11 maggio 2012
Grillo, Orlando, Doria, Tosi…. Domenica ha vinto la politica, altroché!
Ha vinto la politica, ha perso l’antipolitica. La schiera di commentatori che racconta il contrario si divide tra i molti in malafede e i pochi sinceramente ingannati dal proprio stesso eterno conformismo.
I politici che si stracciano le vesti sono sinceramente preoccupati, ma solo per la sorte delle organizzazioni che gli danno da vivere e che indegnamente si fregiano del nome glorioso di partiti. Il disprezzo nei confronti dei grillini mostrato dal peggior presidente della Repubblica dai tempi di Antonio Segni dimostra solo quanto poco l’uomo sia cambiato dai tempi in cui inneggiava ai carri armati sovietici per le strade di Budapest.
E’ difficile ricordare un esito elettorale altrettanto lineare, chiaro, impermeabile a fraintendimenti o equivoci. Ovunque gli elettori, di sinistra come di centro e di destra, hanno premiato gli outsider, bocciando con ciò stesso e senza appello l’ondata antipolitica che ci flagella da un decennio.
Gli stessi elettori che a Palermo hanno plebiscitato Leoluca Orlando si sarebbero dimostrati ben più guardinghi se a sostenerlo fossero stati gli apparati di partito del centrosinistra. Gli hanno creduto, così come a Genova si sono fidati dell’ homo novus Doria, proprio perché quegli apparati gli erano ostili. La stessa identica pulsione ha decretato, sul versante opposto, il trionfo di Tosi a Verona.
Quei voti non contraddicono il successo dei grillini: lo confermano e lo accompagnano, sono facce dello stesso prisma. Un’altra di quelle facce, diverse in apparenza e identiche nella sostanza, è il risultato deludente, almeno rispetto alle attese di qualche mese fa, di Sinistra ecologia e libertà. Il partito di Vendola, dopo aver destato immense speranze, paga il non aver saputo abbandonare con sufficiente drasticità i giochi politici nei quali si è impantanata la promessa di una nuova concezione della politica per la sinistra italiana.
Il voto per gli outsider è stata una prova di maturità. Cosa offriva in alternativa il mercato della politica? La difesa di una prigione chiamata Europa, sulle scelte della quale i popoli nulla possono ma che devono solo adeguarsi a servir tacendo. Una concezione della politica come arte della rassegnazione e profezia di sconfitta per tutti e per ciascuno. La negazione quotidiana e metodica di ogni principio democratico. La derubricazione di fatto dei cittadini a sudditi. Elementi diversi ma omogenei, la cui somma è precisamente la vera antipolitica. L’ostentazione dei ben noti privilegi castali risulta così odiosa proprio perché si staglia su questo sfondo, ben più rilevante della sovrabbondanza di auto blu e affini.
I movimenti reali e spontanei di rivolta, come quello che percorre oggi, finalmente, l’Italia e l’Europa, non sono comitati centrali. Si attaccano a quel che trovano, lo colonizzano e lo rimodellano dall’interno. Questo hanno fatto anche domenica in Italia.
Il vento politico che si è espresso compiutamente in quel voto è il solo carburante di cui questo Paese dispone oggi, qui e ora, per cambiare le cose, rompere le catene di un europeismo inteso come plumbea dittatura, ripristinare la democrazia sostanziale e magari addirittura ampliarla.
E’ comprensibile che il sistema compiutamente antidemocratico nel quale siamo piano piano scivolati fino al collo tenti di disinnescare quella spinta invocando l’anatema dell’antipolitica. Però chi di quel sistema non fa parte dovrebbe evitare di dargli una mano fingendo di confondere i grillini con le camice brune.
di Andrea Colombo
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11 maggio 2012
Grillo, Orlando, Doria, Tosi…. Domenica ha vinto la politica, altroché!
Ha vinto la politica, ha perso l’antipolitica. La schiera di commentatori che racconta il contrario si divide tra i molti in malafede e i pochi sinceramente ingannati dal proprio stesso eterno conformismo.
I politici che si stracciano le vesti sono sinceramente preoccupati, ma solo per la sorte delle organizzazioni che gli danno da vivere e che indegnamente si fregiano del nome glorioso di partiti. Il disprezzo nei confronti dei grillini mostrato dal peggior presidente della Repubblica dai tempi di Antonio Segni dimostra solo quanto poco l’uomo sia cambiato dai tempi in cui inneggiava ai carri armati sovietici per le strade di Budapest.
E’ difficile ricordare un esito elettorale altrettanto lineare, chiaro, impermeabile a fraintendimenti o equivoci. Ovunque gli elettori, di sinistra come di centro e di destra, hanno premiato gli outsider, bocciando con ciò stesso e senza appello l’ondata antipolitica che ci flagella da un decennio.
Gli stessi elettori che a Palermo hanno plebiscitato Leoluca Orlando si sarebbero dimostrati ben più guardinghi se a sostenerlo fossero stati gli apparati di partito del centrosinistra. Gli hanno creduto, così come a Genova si sono fidati dell’ homo novus Doria, proprio perché quegli apparati gli erano ostili. La stessa identica pulsione ha decretato, sul versante opposto, il trionfo di Tosi a Verona.
Quei voti non contraddicono il successo dei grillini: lo confermano e lo accompagnano, sono facce dello stesso prisma. Un’altra di quelle facce, diverse in apparenza e identiche nella sostanza, è il risultato deludente, almeno rispetto alle attese di qualche mese fa, di Sinistra ecologia e libertà. Il partito di Vendola, dopo aver destato immense speranze, paga il non aver saputo abbandonare con sufficiente drasticità i giochi politici nei quali si è impantanata la promessa di una nuova concezione della politica per la sinistra italiana.
Il voto per gli outsider è stata una prova di maturità. Cosa offriva in alternativa il mercato della politica? La difesa di una prigione chiamata Europa, sulle scelte della quale i popoli nulla possono ma che devono solo adeguarsi a servir tacendo. Una concezione della politica come arte della rassegnazione e profezia di sconfitta per tutti e per ciascuno. La negazione quotidiana e metodica di ogni principio democratico. La derubricazione di fatto dei cittadini a sudditi. Elementi diversi ma omogenei, la cui somma è precisamente la vera antipolitica. L’ostentazione dei ben noti privilegi castali risulta così odiosa proprio perché si staglia su questo sfondo, ben più rilevante della sovrabbondanza di auto blu e affini.
I movimenti reali e spontanei di rivolta, come quello che percorre oggi, finalmente, l’Italia e l’Europa, non sono comitati centrali. Si attaccano a quel che trovano, lo colonizzano e lo rimodellano dall’interno. Questo hanno fatto anche domenica in Italia.
Il vento politico che si è espresso compiutamente in quel voto è il solo carburante di cui questo Paese dispone oggi, qui e ora, per cambiare le cose, rompere le catene di un europeismo inteso come plumbea dittatura, ripristinare la democrazia sostanziale e magari addirittura ampliarla.
E’ comprensibile che il sistema compiutamente antidemocratico nel quale siamo piano piano scivolati fino al collo tenti di disinnescare quella spinta invocando l’anatema dell’antipolitica. Però chi di quel sistema non fa parte dovrebbe evitare di dargli una mano fingendo di confondere i grillini con le camice brune.
di Andrea Colombo
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