26 aprile 2012
Ora i BRICS contano nel cambiamento dell'ordine mondiale
Ora i BRICS contano nel cambiamento dell’ordine mondiale
I BRICS stanno avendo un’influenza crescente sulla governance globale. Il tema del 4° Summit “Cooperazione tra i BRICS per la stabilità, la sicurezza e la crescita globale”, ha mostrato il suo intento strategico attraverso un’interpretazione alternativa dell’interdipendenza. La Dichiarazione di Delhi ha elementi che, in primo luogo, hanno una dimensione economica anche se sono, essenzialmente, politici, e propongono un nuovo sistema multilaterale. I toni strategici hanno causato una cauta risposta degli Stati Uniti, riconoscendo in questo modo che un mondo multipolare è emerso, mentre la leadership globale americana è sempre più debole.
Finora l’attenzione dei BRICS si è concentrata sul riformare le strutture di governance delle organizzazioni internazionali, come il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, pur permettendo loro di mantenere un ruolo centrale. La decisione di lavorare sulla creazione di una Banca dello Sviluppo per le infrastrutture e la crescita sostenibile risponde alle emergenti necessità mondiali meglio del “Washington consensus” col suo focus sul settore sociale e concomitanti condizionamenti. L’inclusione di aiuti d’emergenza in caso di disastri o crisi finanziarie, come anche la condivisione del rischio, di fatto ridefinisce la politica internazionale di sviluppo.
Un primo passo è stato fatto verso una nuova politica monetaria internazionale. La decisione di collegare i mercati e creare un’integrazione finanziaria delle loro economie gestendo i 230 miliardi di dollari del commercio intra-BRIC, che arriverà a 500 miliardi di dollari nel 2015, attraverso l’estensione del credito in valute locali e derivati su indici azionari di riferimento, consentirà investimenti senza rischi di cambio mentre si intrecciano le borse valori. Eliminando il passaggio intermedio della conversione in dollari, si riduce il suo ruolo nelle contrattazioni tra i BRICS, ed il commercio stesso risulta indipendente dal valore della valuta americana, il che avrà un forte impatto sulla sua importanza globale. Per la prima volta le economie avanzate sono state invitate “ad attuare politiche macroeconomiche e finanziarie responsabili, ad evitare di creare eccessiva liquidità a livello mondiale ed intraprendere riforme strutturali per aumentare la crescita e, di consequenza, creare posti di lavoro”. La Dichiarazione ha sostenuto anche “un processo di selezione basato sul merito” per i capi del FMI e della Banca Mondiale, posti riservati dal 1950, per consuetudine, rispettivamente ad un’europeo ed ad un americano.
Sta inoltre emergendo una nuova politica di sicurezza internazionale, con la richiesta di “un processo politico inclusivo” in Siria, che contempla anche una transizione democratica per quel paese. La risoluzione sostiene anche per l’Iran “il dialogo e mezzi politici e diplomatici tra le parti coinvolte” ed inoltre riconosce il diritto iraniano ad accedere all’energia nucleare per usi civili. Sull’Iran, i BRICS hanno chiarito che seguiranno le risoluzioni delle Nazioni Unite e non le leggi nazionali di nessun paese (vedi gli Stati Uniti). Si tratta di una mossa ostile ai cambiamenti selettivi di regime attraverso le azioni multilaterali, come è stato fatto in Libia, e porta le deliberazioni dei BRICS nella sfera politica.
