20 settembre 2008
Le banche centrali hanno il compito di effettuare la politica monetaria, di regolamentare e controllare il sistema bancario, di gestire al meglio gli strumenti a loro disposizione per conto degli Stati. Guardiamo un po’ le carte
Gestione delle risorse.
Sul web tutte le banche centrali pubblicano, fra le altre cose, le loro relazioni annuali dalle quali si evincono moltissimi dati. Nella tabella che segue ne sono estratti alcuni relativi agli ultimi dieci anni.
Nella prima colonna sono riportate le banconote in circolazione; nella seconda gli interessi attivi relativi alle riserve connesse al circolante; nella terza quanto è fatto pervenire allo Stato sia sotto forma di imposte, sia sotto forma di “suddivisione” degli utili. La seconda colonna rappresenta quindi il signoraggio denominato “costo opportunità” ripetutamente menzionato, semplicemente come “signoraggio”, nella nota integrativa della relazione annuale alla voce “banconote in circolazione (il “signoraggio monetario” invece è connesso alle monete senza riserva, come le monete metalliche ed i biglietti di Stato, ad esempio le monete di carta da 500 lire emesse in Italia dal 1966 al 1979 direttamente dallo Stato in sostituzione di quelle d’argento con le tre caravelle).
Ovviamente vanno considerate le spese per la struttura, i compensi alle banche per le riserve obbligatorie, gli investimenti diversi da quelli relativi alle riserve al circolante, ecc.; la relazione annuale è ricca di dettagli, nonché esaustiva.
I tre parametri sottolineati, circolante, interessi attivi e somma da dare allo Stato, sono comunque assai significativi.
Il circolante, ovvero le banconote in circolazione, è la prima voce del passivo dello Stato Patrimoniale e si configura come un debito non fruttifero.
Gli interressi attivi, ovvero il costo opportunità, sono la prima voce del Conto Economico.
L’ammontare da dare allo Stato è la somma delle imposte e della suddivisione degli utili, collocate di solito fra le ultime voci ed alla fine dello stesso Conto Economico.
In definitiva bankitalia negli ultimi 10 anni ha incassato oltre 33 miliardi di € di “costo opportunità” ed allo Stato non è arrivato nulla, a causa degli anni “terribili” 2002, 2003 e 2004.
Vediamo cosa è successo alle banche centrali degli altri Paesi più importanti nello stesso periodo.
Tutte le altre banche centrali hanno gestito in maniera più proficua gli strumenti a loro disposizione. Eccellente quella spagnola, che in 10 anni ha dato allo Stato quasi 33 miliardi di € pari al 61% della media delle banconote in circolazione, ma ottime anche la canadese, l’inglese, la statunitense e la tedesca (se bankitalia avesse operato come quella spagnola, considerando gli interessi composti, ci saremmo abbondantemente evitati la finanziaria ’06 da 35 miliardi del governo Prodi/Padoa-Schioppa, che è costata parecchio alla sinistra italiana in termini di consensi).
Sottolineo che la banca centrale statunitense è privata come la nostra, ma non ha avuto risultati così modesti, come la nostra.
Gli anni “terribili” le altre banche centrali li hanno sofferti in maniera assai minore, e comunque non sono coincisi temporalmente; ad esempio il peggior anno della BdE è stato il 2004 mentre il peggiore di BdI è stato il 2002.
Potremmo dire che bankitalia è stata “sfortunata”.
Regolamentazione e controllo del sistema bancario.
Qui bankitalia soffre la “distrazione” dei privatizzatori (1 e 2): si sono dimenticati di stralciare la proprietà di bankitalia al momento della svendita delle banche proprietarie della medesima, coi seguenti risultati:
- il nostro oro, le nostre riserve, ecc. sono formalmente dei partecipanti (3), ma non nella sostanza, perché l’utile (si fa per dire) viene comunque quasi tutto dato allo Stato;
- i controllati sono proprietari dei controllori.
Insomma un bel pasticcio.
