29 luglio 2008

Un'altra banca USA a rischio...


Da alcuni giorni circolavano previsioni non buone: secondo gli analisti, la Wachovia - la quinta banca degli Stati uniti - avrebbe annunciato perdite che nel secondo trimestre avrebbero sfiorato i 5 miliardi di dollari, mentre ancora più ottimista si era detta la stessa banca che un paio di settimane fa aveva previsto perdite inferiori ai 3 miliardi. Le anticipazioni, però, sottovalutavano il profondo rosso della colosso bancario Usa: ieri mattina la banca ha comunicato che tra aprile e giugno di quest'anno ha chiuso i conti con una perdita di 8,662 miliardi di dollari (4,2 dollari per azione) contro un utile di 2,3 miliardi nello stesso periodo del 2007. Una conferma che la crisi del sistema bancario - partita un anno fa con la crisi dei mutui subprime - non è ancora conclusa.
Wachovia, come prima conseguenza delle perdite, ha annunciato il taglio di 6.350 posti di lavoro. La banca ha reso noto di aver effettuato svalutazioni per 6,1 miliardi di dollari e di aver incrementato di 4,2 miliardi di dollari le riserve per far fronte ai crediti a rischio. «Questi risultati sono deludenti e inaccettabili - ha commentato il presidente Lanty Smith - riflettono un indebolimento della situazione macroeconomica e un vento contrario a livello industriale. Inoltre riflettono prestazioni di cui ci sentiamo responsabili come banca». Lo scorso 9 luglio Wachovia aveva previsto una perdita trimestrale tra 2,6 e 2,8 miliardi di dollari, pari a 1,23/1,33 dollari ad azione. Quello stesso giorno la banca aveva annunciato l'arrivo come amministratore delegato dell'ex sottosegretario al Tesoro, Robert Steel, al posto di Ken Thompson, che si era dimesso un mese prima. Steel sta tentando di aumentare il capitale, tagliare i rischi e cedere le attività legate alla disastrosa acquisizione da 24,2 miliardi di dollari di Golden West Financial Corp, effettuata nell'ottobre del 2006.
Intanto ieri Henry Paulson, il segretario al tesoro, ha fatto sapere che in settimana sarà varata una legge per garantire la sopravvivenza a Freddie Mac e Fannie Mae. La riforma, ha spiegato, non sosterrà solo le due agenzie, ma anche tutti i mercati finanziari, dato che «la stabilità di Freddie e Fannie è cruciale per la stabilità dei mercati». Secondo le stime della Cbo, l'ufficio studi del Congresso, il salvataggio di Freddie e Fannie costerà 25 miliardi di dollari. Paulson ha anche detto - molto banalmente - che la crisi dei mercati finanziari durerà finché non comincerà una ripresa del settore immobiliare; ma che non si prevede che i tempi saranno brevi. E ha anche ripetuto che è nell'interesse degli Usa avere un dollaro forte. In ogni caso, l'economia è sana. Quanto sia effettivamente sana, non è facile da quantificare.
L'ultima tegola è arrivata ieri da un report di Merril Lynch che prevede una discesa del Pil Usa del 2,5% sia nel quarto trimestre di quest'anno che nei primi tre mesi del 2009. Il prossimo anno rischia di essere peggiore del 2008, visto che lo studio ipotizza una contrazione dello 0,5% del prodotto lordo. Insomma, la crisi non è affatto finita. E tende a trasmettersi in altri paesi. La conferma è arrivata da un taglio delle previsioni di crescita reso noto ieri dal governo giapponese. La quasi certezza di una stagnazione su scala globale ha prodotto ieri un effetto positivo: le quotazioni del dollaro sono scese di oltre 5 dollari al barile, appena sopra i 126 dollari. Ma sull'economia Usa potrebbe abbattersi a breve un'altra tegola.: la Fed potrebbe essere costretta ad aumentare i tassi di interesse per contrastare una inflazione - al 5% a giugno - che sta diventando troppo alta. «Meglio prima che dopo», ha dichiarato ieri il presidente della Federal Reserve Bank di Filadelfia, Charles Plosser, uno dei falchi (è consigliere con diritto di voto nel Fomc, l'organo che prende le decisioni di politica monetaria) della Fed. Che ha aggiunto: «Dobbiamo invertire il corso di politica monetaria piuttosto rapidamente ancora prima che i mercati finanziari e l'occupazione siano completamente guariti». Intanto le borse Usa seguitano a essere caratterizzate da una forte volatilità. Al contrario delle borse europee che ieri hanno chiuse con forti perdite.


