UN LIBRO INCHIESTA APRE NUOVI
E ALLO STESSO TEMPO "VECCHI" SCENARI
E ALLO STESSO TEMPO "VECCHI" SCENARI
Chi ha voluto e fatto la strage di Piazza Fontana? Dopo quasi mezzo secolo di inchieste giudiziarie fallimentari, Il segreto di Piazza Fontana di
Paolo Cucchiarelli (1) – alla cui decennaleinchiesta giornalistica ha
attinto Marco Tullio Giordana per il film proiettato in queste
settimane in tutte le
Il caso OAS: clicca sull'immagine per leggere l'originale
Il caso OAS: clicca sull'immagine per leggere l'originale
principali
sale cinematografiche italiane – offre un nuovo scenario, già emerso
nell’inverno 1969-70, presto dimenticato e oggi messo a disposizione dei
lettori pronti a leggere le 687 pagine del volume. Uno
scenario molto utile a rispondere all’interrogativo, e la cui parte
tecnica può essere così riassunta: non una, ma due furono le borse
depositate sotto il tavolo della Banca Nazionale dell’Agricoltura,
la prima per volontà “anarchica” (virgolette necessarie, perché dietro
l’A cerchiata c’erano altri e opposti soggetti) a basso potenziale,
destinata ad esplodere a sportelli bancari chiusi, e finalizzata dunque
all’ennesimo attentato dimostrativo di quei mesi. La seconda per
decisione “fascista” (di nuovo, virgolette necessarie, per consimile ma
non analogo motivo) con finalità stragiste, di una potenza tale da fare
un buco nel pavimento e di compiere la strage che fu. Strage
assolutamente pianificata e voluta, perché l’esplosione era stata
predisposta in orario di apertura della filiale, con la
sala piena di gente, in tempo utile solo per permettere a chi aveva
piazzato l’ordigno di allontanarsi senza pericolo.
Questo è lo scenario tecnico: ma al di là della manovalanza, chi ha pianificato e voluto la strage? Chi sono i mandanti?
Cominciamo
dall’input che mi ha spinto a leggere Cucchiarelli. Prima vedo il film
e ascolto una dichiarazione e una frase: la dichiarazione disegna uno
scenario politico ben più ampio della coppia operativa
anarchici-fascisti, vi si parla di NATO e di settori dei Servizi
segreti. La frase detta non ricordo da chi, recita che il timer della bombaera di modello analogo a quelli usati in Israele.
Leggo poi, uno o due giorni dopo, due articoli sul film, su Repubblica e su il Giornale: in entrambi si riduce la doppia pista alla solita coppia antitetica-convergente anarco-fascista: la novità dell’inchiesta avrebbe riguardato insomma solo l’aspetto tecnico dei due ordigni, non la matrice ultima dell’attentato del 12 dicembre, il retroterra internazionale. Ma uno dei due giornalisti, Mario Cervi, ammette onestamente di aver letto solo il riassunto del libro di Cucchiarelli. Un riassunto che, volutamente o no, era nei fatti la “traduzione” censoria della verità vera del film, e probabilmente del libro. Come stanno veramente le cose?
Dunque compro, apro e leggo il Segreto di Piazza Fontana: a pagina 40, una scheda su Ordine Nuovo ricorda i legami di questo gruppo fascista scioltosi alla vigilia della strage del 12 dicembre, con l’agenzia portoghese Aginter Press di Guerin Serac e con l’OAS, di cui il gruppo copia la struttura “a nido d’ape”.
Leggo poi, uno o due giorni dopo, due articoli sul film, su Repubblica e su il Giornale: in entrambi si riduce la doppia pista alla solita coppia antitetica-convergente anarco-fascista: la novità dell’inchiesta avrebbe riguardato insomma solo l’aspetto tecnico dei due ordigni, non la matrice ultima dell’attentato del 12 dicembre, il retroterra internazionale. Ma uno dei due giornalisti, Mario Cervi, ammette onestamente di aver letto solo il riassunto del libro di Cucchiarelli. Un riassunto che, volutamente o no, era nei fatti la “traduzione” censoria della verità vera del film, e probabilmente del libro. Come stanno veramente le cose?