Questi risultati hanno colto di sorpresa i commentatori. Non più tardi dello scorso anno, Joseph Nye, dell’Università di Harvard, sosteneva che i BRICS avevano profonde divisioni politiche e che avrebbero contribuito veramente in misura minima alle relazioni tra le potenze nel lungo termine. Martin Wolf, del Financial Times, sosteneva anche che “non hanno niente in comune” e che non sono “alleati naturali”, perché la differenza di valori è molto forte, e quindi non c’è ragione di aspettarsi un accordo su qualche cosa di sostanziale a livello mondiale, a parte il fatto di pensare che le potenze dominanti devono cedere parte della loro influenza e potere. Un recente articolo del New York Times prevede che paesi singoli e “non blocchi artificiali” daranno forma alla governance globale, e che il Summit era solo un’opportunità per scattare qualche foto. Più arguto è l’argomento secondo cui, visto che i BRICS hanno tutti un un rapporto strategico con gli USA e, al momento, considerano il loro legame con Washington più importante di quello con qualsiasi altra capitale, non vedono nessuna utilità nel sfidare il leader del mondo occidentale. Certamente i BRICS sono stati finora reattivi piuttosto che proattivi. Ad ogni modo, la dinamica attuale è che i paesi BRICS stanno guadagnando forza e capacità di esercitare influenza attraverso, soprattutto, il potere economico, piuttosto che quello militare. I paesi BRICS hanno pesato per più del 50% sulla crescita economica globale nell’ultimo decennio e Goldman Sachs prevede che il loro potenziale economico sarà più grande di quello dei G7 nel 2035. Focalizzandosi sull’integrazione economica, stanno anche spostando gli equilibri di potenza, e superando le differenze bilaterali. Ad esempio, la Cina è già il partner commerciale più importante per l’India ed insieme hanno convenuto di mettere da parte le differenze per ciò che riguarda la disputa confinaria, e concentrarsi sulla crescita degli scambi e dei legami d’investimento. Il risultato del Summit è un’indicatore che una collettività sta emergendo, una tendenza verso una migliore coordinazione e più equa governance globale; e finchè l’ordine attuale, plasmato dagli Stati Uniti, sarà al servizio degli interessi nazionali dei paesi sviluppati, qualche tensione sarà inevitabile.
Nel mondo di oggi, dati i limiti ecologici alla crescita, la sicurezza e la prosperità non possono essere più garantite solo dalla forza militare o dalla ricchezza economica, ma dall’abilità di gestire l’azione collettiva attraverso un approccio regolamentato e associato. Per una leadership globale, i BRICS avranno bisogno di una visione strategica che risponda alle preoccupazioni del mondo povero, e che non sia limitato, solo, dal portare avanti i propri interessi nazionali. Nelle istituzioni di Bretton Woods possono, ad esempio, chiedere una revisione dei parametri di controllo, delle condizioni e un focus sullo sviluppo sostenibile invece che su considerazioni strettamente ambientali. All’interno delle Nazioni Unite possono andare oltre la divisione tra paesi in via di sviluppo e quelli già sviluppati, per istituire un nuovo obiettivo per lo sradicamento della povertà entro il 2050. L’attuale enfasi sui diritti umani definiti in termini di diritti politici e procedurali avrà bisogno di essere completata da un’enfasi analoga sui diritti sociali ed economici basati sulle eque opportunità per tutti. L’attenzione data alla redistribuzione sarà inedita, visto che è stata esclusa così a lungo dall’agenda internazionale.
Il termine BRICS fu coniato dalla Goldman Sachs nel 2001 con riferimento alle politiche economiche. Ovviamente, non hanno immaginato che in un mondo globalizzato, influenza e potere sarebbero divenuti sempre più definiti in termini economici. Il primo incontro dei BRICS avvenne nel 2009, a seguito della crisi economica globale. Vista la crescita economica ed il centro di gravità politico che continua a cambiare, i BRICS hanno già un ruolo maggiore nell’affrontare i cambiamenti transnazionali, con la spartizione d’influenza e potere nell’architettura internazionale del G20. Per la leadership globale i BRICS dovranno sposare i valori universali che riflettono le preoccupazioni dei paesi poveri.
(Traduzione di Lorenzo Giovannini)
di Mukul Sanwal
NOTE:
Mukul Sanwal è un ex funzionario civile e diplomatico.