Roberto Tesi

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29 luglio 2008

Un'altra banca USA a rischio...


Da alcuni giorni circolavano previsioni non buone: secondo gli analisti, la Wachovia - la quinta banca degli Stati uniti - avrebbe annunciato perdite che nel secondo trimestre avrebbero sfiorato i 5 miliardi di dollari, mentre ancora più ottimista si era detta la stessa banca che un paio di settimane fa aveva previsto perdite inferiori ai 3 miliardi. Le anticipazioni, però, sottovalutavano il profondo rosso della colosso bancario Usa: ieri mattina la banca ha comunicato che tra aprile e giugno di quest'anno ha chiuso i conti con una perdita di 8,662 miliardi di dollari (4,2 dollari per azione) contro un utile di 2,3 miliardi nello stesso periodo del 2007. Una conferma che la crisi del sistema bancario - partita un anno fa con la crisi dei mutui subprime - non è ancora conclusa.
Wachovia, come prima conseguenza delle perdite, ha annunciato il taglio di 6.350 posti di lavoro. La banca ha reso noto di aver effettuato svalutazioni per 6,1 miliardi di dollari e di aver incrementato di 4,2 miliardi di dollari le riserve per far fronte ai crediti a rischio. «Questi risultati sono deludenti e inaccettabili - ha commentato il presidente Lanty Smith - riflettono un indebolimento della situazione macroeconomica e un vento contrario a livello industriale. Inoltre riflettono prestazioni di cui ci sentiamo responsabili come banca». Lo scorso 9 luglio Wachovia aveva previsto una perdita trimestrale tra 2,6 e 2,8 miliardi di dollari, pari a 1,23/1,33 dollari ad azione. Quello stesso giorno la banca aveva annunciato l'arrivo come amministratore delegato dell'ex sottosegretario al Tesoro, Robert Steel, al posto di Ken Thompson, che si era dimesso un mese prima. Steel sta tentando di aumentare il capitale, tagliare i rischi e cedere le attività legate alla disastrosa acquisizione da 24,2 miliardi di dollari di Golden West Financial Corp, effettuata nell'ottobre del 2006.
Intanto ieri Henry Paulson, il segretario al tesoro, ha fatto sapere che in settimana sarà varata una legge per garantire la sopravvivenza a Freddie Mac e Fannie Mae. La riforma, ha spiegato, non sosterrà solo le due agenzie, ma anche tutti i mercati finanziari, dato che «la stabilità di Freddie e Fannie è cruciale per la stabilità dei mercati». Secondo le stime della Cbo, l'ufficio studi del Congresso, il salvataggio di Freddie e Fannie costerà 25 miliardi di dollari. Paulson ha anche detto - molto banalmente - che la crisi dei mercati finanziari durerà finché non comincerà una ripresa del settore immobiliare; ma che non si prevede che i tempi saranno brevi. E ha anche ripetuto che è nell'interesse degli Usa avere un dollaro forte. In ogni caso, l'economia è sana. Quanto sia effettivamente sana, non è facile da quantificare.
L'ultima tegola è arrivata ieri da un report di Merril Lynch che prevede una discesa del Pil Usa del 2,5% sia nel quarto trimestre di quest'anno che nei primi tre mesi del 2009. Il prossimo anno rischia di essere peggiore del 2008, visto che lo studio ipotizza una contrazione dello 0,5% del prodotto lordo. Insomma, la crisi non è affatto finita. E tende a trasmettersi in altri paesi. La conferma è arrivata da un taglio delle previsioni di crescita reso noto ieri dal governo giapponese. La quasi certezza di una stagnazione su scala globale ha prodotto ieri un effetto positivo: le quotazioni del dollaro sono scese di oltre 5 dollari al barile, appena sopra i 126 dollari. Ma sull'economia Usa potrebbe abbattersi a breve un'altra tegola.: la Fed potrebbe essere costretta ad aumentare i tassi di interesse per contrastare una inflazione - al 5% a giugno - che sta diventando troppo alta. «Meglio prima che dopo», ha dichiarato ieri il presidente della Federal Reserve Bank di Filadelfia, Charles Plosser, uno dei falchi (è consigliere con diritto di voto nel Fomc, l'organo che prende le decisioni di politica monetaria) della Fed. Che ha aggiunto: «Dobbiamo invertire il corso di politica monetaria piuttosto rapidamente ancora prima che i mercati finanziari e l'occupazione siano completamente guariti». Intanto le borse Usa seguitano a essere caratterizzate da una forte volatilità. Al contrario delle borse europee che ieri hanno chiuse con forti perdite.


Roberto Tesi

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