19 aprile 2012

L'autore di Transaqua, Marcello Vichi, attacca il dossier americano sulla "guerra per l'acqua"

Sul periodico Gente di questa settimana si trova un articolo che annuncia lo scoppio della "guerra per l'acqua" a livello globale. Ma non fa parola delle soluzioni possibili alla crisi idrica su questo pianeta, che – paradossalmente - dallo spazio assume un colore azzurro. Non è la prima volta che si parla di questo pericolo, certamente. Tuttavia, l'intenzione dell'articolo sembra essere quella di rappresentare un destino ineluttabile e dunque di preparare il popolino alla spiacevole prospettiva. Il titolo impiega l'espressione inglese "water war", forse per dare maggior autorevolezza all'analisi. Le prime righe battono subito sul chiodo: «[...] a toglierci ogni illusione è stata l'intelligence americana [...] in uno studio appena divulgato dal Dipartimento di Stato di Washington e commissionato un anno fa dal segretario di Stato Hillary Clinton». In seguito si legge: «Lo scenario delle water wars potrebbe diventare realtà dal 2022, precisa lo studio del National intelligence estimate». A parte il fatto che già in molti posti del mondo si litiga per l'acqua, il vero insulto è l'omissione delle possibili risposte alla crisi idrica mondiale. Risposte ben diverse dalle vaghe evocazioni e dagli appelli del retore Obama, il quale, come si legge scorrendo l'articolo, con la Water Partnership vorrebbe «promuovere e irrobustire la cooperazione della Casa Bianca con Ong, associazioni, soggetti privati e Paesi di tutto il pianeta», ma non si sa con quali precisi fini. Chi conosce le promesse dei progetti come il NAWAPA e il Transaqua, invece, sa che cosa occorra fare, quanto tempo sia stato perduto e che non si può accettare oltremodo questa maniera di fare "informazione". Il primo ad indignarsi è proprio l'ingegnere Marcello Vichi, già nel decennio 1980 coinvolto nel progetto Transaqua, la grande opera idrica nel bacino del Congo, pensata per portare l'acqua dalle regioni pluviali a quelle desertiche. «L'ignavia e lo stupido egocentrismo dell'Occidente (americani in testa) scoprono che nei prossimi anni ci saranno le "guerre per l'acqua"», afferma Vichi. «Peccato», prosegue, «che già negli anni 1970, scienziati, divulgatori, e uomini politici seri, avessero già lanciato gli stessi allarmi, ma la gente non moriva ancora di sete a milioni e le previsioni, ancorché scientificamente dimostrate, non interessavano a nessuno. Oggi continuano ancora ad essere pochi coloro interessati, ma si prepara il terreno a notizie "più interessanti" che a breve verranno, alle notizie "vendibili"». Oggi sono 1,6 miliardi le persone che fanno i conti con la scarsità d'acqua. È la FAO ad attestarlo, ricorda Vichi, il quale sardonicamente ricorda che essa «notoriamente ha speso grandi energie per risolvere alla radice questi problemi..!"» «La stessa FAO oggi ci racconta che 10.000 persone al giorno muoiono a causa della siccità. Queste sono notizie che fanno vendere», al pari dei titoli scandalistici di prima pagina. «Nonostante che la solita FAO preveda che nel 2025 i due terzi della popolazione mondiale vivrà in condizioni di "stress idrico", l'articolo [...] fa presente che nel continente africano solo il Nilo rappresenti una risorsa, ignorando che oramai non potrà essere più una risorsa, per nessuno, a causa del suo iper-ultra sfruttamento, e che, nello stesso continente, esiste anche un fiume chiamato Congo.» «Questo è, a tutt'oggi, il grado di conoscenza e di consapevolezza dei fatti, non del settimanale Gente, ma dell'United States Intelligence Community che raccoglie le informazioni di 16 U.S. intelligence Agency del Federal Governement degli Stati Uniti. È la stessa "intelligence" che si allarma del costo della benzina nel mondo, quando il prezzo alla pompa negli USA supera la soglia delle reazioni popolari pericolose?» La soluzione africana, come abbiamo altre volte sostenuto, sta nella costruzione di grandi infrastrutture, idriche e di trasporto. Per quanto concerne l'acqua, il progetto principale è quello di alimentare il Lago Ciad con le acque del bacino idrico centrafricano. Se si fosse partiti al momento giusto, non avremmo avuto per decenni gli stupidi problemi di carestia e siccità, né le miriadi di associazioni di raccolta fondi, spesso di dubbio comportamento. Per quanto riguarda i trasporti, si tratta di dotare il continente di linee di trasporto ferroviario tali da integrarlo fisicamente, da Nord a Sud e da Est a Ovest. Ma torniamo al progetto Transaqua. Questo prevederebbe il trasferimento annuo di 100 miliardi di metri cubi di acqua (superiore alla portata complessiva del Nilo), tramite un canale lungo 2400 km. Questa operazione dovrebbe rendere coltivabile una regione di 12 milioni di ettari, contrastare la desertificazione del suolo nella regione sahariana, sfamare cento milioni di africani ed eliminare uno dei motivi delle emigrazioni di massa. Il progetto sviluppato da Vichi per la società Bonifica del gruppo IRI, godette del plauso delle guide politiche centrafricane, ma non dei governi o di certi enti occidentali. Le più rosee speranze nella realizzazione del progetto furono travolte dall'esplosione nella regione delle cosiddette "guerre etniche", espressione degli interessi colonialisti europei, e dalla privatizzazione dell'IRI e dallo smantellamento dell'economia italiana sotto l'azione della furia giacobina diretta dalla City di Londra, nel periodo 1992-1995. Al pari dell'ing. Vichi, il nostro movimento internazionale continua a promuovere l'idea. Nel 2011 si è tenuta una conferenza a N'Djamena, nello stato del Ciad, proprio sulla prospettiva del trasferimento idrico dal Congo al Lago Ciad. La presenza di Gheddafi, favorevole al progetto che avrebbe potuto portare la preziosa acqua anche in Libia, aveva fatto sperare che i capitali da investire sarebbero stati trovati. Tutti sappiamo che cosa è avvenuto a Gheddafi, quando all'improvviso le potenze occidentali hanno deciso di volersi sbarazzare del dittatore. L'idea di far rifiorire la regione intorno al Lago Ciad non è morta anche perché Jacques Cheminade, candidato alla presidenza della Francia, ne ha fatto uno dei pilastri del programma di governo, costringendo i media a parlarne. Se le nazioni occidentali vogliono davvero evitare il collasso economico e scongiurare le conseguenze che, come accadde negli anni Trenta, ne deriverebbero, devono assolutamente ridarsi all'economia reale. Con progetti come il Transaqua e il NAWAPA, preparando allo scopo un sistema creditizio globale in sostituzione di quello finanziario ormai fallito. by (MoviSol)