Insistere su questo punto è come sparare sulla Croce Rossa. Solo la FED è nella medesima condizione. Quando Tremonti parla di topi e formaggio non fa che sottolineare l’ovvio.
Non c’è da stupirsi se Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum di Basilea, parla spesso di incentivi alle banche.
Politica monetaria.
Da qualche anno bankitalia non è più titolare della nostra politica monetaria. Non so se è un bene o un male. Da quando Andreatta ha avuto la brillante idea di togliere la PM alla politica (4) il nostro debito pubblico è passato dal 60% ad oltre il 124% del PIL mediante l’imposizione di tassi enormemente superiori all’inflazione (5) sul modello argentino alla Friedman (6). Se fossimo rimasti con la politica monetaria della nostra banca centrale, fissata con i tassi elavati “voluti dal mercato”, ora avremmo, fatte le dovute proiezioni, il debito pubblico ad oltre il 200% del PIL. Il mantenimento del TUS così elevato per così lungo tempo ha prodotto, oltre all’esplosione del debito pubblico, due importanti risultati:
- le imprese trovavano più giovamento ad investire in titoli del debito pubblico che in ricerca, innovazione, ecc.;
- la beffa del premio agli evasori che da un lato omettevano di pagare le imposte, dall’altro venivano omaggiati sull’evaso con i tassi elevati.
Infatti, appena i tassi sono calati per l’avvento della moneta unica, anche la nostra inflazione si è allineata a quella degli altri Paesi. Per anni abbiamo pazientemente ascoltato il governatore di turno lagnarsi della nostra inflazione elevata procurata proprio dalla sua folle PM. Siamo proprio un paese di “santi”. Sarei curioso di vedere cosa sarebbe successo alle economie francese e tedesca se si fossero trovate con una PM alla Friedman, sconfessata da lui stesso prima di lasciarci.
Ambienti vicini a D’Alema hanno auspicato per il PD un nuovo leader ed è venuto fuori il nome di Filippo Andreatta (7), figlio di Nino. Si vede che D’Alema aspira per il nostro Paese ad un rapporto debito PIL di tipo giapponese (nel Paese del sol levante quel rapporto è quasi al 200%).
Condoni.
Da L’ESPRESSO del 19 dicembre 1982.
“… troppa premura è stata mostrata dalla Banca d’Italia nel sollecitare il condono fiscale, per sé e per tutte le altre banche. L’impressione che ne è scaturita è che l’intero sistema creditizio avesse più di un peccato da farsi perdonare dal fisco. Anche a costo di pagare un prezzo salato, di decine e decine di miliardi. Impressione che non ha certo giovato al prestigio della Banca d’Italia, la quale, in qualche modo, è apparsa come la capofila d’una istanza corporativa del sistema bancario italiano.”
Sarebbe bello sapere se anche la altre banche centrali hanno dovuto ricorrere a siffatti strumenti non proprio “ortodossi”.
Banana Central Bank
Un tocco “esotico” non guasta. Forse non tutti sanno che:
- nella seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez, Arianna editore c’è scritto: “alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti: 700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA; 709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA”;
- sul web (8): “La Banca d'Italia nel 1994, tramite l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata - con 100 milioni di dollari - in una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!”
- su Corsera del 26-10-95: il Financial Time ha scritto che per questo investimento la Banca d'Italia ha perso la sua "credibilità morale";
- su Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98: "E' assurdo utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm, che era chiaramente speculativo", dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund americani;
- nel libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo, c’è un esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.
Non sarebbe auspicabile una smentita ufficiale da parte della nostra banca centrale?
Chissà se anche le altre banche centrali hanno queste “zone d’ombra”?
Mi pare che nessuna banca centrale sia in grado di competere con la nostra per l’attribuzione dell’ambito premio BCB. A meno che il suo potentissimo ufficio studi non individui qualche banca centrale esotica con prestazioni peggiori e minor amor proprio. Suggerisco di monitorare quella dell’Argentina, che ha preso troppo per buoni i vaneggiamenti di Milton Friedman.
