo dialogo con Luigi Tedeschi sulla “mutazione antropologica degli italiani” pubblicato da Arianna editrice e Stalinripreso da “Megachip”, era stato decisivo l’ex Pci nell’assestare il “colpo di Stato giudiziario extraparlamentare”, Stessi attori, sempre in prima linea: «Allora per odio verso Craxi, oggi per odio verso Berlusconi, entrambi già largamente indeboliti e delegittimati da asfissianti campagne di stampa». Orfani di Berlinguer, quelli che Preve chiama “rinnegati” si trovavano «improvvisamente privi di qualunque legittimazione storico-politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa politologica». I seguaci identitari «furono prima fanatizzati contro Craxi (il corrottone, il porcone, il maialone), e poi contro Berlusconi (il nano di Arcore, il puttaniere, il crapulone)». L’eterogenesi dei fini, segnalata da Vico, si è sposata con l’astuzia della ragione storica teorizzata da Hegel.
«La politica non è stata sconfitta solo nel 2011, perché era già stata sconfitta nel 1992», aggiunge Preve. Inoltre, l’Italia nel 2011 non è stata sconfitta solo una volta, ma due: la prima volta in Libia, dove «è stata costretta dalla Nato a fare una guerra contro i più elementari interessi nazionali ed economici, con barbarico linciaggio finale del nazionalista panarabo nasseriano Gheddafi, trasformato in feroce dittatore dai gestori simbolici monopolisti dei cosiddetti “diritti umani”». La seconda volta appunto a Roma, con il commissariamento diretto del suo governo. Destra e sinistra? Ormai sono solo «segnali stradali e simboli di costume extra-politico». Esempio: «La sinistra vota il transessuale Luxuria, mentre la destra non lo voterebbe Norberto Bobbiomai». Dicotomia ormai inesistente, eppure «continuamente reimposta, per motivi di tifo sportivo, dal ceto intellettuale».
Pura manipolazione simbolica, dice Preve, dotata di un potere inerziale ancora forte anche se non più fondato sulla realtà. «Quando Bobbio difese la dicotomia, sostenendo che la sinistra era egualitaria e la destra anti-egualitaria, descriveva uno scenario sorpassato, perché questo scenario presupponeva la sovranità monetaria dello Stato nazionale e delle scelte politiche alternative di redistribuzione dal reddito». Ora questo scenario non esiste più. Ad al suo posto, ci sono solo «questioni di gusto estetico e di snobismo culturale». La classe politica ? «Si è allineata a Monti non per responsabilità, ma proprio per il suo contrario, per deresponsabilizzazione». I politici, «ricattati dalle polemiche contro la “casta” e inseguiti dalle plebi furiose per i loro privilegi alla mensa semigratuita di Montecitorio», si sono «consegnati ad una “giunta di economisti” per cercare di zittire, almeno provvisoriamente, il linciaggio mediatico».
Quello di Monti? Un ben strano liberalismo, perché il fondamento del liberalismo nella sua moderna forma liberaldemocratica è la volontà popolare espressa da un corpo elettorale sovrano, laddove il caso della Grecia, ma anche quello della giunta Monti, ci mostra l’esatto contrario. «Nel Medioevo c’erano i Re Taumaturghi. Ma oggi il medioevo è finito, e ci sono gli Economisti Taumaturghi». Il modello capitalistico di Smith ed il modello comunista di Marx, ricorda Preve, avrebbero entrambi dovuto funzionare senza Stato, o con uno “Stato minimo” tendente verso lo zero. «Pura utopia modellistica astratta». In realtà, il comunismo di Marx nel ‘900 «funzionò unicamente con lo Stato, anzi con uno stato autoritario di partito monopolista del potere, dell’economia e della cultura». Idem il Adam Smithcapitalismo di Locke e di Smith: «Funzionò unicamente incrementando il dirigismo statale al servizio dell’accumulazione capitalistica».