Dunque compro, apro e leggo il Segreto di Piazza Fontana: a pagina 40, una scheda su Ordine Nuovo ricorda i legami di questo gruppo fascista scioltosi alla vigilia della strage del 12 dicembre, con l’agenzia portoghese Aginter Press di Guerin Serac e con l’OAS, di cui il gruppo copia la struttura “a nido d’ape”.
A
pagina 270 si parla di un incontro a casa Pinelli – personaggio
limpido in tutta la vicenda, come il commissario Calabresi – di
“anarchici” quali Sottosanti (il sosia di Valpreda) e tra gli altri,
Gianfranco Bertoli. Due figure ben diverse da Pino Pinelli, il primo
fascista, il secondo così descritto da Cucchiarelli: “Bertoli era un
anarchico particolare, in realtà manipolato da Ordine Nuovo. Gli
anarchici Umberto Del Grande, Aldo Bonomi e Amedeo Bertolo
nel 1971 volevano farlo fuggire in Svizzera e poi a Londra, ma sarà il
Mossad a farlo rifugiare in Israele. Dietro gli ordinovisti del Veneto,
infatti, spuntail servizio israeliano, che poi farà rientrare Bertoli
in tempo per essere agganciato dai fascisti e arruolato per fare una
strage ‘anarchico-individualista’: nel maggio 1973, un anno esatto dopo
la morte del commissario ‘che avevaucciso Pinelli’, sarà Bertoli a eseguire la strage finto-anarchica alla Questura di Milano”.
A pagina 423 c’è la risposta dell’ordinovista Carlo Maria Maggi al suo camerata Carlo Digilio,che gli aveva chiesto “conto della strage”. “Digilio si sentì rispondere che non ci dovevano essere critiche: ‘I fatti del 12
dicembre erano solo la conclusione di quella che era stata la nostra
strategia maturata nel corso di anni e c’era una mente organizzativa al
di sopra della nostra che aveva voluto questa strategia’ ”.
A pagina 470, è riportato un giudizio dell’ordinovista Vincenzo Vinciguerra, che, con riferimento agli scenari anche internazionali dell’epoca,
“invita a considerare un preciso triangolo: Grecia-Italia-Israele.
Perché ‘il golpe di Atene (è Vinciguerra a parlare, ndr) e quello
tentato a Roma possono essere interpretati non solo in chiave
anticomunista ma anche pro-Israele …”.
Apagina
640 c’è la testimonianza di “Mister X” che “oggi è un tranquillo
signore, ma ne 1969 era un fascista operativo, uno che sapeva e che
agiva”, incontrato più volte negli ultimi anni” dall’autore del libro. “Non dobbiamo dimenticare il ruolo dei servizi segreti israeliani. Tedeschi, il Direttore de il Borghese, aveva contatti oc l’Irgun. Giravano dei soldi. L’Irgun era di casa a il Borghese.
A Roma finanziava il Soccorso tricolore. Ufficialmente erano soldi che
provenivano da sottoscrizioni personali, ma non era così …”.
Ci
fermiamo qui. Quanto accennato onestamente dal film, e quanto citato
onestamente da Cucchiarelli, è un classico che si ritrova in ogni tappa della strategia della
tensione degli anni Settanta, e che anzi ha un precedente
significativo nell’attentato a Mattei. L’ultima battaglia di Mattei fu
–come carte cantano – contro Israele: verità quasi banale, se si pensa
alla strategia dell’ENI di collaborazione attiva con i paesi produttori di petrolio del Medio
Oriente (tutti arabi, a parte l’Iran: non invece Israele, comunque
privo di petrolio) comprese le sue punte più antisioniste e radicali
come l’Egitto di Nasser e l’FLN algerino (2).