Lino Rossi
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20 settembre 2008
Le banche centrali hanno il compito di effettuare la politica monetaria, di regolamentare e controllare il sistema bancario, di gestire al meglio gli strumenti a loro disposizione per conto degli Stati. Guardiamo un po’ le carte
Gestione delle risorse.
Sul web tutte le banche centrali pubblicano, fra le altre cose, le loro relazioni annuali dalle quali si evincono moltissimi dati. Nella tabella che segue ne sono estratti alcuni relativi agli ultimi dieci anni.
Nella prima colonna sono riportate le banconote in circolazione; nella seconda gli interessi attivi relativi alle riserve connesse al circolante; nella terza quanto è fatto pervenire allo Stato sia sotto forma di imposte, sia sotto forma di “suddivisione” degli utili. La seconda colonna rappresenta quindi il signoraggio denominato “costo opportunità” ripetutamente menzionato, semplicemente come “signoraggio”, nella nota integrativa della relazione annuale alla voce “banconote in circolazione (il “signoraggio monetario” invece è connesso alle monete senza riserva, come le monete metalliche ed i biglietti di Stato, ad esempio le monete di carta da 500 lire emesse in Italia dal 1966 al 1979 direttamente dallo Stato in sostituzione di quelle d’argento con le tre caravelle).
Ovviamente vanno considerate le spese per la struttura, i compensi alle banche per le riserve obbligatorie, gli investimenti diversi da quelli relativi alle riserve al circolante, ecc.; la relazione annuale è ricca di dettagli, nonché esaustiva.
I tre parametri sottolineati, circolante, interessi attivi e somma da dare allo Stato, sono comunque assai significativi.
Il circolante, ovvero le banconote in circolazione, è la prima voce del passivo dello Stato Patrimoniale e si configura come un debito non fruttifero.
Gli interressi attivi, ovvero il costo opportunità, sono la prima voce del Conto Economico.
L’ammontare da dare allo Stato è la somma delle imposte e della suddivisione degli utili, collocate di solito fra le ultime voci ed alla fine dello stesso Conto Economico.
In definitiva bankitalia negli ultimi 10 anni ha incassato oltre 33 miliardi di € di “costo opportunità” ed allo Stato non è arrivato nulla, a causa degli anni “terribili” 2002, 2003 e 2004.
Vediamo cosa è successo alle banche centrali degli altri Paesi più importanti nello stesso periodo.
Tutte le altre banche centrali hanno gestito in maniera più proficua gli strumenti a loro disposizione. Eccellente quella spagnola, che in 10 anni ha dato allo Stato quasi 33 miliardi di € pari al 61% della media delle banconote in circolazione, ma ottime anche la canadese, l’inglese, la statunitense e la tedesca (se bankitalia avesse operato come quella spagnola, considerando gli interessi composti, ci saremmo abbondantemente evitati la finanziaria ’06 da 35 miliardi del governo Prodi/Padoa-Schioppa, che è costata parecchio alla sinistra italiana in termini di consensi).
Sottolineo che la banca centrale statunitense è privata come la nostra, ma non ha avuto risultati così modesti, come la nostra.
Gli anni “terribili” le altre banche centrali li hanno sofferti in maniera assai minore, e comunque non sono coincisi temporalmente; ad esempio il peggior anno della BdE è stato il 2004 mentre il peggiore di BdI è stato il 2002.
Potremmo dire che bankitalia è stata “sfortunata”.
Regolamentazione e controllo del sistema bancario.
Qui bankitalia soffre la “distrazione” dei privatizzatori (1 e 2): si sono dimenticati di stralciare la proprietà di bankitalia al momento della svendita delle banche proprietarie della medesima, coi seguenti risultati:
- il nostro oro, le nostre riserve, ecc. sono formalmente dei partecipanti (3), ma non nella sostanza, perché l’utile (si fa per dire) viene comunque quasi tutto dato allo Stato;
- i controllati sono proprietari dei controllori.
Insomma un bel pasticcio.