Poteva andare diversamente? No, perché «un mercato puro, senza intervento riequilibratore di un potere statale, getterebbe nella miseria più nera la stragrande maggioranza della popolazione». Finché sono ancora in funzione le solidarietà comunitarie pre-capitalistiche (famiglia, tribù), c’è ancora riparo, ma con la generalizzazione dell’individualismo anomico ci sarebbe solo la guerra di tutti contro tutti, come mostra il tragico esempio della Grecia di oggi. «E’ dunque del tutto triste, ma anche fisiologico, che al bel comunismo utopico ma inapplicabile di Marx succeda il comunismo autoritario ma “realistico” di Lenin e di Stalin. Ed è pertanto fisiologico che al capitalismo utopico di Locke e di Smith succeda il capitalismo oligarchico ma “realistico”, di Draghi e di Monti».
La «dittatura oligarchica dei mercati di Draghi e di Monti» è fuori dal liberismo che si studia nelle università: «Si tratta di uno scenario completamente nuovo, di un capitalismo assoluto o “speculativo”». Potremo difenderci da questa sorta di “stalinismo occidentale”? Non nel breve periodo, dice Preve: «Non possiamo aspettarci a breve termine un risveglio di coscienza e di conoscenza: troppo forti sono le forze inerziali della simulazione destra-sinistra, dell’identitarismo di partito di origine Pci, dell’antifascismo in assenza di fascismo e dell’anticomunismo in assenza di comunismo, oltre alle cantilene del politicamente corretto». Per il filosofo, «questa dittatura dei mercati è ancora relativamente nuova ed inedita, ed é normale che in questo momento domini la paura ed il ricatto del mancato pagamento dei salari e delle pensioni». La realtà? «Siamo appena all’inizio Monti e Obamadel “tempo di cottura” che la storia ci prepara: la ricetta vuole il suo tempo».
Monti coltiva un disegno pericoloso: «Vuole attuare un progetto di ingegneria antropologica tipica del fanatico liberista che è». Mettendosi consapevolmente sulla scia di chi ha definito i giovani “bamboccioni” e “sfigati”, e non vittime di un ignobile sistema di lavoro flessibile e precario, Monti vorrebbe una sorta di artificiale anglosassonizzazione forzata della figura storica dell’italiano. «Come tutti gli economisti professionali, egli è probabilmente del tutto ignaro di storia e di filosofia, che ha certamente abbandonato con la fine degli studi liceali» e quindi sembra non sapere che l’utopia dell’uomo “nuovo”, dell’uomo rinato, «non nasce affatto con l’ingegneria economica oligarchica neo-liberale e le sue ignobili porcherie sul “lavoro fisso noioso”, la cui oscenità raggiunge quella di chi mette un affamato in guardia contro i pericoli dell’obesità e del colesterolo».
Stalin fu un grande sostenitore della “creazione sovietica dell’uomo nuovo”: «Ne abbiamo visto le conseguenze a medio termine, poco più di mezzo secolo». Il progetto di “americanizzazione antropologica forzata dagli italiani”, iniziata sul piano del costume con la sconfitta militare del 1945 «addossata al solo fascismo», secondo Preve «solo ora, nel 2012, può realmente dispiegarsi senza ostacoli, con l’integrazione completa in questo progetto del ceto politico e del clero intellettuale, giornalistico ed universitario». Monti sembra “l’uomo dei tedeschi”, perché da essi mutua la politica recessiva e l’ossessione anti-keynesiana del pareggio del bilancio, Costanzo Prevema in realtà è “l’uomo degli americani”: «Si è creduto a lungo che una Europa unificata dall’euro potesse in prospettiva fare da contraltare strategico all’arroganza unipolare degli Usa, e con questo argomento l’unità europea fu “venduta” alla sinistra ed al suo variopinto circo intellettuale».
