Gaza sta soffrendo il trauma post-bellico del terrificante attacco delle forze israeliane contro la sua popolazione indifesa ed assoggettata. Nessuno avrebbe potuto immaginare gli esiti di questo letale conflitto al momento in cui si è dato il via alle prime cannonate e bombe sulle case di Gaza.
Il mondo intero è stato in subbuglio e confusione durante i 22 giorni di raid da incubo su Gaza che non hanno portato a nient’altro che al massacro di 1300 persone, alla distruzione generale delle infrastrutture, di ospedali, luoghi pubblici, moschee, case, scuole e rifugi, all’evacuazione forzata di migliaia di persone e alla devastazione morale dei bambini che adesso dovranno continuare a vivere senza un padre o una madre, o addirittura entrambi.
Sebbene daremo tutti una mano e contribuiremo fattivamente a ricostruire Gaza e a ricolmare i cuori della sua gente di speranza, amore e fede, è pur vero che Gaza ha perso il suo splendore, il suo brio e la sua vita. Comunque, a questo punto ci viene offerta la preziosa possibilità di determinare il livello delle coscienze intorno a noi. Nell’ordine delle migliaia sono quelle degli ufficiali e delle personalità influenti che sono rimaste silenti e continuano a mantenere un basso profilo per non essere accusati di anti-Semitismo e a conservare i loro legami riprovevoli con Israele mentre avrebbero potuto fermare l’intera carneficina semplicemente condannandola; e nell’ordine di milioni sono quelle di chi ha coraggiosamente inneggiato al sostegno, alla difesa e alla resistenza dei palestinesi. Da Rafael Nadal a Freddy Kanoutè e Iker Casillas, dal Premier irlandese a David Rovics…
David Rovics è un cantante folk e attivista politico americano del Connecticut. Sebbene la maggior parte dei lavori di Rovics abbia il copyright e venga distribuita attraverso i canali commerciali, il cantante ha reso liberamente accessibile la sua musica grazie ai file mp3 scaricabili dal suo sito internet. Rovics in questo modo favorisce la libera distribuzione del suo lavoro senza fini di lucro per pubblicizzare sia la sua musica che i suoi messaggi politici.
È un irriducibile antisionista, fortemente animato da sentimenti anti-imperialisti, ed è un assiduo sostenitore della pace da realizzare in Medio Oriente senza l’intervento di forze esterne; finora ha eseguito in tutto il mondo un mucchio di concerti per devolvere i loro introiti all’oppresso popolo palestinese.
In un’intervista esclusiva con Tehran Times, David Rovics ha condannato l’aggressione contro Gaza e ha suggerito tanti interessanti argomenti sui contesti, le ragioni e le conseguenze di simili atrocità nella regione.
Di seguito potete leggere l’intero testo dell’intervista con David Rovics, il cantante americano noto per il suo impegno umanitario.
Caro David, qual è il tuo commento sull’orrenda e terribile incursione dell’esercito israeliano contro i civili di Gaza e sulla straziante carneficina di innocenti civili, donne e bambini compresi?
Sono inorridito da ciò che Israele ha fatto alla gente di Gaza e anche da ciò che Israele regolarmente fa alla gente della Cisgiordania, del Libano e degli altri paesi. La guerra di Israele contro i palestinesi non è stata una risposta ai lanci di razzi, artigianali e dagli effetti limitati, sparati da Gaza. Per prima cosa, è la guerra di Israele a provocare questi lanci. L’idea secondo cui Israele sta mettendo in atto una “rappresaglia” è oltraggiosa, e se anche fosse così la rappresaglia è talmente sproporzionata che chiunque parli in questi termini può essere solo considerato una specie di umorista macabro.
Il modo di agire di Israele è assolutamente una punizione collettiva, e purtroppo è fuor di dubbio che non solo i leader sionisti ma anche molti normali cittadini israeliani ritengano che la vita araba sia superflua e inutile.
Gli USA hanno posto due volte il veto su una risoluzione anti-israeliana del Consiglio di Sicurezza, come già accaduto molte volte in passato. Il veto non ha permesso all’ONU di imporre l’embargo su Israele, richiesto per i suoi massacri bellici contro i palestinesi. Per quale ragione?
Il “doppiopesismo” che ha caratterizzato le amministrazioni sia “democratiche “ che “repubblicane” nelle relazioni storiche tra USA e Israele, è sconcertante. Gli Stati Uniti sostengono un governo che ha centinaia di armi nucleari e fa regolarmente guerra agli altri paesi. E senza il sostegno americano Israele non potrebbe fare le cose che solitamente fa. Nel frattempo, l’Iran, che credo non muova guerra ad altri paesi da almeno 2500 anni, viene terribilmente punito in svariati modi per il suo desiderio di perseguire un programma nucleare. Non sono a favore delle armi nucleari e ritengo che dovrebbero essere tutte bandite dalla faccia della terra, ma il doppio standard da parte degli Stati Uniti, in questo caso, è veramente scandaloso ed è uno dei molti esempi che dimostrano come il governo americano non abbia assolutamente alcuna credibilità morale.
