15 aprile 2012

La rivolta che verrà

I recenti fatti come le contestazioni di Occupy Wall Street negli Stati Uniti, la rabbia disordinata in Italia di movimenti che vanno dai Forconi siciliani al movimento sardo contro Equitalia, ma soprattutto il movimento "No Tav" iniziano a prefigurare quali saranno le lotte del futuro, lotte molto diverse rispetto a quelle cui eravamo abituati di novecentesca memoria. L’aggravarsi del panorama negli ultimi tempi, infatti, sta rendendo sempre più evidente la nuova dicotomia che caratterizzerà la contrapposizione che a breve esploderà nel nostro mondo. Non più uno scontro destra/sinistra tra conservatori e progressisti e nemmeno un semplice schema ricchi contro poveri. La sfida del futuro è ormai chiaro che partirà da una semplice domanda: siamo ancora disponibili a subire ulteriori vessazioni per mantenere in piedi questo modello di sviluppo? O forse per dirla volgarmente "non ne vale più la candela"? Molti iniziano, infatti, a chiedersi se forse gli oneri per mantenerlo sono più dei benefici. Non sarebbe meglio concentrarsi più sul benessere che sullo sviluppo, che ormai è chiaro non esserne sinonimo (in realtà tutto questo è evidente da molto tempo senza bisogno nemmeno di scomodare eminenze intellettuali anche tra loro eterogenee come un Guenon o un Pasolini) ma semmai lo mistifica? E’ ormai chiaro che ulteriori passi in avanti verso nuovi orizzonti tecnologici, finanziari e globalizzanti non produrranno maggiore benessere né a livello economico generale né a livello di benessere concreto e manco di salute e soddisfazione psichica, ed anzi è da aspettarsi l’esatto contrario. Basti pensare come la ricchezza generale dagli anni sessanta ad oggi sia aumentata, ma sia aumentato in modo agghiacciante anche il divario tra ricchi e poveri; o come l’aumento delle tecnologie non abbia prodotto meno lavoro per tutti e più tempo libero, e come le condizioni di salute che il progresso sembrava aver migliorato piombano oggi verso situazioni terribili, dalle malattie causate dall’inquinamento, alle adulterazioni alimentari e agli stili di vita dissennati proposti come modello di comportamento. La promessa del progresso costante e indefinito si è smascherata per quello che era: una menzogna ideologica. Venuto meno il tendere verso il meglio di per sé della storia, la fede nel potere messianico del libero mercato o del proletariato, viene prepotentemente fuori un'altra verità: le condizioni di vita dipendono solo dagli uomini e dalla loro capacità di organizzarsi in comunità secondo dei principi compatibili con l’uomo e la natura, non dalla forza taumaturgica della storia lineare, della ricchezza o di una classe sociale qualunque essa sia. La lotta del futuro sarà quindi di chi si starà stufato di dover vivere schiavo di questo modello di sviluppo. Di chi, se è fortunato, è servo di un lavoro che ormai non è più nemmeno un mestiere ma mera soma e doma, senza potere decisionale su nulla che lo riguardi ma anzi infeudato sotto la casta finanziaria e politica. Una casta che fa il buono ed il cattivo tempo, tra comportamenti spudorati para legali e illegali, che viene meno alle stesse leggi che essa impone ai “cittadini” di fatto sudditi. Da una parte avremo i pochi arricchiti da questo sistema coi loro servi stipendiati e un poderoso stato di polizia e dall’altra le masse stanche, sfruttate, fisicamente e moralmente abbruttite che si spera rendano a questo sistema pan per focaccia. Finirà il tempo dei “liberali” che sovvertirono l’ordine precedente, ma dichiarano il loro come il migliore dei mondi possibili, bandendo per sempre l’idea della rivolta. Ma i tempi cari signori stanno cambiando: quanto ancora possiamo sopportare di vedere i nostri nonni frugare nella monnezza? Giovani imprenditori che si suicidano? Giovani senza futuro, educazione, lavoro che si agitano ormai più come zombie che come persone in senso autentico? Tasse e balzelli che servono a pagare i vizi di una classe dirigente ormai solo “digerente”? Paesi fulcro della nostra identità europea come la Grecia mandati a morire dall’Europa stessa? Guerre “umanitarie” sporche e immorali per chi le subisce, ma anche per chi le fa? Se c’è rimasto un briciolo di dignità e vitalità ribelliamoci, la resa dei conti è vicina. di Alberto Cossu