La tradizionale disattenzione degli italiani per la politica estera, «tipica di un paese privo di sovranità politica e militare», ha fatto sì che passassero praticamente inosservate le nomine dei nuovi ministri degli esteri e della difesa, «un diplomatico di carriera amico della Clinton ed un ammiraglio bombardatore in Afghanistan per conto della Nato». I due personaggi che hanno sostituito «i precedenti pittoreschi berlusconiani Frattini e La Russa», in realtà sono «servi degli Usa al cento per cento». Berlusconi? Non poteva certo piacere a Washington: non solo per il suo «stile di vita immorale di puttaniere, improponibile all’ipocrita puritanesimo Usa», ma soprattutto per i suoi “giri di valzer” con Gheddafi e con Putin, «fatti non certo per ragioni politiche o geopolitiche, ma per il vecchio fiuto del faccendiere e del venditore “chiavi in mano”». E ora, eccoci serviti. «Sono ottimista sulla nascita di anticorpi di resistenza – conclude Preve – ma ci vorrà sicuramente del tempo: probabilmente, molto più tempo di quello che resta alla nostra generazione».
di Giorgio Cattaneo
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21 marzo 2012
Monti, lo stalinista americano che devasterà gli italiani
I colpi di Stato? Oggi non si fanno più coi carri armati, ma con un’abile gestione extraparlamentare di magistrati, giornalisti ed economisti. «È il post-moderno, bellezza!», ironizza il filosofo Costanzo Preve, che denuncia due golpe: «Quello di Monti del 2011 non è il primo ma il secondo, dopo quello di Mani Pulite del 1992», un “colpo di stato giudiziario” per abbattere il sistema partitico della Prima Repubblica, «non certo più corrotto di quello venuto dopo, ma pur sempre garante di un certo assistenzialismo sociale e di una sovranità monetaria dello Stato nazionale, sia pure all’interno dello schieramento post-bellico americano». Stavolta non c’è stato neppure bisogno di manette: «Sono bastati i mercati internazionali e soprattutto la regia di Napolitano, il rinnegato ex-comunista passato al servizio degli americani».
Già nel ’92, aggiunge Preve nel suo dialogo con Luigi Tedeschi sulla “mutazione antropologica degli italiani” pubblicato da Arianna editrice e Stalinripreso da “Megachip”, era stato decisivo l’ex Pci nell’assestare il “colpo di Stato giudiziario extraparlamentare”, Stessi attori, sempre in prima linea: «Allora per odio verso Craxi, oggi per odio verso Berlusconi, entrambi già largamente indeboliti e delegittimati da asfissianti campagne di stampa». Orfani di Berlinguer, quelli che Preve chiama “rinnegati” si trovavano «improvvisamente privi di qualunque legittimazione storico-politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa politologica». I seguaci identitari «furono prima fanatizzati contro Craxi (il corrottone, il porcone, il maialone), e poi contro Berlusconi (il nano di Arcore, il puttaniere, il crapulone)». L’eterogenesi dei fini, segnalata da Vico, si è sposata con l’astuzia della ragione storica teorizzata da Hegel.
«La politica non è stata sconfitta solo nel 2011, perché era già stata sconfitta nel 1992», aggiunge Preve. Inoltre, l’Italia nel 2011 non è stata sconfitta solo una volta, ma due: la prima volta in Libia, dove «è stata costretta dalla Nato a fare una guerra contro i più elementari interessi nazionali ed economici, con barbarico linciaggio finale del nazionalista panarabo nasseriano Gheddafi, trasformato in feroce dittatore dai gestori simbolici monopolisti dei cosiddetti “diritti umani”». La seconda volta appunto a Roma, con il commissariamento diretto del suo governo. Destra e sinistra? Ormai sono solo «segnali stradali e simboli di costume extra-politico». Esempio: «La sinistra vota il transessuale Luxuria, mentre la destra non lo voterebbe Norberto Bobbiomai». Dicotomia ormai inesistente, eppure «continuamente reimposta, per motivi di tifo sportivo, dal ceto intellettuale».