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26 aprile 2012
Ora i BRICS contano nel cambiamento dell'ordine mondiale
Ora i BRICS contano nel cambiamento dell’ordine mondiale
I BRICS stanno avendo un’influenza crescente sulla governance globale. Il tema del 4° Summit “Cooperazione tra i BRICS per la stabilità, la sicurezza e la crescita globale”, ha mostrato il suo intento strategico attraverso un’interpretazione alternativa dell’interdipendenza. La Dichiarazione di Delhi ha elementi che, in primo luogo, hanno una dimensione economica anche se sono, essenzialmente, politici, e propongono un nuovo sistema multilaterale. I toni strategici hanno causato una cauta risposta degli Stati Uniti, riconoscendo in questo modo che un mondo multipolare è emerso, mentre la leadership globale americana è sempre più debole.
Finora l’attenzione dei BRICS si è concentrata sul riformare le strutture di governance delle organizzazioni internazionali, come il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, pur permettendo loro di mantenere un ruolo centrale. La decisione di lavorare sulla creazione di una Banca dello Sviluppo per le infrastrutture e la crescita sostenibile risponde alle emergenti necessità mondiali meglio del “Washington consensus” col suo focus sul settore sociale e concomitanti condizionamenti. L’inclusione di aiuti d’emergenza in caso di disastri o crisi finanziarie, come anche la condivisione del rischio, di fatto ridefinisce la politica internazionale di sviluppo.
Un primo passo è stato fatto verso una nuova politica monetaria internazionale. La decisione di collegare i mercati e creare un’integrazione finanziaria delle loro economie gestendo i 230 miliardi di dollari del commercio intra-BRIC, che arriverà a 500 miliardi di dollari nel 2015, attraverso l’estensione del credito in valute locali e derivati su indici azionari di riferimento, consentirà investimenti senza rischi di cambio mentre si intrecciano le borse valori. Eliminando il passaggio intermedio della conversione in dollari, si riduce il suo ruolo nelle contrattazioni tra i BRICS, ed il commercio stesso risulta indipendente dal valore della valuta americana, il che avrà un forte impatto sulla sua importanza globale. Per la prima volta le economie avanzate sono state invitate “ad attuare politiche macroeconomiche e finanziarie responsabili, ad evitare di creare eccessiva liquidità a livello mondiale ed intraprendere riforme strutturali per aumentare la crescita e, di consequenza, creare posti di lavoro”. La Dichiarazione ha sostenuto anche “un processo di selezione basato sul merito” per i capi del FMI e della Banca Mondiale, posti riservati dal 1950, per consuetudine, rispettivamente ad un’europeo ed ad un americano.
Sta inoltre emergendo una nuova politica di sicurezza internazionale, con la richiesta di “un processo politico inclusivo” in Siria, che contempla anche una transizione democratica per quel paese. La risoluzione sostiene anche per l’Iran “il dialogo e mezzi politici e diplomatici tra le parti coinvolte” ed inoltre riconosce il diritto iraniano ad accedere all’energia nucleare per usi civili. Sull’Iran, i BRICS hanno chiarito che seguiranno le risoluzioni delle Nazioni Unite e non le leggi nazionali di nessun paese (vedi gli Stati Uniti). Si tratta di una mossa ostile ai cambiamenti selettivi di regime attraverso le azioni multilaterali, come è stato fatto in Libia, e porta le deliberazioni dei BRICS nella sfera politica.