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19 aprile 2012

L'autore di Transaqua, Marcello Vichi, attacca il dossier americano sulla "guerra per l'acqua"

Sul periodico Gente di questa settimana si trova un articolo che annuncia lo scoppio della "guerra per l'acqua" a livello globale. Ma non fa parola delle soluzioni possibili alla crisi idrica su questo pianeta, che – paradossalmente - dallo spazio assume un colore azzurro. Non è la prima volta che si parla di questo pericolo, certamente. Tuttavia, l'intenzione dell'articolo sembra essere quella di rappresentare un destino ineluttabile e dunque di preparare il popolino alla spiacevole prospettiva. Il titolo impiega l'espressione inglese "water war", forse per dare maggior autorevolezza all'analisi. Le prime righe battono subito sul chiodo: «[...] a toglierci ogni illusione è stata l'intelligence americana [...] in uno studio appena divulgato dal Dipartimento di Stato di Washington e commissionato un anno fa dal segretario di Stato Hillary Clinton». In seguito si legge: «Lo scenario delle water wars potrebbe diventare realtà dal 2022, precisa lo studio del National intelligence estimate». A parte il fatto che già in molti posti del mondo si litiga per l'acqua, il vero insulto è l'omissione delle possibili risposte alla crisi idrica mondiale. Risposte ben diverse dalle vaghe evocazioni e dagli appelli del retore Obama, il quale, come si legge scorrendo l'articolo, con la Water Partnership vorrebbe «promuovere e irrobustire la cooperazione della Casa Bianca con Ong, associazioni, soggetti privati e Paesi di tutto il pianeta», ma non si sa con quali precisi fini. Chi conosce le promesse dei progetti come il NAWAPA e il Transaqua, invece, sa che cosa occorra fare, quanto tempo sia stato perduto e che non si può accettare oltremodo questa maniera di fare "informazione". Il primo ad indignarsi è proprio l'ingegnere Marcello Vichi, già nel decennio 1980 coinvolto nel progetto Transaqua, la grande opera idrica nel bacino del Congo, pensata per portare l'acqua dalle regioni pluviali a quelle desertiche. «L'ignavia e lo stupido egocentrismo dell'Occidente (americani in testa) scoprono che nei prossimi anni ci saranno le "guerre per l'acqua"», afferma Vichi. «Peccato», prosegue, «che già negli anni 1970, scienziati, divulgatori, e uomini politici seri, avessero già lanciato gli stessi allarmi, ma la gente non moriva ancora di sete a milioni e le previsioni, ancorché scientificamente dimostrate, non interessavano a nessuno. Oggi continuano ancora ad essere pochi coloro interessati, ma si prepara il terreno a notizie "più interessanti" che a breve verranno, alle notizie "vendibili"». Oggi sono 1,6 miliardi le persone che fanno i conti con la scarsità d'acqua. È la FAO ad attestarlo, ricorda Vichi, il quale sardonicamente ricorda che essa «notoriamente ha speso grandi energie per risolvere alla radice questi problemi..!"» «La stessa FAO oggi ci racconta che 10.000 persone al giorno muoiono a causa della siccità. Queste sono notizie che fanno vendere», al pari dei titoli scandalistici di prima pagina. «Nonostante che la solita FAO preveda che nel 2025 i due terzi della popolazione mondiale vivrà in condizioni di "stress idrico", l'articolo [...] fa presente che nel continente africano solo il Nilo rappresenti una risorsa, ignorando che oramai non potrà essere