I media americani rivendicano la loro autonomia rispetto al governo; tuttavia, non fanno altro che censurare e celare notizie concernenti critiche alla lobby israelo-americana, osservazioni anti-israeliane di personalità mondiali, dimostrazioni e accuse contro Israele. Questo significa che i media americani, nonostante il loro nascondersi dietro la maschera dell’autonomia, sono in qualche modo “governativi”?
Non proprio, direi piuttosto che il governo è ampiamente controllato dalle corporazioni e lo stesso accade con i media. Sarebbe comunque troppo semplicistico affermare che i media “nascondono tutte le notizie” riguardanti le critiche dei dirigenti mondiali ecc. ecc. In realtà, questo non è vero. Ciò che si potrebbe definire “il genio diabolico” dei grandi mass media americani e del sistema in generale è che non è completamente monolitico. A volte si ha effettivamente notizia di voci che criticano apertamente Israele, dando così l’impressione a molta gente che i media siano imparziali. La realtà è che i media sono massicciamente schierati pro-Israele, e solo molto raramente si sentono voci critiche. In questo modo i media possono assicurarsi che la maggior parte degli americani restino estremamente male informati, mentre allo stesso tempo lasciano l’impressione a molti americani che effettivamente le notizie non siano censurate. In realtà, direi che tenere le voci critiche lontano dai media per il 95% dello spazio a disposizione è molto più efficace come lavaggio del cervello della popolazione che non escluderle totalmente.
Ad ogni buon conto, i grandi media non sono indipendenti, sebbene molti bravi giornalisti che vi lavorano vorrebbero che lo fossero. Fanno gli interessi dell’elite, anche se ogni tanto permettono effettivamente a qualche voce dissidente di essere ascoltata.
Secondo te qual è la ragione principale alla base dell’incondizionata e generale discolpa che il governo Americano invoca per Israele, anche quando questo commette una simile quantità di lampanti crimini e genocidi? Perché non si rapporta ad Israele come con gli altri paesi?
Io stesso me lo domando spesso. Voglio dire, generalmente la politica estera del governo americano rappresenta gli interessi delle corporazioni. Si può constatare quanto questo fatto si sia verificato continuamente nel corso della storia americana. Quando la United Fruit Company voleva che si rovesciasse il governo guatemalteco, la CIA realizzò il sovvertimento. Quando le compagnie petrolifere volevano rovesciare Mossadegh, la CIA mise al potere lo Scià e così via. Eppure, data l’importanza delle relazioni commerciali degli USA con l’Arabia Saudita ed altri stati arabi, com’è che il governo americano insiste con un simile inequivocabile sostegno all’apartheid israeliano e alla strage israeliana di arabi?
Direi che la risposta non è semplice ed in effetti ha diverse sfaccettature. In parte dipende dal fatto che la dirigenza americana non si fida dei regimi arabi, perfino di quelli “amici”, e vuole avere un alleato più “europeo” nella regione. In parte perché agli Stati Uniti piace scherzare col fuoco, e vogliono che Israele resti forte per dimostrare costantemente al resto della regione quello che potrebbe accadere loro se dovessero sgarrare. In parte, gli USA sostengono Israele perché esso indebolisce i cosiddetti movimenti democratici nel Medio Oriente finché i regimi anti-democratici possono far ricadere su Israele le colpe dei loro problemi interni. È più difficile per un movimento democratico riuscire a contrastare monarchie e dittature, e ovviamente al governo americano non piace la democrazia né all’estero né a casa propria. In parte, il sostegno americano a Israele deriva dagli affari e dai profitti che il complesso industriale bellico trae da questo sostegno. Miliardi di dollari all’anno in vendite di armi ad Israele soltanto. E una parte della risposta consiste nell’atteggiamento fondamentalmente razzista che molti, ai vertici, hanno nei confronti degli arabi e dei musulmani in genere. E ultima ma non meno importante ragione, il sostegno americano ad Israele scaturisce dal potere dell’AIPAC e dalla confusione di molti ebrei americani intorno alla questione Israele: cosa rappresenta, perché esiste e come si comporta. In molti casi dire “confusione” è un termine fin troppo gentile, e sarebbero forse più adeguate parole più forti, come “razzisti” o “fascisti”.
Israele ha affermato che con l’attacco su Gaza cerca solo di effettuare una rappresaglia contro Hamas mentre invece si può notare che ha chiuso il valico di Rafah e impedisce a cibo, denaro e medicinali di entrare a Gaza. Qual è la ragione di questa ovvia contraddizione?