Ma continuiamo con lastrategia della tensione: interferenze e presenze israeliane erano già emerse nell’attentato di Bertoli del 1973,
nel caso Argo 16 indagato dal giudice Mastelloni, nell’attentato di
Bologna (dichiarazioni di Carlos), in quello di Ustica (il quinto
scenario di Gatti, e forse l’inchiesta di Purgatori), e soprattutto nel
caso Moro, come esternato ripetutamente – con decine e decine di
articoli su tutta la stampa italiana – nel 1999 dall’allora Presidente della Commissioni antistragi Giovanni Pellegrino, prima che il parlamentare venisse messo a tacere dal fuoco incrociato di Galli della Loggiae Ferrara. Ora c’è anche la nuova lettura dell’attentato del 12
dicembre, la “grande madre” di tutte le stragi e vittime
successive.Notizie di una pista Mossad erano già circolate all’epoca in
Europa: ma Cucchiarelli fa di più, elenca fatti, propone fonti
attendibili, riporta dichiarazioni precise e convergenti sulla presenza del servizio israeliano nella trama stragista.
Tutto
questo poteva essere scoperto molto tempo fa. Perché allora il
silenzio, perché un silenzio così lungo? In prima battuta la risposta è
semplice: per la destra prendersela con gli anarchici è un gioco da
ragazzi; per la sinistra, additare i fascisti è altrettanto semplice e
proficuo. Nessuna delle due componenti – meno gli spesso
ingenui anarchici, più i loro nemici-amici – facevano effettivamente
paura. Sono i poteri forti che facevano e fanno paura: in particolare
Israele il cui nome è, per i timorati e gli intimoriti, come quello di
Dio. Anzi più di quello di Dio, perché non lo si può nominare non solo
“invano” ma neanche a ragione e argomentatamente. Pena la doppia accusa
di antisemitismo e di complottismo.
Oltre
questa banale considerazione c’è poi un discorso più articolato, che
Cucchiarelli affronta a fine libro: i giornalisti, i politici e i
magistrati sono i principali responsabili dell’omertà diffusa su questo tabù storico, fattispecie particolare del più generale fenomeno dell’occultamento della storia (3).
Per
quel che riguarda i giornalisti, bisogna dire che anche il libro di
Cucchiarelli – dentro una struttura come già detto onesta, che nulla ha
a che vedere con l’ingenuità semplicistica di certe analisi o il
ciarpame di certi libri costruiti appositamente per depistare – induce,
in alcuni suoi giudizi di sintesi, a qualche perplessità: laddove ad
esempio disegnando le due cordate della strategia nascosta dietro la strage da lui individuate (p. 423) – la prima “ispirata a De Gaulle, puntava alla proclamazione dello stato d’emergenza, all’unione delle
forze anticomuniste e a profonde revisioni costituzionali”, la seconda
“prettamente fascista, guardava alla Grecia, ai carri armati nelle
strade, al golpe militare”- dopo averne elencato i referenti nazionali
(da un lato MSI, PSDI, e piccole parti del PSI e della
DC; dall’altra ancora alcuni settori DC, Avanguardia Nazionale e
Ordine Nuovo) riduce lo “scenario internazionale in cui gli avvenimenti
italiani si inserivano” a una “Operazione Chaos promossa dagli USA a
partire dal 1966-67”. E Israele?
In
effetti l’affermazione è riduttiva, e non solo perché l’anticomunismo
di De Gaulle non impediva la sua opzione per una “Europa dall’Atlantico
agli Urali”, ma anche perché essa confligge con le stesse unità di
notizia sul ruolo israeliano che l’autore fedelmente riferisce in altre pagine del suo lavoro, unità di notizia che nel giudizio di sintesi dovrebbero essere incluse in una delle due (o tutte e due le) cordate citate.
Le perplessità d’altro canto potrebbero richiamare una carenza di conoscenza e diffusione non dico delle specifiche analisi, ma delle ipotesi circolate su altri attentati e attività eversive extranazionali dell’epoca, ipotesi che vanno esattamente nella stessa direzione “revisionista” del lavoro di Cucchiarelli.
