Non potevano scegliere un momento migliore, i deputati dell’Assemblea regionale siciliana, per aumentarsi di straforo lo stipendio coi giochetti furbetti. Proprio ieri, infatti, la relazione del procuratore generale della Corte dei Conti isolana Giovanni Coppola ha letteralmente fatto a pezzi il bilancio consuntivo della Regione. Bilancio che si può riassumere con un solo aggettivo: catastrofico.
Pochi punti: la spesa pubblica regionale, alla faccia di tutti gli impegni presi dal centro-destra da anni al governo, è salita a 15 miliardi di euro, con un’impennata dell’8% sul 2006. I vari assessorati hanno distribuito una enormità di consulenze fornendo per di più dati «incompleti e parziali, mancando un meccanismo centralizzato di controllo». I dipendenti sono cresciuti fino al numero abnorme di 21.104 (di cui 2.245 dirigenti: uno ogni nove addetti) con un aumento di 6.859 assunti, col risultato che «in Sicilia c’è un dipendente regionale ogni 239 abitanti, mentre in Lombardia il rapporto è di uno ogni 2.500» (dieci volte più basso) e una spesa per le buste paga di quasi un miliardo di euro. I corsi di formazione professionale (302 milioni di euro) sono stati 3.069 con gli obiettivi «più disparati», sono costati «circa ioo mila euro» l’uno e hanno avuto in media «appena 15 iscritti» dimostrandosi più utili «agli enti che li organizzano piuttosto che ai giovani che li frequentano». Non bastasse, ecco la ciliegina sulla torta: nel 2007 la sgarrupata sanità siciliana è costata 8 miliardi e 500 milioni di euro:1.711 pro capite. In pratica, accusa la magistratura contabile, «nell’isola si è speso il 30% in più di quanto si spende per la sanità in Finlandia», un Paese con un territorio più grande dell’Italia, 300 mila abitanti più della Sicilia «e un servizio sanitario tra i più efficienti del mondo».
Bene: in questo contesto disastroso che toglierebbe il sonno a ogni amministratore con la testa sul collo, cosa ha deciso l’ineffabile maggioranza che governa l’isola? Ha deciso che le prebende che mensilmente ricompensano il lavoro (si fa per dire...) dei deputati regionali, che già sono in varie voci parificate a quelle del Senato e possono arrivare con diarie e rimborsi e indennità varie per viaggi e spese telefoniche a oltre 19 mila euro (tra i 10 e gli 11 mila netti) sono insufficienti. «Siamo o non siamo uno dei più antichi parlamenti del mondo?» Così, visto che le buste paga sono ancora più gratificanti nel caso il deputato faccia parte del Consiglio di Presidenza (7.700 euro lorde in più al presidente, circa 5 mila ai due vice) oppure abbia qualche delega da assessore (otto, con una integrazione di 2.600 euro) o ancora sia ai vertici di qualche commissione, hanno stabilito di moltiplicare queste commissioni facendole diventare dieci. Risultato finale? Antonella Romano, sulla Repubblica di Palermo, ha fatto i conti: calcolando che godono di ulteriori supplementi anche i capigruppo e i loro vice, su 90 consiglieri i «graduati» salgono dai 53 della scorsa legislatura a 72. Con un aumento secco di un terzo.
E le polemiche sulla Casta, i costi della politica, la necessità di tagliare? Ciao. E le promesse elettorali di imprimere una svolta a certi indecenti privilegi di quelli che Luigi Einaudi chiamava «i padreterni»? E chissenefrega, ormai le elezioni ci sono state...
G. A. Stella
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