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15 aprile 2012

La rivolta che verrà

I recenti fatti come le contestazioni di Occupy Wall Street negli Stati Uniti, la rabbia disordinata in Italia di movimenti che vanno dai Forconi siciliani al movimento sardo contro Equitalia, ma soprattutto il movimento "No Tav" iniziano a prefigurare quali saranno le lotte del futuro, lotte molto diverse rispetto a quelle cui eravamo abituati di novecentesca memoria. L’aggravarsi del panorama negli ultimi tempi, infatti, sta rendendo sempre più evidente la nuova dicotomia che caratterizzerà la contrapposizione che a breve esploderà nel nostro mondo. Non più uno scontro destra/sinistra tra conservatori e progressisti e nemmeno un semplice schema ricchi contro poveri. La sfida del futuro è ormai chiaro che partirà da una semplice domanda: siamo ancora disponibili a subire ulteriori vessazioni per mantenere in piedi questo modello di sviluppo? O forse per dirla volgarmente "non ne vale più la candela"? Molti iniziano, infatti, a chiedersi se forse gli oneri per mantenerlo sono più dei benefici. Non sarebbe meglio concentrarsi più sul benessere che sullo sviluppo, che ormai è chiaro non esserne sinonimo (in realtà tutto questo è evidente da molto tempo senza bisogno nemmeno di scomodare eminenze intellettuali anche tra loro eterogenee come un Guenon o un Pasolini) ma semmai lo mistifica? E’ ormai chiaro che ulteriori passi in avanti verso nuovi orizzonti tecnologici, finanziari e globalizzanti non produrranno maggiore benessere né a livello economico generale né a livello di benessere concreto e manco di salute e soddisfazione psichica, ed anzi è da aspettarsi l’esatto contrario. Basti pensare come la ricchezza generale dagli anni sessanta ad oggi sia aumentata, ma sia aumentato in modo agghiacciante anche il divario tra ricchi e poveri; o come l’aumento delle tecnologie non abbia prodotto meno lavoro per tutti e più tempo libero, e come le condizioni di salute che il progresso sembrava aver migliorato piombano oggi verso situazioni terribili, dalle malattie causate dall’inquinamento, alle adulterazioni alimentari e agli stili di vita dissennati proposti come modello di comportamento. La promessa del progresso costante e indefinito si è smascherata per quello che era: una menzogna ideologica. Venuto meno il tendere verso il meglio di per sé della storia, la fede nel potere messianico del libero mercato o del proletariato, viene prepotentemente fuori un'altra verità: le condizioni di vita dipendono solo dagli uomini e dalla loro capacità di organizzarsi in comunità secondo dei principi compatibili con l’uomo e la natura, non dalla forza taumaturgica della storia lineare, della ricchezza o di una classe sociale qualunque essa sia. La lotta del futuro sarà quindi di chi si starà stufato di dover vivere schiavo di questo modello di sviluppo. Di chi, se è fortunato, è servo di un lavoro che ormai non è più nemmeno un mestiere ma mera soma e doma, senza potere decisionale su nulla che lo riguardi ma anzi infeudato sotto la casta finanziaria e politica. Una casta che fa il buono ed il cattivo tempo, tra comportamenti spudorati para legali e illegali, che viene meno alle stesse leggi che essa impone ai “cittadini” di fatto sudditi. Da una parte avremo i pochi arricchiti da questo sistema coi loro servi stipendiati e un poderoso stato di polizia e dall’altra le masse stanche, sfruttate, fisicamente e moralmente abbruttite che si spera rendano a questo sistema pan per focaccia. Finirà il tempo dei “liberali” che sovvertirono l’ordine precedente, ma dichiarano il loro come il migliore dei mondi possibili, bandendo per sempre l’idea della rivolta. Ma i tempi cari signori stanno cambiando: quanto ancora possiamo sopportare di vedere i nostri nonni frugare nella monnezza? Giovani imprenditori che si suicidano? Giovani senza futuro, educazione, lavoro che si agitano ormai più come zombie che come persone in senso autentico? Tasse e balzelli che servono a pagare i vizi di una classe dirigente ormai solo “digerente”? Paesi fulcro della nostra identità europea come la Grecia mandati a morire dall’Europa stessa? Guerre “umanitarie” sporche e immorali per chi le subisce, ma anche per chi le fa? Se c’è rimasto un briciolo di dignità e vitalità ribelliamoci, la resa dei conti è vicina. di Alberto Cossu

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