Due
esempi al proposito: il primo è il dato di fatto che già negli anni
Cinquanta e Sessanta gli Stati Uniti erano caratterizzati da quel
fenomenodi cui all’analisi recente di Walt e Meisheimer sulla lobby pro
israeliana (4): a chi dunque apparteneva veramente, dentro
l’Amministrazione e il Congresso, la strategia-operazione del Chaos?
Eisenhower aveva bloccato Israele durante la guerra di Suez,
costringendo lo Stato ebraico e i suoi alleati anglofrancesi a fare
marcia indietro. Nello stesso periodo, anno 1957,il sottosegretario agli
esteri italiani Folchi aveva ammonito Mattei a non attaccare
pubblicamente lo Stato ebraico per i danni subiti dai pozzi
italo-egiziani durante la guerra di Suez, perché una simile sortita
avrebbe danneggiato anche i rapporti dell’Italia con gli
Stati Uniti, dove Israele – scriveva Folchi - era protetto anche
materialmente da “circoli finanziari e politici” presenti nel Congresso
(5).
Anche Kennedy, peraltro sensibile alla questione del “signoraggio” – vale a dire dello strapotere della
grande finanza (anche) sionista sull’economia e sul mondo politico USA
-aveva cercato di arginare Israele su un terreno assai sensibile per
Tel Aviv: il presidente USA era in rapporti non ostili ma di dialogo
con Nasser, l’Hitler arabo dell’epoca secondo la
propaganda sionista, eaveva chiesto all’allora premier Levi Eshkol di
poter ispezionare la neonata centrale nucleare di Dimona.Pochi mesi
dopo sarebbe stato assassinato. Non è casuale allora la terza ipotesi
tra quella (farsesca) del comunista Oswald e quella dei
soliti “petrolieri”. Il Mossad, appunto (6). Morto Kennedy, sarebbe
diventato presidente il filoisraeliano Johnson,favorevole tra l’altro
alla guerra contro il Vietnam: siamo appunto al “1966-67” gli anni dell’ “operazione chaos” ricordati da Cucchiarelli.
Questo per quel che riguarda gli USA. Il secondo esempio riguarda l’OAS, citata ne Il Segreto di Piazza Fontana tra l’altro nella scheda su Ordine Nuovo, il gruppo neofascista a a valle manipolatore del losco
“anarco-kibbutzista” Bertoli e di Valpreda, e a monte, in buoni
rapporti col Mossad e lo Stato d’Israele. Ora, è poco noto ma è certo
che anche l’OAS era in ultima analisi legata a Israele e alla causa
sionista: l’FLN algerino era in guerra non solo con l’esercito
occupante, ma anche con la comunità ebraica della colonia francese, antiindependentista, e che appunto – come riferito tra gli altri dal Corriere della Sera del 1962 – era schierata con Parigi e – vedi stampa ebraica italiana dello stesso periodo (7) – era difesa da Israele. Il capo dell’OAS, Jacques Soustelle, si sarebbe rivelato dopo la fine della guerra d’Algeria un filoisraeliano convinto (8) .
Ora, se non si assumono questi ed altri dati, se non li si ripescano nella memoria perduta e occultata della storia dell’OAS,
si perdono alcune coincidenze e il quadro d’assieme che potrebbero
altrimenti condurre alla “centralità” istraeliana o israelo-americana della strage di Piazza Fontana. La battaglia di Algeri di
Gillo Pontecorvo – grande capolavoro, ma venato da un certo “buonismo”
terzomondista che celava di fatto lo scontro tra FLN e ebrei algerini –
non aiuta in questo senso. Come sempre, fare emergere dentro la verità
storica generale, quella specifica dell’eventuale ruolo dello Stato ebraico e delle sue specifiche strategie di sopravvivenza-difesa, è operazione difficile.