Pura manipolazione simbolica, dice Preve, dotata di un potere inerziale ancora forte anche se non più fondato sulla realtà. «Quando Bobbio difese la dicotomia, sostenendo che la sinistra era egualitaria e la destra anti-egualitaria, descriveva uno scenario sorpassato, perché questo scenario presupponeva la sovranità monetaria dello Stato nazionale e delle scelte politiche alternative di redistribuzione dal reddito». Ora questo scenario non esiste più. Ad al suo posto, ci sono solo «questioni di gusto estetico e di snobismo culturale». La classe politica ? «Si è allineata a Monti non per responsabilità, ma proprio per il suo contrario, per deresponsabilizzazione». I politici, «ricattati dalle polemiche contro la “casta” e inseguiti dalle plebi furiose per i loro privilegi alla mensa semigratuita di Montecitorio», si sono «consegnati ad una “giunta di economisti” per cercare di zittire, almeno provvisoriamente, il linciaggio mediatico».
Quello di Monti? Un ben strano liberalismo, perché il fondamento del liberalismo nella sua moderna forma liberaldemocratica è la volontà popolare espressa da un corpo elettorale sovrano, laddove il caso della Grecia, ma anche quello della giunta Monti, ci mostra l’esatto contrario. «Nel Medioevo c’erano i Re Taumaturghi. Ma oggi il medioevo è finito, e ci sono gli Economisti Taumaturghi». Il modello capitalistico di Smith ed il modello comunista di Marx, ricorda Preve, avrebbero entrambi dovuto funzionare senza Stato, o con uno “Stato minimo” tendente verso lo zero. «Pura utopia modellistica astratta». In realtà, il comunismo di Marx nel ‘900 «funzionò unicamente con lo Stato, anzi con uno stato autoritario di partito monopolista del potere, dell’economia e della cultura». Idem il Adam Smithcapitalismo di Locke e di Smith: «Funzionò unicamente incrementando il dirigismo statale al servizio dell’accumulazione capitalistica».
Poteva andare diversamente? No, perché «un mercato puro, senza intervento riequilibratore di un potere statale, getterebbe nella miseria più nera la stragrande maggioranza della popolazione». Finché sono ancora in funzione le solidarietà comunitarie pre-capitalistiche (famiglia, tribù), c’è ancora riparo, ma con la generalizzazione dell’individualismo anomico ci sarebbe solo la guerra di tutti contro tutti, come mostra il tragico esempio della Grecia di oggi. «E’ dunque del tutto triste, ma anche fisiologico, che al bel comunismo utopico ma inapplicabile di Marx succeda il comunismo autoritario ma “realistico” di Lenin e di Stalin. Ed è pertanto fisiologico che al capitalismo utopico di Locke e di Smith succeda il capitalismo oligarchico ma “realistico”, di Draghi e di Monti».
La «dittatura oligarchica dei mercati di Draghi e di Monti» è fuori dal liberismo che si studia nelle università: «Si tratta di uno scenario completamente nuovo, di un capitalismo assoluto o “speculativo”». Potremo difenderci da questa sorta di “stalinismo occidentale”? Non nel breve periodo, dice Preve: «Non possiamo aspettarci a breve termine un risveglio di coscienza e di conoscenza: troppo forti sono le forze inerziali della simulazione destra-sinistra, dell’identitarismo di partito di origine Pci, dell’antifascismo in assenza di fascismo e dell’anticomunismo in assenza di comunismo, oltre alle cantilene del politicamente corretto». Per il filosofo, «questa dittatura dei mercati è ancora relativamente nuova ed inedita, ed é normale che in questo momento domini la paura ed il ricatto del mancato pagamento dei salari e delle pensioni». La realtà? «Siamo appena all’inizio Monti e Obamadel “tempo di cottura” che la storia ci prepara: la ricetta vuole il suo tempo».