Questi risultati hanno colto di sorpresa i commentatori. Non più tardi dello scorso anno, Joseph Nye, dell’Università di Harvard, sosteneva che i BRICS avevano profonde divisioni politiche e che avrebbero contribuito veramente in misura minima alle relazioni tra le potenze nel lungo termine. Martin Wolf, del Financial Times, sosteneva anche che “non hanno niente in comune” e che non sono “alleati naturali”, perché la differenza di valori è molto forte, e quindi non c’è ragione di aspettarsi un accordo su qualche cosa di sostanziale a livello mondiale, a parte il fatto di pensare che le potenze dominanti devono cedere parte della loro influenza e potere. Un recente articolo del New York Times prevede che paesi singoli e “non blocchi artificiali” daranno forma alla governance globale, e che il Summit era solo un’opportunità per scattare qualche foto. Più arguto è l’argomento secondo cui, visto che i BRICS hanno tutti un un rapporto strategico con gli USA e, al momento, considerano il loro legame con Washington più importante di quello con qualsiasi altra capitale, non vedono nessuna utilità nel sfidare il leader del mondo occidentale. Certamente i BRICS sono stati finora reattivi piuttosto che proattivi. Ad ogni modo, la dinamica attuale è che i paesi BRICS stanno guadagnando forza e capacità di esercitare influenza attraverso, soprattutto, il potere economico, piuttosto che quello militare. I paesi BRICS hanno pesato per più del 50% sulla crescita economica globale nell’ultimo decennio e Goldman Sachs prevede che il loro potenziale economico sarà più grande di quello dei G7 nel 2035. Focalizzandosi sull’integrazione economica, stanno anche spostando gli equilibri di potenza, e superando le differenze bilaterali. Ad esempio, la Cina è già il partner commerciale più importante per l’India ed insieme hanno convenuto di mettere da parte le differenze per ciò che riguarda la disputa confinaria, e concentrarsi sulla crescita degli scambi e dei legami d’investimento. Il risultato del Summit è un’indicatore che una collettività sta emergendo, una tendenza verso una migliore coordinazione e più equa governance globale; e finchè l’ordine attuale, plasmato dagli Stati Uniti, sarà al servizio degli interessi nazionali dei paesi sviluppati, qualche tensione sarà inevitabile.
Nel mondo di oggi, dati i limiti ecologici alla crescita, la sicurezza e la prosperità non possono essere più garantite solo dalla forza militare o dalla ricchezza economica, ma dall’abilità di gestire l’azione collettiva attraverso un approccio regolamentato e associato. Per una leadership globale, i BRICS avranno bisogno di una visione strategica che risponda alle preoccupazioni del mondo povero, e che non sia limitato, solo, dal portare avanti i propri interessi nazionali. Nelle istituzioni di Bretton Woods possono, ad esempio, chiedere una revisione dei parametri di controllo, delle condizioni e un focus sullo sviluppo sostenibile invece che su considerazioni strettamente ambientali. All’interno delle Nazioni Unite possono andare oltre la divisione tra paesi in via di sviluppo e quelli già sviluppati, per istituire un nuovo obiettivo per lo sradicamento della povertà entro il 2050. L’attuale enfasi sui diritti umani definiti in termini di diritti politici e procedurali avrà bisogno di essere completata da un’enfasi analoga sui diritti sociali ed economici basati sulle eque opportunità per tutti. L’attenzione data alla redistribuzione sarà inedita, visto che è stata esclusa così a lungo dall’agenda internazionale.
Il termine BRICS fu coniato dalla Goldman Sachs nel 2001 con riferimento alle politiche economiche. Ovviamente, non hanno immaginato che in un mondo globalizzato, influenza e potere sarebbero divenuti sempre più definiti in termini economici. Il primo incontro dei BRICS avvenne nel 2009, a seguito della crisi economica globale. Vista la crescita economica ed il centro di gravità politico che continua a cambiare, i BRICS hanno già un ruolo maggiore nell’affrontare i cambiamenti transnazionali, con la spartizione d’influenza e potere nell’architettura internazionale del G20. Per la leadership globale i BRICS dovranno sposare i valori universali che riflettono le preoccupazioni dei paesi poveri.
(Traduzione di Lorenzo Giovannini)
di Mukul Sanwal
NOTE:
Mukul Sanwal è un ex funzionario civile e diplomatico.
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