Ma,
ripeto, si legga l’OAS come organicamente coerente alla strategia
antiaraba israeliana, e allora tutto quadra ancor di più dei tasselli
messi assieme da Cucchiarelli, che peraltro riporta nel libro – come
già detto - il commento di Vincenzo Vinciguerra su una valenza anche
proisraeliana, e non solo anticomunista, del golpe dei
colonnelli in Grecia. E ricorda ancora - l’ordinovista di Udine che
ebbe a tacere Carlo Digilio sul “perché” la strage - come il nemico di
Kissinger Moro era anche lui nel mirino del terrorismo israelo-neofascista dei primi anni Settanta, fin dai tempi dell’attentato alla Questura di Milano del 73.
Certo,
a questo punto potrebbe sembrare assurdo che Israele usi e sostenga
sia i neonazisti di Ordine Nuovo sia le BR comuniste di Moretti, o che
un servizio segreto come il Mossad abbia potuto lasciare traccia di sé
con la storia dei timers usati in Israele.
Ma
entrambe le perplessità sfumano di fronte a due connesse
considerazioni: la prima è che quel che è sempre interessato allo Stato
ebraico – come dimostra tutta la sua storia – è il caos tra le
“nazioni gentili” e nelle “nazioni gentili” da sottomettere ai suoi
disegni; la seconda la prendo da Eric Salerno, Mossad base Italia: "E' consuetudine del Mossad lasciare un'ombra di mistero intorno a tutte le operazioni che gli vengono attribuite. Non conferma né smentisce” (9).
Questo per quel che riguarda i giornalisti. Quanto alle altre due categorie coinvolte nel processo omertoso di occultamento della
verità storica, Cucchiarelli cita una frase di Pasolini: “L’inchiesta
sul golpe (Tamburino, Vitalone …) l’inchiesta sulla morte di Pinelli,
il processo Valpreda, il processo Freda e Ventura, o vari processi
contro i delitti nei-fascisti … Perché non va avanti
niente? Perché tutto è immobile come in un cimitero? E’ spaventosamente
chiaro. Perché tutte queste inchieste e questi processi, una volta
condotti a termine, ad altro non porterebbero che al Processo di cui
parlo io. Dunque, al centro e al fondo di tutto, c’è il problema dlela
magistratura e delle sue scelte politiche. Ma mentre
contro tutti gli uomini politici tutti noi ( …) abbiamo il coraggio di
parlare, perché in fondo gfli uomini politici sono cinici,.
Disponibili, pazienti, furbi, grandi incassatori, e conosvcono un sia
pur grossolano fair play, a proposito dei magistrati tutti stanno
zitti, civicamente e seriamente zitti. Perché? Ecco l’ultima atrocità
da dire: perché abbiamo paura”.
Cucchiarelli ha quasi completamente ragione a citare questo passo: quasi perché in effetti proprio la strategia della
tensione dimostra come spesso quella che appare come la verità vera da
sostituire alle tesi ufficiali, è a sua volta complessa e ostacolo per
raggiungere uno scenario veramente esaustivo, comprensivo delle proiezioni o origini internazionali della strage di turno. Non è sempre responsabilità dei neofascisti.