Israele sta mentendo spudoratamente, ed è impegnato nella vecchia pratica della punizione collettiva. Il massacro della gente di Gaza attualmente in corso non ha niente a che vedere con le motivazioni addotte da Israele. La politica israeliana nei confronti del popolo palestinese è genocida nella sua stessa essenza.
Allora come possono gli artisti, sfruttando gli strumenti della creatività, dell’innovazione e la loro sensibile inventiva, impedire che il mondo si muova verso ulteriori aggressioni, orrori e violenze? Qual è il loro dovere spirituale e morale nei confronti della gente di Gaza in questo delicato momento?
Credo che uno dei ruoli principali degli artisti in una situazione simile sia quello di usare le immagini televisive che tutti vedono e trovarci un senso, contestualizzarle. Quando la gente in tv vede i cieli che s’illuminano ed esplosioni sullo sfondo delle immagini, è dovere degli artisti e dei veri giornalisti descrivere la carneficina che ne consegue nella realtà. Molti americani non lasceranno mai il nord-America; non andranno nemmeno in Europa per rendersi almeno conto che esistono media un po’ migliori e più professionali, gente con maggiore capacità critica, e certamente non andranno mai in Medio Oriente, non sapranno mai cosa significhi una guerra o avere amici o familiari torturati e uccisi, non sapranno cosa si prova a vedersi demolire una casa dai carri armati. È nostro compito fare ogni sforzo per portarli a conoscenza di questa realtà nell’impossibilità di fargliela provare davvero.
La musica, il teatro, la poesia e altre forme d’arte sono forse gli strumenti che meglio si confanno a questo scopo. Uno dei miei modi preferiti di farlo consiste nell’evocare ciò che ci è familiare per descrivere ciò che non lo è, come ho fatto in canzoni tipo “Jenin”, “Mia figlia”, e altre. Una volta che la gente ha emotivamente assimilato immagini familiari, poi diventa inconsciamente pronta a sperimentare istintivamente l’inconsueto. Una volta che si è identificata con l’umanità di una bambina che viene messa a letto dalla madre, diventa pronta, inconsciamente o meno, a provare una parte del dolore del padre della bambina quando questa e la madre vengono improvvisamente uccise da un aereo da caccia.
Cosa vedi nella prospettiva di un regime israeliano con questo approccio depravato e feroce che ha intrapreso nei confronti del mondo? Ovviamente, da questo punto di vista, il regime israeliano non rappresenta la gente; allora, sopravviverà se conserva questa sua tendenza che suscita il disprezzo e l’odio del mondo nei suoi confronti?
Israele è la società più razzista che abbia mai conosciuto. I motivi alla base di questo sono molti e non è facile. Non ho idea di cosa riservi il futuro ma mi pare che ci siano molteplici e potenziali fattori dai quali possa scaturire un cambiamento positivo. Per prima cosa, molti ebrei non vogliono vivere in Israele; per di più, la maggior parte degli ebrei nel mondo non si sente particolarmente attratta o legata ad Israele, stando ai sondaggi che ho letto, e la maggior parte degli israeliani non vuole vivere negli insediamenti. Questi aspetti insidiano l’idea dell’espansione sionista. Inoltre, i palestinesi crescono demograficamente ad un ritmo maggiore degli israeliani, fatto che mette a repentaglio il consolidamento democratico della società israeliana. Ma mi pare che la situazione, più probabilmente, sia destinata a cambiare non a partire da Israele ma dagli Stati Uniti o dal mondo arabo. Chi può cambiare le cose sono o gli Stati Uniti o il mondo arabo, a patto che si formino leadership adeguate. Israele non può fare quello che fa se non ha il sostegno americano. Anche gli Stati Uniti non possono fare quello che fanno senza un mondo arabo terribilmente diviso, senza regimi come quello saudita che sono interessati prima di tutto al denaro piuttosto che al rispetto dei loro fratelli arabi. Non so quando gli Stati Uniti potranno avere un governo migliore o quando le dirigenze arabe si uniranno; comunque lo spero!
Per concludere, che progetti hai a riguardo di questo disastro in corso a Gaza? Intendi eseguire qualche concerto o magari registrare qualche pezzo musicale che tratti queste cose?
In tutti i concerti che ho fatto da quando la questione Gaza è salita alla ribalta, ho cantato e discusso della situazione più del solito, provando a sfruttare il fatto che la gente in un modo o nell’altro riflette e discute ancora una volta di Palestina. Mi piacerebbe fare di più ed essere coinvolto in manifestazioni, tour musicali incentrati sulla questione ecc… ma questo dipende dal fatto che la gente e le organizzazioni si mobilitino e di conseguenza io possa unirmi a loro. Spero che ce ne siano molte in vista. Qui in Australia, dove proprio oggi sto concludendo un tour, l’altro giorno mi sono esibito ad una manifestazione per Gaza. Quando domani tornerò negli States, spero di poter fare molto di più.
di Kourosh Ziabari
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