più una risorsa, per nessuno, a causa del suo iper-ultra sfruttamento, e che, nello stesso continente, esiste anche un fiume chiamato Congo.» «Questo è, a tutt'oggi, il grado di conoscenza e di consapevolezza dei fatti, non del settimanale Gente, ma dell'United States Intelligence Community che raccoglie le informazioni di 16 U.S. intelligence Agency del Federal Governement degli Stati Uniti. È la stessa "intelligence" che si allarma del costo della benzina nel mondo, quando il prezzo alla pompa negli USA supera la soglia delle reazioni popolari pericolose?» La soluzione africana, come abbiamo altre volte sostenuto, sta nella costruzione di grandi infrastrutture, idriche e di trasporto. Per quanto concerne l'acqua, il progetto principale è quello di alimentare il Lago Ciad con le acque del bacino idrico centrafricano. Se si fosse partiti al momento giusto, non avremmo avuto per decenni gli stupidi problemi di carestia e siccità, né le miriadi di associazioni di raccolta fondi, spesso di dubbio comportamento. Per quanto riguarda i trasporti, si tratta di dotare il continente di linee di trasporto ferroviario tali da integrarlo fisicamente, da Nord a Sud e da Est a Ovest. Ma torniamo al progetto Transaqua. Questo prevederebbe il trasferimento annuo di 100 miliardi di metri cubi di acqua (superiore alla portata complessiva del Nilo), tramite un canale lungo 2400 km. Questa operazione dovrebbe rendere coltivabile una regione di 12 milioni di ettari, contrastare la desertificazione del suolo nella regione sahariana, sfamare cento milioni di africani ed eliminare uno dei motivi delle emigrazioni di massa. Il progetto sviluppato da Vichi per la società Bonifica del gruppo IRI, godette del plauso delle guide politiche centrafricane, ma non dei governi o di certi enti occidentali. Le più rosee speranze nella realizzazione del progetto furono travolte dall'esplosione nella regione delle cosiddette "guerre etniche", espressione degli interessi colonialisti europei, e dalla privatizzazione dell'IRI e dallo smantellamento dell'economia italiana sotto l'azione della furia giacobina diretta dalla City di Londra, nel periodo 1992-1995. Al pari dell'ing. Vichi, il nostro movimento internazionale continua a promuovere l'idea. Nel 2011 si è tenuta una conferenza a N'Djamena, nello stato del Ciad, proprio sulla prospettiva del trasferimento idrico dal Congo al Lago Ciad. La presenza di Gheddafi, favorevole al progetto che avrebbe potuto portare la preziosa acqua anche in Libia, aveva fatto sperare che i capitali da investire sarebbero stati trovati. Tutti sappiamo che cosa è avvenuto a Gheddafi, quando all'improvviso le potenze occidentali hanno deciso di volersi sbarazzare del dittatore. L'idea di far rifiorire la regione intorno al Lago Ciad non è morta anche perché Jacques Cheminade, candidato alla presidenza della Francia, ne ha fatto uno dei pilastri del programma di governo, costringendo i media a parlarne. Se le nazioni occidentali vogliono davvero evitare il collasso economico e scongiurare le conseguenze che, come accadde negli anni Trenta, ne deriverebbero, devono assolutamente ridarsi all'economia reale. Con progetti come il Transaqua e il NAWAPA, preparando allo scopo un sistema creditizio globale in sostituzione di quello finanziario ormai fallito. by (MoviSol)

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