Monti coltiva un disegno pericoloso: «Vuole attuare un progetto di ingegneria antropologica tipica del fanatico liberista che è». Mettendosi consapevolmente sulla scia di chi ha definito i giovani “bamboccioni” e “sfigati”, e non vittime di un ignobile sistema di lavoro flessibile e precario, Monti vorrebbe una sorta di artificiale anglosassonizzazione forzata della figura storica dell’italiano. «Come tutti gli economisti professionali, egli è probabilmente del tutto ignaro di storia e di filosofia, che ha certamente abbandonato con la fine degli studi liceali» e quindi sembra non sapere che l’utopia dell’uomo “nuovo”, dell’uomo rinato, «non nasce affatto con l’ingegneria economica oligarchica neo-liberale e le sue ignobili porcherie sul “lavoro fisso noioso”, la cui oscenità raggiunge quella di chi mette un affamato in guardia contro i pericoli dell’obesità e del colesterolo».
Stalin fu un grande sostenitore della “creazione sovietica dell’uomo nuovo”: «Ne abbiamo visto le conseguenze a medio termine, poco più di mezzo secolo». Il progetto di “americanizzazione antropologica forzata dagli italiani”, iniziata sul piano del costume con la sconfitta militare del 1945 «addossata al solo fascismo», secondo Preve «solo ora, nel 2012, può realmente dispiegarsi senza ostacoli, con l’integrazione completa in questo progetto del ceto politico e del clero intellettuale, giornalistico ed universitario». Monti sembra “l’uomo dei tedeschi”, perché da essi mutua la politica recessiva e l’ossessione anti-keynesiana del pareggio del bilancio, Costanzo Prevema in realtà è “l’uomo degli americani”: «Si è creduto a lungo che una Europa unificata dall’euro potesse in prospettiva fare da contraltare strategico all’arroganza unipolare degli Usa, e con questo argomento l’unità europea fu “venduta” alla sinistra ed al suo variopinto circo intellettuale».
La tradizionale disattenzione degli italiani per la politica estera, «tipica di un paese privo di sovranità politica e militare», ha fatto sì che passassero praticamente inosservate le nomine dei nuovi ministri degli esteri e della difesa, «un diplomatico di carriera amico della Clinton ed un ammiraglio bombardatore in Afghanistan per conto della Nato». I due personaggi che hanno sostituito «i precedenti pittoreschi berlusconiani Frattini e La Russa», in realtà sono «servi degli Usa al cento per cento». Berlusconi? Non poteva certo piacere a Washington: non solo per il suo «stile di vita immorale di puttaniere, improponibile all’ipocrita puritanesimo Usa», ma soprattutto per i suoi “giri di valzer” con Gheddafi e con Putin, «fatti non certo per ragioni politiche o geopolitiche, ma per il vecchio fiuto del faccendiere e del venditore “chiavi in mano”». E ora, eccoci serviti. «Sono ottimista sulla nascita di anticorpi di resistenza – conclude Preve – ma ci vorrà sicuramente del tempo: probabilmente, molto più tempo di quello che resta alla nostra generazione».
di Giorgio Cattaneo
Già nel ’92, aggiunge Preve nel suo dialogo con Luigi Tedeschi sulla “mutazione antropologica degli italiani” pubblicato da Arianna editrice e Stalinripreso da “Megachip”, era stato decisivo l’ex Pci nell’assestare il “colpo di Stato giudiziario extraparlamentare”, Stessi attori, sempre in prima linea: «Allora per odio verso Craxi, oggi per odio verso Berlusconi, entrambi già largamente indeboliti e delegittimati da asfissianti campagne di stampa». Orfani di Berlinguer, quelli che Preve chiama “rinnegati” si trovavano «improvvisamente privi di qualunque legittimazione storico-politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa politologica». I seguaci identitari «furono prima fanatizzati contro Craxi (il corrottone, il porcone, il maialone), e poi contro Berlusconi (il nano di Arcore, il puttaniere, il crapulone)». L’eterogenesi dei fini, segnalata da Vico, si è sposata con l’astuzia della ragione storica teorizzata da Hegel.
