Come ai tempi di Cogne, di Calciopoli, di Garlasco, di qualsiasi dissestata vicenda che fra i suoi difetti abbia anche quello di non finire mai, l’Alitalia è rapidamente diventata un genere televisivo. Una compagnia di giro agli ordini di qualche regista invisibile attraversa con piglio sicuro i palinsesti, spostandosi di salotto in salotto per ripetere le stesse cose, con lo stesso tono e lo stesso stile, come i personaggi serializzati dei telefilm. C’è il pilota in divisa da pilota, bello e impossibile, amato dal pubblico femminile mentre scuote i capelli corvini e contestato da quasi tutti quando difende i privilegi di casta. C'è il sindacalista della Cgil con la camicia slacciata da sindacalista della Cgil e le occhiaie da maratoneta della trattativa, di quelli che non vogliono mettersi d’accordo ma nemmeno rompere, nei secoli dei secoli. E naturalmente ci sono le hostess, la bionda e la bruna. Rispetto a Cogne e agli altri classici delle stagioni scorse, le uniche novità sono l’assenza di psicanalisti (invece ce ne sarebbe un certo bisogno) e la presenza di un ministro, Maurizio Sacconi, che sa maneggiare i congiuntivi. Questo vezzo abbastanza inopinato potrebbe costargli la conferma nella prossima serie.
Osservando le evoluzioni del circo volante da un canale all’altro, ci si chiede dove i suoi acrobati trovino il tempo di studiare le carte, di parlarsi liberamente o anche solo di pensare. Forse fanno tutte queste cose durante i trasferimenti in taxi. O forse le lasciano ai potenti veri, quelli che lontano dalle telecamere decidono sul serio.
di Massimo Gramellini
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27 settembre 2008
Il circo Alitalia sull'ottovolante
Come ai tempi di Cogne, di Calciopoli, di Garlasco, di qualsiasi dissestata vicenda che fra i suoi difetti abbia anche quello di non finire mai, l’Alitalia è rapidamente diventata un genere televisivo. Una compagnia di giro agli ordini di qualche regista invisibile attraversa con piglio sicuro i palinsesti, spostandosi di salotto in salotto per ripetere le stesse cose, con lo stesso tono e lo stesso stile, come i personaggi serializzati dei telefilm. C’è il pilota in divisa da pilota, bello e impossibile, amato dal pubblico femminile mentre scuote i capelli corvini e contestato da quasi tutti quando difende i privilegi di casta. C'è il sindacalista della Cgil con la camicia slacciata da sindacalista della Cgil e le occhiaie da maratoneta della trattativa, di quelli che non vogliono mettersi d’accordo ma nemmeno rompere, nei secoli dei secoli. E naturalmente ci sono le hostess, la bionda e la bruna. Rispetto a Cogne e agli altri classici delle stagioni scorse, le uniche novità sono l’assenza di psicanalisti (invece ce ne sarebbe un certo bisogno) e la presenza di un ministro, Maurizio Sacconi, che sa maneggiare i congiuntivi. Questo vezzo abbastanza inopinato potrebbe costargli la conferma nella prossima serie.
Osservando le evoluzioni del circo volante da un canale all’altro, ci si chiede dove i suoi acrobati trovino il tempo di studiare le carte, di parlarsi liberamente o anche solo di pensare. Forse fanno tutte queste cose durante i trasferimenti in taxi. O forse le lasciano ai potenti veri, quelli che lontano dalle telecamere decidono sul serio.
di Massimo Gramellini
Osservando le evoluzioni del circo volante da un canale all’altro, ci si chiede dove i suoi acrobati trovino il tempo di studiare le carte, di parlarsi liberamente o anche solo di pensare. Forse fanno tutte queste cose durante i trasferimenti in taxi. O forse le lasciano ai potenti veri, quelli che lontano dalle telecamere decidono sul serio.
di Massimo Gramellini
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