Ha comunque del tutto
ragione per quel che riguarda i magistrati: quante inchieste su oscuri
o intuibili intrecci tra sigle estremiste di destra e di sinistra e
Israele o il sionismo, sono state portate a termine dai magistrati
italiani? Piazza Fontana, Bertoli, Argo 16, Piazza Bologna, Moro,
Ustica, a cui aggiungere forse Piazza della Loggia e
Mattei … Nessuna. I politici farebbero bene a parlare, parlare,
parlare, come a tratti facevano ai tempi di Tangentopoli (persino
Mancino fece un accenno alla “lobby ebraica”, poi venne criticato
duramente dalla comunità romana e finì per partorire l’ambigua legge
che porta il suo nome), e come ha fatto in Inghilterra Tony Blair,
quando ha confessato candidamente, a occupazione britannica conclusa,
che l’adesione di Londra alla guerra contro Saddam era stata co-decisa
assieme a ufficiali israeliani. Incredibile per un discendente del glorioso Impero britannico! (10)
I
magistrati dovrebbero riflettere sulla loro contraddizione: se sia
coerente il coraggio di ribellarsi al Parlamento sovrano, depositario
per norma costituzionale e per elezione del popolo sovrano, del potere
legislativo che solo ad esso compete, con la subalternità di fatto nei
confronti di chi arrogantemente tratta l’Italia come una sua colonia,
quei Poteri occulti più o meno “forti” che spetta appunto alla autorità
giudiziaria smascherare e punire. Ci vorrebbe uno sforzo comune o
convergente, di cui però non si vedono adesso segnali: è augurabile che i
frutti della decennale ricerca di Cucchiarelli abbiano un seguito in questo senso.
di Claudio Moffa
NOTE
1) Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana, Ponte delle Grazie, Firenze, 2012
2) Cfr. i documenti nel saggio Claudio Moffa, Dalla guerra di Suez all’attentato di Bascapé: l’ombra di Israele sul “caso Mattei”, in AA.VV, Enrico Mattei. Il coraggio e la storia, a cura di Claudio Moffa, Roma 2007.
3) www.claudiomoffa.it, “L’occultamento della storia”, 25 luglio 2011.
4) John Mearsheimer and Stephen Walt, La Israel Lobby e la politica estera americana, Mondadori, Milano 2007.
5) Claudio Moffa, Dalla guerra di Suez all’attentato di Bascapé, cit.
6) Michael Collins Piper, Final judgment: The missing link in the JFK assassination conspiracy,
(Paperback).In rete
(http://www.metaforum.it/archivio/2009/showthread920d.html?t=6178) si
trova notizia anche di una intervista a Mordechay Vanunu citata da Aaron
Klein nel WorldNetDaily.com del 25 luglio 2004. Vi si
leggeche “il giornale Al-Hayat, che ha sede a Londra, ha pubblicato
ieri (il 24-7, n.d.t.) un'intervista, dichiarando che e' la prima
rilasciata da Vanunu, e nella quale il fisico israeliano afferma che
secondo "certe indicazioni vicine", Kennedy e' stato assassinato a
seguito della "pressione che aveva esercitato sul capo del governo
israeliano, David Ben-Gurion, per fare luce sul reattore nucleare di
Dimona." "Noi non sappiamo quale irresponsabile Primo Ministro
israeliano assumera' l'incarico e decidera' di fare uso delle
armi nucleari nelle battaglie con gli altri stati Arabi confinanti,"
cosi' viene riportato quello che Vanunu ha detto. "Quanto e' gia' stato
rivelato sulle armi di cui Israelee' in possesso puo' distruggere la
regione e uccidere milioni di persone."
7) “La dolorosa situazione degli Ebrei algerini”, in Israel, settimanale ebraico, anno XLVII, 27, 25 gennaio 1962, p. 1. Vi si cita la corrispondenza di Egisto Corradi sul Corriere della Sera del 18 gennaio precedente. Brani e commenti nel mio “Il caso Mattei e il conflitto arabo-israeliano”,Eurasia, 4, 2007, pp. 255-269
8)
Jacques Soustelle, antifascista collaboratore di De Gaulle durante la
Resistenza, ruppe col generale sulla questione algerina - era contrario
all’abbandono della colonia - aderendo all’OAS nel 1960.
In esilio nel 1962, tornò in Francia nel 1968. Espresse le sue
posizioni su Israele nel suo La longue marche d’Israel, 1968. Fu presidente dell’Associazione Francia-Israele.
9) Eric Salerno, Mossad, base Italia. Le azioni, gli intrighi, le verità nascoste , Il Saggiatore, Milano 2010 p. 162.
10) www.claudiomoffa.it, 25 febbraio 2010, Tony Blair, l’ascari di Israele
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