«La politica non è stata sconfitta solo nel 2011, perché era già stata sconfitta nel 1992», aggiunge Preve. Inoltre, l’Italia nel 2011 non è stata sconfitta solo una volta, ma due: la prima volta in Libia, dove «è stata costretta dalla Nato a fare una guerra contro i più elementari interessi nazionali ed economici, con barbarico linciaggio finale del nazionalista panarabo nasseriano Gheddafi, trasformato in feroce dittatore dai gestori simbolici monopolisti dei cosiddetti “diritti umani”». La seconda volta appunto a Roma, con il commissariamento diretto del suo governo. Destra e sinistra? Ormai sono solo «segnali stradali e simboli di costume extra-politico». Esempio: «La sinistra vota il transessuale Luxuria, mentre la destra non lo voterebbe Norberto Bobbiomai». Dicotomia ormai inesistente, eppure «continuamente reimposta, per motivi di tifo sportivo, dal ceto intellettuale».
Pura manipolazione simbolica, dice Preve, dotata di un potere inerziale ancora forte anche se non più fondato sulla realtà. «Quando Bobbio difese la dicotomia, sostenendo che la sinistra era egualitaria e la destra anti-egualitaria, descriveva uno scenario sorpassato, perché questo scenario presupponeva la sovranità monetaria dello Stato nazionale e delle scelte politiche alternative di redistribuzione dal reddito». Ora questo scenario non esiste più. Ad al suo posto, ci sono solo «questioni di gusto estetico e di snobismo culturale». La classe politica ? «Si è allineata a Monti non per responsabilità, ma proprio per il suo contrario, per deresponsabilizzazione». I politici, «ricattati dalle polemiche contro la “casta” e inseguiti dalle plebi furiose per i loro privilegi alla mensa semigratuita di Montecitorio», si sono «consegnati ad una “giunta di economisti” per cercare di zittire, almeno provvisoriamente, il linciaggio mediatico».
Quello di Monti? Un ben strano liberalismo, perché il fondamento del liberalismo nella sua moderna forma liberaldemocratica è la volontà popolare espressa da un corpo elettorale sovrano, laddove il caso della Grecia, ma anche quello della giunta Monti, ci mostra l’esatto contrario. «Nel Medioevo c’erano i Re Taumaturghi. Ma oggi il medioevo è finito, e ci sono gli Economisti Taumaturghi». Il modello capitalistico di Smith ed il modello comunista di Marx, ricorda Preve, avrebbero entrambi dovuto funzionare senza Stato, o con uno “Stato minimo” tendente verso lo zero. «Pura utopia modellistica astratta». In realtà, il comunismo di Marx nel ‘900 «funzionò unicamente con lo Stato, anzi con uno stato autoritario di partito monopolista del potere, dell’economia e della cultura». Idem il Adam Smithcapitalismo di Locke e di Smith: «Funzionò unicamente incrementando il dirigismo statale al servizio dell’accumulazione capitalistica».
Poteva andare diversamente? No, perché «un mercato puro, senza intervento riequilibratore di un potere statale, getterebbe nella miseria più nera la stragrande maggioranza della popolazione». Finché sono ancora in funzione le solidarietà comunitarie pre-capitalistiche (famiglia, tribù), c’è ancora riparo, ma con la generalizzazione dell’individualismo anomico ci sarebbe solo la guerra di tutti contro tutti, come mostra il tragico esempio della Grecia di oggi. «E’ dunque del tutto triste, ma anche fisiologico, che al bel comunismo utopico ma inapplicabile di Marx succeda il comunismo autoritario ma “realistico” di Lenin e di Stalin. Ed è pertanto fisiologico che al capitalismo utopico di Locke e di Smith succeda il capitalismo oligarchico ma “realistico”, di Draghi e di Monti».