Insistere su questo punto è come sparare sulla Croce Rossa. Solo la FED è nella medesima condizione. Quando Tremonti parla di topi e formaggio non fa che sottolineare l’ovvio.
Non c’è da stupirsi se Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum di Basilea, parla spesso di incentivi alle banche.
Politica monetaria.
Da qualche anno bankitalia non è più titolare della nostra politica monetaria. Non so se è un bene o un male. Da quando Andreatta ha avuto la brillante idea di togliere la PM alla politica (4) il nostro debito pubblico è passato dal 60% ad oltre il 124% del PIL mediante l’imposizione di tassi enormemente superiori all’inflazione (5) sul modello argentino alla Friedman (6). Se fossimo rimasti con la politica monetaria della nostra banca centrale, fissata con i tassi elavati “voluti dal mercato”, ora avremmo, fatte le dovute proiezioni, il debito pubblico ad oltre il 200% del PIL. Il mantenimento del TUS così elevato per così lungo tempo ha prodotto, oltre all’esplosione del debito pubblico, due importanti risultati:
- le imprese trovavano più giovamento ad investire in titoli del debito pubblico che in ricerca, innovazione, ecc.;
- la beffa del premio agli evasori che da un lato omettevano di pagare le imposte, dall’altro venivano omaggiati sull’evaso con i tassi elevati.
Infatti, appena i tassi sono calati per l’avvento della moneta unica, anche la nostra inflazione si è allineata a quella degli altri Paesi. Per anni abbiamo pazientemente ascoltato il governatore di turno lagnarsi della nostra inflazione elevata procurata proprio dalla sua folle PM. Siamo proprio un paese di “santi”. Sarei curioso di vedere cosa sarebbe successo alle economie francese e tedesca se si fossero trovate con una PM alla Friedman, sconfessata da lui stesso prima di lasciarci.
Ambienti vicini a D’Alema hanno auspicato per il PD un nuovo leader ed è venuto fuori il nome di Filippo Andreatta (7), figlio di Nino. Si vede che D’Alema aspira per il nostro Paese ad un rapporto debito PIL di tipo giapponese (nel Paese del sol levante quel rapporto è quasi al 200%).
Condoni.
Da L’ESPRESSO del 19 dicembre 1982.
“… troppa premura è stata mostrata dalla Banca d’Italia nel sollecitare il condono fiscale, per sé e per tutte le altre banche. L’impressione che ne è scaturita è che l’intero sistema creditizio avesse più di un peccato da farsi perdonare dal fisco. Anche a costo di pagare un prezzo salato, di decine e decine di miliardi. Impressione che non ha certo giovato al prestigio della Banca d’Italia, la quale, in qualche modo, è apparsa come la capofila d’una istanza corporativa del sistema bancario italiano.”
Sarebbe bello sapere se anche la altre banche centrali hanno dovuto ricorrere a siffatti strumenti non proprio “ortodossi”.
Banana Central Bank
Un tocco “esotico” non guasta. Forse non tutti sanno che:
- nella seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez, Arianna editore c’è scritto: “alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti: 700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA; 709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA”;
- sul web (8): “La Banca d'Italia nel 1994, tramite l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata - con 100 milioni di dollari - in una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!”
- su Corsera del 26-10-95: il Financial Time ha scritto che per questo investimento la Banca d'Italia ha perso la sua "credibilità morale";
- su Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98: "E' assurdo utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm, che era chiaramente speculativo", dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund americani;
- nel libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo, c’è un esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.
Non sarebbe auspicabile una smentita ufficiale da parte della nostra banca centrale?
Chissà se anche le altre banche centrali hanno queste “zone d’ombra”?
Mi pare che nessuna banca centrale sia in grado di competere con la nostra per l’attribuzione dell’ambito premio BCB. A meno che il suo potentissimo ufficio studi non individui qualche banca centrale esotica con prestazioni peggiori e minor amor proprio. Suggerisco di monitorare quella dell’Argentina, che ha preso troppo per buoni i vaneggiamenti di Milton Friedman.
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