Come delegittimare in una logica parlamentare l’intera classe politica italiana?
La classe politica italiana: asservita, complice, coesa
Il
governo tecnico è stato il culmine della decadenza intellettuale e
morale della Seconda Repubblica e dell’intera classe politica italiana.
Le ricette “lacrime e sangue” del curatore fallimentare Mario Monti
architettate ad arte dalla Troika (Fmi, Bce e Ue) ed inclini a far
pagare ai lavoratori italiani i tassi d’interesse sui titoli di Stato
al fine di risanare il debito pubblico (che nel frattempo è pure
aumentato rispetto agli anni precedenti!) sono state sostenute per un
anno intero da tutti i partiti (eccetto qualcuno), Pd, Pdl e Udc in
primis. L’attuale campagna elettorale? La dialettica? Santoro vs
Berlusconi? Un teatrino tutto democratico, un sistema che si regge su
due gambe contrapposte ma che permettono comunque sia al corpo
oligarchico di camminare.
La logica parlamentare: l’astensione, la scheda bianca o la scheda annullata come diritto e non come imposizione
Le
elezioni sono la massima espressione di un regime democratico. Sono
anche l’unica modalità con cui poter decidere i propri rappresentanti
all’interno degli organi legislativi e di fatto intavolare il destino
politico del Paese in cui si risiede e vive. Tuttavia il voto è un
diritto e non un’imposizione. Il non-voto, che una legge abolita nel
1990 e mai applicata penalizzava, è oggi legittimo né più né meno del
voto. Essa corrisponde esattamente a una volontà dell’elettore, così
come andare a votare e mettere una croce su un simbolo, o su un sì o un
no. Chiunque non sia soddisfatto delle offerte sulla scheda o non sia
interessato a fare quella scelta ha l’astensione dal voto come
strumento e come diritto. Punto.
Come delegittimare un intero sistema? Che fare?
Pertanto
l’astensionismo strategico non è una vera e propria soluzione per
scardinare la partitocrazia ed esprimere il dissenso, poiché
l’astensione dal voto non ha una proiezione istituzionale. Inoltre
dalle esperienze anglo-americane ed europee degli ultimi anni, le
classi dirigenti democraticamente “elette” si sono auto-legittimate con
delle percentuali ridicole di votanti. Di fatto astenersi dal voto
vorrebbe dire concretamente permettere proprio a quella classe politica
asservita, complice e coesa di governare il Paese.
È
anche vero però che se gli astenuti fossero almeno il 75 per cento
dell’elettorato e questi ultimi si rivoltassero (in piazza) contro
l’auto-legittimazione degli eletti, l’intera macchina sistemica sarebbe
destinata a crollare. Tuttavia il blocco degli astenuti non è un corpo
organico, organizzato, omogeneo e per questo, difficilmente,
riuscirebbe a spodestare un sistema “democraticamente” eletto il quale,
comunque, soffocherebbe la protesta in maniera democratica e subdola
come avviene ormai da decenni. Di fatto l’astensione potrebbe
essere un’arma utile unicamente per chi ha l’intenzione di partorire un
gruppo, un movimento o un’associazione politica con prospettive
istituzionali in un’ottica rivoluzionaria o riformista, in poche parole
influente e di opinione al livello nazionale.
Mentre per
chi desiderasse manifestare il proprio dissenso senza inclinazioni
politico-associazionistiche sarebbe meglio concedere il suffragio a
quelle formazioni extra-parlamentari che si sono opposte da sempre nella
società ad un esecutivo tecnico e antidemocratico ed ai partiti che lo
hanno consentito. Senza fornire indicazioni di voto specifiche, è necessario votare per i partiti della protesta. In
questo caso “il voto utile”, anche se con i suoi limiti, andrebbe
sicuramente al Movimento 5 Stelle, tuttavia il 24 e 25 febbraio Beppe
Grillo non sarà il solo portavoce del dissenso nazionale dato che a
concorrere ci sono tanti partiti anti-sistema, come ci sono tante liste
territoriali prive di ideologia che potrebbero avere soluzioni
interessanti.
di Sebastiano Caputo
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