La «dittatura oligarchica dei mercati di Draghi e di Monti» è fuori dal liberismo che si studia nelle università: «Si tratta di uno scenario completamente nuovo, di un capitalismo assoluto o “speculativo”». Potremo difenderci da questa sorta di “stalinismo occidentale”? Non nel breve periodo, dice Preve: «Non possiamo aspettarci a breve termine un risveglio di coscienza e di conoscenza: troppo forti sono le forze inerziali della simulazione destra-sinistra, dell’identitarismo di partito di origine Pci, dell’antifascismo in assenza di fascismo e dell’anticomunismo in assenza di comunismo, oltre alle cantilene del politicamente corretto». Per il filosofo, «questa dittatura dei mercati è ancora relativamente nuova ed inedita, ed é normale che in questo momento domini la paura ed il ricatto del mancato pagamento dei salari e delle pensioni». La realtà? «Siamo appena all’inizio Monti e Obamadel “tempo di cottura” che la storia ci prepara: la ricetta vuole il suo tempo».
Monti coltiva un disegno pericoloso: «Vuole attuare un progetto di ingegneria antropologica tipica del fanatico liberista che è». Mettendosi consapevolmente sulla scia di chi ha definito i giovani “bamboccioni” e “sfigati”, e non vittime di un ignobile sistema di lavoro flessibile e precario, Monti vorrebbe una sorta di artificiale anglosassonizzazione forzata della figura storica dell’italiano. «Come tutti gli economisti professionali, egli è probabilmente del tutto ignaro di storia e di filosofia, che ha certamente abbandonato con la fine degli studi liceali» e quindi sembra non sapere che l’utopia dell’uomo “nuovo”, dell’uomo rinato, «non nasce affatto con l’ingegneria economica oligarchica neo-liberale e le sue ignobili porcherie sul “lavoro fisso noioso”, la cui oscenità raggiunge quella di chi mette un affamato in guardia contro i pericoli dell’obesità e del colesterolo».
Stalin fu un grande sostenitore della “creazione sovietica dell’uomo nuovo”: «Ne abbiamo visto le conseguenze a medio termine, poco più di mezzo secolo». Il progetto di “americanizzazione antropologica forzata dagli italiani”, iniziata sul piano del costume con la sconfitta militare del 1945 «addossata al solo fascismo», secondo Preve «solo ora, nel 2012, può realmente dispiegarsi senza ostacoli, con l’integrazione completa in questo progetto del ceto politico e del clero intellettuale, giornalistico ed universitario». Monti sembra “l’uomo dei tedeschi”, perché da essi mutua la politica recessiva e l’ossessione anti-keynesiana del pareggio del bilancio, Costanzo Prevema in realtà è “l’uomo degli americani”: «Si è creduto a lungo che una Europa unificata dall’euro potesse in prospettiva fare da contraltare strategico all’arroganza unipolare degli Usa, e con questo argomento l’unità europea fu “venduta” alla sinistra ed al suo variopinto circo intellettuale».
La tradizionale disattenzione degli italiani per la politica estera, «tipica di un paese privo di sovranità politica e militare», ha fatto sì che passassero praticamente inosservate le nomine dei nuovi ministri degli esteri e della difesa, «un diplomatico di carriera amico della Clinton ed un ammiraglio bombardatore in Afghanistan per conto della Nato». I due personaggi che hanno sostituito «i precedenti pittoreschi berlusconiani Frattini e La Russa», in realtà sono «servi degli Usa al cento per cento». Berlusconi? Non poteva certo piacere a Washington: non solo per il suo «stile di vita immorale di puttaniere, improponibile all’ipocrita puritanesimo Usa», ma soprattutto per i suoi “giri di valzer” con Gheddafi e con Putin, «fatti non certo per ragioni politiche o geopolitiche, ma per il vecchio fiuto del faccendiere e del venditore “chiavi in mano”». E ora, eccoci serviti. «Sono ottimista sulla nascita di anticorpi di resistenza – conclude Preve – ma ci vorrà sicuramente del tempo: probabilmente, molto più tempo di quello che resta alla nostra generazione».
di Giorgio Cattaneo
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